La Camera,
premesso che:
il superamento del divario tra il nord ed il sud del mondo rappresenta la grande sfida del ventunesimo secolo e il continente africano è il banco di prova della capacità della comunità internazionale di raccogliere questa sfida;
contrastare le cause profonde dei conflitti, sostenere le azioni di mantenimento della pace, incoraggiare buon governo e politiche sociali atte a realizzare educazione, salute e pari opportunità per tutti, rompere il circolo vizioso della povertà estrema, che condanna ancora oggi centinaia di milioni di persone nel sub-continente a lottare per la sopravvivenza, sono gli obiettivi che si è imposta di perseguire la comunità internazionale adottando, al vertice di Kananaskis (Canada), il piano di azione G8 per l'Africa;
dal 1989, anno che segna la fine della guerra fredda, l'Africa ha, di fatto, perduto interesse strategico sul piano politico e militare per l'Occidente, tanto che gli aiuti in suo favore hanno subito un dimezzamento, passando dai 24,4 miliardi di dollari, percepiti prima del crollo del muro di Berlino, ai circa 12,2 miliardi attuali;
ai problemi di antica data che attanagliano il continente africano si aggiungono oggi le nuove sfide della globalizzazione, dalla quale derivano nuove opportunità, ma anche nuovi pericoli;
negli ultimi anni si è affermata una grande capacità propositiva dell'Africa, che non vuole rassegnarsi a quella percezione quasi simbolica che alberga nell'immaginario collettivo di tutti di «continente vittima di flagelli, epidemie, terrorismo e fanatismo religioso» e che è stata suggellata in quel progetto avanzato dai presidenti di Senegal, Sudafrica, Nigeria ed Algeria al G8 di Genova, meglio noto come Nepad (Nuovo partenariato per lo sviluppo dell'Africa), che rappresenta una richiesta unitaria di collaborazione con i Paesi dell'Occidente;
gli impegni che la comunità internazionale ha mostrato di assumersi con il piano di azione G8 per l'Africa sono stati disattesi all'indomani del vertice canadese, avendo questa stanziato solo 12 miliardi di dollari all'anno per le politiche di sviluppo e solo un miliardo per la cancellazione del debito dei Paesi poveri, contro i 300 miliardi di dollari di debito estero e i 54 miliardi di dollari all'anno che la stessa Banca mondiale ha stimato essere necessari per dimezzare entro il 2015, come previsto dal Nepad, la povertà;
oggi nei mass media l'immagine che la stragrande maggioranza dell'opinione pubblica italiana avverte nei confronti di questo continente è solo quella di disastri, di epidemie, di terrorismo, tutte questioni che derivano da politiche o scelte economiche e sociali molto vicine al nostro
modello di sviluppo: pertanto, ridurre l'Africa ad una serie di problemi è solo una visione frutto della «strategia di dominio del nord del mondo», che va scoraggiata perché ostacola qualsiasi sforzo teso a ritrovarne il suo passato storico e la sua profonda ed autentica cultura;
l'Africa è un continente che vuole cambiare e la società civile africana, protagonista di un nuovo fermento democratico e partecipativo, continua a non essere rappresentata ed ascoltata. I Governi occidentali, le istituzioni internazionali ed i mass media privilegiano il dialogo con gli organi ufficiali ed i Governi, anche quando questi ostacolano il reale decollo di vere politiche di sviluppo e soffocano le istanze di democrazia delle popolazioni e delle comunità africane;
è necessario rimuovere quegli ostacoli esterni al continente che rallentano e spesso impediscono autentici processi di emancipazione politica ed economica del continente e della stessa sua società civile;
la gravità della situazione africana è evidenziata da una molteplicità di indicatori;
