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PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del testo unificato dei progetti di legge di iniziativa dei deputati: Molinari; Cola; Peretti; Gambini ed altri; d'iniziativa del Governo; Polledri e Rodeghiero; Buontempo: Disciplina dell'attività delle discoteche e delle sale da ballo.
Ricordo che nella seduta di ieri si è conclusa la discussione sulle linee generali.
PRESIDENTE. Ricordo che sono state presentate le questioni pregiudiziali Montecchi ed altri n. 1 e Bressa ed altri n. 2 (vedi l'allegato A - A.C. 566 ed abbinati sezione 1).
A norma del comma 4 dell'articolo 40 del regolamento, nel concorso di più questioni pregiudiziali ha luogo un'unica discussione.
Le questioni pregiudiziali possono essere illustrate da uno solo dei proponenti per non più di dieci minuti. Può altresì intervenire un deputato per ognuno degli altri gruppi per non più di cinque minuti.
Al termine della discussione, si procederà ad un'unica votazione sulle due questioni pregiudiziali presentate.
PIERO RUZZANTE. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PIERO RUZZANTE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, dal momento che il termine per la presentazione di proposte emendative riferite sia alla proposta di legge recante disciplina dell'attività delle discoteche sia al disegno di legge di conversione del decreto-legge sulla cartolarizzazione è stato fissato alle ore 16,30 ed essendo prevedibile che, esaurito l'esame delle questioni pregiudiziali, i lavori si incentreranno sulla proposta di legge in materia di sistema radiotelevisivo, chiederei di posticipare il suddetto termine, ad esempio dopo la conclusione della seduta, ovvero verso le 20. Non cambierebbe nulla in termini di organizzazione.
PRESIDENTE. Comunicherò al Presidente questa sua richiesta e ci regoleremo secondo buonsenso, oltre che nell'ottica di garantire il buon andamento dei lavori.
L'onorevole Montecchi ha facoltà di illustrare la sua questione pregiudiziale n. 1
ELENA MONTECCHI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, nella relazione illustrativa del disegno di legge di iniziativa governativa si precisa che l'obiettivo esplicito della normativa in esame è quello di salvaguardare le finalità di ordine pubblico. Infatti, si prevede che la fissazione
di un limite orario da parte dello Stato risponda a questa precisa esigenza. Si continua poi sostenendo che la legge investe esclusivamente profili di ordine e di sicurezza pubblici. Per questa ragione, non si riscontrerebbero violazioni rispetto al dettato del titolo V della Costituzione.
Cercherò di dimostrare che invece con questo disegno di legge si ledono non soltanto le prescrizioni della Costituzione, ma anche il buonsenso comune dei cittadini. In primo luogo, il nuovo titolo V della Costituzione, secondo le previsioni dell'articolo 117, attribuisce alle regioni le funzioni relative alla polizia urbana, al turismo e all'industria alberghiera. L'articolo 118 poi attribuisce sempre alle regioni tutto un insieme di competenze per quanto riguarda le funzioni amministrative nelle materie elencate dall'articolo 117.
Ciò trova riscontro anche nella legge n. 382 del 1975 e nel decreto del Presidente della Repubblica n. 616 del 1977. Quest'ultimo stabilisce, agli articoli 19, 20 e 54, che tutte le funzioni amministrative di cui al regio decreto del 1931 sono di competenza dei comuni. Tra queste, la concessione delle licenze per feste da ballo, spettacoli o intrattenimenti, nonché la fissazione, sulla base dei criteri stabiliti dalle regioni, degli orari di apertura e chiusura dei pubblici esercizi di vendita e di consumo degli alimenti e delle bevande.
Va inoltre ricordato che il decreto legislativo sulla disciplina del commercio, entrato in vigore nel 1998, ha rafforzato la competenza delle autonomie locali per quanto riguarda gli esercizi di intrattenimento e di svago.
Ma perché, sostiene il ministro Giovanardi, si vogliono cancellare le responsabilità e l'autonomia degli enti locali esclusivamente per ciò che riguarda la somministrazione di alcolici e di superalcolici? È molto semplice: perché si vuole tutelare l'ordine pubblico.
