Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 462 del 5/5/2004
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Si riprende la discussione delle mozioni.

(Ripresa dichiarazioni di voto)

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Spini. Ne ha facoltà.

VALDO SPINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ho il piacere di intervenire per dichiarare il voto favorevole ad una mozione riformulata che raccoglie tutte le forze della lista «Uniti nell'Ulivo».
In altre parole, si tratta di una mozione che si rifà ad una linea coerentemente europeista, nella quale si riconoscono tutte le forze del centrosinistra. Il 1o maggio abbiamo vissuto una giornata di grande speranza e di grande gioia. Abbiamo salutato l'unificazione europea, non ancora completa, ma certo sostanzialmente conseguita, molto avanzata. Questa speranza e questa grande gioia vengono però subito temperate quando si fa attenzione al fatto che il sistema istituzionale, che attualmente la governa, è quello del trattato di Nizza, che tutti unanimemente hanno ritenuto del tutto inadeguato. Proprio per dare all'Europa allargata una nuova Costituzione, che fosse in grado, da un lato, di evitare il rischio di paralisi e, dall'altro lato, di consentire all'Europa di svolgere un ruolo, nel mondo, sui grandi, drammatici problemi che in questo momento affliggono il mondo stesso, è stata convocata a suo tempo la Convenzione europea, che lo scorso 10 luglio ha definito un testo che è stato consegnato ai Governi affinché lo approvino in un'apposita conferenza, la Conferenza intergovernativa.
Com'è noto, tale Conferenza intergovernativa si è dapprima svolta sotto il semestre di Presidenza italiana, ma non è riuscita ad arrivare all'approvazione del testo della nuova Costituzione ed ora il compito è passato alla Presidenza di turno irlandese. Il fatto che l'ultimo Consiglio affari generali dell'Unione europea abbia accettato la proposta irlandese della riconvocazione della Conferenza intergovernativa,


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intanto a livello di ministri degli esteri, per il prossimo 17 maggio costituisce finalmente una luce di speranza sul cammino dell'approvazione della nuova Costituzione europea. Se la riunione del 17 maggio avrà successo, si potrebbe ipotizzare addirittura la convocazione della Conferenza intergovernativa, a livello di Capi di Stato e di Governo, prima delle elezioni europee del 13 giugno. Altrimenti, sarà il Consiglio europeo del 15-16 giugno 2004, che vede la chiusura della Presidenza irlandese, a farsi carico di questo impegno.
Vorrei sottolineare - perché è un fatto oggettivo - che questo risultato è stato reso possibile dal mutamento di Governo avvenuto in Spagna. Mentre nella Conferenza intergovernativa, svoltasi a dicembre scorso sotto la Presidenza di turno italiana, l'allora primo ministro spagnolo Josè Maria Aznar non aveva esitato, insieme alla Polonia, a prendersi la responsabilità del fallimento di quella stessa Conferenza, rifiutando il principio della doppia maggioranza proposto nel testo della Convenzione, oggi il nuovo primo ministro Josè Luis Zapatero si dichiara invece disponibile ad un accordo su questa impostazione. Ciò non può non far piacere a chi, come chi vi parla, appartiene e si riconosce nel partito del socialismo europeo. Del resto, lo stesso Zapatero sta svolgendo contatti con Francia e Germania, per arrivare ad una comune proposta di deliberazione del Consiglio di sicurezza dell'ONU sulla questione dell'Iraq. La vittoria socialista in Spagna rimette dunque in moto un processo politico europeo non soltanto sul tema della Costituzione europea, ma anche sull'importantissima, gravissima e drammatica vicenda irachena.
Se la Presidenza irlandese, solitamente molto cauta, ha ritenuto di poter procedere alla convocazione della CIG, viene infatti da ritenere che possano esservi speranze di successo. È importante quindi che questa strada di accordo venga esplorata fino in fondo e con spirito costruttivo. Al riguardo, non ci è sembrata per niente appropriata la prima reazione espressa dal Governo italiano: no ai compromessi al ribasso! Questo proprio quando il compromesso al ribasso era stato in realtà proposto da parte italiana nella formulazione del cosiddetto CIG 60, cioè il testo proposto dall'Italia alla Conferenza intergovernativa. La nostra mozione richiede invece, fermamente, di tornare al testo originario, in particolare sulla cooperazione giudiziaria, perché signor Presidente, onorevoli colleghi, non vi è lotta al terrorismo efficace senza un'efficace cooperazione giudiziaria europea. Non si può da un lato dire che l'Italia si impegna su questo campo e poi dall'altro rifiutarsi alla necessaria cooperazione europea. Del resto, nel Consiglio europeo del marzo scorso, l'Italia ha anche preso l'impegno di arrivare finalmente alla definizione del cosiddetto mandato di cattura europeo. E naturalmente la cooperazione giudiziaria è difficile se viene affidata al meccanismo dell'unanimità. Sappiamo molto bene che l'annuncio da parte del primo ministro britannico Tony Blair dello svolgimento di un referendum popolare, sull'argomento, in Gran Bretagna comporta dei motivi di incertezza, perché vi è un atteggiamento euroscettico di una parte consistente dell'opinione pubblica britannica.
Tuttavia, per il successo di questi o di altri referendum, sarà decisiva la prova di qualità e di compattezza della politica europea. Questo è il motivo per cui chiediamo un momento alto di impegno e di convergenza non solo sui temi della Costituzione, ma sulle grandi problematiche che affliggono il nostro mondo. Ecco perché, dopo aver presentato, insieme alla collega Paciotti, questa proposta in sede di Convenzione, la mozione comune presentata dai gruppi dei Democratici di sinistra, della Margherita, dello SDI, di chi si riconosce nella lista «uniti per l'Ulivo» ha assunto quella parte del testo della mozione presentata da alcuni deputati (ricordo il collega Folena) con riferimento al ripudio della guerra sulla base dell'articolo 11 della Costituzione italiana.
Vi è però un problema che poniamo al Governo: aver privilegiato, da parte del Governo italiano, l'asse in Europa originato dalla solidarietà nei confronti dell'intervento