alcuni dati indicano con estrema chiarezza che 800 milioni di africani vivono in stato di permanente vulnerabilità, dovuta alle loro precarie condizioni di vita, e che 350 milioni di essi sono estremamente poveri e sopravvivono con meno di un euro al giorno, mentre altri 200 milioni sono denutriti;
l'Africa conta 28 milioni di ammalati di aids sul totale complessivo mondiale pari a 40 milioni e, inoltre, l'estrema virulenza della malattia ha ridotto la produttività al 50 per cento, mietendo tra le vittime anche 7 milioni di contadini (potrebbe ucciderne altri 16 milioni entro il 2020 nei soli Paesi dell'Africa subsahariana), con inevitabili e disastrose ripercussioni sulla produzione agricola complessiva, se si pensa che il 70 per cento delle persone attive in Africa è occupata nel settore dell'agricoltura;
la durata media della vita è diminuita a 54 anni e si calcola che già nel 2005 la maggioranza degli africani morirà prima dei 48 anni di vita;
malattia e fame sono fortemente unite nel loro percorso di morte e la salute della popolazione, dunque, diventa un assunto di partenza indispensabile alla definizione di un qualsivoglia modello economico che rilanci il continente africano;
il «Rapporto sulla situazione dell'infanzia nel mondo del 2004» dell'Unicef rivela che il numero delle ragazze escluse ogni anno dal sistema scolastico nell'Africa sub-sahariana è passato dai 20 milioni del 1990 ai 24 milioni del 2002. Eppure è provato che la scolarizzazione delle bambine accelererebbe la crescita dell'economia africana. A Dakar, nell'ambito del World education forum, la comunità internazionale si è impegnata ad eliminare le discriminazioni di genere nell'accesso all'istruzione entro il 2005, come passo fondamentale per raggiungere l'obiettivo dell'istruzione universale entro il 2015, ma solo un Paese ogni cinque in Africa ha raggiunto questo obiettivo anche per l'istruzione elementare;
il rapporto globale sul lavoro minorile dell'Ufficio internazionale del lavoro ha reso noto che solo nell'Africa sub-sahariana circa 25 milioni di bambini subiscono varie forme di schiavitù, mediante il coinvolgimento in attività illecite, come la prostituzione, la pornografia, lo spaccio di droga e l'addestramento alla guerra per la partecipazione a conflitti armati;
la condizione della donna in Africa è drammaticamente difficile. Su di lei ricadono le conseguenze di strutture sociali e sanitarie inadeguate ed insufficienti, che la espongono, in particolar modo, ai gravi rischi legati alle malattie sessualmente trasmissibili ed al parto. Inoltre, alle cause legate alla povertà, si accompagnano spesso retaggi culturali, tabù e restrizioni religiose, che espongono le donne, già dalla primissima infanzia, ad abusi fisici, come la mutilazione dei genitali, e
psicologici. Questa sistematica violazione all'integrità fisica delle donne è un attentato alla loro capacità di generare la vita e, quindi, di favorire l'amore e la pace, la convivenza e la solidarietà sociale;
nel continente africano, inoltre, mancano l'acqua corrente e le infrastrutture, dai trasporti alle telecomunicazioni, e l'80 per cento dell'energia viene prodotta con sterco e paraffina;
dal punto di vista economico oggi l'Africa offre solo il 2 per cento delle esportazioni mondiali ed attira solo l'1 per cento degli investimenti privati, dati che denunciano come i Paesi africani vivono ai margini del sistema degli scambi commerciali e dei flussi di investimento internazionali, ed a tale marginalizzazione commerciale si accompagna una altrettanto evidente marginalizzazione finanziaria, ossia l'impossibilità concreta di attrarre i flussi finanziari internazionali;
le politiche protezionistiche adottate fino ad oggi dai Governi dei Paesi occidentali industrializzati (Stati Uniti ed Unione europea), che attraverso sussidi pubblici erogati ai loro produttori per favorire lo smaltimento delle eccedenze agricole consentono la vendita dei prodotti al di sotto del costo di produzione ed al di sotto dei prezzi mondiali di mercato (cosiddetto dumping), hanno, di fatto, tarpato le ali allo sviluppo delle agricolture del terzo mondo;