Noto una certa disattenzione su tale provvedimento. Signor Presidente, non vi è alcun paese occidentale che collochi le diverse forme di organizzazione dello svago e dell'intrattenimento sotto la tutela dell'ordine pubblico, a meno che non si parli di regimi totalitari. È un problema molto serio, che il legislatore deve porsi in relazione ai principi ed ai valori culturali cui fa riferimento, ma anche in relazione alle conseguenze organizzative, amministrative e repressive che ne conseguono.
Quali sono i valori che questo provvedimento vuole tutelare? Quali sono le persone che il Governo, attraverso il ministro Giovanardi, sostiene di voler tutelare? Fondamentalmente, si dice, i giovani, rispetto ai danni provocati dagli incidenti stradali, a quelle che sono definite le stragi del sabato sera o rispetto al fatto che si spezzano giovani vite, complici l'abuso dell'alcol e gli orari delle discoteche. È un obiettivo, quello di tutelare giovani vite, condivisibile, ma qual è la funzione dello Stato, in questo caso? Siamo sicuri che lo strumento individuato sia efficace? È più efficace per evitare che giovani e meno giovani guidino, in stato di ebbrezza, auto lanciate a gran velocità? A noi non pare.
Investire nella sicurezza stradale, sui controlli per evitare e prevenire lo spaccio di sostanze stupefacenti nei luoghi di intrattenimento, agire massicciamente sui controlli e sulla repressione delle infrazioni al codice, soprattutto nei fine settimana, e, ancora, investire risorse per una comunicazione efficace e continua sui rischi dovuti all'abuso dell'alcol: di questo, però, non si tratta; questo provvedimento non investe in tali direzioni. Noi siamo pronti a sostenere azioni efficaci ma, ripeto, nulla di tutto ciò è previsto programmaticamente in questo provvedimento.
Allora: cos'è questo provvedimento? Si è cancellato l'articolo 2: in tal modo ci si è salvati dal ridicolo, ma si sono evitate anche le minori entrate sulle accise e sull'alcol, posto che le maggiori entrate previste dall'incremento del consumo di alcolici servono, come stabilisce la finanziaria del 2004, per l'assunzione di ricercatori nelle università e negli istituti di ricerca.
Si sono cancellati i divieti agli spot degli alcolici. Che si vuole, dunque, produca questo provvedimento?
Ancora: un altro emendamento, frutto delle mediazioni della maggioranza, propone
che i locali chiudano alle ore 4 di notte e che tra le ore 3 e le ore 6 del mattino non si somministrino alcolici. Cosa cambia rispetto alla situazione attuale? In media, le discoteche chiudono alle ore 4 di mattino. Cosa cambia questo provvedimento? Su cosa interviene questo provvedimento?
Ma c'è di più; si dice che in tutti i locali di intrattenimento, svago, eccetera sia vietato l'ingresso ai minori di anni 18. Dunque, in una pizzeria, in un bar, in un pub in cui si balla e si consumano alimenti, un ragazzo di 17 anni e mezzo all'una di notte non può entrare. Come al cinema, mi si dice. È noto, tuttavia, che i film sono sottoposti alla censura, che stabilisce, per ragioni morali, l'età della visione. In questo caso, quali sono le ragioni? Chi controlla l'età? E, soprattutto, chi è sanzionato? Il barista? I genitori? Il minore?
A questi interrogativi non si può non rispondere o non si può rispondere sbrigativamente e propagandisticamente che noi siamo portatori di una cultura libertaria ed edonistica, che non si fa carico, responsabilmente, dei problemi. É una distorsione propagandistica, che elude i problemi reali. Il fatto è che questa maggioranza si accorda su un provvedimento-propaganda voluto da un ministro e non affronta le questioni, reali, della prevenzione e della sicurezza.
Noi su questo siamo pronti a discutere, ma contrastiamo nettamente l'operazione portata avanti con il provvedimento, che, sin dal primo articolo, crea conflitti di competenza e di potere tra istituzioni locali e centrali, danneggia il tranquillo ed ordinato svolgersi di molteplici attività di svago e di intrattenimento (infatti, quella definizione non comprende soltanto le discoteche) e non definisce in modo chiaro un aspetto fondamentale. Mi riferisco al fatto che i poteri dello Stato, in una società democratica e liberale, hanno un limite invalicabile: quello del rispetto delle prerogative e delle responsabilità delle famiglie verso i loro figli (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo).
PRESIDENTE. L'onorevole Bressa ha facoltà di illustrare la sua questione pregiudiziale n. 2.
GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, come ha testé rilevato la collega Montecchi in maniera molto precisa e brillante, ancora una volta ponete una domanda giusta ma fornite la risposta sbagliata. Nel caso particolare, utilizzate anche lo strumento sbagliato.
La normativa che sottoponete all'approvazione della Camera è chiaramente lesiva del sistema delle autonomie e della relativa ripartizione delle competenze, così come è stato delineato, a seguito della riforma del Titolo V della parte seconda della Costituzione, dall'articolo 117. È facile dimostrare quanto sto dicendo, anche perché non è la prima volta che realizzate un'operazione all'apparenza furba ma, nella sostanza, devastante del diritto costituzionale.
L'introduzione, attraverso il quarto comma dell'articolo 117, di una clausola residuale a favore delle regioni conferma il carattere tassativo degli elenchi contenuti nei commi secondo e terzo del medesimo articolo. Tutto ciò impone un nuovo apprezzamento dei limiti posti alla capacità generale di intervento dello Stato e rafforza l'ipotesi della parificazione tra la legge statale e la legge regionale, cosa che dimostrate continuamente di non voler ammettere e riconoscere. Vi è, quindi, il chiarissimo limite delle materie che si applica alla potestà legislativa statale, ma non a quella regionale: si lascia maggiore indeterminazione quanto ai confini dell'area di competenza regionale.
È facile, però, ricostruire le materie di competenza regionale. È facile stabilire, attraverso una comparazione tra l'attuale articolo 117 ed il precedente, quali siano le materie di esclusiva competenza delle regioni. Da tale comparazione, che vi risparmio per ovvi motivi di tempo, emerge in maniera assolutamente chiara - su questo dottrina e giurisprudenza sono perfettamente concordi - che le materie del commercio, delle fiere e mercati, della polizia amministrativa regionale e locale, del turismo e dell'industria alberghiera
appartengono alla potestà legislativa residuale delle regioni, cioè sono competenza esclusiva delle regioni. Nelle materie di competenza regionale lo Stato non ha alcun potere di interferenza, non può dettare norma alcuna.
Come ricordava la collega Montecchi, avete cercato di eludere il problema attraverso una formuletta magica che, però, ha il naso lungo, è una bugia grande come una casa. Dite che non si ravvisano aspetti di impatto costituzionale in quanto il provvedimento in esame investe esclusivamente profili di ordine e di sicurezza pubblica, rientrando, pertanto, nella competenza esclusiva dello Stato.
Ministro Giovanardi, non le può sfuggire che avevate fatto un tentativo analogo con la legge finanziaria per il 2002. In tale legge, all'articolo 52, comma 17, immaginavate di poter interferire in materia di commercio dicendo che stavate trattando di fiere a carattere religioso o politico. Dicevate che la materia...
PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Bressa. Vorrei pregare tutti i colleghi di non disturbare i rappresentanti del Governo.
Prego, onorevole Bressa.
GIANCLAUDIO BRESSA. Come dicevo, adducevate a pretesto il fatto che la materia delle confessioni religiose e dei rapporti politici fosse di competenza esclusiva dello Stato.
È successo però che una serie infinita di regioni ha impugnato questo articolo e la Corte costituzionale, il 18 dicembre 2003 (relatore De Siervo), ha affermato sostanzialmente che non si può far finta che la Costituzione non esista e che soprattutto non la si può eludere attraverso simili artifici; le attività di «fiera e mercato» rientrano infatti nel commercio e, poiché di commercio si tratta, la competenza è esclusiva delle regioni. Dunque, su questa materia nulla possono decidere lo Stato e il Parlamento nazionale. Dato che allora ci siete già passati ed avete appena preso uno «schiaffo» dalla Corte, che vi ha dichiarato incostituzionale l'articolo 52, comma 17, della legge finanziaria del 2002, perché volete ripetere la stessa esperienza, facendo finta che quello in oggetto sia un argomento che riguarda l'ordine pubblico? Sapete perfettamente che avete torto, perché è la stessa giurisprudenza costante a darvi torto sul fatto che questa materia possa rientrare nel tema dell'ordine pubblico, dal momento che essa è stata in maniera uniforme e concorde attribuita alla disciplina o del commercio o della polizia amministrativa: entrambe materie facilmente riconducibili alla potestà esclusiva delle regioni.