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militare in Iraq, con Blair ed Aznar, non ha consentito all'Italia né di chiudere con successo il suo semestre di Presidenza né di partecipare ai ripetuti e nuovamente preannunciati vertici a tre tra Francia, Germana e Gran Bretagna. L'Italia deve riprendere il suo posto nell'ambito dei paesi membri che rappresentano il gruppo di avanguardia nella costruzione europea.
Se il Governo avesse dato retta fino in fondo e seriamente all'invito del Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, di fare in modo che vi fosse comunque solidarietà ed unione tra i paesi fondatori, è abbastanza facile presumere che l'Italia non sarebbe stata esclusa dal vertice a tre tra Francia, Germania e Gran Bretagna.
Siamo preoccupati per i segnali di isolamento dell'Italia ed intendiamo agire con molta determinazione, a cominciare dalle prossime elezioni per il Parlamento europeo, perché il nostro popolo dia un deciso segnale di volontà al Governo, perché l'Italia possa riprendere una posizione chiara ed efficace, ricollocandosi nel solco della sua grande tradizione europeistica.
Vorrei sottolineare che, nella nostra mozione riformulata, si fa un chiaro richiamo a quella dell'onorevole Pistelli sulla necessità di non confondere l'Europa a due velocità con quella di costituire un'avanguardia.
È necessario, con riferimento ai temi della difesa e ad altri, che alcuni paesi, nell'ambito della cooperazione rafforzata, si assumano la responsabilità di andare più avanti e l'Italia deve essere inclusa fra questi.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, l'onorevole Realacci che mi ha preceduto, firmatario della mozione nella quale è contenuto il riferimento all'articolo 11 della Costituzione, si è richiamato al manifesto di Ventotene ed ha fatto bene. Il manifesto di Ventotene è stato firmato da uomini come Altiero Spinelli, Ernesto Rossi, che appartenevano al movimento di Giustizia e Libertà, o Eugenio Colorni, che apparteneva al partito socialista, con una particolare posizione federalista.
Lasciatemi allora ricordare in quest'aula un progenitore di questa posizione. Nel 1935, di fronte all'avanzare del fascismo e del nazismo, Carlo Rosselli scriveva un articolo intitolato «Europeismo e fascismo» nel quale chiaramente diceva che occorreva contrapporre al fascismo ed al nazismo, che sembravano avere il sopravvento, un grande ideale: l'ideale europeo, l'ideale degli Stati uniti d'Europa.
Ecco perché, nel momento in cui si stanno, per esempio, pubblicando nuove inedite lettere interessantissime del carteggio fra Rosselli e Sturzo, diciamo al Parlamento italiano, alle forze tradizionalmente europeiste di questo Parlamento, di riprendere in mano la bandiera di una partecipazione avanzata dell'Italia a questo processo.
Per parte nostra, con la nostra mozione intendiamo dare un chiaro mandato al Governo perché cooperi e si muova nel solco dell'approvazione della Costituzione e perché all'allargamento dell'Europa a 25 possa corrispondere finalmente un'Europa capace di giocare il proprio ruolo nel mondo (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Baldi. Ne ha facoltà.

