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di collegamento, l'attività di installazione e di esercizio dei nuovi impianti tecnici e dei servizi di telecomunicazione ad una società americana, la Crown Castle, per 860 miliardi di vecchie lire contro un valore complessivo di 3 mila oltre ovviamente ai prevedibili forti ricavi riguardanti la gestione delle future installazioni;
sarebbe stato di gran lunga inferiore ai costi del solo noleggio del mezzo navale genovese;
nel comune di Pietrasanta (Lucca), in località Montiscendi in prossimità di una pregiata zona paesaggistica nota come Lago di Porta è in fase di previsione la costruzione di oltre 160 alloggi e della relativa urbanizzazione, strade, infrastrutture, negozi;
l'area scelta per la costruzione di detti alloggi è di grande delicatezza ambientale e idrogeologica e andrebbe ad insistere in prossimità della grande riserva naturale di acqua che attraverso un complesso sistema di pompe approvvigiona di acqua potabile Querceta nel Comune di Seravezza e Forte dei Marmi;
la nuova edificazione e l'ampia urbanizzazione della località limiterebbe la permeabilità della superficie, con un grave rischio per le falde e un aumento dei rischio di inquinamento delle riserve di acqua;
la zona prescelta è ubicata in una depressione con forte rischi di allagamenti che nel passato si sono ripetuti più volte;
nelle vicinanze della zona interessata dal progetto edificativo si trova l'Area naturale protetta di interesse locale del Lago e delle Rupi di Porta, L'area si trova a cavallo dei Comuni di Montignoso (Massa) e Pietrasanta (Lucca), fra le colline ed il mare, confina con la strada statale Aurelia;
il Lago di Porta è una zona umida retrodunale, testimonianza relitta delle antiche aree palustri ed acquitrinose che interessavano la pianura costiera versiliese e che sono progressivamente scomparse in seguito alle opere di bonifica, avviate dai Granducato di Toscana e concluse nel secolo scorso. L'ex alveo del lago di Porta si presenta oggi in parte degradato da molteplici usi del suolo; in particolare, ha subìto un progressivo fenomeno di interramento a causa del lavaggio di inerti;
si tratta di una zona umida di 150 ettari, costituita da una palude a cannella e una fascia igrofila circostante, relitto di un lago costiero alla base della fascia pedemontana apuana, prosciugato e bonificato che mantiene, comunque, vaste superfici a canneto e boschi planiziari. Comprende un interessante sistema di rupi bordate da macchia mediterranea;
si tratta di un importante punto di transito lungo le rotte di migrazione, ospita numerose specie di uccelli: falco di palude, gheppio, tarabuso, tarabusino, cavaliere d'italia, airone rosso, marzaiola, sparviere, picchio rosso maggiore, gruccione, cannareccione, forapaglie castagnolo, rampichino. È luogo di importanti concentrazioni di rondine e topino durante la migrazione autunnale. È habitat di alcune specie animali mammiferi come volpe, toporagno comune, riccio, pipistrelli, rettili come tartaruga palustre, biacco, biscia dal collare, ramarro, vipera, e ancora anfibi come tritone crestato e punteggiato, raganella, rospo comune, pesci come anguilla, carpa, tinca, luccio, gambusia ed insetti;
nelle vicinanze si trovano le cosiddette Rupi di Porta che costituiscono i primi rilievi che s'incontrano procedendo dal mare verso le Alpi Apuane, situati a ridosso della pianura costiera e del Lago di Porta, geologicamente sono costituite da calcari cavernosi. Sono caratterizzate dalla macchia mediterranea, in cui predominano le sclerofille sempreverdi: leccio, mirto, lentisco, terebinto, viburno, corbezzolo. L'area delle rupi pur rientrando nella tipica fascia mediterranea (temperata), presenta alcuni elementi propri della fascia mediterraneo-arida, rappresentando una zona con vegetazione termofila relitta;
ai piedi delle rupi, lungo l'odierna via Aurelia è situata la Torretta Medicea, detta Porta Beltrame o del Salto della Cervia, che rappresenta l'elemento superstite di un complesso fortilizio fatto costruire dai Medici tra il 1568 e il 1588 -:
se il Governo intenda intervenire a salvaguardia di questa area importante dal punto di vista idrogeologico e per l'approvvigionamento idrico di Forte dei Marmi e Querceta nel Comune di Seravezza, apponendo su di essa il vincolo paesaggistico-ambientale.
