Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 435 del 9/3/2004
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Si riprende la discussione del disegno di legge di conversione n. 4725 (ore 18,36).

(Ripresa esame dell'articolo 1 - A.C. 4725)

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Valpiana. Ne ha facoltà.

TIZIANA VALPIANA. Signor Presidente, il comportamento di Rifondazione comunista in Parlamento e la politica che il partito porta avanti anche insieme al vasto movimento per la pace in Italia, in tutta Europa e in tutto il mondo, sulla guerra, sulla politica estera e, in particolare, sulla guerra in Iraq sono così chiari, così netti e senza tentennamento alcuno, da non poter dar adito ad alcun dubbio. La nostra netta contrarietà è assoluta e il decreto-legge oggi alla nostra attenzione non può che essere da noi completamente avversato.
Pur tuttavia, abbiamo presentato una serie di emendamenti di merito e non


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meramente ostruzionistici su cui interverremo, di volta in volta, chiedendo il voto favorevole di tutta l'Assemblea e, in particolare, di tutto lo schieramento di centrosinistra.
Vorrei ora soffermarmi sulla parte del decreto-legge - e sui relativi emendamenti - che riguarda più specificamente la missione in Iraq, perché rispetto ad essa, (così come, per altri versi, rispetto alla missione in Afghanistan), oltre alle motivazioni di contrarietà generale, rileviamo una serie di errori e di falsità che ne attraversano la storia e che dovrebbero ormai rendere evidente a tutti la necessità di porvi fine immediatamente.
Errare è umano, ma perseverare, soprattutto nel caso di una guerra sanguinosa, rovinosa e disastrosa come questa, è proprio diabolico. All'interno di questo decreto-legge sono la proroga e il rifinanziamento della missione militare italiana a rappresentare il nodo politico che dovrebbe orientare per tutti il voto finale.
Questa missione militare è guerra. Non è una missione umanitaria; è, anzi, la peggiore delle guerre, una guerra unilaterale che non trova alcuna giustificazione nel diritto internazionale né nelle decisioni dell'ONU. È una guerra cui l'Italia si è supinamente aggregata, in un primo tempo senza voto parlamentare, anzi in sordina e facendo in modo che nessuno se ne accorgesse, lasciando l'utilizzo a scopi logistici delle basi NATO italiane per la partenza dei soldati americani.
Fortunatamente, in quei giorni, insieme ad alcuni colleghi del centrosinistra, avevamo provveduto ad effettuare delle ispezioni nelle basi militari ed abbiamo potuto vedere che, nella totale assenza di un dibattito in Parlamento e di una spiegazione da parte del Governo, da lì si stava partendo per la guerra in Iraq.
Tuttavia, oltre ad avere concesso in un primo tempo le basi italiane, poi, quando si è detto che la guerra era finita, abbiamo anche deciso di inviare direttamente un contingente, violando in questo modo direttamente l'articolo 11 della Costituzione, mai sufficientemente ricordato, ai sensi del quale l'Italia ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali.
Il voto parlamentare con cui si è dato il via a questa missione, che oggi dovremmo rinnovare, ha calpestato uno dei principi fondanti della nostra Costituzione.
Mi piace ricordare che ieri, qui alla Camera, in una celebrazione che si è tenuta per la ricorrenza dell'8 marzo, Maria Eletta Martini, a suo tempo partigiana e Vicepresidente della Camera in una successiva legislatura, ha ricordato che, senza la guerra di liberazione, senza le donne partigiane e senza l'apporto che le partigiane e le donne hanno dato alla Costituente, non avremmo avuto l'articolo 11.
Mi piace oggi, all'indomani della festa dell'8 marzo, ribadire che questo articolo, queste parole così forti, il ripudio della guerra, sono stati una volontà delle donne costituenti.
Come dicevo, il voto parlamentare che ha dato il via a questa missione ha calpestato uno dei principi fondanti della nostra Costituzione, quello che impedisce le azioni di guerra internazionali.
Questa volta, però, rispetto alla violazione della Costituzione, c'è anche un'aggravante, rappresentata dal fatto che per convincere l'opinione pubblica a livello mondiale ed anche il Parlamento italiano della straordinarietà della situazione che avrebbe giustificato il superamento di ogni regola internazionale, ci si è inventati - uso volutamente questo termine - le famose armi di distruzione di massa, le armi chimiche, la cui esistenza è ormai negata, con imbarazzo, da molti.
La partecipazione italiana ad un'azione di guerra è stata decisa in base ad una motivazione falsa; per questo, ci saremmo aspettati oggi che il Governo riconoscesse di aver sbagliato e ci spiegasse se ed in che modo l'Italia abbia una qualche responsabilità o abbia in qualche modo contribuito alla costruzione di queste falsità. Comunque sia, l'impegno dell'Italia in Iraq è illegittimo perché, oltre ad essere incostituzionale, è basato su un presupposto falso e quindi sulla menzogna. Chiediamo


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quindi, attraverso i nostri emendamenti, che questa missione illegittima sia immediatamente sospesa.
Ci era poi stato detto che la guerra aveva obiettivi nobili ed alti: la lotta al terrorismo internazionale, la pace e l'esportazione della democrazia in Iraq, cui sarebbe seguita, in un secondo tempo, anche la possibilità di una pace in tutto il Medio Oriente. Ebbene, a distanza di dieci mesi, nessuno di questi obiettivi è stato raggiunto e, anzi, direi che tutti sono ora più lontani e difficili ed i problemi si sono acuiti.
L'intervento militare in Iraq non ha sconfitto il terrorismo internazionale ma, semmai, ha accresciuto gli atti di terrorismo e purtroppo fornito nuove forze ai gruppi estremisti ed integralisti da parte di popolazioni e di giovani esasperati e disperati, proprio in seguito, oltre che alle drammatiche vicende dittatoriali degli ultimi decenni, all'occupazione militare degli Stati Uniti e degli altri paesi occidentali.
Il terrorismo ora appare a queste popolazioni disperate un metodo di resistenza all'occupazione straniera. Pertanto, questa guerra ha alimentato il terrorismo: la guerra e il terrorismo si rincorrono e non è possibile che questa spirale produca pace; essa produce infatti solo un incremento illimitato di violenza.
Il Governo italiano e la maggioranza di centrodestra hanno avallato questo fallimento, denunciato non soltanto dai soliti imbelli pacifisti - mi sembra che ci chiamiate in questo modo -, ma ora anche da chi si è trovato invischiato in una situazione del tutto diversa da quella a cui era stato detto che avrebbe partecipato e senza nemmeno alcuna garanzia di sicurezza personale.
A questo proposito, vorrei ribadire la solidarietà di Rifondazione comunista per i quattro elicotteristi e ricordare che uno dei nostri emendamenti mira a garantire una maggiore attenzione per la salute dei soldati italiani in missioni di guerra, soprattutto in merito alle questioni dell'uranio impoverito.
Un'altra questione - anche questa tutta politica - che noi vogliamo affrontare con i nostri emendamenti è quella rappresentata dal diritto all'obiezione di coscienza dei militari in missione di fronte alla palese violazione dell'articolo 11 della Costituzione e all'uso delle armi in modo offensivo.
Sono queste le ragioni che avrebbero richiesto una discussione specifica su questa missione militare di guerra e che richiedono, una volta verificata l'indisponibilità del Governo e della maggioranza a svolgere una discussione diversificata, un voto negativo sull'intero provvedimento, perché il pacifismo non è soltanto una questione etica che si gioca al di fuori di qui, bensì è una scelta politica di rispetto della Costituzione e della volontà dei nostri elettori, certamente di quelli che hanno scelto il centrosinistra.
Gli elettori di sinistra e del centrosinistra in questi anni ci hanno chiesto, con forza e con grandi manifestazioni nelle piazze di tutto il mondo, mettendo le bandiere nelle case di tutta Italia, di essere coerenti, rispetto al mandato elettorale, nell'esprimere un voto sulla guerra. Ce lo stanno chiedendo anche in queste ore e ciascuno di noi sta ricevendo decine e centinaia di e-mail, nelle quali si chiede a ciascun deputato individualmente un comportamento coerente, anche al di là ed oltre le posizioni dei singoli gruppi. Noi di Rifondazione comunista riteniamo che anche questi appelli diretti, che gli elettori stanno rivolgendo alla nostra coscienza personale, rappresentino una grande forma di partecipazione democratica.
La grande manifestazione del 20 marzo che si terrà in Italia ed in molte città di tutto il mondo è certamente aperta a tutti, ma mi chiedo come qualcuno possa pensare di scendere in piazza su una piattaforma che richiede il ritiro immediato delle nostre truppe e, al contempo, non esprimere qui, visto che ne ha la possibilità attraverso il mandato parlamentare, un voto chiaro e netto contro questa guerra e contro ogni guerra (Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione comunista)!


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PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Landi di Chiavenna. Ne ha facoltà.

