Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 438 del 15/3/2004
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(Repliche - A.C. 4761)

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il presidente della XII Commissione, onorevole Palumbo. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE PALUMBO, Presidente della XII Commissione. Signor Presidente, ho chiesto di parlare per alcune brevi precisazioni su quanto è stato affermato nel corso della discussione dai colleghi dell'opposizione.
In primo luogo, il problema degli specializzandi viene, a mio avviso, enfatizzato. È vero che sono fondamentali per l'assistenza sanitaria negli ospedali, ma va rilevato che il 90 per cento degli specializzandi - come ben sanno gli onorevoli Labate e Battaglia - opera nei reparti «clinicizzati» o nelle cliniche universitarie. La maggior parte degli ospedali non «clinicizzati» e delle cliniche non universitarie funziona anche senza gli specializzandi (che peraltro sono importantissimi e di cui conosco bene, quale professore universitario, il valore).
Inoltre, per la prima volta vengono stanziate risorse in favore di tale categoria: 34 milioni di euro previsti dal decreto-legge in esame, cui si aggiungono 17 milioni di euro reperiti da fondi non utilizzati per l'assegnazione delle borse di studio, per un importo complessivo di oltre 50 milioni di euro, pari a 100 miliardi di vecchie lire. Si prevede, infatti, la trasformazione della borsa di studio in contratto di formazione specialistica. Ho chiesto agli uffici, insieme con il relatore, onorevole Minoli Rota, a quale importo corrisponda effettivamente tale contratto di formazione specialistica, al fine di evitare che gli specializzandi subiscano una decurtazione economica, al di là degli oneri sociali che verranno comunque corrisposti. Non è stata ancora fornita un'esatta quantificazione, probabilmente perché si tratta della prima volta che tale istituto viene applicato nel nostro paese. Al riguardo, preannuncio la presentazione di un ordine del giorno, volto a far sì che il nuovo contratto, ferma restando la corresponsione degli oneri già previsti, non comporti la decurtazione di quanto attualmente percepito dagli specializzandi.
Non voglio dire che la legge n. 229 non abbia fatto qualche danno, per carità. Sicuramente sì, perché alcune delle situazioni che adesso dobbiamo subire negli ospedali e nella sanità italiana sono dovute anche a quella legge. Però, siccome si è fatto riferimento anche alle altre nazioni, all'Europa e al mondo intero, vorrei sottolineare che circa tre settimane fa sono stato alla riunione dell'OPEC a Parigi, che riguardava proprio i problemi della sanità.
L'Italia non è assolutamente al di fuori della media europea nell'ambito della spesa sanitaria, bensì si trova nella media europea. Gli unici che sono al di fuori, evidentemente, sono gli Stati Uniti, perché hanno una spesa del 13 per cento del PIL mentre la nostra è dell'8 per cento. Quindi, siamo assolutamente nella media.
Sicuramente, gli stessi problemi che abbiamo noi (se volete, posso mostrarvi dei dati che hanno presentato a Parigi) sulle liste di attesa, sull'aumento continuo della spesa sanitaria determinato da tutti i problemi che sappiamo, perché la tecnologia impone sempre nuove spese e gli anziani aumentano, sono problemi - lo dico con una parola forse un po' troppo usata - globali. In Europa quasi tutti stanno lavorando per cercare metodi comuni per eliminare questi gravi problemi che affliggono non solo quella italiana, ma tutta la sanità; la riunione dell'OPEC è servita proprio a questo.
Infine, vorrei che vi metteste d'accordo, onorevole Labate e onorevole Battaglia. L'onorevole Battaglia ha detto che per l'Istituto nazionale di genetica molecolare sono stanziati pochissimi soldi, mentre lei, onorevole Labate, ha detto che se ne stanziano troppi.

GRAZIA LABATE. No, ho detto che sono risibili.

