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GIUSEPPE NARO. Come è stato ricordato nel corso del dibattito, la Conferenza dell'Organizzazione mondiale del commercio (WTO) di Cancun, che ha visto riuniti i rappresentanti dei 148 paesi membri (ivi compresi i neo ammessi Nepal e Cambogia), è fallita, come quella di Seattle di cinque anni fa e per gli stessi motivi, riconducibili, ieri come oggi, alla frattura tra Nord e Sud della Terra.
La sola nota positiva di quel Summit è riscontrabile nel fatto che il Sud Africa abbia ottenuto, nei contatti preliminari, parte di quel che serviva per la lotta all'AIDS.
Lo scontro si era concentrato principalmente sull'agricoltura, sul cotone e sui temi di Singapore.
In quanto all'agricoltura, come si sa, i Paesi in via di sviluppo avanzavano - e continuano ad avanzare - la richiesta di una progressiva riduzione dei sussidi concessi dai Paesi industrializzati ai propri agricoltori (300 miliardi di dollari l'anno). Un tema sul quale si era già raggiunto un accordo tra UE ed USA.
Alla rottura, forse, si è pervenuti per un deficit di responsabilità. Infatti, si è trattato di una rottura traumatica rispetto all'accordo possibile che sarebbe potuto maturare se la Conferenza fosse stata portata a termine. In proposito, i Paesi industrializzati hanno messo in guardia i Paesi in via di sviluppo dal rischio di uno scontro Nord-Sud.
Per quanto riguarda il cotone, in sede di Vertice i quattro Paesi più poveri del mondo (Benin, Ciad, Mali e Burkina Faso) avrebbero già ottenuto una loro prima vittoria, in quanto Francia ed Europa, per dichiarazione del ministro francese Hervé Gaymard, avevano accolto la loro richiesta circa l'eliminazione degli aiuti alla produzione del cotone nei Paesi del Nord del mondo.
Per quanto riguarda il Cartello di Singapore, la UE ha preteso il richiamo alla Cina per il rispetto delle regole della WTO sulla concorrenza sleale e sui marchi contraffatti che inondano i mercati europei. Quanto ai dazi sui prodotti industriali, il ministro Marzano ha chiesto reciprocità ed armonizzazione. Ed è stato anche segnalato, pur nella comprensione per i Paesi che stanno costruendo ora la propria economia, il problema delle protezioni sociali ed ambientali. Distanti sono risultate le posizioni di Cina, Malesia, India e Brasile da una parte ed UE e Giappone dall'altra L'Europa ha cercato di giungere preparata a Cancun, ha riformato la PAC ancorché - a mio avviso - in maniera inadeguata e ha siglato una intesa con gli USA dopo due anni di guerre commerciali. Ma non aveva previsto che nascesse l'alleanza del Sud e, forse, ha sottovalutato la situazione nella sua reale portata.
Una nuova coalizione di Stati, il G20, guidata da Cina, Brasile e India, contrapposta al G8, ha quindi condizionato l'esito dei negoziati commerciali.
I tempi richiedono, ora, una riforma della WTO e del suo rapporto con le Agenzie specializzate dell'ONU preposte ai vari settori che interessano anche il lavoro, l'economia e lo sviluppo. Si tratta quindi di una contestualizzazione della problematica dei commerci e delle leggi che li regolano relativamente a tutti gli altri ambiti con i quali essa interferisce. Riaprire il discorso era doveroso per i Paesi in via di sviluppo e soprattutto per quel miliardo di nuova popolazione previsto per il 2015, il cui 97 per cento è destinato a vivere in paesi a basso reddito. La speranza si è riaccesa lo scorso gennaio al Forum economico di Davos, ove ministri e rappresentanti commerciali di 19 paesi hanno concordato sulla necessità di trovare celermente una proposta per rilanciare il Doha Round. Gli USA hanno manifestato la disponibilità a ridurre i sussidi ai produttori americani di cotone; altrettanto dovrebbero fare la UE per i
sussidi in agricoltura e il G20 per quanto riguarda il Cartello di Singapore. Riteniamo che ciò possa essere fatto. Per questo, condividiamo l'impegno al Governo ad attivarsi in tutte le sedi opportune perché, entro tempi ragionevoli, si possa addivenire a una composizione dei contrasti e della divaricazione tra i paesi del Sud e quelli del Nord del mondo.
Inoltre, penso debba risolversi un problema che, ogni qualvolta evocato, crea scompiglio, come è accaduto nel nostro paese qualche mese addietro, quando su di esso il Vaticano si è pronunciato favorevolmente. Si tratta della questione degli organismi trattati geneticamente (OGM) che potrebbero dare un forte contributo alla soluzione dei problemi della fame nel mondo.
Preso atto della importanza della problematica discussa e considerando che essa potrebbe trovare migliori prospettive se trattata - come unica voce - a livello comunitario, mi permetto di chiedere al Governo di aggiungere agli impegni affidatigli anche quello di proporre l'istituzionalizzazione di una figura adeguata alla politica degli aiuti umanitari e dello sviluppo. Ciò costituirebbe una accoppiata funzionale con la figura che fra poco assumerà l'incarico e la funzione di parlare con una sola voce - in tema di politica estera - per nome e per conto dei 25 paesi membri, espressione di una unica grande entità politica: la nuova Europa dell'allargamento, che è stata entusiasticamente accolta il 1o maggio a Dublino dai Capi di Stato e di Governo e dei cittadini della nuova Europa, i cui confini, ormai, spaziano dal Baltico al Mediterraneo e si addossano alle propaggini della realtà asiatica.