GIAN PAOLO LANDI di CHIAVENNA. Signor Presidente, ci saremmo aspettati dall'opposizione, che vagheggia il ritorno a responsabilità di Governo, un atteggiamento più responsabile e costruito sull'analisi geopolitica del quadro politico ed istituzionale della regione mediorientale, caratterizzato, purtroppo, da progressiva instabilità e dal conseguente riaffermarsi di spinte islamiche fondamentaliste. Tale analisi dovrebbe essere dettata dall'esigenza comune di contrastare l'affermazione di quel teorema internazionale che ha segnato, e continua a segnare, l'agenda delle priorità internazionali dopo l'11 settembre.
Oggi il Medio Oriente rappresenta l'area di più forte destabilizzazione. Mi riferisco al conflitto israelo-palestinese, con le difficoltà che incontra il quartetto ed il suo progetto di Road map, all'Iran, il cui regime teocratico tradizionalista ha soffocato le spinte riformiste negando libere elezioni, all'Arabia Saudita, alla Siria, alla Giordania, paesi da cui provengono i maggiori flussi di denaro e di risorse umane a favore delle organizzazioni terroristiche, all'Iraq, dove il rischio di una guerra civile non è certo ipotesi peregrina. Inoltre, vi sono le difficoltà che incontrano sistemi islamici moderati, quali quelli della Tunisia, del Marocco, dell'Egitto e dell'Algeria, nel contrastare le spinte estremistiche.
Niente di tutto ciò è invece emerso nel dibattito politico scatenato dall'opposizione, che ha dimostrato e dimostra quanto poco, anzi nulla, sia affidabile la sua posizione in politica estera. L'opposizione è dilaniata al suo interno e ricca solo di palesi contraddizioni. Abbiamo sentito gli interventi degli onorevoli Pecoraro Scanio e Maura Cossutta fortemente critici nei confronti della loro stessa coalizione. L'opposizione è dilaniata ed avvolta nei fumi dell'ideologia antiamericana, del pacifismo unilaterale di marca cattocomunista, ed è ricattata dai movimenti no global, che sono in grado di condizionare le componenti moderate, pur presenti nella coalizione di centrosinistra.
Si tratta, quindi, di un quadro desolante di politica interna che non solo descrive purtroppo perfettamente il magma culturale in cui versa l'opposizione italiana e svela l'inconsistenza di un'alternativa politica credibile all'attuale maggioranza di Governo, ma pone drammaticamente l'accento sulla credibilità internazionale dell'Italia allorquando risulta necessario consegnare al nostro paese ruoli di responsabilità. Un'opposizione italiana inaffidabile anche agli stessi occhi dei laburisti europei, che si sono ben guardati dall'invitarla al recente summit inglese, rende più complesso e tortuoso il ruolo che l'Italia intende attribuirsi agli occhi della comunità internazionale ed appanna i risultati che, nonostante l'opposizione, questo Governo è riuscito ad ottenere.
Oggi la maggior parte dei cittadini iracheni rifiuta il terrorismo, specie se rivolto contro luoghi sacri. A causa dei segnali di guerra civile, la percezione dei soldati della coalizione da parte degli iracheni sta mutando. Essi, infatti, incominciano a rendersi conto che, qualora gli occidentali se ne andassero repentinamente, i rischi di un devastante scontro intestino «tutti contro tutti» sarebbero enormi. Il polso del paese può essere colto analizzando i sermoni settimanali degli imam nei venerdì di preghiera. Negli ultimi tempi sono scomparse le invettive feroci contro statunitensi ed israeliani. Dal sepolcro di Hussein a Garbala, a quello di Habib Mohammed a Samarra, dalle moschee sunnite...

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Landi di Chiavenna. Vorrei pregare i colleghi di non «cicaleggiare» troppo vicino a chi parla, perché è sempre spiacevole parlare nel rumore.
Prego, onorevole Landi di Chiavenna.

GIAN PAOLO LANDI di CHIAVENNA. La ringrazio, signor Presidente.
Ovunque risuonano gli appelli alla calma ed alla riconciliazione. I timori per


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un'eventuale escalation sono fortissimi e niente affatto immaginari. È ipotizzabile, infatti, il rischio di una vera e propria guerra civile irachena fra etnie sciite, sunnite, curde e turcomanne. Solo un fattore gioca a favore della stabilizzazione in Iraq: la presenza delle truppe della coalizione. Gli stessi cittadini che tuonano contro le divise occidentali riconoscono che solo grazie a loro non si è già scivolati nella terribile china della guerra tra iracheni.
Se questa è la realtà, nel crudo pragmatismo di una visione politica seria ed obiettiva, che obbliga l'Italia ad essere parte attiva e necessaria nel progetto di ricostruzione delle fondamenta sociali, politiche ed istituzionali dell'Iraq, così da scongiurare il rischio del caos nel prossimo futuro anche di un regime teocratico fondamentalista, titolare di un potere assoluto, come fu quello laico di Saddam; se vogliamo scongiurare la progressiva islamizzazione fondamentalista della regione, con ripercussioni drammaticamente oscure per il futuro del pianeta; se vogliamo evitare che l'Europa dipenda economicamente anche dal petrolio iracheno nelle mani di fanatici; se vogliamo veramente stabilizzare l'area e contribuire a ristabilire principi volti alla ricerca di nuovi equilibri, che tratteggino uno scenario meno instabile, garantendo più sicurezza e più prosperità: ebbene, allora non solo l'Italia ha il dovere politico e morale di mantenere la sua presenza in tutte le missioni umanitarie militari attualmente in essere, ma l'opposizione parlamentare italiana dovrebbe coltivare un progetto alternativo a quello sino ad oggi manifestato, che lascia tristemente stupefatti per la tortuosità e la pochezza dei ragionamenti usati a suo sostegno.
Auguriamoci che, nonostante le lacerazioni interne e le posizioni diversificate di Francia, Germania e Paesi Bassi, le missioni di peacekeeping che da anni impegnano i militari italiani e le forze civili concludano positivamente il mandato loro assegnato, che è un mandato di pace e non di guerra. Forse è superfluo sottolineare che l'unica vera guerra che l'Italia ha fatto è stata quella in Kosovo, con il Governo dell'Ulivo: una guerra sotto l'ombrello della Nato; mentre questa missione, che è una missione di peacekeeping, è nata e prosegue sotto l'ombrello dell'ONU, attraverso la Risoluzione n. 1511. Il Governo italiano ha compiuto sempre con chiarezza le proprie scelte; si tratta di scelte chiare, figlie di una politica estera ispirata ad una forte coesione euroatlantica, ma anche alla ricerca di un'unità di azione europea, allo stato, purtroppo, ancora non chiara e definita.
Il Governo italiano guarda, dunque, alla sicurezza euromediterranea e nel Medio Oriente allargato opera per la creazione di un patto tra le civiltà contro gli estremismi ed il terrorismo. Esso ricerca, inoltre, il più ampio consenso ed auspica un ritorno urgente delle Nazioni Unite - che sono già state presenti, pagando anche un forte contributo di sangue -, per affidare alle stesse un ruolo strategico per la pacificazione dell'area. Per la costruzione di questo immenso e gravoso progetto e processo di accrescimento della pace, della sicurezza e della prosperità, che favorisca il pianeta, è necessario essere sul campo, partecipare e responsabilizzare la comunità internazionale, illuminare con il proprio esempio e le proprie responsabilità le incertezze o le contrarietà altrui.
Auguriamoci, pertanto, che le ferite che l'opposizione ha determinato nel quadro politico nazionale, cavalcando ideologia, demagogia e bassezze elettorali, non pregiudichino la credibilità del nostro paese e non producano danni agli operatori sul campo. Alcuni mesi orsono, l'opposizione ha sparso copiose lacrime di coccodrillo per i morti di Nassiriya, mentre oggi li vorrebbe abbandonare al loro destino, offrendo loro, invece che forti e convinti atti di sostegno politico, le marce della pace, i silenzi rumorosi di Prodi, le esternazioni ricattatorie dei Casarini, dei Caruso, degli Agnoletto, dei Don Gallo, che sono i veri mattatori del centrosinistra, nelle cui mani Fassino, D'Alema, Castagnetti, Parisi, Dini e Boselli sono voci bianche del coro che hanno loro consegnato la visione di politica estera delle opposizioni.


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Per queste ragioni, signor Presidente, non voglio dilungarmi oltre, ma desidero ricordare le aperte, pesanti contraddizioni che sono emerse in questo dibattito da parte di molti esponenti dell'opposizione, che hanno evidenziato la non chiara posizione o meglio la mancanza di trasparenza della posizione della coalizione. Una passione che passa dalle incertezze del non voto all'ipotesi di un voto contrario dopo il 30 giugno 2004, mutuando la posizione del leader dei socialisti spagnoli e, credo, preannunciando (o forse è già stato presentato) un ordine del giorno che in qualche modo cerca di trovare una chiave di lettura in tutte le palesi e violenti contraddizioni dell'opposizione. Per queste ragioni, Presidente, credo che la sinistra farebbe molto bene a riflettere sulle gravi responsabilità che si è assunta con questa posizione equivoca ed imbarazzante, che imbarazza anche la credibilità del nostro paese.
Quest'ultima verrà, comunque, tutelata nel nostro paese, in un clima di trasparenza di comportamenti di questo Governo e di questa maggioranza, la quale si assume le proprie responsabilità politiche, nella consapevolezza che, attraverso la missione Antica Babilonia, si tenterà di individuare una risposta ai gravi problemi del terrorismo e della pacificazione nel territorio iracheno, al fine di creare un quadro di stabilizzazione geopolitica necessario per la credibilità del quadro politico internazionale e la sicurezza anche del nostro paese (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza nazionale e di Forza Italia).