GIUSEPPE PALUMBO, Presidente della XII Commissione. L'onorevole Battaglia ha detto che sono risibili, lei ha detto che sono soldi in più che stiamo dando al


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l'Istituto. È un inizio; lei conosce l'importanza dell'Istituto nazionale di genetica molecolare per il rilievo che si dà, di questi tempi, alla tecnologia e alla genetica, che rappresentano veramente il futuro della medicina. Sicuramente - lo ripeto - è un inizio. Altre volte ad altri istituti, forse anche a Milano, sono stati dati aiuti e sovvenzioni per cercare di avviare questa ricerca, che è di fondamentale importanza. Ciò si unirà agli interventi dell'Istituto superiore di sanità, degli IRCCS che vorranno collaborare e delle università, per portare avanti questo ramo della ricerca che attualmente rappresenta il vero futuro della medicina.
Pertanto, ritengo che questo decreto-legge certamente non risolve tutti i problemi, ma sicuramente costituisce uno spunto e un inizio per migliorare la sanità che attualmente abbiamo; cercheremo anche in futuro, con altre leggi, di aumentare la qualità dei servizi, dell'assistenza sanitaria e soprattutto dei medici che lavorano negli ospedali.

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, onorevole Minoli Rota.

FABIO STEFANO MINOLI ROTA, Relatore. Presidente, ho ascoltato il dibattito e, per quanto riguarda una serie di osservazioni che i colleghi hanno svolto, vorrei rispondere soprattutto relativamente all'articolo 2, che riguarda la nascita della Fondazione Istituto nazionale di genetica molecolare, sottolineando ancora una volta l'impegno che, proprio grazie alla sensibilità dei cittadini italiani, consente oggi nella città di Milano e domani - mi auguro - in altre importanti città italiane, di definire una fase di studio avanzata legata all'interesse pubblico e alla volontà dei privati di concorrere alle importanti iniziative per sostenere la ricerca e lo sviluppo del paese.
Ho anche ascoltato in modo molto interessato l'intervento del collega della Margherita, onorevole Mosella, il quale ha voluto sottolineare il principio della tutela della salute. Ebbene, ritengo che si tratti di un principio la cui attuazione debba andare nella direzione di rispondere a criteri che riguardano, per forza di cose, la buona programmazione e la buona gestione del sistema e soprattutto della cosa pubblica, che richiede con maggiore forza la puntualizzazione nelle risposte da dare a tutti i cittadini. Lo dico con grande chiarezza anche per la mia esperienza di vita professionale.
Di conseguenza, non posso assolutamente trovarmi d'accordo se si entra nel merito degli aspetti di tutela della salute che non rispondono alle giuste e legittime regole del mercato, dell'offerta e della domanda. Ad una domanda crescente dei consumi nel settore della sanità, occorre rispondere in modo preciso con un'offerta calibrata in termini di costo ed efficacia e in termini di assistenza reale.
Ecco perché reputo sia giusto proseguire la politica che le regioni stanno portando avanti nella riconversione e non nella chiusura delle aziende ospedaliere o, meglio, dei presidi ospedalieri, tendendo a trasformarli in quello che devono essere, cioè istituti dediti alla malattia cronica e alla riabilitazione, così da poter segmentare la domanda e rispondere meglio alle esigenze della nostra sanità. Credo che sia giusto pensare ad una sanità, in senso generale, più etica ma che possa destinare meglio l'investimento delle risorse, che purtroppo in questo momento non sono di certo ingenti, in modo puntuale, corretto e rigoroso, così da poter offrire a tutti i cittadini le migliori prestazioni sanitarie possibili.

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

CESARE CURSI, Sottosegretario di Stato per la salute. Signor Presidente, vorrei svolgere alcune osservazioni rispetto a quanto ho sentito dire oggi da tutti coloro che sono intervenuti. Ho sentito più volte richiamare la responsabilità del Governo in ordine ad alcune scelte compiute in sede di Conferenza Stato-regioni: il Governo avrebbe dovuto dare più soldi alle regioni. Vorrei ricordare anche a me stesso - e vorrei che non ci stancassimo di


