Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 457 del 27/4/2004
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(Interventi)

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Blasi. Ne ha facoltà.

GIANFRANCO BLASI. Signor Presidente, onorevole sottosegretario, colleghi, la situazione e la tensione crescente che si è alimentata presso la FIAT di Melfi deve essere oggetto di una riflessione sgombra da qualsiasi valutazione ideologica o di parte. Naturalmente, prima di sviluppare un breve ragionamento sull'attuale stato di disagio, occorre dire con chiarezza che, continuando con i picchetti, i blocchi stradali e l'incitamento ad una lotta sindacale ormai fuori controllo ed al limite della legalità, i problemi veri, quelli vissuti sulla pelle dei lavoratori, rischiano di passare in secondo piano. Da parte nostra, confermiamo una solidarietà piena alle forze dell'ordine, impegnate in una delicatissima attività a garanzia del reciproco rispetto ed a tutela dei diritti di tutti i lavoratori, soprattutto di quelli che possono e debbono poter esprimere opinioni diverse da quanti protestano e, magari, desiderano raggiungere il proprio posto di lavoro.
Le prese di posizione e le stesse visite di alcuni leader politici, le esternazioni contro il Governo, il modo di concepire il conflitto sociale come strumento speculare di lotta politica, prima che sindacale, si rappresentano come un muro ideologico che impedisce, oggi a Melfi e domani nel paese, un confronto sereno ed obiettivo. Dal canto suo, una parte del sindacato sembra stia elaborando, e non solo nel laboratorio di Melfi, una vera e propria strategia della tensione, che mira ad alimentare il fuoco delle divisioni tra gli stessi lavoratori ma, soprattutto, a diffondere una sorta di ansia generalizzata.
Considerato che il Governo ha offerto la sua più ampia disponibilità ad una mediazione, visto che, sia pure tardivamente, la stessa FIAT comprende le necessità di una concertazione sui temi e sulle modalità di lavoro degli operai di San Nicola di Melfi e considerata anche l'apertura offerta da molte altre sigle sindacali, resta incomprensibile questa posizione antagonista, che rischia di produrre non solo difficoltà ma persino - lo dico soppesando le parole - germi di violenza sociale di cui una parte sindacale e politica del nostro paese rischia di essere corresponsabile. L'attenzione e la riflessione che noi invitiamo...

FAUSTO BERTINOTTI. Dove le ha viste le violenze?

ANTONINO LO PRESTI. I due punti al poliziotto li ha provocati un meteorite?

PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia!


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FAUSTO BERTINOTTI. Un altro poliziotto!

PRESIDENTE. Per favore...!

GIANFRANCO BLASI. Bertinotti ...

ANTONINO LO PRESTI. Ma state zitti!

GIANFRANCO BLASI. Bertinotti, stai a sentire!

FAUSTO BERTINOTTI. L'ha detto il Governo!

PRESIDENTE. Per favore...!

GIANFRANCO BLASI. Bertinotti ...

EMERENZIO BARBIERI. Bertinotti si inventa le cose (Commenti del deputato Bertinotti)!

PRESIDENTE. Per favore! Onorevole Bertinotti, la prego!

GIANFRANCO BLASI. ... stai a sentire!

ROBERTO GUERZONI. Ma con chi ve la prendete?

PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia! Prosegua, onorevole Blasi.

GIANFRANCO BLASI. L'attenzione e la riflessione alle quali invitiamo tutte le parti in causa riguardano, in ogni modo, prioritariamente, la problematica contrattuale dei lavoratori FIAT e dell'indotto della Basilicata.
Oggettivamente, i giovani lucani occupati nello stabilimento SATI, la maggior parte dei quali scolarizzati, vivono situazioni di stress lavorativo e salariale, di cui deve tenersi debito conto. Basterebbe studiare il turn over verificatosi in questi dodici anni per comprendere come livelli di saturazione fisica e psicologica sono nettamente superiori a quelli della media di altri analoghi stabilimenti. Un nuovo tavolo di concertazione e di contrattazione aziendale appare, dunque, una richiesta più che legittima: occorre recuperare uno spirito di unità sindacale di cui i lavoratori per primi hanno bisogno.
Infine, in questa difficile vicenda, vi è da segnalare un problema tutto lucano. Oggi, il più noto commentatore politico della regione, Nino Grasso, scrive su La Nuova Basilicata: c'è una classe dirigente, tanto di uno schieramento quanto dell'altro, che non riesce a liberarsi della «sindrome Scanzano», cioè di una sorta di ribellismo taumaturgico, simbolo mitico di un riscatto politico e sociale, frutto della spontanea mobilitazione popolare, che riduce il ruolo dei partiti e dei sindacati a quello delle mosche cocchiere.

ALFONSO GIANNI. La lingua batte dove il dente duole!

GIANFRANCO BLASI. E ancora: purtroppo, da sei mesi a questa parte, il presidente della regione sembra essere più presente ai blocchi stradali che non nelle sedi istituzionali deputate a prevenire i conflitti (Applausi polemici e prolungati dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo, di Rifondazione comunista e Misto-Verdi-L'Ulivo) ...

ALFONSO GIANNI. Avete perso! Non capite niente della realtà!

GIANFRANCO BLASI. ... come dovrebbe fare, invece, ogni classe dirigente degna ...

ALFONSO GIANNI. Avete perso!

PRESIDENTE. Onorevole Gianni, la prego!

ALFONSO GIANNI. Tu non capisci una cosa essenziale!

PRESIDENTE. Onorevole Gianni, la prego! Dopo potrà parlare!

GIANFRANCO BLASI. ... degna, a tutti i livelli, di tale nome!


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PIER PAOLO CENTO. Fossero di più!

GIANFRANCO BLASI. Grasso ha ragione! Ed ho ragione anch'io quando dico che state elaborando una vera e propria strategia della tensione nel paese (Commenti dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo, di Rifondazione comunista e Misto-Verdi-L'Ulivo)! Questo periodo storico, con tutte le sue complessità, merita di essere vissuto con un altissimo senso di responsabilità.

FAUSTO BERTINOTTI. Fiat ...!

GIANFRANCO BLASI. Forza Italia resta fedele ai valori che la ispirano: grande attenzione ai bisogni sociali coniugata ad una forte mediazione fra gli interessi che la politica...

PIER PAOLO CENTO. Manganelli!

GIANFRANCO BLASI. ...deve essere capace di interpretare con moderazione, spirito liberale e grande rispetto di tutti.
Se oggi in Italia vi sono forze sociali e politiche che tentano di recuperare l'armamentario ideologico soffiando sul fuoco del conflitto sociale o addirittura rispolverando un anacronistico conflitto di classe, crediamo proprio abbiano sbagliato indirizzo e periodo storico, caro Bertinotti!

FAUSTO BERTINOTTI. Dillo alla FIAT!

GIANFRANCO BLASI. Ci auguriamo che il buonsenso ed il dialogo possano prevalere nell'interesse generale e, nel caso specifico di Melfi, nell'interesse dei lavoratori lucani.
Sposiamo l'invito del sottosegretario Sacconi ad aprire immediatamente una serrata e proficua trattativa che veda nel Governo il luogo più giusto della mediazione (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza nazionale e dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Adduce. Ne ha facoltà.