Non avete alcuna possibilità di spuntarla, attraverso questo banale e - ahimè - tristissimo artificio dell'ordine pubblico. La regolamentazione degli orari di chiusura delle discoteche è comunque sempre riconducibile alla materia del commercio e la relativa potestà legislativa spetta in via esclusiva alle regioni. Anche qualora si seguisse quella linea giurisprudenziale che la vuole attribuire alla polizia amministrativa, saremmo punto e a capo, nel senso che rientrerebbe comunque nella competenza esclusiva delle regioni. Nulla di tutto questo vi può consentire di produrre un disegno di legge come quello che ci avete sottoposto.
Vi è però un'ulteriore e definitiva argomentazione, che smonta il vostro fragilissimo castello: è la sentenza n. 290 del 2001 della Corte costituzionale, che definisce esattamente cosa sia «ordine pubblico» nel nostro ordinamento costituzionale. La giurisprudenza costituzionale ha escluso la possibilità di utilizzare una nozione di ordine pubblico ideale ed ha fatto sempre riferimento al concetto di ordine pubblico materiale. Questa sentenza parla di funzioni primariamente dirette a tutelare beni fondamentali, quali l'integrità fisica o psichica delle persone, la sicurezza dei possessi ed ogni altro bene che assume primaria importanza per l'esistenza stessa dell'ordinamento; è dunque in questo senso che deve essere interpretata la locuzione «interessi pubblici primari» utilizzata dall'articolo 59, comma 2: non qualsiasi interesse pubblico alla cui cura siano preposte le pubbliche amministrazioni, ma soltanto quegli interessi essenziali al mantenimento di un'ordinata
convivenza civile. Una siffatta precisazione è necessaria ad impedire che una smisurata dilatazione della nozione di sicurezza ed ordine pubblico si converta in una preminente competenza statale in relazione a tutte le attività, che vanificherebbe ogni ripartizione di compiti tra autorità statali di polizia e autonomie locali.
La giurisprudenza costante della Corte dice che quello che state per fare è incostituzionale. Il buonsenso vi dovrebbe orientare a non seguire questa strada. Ancora una volta, dimostrate la vostra ossessione rispetto alle questioni di carattere costituzionale. Lo dicevo la scorsa settimana, quando si è verificato lo straordinario evento di veder approvata una questione pregiudiziale di costituzionalità: se voi non fate qualcosa contro la Costituzione, non vi sentite realizzati! Però questo è il modo peggiore di legiferare: per ogni legge che fate, a distanza di un anno o due, la Corte costituzionale ve la «cassa». Ditemi voi se questo è un modo sensato di operare. In questo caso specifico, poi, c'è una sentenza che ha «cassato» una norma approvata da voi nel dicembre del 2001 (è peraltro una sentenza di pochi mesi fa). E voi cosa fate? La calpestate e la ignorate. State producendo un provvedimento normativo che non avrà alcuna possibilità di resistere al vaglio della Corte.
Dimostrate, così facendo, di avere una cultura costituzionale fragilissima e, soprattutto, dimostrate di non volervi rendere conto che l'articolo 117 della Costituzione è un articolo vigente. Che vi piaccia o no, dovete attenervi a quanto il nuovo titolo V della Costituzione ha previsto per la nostra Repubblica. Questo potrà non piacervi, ma è la nostra Costituzione, che, se mi permettete, è anche la vostra, sulla quale quando siete diventati ministri avete giurato. Abbiate almeno il senso del limite, siate coerenti con il giuramento che avete prestato e fatela finita di presentare provvedimenti così privi di buonsenso costituzionale, ma anche - lasciatemelo dire - così privi di buonsenso (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Bressa; è riuscito a superare gli ultrasuoni dell'interesse che l'Assemblea ha destinato al suo intervento, anche se ciò è sbagliato!
Ha chiesto di parlare l'onorevole Bellillo. Ne ha facoltà.
KATIA BELLILLO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, si tratta di un provvedimento - lo affermo con estrema chiarezza - proibizionista e controproducente che, fortunatamente, sta suscitando grandi critiche anche all'interno della stessa maggioranza. Tuttavia, il ministro Giovanardi prosegue nel suo intento. Il mondo non si è fermato al famoso film «La febbre del sabato sera», ma è cambiato, posto che i giovani hanno modificato la propria cultura ed i propri interessi, interessandosi non solo di discoteche, ma anche di altro.