(3-03255)
il dottor Pierluigi Celli ha occupato il posto di direttore generale della RAI dal 1997 al 2000;
secondo gli interroganti questi ha provocato durante tale mandato confusione, fortissimi sprechi e perdite avendo tentato di svendere, attraverso la società RAIWAY, non si sa ancora per quale motivo, tutti gli impianti di trasmissione e
a giudizio degli interroganti è legittimo il dubbio che tale generosa operazione condotta dall'allora direttore generale della RAI dottor Celli insieme al presidente Zaccaria possa essere collegata all'accordo per l'ospitalità sulle torri, fatto tra RAIWAY e la società Ipse 2000 il cui presidente, guarda caso, è il dottor Celli, già direttore RAI;
peraltro, durante la sua gestione, è stata venduta la Fonit Cetra (completamente risanata sia dal punto di vista organizzativo che gestionale) alla Warner, nonostante la stessa rappresentasse il grande patrimonio della cultura musicale italiana;
è legittimo pensare che, per quanto sopra ricordato, il dottor Pierluigi Celli sia stato di fatto mandato via dalla RAI;
il dottor Celli ha dovuto abbandonare la presidenza della Ipse 2000 in crisi con un buco di diverse migliaia di vecchi miliardi di lire e con 200 dipendenti in esubero su un totale di 540 -:
se sia vero che il consiglio di amministrazione della SIAE abbia intenzione di nominare il detto dottor Celli proprio direttore generale con un compenso annuo che dovrebbe aggirarsi intorno ai 500 mila euro;
in caso affermativo se ritenga che tale decisione possa consentire di realizzare una gestione efficiente della SIAE azienda già in grosse difficoltà organizzative e gestionali e con il delicato compito istituzionale di amministrare i diritti di più di 50 mila autori iscritti per un importo di circa mille miliardi di vecchie lire e con più di 2.500 dipendenti.
(3-03262)
il Consiglio di Amministrazione della Fondazione Teatro Lirico di Cagliari ha nominato nei giorni scorsi il nuovo sovrintendente Massimo Pietrantonio, scegliendolo in una «rosa» di più candidati;
in precedenza tutte le organizzazioni sindacali avevano clamorosamente bocciato con una nota l'arrivo a Cagliari dell'ex consigliere di amministrazione al San Carlo di Napoli a causa del suo curriculum, giudicato insufficiente per raccogliere l'eredità di Mauro Meli;
secondo la stampa locale, uno dei candidati, il maestro Enrico Stinchelli avrebbe sostenuto che la nomina del sovrintendente nella persona di Massimo Pietrantonio è il risultato di interferenze e manovre di varia origine;
in particolare il maestro Stinchelli sostiene, in un'intervista pubblicata sul quotidiano La Nuova Sardegna del 27 marzo 2004, che «il curriculum di Pietrantonio è arrivato a Cagliari con allegata una lettera di raccomandazione firmata da Nicola Bono, il sottosegretario alla cultura» -:
se sia a conoscenza del fatto esposto in premessa e se questo corrisponda al vero;
se le critiche rivolte al curriculum presentato da Pietrantonio siano fondate;
se sia vero che il sottosegretario Bono abbia interferito pesantemente sulle decisioni del Consiglio di Amministrazione per favorire la persona da lui sostenuta;
in caso affermativo quali iniziative intenda assumere per ricondurre la nomina del sovrintendente del teatro lirico di Cagliari nell'ambito di un iter corretto e trasparente, cosa che, a quanto pare, finora non si è verificata.
