Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 438 del 15/3/2004
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(Discussione sulle linee generali - A.C. 4761)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che il presidente del gruppo parlamentare dei Democratici di sinistra-l'Ulivo ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del regolamento.


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Avverto, altresì, che la XII Commissione (Affari sociali) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore, onorevole Minoli Rota, ha facoltà di svolgere la relazione.

FABIO STEFANO MINOLI ROTA, Relatore. Signor Presidente, il decreto-legge in esame, recante interventi urgenti per fronteggiare emergenze sanitarie e per finanziare la ricerca nel settore della genetica molecolare e dell'alta innovazione, originariamente era composto da tre articoli che si riferivano alle materie comprese nella titolazione.
Il testo, in primis, evidenza la necessità di intervenire con urgenza, in modo da prevenire e controllare le emergenze di salute pubblica, realizzare nel nostro paese una fondazione nazionale di genetica molecolare e dare adeguata copertura finanziaria ai progetti di ricerca di alta innovazione. Si tratta di settori strettamente legati al progresso della ricerca biomedica per i quali si rileva strategico potenziare gli investimenti, in modo da rendere il nostro paese competitivo con l'Europa e con il resto del mondo occidentale.
Con la recente mappatura del genoma umano si sono, infatti, aperte nuove strade per la ricerca che potrebbero permettere nei prossimi anni di debellare alcune delle principali patologie che affliggono l'umanità. Tuttavia, per arrivare a questi risultati, occorre dotare i ricercatori di opportune risorse e, più in generale, mettere il Sistema sanitario nazionale in grado di competere con la sanità e la ricerca dei paesi occidentali più evoluti.
Con le disposizioni introdotte dal Senato, all'esame odierno dell'Assemblea, ai tre articoli originali contenuti nel disegno di legge d'iniziativa del Governo si sono aggiunte, con l'inserimento di ulteriori articoli, altre tematiche di rilievo, quali la privatizzazione delle farmacie comunali, il contratto di formazione specialistica medica, la prevenzione secondaria dei tumori, i trapianti di organi, il trattamento dei dati concernenti lo stato di salute ed il concorso della sanità militare alle emergenze.
In quest'ultimo periodo si sono avute gravi infezioni virali, che hanno imposto anche al nostro paese di correre urgentemente ai ripari, realizzando efficaci sistemi di intervento, in modo da fronteggiare tempestivamente le situazioni di emergenza di salute pubblica. Di fronte a condizioni ben note, quali l'epidemia di polmonite atipica o i rischi legati al bioterrorismo, il Governo propone, con l'articolo 1, la costituzione del Centro nazionale per la prevenzione ed il controllo delle malattie, in modo da fronteggiare adeguatamente queste situazioni di urgenza e le altre condizioni di difficoltà che si potrebbero presentare nel caso di gravi epidemie.
Alla luce degli ultimi fatti di cronaca, che hanno visto un riacutizzarsi del preoccupante fenomeno rappresentato dal terrorismo internazionale e dal diffondersi di epidemie, fino a pochi anni fa praticamente sconosciute presso la comunità scientifica, si comprende quanto sia strategico puntare sul potenziamento della prevenzione nel campo della salute pubblica.
A tale proposito, vale la pena di considerare come l'emergenza internazionale sulla Sars sia tutt'altro che attenuata; è altresì significativo ricordare che, a partire da domani fino al 18 marzo, l'Organizzazione mondiale della sanità ha convocato a Ginevra una riunione di esperti sui rischi di una pandemia di influenza.
L'eliminazione di milioni di volatili e le altre misure adottate in Asia e negli altri paesi colpiti dall'influenza dei polli, scoppiata lo scorso dicembre in Corea del Sud, secondo l'Organizzazione mondiale della sanità hanno ridotto la probabilità di uno scoppio a breve di un'epidemia di influenza umana ma, fino a quando i virus influenzali aviario e umano circoleranno nell'ambiente, gli elementi per lo sviluppo di una pandemia umana sussisteranno. Secondo l'Organizzazione mondiale della sanità, potremo reagire in modo efficace solo se saremo adeguatamente preparati.


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A tal fine, è indispensabile il potenziamento della ricerca e della prevenzione, anche attraverso forme di collaborazione tra soggetti istituzionali nazionali e internazionali.
Il Centro per la prevenzione, infatti, opera in collaborazione con le strutture regionali, mediante convenzioni con l'Istituto superiore di sanità, le università, gli IRCCS, gli istituti zooprofilattici sperimentali, l'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro. A tali soggetti sono stati aggiunti anche gli organi della sanità militare, che collaboreranno all'attività del Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie.
Recentemente, anche in ambito internazionale, è stata formulata una proposta di regolamento per la creazione di un Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie che, nella condizione di agenzia indipendente, coordinerebbe l'attività tra i centri nazionali dei singoli Stati membri dedicati alla sorveglianza epidemiologica.
Per l'attività del Centro nazionale è prevista da parte del Ministero della salute una spesa totale di 90 milioni di euro per il triennio 2004-2006. Alla cifra da impiegare in questa attività si è giunti considerando gli importi che lo scorso anno sono stati destinati per affrontare le necessità dovute all'emergenza della SARS, nonché le spese sostenute per fronteggiare le conseguenze inerenti eventuali attentati bioterroristici.
Per dare seguito ad un accordo bilaterale sottoscritto dal nostro paese con gli Stati Uniti per migliorare la tutela della salute nei settori dell'oncologia, del bioterrorismo e delle malattie rare, è urgente avviare nel nostro paese un istituto di genetica molecolare, che operi nel settore della farmacogemonica e della cura dei tumori e che diventi il naturale corrispondente del National Institute of Health, in modo da rispettare gli accordi tra i due paesi nell'ambito della ricerca cofinanziata, che ha tra gli obiettivi principali l'uso dei cip per il geneprofiling, secondo quanto previsto nell'ambito del memorandum d'intesa tra i due paesi.
A tale scopo, lo scorso dicembre, a Milano, è stata costituita la fondazione Istituto nazionale di genetica molecolare (INGM). Di tale fondazione fanno parte il Ministero della salute, il Ministero degli affari esteri, l'Istituto di ricerca scientifica Ospedale Maggiore di Milano e la regione Lombardia. La fondazione, prevista all'articolo 2, non ha scopo di lucro e, tra le sue finalità, promuove la ricerca nell'ambito delle biotecnologie e della genetica molecolare, fino a prevedere lo sviluppo di nuovi farmaci antitumorali e per le malattie rare.
Il finanziamento della fondazione è stato calcolato tenendo presenti i criteri adottati in precedenza per istituti analoghi. Agli oneri derivanti per le spese di gestione e di ricerca della fondazione si provvede con l'adozione degli accantonamenti del Ministero della salute delle tabelle A e B della legge finanziaria per il 2004. Gli oneri previsti ammontano a circa 7 milioni di euro per il 2004, a cui vanno aggiunti 5 milioni di euro per la ristrutturazione dei locali e l'acquisto delle attrezzature, 6 milioni e mezzo per il 2005 e 6 milioni 700 mila euro per il 2006. A tali cifre vanno aggiunti cospicui finanziamenti privati, assicurati a titolo di donazione da una famiglia milanese, che hanno contribuito in modo determinante alla fattibilità del progetto, fornendo concreta prova di quanta sensibilità sia possibile trovare per aiutare la ricerca.
Il controllo dell'attività della fondazione è assicurato dalla presentazione al ministro della salute della relazione annuale che riguarderà l'attività svolta e da quella di fine triennio 2004-2006, che illustreranno i risultati ottenuti nel complesso dalla fondazione e la loro applicabilità per il Servizio sanitario nazionale.
Con l'articolo 3 il decreto in esame intende finanziare progetti di ricerca e di alta innovazione, attinenti i settori dell'oncologia, delle malattie rare e del bioterrorismo, da realizzarsi in collaborazione con Stati Uniti, nel quadro di un accordo bilaterale tra i due paesi nei settori della sanità e della scienza. I progetti finanziati saranno individuati con decreto del Ministero