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Landi di Chiavenna. Ha resistito anche al brusio il cui livello ha raggiunto talvolta gli ultrasuoni!
Ha chiesto di parlare l'onorevole Cento. Ne ha facoltà.

PIER PAOLO CENTO. Signor Presidente, credo che quanto oggi affermato nel corso degli interventi dei deputati Verdi e del mio intervento di ieri renda chiare ed evidenti le ragioni complessive della nostra contrarietà al provvedimento in esame, in particolare alla parte che proroga la missione militare italiana in Iraq. Si tratta della missione militare prevalente, sotto il profilo del giudizio politico espresso nei confronti del provvedimento, che, come risulterà dai resoconti stenografici della seduta di ieri e di oggi, ha attirato l'attenzione della totalità degli interventi dei colleghi parlamentari che si sono espressi.
Questa è anche la ragione per cui non comprendiamo - lo abbiamo affermato - i motivi per i quali una parte dell'Ulivo e del centrosinistra non abbia colto nella prevalenza politica, con riferimento a questo decreto-legge, del rifinanziamento della missione militare in Iraq, l'occasione per confermare, con coerenza, un voto unitario di tutte le opposizione, già espresso qualche mese fa.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PIER FERDINANDO CASINI (ore 18,55)

PIER PAOLO CENTO. Il provvedimento in esame è figlio coerente, e per questo assolutamente non condivisibile, della politica estera del Governo Berlusconi e della maggioranza di centrodestra. Lo è, perché parte dal presupposto che l'intervento militare italiano in Iraq non sia un atto di guerra. Noi, in realtà, riteniamo si tratti di un intervento militare che si inserisce nella cornice della guerra preventiva scatenata dagli Stati Uniti e dalla Gran Bretagna, per primi, a cui l'Italia, attraverso il Governo di centrodestra, rompendo l'unità dell'Europa, si è accodata in maniera subalterna, con il solo scopo di partecipare a qualche commessa di ricostruzione dell'Iraq.
In realtà, qualche commessa era già stata disposta in passato ed attendiamo ancora una risposta con riferimento a quella affidata all'ENI sotto il regime di Saddam Hussein che, forse, in quel momento non era poi così criminale e così dittatore come, invece (giustamente peraltro), è stato dipinto nei mesi e nelle settimane precedenti e successive alla guerra in Iraq.


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La partecipazione dell'Italia si pone al di fuori dell'articolo 11 della Costituzione e di qualsiasi legalità internazionale: con la successiva risoluzione dell'ONU si è tentato di costruire un percorso capace di ridare legalità alle vicende irachene, ma, in realtà, la stessa ultima risoluzione non è stata rispettata ed è tuttora inattuata, perché non si intravede la fine dell'occupazione militare di quel paese, nonché della transizione che, ancora oggi, è tutt'altro che democratica.
Anche con riferimento all'atto costituzionale, o presunto tale, approvato ieri, gran parte della popolazione (penso alla rappresentanza sciita), è completamente contraria; anzi si guarda alla bozza di Costituzione come ad un ostacolo alla pacificazione ed alla democratizzazione dell'Iraq.
Si tratta di una guerra che vede l'Italia impegnata e in ordine alla quale anche coloro che vi partecipano con una divisa segnalano al paese, all'opinione pubblica e al Parlamento la propria difficoltà, le proprie condizioni di insicurezza, la propria impossibilità a compiere operazioni umanitarie, rendendosi conto, al contrario, che si tratta di una vera e propria azione militare.
La vicenda dei quattro elicotteristi ha evidenziato le difficoltà di sicurezza esistenti. La decisione della procura militare di iscrivere tali elicotteristi nel registro degli indagati è non solo sbagliata, ma rischia di portare sul terreno penale una legittima decisione assunta da tali soggetti che, a nostro avviso, hanno tutto il diritto di fare obiezione di coscienza, anche e soprattutto quando accertano che le proprie condizioni di sicurezza non sono garantite. Tale situazione è inoltre sottolineata dalle testimonianze di tanti carabinieri, come evidenziato dalla lettera oggi opportunamente richiamata negli interventi dei colleghi Pecoraro Scanio e Bulgarelli.
Dunque, una condizione di insicurezza, una condizione che palesa sempre di più un intervento militare nonché un'assoluta impossibilità di definire la presenza italiana in Iraq come un intervento umanitario. Basterebbe chiedere alla Croce Rossa le difficoltà che incontra e verificare, come fecero alcuni nostri parlamentari, cosa sia in realtà il campo ospedali creato dalla Croce Rossa in quella realtà.
La contrarietà dei Verdi a questo decreto-legge è forte, coerente e in sintonia con le tante espressioni del movimento pacifista, delle associazioni cattoliche e non, che anche in questi giorni, opportunamente, hanno invitato ogni singolo deputato - così come avevano fatto con ogni singolo senatore - ad esprimere una posizione coerente con gli impegni assunti qualche mese fa contro la guerra.
Certo, il nostro «no» è anche in sintonia con la manifestazione pacifista del 20 marzo. In ogni caso, occorre richiamare tutte le forze politiche del centrosinistra sul fatto che, sulla guerra in Iraq e sulla presenza dei nostri soldati, non vi può essere, in un'aula parlamentare, un comportamento diverso rispetto a quanto viene dichiarato all'interno della piattaforma della manifestazione del 20 marzo. Sappiamo che su ciò nessuno può e deve riconoscere patenti di pacifismo, ma un richiamo alla coerenza va fatto! Inoltre, vi è la necessità di un dibattito politico più chiaro all'interno del centrosinistra in ordine all'operato negativo del Governo.
Ritengo che il pacifismo come posizione politica - in questi giorni ho sentito dichiarazioni francamente non condivisibili - non costituisca una posizione minoritaria che si candida ad essere ai margini nelle vicende politiche di questo paese.
Lo diciamo anche ai nostri alleati di centrosinistra: con il pacifismo, con questa posizione politica che trova ampio consenso all'interno dell'elettorato di centrosinistra, bisognerà fare i conti e occorrerà trovare un compromesso politico trasparente anche nella prospettiva di governo del paese, anche nella prospettiva di elaborare un programma di politica estera capace di essere convincente e vincente. Si sbaglia chi ritiene la posizione pacifista una posizione minoritaria, di testimonianza individuale, incapace di divenire


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proposta politica per il governo del paese e, quindi, incapace di dialogare e confrontarsi con il resto del centrosinistra.
D'altra parte, desidero sottolineare l'importanza della battaglia comune condotta anche quest'oggi non solo dai deputati Verdi ma anche da quelli dei gruppi di Rifondazione comunista e dei Comunisti italiani e da tanti altri deputati della sinistra DS anche attraverso le numerose iscrizioni ad intervenire sul complesso delle proposte emendative. Ciò è stato fatto da una parte per segnalare l'opposizione radicale alla conversione di questo decreto-legge, dall'altra per segnalare la nostra disponibilità offerta a tutto l'Ulivo, a tutto il centrosinistra, a condurre veramente una battaglia di opposizione per ottenere la divisione del provvedimento in due parti al fine di mantenere unita tutta l'opposizione sul voto relativo alla missione militare in Iraq. Questo perché ritenevamo quella necessità - la divisione del decreto-legge - un terreno utile anche per superare le difficoltà e le divisioni di orientamento che su questo provvedimento avevamo espresso. In realtà, ci avete lasciati soli a condurre questa battaglia. Comunque, è un segno positivo che quest'arcobaleno pacifista in Parlamento abbia trovato una propria unità e una propria capacità di corrispondere al movimento pacifista che, fuori da questo Palazzo, guarda con attenzione a quelle che saranno le nostre decisioni.
Mi auguro che nelle prossime ore che ci separano dal voto finale su questo provvedimento vi sia la possibilità e la capacità di recuperare un terreno unitario per tutte le opposizioni. D'altra parte perché fare uno sconto alla politica estera del Governo Berlusconi? Perché il centrosinistra dovrebbero fare un regalo proprio su ciò che più caratterizza questo Governo, ossia la sua subalternità alla politica di Bush, alla guerra preventiva e all'idea imperiale delle relazioni e della soluzione delle relazioni internazionali? Questa è anche la ragione per cui, con rispetto e con amicizia, non condividiamo la decisione presa dai DS, della Margherita e dai Socialisti democratici italiani di non partecipare al voto finale. Addirittura, sulla base della discussione svolta e di quanto si è appreso dai giornali, si paventa il rischio di un'astensione o di trasformare quello che era un grande atto di protesta, cui anche noi venivamo chiamati a partecipare, ossia l'abbandono dell'aula, in una semplice non partecipazione al voto finale. Noi riteniamo che questo sia un errore politico e culturale, che rischia di fare un regalo a questo centrodestra e a questo Governo che certamente non meritano. Allora, ritroviamo le ragioni anche all'interno della diversità legittima di espressione del voto su questo provvedimento, per costruire una prospettiva comune di confronto tra l'idea di un pacifismo che ha dignità politica ed altre posizioni, altre idee presenti all'interno del centrosinistra.
Noi non ci rassegniamo all'idea che la politica estera del centrosinistra debba essere, nella migliore delle ipotesi, la politica del centrodestra resa un po' più democratica dalla protezione del «cappello» dell'ONU. Noi siamo per costruire una politica estera diversa, che ponga la guerra fuori dell'orizzonte delle relazioni internazionali e che costruisca, in un mondo multipolare e in un ruolo nuovo dell'Europa, la capacità dell'Italia di essere protagonista del cambiamento e dell'alternativa alla dottrina Bush.
Queste sono le ragioni che stanno alla base delle proposte emendative presentate e della battaglia che questo pomeriggio, insieme agli altri colleghi, abbiamo condotto (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Verdi-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Sono così esauriti gli interventi sul complesso delle proposte emendative riferite agli articoli del decreto-legge.
Avverto che la I Commissione (Affari costituzionali) ha espresso il prescritto parere (vedi l'allegato A - A.C. 4725 sezione 2).
Avverto, altresì, che la V Commissione (Bilancio) ha espresso il prescritto parere (vedi l'allegato A - A.C. 4725 sezione 3).
Invito il relatore per la IV Commissione, onorevole Geraci, ad esprimere il parere delle Commissioni.