MONICA STEFANIA BALDI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, l'Unione europea da pochi giorni si è ampliata di nuovi dieci Stati, portando a 25 il numero dei paesi membri. Certo, diventerà necessario rafforzare i meccanismi decisionali per garantire un efficace funzionamento delle istituzioni di una comunità allargata.
Dopo la crescita da 6 a 15 membri, completata con successo, l'Unione europea si prepara adesso al più grande allargamento della storia, in termini di scopi e di diversità. Tredici paesi hanno avanzato la richiesta di entrare a farne parte come nuovi membri. Per dieci di questi paesi (Cipro, Estonia, Lettonia, Lituania, Malta,


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Polonia, Repubblica Ceca, Repubblica slovacca, Slovenia ed Ungheria) l'adesione, come noto, è avvenuta il 1o maggio. Bulgaria e Romania auspicano l'ingresso nell'Unione nel 2007, mentre la Turchia, lo ricordo per alcuni colleghi, non sta ancora negoziando l'adesione.
Certo, non si possono non accogliere positivamente le indicazioni del Consiglio europeo di Bruxelles del 25-26 marzo e della recente riunione a Lussemburgo dei ministri degli esteri, del 26 aprile scorso, in cui la Presidenza irlandese ha fissato la data della prossima Conferenza intergovernativa ministeriale al 17 maggio prossimo venturo.
È importante sottolineare che il testo costituzionale del negoziato è quello predisposto e definito dalla Presidenza italiana nel Consiglio europeo tenutosi in dicembre a Napoli. È dunque necessario che lo stesso testo non si discosti da quello licenziato dalla Convenzione.
In questa prospettiva è importante ribadire il sostegno all'approccio seguito dal Governo durante il semestre di Presidenza italiana, non favorendo cioè compromessi al ribasso rispetto alle ambizioni della Convenzione. Tra l'altro, mi preme ricordare che è stato manifestato riconoscimento e apprezzamento per l'attento lavoro svolto dalla Presidenza italiana.
Ritengo che anche il nostro Parlamento debba esprimere un consenso pieno a tale posizione; infatti, siamo consapevoli che la definizione dei meccanismi di funzionamento dell'Unione a 25, come ad esempio il problema del calcolo del voto a maggioranza del Consiglio, debba condurre a soluzioni che assicurino la possibilità...

PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia, consentite all'onorevole Baldi di svolgere il suo intervento.