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della salute, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
Per il triennio 2004-2006 i finanziamenti previsti per i progetti di ricerca oncologica sono pari a 18 milioni di euro, per i progetti di ricerca sulle malattie rare a 11 milioni 250 mila euro e per i progetti di ricerca sul bioterrorismo a 9 milioni di euro. Agli stanziamenti previsti si provvede con i fondi destinati all'accantonamento di competenza del Ministero della salute compresi nella tabella B dell'ultima finanziaria.
Come detto in premessa, l'esame al Senato del provvedimento ha comportato l'inserimento di aspetti importanti per migliorare la cura e la prevenzione, che ricoprono anch'essi il carattere di urgenza. L'articolo 3-bis riguarda le farmacie comunali e il relativo processo di privatizzazione al quale sono ricorse molte amministrazioni comunali mediante la cessione di partecipazioni delle società di gestione delle farmacie che, per la prevalenza, sono state aggiudicate ad imprese che operano nella distribuzione dei farmaci. La recente sentenza della Corte costituzionale, con la quale la Corte ha definito il giudizio incidentale di legittimità costituzionale promosso dal TAR della Lombardia in seguito al ricorso promosso da Federfarma contro la vendita delle quattro farmacie del comune di Milano ad una multinazionale tedesca che opera nella distribuzione, ha dichiarato l'incostituzionalità dell'articolo 8 delle norme di riordino del settore farmaceutico nella parte in cui non prevede che la partecipazione a società di gestione di farmacie comunali è incompatibile con qualsiasi altra attività nel settore della produzione, distribuzione, intermediazione e informazione scientifica del farmaco.
Per evitare che gli oltre venti comuni che hanno già concluso le procedure contrattuali con l'aggiudicazione dei punti vendita comunali si trovino, considerando la possibile applicazione retroattiva della sentenza della Corte, in gravissime difficoltà finanziarie, con devastanti effetti sui loro bilanci, l'articolo in esame fa salvi gli effetti delle procedure di privatizzazione delle farmacie comunali concluse alla data della sentenza della Corte del 24 luglio 2003. In tal modo, si scongiura anche una grave violazione del diritto comunitario da parte del nostro paese; infatti, com'è ben noto, il diritto comunitario prevale sulle norme contrastanti degli Stati membri, comprese quelle di rango costituzionale. Occorre ricordare che, secondo la costante giurisprudenza della Corte di giustizia, la violazione del diritto comunitario da parte di uno Stato membro è idonea a far sorgere un diritto al risarcimento del danno da parte dei soggetti i cui diritti, derivati dall'ordinamento comunitario, siano stati lesi.
Il Senato ha introdotto un articolo che modifica il decreto legislativo n. 368 dell'agosto del 1999, che dà attuazione alla direttiva dell'Unione europea e che riguarda il contratto di formazione lavoro dei medici specializzandi. Negli ultimi anni l'argomento degli specializzandi è stato oggetto di grande attenzione, sia nelle più recenti leggi finanziarie sia attraverso la presentazione di atti parlamentari di controllo e di indirizzo. Anche la Conferenza Stato-regioni si è recentemente espressa sul tema, proponendo diverse soluzioni: nel marzo 2002, la possibilità di attivare contratti di formazione lavoro per l'anno accademico 2002-2003; nel marzo 2003, una proposta di dividere la formazione in due momenti: il primo, di formazione teorico-pratica presso le università; il secondo, da esercitare presso strutture territoriali.
In questo quadro, il Governo ha presentato al Senato un emendamento per regolamentare la materia, che è stato recepito nell'articolo 3-ter. L'articolo in questione intende fornire ai medici specializzandi un migliore inquadramento con diverse condizioni contrattuali. Va ricordato che la tipologia di contratto formazione lavoro, contenuta nel decreto legislativo n. 368, non è mai stata adottata per mancanza di copertura finanziaria e, di conseguenza, i medici specializzandi sono ad oggi ancora soggetti al sistema delle


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borse di studio che è in vigore dal 1991. Oggi, nonostante le difficili condizioni economiche generali del nostro paese, il Governo presenta una nuova disciplina (il nuovo contratto di formazione specialistica, che prevede per gli specializzandi un migliore trattamento economico, composto da una parte fissa ed una variabile) e destina per tale finalità specifiche risorse finanziarie. Per questa categoria, indispensabile per il buon funzionamento dell'azienda ospedaliera, viene prevista la possibilità di sostituire a tempo determinato il medico del servizio sanitario nazionale e di seguire una seconda specializzazione. Alla copertura dei costi aggiuntivi derivanti dall'articolo in esame, pari ad oltre 86 milioni di euro per il biennio 2004-2005, provvede il Ministero della salute attraverso gli accantonamenti previsti in tabella A dall'ultima legge finanziaria.
Inoltre, per quanto riguarda l'impegno finanziario in favore degli specializzandi, evidenzio fin d'ora la disponibilità che ho raccolto dal Governo ad integrare ulteriormente le risorse messe a disposizione per l'anno in corso (vale a dire 36 milioni di euro).
In ottemperanza alla necessità di prevenire l'insorgenza delle forme tumorali, si prevede, all'articolo 3-quater, lo stanziamento di oltre 52 milioni di euro per il triennio 2004-2006. Con tali risorse, si intende riequilibrare la differente situazione tra le regioni relativamente alla prevenzione secondaria dei tumori, avviare il programma di screening del cancro del colon retto e potenziare gli screening già in corso, riguardanti il cancro della mammella e del collo dell'utero. In tal modo, si contribuirà a rendere più uniformi i livelli di assistenza su tutto il territorio nazionale, per quanto concerne la prevenzione e la cura delle malattie tumorali.
Alla luce dell'accresciuta sensibilità della popolazione sul tema dei trapianti d'organo, documentata da un significativo incremento delle donazioni registrato negli ultimi anni, l'articolo 3-quinquies prevede l'incremento di spesa, per il triennio 2004-2006, di circa 6 milioni di euro, da destinarsi, per la gestione nonché per l'assunzione di personale a tempo determinato, in favore del Centro nazionale per i trapianti d'organo, e di oltre 10 milioni di euro, per lo stesso periodo, per le attività dei centri di riferimento interregionali per i trapianti, da distribuire fra i centri stessi sulla base dell'accordo raggiunto in sede di Conferenza Stato-regioni.
L'articolo 3-sexies, infine, modifica il decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, entrato in vigore lo scorso gennaio. L'articolo in esame ha lo scopo di correggere le disposizioni contenute nel citato decreto legislativo relative alla privacy nel trattamento dei dati concernenti lo stato di salute dei pazienti, con particolare riguardo alla semplificazione degli oneri burocratici introdotti per i medici di famiglia e per i pediatri di libera scelta, in relazione ai rapporti con i propri assistiti.

PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire in sede di replica.
È iscritto a parlare l'onorevole Battaglia. Ne ha facoltà.

AUGUSTO BATTAGLIA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor sottosegretario, non sono pochi gli aspetti che non ci convincono del decreto-legge in esame, recante interventi urgenti per fronteggiare emergenze sanitarie.
La sanità italiana ha certamente bisogno di interventi urgenti e le notizie riportate dalla stampa e da trasmissioni televisive nelle scorse settimane (mi riferisco, ad esempio, a quanto è accaduto nella regione Calabria) richiederebbero da parte del Governo una presa di coscienza della situazione nella quale versa il Servizio sanitario nazionale, della difficoltà da parte delle ASL di garantire servizi adeguati ai cittadini, delle liste d'attesa e di tutto ciò che caratterizza la fase particolare che il Servizio sanitario nazionale stesso sta attraversando.
Passando all'esame degli articoli del decreto-legge, si tratta di misure in gran parte non urgenti che potrebbero essere contenute in un disegno di legge ordinario, che darebbe al Parlamento maggiori possibilità


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di intervento per il migliore utilizzo delle scarse risorse riservate alla sanità dalla legge finanziaria, in un quadro di tagli, di ridimensionamenti e di interventi analoghi.
Quanto al merito delle misure previste, alcune di esse suscitano notevoli perplessità. Mi riferisco in primo luogo all'articolo 1, che prevede l'istituzione del Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie, con compiti di analisi dei rischi legati alle malattie infettive e al bioterrorismo.
La prima obiezione che solleviamo relativamente all'articolo 1 è che siamo colpiti dal fatto che si vuole insediare questo importante centro di ricerca presso il Ministero della salute. Mi pare che ciò non regga dal punto di vista dei riferimenti istituzionali. Il Ministero della salute, infatti, non ha compiti operativi né di ricerca.
La prima domanda che ci siamo posti è la seguente: come mai si vuole insediare un centro di ricerca presso il Ministero della salute e non, per esempio, presso l'Istituto superiore di sanità, che è un'istituzione prestigiosa e ampiamente riconosciuta in campo nazionale ed internazionale e che dà le linee di indirizzo alla ricerca italiana? Come mai si vuole individuare la sede di questa iniziativa presso il Ministero della salute e nell'articolo 1 si prevedono addirittura delle convenzioni tra il Ministero stesso e una serie di strutture di ricerca o il Servizio sanitario nazionale per sviluppare l'attività di ricerca nel campo in gestione?
Siamo preoccupati di questa previsione e molto esplicitamente ne evidenziamo il motivo. Siamo preoccupati perché da qualche tempo presso l'istituto di ricovero e cura a carattere scientifico «Lazzaro Spallanzani» di Roma avvengono delle cose che non ci convincono. Non convincono noi, le istituzioni locali e i cittadini di quel comprensorio, che con molta preoccupazione seguono quanto sta avvenendo all'istituto Spallanzani.
Ad un certo punto, in questo istituto di ricovero e cura a carattere scientifico si è deciso, per esempio, di chiudere il reparto pediatrico. Non è necessario un reparto pediatrico presso l'istituto Spallanzani e si può affrontare il problema della pediatria in altre strutture sanitarie della città: queste sono le motivazioni. Successivamente, si è deciso di chiudere tutti i passaggi liberi tra l'istituto stesso e l'adiacente ospedale San Camillo. Per chi non lo sapesse, l'ospedale Spallanzani fa parte di un comprensorio con il San Camillo e il Forlanini. Si tratta di uno dei più grossi comprensori della sanità italiana, oltreché di quella romana. Ad un certo punto, si è deciso di chiudere i passaggi verso gli altri ospedali per ragioni che non si comprendono. Spesso quei passaggi rendevano più facile la collaborazione, che c'èra e c'è tuttora, tra l'istituto Spallanzani e il San Camillo, per esempio, per l'utilizzo di alcune apparecchiature di laboratorio o per alcune consulenze necessarie allo Spallanzani da parte del San Camillo. Oggi, in mancanza di questo passaggio, i medici del San Camillo, per raggiungere lo Spallanzani, devono affrontare mezz'ora di traffico in città. Questa decisione non sembra ragionevole né logica.
Poi, si è cominciato a parlare di difese anticarro all'interno dello Spallanzani. Quando i cittadini e gli operatori hanno iniziato a sentir parlare di difese anticarro, si sono preoccupati, perché da una parte leggono «ricerca nel campo del bioterrorismo» e dall'altra sentono parlare di difese anticarro. Allora, gli operatori, le organizzazioni sindacali e soprattutto le migliaia e migliaia di famiglie che risiedono vicino allo Spallanzani si domandano: quando mai si sono previste difese anticarro per un ospedale? Cosa si vuole fare dell'ospedale Spallanzani? Una struttura paramilitare di ricerca nel campo del bioterrorismo? Per carità! Se ciò è necessario, anche alla luce dei rapporti con gli altri paesi dell'Unione europea e con gli Stati Uniti, ebbene la si crei pure. Ma si può realizzare una struttura paramilitare, che ha bisogno di difese anticarro, nel cuore di alcuni tra i più grandi e popolosi quartieri romani, dove i