in base ai dati del rapporto sullo sviluppo umano del 2002, gli effetti del dumping praticato da Stati Uniti ed Unione europea si traducono in 100 miliardi di dollari l'anno di perdite per mancati introiti da parte dei Paesi in via di sviluppo: una somma pari al doppio dell'intero ammontare dei fondi stanziati per la cooperazione allo sviluppo;
non si può pensare di affrontare i problemi dell'Africa prescindendo dall'analisi di decenni di politiche neoliberali di aggiustamento macroeconomico, di colonialismo del passato e di neocolonialismo;
le occupazioni militari, nel corso della colonizzazione, hanno comportato il quasi totale sradicamento dell'organizzazione politica e sociale dei territori africani occupati. Le nuove forme di colonialismo attuate da Francia e Stati Uniti, attraverso il tentativo di esportare la loro idea di democrazia universale applicata, impediscono, di fatto, a quei territori di avviare un reale processo di democratizzazione;
il nostro Paese è oggi chiamato a nuove e più incisive forme di dialogo e di partenariato e, stante la sua posizione geografica che lo colloca quale Stato-ponte fra l'Europa ed il continente africano, ha la grande opportunità di poter contribuire positivamente nel rilancio e nel sostegno allo sforzo politico ed economico dell'Africa;
a dare piena attuazione alla legge n. 209 del 2000, azzerando il debito dei Paesi più poveri, che rappresenta una delle forme di saccheggio del terzo mondo da parte dei Paesi dell'Occidente, poiché gli interessi pagati costituiscono da soli il rimborso di due o tre volte il prestito che quei Paesi hanno ricevuto;
a promuovere, in sede internazionale, una procedura di arbitrato per il debito da affidare ad un organismo indipendente, diverso dal Fondo monetario internazionale;
a riconoscere ai Paesi africani il diritto di proteggere i loro mercati ed i loro prodotti, al fine di favorire le loro produzioni locali, impegnandosi concretamente perché si interrompa quella spirale perversa innescata dalle sovvenzioni governative che destabilizza i mercati africani (dumping) e perché si promuova concretamente un'agricoltura sostenibile;
ad adoperarsi affinché siano interrotti l'uso e l'importazione delle cosiddette risorse «insanguinate» dall'Africa (diamanti,
petroli, legname, coltan ed altro), anche attraverso l'adozione di strumenti di certificazione certi e sicuri;
a promuovere la conclusione di un trattato internazionale volto alla riduzione della vendita e dell'uso illegale di armi, che definisca standard minimi nel commercio degli armamenti ed il rafforzamento del controllo sulle esportazioni delle armi e sulle attività dei produttori e degli intermediari;
al rispetto da parte dell'Italia degli impegni assunti in sede di Millenium round con la sottoscrizione delle quote di aiuto per l'Africa, attraverso la destinazione di risorse finanziarie adeguate;
a rilanciare l'impegno italiano nel settore della cooperazione allo sviluppo, anche stanziando lo 0,7 per cento del prodotto interno lordo;
a non far perdere al nostro Paese il ruolo guida nella gestione del fondo globale alla lotta all'aids, anche contribuendo in misura adeguata al suo finanziamento;
a ridefinire ruoli e politiche delle rappresentanze italiane all'interno della Banca mondiale e del Fondo monetario internazionale secondo criteri di buon governo e trasparenza, che consentano un controllo democratico vero sui processi decisionali di queste istituzioni.
(1-00351)
«Maura Cossutta, Vertone, Rizzo, Armando Cossutta, Diliberto, Bellillo, Nesi, Pistone, Sgobio, Boato, Tidei, Trupia, Carbonella, Giovanni Bianchi, Benvenuto, Burtone, Battaglia, Grandi, Bellini, Marcora, Zanella, Giulietti, Rotundo, Pisa, Diana, Folena».