SALVATORE ADDUCE. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, la richiesta avanzata dai presidenti di gruppo affinché il Governo venisse in aula a riferire sugli avvenimenti di Melfi era motivata dall'esigenza di comprendere davvero cosa abbia provocato tali eventi. Credevamo che su tale vicenda si potesse discutere direttamente con i responsabili che in questi giorni si sono rifiutati (mi riferisco, in modo particolare, al ministro del lavoro) di affrontare tale situazione.
Lo scorso 17 aprile si è accesa la minaccia di una protesta dovuta alla «messa in libertà» di 800 lavoratori della FIAT Sata, un'azienda dell'indotto FIAT, a seguito di un'agitazione sindacale.
Siamo preoccupati che il Governo, attraverso la presenza del sottosegretario per il Ministero dell'interno, si occupi del grande disagio politico, economico e sindacale di un'area del Mezzogiorno caratterizzata da una forte presenza industriale come la FIAT esclusivamente come un problema di ordine pubblico. La nostra solidarietà ovviamente va a tutti coloro che ieri mattina sono stati coinvolti nelle scaramucce in questione. Tuttavia, per la portata degli avvenimenti di ieri mattina, riteniamo che tali fatti vadano inseriti in un contesto più ampio e posti in relazione al vero problema, ossia il disagio profondo di centinaia di migliaia di lavoratori che versano in condizioni di lavoro e di vita impossibili.
Siamo di fronte all'agitazione dei lavoratori della più grande fabbrica del Mezzogiorno, dove emergono i veri, grandi problemi non ancora risolti legati alle condizioni di lavoro ed economiche di migliaia di lavoratori. Tali problemi - dobbiamo ricordarlo - risalgono alla fase di insediamento di quell'azienda. Signor rappresentante del Governo, di tali aspetti avremmo voluto discutere questa mattina! Avremmo voluto conoscere le opinioni del Governo su una situazione che risale ad una fase storica diversa; tale fabbrica è


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nata sulla base di un forte incentivo pubblico e di una seria e rigorosa concertazione sindacale che ha consentito la nascita della cosiddetta fabbrica integrata, costruita insieme ad una serie di aziende satelliti che costituiscono l'indotto del grande cuore FIAT.
In quella fabbrica si assumono (fin da quando nasce) solo diplomati, cioè solo maestranze che hanno un livello di alfabetizzazione medio alto, perché si concerta con le rappresentanze sindacali alta flessibilità insieme a meccanismi di alta partecipazione. Si concertano anche - dobbiamo dirlo - un livello di retribuzioni nettamente inferiore rispetto a quello degli altri stabilimenti del gruppo - e, soprattutto, rispetto a quello di altre zone del paese - e turni di lavoro che consentono di far funzionare la fabbrica ventiquattro ore su ventiquattro. Tutto questo, sinteticamente, ha consentito di raggiungere picchi di livelli produttivi che ci vengono invidiati dai mitici giapponesi. Questo meccanismo, signor rappresentante del Governo, si incrina quando i lavoratori e i sindacati continuano a rispettare gli impegni che hanno assunto, mentre sul fronte della partecipazione, cioè sul fronte delle competenze e delle decisioni che l'azienda avrebbe dovuto assumere, le cose non vanno. Si ha la netta impressione che la FIAT voglia semplicemente spremere un limone che è già molto vicino all'esaurimento, e i fatti di questi giorni dimostrano che vi è un disagio vero e profondo - attenzione: non siamo, come qualcuno ha tentato nuovamente di dire, di fronte ad un Sud ciecamente «ribellista» - che attiene alle condizioni di vita e di lavoro di una grande fetta di lavoratori del nostro paese, che pongono un problema valido anche per altre aree del nostro paese. Allora, diventano inconciliabili, alla luce delle difficoltà che si sono determinate in quell'azienda, i turni di notte massacranti, la durezza delle condizioni di lavoro - voglio ricordare che in tre anni in quella fabbrica ci sono stati novemila provvedimenti disciplinari -, le mutate condizioni economiche.

PRESIDENTE. Onorevole Adduce...

SALVATORE ADDUCE. Ho finito, Presidente. Signor rappresentante del Governo, non le sembra sintomatico che un disagio di queste dimensioni si manifesti proprio in questa fase, dopo che il vostro Governo ha determinato, con la sua politica economica, il disastro che ha provocato, riducendo il potere di acquisto dei salari e degli stipendi e costringendo gli enti locali ad aumentare le tariffe per i servizi elementari grazie alla riduzione dei trasferimenti statali? Vedete, sono questioni che attengono alle condizioni generali di vita del nostro paese e che riguardano un'area nella quale non si può più tollerare una dimensione di sofferenza di questo genere. Avete risposto negando, come ha fatto Maroni, la competenza in questa materia (il che è secondo me, un atto scellerato), e addirittura chiedendo, attraverso l'intervento del sottosegretario per il lavoro...

PRESIDENTE. Onorevole Adduce, la prego di concludere.

SALVATORE ADDUCE. ...l'intervento delle forze dell'ordine. Concludo, Presidente. Invece di aprire una discussione e di contribuire in questi giorni a individuare le condizioni, come tutti chiedono, per consentire all'azienda e ai sindacati di trovare un comune denominatore, come in parte, di fatto, è già accaduto, voi non avete fatto altro che acuire e complicare la vicenda. Di questo credo voi siate nettamente responsabili. Noi pensiamo che non abbiate svolto fino in fondo il vostro dovere. Invece, noi l'abbiamo fatto, anche attraverso l'iniziativa regionale (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo - Dai banchi dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale si grida: «Vergogna!»).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Lo Presti. Ne ha facoltà.

ANTONINO LO PRESTI. Onorevole sottosegretario, la ringrazio per la esauriente


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informativa che ha voluto rendere sui fatti di Melfi. Era doveroso che il Governo riferisse al Parlamento su un episodio che rende oltremodo evidente agli occhi di tutti, ma soprattutto all'opinione pubblica italiana, a quali livelli di degrado sia ormai giunto il confronto sindacale nel nostro paese e quale sia il tasso di politicizzazione della frangia più estremista del sindacato.
Mi riferisco alla CGIL, che - ancora una volta -, ha dimostrato di essere pronta a sacrificare la cosiddetta unità sindacale pur di perseguire l'obiettivo di colpire il Governo e danneggiare, con cinismo, l'economia del paese, mettendo in grave difficoltà un'impresa - la più grande impresa italiana, la FIAT - che sta tentando di uscire da una crisi gravissima, che fino a qualche mese fa sembrava senza sbocco, se non quello della prospettiva di decine di migliaia di licenziamenti o cassintegrati.
L'intervento delle forze dell'ordine - alle quali va la nostra incondizionata solidarietà - è stato necessario, misurato e proporzionato agli eventi. Tale intervento è giudicato da Alleanza nazionale indispensabile. Esso, infatti, ha garantito la libertà e la determinazione di quei lavoratori che non hanno aderito allo sciopero violento...

FAUSTO BERTINOTTI. Quanti?

ANTONINO LO PRESTI. ...di esercitare l'altrettanto sacrosanto diritto di lavorare e di accettare, con coscienza e consapevolezza, i sacrifici necessari per tutelare la propria occupazione, garantendo al tempo stesso all'impresa la possibilità di proseguire nel piano industriale concordato per uscire dalla crisi.
La fermezza del Governo nell'impedire che una minoranza, travalicando i limiti di legge e di opportunità, potesse pregiudicare i diritti della maggioranza dei lavoratori dello stabilimento di Melfi è stata sicuramente apprezzata dagli italiani che, nella stragrande maggioranza, non condividono le posizioni oltranziste, estremiste e pregiudizialmente antigovernative ed antinazionali....

FAUSTO BERTINOTTI. E l'UGL?

FRANCESCO GIORDANO. E l'UGL?

ANTONINO LO PRESTI. ...di una minoranza sindacale politicizzata, che fa riferimento alla sinistra comunista ed a quella extraparlamentare che, da sempre, trova ricovero sicuro nelle file della CGIL (arriverò pure all'UGL). Si tratta della stessa sinistra che è sempre pronta a schierarsi a difesa anche dell'indifendibile, pur di demolire ciò che faticosamente si è costruito (come nel caso FIAT) grazie alla mediazione del Governo italiano, per salvare l'occupazione di migliaia di lavoratori.
Che la posizione di tale minoranza sia strumentale lo dimostra l'atteggiamento tiepido tenuto da quella parte del mondo sindacale, più moderato e maggioritario, che è consapevole della necessità di affrontare i problemi dei lavoratori assumendo posizioni di dialogo e non barricadiere, per non mettere a rischio una ripresa del settore auto, basilare per la tenuta della nostra economia.
Come si fa a non capire che bloccare la produzione della FIAT significa fare un grosso favore alla concorrenza straniera e ipotecare il futuro della stessa sopravvivenza del settore auto made in Italy?
Tutto ciò è intollerabile, perché non soltanto è un'offesa al buon senso ed un attacco ai diritti individuali, come il libero esercizio dell'impresa o del lavoro, ma soprattutto perché è palesemente finalizzato a scopi politici, per gettare discredito sull'esecutivo e far fallire, con bieco cinismo, ogni sforzo fatto per risolvere una crisi che può pesare enormemente sull'economia dell'intera nazione.
Che i picchetti di Melfi siano politici e non sindacali lo dimostrano non solo gli intenti - nemmeno celati - dei dimostranti e gli slogan antigovernativi pronunciati, ma anche e soprattutto le valutazioni negative degli altri sindacati, quali la CISL. Quest'ultima organizzazione, per bocca del proprio leader, Savino Pezzotta, ha messo in luce il chiaro intento speculativo, di carattere politico preelettorale della CGIL.