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vecchietti vanno a spasso a prendere l'aria e le famigliole passano per portare i bambini a scuola?
La preoccupazione tra la popolazione è molto grande, tant'è che due consigli circoscrizionali interessati a quel territorio già si sono pronunciati unanimemente contro questo progetto.
Perché noi siamo convinti che il Governo non sia chiaro su questo aspetto? Perché prevede, come sede del centro di ricerca di cui al decreto-legge in esame, il Ministero della salute.
Quando mai il Ministero della salute è stato sede di un centro di ricerca sul bioterrorismo? Ma come? Abbiamo l'Istituto superiore di sanità, la sanità militare, gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico.
Allora, voi dovete parlare con molta chiarezza, dovete essere chiari con la regione Lazio, con il comune di Roma, con i municipi interessati e con i cittadini. Ci dovete dire cosa volete realizzare dentro l'Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico Spallanzani di Roma. Queste scelte non possono essere fatte attraverso sotterfugi, per cui si mette davanti l'etichetta del Ministero della salute, che non ha competenze in materia di ricerca, e poi si realizza una struttura che ha una funzione non soltanto sanitaria ma addirittura di carattere militare nel cuore della città di Roma e di un grande comprensorio sanitario, molto utilizzato dalla popolazione romana. Questa è una prospettiva che non possiamo accettare e che contrasteremo con molta forza. Pertanto, chiediamo al Governo e alla maggioranza di essere molto chiari su questo punto.
Ciò non vuol dire che, con la sua esperienza in materia di malattie infettive, lo Spallanzani non possa collaborare ad un progetto di ricerca. Ma questo progetto di ricerca affidiamolo all'Istituto superiore di sanità, coinvolgiamo lo Spallanzani e le altre strutture per gli aspetti clinici della ricerca e, se ci sono dei laboratori e delle strutture che hanno bisogno di una protezione militare, realizziamola in luoghi dove ciò è possibile e non in realtà in cui vivono le famiglie romane, assoggettandole a rischi che, come abbiamo visto, di questi tempi a volte sono reali.
Nel corso del dibattito formalizzeremo le nostre richieste attraverso la presentazione di proposte emendative. Abbiamo presentato emendamenti non solo soppressivi ma che propongono un modello diverso di intervento, al fine di perseguire lo stesso obiettivo tutelando le popolazioni dei quartieri di Roma interessati. Ci auguriamo di avere delle risposte chiare da parte del Governo: la formulazione dell'articolo 1 non è chiara ma ambigua e si presta ad operazioni che rischiano di sollevare una grande preoccupazione nella città di Roma.
Ci sono ulteriori punti, sui quali interverranno anche altri colleghi, che non ci convincono, come l'articolo 2. Si stanziano delle somme, del resto limitate, per una struttura con sede a Milano e non si capisce per quale ragione, visto che in Italia vi sono altri centri che fanno ricerca nel campo molecolare.
Voglio dire qualche parola anche sull'articolo 3-ter, riguardante l'annosa vicenda dei medici specializzandi, che più volte abbiamo affrontato in Parlamento. Come ricorderete, qualche mese fa tentammo di approvare un documento unitario di tutte le forze politiche, di maggioranza e di opposizione, affinché il Governo desse una soluzione definitiva al problema degli specializzandi. Ne abbiamo discusso tante volte in questa sede e non è il caso di entrare nei particolari. C'era un impegno comune, ma alla fine non votammo insieme perché la maggioranza pretese di inserire una formulazione ambigua, che lasciava spazio non alla soluzione definitiva per la quale tutti diciamo di lavorare, ma a soluzioni intermedie, che a nostro avviso non risolvono il problema. Comunque, fu votato il vostro documento e ci saremmo aspettati, già dalla scorsa legge finanziaria, uno stanziamento adeguato per risolvere il problema in questione. In realtà, nella legge finanziaria la voce relativa ai medici specializzandi si trova nell'ambito dello stanziamento più generale riguardante il Ministero della salute


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ed è assolutamente inadeguata. Già all'epoca della discussione della legge finanziaria vi dicemmo che quello stanziamento era inadeguato e che non avrebbe consentito in alcun modo di risolvere il problema degli specializzandi.
Ebbene, con l'articolo 3-ter del decreto-legge in esame voi proponete una soluzione al problema degli specializzandi che non riconosce ciò di cui hanno diritto a 35 mila medici italiani, che tutti i giorni operano nelle corsie degli ospedali e nelle strutture sanitarie, che spesso funzionano solo grazie alla loro presenza. Non solo non date una risposta positiva alle loro aspettative - perché essi, secondo gli indirizzi dell'Unione europea, sono dei lavoratori a pieno titolo, hanno diritto di vedere tutelata la maternità, hanno diritto ad essere retribuiti in caso di malattia, hanno cioè quei diritti minimi che vanno riconosciuti ad ogni lavoratore -, non solo non rispettate gli impegni previsti dagli ordini del giorno che qui abbiamo votato, ma addirittura proponete una soluzione che danneggia ulteriormente la situazione dei medici specializzandi, perché li trasformate in lavoratori precari, in una sorta di «co. co. co.» della sanità: non riconoscete loro alcun diritto, li costringerete a versare i contributi ENPAM e INPS. Quei contributi non soltanto abbasseranno la loro retribuzione - quindi economicamente ci rimetteranno - ma addirittura i contributi INPS, che andranno a finire in una gestione separata dell'INPS, un domani non saranno nemmeno riconducibili ad una ricostruzione di carriera e quindi ad una ricostruzione di tutti i versamenti ai fini pensionistici! Quindi, di fatto, sottraete risorse a borse di studio, che finiscono in un fondo che non servirà ai medici specializzandi. La vostra soluzione consiste quindi nell'abbassare il trattamento economico dei medici specializzandi!
In queste ultime ore si è anche delineata da parte del Governo una ipotesi secondo la quale forse, nelle pieghe del bilancio dei ministeri, si può recuperare qualche altra cosa, al fine di lenire i danni della soluzione individuata. Ma questa non è la soluzione! E noi non possiamo accettarla, anche perché non c'è stata alcuna disponibilità reale da parte del Governo! Le regioni più volte si sono dichiarate disponibili a percorrere una parte del cammino necessario per risolvere i problemi e quindi a mettere anche loro una quota delle disponibilità finanziarie che, aggiunte a quelle messe a disposizione dal Governo centrale, potrebbero fornire finalmente una risposta definitiva, chiara e giusta - perché le aspettative dei medici specializzandi sono giuste - a 35 mila medici del nostro Servizio sanitario nazionale.
Noi contrasteremo questa vostra impostazione e presenteremo degli emendamenti che vanno invece nella direzione giusta, chiedendo ai membri della maggioranza di questo Parlamento di pronunciarsi con chiarezza. Mi riferisco soprattutto a coloro che in queste settimane hanno avuto contatti con le associazioni dei medici specializzandi e si sono dichiarati disponibili a venire incontro alle loro esigenze.
È un problema che attende una soluzione ormai da diversi anni, soluzione che è stata rinviata più volte. Caro sottosegretario Cursi, lei annuisce, ma siete alla terza legge finanziaria...