(30 marzo 2004)
La Camera,
premesso che:
l'Africa è un continente che vive profonde lacerazioni e rischia una deriva sempre più negativa: impoverimento, conflitti, esclusione dalle politiche di crescita in ambito internazionale. Crescono politiche neocoloniali e di privatizzazione delle risorse, in particolare nell'Africa sub-sahariana;
come riportato dal rapporto sullo sviluppo umano elaborato dall'Undp (Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo) per il 2003, nell'ultimo decennio 54 Paesi in via di sviluppo hanno registrato una riduzione del proprio reddito medio, la povertà affligge un miliardo di esseri umani, nell'ultimo decennio tredici milioni di bambini sono morti a causa di malattie diarroiche, ogni anno oltre mezzo milione di donne - una per ogni minuto del giorno - muore durante la gravidanza e il parto, più di 800 milioni di persone soffrono la malnutrizione e tale situazione affligge prevalentemente il continente africano;
sono anni che la comunità internazionale non orienta un impegno straordinario e si rischia una frattura tra il nord e sud e la rottura dei processi democratici, che pure si sono avviati nel periodo post coloniale;
le politiche della Banca mondiale e del Fondo monetario internazionale hanno costituito negli anni passati un vincolo rigido ed hanno imposto, a diversi Paesi, politiche di contenimento della spesa e di rientro del debito che hanno dato pessimi risultati;
si delinea, quindi, un quadro di problemi che vanno affrontati con urgenza: debito, conflitti, desertificazione e abbandono delle campagne, congestionamento delle aree urbane sono parte rilevante dei fattori che destabilizzano e «debilitano» l'intero continente;
l'Unione africana, che nasce dalla riforma dell'Organizzazione per l'unità africana e si caratterizza come soggetto unificante di tutto il continente, e la costituzione del Nepad (Nuovo partenariato per lo sviluppo dell'Africa) possono aiutare a governare le aree di crisi e a dare più dinamismo alle politiche di crescita
nelle diverse aree regionali (Corno d'Africa, Africa australe e il Magreb);
in questo scenario nuovo qualche timido segnale si avverte: il ruolo di diversi Paesi africani - alla conferenza dell'Organizzazione mondiale del commercio a Cancun - nel difendere le produzioni agricole e la possibilità di utilizzo dei farmaci contro le patologie endemiche, in modo particolare l'aids. In alcune aree di crisi e di conflitto si costituiscono percorsi negoziali, che hanno per protagonisti i Paesi africani e l'Unione africana. Sono segnali che dovrebbero trovare interlocutori attenti;
l'Unione europea, con il vertice de Il Cairo del 2000, indicò una politica nuova di partenariato e di cooperazione, offuscata dalla ripresa delle politiche bilaterali dei singoli Paesi. Nel contesto attuale si rende ancora più necessaria un'iniziativa dell'Unione europea, volta a rilanciare il dialogo con i Paesi africani e a dare più forza alle iniziative multilaterali;
negli ultimi anni si sono susseguiti vari vertici internazionali che prevedevano l'assunzione di piani straordinari a favore dell'Africa: tali impegni si sono rilevati insufficienti ed in larga misura disattesi;
gli impegni assunti in sede di Millenium round, nel settembre del 2000, sottoscritti da 189 Capi di Stato e di Governo, prevedevano di:
a) sradicare l'estrema povertà e la malnutrizione entro il 2015;
b) garantire l'istruzione primaria a tutti i bambini e a tutte le bambine entro il 2015;
c) promuovere l'equità di genere e combattere le discriminazioni entro il 2015;
d) ridurre di due terzi la mortalità infantile entro il 2015;
e) migliorare la salute riproduttiva entro il 2015;
f) ridurre della metà la diffusione di malattie, quali hiv/aids, malaria ed altre, entro il 2015;
g) assicurare la sostenibilità ambientale entro il 2015;
h) sviluppare una partnership globale a favore dello sviluppo;
tali impegni rischiano di rimanere, ancora una volta, dichiarazioni di buona volontà, piuttosto che iniziative politiche concrete, vista la scarsità di risorse ad esse destinate;
il Governo italiano, a conclusione del summit di Kananaskis in Canada, che ha avuto luogo nel 2002, si era impegnato, in particolare, a promuovere un piano utile allo sviluppo dei Paesi africani che prevedesse: una migliore governance utile alla trasparenza, un più facile accesso ai farmaci essenziali, la realizzazione di gemellaggi tra università, centri di eccellenza e sistemi sanitari regionali, lo sviluppo dell'imprenditoria agricola e la tutela dei diritti della donna, a cominciare da quelli in campo sanitario. Inoltre, a margine di tale assise, il Presidente del Consiglio dei ministri italiano si impegnò ad incrementare l'aiuto italiano allo sviluppo;