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GIUSEPPE GERACI, Relatore per la IV Commissione. Signor Presidente, le Commissioni esprimono parere contrario su tutte le proposte emendative presentate, ad eccezione degli articoli aggiuntivi Calzolaio 13-ter.050, Molinari 13-ter.051 e Fumagalli 13-ter.52, per i quali rivolgono ai presentatori un invito al ritiro, al fine di trasfonderne il contenuto in ordini del giorno.

PRESIDENTE. Il Governo?

FRANCESCO BOSI, Sottosegretario di Stato per la difesa. Signor Presidente, il Governo concorda con il parere espresso dalle Commissioni.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Avverto che è stata chiesta la votazione nominale.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo Ruzzante 1.053, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 495
Votanti 485
Astenuti 10
Maggioranza 243
Hanno votato
211
Hanno votato
no 274).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo Calzolaio 01.01, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 495
Votanti 490
Astenuti 5
Maggioranza 246
Hanno votato
218
Hanno votato
no 272).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Rizzo 1.1, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 489
Votanti 486
Astenuti 3
Maggioranza 244
Hanno votato
20
Hanno votato
no 466).

Prendo atto che i deputati del gruppo di Rifondazione comunista che hanno espresso voto contrario intendevano esprimere voto favorevole.
Prendo altresì atto che l'onorevole Cento e l'onorevole Bulgarelli hanno erroneamente espresso voto contrario e intendevano esprimere voto favorevole e che l'onorevole Boato ha erroneamente espresso voto favorevole ed intendeva esprimere voto contrario.
Prendo inoltre atto che l'emendamento Deiana 1.2 è stato ritirato dai presentatori.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Spini 1.3, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 493
Votanti 491
Astenuti 2
Maggioranza 246
Hanno votato
218
Hanno votato
no 273).


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Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Cima 1.4, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 494
Votanti 489
Astenuti 5
Maggioranza 245
Hanno votato
206
Hanno votato
no 283).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Deiana 1.5, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 494
Votanti 490
Astenuti 4
Maggioranza 246
Hanno votato
23
Hanno votato
no 467).

Passiamo all'esame dell'emendamento Calzolaio 1.6.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Deiana. Ne ha facoltà.

ELETTRA DEIANA. Signor Presidente, intervengo per illustrare le ragioni del voto contrario del gruppo di Rifondazione comunista sull'emendamento in esame. Esso è sostanzialmente volto ad offrire elementi di legittimazione giuridica alla missione Antica Babilonia, utilizzando una serie di meccanismi di cooperazione e di partecipazione alle istituzioni internazionali. Il punto nodale è invece costituito, a nostro avviso, dall'esigenza di esprimere un giudizio nettamente negativo e di imporre al Governo una soluzione di continuità che non può che essere operata attraverso il ritiro dei contingenti italiani. Il nostro voto contrario intende pertanto sottolineare la necessità di porre tale esigenza al centro del dibattito parlamentare e del confronto con il Governo e con la maggioranza.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Calzolaio 1.6, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 497
Votanti 490
Astenuti 7
Maggioranza 246
Hanno votato
199
Hanno votato
no 291).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Crucianelli 1.7, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 503
Votanti 497
Astenuti 6
Maggioranza 249
Hanno votato
203
Hanno votato
no 294).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Spini 1.8, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).


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Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 500
Votanti 493
Astenuti 7
Maggioranza 247
Hanno votato
221
Hanno votato
no 272).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Pisa 1.50, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 498
Votanti 495
Astenuti 3
Maggioranza 248
Hanno votato
220
Hanno votato
no 275).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Folena 1.9, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 500
Votanti 489
Astenuti 11
Maggioranza 245
Hanno votato
196
Hanno votato
no 293).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Deiana 1.10, non accettato dalle Commissioni né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 498
Votanti 497
Astenuti 1
Maggioranza 249
Hanno votato
23
Hanno votato
no 474).

Prendo atto che l'onorevole Giuseppe Gianni non è riuscito ad esprimere il proprio voto.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Spini 1.11, non accettato dalle Commissioni né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 498
Votanti 491
Astenuti 7
Maggioranza 246
Hanno votato
200
Hanno votato
no 291).

Prendo atto che l'onorevole Giuseppe Gianni non è riuscito ad esprimere il proprio voto.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Grandi 1-bis.50.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Grandi. Ne ha facoltà.

ALFIERO GRANDI. Signor Presidente, intendo sottolineare le ragioni che mi hanno spinto a presentare questa proposta emendativa. Si prevede che alle famiglie delle vittime civili italiane degli attentati di Nassiriya e di Istanbul siano concesse delle provvidenze nei limiti delle risorse previste.
È del tutto chiaro che quando si decide di attribuire fondi in favore delle famiglie delle vittime non si può seriamente introdurre


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il limite rappresentato dalla dicitura «nei limiti delle risorse ivi previste», anzitutto, perché si presuppone che le risorse siano state esattamente calcolate e in ogni caso, anche se tale conteggio non vi fosse stato, questo inciso rappresenta un'offesa nei confronti delle famiglie delle vittime.
Ribadisco tutto ciò perché in precedenza ho sentito autorevoli colleghi che nei loro interventi hanno insistito molto su questo aspetto. Per risolvere la questione si potrebbe attingere dalla fonte di finanziamento che costituisce la premessa della parte restante dell'articolo; quindi, non si capisce perché nei confronti dei familiari delle vittime venga riconosciuta un'erogazione di provvidenze nei limiti delle risorse previste.
Mi permetto infine di invitare il relatore ed il Governo a ripensarci e, inoltre, ricordo che John Kerry - il candidato democratico alla presidenza degli Stati Uniti d'America - ha proposto di dar vita nel suo paese ad un vero e proprio statuto dei familiari dei militari e di coloro che sono coinvolti nelle operazioni di guerra. Di questo statuto avremo bisogno anche in Italia, perché non è possibile che per ogni situazione venga applicato un diverso criterio; cito, ad esempio, ciò che sta accadendo nei confronti delle vittime del terrorismo o nei confronti di vittime causate da altri tipi di attentati. Abbiamo bisogno di fissare delle regole secondo cui, quando si ha a che fare con le famiglie di coloro che sono caduti nell'adempimento del loro dovere o a causa di fenomeni collegati, il trattamento economico da versare a queste ultime dovrebbe avvenire con una applicazione automatica.
È per questo motivo che chiedo all'Assemblea di votare a favore del mio emendamento per eliminare dall'articolo in esame la dicitura: «nei limiti delle risorse ivi previste» (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Grandi 1-bis.50, non accettato dalle Commissioni né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 471
Votanti 469
Astenuti 2
Maggioranza 235
Hanno votato
218
Hanno votato
no 251).

Prendo atto che gli onorevoli Perrotta, Giuseppe Gianni e Santori non sono riusciti a votare.
Onorevoli colleghi, avverto che subito dopo la fine della seduta di oggi - che terminerà tra qualche votazione - è convocata la Conferenza dei presidenti di gruppo.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo Molinari 1-bis.01, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 505
Votanti 503
Astenuti 2
Maggioranza 252
Hanno votato
229
Hanno votato
no 274).

Prendo atto che l'onorevole Giuseppe Gianni non è riuscito ad esprimere il proprio voto.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo Ruzzante 1-bis.02, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).


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Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 503
Votanti 500
Astenuti 3
Maggioranza 251
Hanno votato
227
Hanno votato
no 273).

Prendo atto che l'onorevole Giuseppe Gianni non è riuscito ad esprimere il proprio voto.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo Crucianelli 1-bis.050, non accettato dalle Commissioni né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 501
Votanti 495
Astenuti 6
Maggioranza 248
Hanno votato
205
Hanno votato
no 290).

Prendo atto che l'onorevole Giuseppe Gianni non è riuscito ad esprimere il proprio voto.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo Fumagalli 1-bis.051, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 502
Votanti 499
Astenuti 3
Maggioranza 250
Hanno votato
210
Hanno votato
no 289).

Prendo atto che gli onorevoli Nicotra e Giuseppe Gianni non sono riusciti a votare.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo Calzolaio 1-bis.052, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 497
Votanti 493
Astenuti 4
Maggioranza 247
Hanno votato
204
Hanno votato
no 289).