CESARE CURSI, Sottosegretario di Stato per la salute. E prima...?

AUGUSTO BATTAGLIA. Prima noi abbiamo fatto qualcosa; voi non avete fatto nulla! Forse, invece di pensare alla tassa di successione dei grandi patrimoni - che è costata diverse centinaia di miliardi all'erario -, quei soldi si potevano recuperare per dare una risposta ai medici specializzandi che lavorano negli ospedali. Un Governo si valuta anche dalle priorità che sceglie e voi avete scelto quella priorità, come avete scelto quella di sostenere fiscalmente i club professionistici di serie A, per cui vi ha richiamato anche l'Unione europea! Allora, dovete stabilire se è più importante il medico specializzando che garantisce il funzionamento di una corsia di un ospedale oppure il calciatore, che


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gioca allo stadio e che già guadagna miliardi a sufficienza! Se dobbiamo vedere chi ha fatto e chi non ha fatto e cosa avete fatto voi in questi tre anni, bisogna entrare nel merito delle scelte che avete compiuto!
Comunque l'articolo sui medici specializzandi è molto grave: è un voltafaccia del Governo e della maggioranza rispetto a quello che in questi tre anni - voi stessi lo avete detto - vi eravate impegnati a fare nei riguardi dei 35 mila medici.
C'è poi una serie di misure minori che desta una certa perplessità. Mi riferisco, ad esempio, alle disposizioni sulla prevenzione secondaria dei tumori. Se si legge l'articolo 3-quater si immagina che il Governo si impegni da domani a far partire uno screening nazionale per il tumore alla mammella, al colon, al retto, cioè per tutti i tumori possibili immaginabili.
Ma quando andiamo a vedere le cifre, scopriamo che sono previsti solo 10 milioni di euro, da dividere tra 20 regioni.
Ma qual è questo screening nazionale attivato per la prevenzione secondaria dei tumori? Credo che si tratti, anche in questo caso, di un'ulteriore dimostrazione di come questo Governo, incapace di sviluppare una politica sanitaria di grande respiro, assuma piccole decisioni, spendendo 10 milioni di euro da una parte e 10 milioni dall'altra; oggi accontenta una fondazione di Milano e domani concederà qualche contributo ad un'altra di Palermo, ma intanto il sistema soffre, perché non fornisce risposte, poiché non si assumono quelle scelte che, invece, possono aiutare a superare i numerosi problemi che il Servizio sanitario nazionale vive.
Potrei affermare lo stesso per quanto riguarda i progetti di ricerca per l'innovazione e per i trapianti di organi: si tratta, infatti, di piccole misure che modificheranno solo minimamente l'attuale situazione del sistema sanitario.
Ciò di cui vogliamo comunque dare atto al Governo è l'ultimo articolo del decreto-legge al nostro esame, che riconosce alle regioni, soprattutto a quelle che chiamiamo «inadempienti» rispetto all'accordo dell'8 agosto 2001, la possibilità di ottenere un incremento della quota loro trasferita. Per quanto spesso si tratti di regioni che non hanno sempre saputo adottare scelte adeguate di politica sanitaria, ci auguriamo che ciò contribuisca a migliorare una situazione che va degradandosi e che sta diventando sempre più difficile.
In queste settimane, infatti, nel corso di dibattiti, anche televisivi, il ministro Sirchia ha sostenuto che il Governo ha incrementato le risorse del fondo per la sanità, che è passato dal 5,2 per cento al 5,8 per cento del PIL e via dicendo. Ma allora, vorrei dire al signor ministro che se è vero che avete aumentato le risorse, e tuttavia la situazione dei servizi peggiora, allora vuol dire che le scelte del Governo sono sciagurate, scusatemi!
La verità è un'altra. Con l'accordo dell'8 agosto 2001 le risorse per la sanità sono state teoricamente aumentate, ma di fatto lo Stato non trasferisce alle regioni le somme che dovrebbe loro assegnare, e le regioni sono creditrici di 20 miliardi di euro (circa 40 mila miliardi di vecchie lire) rispetto a quanto pattuito. E quando questi 40 mila miliardi di vecchie lire non arrivano alle regioni, esse non li trasferiscono alle ASL, e queste ultime, che dovrebbero garantire i livelli essenziali di assistenza con le risorse che non vengono loro trasferite, sono costrette a ridurre le prestazioni sanitarie oppure i servizi.
Voi sapete, colleghi della maggioranza, che già da due anni se in una ASL vanno in pensione due medici, se ne può assumere solo uno, e che se in un ospedale vanno in pensione quattro terapisti della riabilitazione, se ne possono assumere solo due. In altri termini, è possibile assumere solo il 50 per cento del personale che va in quiescenza, e dunque si riducono piano piano l'offerta di servizi, le prestazioni e la qualità.
Quando le ASL non dispongono delle risorse finanziarie, allora devono ricorrere alle banche, pagando gli interessi. Inoltre, per portare ad esempio la regione Lazio, quando non ci sono le risorse, i fornitori vengono pagati a 365 giorni, se va bene, e forse di più. Quando un fornitore viene pagato dopo un anno o un anno e mezzo,


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secondo voi cosa darà alla ASL? Fornirà materiale non sempre adeguato, e soprattutto praticherà un prezzo che terrà conto del momento in cui verrà effettivamente pagato. Dal momento che tale prezzo è generalmente più alto, si tratta di altre risorse che, anziché concretizzarsi in servizi per i cittadini, si trasformano in interessi passivi pagati alle banche.
Ecco perché, poi, il cittadino non trova risposte, nonostante il ministro Sirchia sostenga che ha aumentato la spesa per la sanità! Quando il cittadino si reca presso la ASL e non può effettuare una visita, se deve fare, ad esempio, una mammografia a Torino, dove tre anni fa poteva ottenere una risposta entro 20 o 30 giorni, mentre oggi gli si dice di tornare dopo 120, se ha un problema serio si recherà presso una struttura privata, cari rappresentanti del Governo, pagando di tasca propria! Lo scorso anno i cittadini italiani hanno pagato per la sanità, di tasca propria, 24 miliardi di euro, vale a dire 48 mila miliardi di vecchie lire. In altri termini, un quarto della spesa sanitaria italiana viene sostenuta dai cittadini, che pur avendo già pagato le tasse per finanziare il Servizio sanitario nazionale, devono pagarsi anche i servizi di tasca propria!
E la conferma di questo, cari amici, è avvenuta oggi, con il boom della spesa privata per i farmaci. Nel 2003, infatti, gli italiani hanno pagato 6, 4 miliardi di euro per i farmaci; tra ticket e farmaci acquistati di tasca propria, quindi, i cittadini hanno speso 12 mila miliardi. Il Servizio sanitario nazionale, che dovrebbe coprire l'importo per i farmaci gratuiti, ormai copre solo il 60 per cento della spesa perché il restante 40 per cento è direttamente a carico dei cittadini.
Questo sta avvenendo nella sanità italiana! Queste sono le emergenze, quelle che poi portano al dramma di Catanzaro, ai tanti episodi di cronaca che vediamo purtroppo quotidianamente. L'altro giorno al Policlinico hanno rimandato indietro la gente perché non vi erano né personale disponibile né apparecchiature funzionanti per effettuare analisi ed esami diagnostici importanti. Potremmo scrivere un'antologia di questi episodi.
Ripeto che queste sono le emergenze e mi domando: il decreto-legge che affrontiamo oggi ci aiuta a fare un passo in avanti in questa direzione? Credo proprio di no e per questo siamo molto insoddisfatti di quanto voi proponete. Per questo motivo esprimeremo sugli articoli e sul decreto nel suo complesso un giudizio e un voto negativo e ci batteremo, nei prossimi giorni, per modificarlo perché nonostante non risponda alle esigenze né dei cittadini né del Servizio sanitario nazionale, vogliamo collaborare costruttivamente, facendo quindi proposte concrete sui medici specializzandi, sui centri di ricerca sul bioterrorismo e su tutta l'attività di ricerca. Ci auguriamo di poter trovare nella maggioranza e nel Governo alcune risposte positive (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Mosella. Ne ha facoltà.