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È sufficiente leggere le dichiarazioni che lo stesso Pezzotta ha reso, stamattina, a Libero. In un'intervista pubblicata su tale quotidiano, Pezzotta afferma: «purtroppo, l'intervento della polizia ha creato dei martiri. Quell'aureola, francamente, non la meritano» - leggo testualmente - «quelli» - sono i sindacalisti CGIL ed i Cobas - «non vogliono arrivare a risultati positivi per gli operai. Hanno altri fini» - è sempre Pezzotta che prosegue - «a quelli» - sono sempre i sindacalisti della CGIL e gli extraparlamentari presenti - «non importa che stiano meglio gli operai, ma il risultato politico; e, poi, ci sono le elezioni in vista. Volevano tirare dentro il Governo».
Le dichiarazioni di Pezzotta confermano le nostre certezze. Quella di Melfi è una lotta antigovernativa, in funzione elettorale e fratricida, all'interno del sindacato stesso. Stupisce che organizzazioni sindacali autonome - o presunte tali - si prestino a svolgere un ruolo di comprimari, portando acqua al mulino violento della CGIL.
Come si fa a non capire che un blocco prolungato, quale quello messo in atto da pochi oltranzisti politicizzati antigovernativi, sta ostacolando l'intero gruppo FIAT e l'indotto (perché, rendendo impossibili gli approvvigionamenti, provoca l'arresto delle lavorazioni). È una strategia mirata: si è scelto Melfi perché è uno stabilimento pilota, in cui il blocco dell'attività avrebbe scientemente paralizzato tutto l'indotto. Si tratta di una strategia da autentica guerriglia: non uso termini più pesanti, perché credo che non ne valga nemmeno la pena.
Bene dunque hanno fatto l'esecutivo e la polizia a garantire il rispetto della legalità. Auspichiamo che la linea della fermezza rimanga a garanzia dell'ordine pubblico, dei diritti fondamentali del lavoro e della libertà di impresa.
Nel contempo, però, invitiamo le forze sindacali moderate a non interrompere, anche con l'aiuto del Governo, la via del dialogo e del confronto civile nell'interesse vero dei lavoratori e della nazione, che ha bisogno di pace e di serenità (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza nazionale e di Forza Italia - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Lettieri. Ne ha facoltà.

MARIO LETTIERI. Onorevole sottosegretario, lei ha illustrato un rapporto di polizia, neanche puntuale, e me ne dolgo. Noi ci aspettavamo un intervento che affrontasse la questione del lavoro, che è il problema centrale della Basilicata, del Mezzogiorno e dell'intero paese.
Anzitutto, esprimo solidarietà ai lavoratori feriti ieri mattina durante la carica della polizia, e credo che l'intera Camera dei deputati dovrebbe farlo. Certo, essa va estesa anche ai rappresentanti delle Forze dell'ordine feriti negli scontri, costretti ad intervenire dalle precise indicazioni delle autorità di Governo, cosa assai grave ed intollerabile. Negli ultimi decenni, nella pacifica Basilicata non si era mai verificato un fatto del genere. Basti pensare alla manifestazione dei 100 mila in occasione della vicenda di Scanzano: non un atto di ribellismo, ma la legittima rivendicazione di difesa del proprio territorio e dell'ambiente e la volontà di uno sviluppo ordinato.
Ieri, invece, a San Nicola di Melfi è stato il primo giorno delle cariche delle forze dell'ordine, per consentire ad una ventina di «capetti» di entrare in fabbrica rispetto agli oltre 7-8 mila dipendenti in sciopero. In verità, la provocazione governativa la si registrava già la sera precedente, nelle dichiarazioni irresponsabili e gravi del sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali Sacconi, che sembra aver assunto il ruolo di picchiatore politico già dalla vicenda relativa all'articolo 18. Egli è indegno di ricoprire l'incarico di responsabile del lavoro. Anziché provocare, dovrebbe preoccuparsi, insieme al Governo, di attuare una seria politica del lavoro ed una valida politica industriale per aumentare l'occupazione, e non, invece, praticare appunto lo sport delle provocazioni finalizzate esclusivamente ad accentuare le tensioni e, magari,


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ad ottenere un secondo di visibilità sui media.
Voglio ricordare che mercoledì sera circa duecento parlamentari di opposizione e di maggioranza - tra cui anche qualcuno che è intervenuto poc'anzi - su mia sollecitazione (e li ringrazio per questo) hanno sottoscritto un appello al Presidente del Consiglio per invitarlo ad attivare con urgenza un tavolo di confronto con i dirigenti della FIAT e con i rappresentanti di tutti sindacati, della Confindustria e della regione Basilicata. L'appello solo marginalmente faceva riferimento alla necessità di migliorare le relazioni sindacali all'interno dello stabilimento FIAT di San Nicola di Melfi. Esso evidenziava soprattutto i profili di criticità da tempo esistenti nel pianeta FIAT e non solo a Melfi, non solo nell'indotto, ma anche a Mirafiori, a Termini Imerese, a Cassino, a Termoli e così via.
L'unica risposta venuta dal Governo è stata quella di ordinare alle forze dell'ordine di effettuare la carica contro i manifestanti. Dalla FIAT, poi, l'unica risposta è stata quella di dividere i sindacati, di mettere in atto comportamenti da anni Cinquanta, dimenticando che l'Italia è cresciuta ed è cambiata, nonostante certe imprese che, anziché svolgere anche la funzione sociale che la nostra Costituzione affida alla proprietà privata, hanno pensato soltanto ad ottenere un fiume di denaro pubblico come contributi.
Anche lo stabilimento di San Nicola di Melfi è stato realizzato - è bene ricordarlo, onorevoli colleghi - con alcune migliaia di miliardi di vecchie lire di fondi pubblici...

GIAN PAOLO LANDI di CHIAVENNA. Glieli avete dati voi!

ELETTRA DEIANA. Zitto!

MARIO LETTIERI. In un certo senso, quello stabilimento appartiene anche alla collettività ed il Governo, quindi....

GIAN PAOLO LANDI di CHIAVENNA. Voi glieli avete dati!

MARIO LETTIERI. Glieli ha dati la legge, non noi! La legge che questo Parlamento aveva approvato (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo)...!

GIAN PAOLO LANDI di CHIAVENNA. La legge che avete fatto voi, quando governavate voi!

FRANCESCO GIORDANO. Adesso li difendi tu!

ELETTRA DEIANA. Servo di Bush e servo dei padroni!

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, consentite all'onorevole Lettieri di proseguire il suo intervento!

MARIO LETTIERI. Non si preoccupi, Presidente.

PRESIDENTE. Non mi preoccupo, cerco di far rispettare il regolamento, onorevole Lettieri.