Prendo atto che l'onorevole Giuseppe Gianni non è riuscito ad esprimere il proprio voto.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Violante 2.4.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fassino. Ne ha facoltà.

PIERO FASSINO. Signor Presidente, il nostro gruppo ha presentato questo emendamento per ottenere quello che, in realtà, sarebbe dovuto risultare ovvio anche sulla base di quanto già accaduto nel mese di luglio. Con esso si vuole consentire al Parlamento di esprimere un voto differenziato sulle missioni previste nei Balcani, in Medio Oriente, nel corno d'Africa ed in Afghanistan rispetto alle missioni in Iraq.
Noi abbiamo chiesto la separazione perché diamo una valutazione radicalmente diversa di queste missioni, perché quelle nei Balcani, in Medio Oriente, nel Corno d'Africa ed in Afghanistan sono state decise ed autorizzate dalle Nazioni Unite, sono quasi tutte in applicazione di accordi tra le parti e sono effettivamente missioni di stabilizzazione e di pace, hanno un quadro di legittimità e di consenso internazionale che non ci sembra abbia invece la missione in Iraq.
Peraltro, tutto quello che è accaduto da quando è scoppiata la guerra in Iraq ad


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oggi, ha confermato e conferma tutti i nostri giudizi. Se oggi noi guardiamo all'Iraq, vediamo che è un paese caratterizzato da una condizione di instabilità e precarietà scandita ogni giorno da attentati, atti di violenza e di guerriglia. Il terrorismo interno ed internazionale non è certo diminuito e la pace in Medio Oriente non è certamente più vicina, come dimostrano ancora i sanguinosi episodi di queste settimane nei territori palestinesi e a Gerusalemme. Sotto la pelle delle società islamiche dei paesi arabi il sentimento antioccidentale è ulteriormente cresciuto, senza dimenticare che la guerra in Iraq è stata fondata su una presunzione di esistenza di arsenali di armi di distruzione di massa che si è rivelata essere non fondata; invece, abbiamo dovuto prendere atto che si sono costruite molte menzogne per accreditare questa tesi.
Insomma, tutte le ragioni che sono state addotte per l'intervento militare in Iraq non solo non hanno avuto realizzazione, ma hanno trovato un clima che ci consente di dire che è necessaria una svolta radicale nella conduzione della transizione in Iraq se si vuole dare effettivamente a quel paese un quadro di stabilità e di sicurezza che oggi non ha.
Per queste ragioni, avremmo voluto esprimere il nostro «no» su come è stata condotta fin qui la missione in Iraq, quindi sul suo prolungamento in una linea di continuità con quella conduzione, ed il nostro «sì» sulle altre missioni che sono rifinanziate con questo decreto-legge. Questo non ci è possibile, visto che il Governo si rifiuta di separare le missioni e per questo motivo abbiamo presentato l'emendamento in esame.
Dopo di che, siamo convinti che il problema non si esaurisce con un voto del Parlamento e che il problema non sia soltanto decidere come in quest'aula si vota sul decreto-legge. La questione vera è come si affronta il problema in Iraq, quale sarà il futuro di questo paese, come si possa evitare che questo paese continui a conoscere una condizione di instabilità e di insicurezza che rischia di crescere di giorno in giorno e di rendere sempre più difficile il passaggio ad una normalità democratica in quel paese. Si tratta di una svolta che noi riteniamo debba essere incardinata sull'applicazione della risoluzione n. 1511, che oggi è in gran parte inapplicata, su un effettivo ruolo di guida dell'ONU nella transizione irachena, cosa che oggi non è, nella definizione di un calendario elettorale che oggi è stato definito in termini di massima ma non è ancora certo che potrà essere rispettato, con una Costituzione in cui tutte le forze politiche irachene si sentano rappresentate. In questo senso, se è vero che la Costituzione firmata ieri costituisce un primo passo in questa direzione, non può non suscitare preoccupazione il fatto che una delle principali componenti della società irachena abbia manifestato forti dubbi e perplessità sulla validità e la congruità di quel testo costituzionale.
In altri termini, noi chiediamo che ci sia una svolta che garantisca effettivamente un passaggio graduale di poteri, oggi, dall'autorità militare all'ONU e dall'ONU alle autorità irachene democraticamente elette. Questa svolta ci pare sempre più urgente e noi non vediamo fin qui nel comportamento del Governo italiano un'azione politica sufficientemente determinata a chiedere questa svolta e a sostenerla.
Per questa ragione, noi abbiamo presentato l'emendamento soppressivo, per chiedere la separazione del decreto-legge in due provvedimenti. Per questa ragione, noi chiediamo che ci sia una svolta molto radicale nella conduzione della transizione irachena perché se c'è questa svolta allora ha senso rimanere in Iraq, dal momento che ciò richiede che la transizione stessa sia accompagnata da una presenza militare caratterizzata da un contingente multilaterale e multinazionale di cui l'Italia sia parte; è questa una delle condizioni perché la transizione possa realizzarsi in modo ordinato e sicuro.
Ma se questa svolta non ci sarà, allora occorrerà prenderne atto, traendone le conseguenze.


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PRESIDENTE. Onorevole Fassino, la prego di concludere!

PIERO FASSINO. Ho terminato, signor Presidente.
Questa è la ragione per cui noi, nel momento in cui chiediamo la separazione del contenuto decreto-legge - e la chiediamo per poter esplicitare in modo chiaro e con assunzione di responsabilità otto «sì» ed un «no» - al tempo stesso diciamo anche che non chiediamo il ritiro immediato del contingente militare italiano, perché pensiamo che ci si debba prioritariamente battere per una svolta nella conduzione della transizione irachena e subordinare la permanenza dell'Italia e la sua presenza militare in quel paese alla realizzazione di questa svolta. Se entro il 30 giugno questa svolta ci sarà, avrà senso rimanere. Se entro il 30 giugno questa svolta non ci sarà, noi crediamo che si debba considerare esaurita la presenza italiana in quell'area e che il Parlamento debba decidere in tal senso. E in questo senso preannuncio che, insieme alle altre forze che hanno dato vita alla lista unitaria, presenteremo un ordine del giorno che va in questa direzione.
In ogni caso, se l'emendamento Violante 2.4 verrà approvato, questo ci consentirà di assumerci le nostre responsabilità con un voto chiaro. Se invece l'Assemblea dovesse respingerlo, non potremmo che trarre la conseguenza di non partecipare al voto, per sottrarci al ricatto di un Governo e di una maggioranza (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza nazionale - Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-socialisti democratici italiani)...

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, calma...

PIERO FASSINO. ...che, imponendoci un unico voto, vogliono impedirci di dire chiaramente otto «sì» e, altrettanto chiaramente, un «no» (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-Socialisti democratici italiani).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Castagnetti. Ne ha facoltà.

PIERLUIGI CASTAGNETTI. Signor Presidente, tutto quello che stiamo facendo si sarebbe potuto evitare soltanto se il Parlamento fosse stato messo in condizioni, una volta almeno, di discutere seriamente di cosa stiamo facendo in Iraq. Ne abbiamo discusso molti mesi fa, quando partì la missione, sulla base di una relazione del ministro degli affari esteri che sembrava la relazione del presidente della Croce rossa: ospedali da campo, pediatri del Gaslini, bibliotecari, ed un gruppo di militari pressoché in servizio di scorta a queste funzioni umanitarie. Abbiamo saputo da varie fonti che le cose sono andate diversamente. Ce lo hanno detto vari ministri statunitensi, che giustamente hanno ringraziato i nostri militari; ce lo hanno detto i volontari italiani che gestiscono ospedali da campo in varie parti dell'Iraq senza essere militarmente protetti; ce lo hanno detto, purtroppo, i terroristi, con il loro linguaggio di morte, a Nassiriya.
Dunque il Parlamento non ha mai saputo o potuto discutere della mission, della nostra missione, perché il nostro Governo, diversamente da come hanno fatto Blair e Aznar, non ha mai ritenuto di dover venire qui a dire semplicemente come stessero le cose, quali fossero i progetti concreti, come pensava si potesse uscire da quella drammatica situazione. Non ha ritenuto di farlo forse perché non sapeva che dire o forse perché ha ritenuto che questo silenzio aprisse un dibattito lacerante e logorante nelle opposizioni su come conciliare un netto «no» a tutta l'operazione in Iraq ed un ineludibile dovere di patriottismo nei confronti dei soldati italiani che comunque là si trovano, non per libera scelta, ma perché qualcuno li ha mandati.
Ebbene sì, un risultato lo avete ottenuto: da questa parte si discute, e vivaddio


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che si discute! Si discute tra tutti noi che non abbiamo avuto, né abbiamo, alcun dubbio sul fatto che questa guerra sia stata sciagurata e che i suoi effetti si produrranno come sciagura ancora a lungo. Ma la vostra perfidia legislativa ha superato ogni limite quando avete inserito in questo decreto-legge cose buone e cose meno buone o non accettabili, missioni condivise e missioni non condivise. Addirittura, avete inserito gli aiuti alle famiglie delle vittime, che pure avevamo già votato in altro separato provvedimento. Insomma, avete inserito tutto ciò che serviva a costruire una sorta di ricatto morale ad un Parlamento a cui peraltro si continua a negare il diritto di una determinazione nel merito.
Abbiamo presentato questo emendamento soprattutto perché era l'unico strumento per sottrarci ad un ricatto morale inaccettabile; poiché voi volete costringerci ad un voto omnibus, noi cerchiamo occasioni di voto di merito che altrimenti ci sono precluse. Il nostro «no» al finanziamento all'intervento in Iraq è il «no» a questa specifica missione e non alle altre, una missione sottratta alla sovranità decisionale del Parlamento italiano. Il nostro «no» non comporta l'immediato ritiro; ove dovesse prevalere comporterebbe semplicemente l'immediata attivazione del Governo italiano per creare quelle condizioni di contesto e di responsabilizzazione multilaterale che sono le sole che ci consentono di restare in Iraq e di giocare un ruolo.
I militari italiani in Iraq, richiusi in caserma, privi di un comando autonomo e di una strategia di gestione di questa fase, esigono da noi tutti una assunzione di responsabilità. Noi con questo emendamento ce la assumiamo (Applausi dei deputati dei gruppi Margherita, DL-L'Ulivo, Democratici di sinistra-L'Ulivo e Misto socialisti democratici italiani).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giordano. Ne ha facoltà.