DONATO RENATO MOSELLA. Onorevoli colleghi, onorevole sottosegretario, lasciateci dire che facciamo fatica a seguire il Governo perché quello che oggi arriva in aula è l'ennesimo decreto-legge in tema di sanità. Un provvedimento che, tra l'altro, si occupa di una serie di materie - come ha rilevato il collega Battaglia - tra di loro abbastanza disomogenee, tanto che per le stesse modifiche introdotte al Senato ci sarebbe bisogno per ogni articolo di un disegno di legge ad hoc, specifico e separato dagli altri.
Se mi è concesso esprimere una critica pacata, mi sembra un modo di legiferare estemporaneo e disorganico, che trasforma il Parlamento in un mero luogo di ratifica di disposizioni ministeriali che, oltretutto, appaiono inadeguate a risolvere i problemi di urgenza ed emergenza. Forse saremo prevenuti e affetti dalla «sindrome dell'opposizione», però a quanto ci è dato vedere ci sembrano ben altri i problemi nella sanità che provocano emergenze e


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che richiedono misure urgenti. Crediamo, anche perché disponiamo di cultura di governo, in quanto persone che hanno già dimostrato la cultura del fare, che questa sia la prova della mancanza di una doverosa e dovuta programmazione nel settore della sanità dove non ci si può permettere di vivere alla giornata o di inseguire i problemi.
Il ministro della salute si occupa delle campagne pubblicitarie sugli stili di vita. Ciò è certamente giusto. Infatti, un paese civile deve necessariamente cercare di educare i propri cittadini ad adottare stili di vita migliori; tuttavia, deve farlo dopo aver risolto i gravissimi problemi che si vanno accentuando nel settore della salute, al nord, al centro e, in modo particolare, al sud del Paese.
Un Governo rigoroso dovrebbe preoccuparsi anche delle scelte strategiche riguardanti la sanità. I provvedimenti di legge in materia giunti all'attenzione del Parlamento sono sempre stati decreti-legge oppure interventi emendativi su disegni di legge delega e su disegni di legge finanziaria. Eppure, abbiamo superato la metà della legislatura. In questi anni, ogni volta che abbiamo aperto bocca, ci siamo sentiti rispondere: « Ma voi, cosa avete fatto e cosa avete lasciato?». Abbiamo agito con la serenità di chi sa di aver compiuto ogni sforzo, anche con sacrifici (alcuni ministri hanno pagato personalmente cari prezzi) al fine di lavorare alle fondamenta del sistema sanitario, consapevoli che all'inizio avremmo potuto ricevere qualche «ceffone», ma che nel lungo periodo saremmo stati premiati. Infatti, pensiamo che su alcuni settori non si può giocare.
Abbiamo superato - lo ripeto - la metà della legislatura. Siamo al terzo anno di Governo del centrodestra! È inutile ed ormai non più credibile distogliere l'attenzione dei cittadini, continuando ad attribuire presunte colpe ai Governi di centrosinistra. È chiaro alla pluralità dei cittadini italiani, ai meno attrezzati come quelli che si recano negli ospedali portando con sé una brandina, che le cose non vanno. È evidente che tutte le responsabilità dell'indebolimento del Servizio sanitario nazionale appartengono a questo Governo.
Il finanziamento del Servizio sanitario nazionale è al di sotto delle reali necessità e il suo rapporto, rispetto al prodotto interno lordo, è inferiore a quello di altri paesi europei che pure hanno problemi, come la Francia e la Germania, ma che certamente non sono paragonabili ai nostri.
Le regioni hanno promosso un accordo per la ripartizione del finanziamento al fondo. Il Governo, per tutta risposta, rinvia nel tempo, senza assumere decisioni se non con colpevole ritardo, così da accentuare le difficoltà delle regioni le quali ottengono l'erogazione del finanziamento - lo abbiamo sentito dal collega Battaglia - addirittura dopo due anni, nonostante sia stato siglato il patto dell'8 agosto 2001, con i relativi problemi che si scatenano rispetto alle attrezzature e ai fornitori.
Il Governo ha addirittura cercato di applicare alla sanità il decreto «taglia spese», tentando di razionalizzare anche l'uso della benzina delle ambulanze. Non è riuscito in quest'intento solo grazie alla forza e alla determinazione anche unitaria delle regioni, che hanno presentato un ricorso alla Corte costituzionale, inducendo il Governo a rinunciare.
L'onorevole Battaglia ha ricordato che le regioni sono in credito di 16 miliardi di euro, pari a 30 mila miliardi delle vecchie lire! Una cifra a dir poco astronomica, che si aggrava ogni giorno di più. Ma non è tutto. Le stesse regioni, sempre più in difficoltà, sono costrette a sfidare il ministro Tremonti sul terreno della creatività finanziaria per sostenere il peso dei bilanci sanitari! Alcune regioni hanno introdotto il ticket sui farmaci e persino sul pronto soccorso, una tassa odiosa che colpisce chi ha più bisogno. In un momento della vita in cui le difficoltà si amplificano, attraverso la malattia ed il disagio, arriva questo tipo di messaggio.
Altro che non avere messo mano nelle tasche dei cittadini, come si vorrebbe ancora oggi far credere! La Sicilia, ad esempio, solamente per motivi di consenso


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politico è stata costretta ad eliminare i ticket sul pronto soccorso, dopo una lunga mobilitazione delle forze di opposizione, delle organizzazioni sindacali e anche dei cittadini, che spontaneamente hanno cominciato a mobilitarsi. Nel Lazio si stanno cartolarizzando persino gli ospedali e tutti sappiamo quanto rischi di essere dannosa questa scelta per la collettività, costretta a sopportarne tutte le conseguenze. Si tratta di una scelta che costituisce la «porta girevole» per la privatizzazione progressiva del sistema sanitario, che aggraverà la spesa a danno dei cittadini, anziché alleggerirla.
È questo il futuro che state disegnando e la gente lo deve sapere! Bisogna spiegarglielo! La spesa sarà la vera discriminante tra chi potrà curarsi e chi non lo potrà fare: un diritto legato al censo, che confligge con la nostra Carta costituzionale.
I nostri punti di riferimento - visto che ci chiamate in causa costantemente - sono la riforma del 1978, attuata con la legge n. 833, e la cosiddetta riforma Bindi della scorsa legislatura, che hanno dato centralità ai cittadini e al loro diritto di cura in senso universalistico (su tale punto noi ci siamo qualificati e per questo abbiamo pagato anche dei prezzi politicamente alti). Un principio, quest'ultimo, avversato dall'attuale Governo che, tentando di attuare una sostanziale privatizzazione del diritto alla salute, mira invece a tutt'altri obiettivi.
Il Governo sembra disinteressarsi dei problemi reali della sanità, delle emergenze vere che interessano da nord a sud l'intero paese. Ho con me una rassegna stampa che è un bollettino di guerra: ospedali che chiudono, persone che non possono ricoverarsi perché non trovano un posto letto e che, anche in condizioni di emergenza, sono costrette ad andare da una struttura sanitaria dall'altra, in un triste calvario che a volte si conclude tragicamente; dal sud riceviamo quotidianamente notizie di reparti di ospedali posti sotto sequestro per i più disparati motivi (comunque, sempre condizionati dall'assenza di finanziamenti e dalla penuria di risorse). Ne è un esempio il recente caso di Catanzaro, in Calabria. Ma non solo: negli ultimi giorni abbiamo saputo che ci sono problemi anche a Vibo Valentia e a Melito Porto Salvo, dove al degrado ambientale, contro il quale si deve lottare quotidianamente, si aggiunge la carenza di servizi fondamentali per le persone che hanno minori possibilità. In Sicilia, nell'ospedale pediatrico più importante della regione, le famiglie sono state invitate formalmente a portarsi le brandine da casa perché mancano i posti letto; in Puglia continuano le proteste per la chiusura degli ospedali. Questo senza citare le emergenze che riguardano la Campania e il Lazio dove, solo per fare un esempio, i cittadini attendono dai 6 ai 7 mesi per poter effettuare una visita cardiologica o un esame radiologico in una delle maggiori aziende ospedaliere di Roma!
La sanità è al collasso (rispetto al quale un decreto di urgenza mirato si giustificherebbe). In un contesto così difficile, bisogna tenere presente il problema del personale medico, che è in attesa del rinnovo del contratto. L'atteggiamento tenuto dai medici nel corso delle manifestazioni e delle astensioni dal lavoro nei servizi pubblici essenziali (attuate nel rispetto delle regole dello sciopero) è di allarme giustificato per quella che è una vera e propria destrutturazione del Servizio sanitario nazionale. Per la prima volta, tutte le organizzazioni sindacali dei medici - ben 50 - hanno scioperato unitariamente, non solo per la giusta rivendicazione di un contratto scaduto e non ancora rinnovato (con colpevole ritardo). Nella loro piattaforma i medici hanno espresso la necessità di difendere il Servizio sanitario nazionale, soprattutto contro una probabile frammentazione legata proprio alla devoluzione. Infatti, il rischio è che si creino ben 21 sistemi sanitari diversi, distinti e separati, per cui il diritto alla cura diventerebbe aleatorio, perché dipenderebbe esclusivamente dal luogo nel quale si ha la fortuna di nascere oppure di risiedere. Un principio inaccettabile e lesivo dell'articolo 32 della Carta costituzionale,