MONICA STEFANIA BALDI. ... di assumere decisioni efficaci anche nell'ambito dell'Unione ampliata.
In questo momento così delicato dobbiamo essere capaci di superare sterili polemiche, al fine di rilanciare quel processo di integrazione europea che è l'elemento costitutivo per il ruolo e la storia dell'Italia.
Sui nodi del processo costituzionale europeo si è sempre riscontrato un vasto accordo a sostegno, da parte delle forze politiche presenti in Parlamento. Uguale sostegno dovremmo oggi esprimere in ordine alla volontà del Governo di perseguire un trattato costituzionale alto e nobile, che rispecchi non soltanto la versione europeista dell'Italia, ma costituisca una garanzia essenziale per il funzionamento e lo sviluppo della nuova Unione a 25.
Certamente, il Governo ha sempre perseguito e vuole continuare a perseguire, malgrado molte oggettive difficoltà, la ricerca del consenso nell'ambito del processo costituzionale europeo ma, nonostante l'equilibrio e l'impegno dell'azione italiana nell'ambito della Conferenza intergovernativa, il risultato finale purtroppo non è stato raggiunto per il permanere di rigidità contrapposte.
Ora che il Governo italiano non è più vincolato dagli obblighi della presidenza di turno può assumere con maggiore libertà una posizione che rispecchi in pieno il nostro approccio tradizionalmente europeista e, nello stesso tempo, equilibratamente realista sul futuro dell'Unione, ciò peraltro in linea con le indicazioni condivise, fornite dallo stesso Parlamento.
È fondamentale sostenere la linea di condotta che il Governo ha giustamente sviluppato in passato, anche in prospettiva della ripresa dei lavori della Conferenza intergovernativa. L'Italia è uno dei paesi fondatori dell'Europa comunitaria, infatti, in tutti i passaggi fondamentali del processo di integrazione, abbiamo saputo essere generosamente lungimiranti. Attualmente siamo il secondo Stato contributore del bilancio dell'Unione, siamo uno dei partner europei che possono vantare, anche sul fronte atlantico, una delle posizioni più bilanciate e fattive in termini di impegno concreto come fornitori di sicurezza sulla scena internazionale.
Proprio sulla base di tali presupposti, ritengo che, in questa fase, si possa alimentare l'aspettativa che l'accordo sulla Costituzione europea risulti di alto profilo.


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Inoltre, credo che sia stata di grande equilibrio la posizione espressa dal Governo italiano in merito al problema di un'Europa a due velocità, sottolineando che l'integrazione di alcuni specifici settori da parte di un ristretto numero di Stati deve, eventualmente, realizzarsi nell'alveo dei meccanismi contemplati dai trattati, ovvero mediante le cosiddette «cooperazioni rinforzate».
È evidente che in avvenire anche l'azione di un gruppo di Stati membri pionieri potrà assicurare il necessario dinamismo al processo di integrazione. Il meccanismo, però, dovrà restare aperto ed inclusivo, senza prefigurare direttori o centri di gravità permanente, sviluppandosi in un quadro di regole condivise.
Infine, onorevoli colleghi, l'Unione europea deve essere per noi, in futuro, un progetto condiviso cui vogliamo continuare a dare un contributo generoso e determinante; tale consapevolezza dovrebbe farci esprimere, oggi, la forte aspettativa che l'Italia continui ad essere protagonista in Europa, in uno spirito di profonda condivisione di quel grande patrimonio di valori su cui si fonda il nostro rinnovato impegno per questo straordinario progetto comune (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Folena. Ne ha facoltà.

PIETRO FOLENA. Signor Presidente, con il collega Realacci ed altri abbiamo presentato una mozione che impegna, negli spazi negoziali residui, il Governo italiano a lavorare affinché nel testo del trattato della Costituzione europea si possa inserire, in queste ultime e decisive settimane di lavoro, il contenuto dell'articolo 11 della Costituzione della Repubblica italiana. Se ho ben compreso, apprezzo che il Governo abbia modificato il suo parere, esprimendosi in senso favorevole su questa mozione.
La proposta contenuta nella mozione in questione non è nostra, ma è stata avanzata dalla Tavola della pace, dai movimenti; è stata sottoscritta da oltre 400 mila cittadini nei mesi passati, costituendo uno degli argomenti posti al centro dell'ultima marcia della pace Perugia-Assisi. È stata, infine, appoggiata da molti leader politici e sindacali, in modo particolare dalle forze del centrosinistra.
Nei lavori della Convenzione europea, come prima ricordato, gli onorevoli Valdo Spini ed Elena Paciotti, a nome del gruppo dei Socialisti europei, hanno avanzato la proposta di inserire nell'ambito dell'articolo 3, comma 4, la seguente espressione: «l'Unione europea ripudia la guerra, come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali».
Chi vi parla, come è noto, ha contestato e contesta tuttora la dottrina dalla guerra preventiva, in realtà una vera e propria guerra di aggressione, di cui stiamo constatando in Iraq gli effetti devastanti. Tale dottrina, purtroppo, ha rovesciato, dopo l'11 settembre, i torti e le ragioni; anziché usare lo Statuto delle Nazioni Unite, le regole del diritto internazionale, la Corte penale internazionale, gli strumenti di intelligence e di polizia nella lotta al terrorismo e, soprattutto, la politica, sono stati utilizzati i caccia, i tanks, fino al massacro tuttora in corso a Falluja, rischiando di minare alla radice le basi del diritto internazionale.
È stata usata la tortura; dovremo tornare su questo argomento nei prossimi giorni, colleghi e colleghe, proprio qui in Parlamento, perché l'opinione pubblica statunitense e quella britannica, quella cioè delle grandi democrazie liberali, è letteralmente sotto shock, per le immagini raccapriccianti che arrivano da quei paesi. Immagini di torture e sevizie, inferte ai prigionieri iracheni nelle carceri governate e gestite direttamente dall'amministrazione americana.
Vi sono inchieste in corso, e mi limito a sottolineare che la tortura è figlia di un fanatismo ideologico e della cultura razzista della superiorità della razza che porta, come ha scritto con efficacia Stefano Rodotà, a violare l'habeas corpus. La tortura non consente alcun relativismo