MARIO LETTIERI. In un certo senso, quello stabilimento appartiene anche alla collettività nazionale e non soltanto a quella lucana, ed il Governo quindi non può lasciare mano libera ai vertici FIAT.
Il destino della FIAT e delle aziende dell'indotto riguarda l'intero paese e non soltanto i padroni e gli azionisti di tale azienda. Esso riguarda innanzitutto le migliaia di operai che vi profondono lavoro ed intelligenza, fatica e passione, subendo, come nel caso di Melfi, angherie e vessazioni, turni massacranti e lavori stressanti anche per dodici notti continuative, percependo salari ridotti del 25 per cento rispetto alle altre aziende del gruppo. Questo è il paradiso FIAT a Melfi, che, evidentemente, il nostro Presidente del Consiglio, autodefinitosi presidente operaio, vorrebbe che i vertici aziendali continuassero a proporre per i lavoratori lucani e meridionali. Così non può essere: trattasi di un inferno, altro che paradiso!
Per questa ragione, intervenga subito il Governo per affrontare i problemi legati al


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futuro industriale e produttivo del complesso sistema FIAT, verificando anche i rapporti con le aziende dell'indotto. È in discussione il futuro della FIAT auto e delle aziende collegate, che chiudono, stentano o delocalizzano in Tunisia, per poter fornire le diverse componenti ai prezzi imposti dalla FIAT, che si preoccupa, badate bene, di risparmiare anche mezzo centesimo e non del destino di queste aziende che si sono insediate a Melfi contestualmente allo stabilimento Sata.
Di tutto questo, i vertici FIAT non vogliono discutere, come non vogliono farlo sulla cosiddetta «doppia battuta» e sulle altre questioni che riguardano più specificatamente le relazioni sindacali.
Mi auguro che i dirigenti nazionali, i sindacati, unitariamente, pongano anche questi problemi, non affatto secondari. Quello della FIAT è stato ed è un comportamento miope, dannoso ed autolesionista, perché offusca l'immagine della più grande industria italiana e tradisce la serietà, la fiducia e le speranze dei lavoratori e di quei giovani che, dieci anni fa, accettarono condizioni e ritmi di lavoro durissimi per avere la certezza di un lavoro sicuro nella propria terra. La FIAT fu infatti accolta bene da tutta la popolazione lucana e da quella delle regioni contermini.
Mi auguro che si chiuda questa pagina odiosa e che si rispettino i diritti dei lavoratori, rilanciando lo sviluppo industriale dello stabilimento di Melfi attraverso una produzione di qualità alla Sata per poter reggere la competitività. Questo nell'interesse della FIAT sicuramente, ma soprattutto nell'interesse del mondo del lavoro, della regione Basilicata e in definitiva del paese. Non si mandi la polizia, si affrontino dunque i problemi concreti (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, di Rifondazione comunista e Misto-Verdi-L'Ulivo)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Emerenzio Barbieri.
Ne ha facoltà.

EMERENZIO BARBIERI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei dire che trovo alquanto originale l'attacco che gli onorevoli Adduce e Lettieri hanno esternato nei riguardi dell'intervento a mio giudizio molto esaustivo, svolto in questa sede dal rappresentante del Governo.
Lo trovo originale perché l'ordine del giorno reca lo svolgimento di un'informativa urgente del Governo sui recenti avvenimenti occorsi presso lo stabilimento FIAT di Melfi e non un'informativa urgente del Governo sui rapporti sindacali esistenti presso la FIAT di Melfi. In questo ultimo caso, l'attacco svolto dall'onorevole Adduce nei riguardi del rappresentante del Governo sarebbe stato ampiamente giustificato. Sarebbe stato sufficiente muoversi in modo diverso e probabilmente sarebbe stato corretto che sui banchi del Governo sedesse il ministro Maroni e non il sottosegretario Mantovano. Al tempo stesso, devo dire di aver ascoltato alcuni interventi alquanto fuori luogo. L'onorevole Lettieri, mi sembra, sostiene che la FIAT tiene in questa vicenda un comportamento nei rapporti con i sindacati - e cito testualmente - da anni Cinquanta.
L'onorevole Bertinotti meglio di me potrà dire che il rapporto della FIAT con i sindacati era caratterizzato anche dalla presenza di sindacati gialli. A meno che l'onorevole Lettieri non voglia sostenere che la CISL e la UIL sono alla FIAT sindacati gialli, cioè a disposizione del padrone - la qual cosa sarebbe francamente molto grave - mi pare si tratti di un parallelo quanto meno fuori luogo. In assoluta autonomia la FIM e la UILM hanno sottoscritto le norme che oggi vigono nello stabilimento di Melfi. Da parte nostra non si dice che va tutto bene, ma si fa un'affermazione di principio: la questione degli accordi sindacali può anche essere aggiornata, ma va lasciata assolutamente alla libertà di confronto tra le organizzazioni sindacali ed i datori di lavoro.
Onorevole Lettieri, vorrei fare una premessa che ritengo importante: a me non interessa che ieri mattina volessero andare a lavorare una decina di capetti, come lei


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li ha definiti. Poteva anche essere un solo capetto! La libertà di lavoro va garantita! Da questo punto di vista, bene ha fatto il Governo...

FAUSTO BERTINOTTI. Era garantita dagli scioperanti!

EMERENZIO BARBIERI. Collega Bertinotti - tu hai ruoli ben più forti dei miei, ma come deputati siamo colleghi - la libertà va garantita con le buone o come si faceva con i bambini prima che si affermassero nuove pedagogie. I bambini non sempre sono disponibili ad obbedire agli ordini dei genitori...

ELENA EMMA CORDONI. Agli ordini della FIAT!

EMERENZIO BARBIERI. ...quindi a volte vanno utilizzati i metodi «Pestalozzi», e mi riferisco non al pedagogista, ma a metodi un po' più forti.

ELENA EMMA CORDONI. Agli ordini di chi?

EMERENZIO BARBIERI. Agli ordini, ovviamente, di chi ha la responsabilità.

ELETTRA DEIANA. Il Governo prende ordini dalla FIAT!

EMERENZIO BARBIERI. La polizia non può pensare di prendere ordini dall'opposizione! Mi pare che in nessun paese del mondo succeda questo.
Colleghi Adduce e Lettieri, questa storia della polizia è un po' originale. Quando, primo ministro D'Alema, la polizia bastonò duramente - e le televisioni fecero vedere tutto - i disoccupati napoletani, dove eravate? Avete presentato le mozioni per dire che la polizia manganellava? È possibile che, quando a manganellare i dimostranti è la polizia che si muove sulle indicazioni di un ministro dell'interno della Casa delle Libertà, si sentano interventi come quelli dell'onorevole Adduce e dell'onorevole Lettieri mentre quando gli stessi ordini erano dati da un ministro dell'interno del Governo D'Alema, tutto andasse bene? Dove eravate?
Collega Lettieri, non è possibile che in ogni vostro intervento parliate di ministri e sottosegretari indegni, incapaci, che si devono vergognare, che devono andare a casa. Il dubbio che anche dalla parte di chi oggi governa vi sia qualcuno che il suo mestiere è capace di farlo non vi è mai venuto?

MARIO LETTIERI. Basta vedere la vicenda dell'articolo 18!

EMERENZIO BARBIERI. Il collega Sacconi è stato definito un provocatore: in alcune fasi della vita della prima Repubblica vi era molta preoccupazione quando si usavano tali termini. Ci si ricorda, onorevole Lettieri, quando si usavano i provocatori anche in altre circostanze che portarono, purtroppo, a lutti nella vita democratica di questo paese? Quindi, prima di definire l'onorevole Sacconi un provocatore, cerchiamo di pensarci. Se vogliamo parlare per continuare ad accendere il fuoco è un conto, ma se vogliamo parlare per dare un contributo, la questione è diversa.
È da tale punto di vista e con tale angolo di visuale che anche noi, come gruppo dell'Unione dei democratici cristiani, diamo tutta la nostra solidarietà agli agenti di polizia che ieri sono stati feriti, oltre ad esprimere, ovviamente, solidarietà umana nei confronti di tutti.
Il fatto che la FIOM, da questo punto di vista, non sia alle prime armi...

PRESIDENTE. Onorevole Barbieri, la invito a concludere.

EMERENZIO BARBIERI. ...lo si capisce da tutte le vicende che sono successe in Emilia (come sanno bene alcuni colleghi deputati diessini emiliani). La FIOM è specializzata nell'evitare di firmare i contratti con gli altri. È specializzata nel fare in modo di aumentare il livello della tensione sociale.


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Pertanto, la mia conclusione è la seguente: bisogna isolare chi fa politica invece di tutelare gli interessi dei propri associati. Credo che questa sia una condizione essenziale per una proficua risoluzione della vicenda dello stabilimento di Melfi (Applausi dei deputati dei gruppi dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro, di Forza Italia e di Alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Dario Galli. Ne ha facoltà.