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rispetto al quale mi sembra che la vostra indifferenza sia un po' eccessiva.
I medici continuano a sollecitare un confronto con il Governo e quest'ultimo cosa fa? La Commissione affari sociali - qui rappresentata dal suo presidente - è testimone della improduttività della funzione legislativa del ministro della salute. Basta scorrere gli atti: il Governo sembra ignorare le principali emergenze della salute in Italia. Le «mezze porzioni» e l'indicazione degli stili di vita con cui il Ministero della salute risponde a tutti gli interrogativi non rappresentano l'universalità dei problemi che attanagliano oggi la nostra sanità. Solo per fare un esempio, quale attenzione viene prestata ai soggetti non autosufficienti, che sono in aumento? Non sono bastati i 7 mila morti della scorsa estate? Il tempo comincia a cambiare; andiamo incontro alla buona stagione e temiamo per i nostri anziani.
Il Governo, che annuncia interventi strutturali, si presenta in Parlamento con un provvedimento solo parziale, come quello che siamo costretti ad esaminare nella seduta di oggi. Analizziamo questo decreto-legge. Qualcuno diceva che stiamo parlando d'altro: no, stiamo parlando di sanità e per noi queste sono occasioni per inserire tali provvedimenti nell'ambito di un quadro generale ben preciso. Mi rivolgo, in particolare, ai colleghi della maggioranza poiché confido che, alla fine, su questo terreno le nostre opinioni possano trovare, se non delle convergenze, almeno un ascolto. Lo ripeto: riteniamo che questo sia un ambito in cui non si può barare.
In relazione all'istituzione del Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie, di cui all'articolo 1, osservo che difficilmente tale ente può essere paragonato al CDC di Atlanta. Peraltro, rilevo che non è ben chiaro a quale struttura ci si troverà di fronte, atteso che la stessa opererà sulla base di un decreto del ministro della salute. In altri termini, il Ministero della salute interviene con un decreto per istituire questo centro; successivamente, lo stesso ministero dovrà intervenire con apposito decreto ministeriale per organizzarne il funzionamento, la pianta organica, e via dicendo. È un parossismo!
Vogliamo sottolineare che esiste l'Istituto superiore di sanità (l'onorevole Battaglia lo ha rilevato con la giusta sottolineatura), che per le sue specifiche finalità istituzionali sarebbe l'ente deputato a svolgere attività di monitoraggio, di prevenzione e anche di controllo delle malattie. Non comprendiamo - o comunque facciamo fatica a farlo, ce ne venga dato atto - le ragioni per le quali le risorse stanziate con l'articolo 1 non siano state destinate ad istituti già esistenti ed operanti, a partire proprio dall'Istituto superiore di sanità.
Con riferimento alle previsioni contenute nell'articolo 2, osserviamo che, essendo la Fondazione nazionale di genetica molecolare un ente che dovrebbe avere la natura di istituto di ricovero e cura a carattere scientifico (su questo la collega Labate si è «sgolata» in ripetute occasioni, spiegandone anche nel merito e tecnicamente le funzioni), la sua istituzione dovrebbe seguire l'apposita procedura prevista a tal fine. Procedura modificata dal Governo e da noi contestata in tutte le sedi in cui ve ne è stata l'opportunità.
A quanto pare, il Governo non rispetta le normative che egli stesso ha fatto approvare e ricorre ad un decreto-legge con cui, peraltro, avrebbe potuto prevedere il coordinamento di strutture già esistenti, piuttosto che la creazione di una nuova realtà, la quale risulta essere più utile come agenzia interinale che come centro di ricerca vero e proprio. È evidente come, nel definire i compiti, sia difficile stabilire una sostanziale differenziazione tra la Fondazione di cui all'articolo 2 e il Centro nazionale di cui all'articolo 1.
Si è legiferato con modalità che sembrano improntate al criterio della provvisorietà e non rispettose dell'autonomia delle diverse realtà istituzionali coinvolte, a partire proprio dalle regioni, rispetto alle quali i segnali che giungono sembra non vi interessino. Infatti, se di IRCCS si tratta, le


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regioni hanno una loro competenza che va rispettata e che, in questo caso, non è stata neppure presa in considerazione.
Ciò dimostra che il Governo, tanto federalista a parole, è poi centralista nei fatti. Le modifiche introdotte dal Senato configurano di fatto, anche quantitativamente, un diverso provvedimento rispetto al testo originario del decreto-legge.
Infine, all'articolo 3-bis, il decreto-legge introduce una sorta di sanatoria in ordine alla privatizzazione delle farmacie comunali, che è suscettibile di dar luogo ad una nuova pronuncia della Corte costituzionale, nonché al rinvio del provvedimento alle Camere da parte del Presidente della Repubblica. Intervenire con decreto-legge per cercare di porre riparo ad una pronuncia della Corte costituzionale è un esempio che potremmo definire di legislazione «creativa».
In realtà, la vicenda è assai delicata e, a prescindere dalle argomentazioni che possiamo addurre, meriterebbe un approccio legislativo diverso e maggiormente consapevole delle motivazioni che hanno indotto la Corte costituzionale ad intervenire sulla privatizzazione delle farmacie comunali.
Il decreto-legge affronta anche il problema dei medici specializzandi, e anche in questo caso parte da una prospettiva sbagliata. Noi partiamo dal dato incontestabile che riguarda il mancato finanziamento del decreto legislativo n. 368 del 1999 riguardante i contratti di formazione lavoro per gli specializzandi.
In occasione della discussione dell'ultima legge finanziaria la maggioranza, dopo aver promesso «mari e monti», nonché un finanziamento di 60 milioni di euro, si è accontentata di un ordine del giorno presentato dal collega Di Virgilio e dal presidente Palumbo che impegnava il Governo a reperire progressivamente le risorse necessarie in base alle disponibilità economiche.
Vorrei qui ricordare che il centrosinistra ha sempre posto il problema dei medici specializzandi in tempi recenti sia attraverso la presentazione di emendamenti e ordini del giorno nel corso dell'esame della legge finanziaria, sia con una mozione presentata dall'onorevole Bindi che il Governo e la maggioranza non hanno accolto, nonostante fosse stata inizialmente sottoscritta anche dai capigruppo della maggioranza nella Commissione affari sociali.
Con l'articolo 3-ter del decreto-legge in esame, l'esecutivo trasforma i medici specializzandi in figure ibride, a metà fra i lavoratori autonomi e quelli dipendenti: dipendenti in quanto sottoposti dalle aziende sanitarie ed ospedaliere ad una serie di vincoli per quanto riguarda l'orario di lavoro ed altro; autonomi per quanto concerne in particolare il trattamento previdenziale, che viene posto a loro carico, con l'introduzione della gestione separata. Siamo realmente di fronte ad un graduale smantellamento del sistema di disposizioni comunitarie recepito in ordine ai medici specializzandi, cosa che riteniamo assolutamente non condivisibile.
Infine, vorrei sottolineare il tema del previsto finanziamento per la prevenzione secondaria dei tumori. Si tratta di una sorta di intervento «a gamba tesa» nei confronti degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, proprio quelli che sono preposti a questi compiti e ai quali vengono continuamente lesinate risorse finanziarie.
Infine, vogliamo ricordare l'inadempienza del Governo che, mentre prevede finanziamenti per il centro nazionale per i trapianti, non ha ancora dato attuazione alla legge sul trapianto degli organi varata nel 1999 dal Governo di centrosinistra e per la cui attuazione era previsto un termine di due anni. In realtà, essa giace ancora lì.
Questo provvedimento nel suo complesso appare approssimativo, discutibile sotto tanti punti di vista, e potremmo continuare. Anche attraverso gli emendamenti che i colleghi hanno già ricordato, speriamo di indurre il Governo a recedere da quella che appare una pseudoprogrammazione che lascia sostanzialmente irrisolti i problemi strutturali della sanità, aggravando una situazione di emergenza e


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colpendo di fatto, anche attraverso il «non fare», una pluralità di cittadini, fatta spesso dai più deboli tra i deboli, coloro che hanno meno e che necessitano di aiuto avendo avuto la sfortuna di incorrere in una malattia.
Tutto ciò oggi ci sollecita e ci stimola a preparare con maggior forza e rigore, utilizzando le migliori intelligenze, quel futuro che non vediamo tanto lontano. Continueremo la difficile strada già iniziata, rispetto alla quale proveremo a rimettere in piedi le cose (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Labate. Ne ha facoltà.