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farlo, perché altrimenti faremo tutti un'opera di disinformazione - che, a fronte di precise e chiare responsabilità da parte del Governo in sede di politica sanitaria, esistono delle responsabilità di gestione e di assistenza direttamente assunte dalle regioni. Qualcuno ha evocato l'accordo dell'8 agosto 2001, peraltro scaduto e rinnovato recentemente: forse è opportuno rileggere con grande attenzione quell'accordo. In esso era previsto un lungo elenco di impegni precisi e non di carattere generico o generale. Ho sentito qui ricordare dei passaggi riguardanti alcune strutture sanitarie e ospedaliere. Ho sentito di malati che si portano la brandina da casa, ho sentito di liste di attesa che sono quello che sono, ho sentito di malati che non hanno più la possibilità di usare la struttura sanitaria in tempi ragionevoli. A chi mi sta ascoltando, dico che ho la sfortuna di girare per l'Italia, quindi ho la possibilità di verificare quello che accade in tutte le venti regioni.
A fronte dell'impegno del Governo, vorrei ricordare qualche impegno che le regioni avevano assunto. Esse avevano assunto l'impegno di ridurre le liste di attesa e i ricoveri impropri; di procedere agli acquisti unificati a livello regionale per evitare di dover spiegare al cittadino perché in una stessa regione una ASL pagava per lo stesso prodotto 100, un'altra 101 ed un'altra ancora 90. Inoltre, sempre in sede di accordo dell'8 agosto 2001, le regioni si erano assunte l'impegno, scritto, per cui in ogni struttura sanitaria le Asl si sarebbero dovute dotare di un sistema di monitoraggio informatico tale per cui sarebbe stato poi possibile per la regione stessa - e quindi a livello centrale - monitorare la spesa sanitaria e fare in modo che potesse essere posta sotto controllo secondo quel patto di stabilità sottoscritto non da una parta sola ma dal Governo e dalle regioni.
Ebbene, gran parte di quegli impegni sono rimasti disattesi. Non a caso - forse qualcuno nel suo intervento se lo è dimenticato -, in sede di legge finanziaria era stato previsto che, nel caso in cui le regioni non avessero soddisfatto quel tipo di impegno, non avrebbero ricevuto i finanziamenti e voi sapete - o fate finta di non sapere in quest'aula - che sono ben quattro le regioni che qualche mese fa ancora non avevano rispettato certi impegni (regioni di centrodestra o di centrosinistra, non voglio fare polemiche con chi è alla maggioranza). Dico soltanto che le regioni quegli impegni non li avevano ancora rispettati.
Che dire poi della spesa farmaceutica? Noi approvammo una legge, frutto anch'essa di un impegno, quello dell'8 agosto 2001: la spesa farmaceutica non avrebbe dovuto superare il tetto del 13 per cento. Ma non c'è stata una regione che l'anno dopo non fosse al di sotto del 23. Era un impegno anche quello, che quindi comportava enormi spese. Lo dico perché vorrei che qualcuno ricordasse che, a fronte di impegni, ve ne erano degli altri.
Che dire delle liste d'attesa? Venti giorni fa sono stato nella regione più piccola d'Italia, la Basilicata, e sono andato a visitare un bellissimo ospedale a Maratea, città di 57 mila abitanti. Ebbene, in quell'ospedale, per essere sottoposti ad un esame - nel caso di specie, una mammografia - ci vogliono appena 402 giorni! Ho denunciato questa situazione e la mia denuncia è apparsa sui giornali; in seguito, il direttore generale dell'ospedale mi ha fatto presente quali fossero le difficoltà.
Che dire di altre regioni, dove, soprattutto in alcuni ospedali, vi è veramente uno stato di emergenza? In qualche regione del centrosud, per esempio, altro che i lettini che si portano da casa i pazienti...! Probabilmente certi ospedali dovrebbero essere chiusi.
Allora, quando si parla di queste cose, bisogna essere corretti fino in fondo e ciascuno di noi dovrebbe ricordare che tutti stiamo facendo uno sforzo affinché le regioni superino queste gravi difficoltà, anche perché - lo ricordo sempre a me stesso - in base a quel federalismo che noi abbiamo trovato e che questo Governo ha dovuto attuare, la gestione e l'assistenza sono di competenza esclusiva delle regioni; allo Stato non spetta nulla!