FRANCESCO GIORDANO. Onestamente, avrebbe senso, e noi voteremmo a favore di questo emendamento, se coerentemente sull'intero provvedimento si votasse con grande nettezza e con limpidezza «no», perché il fatto che oggi il Governo metta insieme tutte le missioni, sfuggendo per questa via alla discussione di merito sulla questione in Iraq, a noi pare una aggravante. È per questa ragione, del tutto evidente, che l'atteggiamento più serio, proprio per come il Governo oggi si comporta, è quello di dire un «no» chiaro e netto all'intero decreto-legge.
La verità è che c'è, in maniera oramai del tutto evidente sul posto, una occupazione militare, una occupazione militare a cui le nostre truppe si prestano; così siamo percepiti dalla popolazione irachena, siamo visti come truppe occupanti, siamo percepiti in questo modo dalla stragrande maggioranza della popolazione irachena. Questa non può essere definita una missione umanitaria: siamo lì totalmente subalterni agli interessi degli americani e degli inglesi, che hanno prodotto una guerra per ragioni di egemonia in quell'area e per ragioni interne ad una logica di governo del processo di globalizzazione capitalistica. Non c'è più alcuna ragione, neanche quelle per cui si è motivata questa guerra, che legittimi la nostra permanenza in Iraq.
L'atteggiamento più coerente per essere in sintonia con il movimento per la pace e con la coscienza democratica e pacifista del nostro paese - vorrei dirlo anche ai colleghi del centrosinistra - è uno solo: chiedere l'immediato ritiro delle nostre truppe, come quello di tutte le truppe occupanti. Solo così si potrebbe restituire legittimità e forza all'ONU per garantire l'autonomia, il governo, l'ordine, la sicurezza e la pace in quell'area.
Noi voteremo a favore di questo emendamento, ma, coerentemente, voteremo «no» all'intero decreto-legge (Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione comunista).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rizzo. Ne ha facoltà.


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MARCO RIZZO. Signor Presidente, appena sei mesi fa, le forze dell'opposizione hanno espresso, in maniera compatta, un voto contrario sulla missione italiana in Iraq. Oggi, sono molte le ragioni in più per confermare il «no» alla missione militare italiana.
In primo luogo, questa guerra, sbagliata ed illegittima, fondata sulla menzogna, ha visto gli stessi governanti americani dell'amministrazione Bush riconoscere che la ricerca delle armi di distruzione di massa era un pretesto burocratico per proseguire la guerra. In secondo luogo, ci avevano detto che il terrorismo sarebbe cessato con questa guerra; invece, è aumentato! Quindi, anche concentrando lo sguardo sugli obiettivi dichiarati dall'amministrazione Bush, questa guerra non ha portato ad alcun risultato.
Serve una svolta, è vero, ma questa potrà prodursi, nel panorama internazionale, soltanto se alcuni, ciascuno nel proprio paese, cominceranno a fare qualcosa. In Italia, la cosa da fare è quella di interrompere la nostra missione militare. E che di missione militare di occupazione si tratti l'hanno riconosciuto, dimostrando onestà intellettuale, alcuni esponenti del centrodestra e lo ammettono, talvolta, anche i nostri generali.
Quindi, vi è la necessità di porre fine a questa occupazione militare e di far ritirare i nostri militari. Solo in questo modo potrà esservi la svolta - da parte dell'ONU - per non lasciare l'Iraq in preda ad una guerriglia e per inviarvi truppe appartenenti a paesi che non abbiano partecipato alla guerra né siano stati paesi occupanti (fortunatamente, ce ne sono tanti nel mondo, dal Sudafrica al Brasile, passando per l'India).
Questa è la nostra risposta. Da questo punto di vista, rivolgiamo un ulteriore appello ai deputati del centrosinistra, ai deputati della lista unitaria: è sicuramente ravvisabile un elemento di coerenza nel «no» alla missione, ma il finanziamento lo si dà con il voto finale sul provvedimento; perciò, non essendo possibile separare il voto sulle altre missioni, esprimiamo un voto contrario sull'intero provvedimento! Il «tumore» - lo ripeto - è la guerra in Iraq, mentre le altre missioni sono raffreddori; e, quando c'è un tumore, bisogna curare prima quello (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Comunisti italiani)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Intini. Ne ha facoltà.

UGO INTINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, all'inizio della discussione sulle linee generali, ho esposto le posizioni del mio partito sui temi dell'Iraq e delle missioni italiane all'estero.
Si insiste sulle divisioni nel centrosinistra: ma tutti i partiti della sinistra europea sono divisi, perché, con il terrorismo senza frontiere, ci troviamo di fronte ad un problema mai affrontato in precedenza! È naturale, dunque, che sia diviso non un partito, ma una coalizione, com'è la nostra di centrosinistra.
Non è affatto divisa, invece, la lista Prodi. Se ci fossimo divisi, ci saremmo persi in un bicchiere d'acqua! Tutti siamo contro la politica di Bush e contro una guerra che rischia di trasformare l'Iraq in una minaccia cento volte più grave di quella costituita dall'Afghanistan prima del 2001. Tutti siamo contro l'idea semplicistica di ritirare immediatamente le truppe italiane. Tutti siamo contro l'idea che le truppe italiane possano rimanere a tempo indeterminato nell'attuale situazione, vale a dire come truppe di occupazione agli ordini degli americani.
Mai, in passato, l'Italia si è impegnata in una guerra fuori da tutte le cornici e da tutti i contesti istituzionali che sempre l'hanno guidata: l'Unione europea, la NATO, le Nazioni Unite. Perciò, se entro una data ragionevole - il 30 giugno 2004 - non saranno stati fatti passi decisivi verso il pieno coinvolgimento delle Nazioni Unite, le truppe italiane dovranno ritirarsi. Chiarito ciò con un ordine del giorno che domani presenteremo, e chiarito il metodo della concertazione tra i partiti della lista unica, tutto il resto diventa meno importante; ed il mio partito, che avrebbe preferito


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l'astensione, si atterrà alla linea prevalente del non voto.
Vorrei concludere, signor Presidente, dicendo che il Governo e la maggioranza dovrebbero smetterla di fare propaganda per dedicarsi ad individuare una linea politica. L'unica linea politica possibile è quella che, probabilmente, sceglieranno i democratici di Kerry se vinceranno le elezioni: la linea che porta all'internazionalizzazione del conflitto.
Il Governo finge di stupirsi della divisione all'interno del centrosinistra; io, invece, mi stupisco dell'unità all'interno della maggioranza, perché non esiste destra europea che sia unita nella scelta di seguire la politica di Bush.
C'è da stupirsi. Forza Italia e l'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro sono forze che hanno uno stretto collegamento con la Chiesa e noi sappiamo che il mondo cattolico è aspramente critico nei confronti della politica dell'amministrazione americana. Forza Italia e l'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro appartengono al Partito popolare europeo. Tuttavia, con riferimento all'Iraq, il partito gollista e il partito giscardiano, parti importanti del Partito popolare europeo, non sono dell'opinione della maggioranza di Governo italiana, bensì sono della nostra opinione. Quindi, la destra italiana è l'unica in Europa che si è messa l'elmetto in testa e, in modo inossidabile, appare convinta di una linea che non convince proprio nessuno!
Dobbiamo uscire dalla trappola nella quale siamo finiti per superficialità, per errore di calcolo. È interesse nazionale farlo. L'unica strada da seguire è quella dell'internazionalizzazione della crisi. Se questa strada non avrà segnato passi in avanti nei prossimi mesi sarà inevitabile trarne le conclusioni e ritirare le nostre truppe che si troveranno in un contesto non più accettabile (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Socialisti democratici italiani, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cento. Ne ha facoltà.