GRAZIA LABATE. Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, il provvedimento in esame tratta un insieme di disposizioni che appaiono, in parte, riconducibili alle materie «tutela della salute» e «ricerca scientifica» che, come è noto, l'articolo 117, terzo comma, della Costituzione demanda alla competenza legislativa concorrente tra Stato e regioni. Da qui sorge un legittimo dubbio di costituzionalità del decreto-legge: lo esamineremo in modo specifico domani trattando la questione pregiudiziale di costituzionalità.
Come ha già ricordato il collega Mosella, il provvedimento è stato modificato dal Senato, che ha introdotto una serie di disposizioni ascrivibili nell'ambito della materia civilistica. Mi riferisco, in particolare, ad una nuova fattispecie giuridica per quanto riguarda i medici specializzandi con la sussunzione sic et simpliciter dal diritto privato di un contratto di inserimento che provvederebbe a disciplinare i medici specializzandi. Si pensi, inoltre, alla privatizzazione delle farmacie comunali. A mio modo di vedere, siamo in presenza di un decreto-legge che da un lato confligge con alcuni principi recati dall'articolo 117 della Costituzione e, dall'altro, trova la sua motivazione d'urgenza nell'intento di mettere a disposizione risorse per il triennio in ordine alle materie alla nostra attenzione.
Al di là della polemica politica, signor Presidente, signor sottosegretario Cursi, onorevoli colleghi, il problema è che ci troviamo di fronte ad un decreto-legge che, se non oso definire omnibus dato il numero degli articoli, è comunque molto pasticciato. Il provvedimento tenta di affrontare una serie di materie mettendo in piedi nuove strutture con caratteristiche nazionali per affrontare, in realtà, alcune emergenze. Pensiamo a tutta la vicenda delle malattie trasmissibili e della SARS: a seguito di una decisione comunitaria, il nostro paese ha il dovere di garantire al nuovo Centro europeo di coordinamento per le malattie infettive non certo una struttura ubicata presso il Ministero della salute. Vorrei far presente ai colleghi che non vi è un analogo esempio in Europa. Si guardi il ministero de la santé francese, quello tedesco, quello inglese, quello svedese: nessuno mai penserebbe di inserire all'interno del Ministero della salute un centro di tale natura. L'Europa ci chiede di offrire una rete di specialisti e di strutture sul territorio con un riferimento di coordinamento nazionale in rapporto alla sede europea proprio per un regime di sorveglianza delle malattie trasmissibili.
Nel nostro paese - lo ascrivo ad una capacità del Governo e delle sue strutture scientifiche - in primis l'Istituto superiore di sanità ed i centri di riferimento per le malattie infettive di Milano e di Roma (lo Spallanzani) hanno egregiamente tenuto sotto sorveglianza l'avvenimento SARS che, da un anno e mezzo, ha richiamato l'attenzione.
Ciò, senza la costituzione di un bel niente, ma semplicemente mettendo in rete ed organizzando, con scientificità, i criteri e le modalità di rapporto con l'Europa, con l'OMS e con gli organismi internazionali!
Questo decreto dimostra che vi è una sorta di virata centralistica, a tutto danno di una concezione federalistica, affermatasi ormai nell'ordinamento costituzionale vigente; seguendo, peraltro, il dibattito, che si sta sviluppando nell'altro ramo del Parlamento,


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questa maggioranza dimostra di avere quanto meno una volontà schizofrenica: da un lato, vi sono principi costituzionali che demandano pieni poteri alle regioni in campo sanitario; dall'altro, vi è una vocazione centralistica, che si esplica con la costituzione, presso il ministero, di un istituto con quelle caratteristiche altamente scientifiche.
Vorrei, tuttavia, concentrare la mia attenzione essenzialmente su due questioni: la prima, riferita all'articolo 2, con la previsione dell'istituzione di un istituto nazionale di genetica molecolare e quella riguardante la vicenda degli specializzandi. La questione posta dall'articolo 2 la reputo assai grave e questo non perché nel nostro paese non vi sia la necessità di incrementare la ricerca o di indirizzarla verso la finalità della genetica molecolare; sappiamo infatti che ciò costituisce la grande sfida per il futuro, sia dal punto di vista terapeutico per la cura di patologie rilevantissime, sia per affermare la ricerca nel campo della genetica molecolare, legata anche alla ricerca della farmacogenetica, che è un ramo importantissimo da sviluppare nel nostro paese, soprattutto in relazione alle terapie oncologiche. Il problema non è, quindi, quello di domandarsi se sia importante, determinante e necessario, per il nostro paese, sviluppare questo ramo della ricerca. Quello che, invece, mi chiedo - e lo chiedo ai colleghi della maggioranza ed al Governo (lo chiederemo in aula, con tutti i colleghi, a partire da domani) -, è come sia stato possibile che, a seguito di un'operazione meramente privatistica - effettuata il 19 dicembre 2003, con la quale si è istituita a Milano la Fondazione Istituto nazionale di genetica molecolare tra il Ministero della salute, il Ministero degli affari esteri e l'Ospedale Maggiore di Milano (che è un istituto di ricovero e cura a carattere scientifico, che il ministro attualmente in carica, dal quale istituto egli peraltro proviene, aveva provveduto a trasformare in Fondazione) -, in particolare di una donazione, da parte di privati, di 40 miliardi (della quale il collega Minoli Rota ci ricorda l'effetto benefico e filantropico), sia stato possibile, ex ante, con la decisione di due ministeri, costituire questa fondazione e da lì farne derivare il ruolo di Istituto nazionale per la ricerca nel campo della genetica molecolare.
Non so se i colleghi abbiano letto attentamente lo statuto di questa Fondazione, ma personalmente ritengo che su tale questione vi siano degli elementi quanto meno poco chiari, che suscitano grandi interrogativi, già espressi in Commissione e sui quali credo che il Governo, per quanto si tratti di un decreto-legge, la cui conversione è soggetta a scadenza, non possa non dare una risposta nel merito. Dobbiamo sapere che l'accordo con gli Stati Uniti, per lo sviluppo di un protocollo di ricerca su questa materia, è avvenuto molto, ma molto prima di quella data e, a seguito di quell'accordo, è stata costituita in Milano questa Fondazione, che oggi, con un atto ufficiale di un ministro della Repubblica, noi troviamo inserita in un decreto-legge, dato che tale soggetto dovrebbe diventare l'Istituto nazionale per la ricerca sulla genetica molecolare. Al riguardo, vorrei fare due osservazioni di fondo, delle quali una è di metodo.
Se questa è l'esigenza del nostro paese, mi domando il motivo per cui un ministro della salute della Repubblica italiana non abbia avvertito la necessità di coinvolgere gli istituti di ricerca esistenti in questo campo presso le università italiane, gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (l'Ospedale maggiore di Milano ne rappresenta un terzo risibile in questo campo della ricerca) e quelli che hanno un'ampia tradizione nel campo della genetica molecolare (in Italia ve ne sono 19 che svolgono funzioni di ricerca monotematica e politematica; a tale riguardo, vorrei ricordare che un anno fa è stato approvato un provvedimento che ne rivedeva la normativa).
Mi domando, inoltre, il motivo per cui non è stata avvertita la necessità di chiamare in campo il CNR nazionale, che dispone di un dipartimento con laboratori di ricerca in questo campo, e quale connessione - a tale riguardo credo vi sia una


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sorta di schizofrenia imperante - possa esservi tra l'istituto nazionale di cui si parla ed il recente centro di ricerca IIT costituito nella mia città, la cui branca fondamentale dovrebbe essere la genetica molecolare.
Sottosegretario, colleghi della maggioranza, credo che, almeno per un certo buon gusto istituzionale, la metodologia da seguire debba essere diversa: occorre, in particolare, coinvolgere quegli istituti di ricerca che operano in questo campo con molti successi, considerato l'impact factor dei nostri ricercatori nelle istituzioni che ho richiamato, rilevabili da riviste scientifiche internazionali, che non si riscontra relativamente all'Ospedale maggiore di Milano, a meno che il ministro della salute non abbia agito in questo caso sotto la spinta di una sorta di campanilismo per la sua città, decidendo che tutto avvenga all'Ospedale maggiore, compresa (è stato l'oggetto dell'interrogazione presentata la scorsa settimana) la costituzione della casa dell'embrione a Milano. Cari colleghi, in tale contesto non mi sorge solo un sospetto, ma qualcosa di più; avverto un ragionevole dubbio, considerate le somme stanziate
Leggendo l'atto costitutivo, vi è da domandarsi, dal punto di vista del merito istituzionale e finanziario del decreto-legge in esame, se le risorse previste per il periodo 2004-2006 rappresentino risorse di avviamento o di banale esercizio della struttura, considerati i rilevanti compiti che l'istituto dovrà espletare sul terreno della ricerca (dico ciò senza compararlo con altre strutture nazionali istituite e consacrate formalmente due settimane fa nel paese).
Da ciò scaturisce un ragionevole dubbio: che senso può avere questo Istituto nazionale di genetica molecolare, ubicato presso l'Ospedale maggiore di Milano, che non vanta tradizioni di ricerca in questo campo, se non quello, Presidente, colleghi, sottosegretario Cursi, di attivare una linea di ricerca cellulare sull'embrione, ovvero sulle cellule staminali, che voi in quest'aula avete condannato come eretica sulla base di una visione che non comporterebbe la difesa sacrale della vita? La sua costituzione a Milano, in Lombardia, potrebbe tuttavia rappresentare una via facile anche per lo sviluppo di attività di ricerca oltre i laghi, oltre confine, in quei luoghi in cui potenti industrie farmaceutiche utilizzano la biologia molecolare e la ricerca sulle cellule staminali per portare avanti produzioni farmaceutiche in questo campo. Ciò si giustificherebbe solo sotto il profilo dell'ubicazione, ma non dal punto di vista di tradizione, contenuti, linee di ricerca già attivate in questo campo. È grave, quindi, sia sul piano metodologico che su quello della sostanza.
Mi domando come un ministro della Repubblica non abbia avvertito la necessità di discutere in sede di Conferenza Stato-regioni in merito all'esigenza avvertita di un tale istituto a valenza nazionale nel campo particolare della ricerca della genetica molecolare, senza, in particolare, discutere con le regioni circa la necessità nel nostro paese di esaminare in modo critico i diversi settori di ricerca in questo campo (soprattutto come e dove istituire questo istituto e con quale caratteristiche).
Invece, il 19 dicembre, i due Ministeri interessati, l'Ospedale Maggiore di Milano e la regione Lombardia hanno redatto un statuto. Tra l'altro, avrei qualche dubbio sul fatto che si tratta di una fondazione senza fini di lucro; infatti, leggendo con attenzione l'atto costitutivo della Fondazione, si evidenzia lo sviluppo di attività che determinano lucro dal punto di vista, ad esempio, dei brevetti e della costituzione di società di capitali.
Intendo dunque sottolineare la gravità, dal punto di vista del merito, della posizione assunta dal Ministero della salute in ordine all'istituzione di questa Fondazione; tale iniziativa, in particolare, rappresenta uno schiaffo alle linee di ricerca esistenti nel nostro paese, che ricevono tributi rilevantissimi in questo campo, proprio a partire dall'Istituto superiore di sanità.
Probabilmente i colleghi non conoscono o non hanno a disposizione il materiale informativo, ma esistono nel nostro paese istituti che hanno sviluppato queste linee