Il ministro Giovanardi con questo provvedimento intende porre alcuni divieti. Vietare è la sua parola l'ordine; è il leit motiv dell'intero provvedimento, al limite dell'incostituzionalità.
La proposta del ministro è naturalmente di chiaro stampo elettorale, ma stia attento il ministro Giovanardi, perché vi è sempre il risvolto della medaglia, dal momento che si stanno violando le prerogative delle regioni e degli enti locali, i quali sono gli unici ad essere i titolari della gestione degli esercizi commerciali, a norma del Titolo V della Costituzione.
Si discute tanto di riforma federalista; a tal proposito, domando ai colleghi del gruppo della Lega Nord Federazione Padana se ritengano che la loro maggioranza abbia veramente a cuore il federalismo. Non credo: in realtà, il Governo intende trattare il divertimento dei giovani ed anche dei meno giovani (le discoteche non sono soltanto una prerogativa giovanile) come se fosse una materia inerente a questioni di ordine pubblico e, quindi, di competenza esclusiva dello Stato. Noi lo contestiamo, perché riteniamo non si tratti di una questione di ordine pubblico.
Il gruppo dei Comunisti italiani ritiene che il provvedimento sia al limite del grottesco ed ultraproibizionista, in grado solo di alimentare l'abusivismo dei giovani
e dei meno giovani, i quali saranno spinti a cercare altre e meno controllabili forme di svago.
Si tratta, quindi, di un provvedimento di carattere propagandistico ed è per questo che sono state presentate le questioni pregiudiziali di costituzionalità; credo siano altre le iniziative da portare avanti, perché non si possono violare i principi dell'articolo 117 della Costituzione che attribuisce alle regioni la definizione di norme sui pubblici esercizi.
Se tale provvedimento venisse approvato, sarebbero vietati concerti o festival sponsorizzati da case produttrici di birre o da case vinicole, feste e sagre paesane ad esempio, (le vie del Chianti o del Sagrantino), così come sarebbero fuorilegge i pacchetti turistici enogastronomici.
È un provvedimento che interviene su circa 300 mila imprese, un milione di addetti e 600 mila addetti ai lavori indiretti: si tratta di un settore già in crisi che il Governo con i suoi provvedimenti ha reso ancor più profonda. In particolare, con questo provvedimento metterà sempre più a rischio migliaia di posti di lavoro (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Comunisti italiani).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Saponara. Ne ha facoltà.
MICHELE SAPONARA. Signor Presidente, le questioni pregiudiziali di costituzionalità, che recano la prima firma degli onorevoli Montecchi e Bressa, fanno riferimento ad asseriti contrasti ...
PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Saponara. Può darsi che lei sia così bravo da parlare anche con questo rumore. Io però non sono capace di ascoltare e, pertanto, prego i colleghi interessati a colloqui privati di recarsi fuori dall'aula, mentre quelli che sono interessati alla discussione di restare e di ascoltare. C'è un limite anche al brusio ed alla mancanza di riguardo nei confronti di chi parla.
Prego, onorevole Saponara.
MICHELE SAPONARA. Le questioni pregiudiziali presentate dai colleghi Montecchi e Bressa fanno riferimento ad asseriti contrasti delle disposizioni recate dal provvedimento in esame con gli articoli 41 e 117 della Costituzione. In aula sono stati illustrati solo quelli relativi all'articolo 117, ma ritengo doveroso rispondere ad entrambe le censure.
In primo luogo, viene lamentata la lesione del principio della libertà di iniziativa economica e di impresa, sancita dall'articolo 41, primo comma, della Costituzione. In particolare, secondo la questione pregiudiziale, la fissazione per legge degli orari di cessazione delle attività di intrattenimento musicale e danzanti si paleserebbe come una irragionevole forma di dirigismo statale.
A tale proposito è facile dimostrare l'infondatezza della doglianza, atteso che il provvedimento non incide sul diritto dei gestori di disporre liberamente, nell'ambito delle prescrizioni adottate dalle competenti autorità regionali e locali, in ordine all'orario di chiusura dei propri esercizi. Il testo in esame si limita, invece, a disciplinare in modo uniforme e su tutto il territorio nazionale alcuni profili problematici delle attività di intrattenimento, che attengono specificamente all'ordine e alla sicurezza pubblica, tanto da essere ritenute delle vere e proprie concause al dilagare del drammatico fenomeno delle cosiddette stragi del sabato sera.