DARIO GALLI. Ringrazio il sottosegretario Mantovano per la sua relazione ed ovviamente esprimo anch'io, a titolo personale, la mia solidarietà sia ai lavoratori delle forze dell'ordine, sia a quei lavoratori onesti dal punto di vista intellettuale, ma che in situazioni difficili, magari come quella che sta attraversando adesso il gruppo FIAT, si fanno fuorviare da una minoranza assolutamente politicizzata, che ha interessi ben diversi da quello del buon destino dell'azienda (in questo caso la FIAT).
Non ritorno su temi che sono stati già trattati dai miei colleghi, perché sarei ripetitivo; preferisco dunque svolgere qualche altra considerazione di carattere generale. È veramente sorprendente sentire dire certe cose dai colleghi della sinistra, anzi del centrosinistra, quindi anche di quella parte moderata dell'opposizione, che ha fatto sì che oggi in Italia la FIAT si sia ridotta a quello che è, con tutti gli interventi scellerati degli ultimi trent'anni, di assoluto assistenzialismo, di politica assolutamente antindustriale e antistorica. Peraltro, non si tratta di soldi di tutti gli italiani; certo, tutti hanno contribuito, ma sono soprattutto i soldi di quella parte del paese (dove oltretutto la FIAT era massicciamente presente sin dalle sue origini industriali) che, in una situazione assolutamente sperequata come quella italiana, ogni volta che si effettua un investimento pubblico vede utilizzare i propri soldi.
La FIAT, negli ultimi trent'anni, ha ricevuto soprattutto dai Governi di centrosinistra - non a caso la grande industria ideologicamente si schiera con questa parte politica (quando gli fa comodo, perché non credo che poi nel cuor loro siano tutti comunisti) - 220 mila miliardi a fondo perduto, compresi quelli che sono serviti per realizzare questi stabilimenti modernissimi in alcune regioni del sud, come quello di Melfi. A fronte di questa profusione di denaro pubblico, la FIAT è passata dai 250 mila dipendenti degli anni Settanta ai 35 mila di oggi: cioè la FIAT ha perso circa 220 mila posti di lavoro, per ogni miliardo che soprattutto i Governi di centrosinistra hanno dato a questo gruppo.
Mi sembra quindi veramente strano che le stesse persone che ideologicamente appartengono a quell'area politica che ha fatto questo disastro siano oggi qui ad attaccare la FIAT come se fosse un loro nemico. Certo, se alle prossime elezioni dovessero vincere loro, fatto estremamente improbabile, ritorneranno di colpo amici della FIAT (Commenti)! ...Se dici un'altra volta «sei scemo», ti aspetto fuori! Se devi dirmi qualcosa me lo dici politicamente, però «scemo» non...

PRESIDENTE. Onorevole Galli, la prego!

DARIO GALLI. Presidente, senta anche le parole degli altri, non solo le mie!

PRESIDENTE. Onorevole Galli, lei parli rivolto alla Presidenza.

DARIO GALLI. Io sono qui a rappresentare una parte del territorio e non a prendermi del cretino.

PRESIDENTE. La prego, onorevole Galli, di non intrecciare dialoghi che la Presidenza non è in grado di controllare.
La prego di continuare, onorevole Galli.

DARIO GALLI. Ricordo che l'attuale Governo, per esempio lo scorso anno, quando la FIAT ebbe problemi analoghi, non cadde nella trappola e non regalò soldi a fondo perduto, come poi ha fatto più in piccolo, in sedicesimo, con il discorso


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salva calcio e con Roma e Lazio. Il Governo ha detto alla FIAT: siete un'azienda, avete altre proprietà, fate quello che tutte le aziende normali devono fare. Difatti il gruppo FIAT ha venduto un po' di partecipazioni, ha effettuato alcuni interventi e comunque si è risollevato, per quanto riguarda il settore auto, senza bisogno dell'intervento dello Stato.
È poi assolutamente fuori dalla storia dire che questi lavoratori - queste cose le può dire solo chi in fabbrica non è mai andato una volta - combattono a causa di condizioni di lavoro inaccettabili. Vediamo di essere persone serie! La FIAT di oggi, e soprattutto quella degli ultimi stabilimenti superautomatizzati come quello di Melfi, non è la FORD degli anni Venti e degli anni Trenta. Non si lavora più in ambienti rumorosi, pieni di polvere, senza luce, per 9, 10 o 12 ore a braccia alzate, come negli anni Trenta o Quaranta.

MARIO LETTIERI. Si lavora di notte!

DARIO GALLI. I panettieri lo fanno 365 giorni all'anno e i correttori di bozze lo hanno fatto per quarant'anni. E allora? Ci sono lavori che vanno fatti di notte. Qual è il problema? Agli infermieri non gli facciamo più fare il turno di notte e così se ti viene la peritonite di notte muori, perché non ci sono gli infermieri di turno? Cerchiamo di essere persone serie! Il lavoro va fatto dove e come serve, altrimenti, se voi siete così bravi, portate i vostri fulgidi esempi del blocco dell'est, di Cuba, della Corea del nord, della Cina di oggi e fateci vedere in quali condizioni i lavoratori dei regimi comunisti lavorano e con quali diritti sindacali (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza nazionale)! Comunque, ritorniamo alle cose serie!

ELENA EMMA CORDONI. Tu stai dicendo...

DARIO GALLI. Siete voi che li volete! Se fosse stato per voi, oggi apparterremmo al blocco dell'est! Ma dove vivete? Guardate che la gente si ricorda! Non pensate che la gente non si ricordi da quale parte provenite solo perché avete fatto due anni, avete indossato la giacca e la cravatta e vi siete tolti il fazzoletto rosso!

PRESIDENTE. Onorevole collega, la prego!

DARIO GALLI. Presidente, preghi lei i colleghi di lasciarmi parlare!

PRESIDENTE. Il mio invito è rivolto a lei ed alla collega.

DARIO GALLI. Mi sembra, come sempre, di tenere un atteggiamento estremamente rispettoso nei confronti dell'Assemblea, anche se spesso passo dalla parte del torto anche quando non me lo merito.

PRESIDENTE. No, non è dalla parte del torto questa volta.

DARIO GALLI. Grazie, Presidente.
Oggi, in questi stabilimenti si lavora in situazioni in cui il rumore è assolutamente tenuto sotto controllo (altrimenti interviene, giustamente, l'ASL), le emissioni polverose sono inesistenti e le macchine girano i pezzi in costruzione a misura d'uomo per consentire che le persone possano lavorare nel modo migliore possibile dal punto di vista dell'ergonomia. È evidente, però, che il lavoro è il lavoro! Se al lavoratore dà fastidio lavorare 37 ore e mezzo in una fabbrica che, ormai, assomiglia ad una sala operatoria, prendiamo atto che, forse, è stata sbagliata la politica perseguita in questi ultimi trent'anni, di insediare stabilimenti in tessuti industriali inadeguati ad ospitarli (Commenti del deputato Adduce). Il tuo pazzesco concetto di produttività lo lascio a te (Commenti del deputato Adduce)! Comunque, non è un caso che negli ultimi dieci anni ....

PRESIDENTE. Onorevole Adduce, la prego!

DARIO GALLI. È molto divertente, anche perché le «cazzate» che spara sono così buffe!


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PRESIDENTE. Onorevole Galli, la prego! Capisco che siamo abituati alle interruzioni ...

DARIO GALLI. Non ho fatto il funzionario di partito come te!

MARCO RIZZO. Hai fatto il barista perché stai bene in un bar!

DARIO GALLI. Chi è questo «pistola» che parla? È Rizzo, l'altro comunista! Bene!
Ho il permesso di parlare, onorevole Rizzo?

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, vi prego! Continui pure, onorevole Galli.

DARIO GALLI. Lei, Presidente, ad un collega che mi dà del barista ovviamente non ha nulla da dire!
Non è un caso che, negli ultimi anni, le fabbriche giapponesi, la Toyota in testa, hanno ricominciato ad investire in Europa, dopo aver prodotto per moltissimi anni ed esportato direttamente dal Giappone i loro modelli di punta. Tuttavia, casualmente, gli investimenti sono stati realizzati nei paesi seri dal punto di vista delle relazioni industriali (vale a dire in Gran Bretagna, in Germania, in Francia); non nei paesi sottosviluppati dell'Europa occidentale dove i lavoratori prendono ancora 300-400 dollari al mese, ma in quelli dove il costo del lavoro si pone ai più alti livelli. Ciò che conta oggi, infatti, è la capacità di accettare le regole del lavoro e del mercato e di comportarsi conseguentemente con trasparenza.
Invito, comunque, i colleghi della sinistra ad esprimere il loro modello. Ricordo, con riferimento alla FIAT, che negli ultimi anni, con i soldi pubblici, soprattutto con quelli dei padani (alla fine, quando si parla di soldi pubblici, si tratta dei nostri), è stato chiuso lo stabilimento di Mirafiori (negli anni Settanta era il più grande del mondo) e dell'Alfa Romeo (si è passati da 18 mila a 1.600 dipendenti), dove trent'anni fa si producevano le migliori auto del mondo ed esisteva una certa cultura industriale (si trattava del più grande gruppo aziendale ed industriale italiano). Con l'appoggio del centrosinistra, soprattutto ideologico e finanziario, sono stati chiusi alcuni stabilimenti industriali per realizzarne altri di minore entità (come quelli presenti al Sud) e per portare all'estero le produzioni più importanti.
Ricordiamo gli ultimi stabilimenti automatizzati dei motori diesel multijet o la stessa Panda che vengono costruiti in Polonia, anche in questo caso con i soldi dei cittadini italiani e, soprattutto, padani.
Per concludere, esprimo la mia solidarietà nei confronti delle forze dell'ordine che svolgono il loro dovere e, soprattutto, dei lavoratori seri della FIAT di Melfi, quelli che hanno voglia di lavorare in fabbrica e che si rendono conto che il lavoro non è sempre una festa, ma soprattutto un impegno.