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inerenti la genetica molecolare e sono tutti pronti a lesinare le risorse dallo Stato italiano per portarle avanti, mentre adesso ci si trova di fronte ad una nuova istituzione, una sorta di fiore all'occhiello lombardo le cui esigue risorse non sappiamo se siano unicamente di esercizio e di avviamento. Tra l'altro, anche con i 40 miliardi oblativi forniti dalla società milanese, dove potrà arrivare questo istituto se non cercherà di fare massa critica con la rete delle istituzioni esistenti?
Per tale motivo, sull'articolo 2 abbiamo presentato una serie emendamenti volti a far ragionare l'attuale maggioranza, evitando di farsi ridere dietro dal mondo scientifico europeo e statunitense, proprio alla luce della storia e della vocazione dell'Ospedale Maggiore di Milano.
Infine, sulla vicenda così confusa e schizofrenica di questo decreto, ritengo che il buongusto e la coerenza con ciò che si afferma avrebbero dovuto indurre il Governo ad una migliore formulazione di tutta la parte relativa agli specializzandi, a meno che questi ultimi non siano considerati dalla maggioranza la «massa» che deve portare avanti tutto il lavoro negli ospedali, nei policlinici universitari, nelle strutture del Servizio sanitario nazionale, senza alcun riconoscimento della dignità professionale e, di conseguenza, della dignità economica e delle tutele previdenziali che questi operatori, a tutti gli effetti del Servizio sanitario nazionale, non trovano nelle disposizioni formulate in questo decreto-legge.
Naturalmente, permane la solita polemica attraverso un rimpallo di responsabilità: la legge n. 368 l'avete fatta voi nel 1999, non avete provveduto nel 2000 e nel 2001 a dare corso al contratto di formazione e lavoro, ci lasciate questa eredità e così via. Polemica che abbiamo già sentito sia in Commissione sia durante l'esame della mozione discussa in aula.
Dunque, anche in questo caso, occorre stabilire un principio di lealtà, altrimenti la polemica politica oscura la verità delle cose e non affronta nel merito una questione che ritengo fondamentale per il funzionamento del Servizio sanitario nazionale.
Proviamo ad immaginare cosa potrebbe accadere se, in tutte le strutture italiane, incrociassero le braccia tutti gli specializzandi: certamente si registrerebbe un grave danno al diritto alla salute del cittadino.
Ma se lo facessero i medici specializzandi, a causa dell'ottusa organizzazione in vigore nelle nostre strutture in ordine al mancato riconoscimento del loro ruolo, questi si troverebbero costretti a svolgere - è vero presidente Palumbo? - un lavoro di routine all'interno delle strutture del Servizio sanitario nazionale.
È vero che la direttiva comunitaria è stata recepita alla fine del 1999, così com'è vero che noi, negli anni 2000 e 2001, abbiamo proceduto ad adeguare, almeno al livello dell'inflazione programmata, le borse di studio. Colleghi, la realtà odierna ci richiama tutti ad osservare il principio di responsabilità, che impone almeno di fare il piccolo tentativo di adeguare almeno al livello dell'inflazione programmata queste borse di studio, tenuto conto che siamo in presenza di un risanamento della spesa pubblica senza precedenti. Ma il Governo, nel corso di questi tre anni, non ha avuto nemmeno la volontà e la forza di destinare parte delle risorse introitate con le politiche adottate alla soluzione di questo problema, che pertanto è rimasto insoluto; e non ha proceduto, nemmeno con l'ultima finanziaria, ad adeguare queste borse di studio al livello dell'inflazione programmata. Vi siete semplicemente limitati a considerare che avevate a disposizione 60 milioni di euro precedentemente accantonati.
Ma adesso, che cosa fate? Oggi con questo provvedimento - lo dico senza avere alcuna intenzione di sfruttare ideologicamente il confronto, ma facendo riferimento soltanto alla realtà - voi riducete ad una situazione di fame e di povertà i nostri medici specializzandi, addossando loro tutti gli oneri previdenziali e fornendo loro una fattispecie di contratto che va


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bene per il settore privato ma non per chi, come loro, opera all'interno del Servizio sanitario nazionale con un ordinamento e con contratti di tipo pubblico e con tutele previdenziali, assicurate dal decreto legislativo n. 368 del 1999, che voi adesso negate allo scopo di farli iscrivere in una gestione separata, alla quale essi devono versare i contributi per poter godere delle varie tutele previdenziali. Questo è quello che voi fate con questa normativa; a queste figure non riconoscete la dignità professionale, come invece avviene in tutti i paesi europei.
A questo riguardo sono stupita di come le altre Commissioni di merito del nostro Parlamento non sollevino questioni di equiparazione ordinamentale, tenuto conto che in Europa esiste il principio della libera circolazione delle persone e dei beni. Mentre un medico specializzando non italiano dispone di un contratto di formazione lavoro che gli assicura tutte le tutele e il dovuto riconoscimento professionale, mi domando come potrà fare, sulla base di questo contratto d'inserimento, un medico specializzando italiano che volesse conseguire la specializzazione ad esempio a Villejuif, a Parigi. Allora, valgono o non valgono le normative comunitarie? Voi di questo non tenete conto ma tirate fuori, come un coniglio dal cappello, una normativa per modificare il decreto legislativo n. 368 del 1999 e riducete queste figure professionali, che hanno già conseguito una laurea in medicina, a rango ancillare; non solo, ma li riducete alla semplice sopravvivenza dal punto di vista economico dato che prevedete che essi provvedano al pagamento dei contributi per le tutele previdenziali. Ma, una volta che questi avranno conseguito la specializzazione, mi domando chi, se non il povero specializzando da voi trattato come un servo del Servizio sanitario nazionale, provvederà a sborsare i soldi ai fini del ricongiungimento dei contributi previdenziali.
Colleghi, è per passione, non quindi per ideologia o appartenenza politica all'opposizione, che ho svolto queste considerazioni, soprattutto perché osservo che si riescono ad adottare decreti-legge connotati dall'urgenza e dall'emergenza i cui contenuti corrispondono a precise visioni particolaristiche e campanilistiche delle modalità di governo di questa maggioranza. Ciò stanno cominciando a capirlo non solo i diretti interessati, ma anche i cittadini italiani.
Non affrontate i veri problemi della vita quotidiana e mettete in atto strategie sciagurate, come quelle fiscali ed economiche, che porteranno il nostro paese, da cui tutta l'Europa ha copiato la riforma del Servizio sanitario nazionale, al livello dei paesi delle aree mediterranee più diseredate per quanto concerne la tutela del diritto alla salute.
In tal modo, vi state assumendo una notevole responsabilità; e poiché ciò che fa la differenza tra la visione culturale e politica del centrodestra e quella del centrosinistra è la tematica concernente la tutela dei diritti e del welfare, sono convinta che, al di là delle mie parole, che costituiscono un mero esercizio verbale privo del confronto nel merito con la maggioranza, i cittadini abbiano compreso e stiano comprendendo che il loro diritto negli ultimi tre anni si è ridimensionato, anziché ampliato. Infatti, per la salute, che è un bene fondamentale da tutelare, il cittadino è pronto a tutto: ricorre ai propri beni privati, vende le case e i terreni, pur di trovare una soluzione. Ciò non è degno di una nazione civile, alle soglie del terzo millennio.
Occorre che vi poniate seriamente il problema di una politica organica per dare attuazione all'articolo 32 della Costituzione, anziché andare avanti con provvedimenti raffazzonati e con decreti omnibus, in cui c'è di tutto e di più, esclusivamente per tutelare interessi particolari (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

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