Si interviene, infatti, sull'orario di cessazione delle sole attività musicali e danzanti, atteso che sovente le stesse si svolgono secondo modalità definibili come estreme dal punto di vista acustico e dell'illuminazione, nonché in materia di abuso di sostanze alcoliche o stupefacenti.
Alla luce di tale premessa, ritengo del tutto infondato il timore in ordine alla presunta violazione dell'articolo 41 della Costituzione e ciò in quanto, nel nostro assetto costituzionale, la libertà di iniziativa economica, pur essendo riconosciuta e garantita dal primo comma della citata disposizione, può incontrare limiti o addirittura vincoli nella tutela di altri valori costituzionalmente protetti, tra i quali è esplicitamente indicata la sicurezza dei cittadini.
Mi limito, a tale proposito, a citare il secondo comma dello stesso articolo 41, secondo il quale l'iniziativa economica non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana. E il costituente ha demandato proprio alla legge il compito di determinare i programmi e i controlli opportuni affinché l'attività economica pubblica e privata potesse essere indirizzata e coordinata a fini sociali, ai sensi del terzo comma dell'articolo 41.
Del resto, è stata la stessa Corte costituzionale, con la sentenza n. 290 del 2001, a chiarire la latitudine delle funzioni e dei compiti che devono ricomprendersi nell'alveo dell'ordine pubblico e della sicurezza pubblica, stabilendo che essi concernono le misure preventive e repressive dirette al mantenimento dell'ordine pubblico, inteso come il complesso dei beni giuridici fondamentali e degli interessi pubblici primari sui quali si regge l'ordinata e civile convivenza della comunità nazionale, nonché alla sicurezza dei cittadini e dei loro beni.
La stessa Corte ha tenuto a precisare come la predetta definizione nulla aggiunga alla tradizionale nozione di ordine pubblico e sicurezza pubblica, tramandata dalla giurisprudenza costituzionale, nella quale la riserva allo Stato riguarda le funzioni dirette a tutelare beni fondamentali quali l'integrità fisica o psichica delle persone, la sicurezza dei possessi e ogni altro bene che assuma primaria importanza per l'esistenza stessa dell'ordinamento.
Devo aggiungere che questa nozione di ordine pubblico e sicurezza pubblica era, comunque, già sostanzialmente presente nel nostro ordinamento; mi riferisco al disposto di cui all'articolo 159, comma 2, del decreto legislativo n. 112 del 31 marzo 1998, recante il conferimento di funzioni e compiti amministrativi allo Stato, alle regioni e agli enti locali, in attuazione della legge n. 59 del 15 marzo 1997, in forza del quale rimangono di esclusiva competenza statale le funzioni e i compiti amministrativi relativi all'ordine pubblico e sicurezza pubblica, intesi come quelli che concernono le misure preventive e repressive dirette al mantenimento dell'ordine pubblico, inteso come il complesso dei beni giuridici fondamentali e degli interessi pubblici primari...
PRESIDENTE. Onorevole Saponara, la invito a concludere.
MICHELE SAPONARA. L'altra questione pregiudiziale concerne la presunta lesione al sistema delle autonomie e alla relativa ripartizione di competenze legislative così come delineato a seguito della riforma del Titolo V della seconda parte della Costituzione. Anche tale questione è da ritenersi infondata, posto che il provvedimento agisce in realtà sul versante dell'ordine e della sicurezza pubblica e tale precisazione è stata resa dallo stesso Governo in sede di relazione di accompagnamento alla propria iniziativa legislativa in materia. Ciò significa che le disposizioni del provvedimento al nostro esame non comportano problemi di compatibilità con le competenze regionali definite dal nuovo Titolo V della Costituzione, in quanto, investendo primariamente profili di ordine pubblico e di sicurezza, rientrano nella competenza esclusiva dello Stato, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, della Costituzione.
PRESIDENTE. È stato chiarissimo.
MICHELE SAPONARA. Invito quindi i colleghi a votare contro le due questioni di pregiudizialità presentate e chiedo alla Presidenza l'autorizzazione alla pubblicazione in calce al resoconto stenografico della seduta odierna del testo integrale del mio intervento in merito a questo provvedimento.
PRESIDENTE. La Presidenza lo consente sulla base dei consueti criteri.
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