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Voi vi lamentate delle strutture fatiscenti. Forse sarà opportuno che, in questa sede, un giorno si discuta dello stato di attuazione dei fondi ex articolo 20: vi sono regioni che da dieci anni non hanno presentato neanche il progetto di massima, dopo che hanno ricevuto soldi nel 1988! Sto parlando di regioni governate sia dal centrodestra sia dal centrosinistra! Queste cose però non si dicono: facciamole conoscere, facciamo una campagna non di controinformazione, bensì di informazione corretta, perché i fondi sono soldi che, in base a quella legge del 1988, non possono neanche essere revocati (c'è un meccanismo tale che, effettivamente, per revocarli, non so cosa dovrebbe accadere). Dunque quei soldi non possono essere destinati ad altre regioni, sono bloccati; e sono soldi di tutti i cittadini italiani.
Si è parlato anche della legge Bindi. Vorrei ricordare a chi in quest'aula ha fatto riferimento allo scarso lavoro della Commissione affari sociali che una indagine svolta dalla stessa Commissione ha stabilito, a proposito di intra moenia, il completo fallimento di quella sperimentazione. Queste cose vanno dette, perché la gente deve sapere. E non lo ha fatto la maggioranza di quella Commissione, ma l'intera Commissione, che ha presentato un documento lo scorso anno - se non vado errato - che ha stabilito quello che ha stabilito.
Qualcuno in questa sede ha parlato di IRCCS. Mi sembra che, con questo decreto-legge, gli IRCCS c'entrino poco o nulla! Qualcuno può essere tentato di dire che alcune scelte sono frutto di qualche conoscenza diretta o di «amore» per qualche città, riferendosi a qualche ministro. Poi stasera, leggendo qualche emendamento - ho potuto vedere la bozza degli emendamenti presentati - ho visto che alcuni di essi riguardano qualche altro ospedale di qualche altra città di qualche altro parlamentare. Quindi, attenzione: evitiamo scivoloni di questo tipo, perché ci si cade facilmente; poi, alla fine, ognuno conosce i suoi problemi.
Per quanto riguarda lo Spallanzani, si tratta di un argomento che ho già affrontato con il collega Battaglia in Commissione e proprio oggi, rispondendo ad una giornalista che mi chiedeva, appunto, notizie sullo Spallanzani, ho detto che, a mio avviso, la richiesta che viene dai cittadini di quella zona è legittima - io parlo per me, che vivo a Roma e che quindi conosco perfettamente la situazione -, come è legittima la preoccupazione che quel tipo di ospedale possa diventare una struttura «militarizzata». Ma ho già detto in Commissione che non mi risulta - conoscendo il commissario che lavora con lo Spallanzani e che peraltro è ben conosciuto, perché sta lavorando in un'altra città del centrosud in maniera molto seria - che vi siano strutture di questo tipo. Mi risulta che lo Spallanzani non sia un ospedale tipicamente «romano» quanto, piuttosto, un centro di riferimento nazionale e, quindi, come centro di riferimento nazionale che si interessa di bioterrorismo, probabilmente deve adempiere ad una serie di procedure a livello europeo che rispondono forse a quella che è chiamata segretezza o privacy (che quindi può sconfinare in un tipo di segreto militare).
Ho riferito questa preoccupazione all'ospedale Spallanzani, ma non penso che la chiusura di alcuni varchi, come ha sostenuto l'onorevole Battaglia, sia riconducibile al tentativo di mettere in una sorta di «sacca» fuori controllo quel tipo di struttura ospedaliera.
So che da tempo, e non da oggi, presso l'ospedale Spallanzani vi sono laboratori di ricerca sul bioterrorismo, e quindi probabilmente avranno bisogno di un certo tipo di privacy. Su questo aspetto effettueremo anche le opportune verifiche, già chieste dall'onorevole Battaglia in sede di Commissione, e ritengo opportuno ribadirlo anche in Assemblea.
Vorrei ricordare che il centro nazionale che vi opera non è un centro di ricerca. Da una lettura attenta e corretta dell'articolo 1 del decreto-legge al nostro esame emerge, infatti, che si tratta di un centro di prevenzione e di controllo delle malattie, con analisi e gestione dei rischi, che coordina le strutture regionali - si tratta, quindi, di un centro di coordinamento