in questi ultimi anni i drammi sociali e sanitari che investono il popolo africano sono ben lungi dall'essere almeno attenuati, viste, in particolare, le emergenze sanitarie che investono questo continente: dall'hiv alle malattie intestinali, dall'impossibilità di accesso all'acqua potabile alla drammatica mortalità infantile e delle donne post parto, dall'analfabetismo, che ancora colpisce parte della popolazione africana, all'impossibilità di accesso ai moderni strumenti di comunicazione di massa, indispensabili per lo sviluppo economico-sociale e politico di tali comunità;
a promuovere l'azzeramento del debito dei Paesi poveri, in piena attuazione della legge n. 209 del 2000;
a sostenere l'aiuto pubblico allo sviluppo, adottando iniziative per prevedere stanziamenti adeguati e comunque atti a
raggiungere almeno lo 0,33 del prodotto interno lordo del nostro Paese entro il 2006, come sottoscritto alla conferenza di Monterrey, e porsi l'obiettivo dello 0,7 per cento per gli anni successivi;
ad assumere iniziative politico-diplomatiche atte al raggiungimento degli obiettivi del Millennium;
a promuovere iniziative volte all'interruzione del traffico di armi, come condizione necessaria per evitare i conflitti e consolidare la democrazia;
a sostenere le Nazioni Unite e l'Unione africana nella prevenzione e nella gestione dei conflitti, per la promozione della pace e del dialogo nelle situazioni di crisi;
ad adoperarsi, in seno all'Organizzazione mondiale del commercio, al fine di sviluppare nuove regole commerciali atte a facilitare l'accesso nel mercato dei prodotti africani, in particolare del cotone, ed a contrastare politiche protezionistiche di dumping commerciale;
a potenziare gli strumenti finanziari, quali il fondo globale alla lotta all'aids, e a consentire l'accesso ai farmaci a costi accessibili per i Paesi africani;
a sviluppare progetti a favore della società civile africana, quale strumento utile al controllo ed alla trasparenza delle iniziative di crescita.
(1-00372)
«Crucianelli, Fioroni, Sereni, Spini, Calzolaio, Melandri, Realacci, Cabras, Meduri, Ranieri, Reduzzi, Fumagalli, Ruzzante».
(10 maggio 2004)
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente sullo stesso argomento).
La Camera,
premesso che:
la responsabilità primaria per il futuro dell'Africa è nelle mani dell'Africa stessa;
le molteplici e dispendiose iniziative finora disegnate per stimolare lo sviluppo dell'Africa hanno fallito nell'intento di realizzare un adeguato miglioramento della vita di donne, uomini e bambini africani;
nonostante il suo grande potenziale e le sue risorse umane, l'Africa continua a dover affrontare alcune delle più grandi sfide del mondo (conflitti, malattie, povertà, carestie, catastrofi, malgoverno, mancato rispetto dei diritti dell'uomo, emigrazioni di massa);
l'Africa deve essere aiutata a diventare consapevole artefice del proprio sviluppo nell'ambito degli obiettivi del Millenium round, con la necessaria partecipazione della società civile e la valorizzazione del fondamentale ruolo della donna nel continente;
nord e sud, con il partenariato G8-Nepad, cominciano a lavorare assieme su iniziativa degli stessi africani, disposti ad assumersi le loro responsabilità (ownership) e pronti a verificarsi a vicenda (peer-review) sui progressi negli obiettivi che loro stessi si sono posti, condizione per stabilire con l'Occidente una partnership rafforzata (enhanced partnership), che garantisca comunque l'emergenza;
l'iniziativa del Nuovo partenariato per lo sviluppo dell'Africa (Nepad) presa dai leader africani costituisce un'opportunità senza precedenti e una coraggiosa e lungimirante visione dello sviluppo del continente, nella convinzione che la pace, il buon governo e i diritti umani costituiscano il necessario presupposto della ripresa dell'Africa;
il piano di azione per l'Africa deciso nel G8 di Genova e approvato nel vertice di Kananaskis in Canada è la risposta delle maggiori democrazie industrializzate per sostenere l'impegno dei leader africani per consolidare la democrazia e la sana gestione economica e per la promozione della pace, della sicurezza e dello sviluppo incentrato sulla popolazione,