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etico né alcuna intermittenza morale: occorre essere intransigenti, così come lo fummo quando vi furono episodi, in Somalia, che riguardavano anche il nostro paese.
Tornando all'articolo 11 della Costituzione, in esso trovano una delle espressioni più significative quelle basi del diritto internazionale che oggi vengono colpite e ferite. Il centrosinistra ha ritenuto che la partecipazione italiana alla guerra in Iraq configuri la violazione dell'articolo 11; al riguardo, è stata presentata una pregiudiziale di costituzionalità. Anche le dichiarazioni dei generali Chiarini e Fraticelli hanno confermato le nostre opinioni e hanno smentito quanto dichiarato dal Governo, a proposito della guerra, in quest'aula e nel paese. Tutto questo ci spinge ad evidenziare che bisogna tornare alla politica, e per tornare alla politica occorre prendere atto che non vi sono più le condizioni per la presenza militare italiana, ritirare i soldati e spingere per una svolta effettiva delle Nazioni Unite che metta in campo i caschi blu.
Tuttavia, onorevoli colleghi, la nostra proposta è diretta anche a coloro che non condividono tale giudizio ma che, credendo come noi nei valori della Costituzione repubblicana, vogliono che l'Europa assuma tali valori e divenga potenza di pace. La ragione fondamentale per cui proponiamo che il testo dell'articolo 11 della Costituzione sia inserito nel trattato costituzionale sta nella modernità, nell'attualità e nel senso profetico di tale testo. Mi riferisco al dibattito nell'Assemblea costituente e al ruolo che ebbe Giuseppe Dossetti, quando fece approvare all'unanimità dalla I Sottocommissione un articolo che nella sua formulazione originaria stabiliva: «L'Italia rinunzia alla guerra». Successivamente, nel corso del dibattito, la parola «rinunzia», che si limitava ad esprimere la volontà di non ricorrere alla guerra, fu sostituita dalla parola «ripudia», che contiene invece un evidente elemento di condanna.
Nel testo originario proposto da Dossetti si faceva inoltre riferimento a «condizioni di reciprocità» con gli altri paesi, che nel corso dei lavori sono divenute «condizioni di parità», rafforzando in tal modo la sottoposizione dell'ordinamento italiano alle Nazioni Unite e alle grandi organizzazioni internazionali.
La forza di quella norma costituzionale stava nel convincimento, dopo le tragedie del colonialismo, che la guerra dovesse essere sottratta all'esclusivo dominio dell'esecutivo, previsto dallo Statuto albertino. Con l'articolo 11 della Costituzione la guerra viene sottratta all'esecutivo e ad una mera maggioranza parlamentare, perché di essa si occupa una norma di rango costituzionale.
I fondamenti di tale norma non risiedono tuttavia solo nella storia italiana. La sua vera origine giuridica, ideale e culturale sta nell'Europa dei fondamenti, nell'Europa del settecento.
La ragione per cui noi chiediamo che venga inserita nella Costituzione europea la norma contenuta nell'articolo 11 della nostra Costituzione sta proprio nel fatto che, nell'Europa della rivoluzione francese, venne inserita nella Costituzione del 1791 una frase di grandissima forza: la Repubblica non intraprenderà alcuna guerra di conquista e non userà mai la sua forza contro la libertà di altri popoli. Quella stessa norma è stata inserita nel preambolo della Costituzione francese del 1946, che è tuttora in vigore.
Per un paese come l'Italia e per altri paesi che hanno perso la seconda guerra mondiale perché dominati dalle dittature del fascismo e del nazismo era particolarmente forte la necessità di sancire con forza costituzionale il ripudio della guerra. Voglio ricordare che anche nella legge fondamentale tedesca, all'articolo 26, in modo chiaro viene bandita la preparazione della Angriffskrieg, cioè della guerra di aggressione. Più tardi, anche in Portogallo, dopo le dittature di Salazar e di Caetano, nella Costituzione portoghese del 1975 fu scritto che veniva bandita ogni forma di imperialismo, di colonialismo e di aggressione.