FRANCESCO GIORDANO. Undici!

DARIO GALLI. In un momento difficile come questo, quando il lavoro c'è, va mantenuto e bisogna dare quotidianamente il contributo alla propria azienda, affinché la medesima possa rimanere sul territorio.
Prediche da parte di chi ha distrutto, soprattutto con la politica sindacale, le industrie del nostro paese - come avvenuto nel blocco dell'est, dove si è passati dall'economia di Stato all'economia della mafia di Stato, oppure a Cuba, in Corea del Nord o in Cina dove, ancora oggi, i bambini muoiono di fame -, non possiamo accettarne; che vadano a manifestare in piazza con il loro 5 per cento di cittadini che li appoggia, lasciando lavorare seriamente tutto il resto del paese che effettivamente si impegna (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega Nord Federazione Padana, di Forza Italia e di Alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Alfonso Gianni. Ne ha facoltà.

ALFONSO GIANNI. Signor Presidente, quando ieri il compagno Violante e, più


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modestamente, il sottoscritto ed altri ancora, sull'onda dei fatti e delle notizie che provenivano da Melfi, hanno chiesto che il Governo venisse a riferire in ordine alla vicenda che, in quel momento, vedeva le cariche della polizia contro lavoratori assolutamente pacifici, non si pensava al collega Mantovano - e non perché non se ne abbia stima e considerazione -, in quanto ci si voleva rivolgere al Governo nella sua collegialità e, in particolare, al ministro del lavoro.
Il fatto - lo dico al collega Emerenzio Barbieri - che sia qui il collega Mantovano non è una nostra scelta, ma una significativa decisione del Governo, che vuole ridurre un conflitto sociale ad una questione di ordine pubblico come, d'altro canto, lo stesso sottosegretario Mantovano ha affermato.
Signor sottosegretario, lei si è caricato sulle spalle una responsabilità pesante; lei ha fatto una dichiarazione di guerra, affermando testualmente - se i miei appunti sono sinceri - che tale operazione (cioè quella dell'intervento della polizia) sarà ripetuta ogni volta che risulterà necessario. Per noi ciò rappresenta una dichiarazione di guerra contro una classe sociale che esprime un profondo disagio; non si tratta di gente che ha fobie snobistiche nei confronti del lavoro.
Lei, onorevole Mantovano, voi della maggioranza, avete mai sentito parlare di TMC2? Sapete cosa vuol dire una riduzione in modo parossistico dei tempi di lavorazione, vale a dire un nuovo sistema produttivo, una nuova organizzazione che intensificano lo sfruttamento umano, eliminando ogni possibilità di pausa (Commenti)? Voi, che fate tanto gli spiritosi, avete mai sentito parlare della doppia battuta, consistente nel fatto che un soggetto lavora una settimana di notte e poi ripete ciò capovolgendo la notte con il giorno? Voi, che appena arrivano le 20 di sera e si profila l'ipotesi di una seduta notturna scappate come ragazzini o verginelle che hanno paura del buio, ci avete mai provato? Avete mai provato a lavorare facendo la stessa attività che fanno altri, ma guadagnando molto di meno? No, non avete mai provato, non sapete cosa sia, non conoscete la realtà sociale di questa nuova classe operaia, non capite un accidente! Il problema non è che a Melfi non sanno lavorare!
Vorrei dire all'onorevole Dario Galli e agli altri amici della Lega - si fa così per dire - che lo stabilimento di Mirafiori lo hanno tenuto in piedi i meridionali che sono emigrati. Infatti, come ci ricordano gli storici, un terzo della popolazione italiana ha percorso lo Stivale dal basso in alto e sono loro che hanno creato la ricchezza di cui i padani odierni si riempiono la bocca (Applausi dei deputati dei gruppi di Rifondazione comunista, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e Misto-Verdi-L'Ulivo)!
Cari colleghi, questa è la verità! E questa verità non può essere cancellata dalle gigantografie della faccia rifatta del Presidente operaio!
Non può essere negata perché è una verità palpabile. Fate riferimento al fatto che alcuni sindacati hanno firmato. Ma che cosa hanno firmato? Caro Presidente, collega Mantovano, quello che lei chiama il diritto al lavoro in caso di sciopero ha un nome preciso nella storia mondiale di classe: si chiama crumiraggio! Quell'accordo era, appunto, un accordo di crumiraggio, perché, anziché entrare nel merito della questione sociale, posta da quelle condizioni insopportabili di lavoro, pretendeva che, pregiudizialmente, venisse tolto ogni blocco. È vero: hanno bloccato la strada e la zona di accesso alla fabbrica. Ma lei sa, onorevole Mantovano, come si fa uno sciopero oggi, all'epoca del toyotismo, del just in time, della fabbrica diffusa, di tutte queste cose con cui siete soliti riempirvi la bocca?
Non siamo più negli anni Cinquanta, quando era sufficiente bloccare il cancello della FIAT; oggi, se si vuole fermare una fabbrica, bisogna bloccare la sopraelevata, la tangenziale, l'autostrada. Non esiste un altro sistema per scioperare. Lo affermano i vostri amici statunitensi; leggete i loro saggi perché anche negli Stati Uniti, contrariamente a quanto pensate, esiste una lotta di classe. Questi saggi affermano che,


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se si vuole fare uno sciopero efficace, diritto primo e fondamentale del mondo del lavoro, devi arrecare danno al tuo avversario, bloccando la produzione. Solo così si fa, non esiste alcun altro modo.
Allora, quale senso ha l'intervento della polizia, tanto più che esisteva già un intesa da parte delle organizzazioni sindacali, quelle che voi chiamate estremiste ma che sono rappresentative di tutti i lavoratori, al contrario di quelle da voi ritenute moderate che non rappresentano altro che la burocrazia, buona solo per far entrare chi voleva lavorare? Quei lavoratori erano a malapena una decina, perché lì, come a Scanzano Jonico, si è mosso un popolo, un'intera comunità. Come ha scritto Max Weber, una classe sociale si definisce come «comunità di destino» e in queste occasioni la rivediamo.
Vorrei ricordare, in merito alle forme di presunta violenza, che gli operai sdraiati in terra si sono lasciati trascinare via. Questo non sarebbe successo negli anni Cinquanta, ve lo assicuro. Sono figlio di un operaio: altro che un sasso volante sarebbe stato scagliato! Gli operai attuali hanno introiettato l'idea di una resistenza passiva, la stessa che ho visto a Madrid, il 20 luglio di due anni fa, quando ci fu il primo grande sciopero che ha determinato la caduta di Aznar, il famoso amico di Berlusconi. Vi erano donne sdraiate sotto gli autobus per impedire che partisse il servizio pubblico e si lasciavano trascinare senza muovere un dito, a peso morto, dalle forze di polizia.
D'altro canto, lei che è un uomo di cultura, signor Presidente, ricorderà che un uomo mite come Walter Benjamin, tanto mite che scelse il suicidio di fronte alla violenza del nazismo, nei suoi scritti giovanili sostenne che nello Stato moderno non esiste un monopolio della forza ma un duopolio: quello dello Stato e delle forze dell'ordine contrapposto a quello del mondo del lavoro, che si esprime nella forza dello sciopero, l'unica che gli è data. Aggiungo io, che rispetto a lui tanto meno sono, che, da una parte, c'è soltanto la ragione della forza, mentre dalla parte dei nuovi operai c'è la forza della ragione. Per questo non vi temono (Applausi dei deputati dei gruppi di Rifondazione comunista, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, del Misto-Comunisti italiani e Misto-Verdi-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Rizzo. Ne ha facoltà.