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delle strutture regionali e di tutti gli altri istituti che, comunque, operano all'interno di questa problematica - attraverso convenzioni con l'Istituto superiore di sanità.
Ho già spiegato, ed intendo farlo nuovamente in questa sede, che l'ipotesi avanzata dall'onorevole Battaglia di creare tale centro presso l'Istituto superiore di sanità non sarebbe accolta dalle altre strutture, perché esse non accetterebbero che un braccio operativo del Ministero della salute, sottoposto alla sua vigilanza, possa coordinare le università, gli IRCCS e le altre strutture di assistenza e di ricerca pubbliche e private. Se si vuole gestire tale fase, dunque, il coordinamento del Ministero della salute probabilmente trova maggiore attenzione e spazio.
Vorrei ricordare un ulteriore elemento importante del decreto-legge al nostro esame. Mi rendo conto che esso, a livello parlamentare, parte in un modo ed arriva in un altro. Sarebbe bello, allora, che un apposito ufficio del Parlamento svolgesse un esame di quanti siano i decreti-legge presentati negli ultimi quarant'anni con due articoli ed approvati sempre con due soli articoli. Sarebbe bello effettuare uno studio del genere, ed invito a farlo: chiediamo, ripeto, ai servizi studi della Camera o del Senato quanti siano quei decreti-legge che, presentati recando due articoli, sono stati approvati definitivamente sempre con due soli articoli. Dal momento che ho superato i 18 anni, e sono stato «qualche volta» sia in quest'aula, sia in quella del Senato, vorrei dire che talvolta i decreti-legge hanno subito ulteriori modifiche od integrazioni rispetto al testo originario.
Vorrei ricordare, tuttavia - e lo faccio con grande rispetto - che l'articolo 3 del provvedimento al nostro esame riguarda i progetti di alta innovazione. Non possiamo dimenticarci, infatti, che tutti abbiamo sollecitato una diversa collaborazione per cercare di far rientrare in Italia alcuni nostri ricercatori recatisi all'estero (sto parlando della cosiddetta fuga dei cervelli), anche attraverso la stipula di alcuni accordi a livello internazionale. Ebbene, ciò è stato fatto durante il semestre italiano di Presidenza dell'Unione europea, durante il quale sono stati firmati alcuni accordi che consentono anche la possibilità di utilizzare quel tipo di esperienze umane, maturate a livello nazionale da parte di chi, purtroppo, ha preso altre strade, perché non soddisfatto del lavoro svolto in Italia.
Per quanto riguarda i medici specializzandi, penso che la giustezza delle loro richieste sia emersa solo con il presente Governo, perché prima non contavano nulla. Quindi, al di là delle polemiche - mi dispiace che non sia presente in aula l'onorevole Labate, che diceva di non voler fare polemiche -, vorrei dire che è facile polemizzare quando si afferma che i medici specializzandi, che costituiscono la spina dorsale delle strutture ospedaliere, devono avere i soldi; però, guarda caso, questa richiesta è stata esplicitata soltanto quando è cambiato il Governo, perché negli anni passati è rimasta lettera morta!
Ed a qualche collega che in questa sede ha parlato di ordini del giorno presentati al fine di ottenere risorse finanziarie, vorrei rispondere che i soldi per i medici specializzandi già ci sono, onorevole Mosella, perché sono stati già stanziati nella legge finanziaria. Nella legge finanziaria, infatti, vi sono 50 milioni di euro per il 2004, 51 milioni di euro per il 2005 e 51 milioni di euro per 2006.
Noi non aggiungiamo ulteriori risorse, ma possono diventare 36 milioni di euro, tant'è vero che, in questa sede, vorrei confermare che il Governo si è fatto carico di stanziare oltre 17 milioni di euro per far fronte agli impegni assunti dalla legge finanziaria. Il loro inserimento nel decreto-legge al nostro esame - e lo sapete tutti, perché l'ho spiegato in sede di Commissione - è avvenuto perché, essendo prevista dalla legge finanziaria la spesa di 50 milioni di euro, occorreva trovare uno strumento giuridico - vale a dire una «leggina» - per consentire l'utilizzazione di quelle risorse.
Poiché si è presentata l'occasione di un decreto-legge - era il «treno» che in questo momento giungeva in Assemblea - abbiamo ritenuto opportuno inserire in tale contesto risorse finanziarie che già