nella convinzione che la pace e la sicurezza siano le precondizioni necessarie per lo sviluppo;
l'Unione europea, su iniziativa della presidenza italiana, ha stanziato un fondo di 250 milioni di euro, denominato peace facility, per il finanziamento delle operazioni di pace condotte dall'Unione africana e dalle organizzazioni regionali africani;
l'Italia, in ottemperanza del piano di azione, si è impegnata nella formazione di 70 ufficiali africani all'anno per tre anni nello staff college dell'Onu a Torino;
per migliorare le capacità africane di sostegno alla pace, il G8 si è impegnato nel piano di azione ad aiutare i Paesi africani a costituire, entro il 2010, una brigata africana come stand-by force per operazioni di peace-keeping;
essendo impossibile lo sviluppo in assenza di vera democrazia, di rispetto dei diritti umani e di buon governo, il G8 si è impegnato a sostenere gli obiettivi di governance politica prioritari della Nepad per rafforzare le istituzioni;
essendo la crescita economica una questione centrale per l'obiettivo della Nepad, il piano di azione impegna l'Occidente a stimolare le attività economiche, con particolare attenzione alla sostenibilità e ai costi sociali, ad aiutare l'Africa ad attirare gli investimenti, a permettere al continente un effettivo accesso ai mercati, a favorire joint-venture per produrre valore aggiunto sul posto, a promuovere l'integrazione e il commercio intra-africano e a migliorare l'efficacia dell'aiuto pubblico allo sviluppo (Assistenza ufficiale allo sviluppo - Oda);
alla Conferenza Onu di Monterrey, nel marzo del 2002, i Capi di Stato e di Governo hanno deciso di destinare all'aiuto allo sviluppo un totale di 12 miliardi di dollari entro il 2006, di cui «la meta o più» all'Africa, e l'Italia ha deciso, dopo l'accordo in sede europea a Barcellona, di arrivare allo 0,33 del prodotto interno lordo (attualmente allo 0,19);
essendo l'alleggerimento del debito condizione indispensabile per ridurre la povertà, il G8 si è impegnato ad assistere i Paesi poveri maggiormente indebitati, attraverso l'iniziativa Hipc, che ridurrà di 19 miliardi di dollari il debito di circa 22 Paesi africani che seguono sane politiche economiche e di buon governo;
l'Italia, in particolare, è stato il primo Paese ad impegnarsi a cancellare il 100 per cento dell'intero debito estero dei Paesi Hipc, la maggior parte dei quali sono africani. Tale impegno comporterà la cancellazione di debiti per un totale di 4,5 miliardi di euro, di cui più di 2 miliardi sono già stati cancellati;
nel campo dell'istruzione il G8, con il piano di azione, di fronte agli scarsi progressi dell'iniziativa «Istruzione per tutti» (Efa) decisa a Dakar, si è impegnato a sostenere i Paesi africani nei loro sforzi di migliorare la qualità dell'istruzione a tutti i livelli e la parità di accesso a donne e bambine, a lavorare con i partner africani per aumentare gli aiuti alla ricerca e la capacità dell'istruzione superiore, a favorire i «gemellaggi», a creare opportunità digitali per l'accesso alle tecnologie dell'informazione (Ict);
l'Italia, in particolare con il ministero per l'innovazione e le tecnologie, ha siglato già accordi per l'e-government con il Mozambico, la Nigeria e la Tunisia;
a fronte del persistere di patologie come la malaria e la tubercolosi e dell'esplosione dell'aids dagli effetti devastanti per lo sviluppo, la pace e la sicurezza, il G8, con il piano di azione e con il fondo globale per la salute, si è impegnato ad aiutare l'Africa a combattere gli effetti di tali malattie e a sostenere gli sforzi africani di costruire sistemi sanitari sostenibili e a promuovere la disponibilità di un adeguato approvvigionamento di medicinali, in un modo economicamente accessibile e medicalmente efficace;
l'Italia, fin dalla sua istituzione nel. 2002 decisa dal G8 di Genova, è stato
il secondo Paese donatore del Ghf (global health fund), con 100 milioni di euro all'anno;
essendo rurale la stragrande maggioranza della popolazione africana e assumendo l'agricoltura un'importanza centrale, sia per la qualità della vita della maggior parte degli africani, sia per l'economia nazionale di quasi tutti gli Stati africani, il piano di azione G8-Nepad si è impegnato a rendere il sostegno all'agricoltura un'altissima priorità internazionale, in linea con le priorità del partenariato, con una maggiore produzione, efficienza e diversificazione nel settore, con particolare accento sul miglioramento della gestione delle risorse idriche, essendo l'acqua fondamentale per la vita e la sua penuria fonte di minaccia per la pace e la sicurezza regionale;