MARCO RIZZO. I fatti sono sotto gli occhi di tutti e la gravità della situazione, con la polizia italiana che bastona centinaia di lavoratori, è talmente evidente che ci porta indietro nel tempo. Ci riporta agli anni Cinquanta, al Governo Scelba e alle pagine più oscure del rapporto tra la democrazia e la partecipazione nel nostro paese.
La gravità dei fatti, nulla togliendo al ruolo istituzionale del sottosegretario Mantovano, avrebbe richiesto la presenza del ministro dell'interno, onorevole Pisanu. Emerge, per quanto riguarda gli aspetti di politica generale, la latitanza del Governo sulle questioni del lavoro: oggi sulla FIAT, domani sull'Alitalia e sui numerosi problemi che attanagliano la vita concreta di migliaia di lavoratori e che sono il segno di una difficoltà seria dell'economia italiana. È sufficiente recarsi ogni giorno davanti a Palazzo Chigi, per vedere le manifestazioni dei lavoratori presso la sede del Governo. Si tratta di lavoratori di settori non desueti, bensì avanzati, vale a dire dei settori che un paese civile dovrebbe difendere e tentare di sviluppare.
Ci troviamo di fronte ad una crisi seria, e il Governo latita. La vicenda in esame è grave e ci saremmo aspettati la presenza del ministro dell'interno. Ricordo che, in occasione del dibattito sulla crisi della FIAT, i banchi del Governo erano deserti come adesso (era presente soltanto un sottosegretario), mentre quando si trattava di difendere le vostre leggi sugli «affari di famiglia» e di salvare Previti eravate tutti presenti, al punto che era necessario aggiungere le sedie ai banchi del Governo, perché erano temi che vi interessavano particolarmente!
Un Governo latitante, dunque, e un Governo cattivo. Quest'ultimo credo sia il


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termine esatto: c'è un odio antioperaio da parte dell'esecutivo, spesso esemplificato dal sottosegretario Sacconi, che più volte ha indicato nella politica della forza e nella politica del manganello la risposta al conflitto sociale. Si tratta di un conflitto che vede nel Mezzogiorno, a Melfi, uno dei punti più avanzati di questa battaglia per la difesa della democrazia.
A proposito del Mezzogiorno e di una vicenda molto complessa che riguarda la ricerca del lavoro e la disoccupazione, le chiediamo, onorevole Mantovano - dal momento che lei è attento al tema della legalità -, per quale motivo in numerosi episodi verificatisi nel Mezzogiorno (mi riferisco, ad esempio, l'occupazione di stabili pubblici o alle intimidazioni nei confronti del sindaco di Napoli Russo Jervolino, addirittura presso la sua abitazione) che non coinvolgevano i lavoratori, la forza pubblica abbia sempre mantenuto un atteggiamento molto attento e rispettoso, mentre probabilmente sarebbe stata opportuna una posizione di maggiore fermezza. Ieri, invece, si trattava di una manifestazione di operai, che si sono seduti in mezzo a una strada per esercitare il diritto di sciopero, e la polizia ha avuto l'ordine di intervenire nel modo che sappiamo, per fare entrare qualche piccolo gruppetto di crumiri. In base a quale indirizzo politico ciò è accaduto e sono state intraprese tali azioni, che reputo vergognose?
Siete assenti quando si tratta di costruire un tavolo per le parti sociali, in quanto non volete farlo. Stiamo parlando di una questione molto importante, che riguarda condizioni di lavoro difficili, dure e che richiedono sacrifici. Stiamo anche parlando di gabbie salariali: mi rivolgo ai colleghi del centrosinistra e mi riferisco alle proposte dell'onorevole Rutelli. Le gabbie salariali riguardano la parità delle condizioni di lavoro: se è vero che in alcune aree di crisi il costo della vita è inferiore, è altrettanto vero che in quelle zone anche la qualità della vita è diversa, in quanto, ad esempio, si debbono percorrere cinquanta chilometri per andare al cinema e ci si deve recare al Nord se si ha bisogno di una struttura sanitaria adeguata. Ciò fa sì che non siano ammissibili salari differenti, e bisognerà discuterne all'interno del centrosinistra, evitando di indurre una battaglia tra il Nord e il Sud. Io sono torinese e conosco bene la vicenda operaia di Torino; mio padre era un operaio della FIAT Mirafiori. La lotta di Melfi è la lotta di Mirafiori, la lotta degli operai e dei lavoratori di Melfi è la lotta di tutti noi ed è per questo motivo che domani, nello sciopero generale che si terrà a Melfi, dovranno essere presenti tutte le forze politiche, tutti gli uomini che hanno a cuore la cultura del lavoro nel nostro paese.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Potenza, al quale ricordo che ha quattro minuti di tempo a disposizione. Ne ha facoltà.

ANTONIO POTENZA. Parlerò anche di meno, signor Presidente, perché alcune questioni sono già state ampiamente trattate. Poiché ho visto i colleghi del centrodestra applaudire all'intervento dell'onorevole Mantovano, vorrei pregarli di trasferire quegli applausi al sottosegretario Sacconi, dal momento che è lui che si è occupato della vicenda, così gli operai si ricorderanno che c'è una parte di questo Parlamento che applaude all'atteggiamento che il Governo ha tenuto in occasione dei fatti di Melfi.
Non voler valutare l'esasperazione che si è creata in quella realtà significa voler tenere gli occhi chiusi. C'è chi aspetta da dieci anni che qualcosa cambi! Immaginate - come già ha ricordato l'onorevole Lettieri - che tra la retribuzione di un operaio di Melfi e quella di un operaio che vive a poca distanza dalla sede di lavoro vi è una differenza del 25 per cento, cioè un operaio di Melfi percepisce 400 euro in meno! Con una differenza di 800 mila lire, evidentemente, e con tutto quello che accade, con un Governo che affama la nostra realtà, c'è un clima di grande tensione, che non è certo causato da quattro facinorosi. Si è creato un clima di scontro, come è apparso abbastanza evidente


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anche ascoltando gli interventi dei rappresentanti del centrodestra. Arriva Bertinotti, arrivano i Cobas... Si è cercato a tutti i costi un clima di scontro!
Onorevole sottosegretario, chieda al suo questore - che dovrebbe essere il questore di tutti - qual è il clima che si è venuto a determinare e quante volte i deputati di questo Parlamento sono dovuti intervenire perché il prefetto e il questore non decidessero di attuare azioni repressive, così come poi è invece accaduto!
Si è trattato di un clima determinato da attese: gli amici hanno ripetuto che, all'interno della fabbrica, non vi sono alcune condizioni. Avrei voluto dire all'amico Blasi, che adesso non è presente, che davanti ai cancelli dello stabilimento di Melfi c'erano i rappresentanti di tutti i partiti! Voler per forza attribuire a qualcuno un ruolo specifico è strumentale. La CGIL si è aggiunta in un secondo momento. Quando è sorto il problema, la CGIL non c'era! È vero, onorevole Adduce? C'erano tutti! Allora, il richiamo di chi è con la Casa delle libertà, di chi è contro... Vuol dire che, se, come diceva il collega della Lega - che ora non è presente -, i giapponesi vogliono portare le fabbriche in Italia, li manderemo in Padania, perché in Padania esistono le condizioni migliori per produrre!
Nella nostra realtà c'è senso di responsabilità. Noi non siamo certamente contro il diritto allo sciopero né contro il diritto-dovere di chi vuole lavorare. Una cosa però è certa: quando gli operai si dividono tra chi vuole entrare in fabbrica per lavorare e chi vuol restare fuori per manifestare, significa che qualcosa non funziona, significa che il Governo e la maggioranza non sono in grado di governare questi fenomeni.
E allora, all'onorevole Barbieri, che ci chiedeva dove eravamo, ricordo che eravamo nella Democrazia cristiana a difendere gli interessi di tutti, lavoratori e non, per quella pace sociale che ha consentito all'Italia di arrivare al punto in cui è.
Quindi, è doveroso un omaggio alle Forze di polizia e ai lavoratori che difendono giustamente i propri diritti (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Alleanza Popolare-UDEUR, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Di Gioia. Ne ha facoltà.
Le ricordo, onorevole, che anche lei ha quattro minuti a disposizione per il suo intervento.