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erano disponibili. Non si trattava di un impegno generico o derivante dall'accettazione di un ordine del giorno: a dicembre, già approvammo in questa sede la tabella A allegata al disegno di legge finanziaria, come il relatore, che ringrazio, ha ricordato.
Passare dalla borsa di studio al contratto di formazione specialistica rappresenta - se mi consentite - dal punto di vista giuridico, dal punto di vista contrattualistico, un salto di qualità. Basterebbe parlare con gli specializzandi per sentirsi dire che, almeno per quanto riguarda la configurazione giuridica del contratto, vi è stato un miglioramento. Certo, le risorse sono poca cosa. L'onorevole Battaglia ha insistito sulla disponibilità delle regioni a dare soldi. Qualche mese fa, anch'io l'ho registrata, ma si trattava soltanto di una disponibilità verbale, perché non mi risulta che le regioni abbiano concretamente detto: ecco i nostri soldi per gli specializzandi! Eppure, ci incontriamo mille volte in sede di Conferenza Stato-regioni oppure in occasione degli incontri per la riapertura del tavolo per il Fondo sanitario nazionale! Se, poi, a voi risultano cose diverse, vorrà dire che partecipate a riunioni della Conferenza Stato-regioni diverse da quelle alle quali partecipiamo noi.
Nel novembre scorso, in sede di discussione del disegno di legge finanziaria, era stata espressa una certa disponibilità, alla quale, tuttavia, non ha fatto seguito alcunché. Oltre ai centocinquanta milioni di euro stanziati dal Governo per il triennio 2004-2006, ai quali doveva seguire anche un esborso delle regioni in misura almeno pari all'impegno dello Stato, non abbiamo nulla! Dunque, la disponibilità delle regioni non ha trovato alcun riscontro concreto, come abbiamo avuto modo di constatare.
Ci auguriamo che da questo dibattito possa venire una sollecitazione in tal senso. Certo è che, se i soldi li devono dare lo Stato e le regioni e le regioni non li danno, diventa una partita di giro! Tanto vale che ci pensi direttamente lo Stato, altrimenti tutto si riduce ad una sorta di gioco delle tre carte che non vorremmo assolutamente fare!

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PUBLIO FIORI (ore 18)

CESARE CURSI, Sottosegretario di Stato per la salute. Nell'avviarmi alla conclusione, sebbene riconosca che anche quello in esame, come quasi tutti i decreti-legge, è partito con un testo e ne avrà, a conclusione dell'esame, un altro, desidererei richiamare la vostra attenzione sull'articolo 3-quater, che riguarda la prevenzione secondaria dei tumori.
So bene che, com'è stato già rilevato in qualche intervento, destinare 51 milioni di euro (cioè 100 miliardi di vecchie lire) per la prevenzione nel triennio 2004-2006 significa dare pochissimo. Tuttavia, vorrei ricordare che questo era l'impegno assunto dal Governo. Durante il semestre europeo, in occasione di una riunione dei ministri della sanità, fu stabilito che le procedure di prevenzione e controllo riguardanti lo screening per il cancro del colon retto ed il contestuale consolidamento degli interventi già in atto per lo screening del cancro della mammella e del collo dell'utero erano da considerarsi prioritari nel contesto europeo. Quindi, in quella sede, lo Stato, il Governo, si sono fatti carico anche di ciò.
Inoltre, il Governo si è fatto carico di dare seguito ad una mozione approvata all'unanimità dal Senato, nello scorso mese di dicembre, con la quale il Governo veniva sollecitato a destinare ulteriori investimenti, ulteriori risorse finanziarie, allo specifico settore della prevenzione secondaria dei tumori. Mi rendo conto che ci vorrebbero mille miliardi, ma si tratta dell'avvio di un processo che bisognerà seguire con grande attenzione.
Mi ha fatto piacere che qualcuno abbia ricordato il Centro nazionale per i trapianti. Si tratta di una previsione fondamentale perché occorre proseguire un percorso già avviato, con importanti riferimenti a livello nazionale.


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L'ultima considerazione riguarda le scelte che sono state operate nel modificare il testo originario del decreto-legge. Il Centro nazionale per la prevenzione ed il controllo delle malattie di cui all'articolo 1 svilupperà forme di collaborazione anche con gli organi della sanità militare. Penso sia doveroso, soprattutto in questo momento, sviluppare una collaborazione anche con la sanità militare. Si tratta di un'ulteriore dimostrazione dell'attenzione che riserviamo ai temi di cui abbiamo discusso.
Ringrazio il relatore e tutti i colleghi che sono intervenuti ed auspico una rapida approvazione del provvedimento al nostro esame.

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole sottosegretario Cursi, per la sua esauriente replica.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

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