l'Africa, nonostante la storica iniziativa G8-Nepad, continua ad essere trascurata dai media, se non per le notizie più negative e sensazionalistiche su conflitti, povertà e malattie, con la conseguenza di dare del continente un'immagine totalmente negativa, che scoraggia, oltretutto, gli investimenti, frenandone il potenziale sviluppo;
il processo di istituzione e di consolidamento dell'Unione africana (Ua) si sviluppa con successo, essendo state create negli ultimi mesi le nuove istituzioni pan-africane di governo, quali la Commissione, il Parlamento africano e il Consiglio per la pace e la sicurezza, e avendo l'Unione africana assunto ormai un ruolo guida nella conduzione del dialogo tra Unione europea ed Africa, scaturito dal vertice de Il Cairo dell'aprile 2000, attraverso riunioni delle troike dell'Unione europea e dell'Unione africana e consultazioni dirette tra le Commissioni dell'Unione europea e dell'Unione africana;
ad adoperarsi per l'attuazione effettiva delle otto priorità del piano di azione per l'Africa, il cui secondo rapporto di attuazione è previsto per la presidenza britannica del G8 del 2005;
a rispettare gli impegni economici per l'aiuto pubblico allo sviluppo presi a livello internazionale, sui quali l'Italia sarà chiamata ripetutamente a riferire, a partire dal vertice G8 a presidenza americana di Sea Island nel mese di giugno 2004;
ad aggiornare gli strumenti operativi più adeguati all'azione della cooperazione, per fare fronte con maggiore efficacia e rapidità agli impegni presi con i Paesi in via di sviluppo, con le imprese e con le organizzazioni non governative;
a sollecitare i dirigenti e i funzionari italiani che operano nelle istituzioni economiche multilaterali (Banca mondiale, Fondo monetario internazionale, Banca europea per gli Investimenti, Banca africana di sviluppo) ad una maggiore attenzione verso le iniziative del nostro Paese nei confronti dei Paesi in via di sviluppo;
a realizzare compiutamente il progetto della de-tax, la detassazione dell'1 per cento sui beni non essenziali, per una raccolta di fondi per iniziative etiche, per permettere ai cittadini che lo desiderino di partecipare, con i loro acquisti, al sostegno dei progetti per i Paesi in via di sviluppo;
a sostenere il processo di rafforzamento delle autonome capacità africane per garantire la pace e la sicurezza intrapreso dall'Unione africana, sia bilateralmente (in particolare, attraverso il finanziamento di corsi, gestiti dalle apposite istituzioni Onu, di addestramento nel settore del peacekeeping per il personale militare e di polizia dei Paesi africani), sia promuovendo un'azione politica in sede europea, affinché una parte dei fondi della peace facility venga destinata al rafforzamento politico-istituzionale dell'Unione africana;
alla continuata e puntuale osservanza della normativa nazionale e del codice di condotta dell'Unione europea, che pongono precisi limiti alle esportazioni di materiali di armamento verso Paesi, che,
ricevendo dall'Italia aiuti ai sensi della legge n. 49 del 26 febbraio 1987 (Cooperazione allo sviluppo), destinino al proprio bilancio militare risorse eccedenti le esigenze di difesa, nonché alle esportazioni dei materiali in questione che non siano compatibili con la capacità tecnica ed economica del Paese destinatario;
a sostenere politicamente e finanziariamente il processo di consolidamento dell'Unione africana e delle organizzazioni sub-regionali africane, quali motori del necessario processo d'integrazione politica ed economica del continente africano ai diversi livelli;
a promuovere iniziative di comunicazione per una conoscenza adeguata dei processi positivi in atto in Africa da parte di un'opinione pubblica, che una corretta e completa informazione aiuterebbe a partecipare;
ad adoperarsi per il proseguimento del dialogo tra G8 e Nepad, attraverso il gruppo dei rappresentanti personali per l'Africa dei Capi di Stato e di Governo del G8, inaugurato al vertice di Genova dall'allora presidenza italiana del G8, e per il perseguimento degli obiettivi del Millenium round per lo sviluppo dell'Africa.
(1-00373)
«Michelini, Landi di Chiavenna, Naro, Rizzi, Craxi, Arnoldi, Azzolini, Baldi, Caligiuri, Deodato, Pacini, Paoletti Tangheroni, Paroli, Rivolta».
(10 maggio 2004)
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente sullo stesso argomento).