PRESIDENTE. Concluda, onorevole Folena.


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PIETRO FOLENA. Concludo, Presidente. Ebbene, io credo che a queste norme costituzionali di molti paesi europei faccia esplicito riferimento l'articolo 2 dello Statuto delle Nazioni Unite. In quel ripudio c'è un'idea davvero importante, esattamente la stessa idea che c'è negli ordinamenti interni rispetto agli omicidi e a tutti i reati nei confronti della persona.
Colleghi, ci siamo divisi e torneremo a dividerci attorno alle vicende irachene, ma ora dobbiamo, come Parlamento, conferire un mandato al Governo perché venga fatto ogni sforzo nei prossimi giorni affinché questa norma venga inserita nel Trattato costituzionale europeo. Dobbiamo contrapporre ad un'idea di scontro di civiltà un'idea di incontro di civiltà, che fa parte dell'identità europea, quella stessa idea che avevano uomini come Leo Valiani - che certamente non può essere sospettato di essere comunista o vicino ai comunisti - quando all'Assemblea costituente disse con chiarezza: se ci attaccheranno ci difenderemo, ma noi abbiamo il fermo proposito di non attaccare mai nessun altro popolo, sia esso retto con ordinamenti liberali o con altri ordinamenti. Queste sono parole che valgono anche per oggi (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e di Rifondazione comunista)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole La Malfa. Ne ha facoltà.

GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, la mia sarà una brevissima dichiarazione di voto. Vorrei dire che, condividendo lo spirito e il testo di molte delle mozioni presentate - quella del collega Antonio Leone, ma anche quella del collega Pistelli e del collega Anedda - voterò a favore di tutti questi documenti che impegnano il Governo a fare la sua parte affinché l'Europa possa dotarsi rapidamente di un Trattato costituzionale. Sono contrario - per delle ragioni che sarebbe molto lungo spiegare - alla mozione dell'onorevole Realacci, nella nuova formulazione, che chiede ad un'Europa che vorremmo diventasse un soggetto della politica internazionale l'inserimento del ripudio preventivo dello strumento militare, che non è in linea con l'idea stessa di creare una grande federazione europea. Sono contrario all'affermazione relativa all'articolo 11 contenuta in quest'ultima mozione e in tal senso voterò.
Colgo infine l'occasione, signor Presidente, per dire, a proposito della vicenda dell'Iraq - anche se il tema non riguarda direttamente il dibattito sull'Europa - che per chi, come me, ha sostenuto con fermezza in quest'aula parlamentare la decisione degli Stati Uniti e della Gran Bretagna di combattere il regime di Saddam Hussein con l'obiettivo di abbatterlo e di assicurare ai cittadini iracheni un futuro di democrazia e di libertà, la notizia delle torture inflitte ai prigionieri politici suscita orrore e profonda riprovazione morale. Gli Stati Uniti hanno, a nostro avviso, l'obbligo di fare rapidamente chiarezza su come tali aberrazioni abbiano potuto determinarsi e di punire in modo esemplare i responsabili, pena, signor Presidente e onorevoli colleghi, l'insostenibilità morale della loro permanenza in Iraq (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Liberal-democratici, Repubblicani, Nuovo PSI).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.

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