LELLO DI GIOIA. Signor Presidente, grazie per avermelo ricordato. Vorrei ringraziare, prima di entrare nel merito della discussione, i lavoratori di Torino, quelli di Milano, quelli di Cassino, i lavoratori di Termini Imerese, cioè tutti quegli operatori che hanno partecipato alla manifestazione svoltasi qualche giorno fa, a Melfi. Questo dimostra che la battaglia dei lavoratori di Melfi non è isolata: è una battaglia per i diritti, per la dignità del lavoro, è una battaglia per il Mezzogiorno d'Italia.
Se qualcuno ha pensato che, alla luce di quello che è accaduto qualche giorno fa tra la FIAT e il sindacato, si potesse dividere il sindacato e il mondo del lavoro, ha sbagliato, perché sia ieri notte sia questa mattina in fabbrica non è entrato nessuno!

PIER PAOLO CENTO. Certo!

LELLO DI GIOIA. Questo dimostra che vi è una grande solidarietà tra la gente. Questo dimostra che i lavoratori hanno capito che stanno facendo una battaglia giusta per i diritti del lavoro, per il diritto ad un ambiente diverso.
Vorrei sapere dai colleghi del centrodestra che sono intervenuti se abbiano mai verificato che cosa significhi (altro che robotizzazione delle fabbriche, altro che sistema aziendale che consente di poter andare con il «camice bianco»!) lavorare ad una catena di montaggio, oppure se abbiano mai verificato cosa significhi lavorare nelle isole. Hanno mai verificato che cosa significa - anche se vi sono oggi strumenti diversi - lavorare a cottimo all'interno delle fabbriche o ripristinare «il cottimo» attraverso un sistema che significa, enfatizzandolo, aumentare la


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produttività, la competitività, aumentare un sistema di organizzazione del lavoro che - credo - debba essere discusso con il sindacato per migliorare, appunto, le condizioni di vita del lavoro all'interno delle fabbriche? È una battaglia - dicevo - di tutti i lavoratori perché essi stanno capendo quale è oggi lo stato di degrado del sistema industriale di questo paese.
Non vi è una politica economica e una politica industriale di questo Governo! E tra qualche giorno troveremo lì, nel Mezzogiorno d'Italia e nel nord, tante aziende (oltre la FIAT, non soltanto l'Alitalia, ma anche l'Alenia) e sistemi aziendali che salteranno, perché non si è stati in grado di realizzare una politica industriale seria.
E allora: per quali ragioni qualche giorno fa si sono verificati i fatti che hanno determinato l'intervento delle Forze dell'ordine? Quanti di voi erano a quella manifestazione? Quali sono state le provocazioni - noi lo chiediamo al sottosegretario Mantovano - della gente che lavora in quelle condizioni, tali da portare alla carica della polizia? Quali sono state? Molti di noi hanno partecipato a quella manifestazione ed alle manifestazioni successive, e, dunque, abbiamo verificato che non vi è provocazione: vi sono lavoratori che chiedono diritti, lavoratori che chiedono lo sviluppo serio del Mezzogiorno d'Italia e non certamente diversità all'interno del sistema - sicuramente in grande difficoltà - industriale di questo paese. Non si può dividere ancora il nord dal sud: i lavoratori del sud non lo permetteranno, come non lo permetteranno quelli del nord!

PRESIDENTE. Onorevole Di Gioia ...

LELLO DI GIOIA. Cari «amici» - lo dico tra virgolette - della Lega, dovete sapere che i lavoratori sono uniti e condurranno una battaglia seria per rivendicare i diritti al lavoro, all'ambiente ed alla salute e per fare in modo che vi sia un Mezzogiorno uguale per tutto il paese e per l'Europa (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Socialisti democratici italiani, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo)!

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Di Gioia.
Rivolgo ai rappresentanti della «Banca di solidarietà del tempo», di Ceppaloni, un saluto da parte di tutti e, in modo particolare, del collega Mastella, Vicepresidente della Camera.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Cento, al quale ricordo che dispone di quattro minuti. Ne ha facoltà.

PIER PAOLO CENTO. Signor Presidente, siamo di fronte ad una vicenda grave, che vede il Governo assumersi la responsabilità di avere ordinato - dopo averla preannunciata, per bocca del sottosegretario Sacconi, nei giorni precedenti - una carica a suon di manganellate nei confronti di lavoratori che legittimamente stavano scioperando e stavano attuando forme moderne di sciopero attraverso il picchetto non solo dei cancelli, ma anche delle strade che collegano la struttura aziendale della FIAT di Melfi con il resto del circondario.
In realtà, non è la prima volta che il Governo usa il bastone nei confronti delle legittime lotte dei lavoratori: si è tentato di criminalizzare i lavoratori autoferrotranvieri, i quali non accettavano l'accordo sottoscritto dai principali sindacali; si è tentato di criminalizzare le lotte, a Fiumicino, dei lavoratori aeroportuali dell'Alitalia, i quali bloccavano le strade di accesso all'aeroporto per segnalare il fallimento dell'attività aziendale e l'incapacità del Governo di aprire un tavolo di trattative; ora, è arrivata, significativamente, la pesante repressione nei confronti delle operaie e degli operai di Melfi!
Avremmo voluto avere la presenza, oggi, non del sottosegretario per l'interno, ma del «ministro di polizia» Pisanu, il quale, forse, è stato lodato troppo facilmente e troppo spesso anche dall'opposizione. Si rifletta sul ministro Pisanu! Oggi, egli ha rivendicato a pieno titolo la continuità e la legittimità dell'azione repressiva condotta ieri, affermando di essere pronto a farla attuare nuovamente qualora le forme di protesta e di sciopero dovessero continuare.


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Inoltre, avremmo desiderato avere la presenza anche del ministro del lavoro: hanno ragione quei colleghi i quali hanno ricondotto quanto è accaduto ieri al disegno di trasformare la vicenda operaia di Melfi in questione di ordine pubblico: lo scopo è quello di nascondere le reali condizioni materiali di lavoro di chi opera in quell'azienda e, oggi, è costretto a vivere sulla propria pelle gli effetti devastanti delle politiche neoliberiste. Cosa sono la qualità del lavoro, i tempi di lavoro ed i diritti sindacali di fronte ad una politica neoliberista che è in crisi e che, dopo avere sottratto democrazia e diritti, usa il bastone, il manganello, per ricacciare i lavoratori al loro posto di subalternità e di subordinazione?
Credo che (noi deputati dei Verdi vogliamo affermarlo con grande chiarezza), in questo Parlamento, si debba esprimere grande solidarietà nei confronti dei lavoratori della FIAT di Melfi, sapendo che quei lavoratori, così come era accaduto, qualche mese fa con gli autoferrotranvieri, esprimono un punto di vista generale e non più quello dell'operaio di fabbrica tradizionale; oggi, essi fanno i conti con la flessibilità, con la precarietà e rivendicano il diritto alla dignità, al reddito e ad essere considerati uomini e donne e non solo pezzi di ricambio nel ciclo produttivo diffuso sul territorio!
Questa è la ragione che ieri i lavoratori hanno espresso attraverso una protesta pacifica e non violenta. La resistenza passiva dei lavoratori all'azione repressiva delle forze dell'ordine segna uno spartiacque; è la capacità di far emergere nelle lotte dei lavoratori di Melfi un punto di vista generale. Si può e si deve cambiare la qualità del lavoro anche nella stagione della flessibilità e del fallimento delle politiche neoliberiste.
Il ministro Pisanu e il Governo sappiano che non consentiremo l'uso di manganelli contro questi lavoratori. Se necessario, saremo a Melfi, come negli altri posti di lavoro del paese, invitando migliaia di uomini e donne a difendere la dignità, non solo di quei lavoratori, ma anche del nostro paese (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Verdi-L'Ulivo, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-Socialisti democratici italiani)!

PRESIDENTE. E così è esaurita l'informativa urgente del Governo.
Sospendo la seduta fino alle 14,30.

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