(4-09636)
mai nella storia del nostro Paese un tesoro così grande è stato trafugato dal mare come purtroppo è avvenuto di recente, per opera di avventurieri stranieri, in uno specchio di mare poco distante dalla costa sud dell'Isola d'Elba, proprio davanti alla leggendaria isola di Montecristo;
non si tratta questa volta, di un tesoro della realtà romanzesca di Dumas ma di un autentico patrimonio paragonabile però, per la sua consistenza a quello del noto Conte di Montecristo, custodito nel relitto del piroscafo «Polluce» della compagnia De Luchi e Rubattino di Genova, affondato nel 1841 al largo di Capo Calvo (Capoliveri) mentre trasportava 100 mila monete d'oro, 70 mila d'argento, centinaia di oggetti lavorati in oro e migliaia di pietre preziose, molte delle quali incastonate in preziosi gioielli, ed altro ancora. Oltre questo vi erano i valori di bordo che lo stesso Polluce, nave di lusso a tecnologia avanzata della flotta genovese, sicuramente possedeva e quelli personali di circa cinquanta personaggi dell'aristocrazia dell'epoca che viaggiavano sulla nave la notte del suo affondamento;
questa vicenda è ormai nota, ma ancora da accertare sono i fatti e gli antefatti che hanno causato, con l'acquiescenza o peggio ancora grazie ad autorizzazione che parrebbe essere stata concessa dalle Autorità competenti, il gravissimo danno patrimoniale che l' Italia ha subito;
il trafugamento del tesoro è avvenuto a circa cento metri di profondità con l' ausilio di un mezzo navale, affittato a Genova e dotato di benna, e con la tecnica dello squasso e dello strappamento del fasciame di legno da quello in ferro; ciò è avvenuto in modo così bestiale che, a quanto pare, il «recupero ha comportato la dispersione di parte dei valori custoditi nel Polluce;
se non fosse stato per un lavoro di intelligence fra Scotland Yard e il nostro Nucleo Tutela Patrimonio Artistico dell'Arma, che offriva la possibilità di intervenire su una strana asta che si svolgeva a Londra con la refurtiva del trafugamento avvenuto all' Isola d'Elba, le nostre Autorità amministrative, all'oscuro di tutto, non avrebbero recuperato neppure quel lacerto di tesoro che è stato recuperato;
un'altra parte dello stesso tesoro si trova ora presumibilmente disseminata nel mare intorno al relitto e un'altra parte ancora, si suppone sia sfuggita all'opera della benna nelle zone della stiva protette da parti metalliche:
d'altra parte, l'affondamento del Polluce, stracolmo di ricchezze in trasferimento da Napoli a Genova, non poteva non essere noto a chi ora sovrintende alla conservazione del patrimonio dello Stato anche per il fatto storico altrettanto risaputo, almeno tra gli addetti ai lavori, dei vari quanto infruttuosi tentativi ufficiali di recupero del Polluce e del suo inestimabile tesoro;
secondo l'interrogante per l'auspicato senso di riappropriazione della cultura storica da parte degli italiani e della conservazione dei beni patrimoniali a cui lo stesso Ministero interrogato soprintende, il misfatto consumato all'Isola d'Elba con l'avallo di una bizzarra autorizzazione, paradossalmente concessa proprio da chi è istituzionalmente incaricato alla vigilanza dello stesso distretto, è un pessimo esempio di diseducazione civica;
se presso il Ministero si disponga di documentazione che possa chiarire:
se sia vero che gli avventurieri del mare rimasti a depredare il relitto per ben 21 giorni avevano ottenuto dalla competente Soprintendenza e dalle Autorità marittime l'autorizzazione per procedere allo stravagante recupero di un carico di lingotti di alluminio da una nave inglese affondata durante la prima guerra mondiale, recupero che, quanto a valore commerciale,
se corrisponda al vero che tale autorizzazione non poteva essere concessa, in quanto la legge prevede in una circostanza del genere (dopo cinquanta anni i relitti del mare sono considerati per legge, patrimonio archeologico) la dichiarazione dello scopo e la dimostrazione del possesso di requisiti oggettivi e soggettivi che sicuramente quegli avventurieri non avevano;
se corrisponda al vero che questa associazione di predatori del mare si sia invece recata da tutt'altra parte, cioè sulla perpendicolare del relitto del Polluce (Capo Calvo a sud dell'Isola d'Elba), e che quindi, anche muniti dell'autorizzazione di cui sopra, non avrebbero potuto né ingannare le Autorità costiere sulla irregolarità della posizione e della tipologia dei lavori in corso né impedire, se fosse stato effettuato anche un solo controllo, sia la immediata sospensione dell'attività, sia il sequestro della refurtiva sia la cattura della banda;
se non si reputi necessario disporre di misure idonee ed urgenti atte a tutelare anche con reti segnaletiche il relitto stesso, da incursioni predatorie che, con le sofisticate tecniche di immersione e con i mezzi subacquei attualmente disponibili, potrebbero partire da basi relativamente lontane e prima ancora di quanto si pensi;
se non sia il caso di procedere senza indugi ad un recupero archeologico sottomarino eseguito con le modalità di legge e con le cautele che i resti di un tesoro del genere impongono;
qualora rispondesse al vero la notizia del rilascio dell'autorizzazione da parte della sovrintendenza, se si ritenga opportuno promuovere un'inchiesta sulle circostanze relative alla concessione delle autorizzazioni stesse e sulle connesse responsabilità da parte di chi è preposto alla tutela del patrimonio dello Stato.
(4-09680)