PIER PAOLO CENTO. Signor Presidente, i deputati dei Verdi esprimeranno un voto favorevole sull'emendamento in esame - che, peraltro, abbiamo sottoscritto - proprio perché rafforza le ragioni del nostro voto contrario sul disegno di legge di conversione del decreto-legge recante proroga della partecipazione italiana alle operazioni internazionali e, dunque, della missione militare italiana in Iraq.
D'altra parte, anche nei giorni scorsi, più volte, avevamo segnalato l'opportunità di una convergenza di tutte le forze dell'opposizione, anche di coloro che avevano un giudizio diverso rispetto al voto complessivo sul provvedimento in esame, arrivando a proporre in particolare ai promotori della lista unitaria dell'Ulivo, con l'obiettivo di raggiungere la divisione di questo decreto-legge e di consentire un voto e una discussione autonoma della Camera rispetto alla missione militare in Iraq, di fare ostruzionismo. In questo modo - lo ripeto - avremmo potuto svolgere, in un momento successivo, due discussioni di merito su due questioni diverse affrontate in questo decreto-legge, vale a dire le operazioni internazionali a contenuto prevalentemente umanitario e la missione militare che rientra nella dottrina della guerra preventiva di Bush rappresentata dall'intervento militare in Iraq.
Purtroppo, siamo rimasti soli e senza risposta da parte degli amici della lista unitaria; se veramente l'obiettivo era di conseguire diversi pronunciamenti su diverse missioni, questa battaglia si poteva e si doveva condurre con maggiore forza.
Voteremo a favore dell'emendamento in esame perché riteniamo sia coerente con la nostra volontà di esprimere un voto contrario sul provvedimento complessivo. Infatti, non vi è alcun dubbio che l'intervento militare in Iraq è determinante nel giudizio politico su questo provvedimento e sulla politica estera del Governo Berlusconi e della maggioranza di centrodestra! Crediamo che questa politica estera, che


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ha portato l'Italia in conflitto con Europa e che l'ha posta in una posizione di subalternità rispetto agli Stati Uniti, sia completamente e radicalmente sbagliata. È vero, in Iraq ci vuole una svolta, ma la stessa può essere compiuta solo attraverso un atto unilaterale capace di rimettere in moto la politica internazionale e di dare all'ONU la possibilità di svolgere una funzione diversa rispetto al ruolo di marginalità cui è stata ridotta per colpa dell'iniziativa degli Stati Uniti e della Gran Bretagna, cui l'Italia si è accodata.
Il ritiro dei soldati italiani dall'Iraq non è in questo contesto un atto di abbandono di quel paese alle sue sorti o a quella guerra civile scatenata proprio dall'intervento militare americano, ma è l'assunzione di una responsabilità per una politica di svolta, che oggi non c'è e che non potrà esserci fino a quando rimarranno i soldati di occupazione. Questa è la ragione del nostro voto favorevole e della nostra coerenza, a cui richiamiamo ancora una volta anche gli altri colleghi del centrosinistra. Come si fa a dire che non si vuole rifinanziare la missione militare in Iraq quando poi non si è coerenti e non si assume, con coraggio, a testa alta, una posizione univoca, che coerentemente chieda il ritiro dei soldati italiani per attivare una politica estera di svolta!
Questa è la nostra sfida, la sfida - lo dicevo prima - di un pacifismo che è posizione politica che vuole concorrere a costruire un'alleanza di centrosinistra di governo nel nostro paese, nella consapevolezza che la politica estera è uno dei terreni su cui si misura la diversità e l'alternatività rispetto alle politiche del centrodestra. Questa credo sia una posizione coerente che ci consentirà anche di stare a testa alta il 20 marzo alla manifestazione pacifista che ci sarà a Roma, come nelle altre capitali mondiali, su appello dei pacifisti americani. Appello che vogliamo raccogliere e tener vivo anche in questo dibattito parlamentare (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Verdi-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole La Malfa. Ne ha facoltà.

GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, presentando e votando questo emendamento la Camera deve essere consapevole che si delibererebbe il ritiro dei soldati italiani dall'Iraq. Questa è la richiesta contenuta nell'emendamento, onorevole Fassino, ed è dunque una posizione coerente con la presentazione della questione pregiudiziale, che abbiamo votato la settimana scorsa, che avrebbe ugualmente comportato il ritiro dell'Italia da tutte le missioni internazionali e da queste in particolare. Dunque, onorevole Fassino, onorevole Castagnetti, è una posizione che conduce esattamente al voto contrario su tutto il decreto-legge, come continuano ad affermare alcuni dei colleghi di Rifondazione comunista, dei Verdi e così via. Ed è giusta l'accusa che la decisione di non partecipare al voto, motivata con la mancata divisione delle missioni all'interno del decreto-legge, è un modo per nascondere la difficoltà di una decisione politica chiara su questa materia (Commenti del deputato Castagnetti).

GOFFREDO MARIA BETTINI. Separatelo!

GIORGIO LA MALFA. Onorevole Castagnetti, vengo proprio a questo. Onorevole Fassino, onorevole Castagnetti, ma siete certi che, se la maggioranza e il Governo decidessero di separare il giudizio sulle missioni, voi superereste le evidenti difficoltà politiche nelle quali siete (Commenti dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)?

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, non credo che in quest'aula ci sia chi ha dei diritti minori rispetto agli altri. L'onorevole La Malfa sta parlando e merita rispetto (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).

GIORGIO LA MALFA. Onorevole Castagnetti, lei qualche giorno ha dichiarato


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che, se il Governo dividesse le missioni, voi sareste in grave difficoltà. Lo ha detto lei, naturalmente, onorevole Castagnetti.

PIERLUIGI CASTAGNETTI. No!

GIORGIO LA MALFA. Onorevoli colleghi delle sinistre, non si romperebbe l'unità sul voto finale del provvedimento? Ma siete certi che vi sarebbe un «no» dell'intero schieramento? Che i colleghi della Margherita si sentirebbero di votare «no» alla missione dell'Iraq, oggi che essa è coperta da una delibera dell'ONU?
Siete certi che i colleghi del gruppo Misto-socialisti democratici italiani sarebbero disponibili ad esprimere un voto contrario su una missione che ha la copertura dell'ONU? Ritengo che ciò non accadrà, stando almeno ad un'intervista rilasciata questa mattina dal direttore della Fondazione italiani europei, per non citarne altri, sulla irresponsabilità di un voto contrario in queste condizioni.
Onorevoli colleghi del centrosinistra, quando in Europa resterà un solo Governo socialista, che sarà il Governo di Tony Blair, perché tutti gli altri stanno scomparendo dalle urne elettorali...

GIUSEPPE ROSSIELLO. Aspetta e spera!

GIORGIO LA MALFA. ... come vi troverete con le posizioni che state assumendo (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza nazionale)? Penso che il Governo renda un servizio a quel tanto di unità che il centrosinistra sta esibendo non dividendo il decreto-legge.

GOFFREDO MARIA BETTINI. Hai distrutto un partito glorioso! Vergognati!

GIORGIO LA MALFA. E penso che se voi insisterete fino in fondo, forse, sarà possibile anche dividere il provvedimento e portare, a quel punto, la vostra coalizione in frantumi, condizione in cui essa evidentemente si trova.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Sgarbi. Ne ha facoltà.

VITTORIO SGARBI. Onorevoli colleghi, faccio fatica a comprendere la reazione così dura nei confronti dell'onorevole La Malfa.

GIUSEPPE ROSSIELLO. Ha distrutto il suo partito!

VITTORIO SGARBI. Che abbia distrutto il suo partito non è un fatto che riguarda te! Parla di voi, non pensando alla distruzione di una struttura che si basa su tre componenti così difformi da comportare qualche problema, come quelli che ha indicato recentemente l'onorevole Boselli. Mi sembra, quindi, che l'intervento dell'onorevole La Malfa sia stato civile.
Vi pongo soltanto una questione, essendo evidente che non vi è persona civile che non sia per la pace in Italia, ma anche per la pace in Iraq. Qual è la misura per la garanzia della pace attraverso la vigliaccheria di un esercito che si ritira, lasciando l'Iraq nelle mani degli iracheni di Saddam Hussein e degli americani, ovvero due forze che contrastano con la libertà che strutture di garanzia possono consentire si realizzi anche in Iraq?
Non capisco il vantaggio di portare fuori una forza di pace per garantire la guerra - e la guerra civile - invece della pace, cioè la pace in Italia per il pacifismo nostrano e la guerra in Iraq. Questo vuol dire portare fuori gli italiani dall'Iraq e questo mi pare contro la logica e contro la pace (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza nazionale)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bondi. Ne ha facoltà (Commenti dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo). Onorevoli colleghi!

ALFREDO BIONDI. Figuriamoci se comandassero...!


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SANDRO BONDI. Signor Presidente, «l'opposizione non partecipa al voto e parla al paese» ha sostenuto in quest'aula l'onorevole Violante. No, voi probabilmente uscirete da quest'aula perché siete divisi e perché sperate di nascondere al paese le vostre divisioni (Commenti dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

GIUSEPPE ROSSIELLO. Separatelo!

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, vi prego! Tra l'altro, si fa anche brutta figura ad interrompere gli altri perché si dimostra di essere in errore. Per cortesia, l'onorevole Fassino ha parlato senza interruzioni e l'onorevole Bondi deve poter fare altrettanto (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza nazionale). Non è possibile procedere in questo modo!

SANDRO BONDI. Non penso per niente - come vi accusa, invece, Antonio Di Pietro - che chi non vota è un codardo senza dignità parlamentare. Non lo penso affatto, ma ritengo che vi illudiate, se pensate di svolgere un ruolo politico mescolandovi nelle piazze e rinunciando ad esprimere una voce chiara in Parlamento.
Purtroppo dimostrate, ancora una volta, di essere incapaci di liberarvi dai riflessi condizionati della vostra cultura (Commenti del deputato Realacci), che vi impediscono di essere in sintonia con i sentimenti della stragrande maggioranza del popolo italiano e che vi impediscono di presentarvi puntuali agli appuntamenti più importanti cui si trova di fronte il nostro paese.
Solitamente ammettete i vostri errori con decenni di ritardo e senza trarne mai, peraltro, nessuna dovuta conseguenza. Avete riconosciuto, dieci anni dopo, l'errore di esservi opposti al primo intervento contro l'Iraq, seppur deciso proprio con il consenso delle Nazioni Unite.
Così come avete ammesso, dopo più di venti anni, di avere compiuto un grave errore storico e politico nel marciare contro l'installazione dei missili a Comiso, contro quelli puntati contro l'Europa dall'Unione sovietica (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).

MAURA COSSUTTA. Di che stai parlando?

SANDRO BONDI. Non è da escludere che anche con riferimento all'azione contro Saddam Hussein, fra qualche anno potremo sentire ed ascoltare da voi stessi voci autocritiche e forse l'ammissione di aver sbagliato, ancora una volta, nel giudicare l'intervento in Iraq da parte degli Stati Uniti d'America. Avete detto - lo ricordate? - che si trattava di una guerra di aggressione, illegittima. Avete detto che occorreva essere equidistanti sia da Bush sia da Saddam Hussein... (Commenti dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo).

SERGIO COLA. È verissimo!

SANDRO BONDI. ... fino ad auspicare che l'intervento durasse il più a lungo possibile per dimostrare le colpe e gli errori dell'America di fronte al mondo intero. Poi, dopo il crollo del regime, il vostro argomento prediletto è diventato quello della pace impossibile.
Già ora possiamo vedere che dopo Saddam Hussein, per quanto difficile, pesante e sanguinoso, come del resto tutti i periodi che succedono alla dittatura, si ottengono dei risultati importanti. Guardate, questo non avviene grazie alla sinistra pacifista, che in nessuna parte del mondo è mai riuscita a fermare i massacri, a restaurare l'ordine e a tutelare i diritti o a difendere la democrazia e la libertà (Applausi dei deputati del gruppi di Forza Italia e di Alleanza nazionale). Questi risultati si ottengono invece in virtù del fatto che c'è una potenza, gli Stati Uniti d'America, ed un'alleanza di volenterosi, tra i quali l'Italia, che si sono... (Commenti dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo - Proteste del deputato Maura Cossutta).


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PIER PAOLO CENTO. Quali volenterosi?

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, vi prego. Le chiedo scusa, onorevole Bondi.

SANDRO BONDI. ... assunti delle responsabilità, che non hanno chiuso gli occhi e che non si sono lavati le mani, per principio o per tranquillità come Ponzio Pilato, che hanno capito che la lotta al terrorismo può essere soltanto un impegno nel nome della libertà e della democrazia.
Senza questa America e senza questa alleanza, a Kabul vi sarebbe ancora il regime dei talibani e a Baghdad Saddam Hussein potrebbe ancora gettare, indisturbato, le sue vittime nelle fosse comuni. In Iran non si sarebbe aperta la speranza di un nuovo corso e soprattutto non vi sarebbe nel mondo quella domanda di intervento a tutela dei diritti e della democrazia che si rivolge verso i paesi democratici, l'Europa e gli Stati Uniti d'America.
In conclusione, oggi vi opponete alla missione umanitaria di pace del nostro paese in Iraq, invocando il passaggio della guida della transizione democratica alle Nazioni Unite.
Ma di che cosa parlate? Di quale svolta parla, onorevole Fassino? Dite che c'è bisogno dell'ONU e che bisogna coinvolgere l'Europa, accelerando il passaggio dei poteri agli iracheni. Ma è esattamente quello che sta accadendo oggi! Questo, per scelta e per volontà, nonché per merito degli americani e della coalizione dei volenterosi che li ha sostenuti in questa battaglia!
Non sapete, forse, che ieri è stato firmato in Iraq il testo dell'accordo adottato come base della Costituzione provvisoria che sancisce i diritti per tutti i cittadini iracheni? Non sapete, forse, che è stato firmato un atto che fissa le regole per la gestione del paese dal 30 giugno alla formazione (Una voce dai banchi della Margherita, DL-L'Ulivo grida: «Tempo!»)...

PRESIDENTE. Il tempo è adeguato a quello degli altri interventi che lo hanno tutti superato, per cui anche su questo sono equilibrato.
Detto ciò, onorevole Bondi, concluda perché, in caso contrario, sarei squilibrato io!

SANDRO BONDI. Concludo con un appello finale.
Prima di uscire da quest'aula riflettete se valga veramente la pena di sacrificare gli interessi generali del nostro paese, il ruolo che l'Italia finalmente svolge sul piano internazionale, per calcoli di potere o per ambizioni politiche di corto respiro o se non valga, invece, la pena di uno scatto di orgoglio, di un atto di coraggio che guardi al futuro del nostro paese (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza nazionale e dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Cima. Ne ha facoltà.

LAURA CIMA. Signor Presidente, in realtà avevo chiesto la parola sull'emendamento successivo...

PRESIDENTE. Onorevole Cima, può comunque intervenire in questa fase. Infatti, vorrei far presente che la prima parte dell'emendamento Violante 2.4 è soppressiva, mentre la seconda parte prevede un adeguamento negli aspetti di carattere finanziario. I successivi identici emendamenti Cima 2.1, Rizzo 2.50 e Folena 2.51 sono, invece, unicamente soppressivi. Dunque, porrò in votazione preliminarmente la prima parte dell'emendamento Violante 2.4 congiuntamente agli identici emendamenti soppressivi Cima 2.1, Rizzo 2.50 e Folena 2.51. Successivamente, se approvati, passeremo alla votazione della parte consequenziale dell'emendamento Violante 2.4.
Prego, onorevole Cima.

LAURA CIMA. Signor Presidente, non so bene cosa potrò dire in un minuto su un argomento di questo tipo. Vorrei soltanto


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richiamare tutti alla coerenza. Abbiamo seguito gli Stati Uniti e la Gran Bretagna in una guerra illegittima a livello internazionale, giustificata dalla presenza di armi di distruzioni di massa che non si sono mai trovate. Di conseguenza, il ripristino della legalità internazionale passa attraverso altre vie rispetto a quella di mantenere la nostra missione in una situazione di estrema pericolosità e con una Costituzione provvisoria non accettata dalla popolazione irachena. Si tratta di occupazione e per questo abbiamo anche chiesto di sottoscrivere il successivo emendamento che chiede il ritiro immediato delle nostre Forze dall'Iraq.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Enzo Bianco. Ne ha facoltà.

ENZO BIANCO. Signor Presidente, intervengo per rispondere all'onorevole Bondi di cui, una volta, apprezzavo gli inviti alla moderazione. Egli, negli ultimi mesi, sembra aver smarrito tale moderazione.
Onorevole Bondi, vengo da una tradizione politica, quella repubblicana, che ha fatto dell'europeismo e dell'atlantismo una ragione fondante ed essenziale della sua storia e del suo impegno. Per tale ragione non ho votato la questione pregiudiziale sul decreto-legge in esame e non voterò gli emendamenti che chiedono il ritiro immediato delle truppe. Voterò, al contrario, l'emendamento Violante 2.4 perché ha un senso diverso, come hanno spiegato i colleghi Castagnetti e Fassino.
Vorrei ricordarle, a proposito del suo richiamo alle manifestazioni che vi erano quando da una parte alcuni sfilavano per i missili Pershing ed alcuni contro, che in quel periodo ero tra coloro che hanno deciso a favore dei Pershing. Non so se chi allora militava nel partito comunista avesse la stessa convinzione (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Grandi. Ne ha facoltà.

ALFIERO GRANDI. Signor Presidente, ho chiesto la parola su questo emendamento perché, da come lei ha spiegato che si svolgerà il voto, mi pare di aver capito che non ci sarebbe modo di illustrare l'emendamento successivo, che reca anche la mia firma.
Vorrei ricordare all'onorevole Bondi che la missione umanitaria e di ricostruzione in Iraq è trattata dall'articolo 1, mentre noi stiamo adesso votando l'articolo 2, che riguarda la partecipazione militare italiana all'operazione internazionale in Iraq. Ricordo che tale partecipazione avviene dopo una guerra preventiva illegittima e dopo l'invio di una missione, allora chiamata umanitaria, ma che in realtà è contraria allo spirito dell'articolo 11 della Costituzione. Per di più, si tratta di una missione che non terminerà il 30 giugno, perché questo lo hanno detto il Presidente Berlusconi e Blair, quando si sono incontrati, ed anche il governatore Bremer ha detto che bisogna rimanere almeno fino al 2005. Quindi il termine del 30 giugno 2004 è in realtà destituito di fondamento ed è, dunque, una finzione.
Questa è la ragione per la quale, di fronte al prolungamento del termine (per ora fino al 30 giugno 2004), nell'ambito di un unico decreto-legge, ritengo coerente (anche con la questione pregiudiziale di costituzionalità), votando contro l'articolo 2, votare contro l'intero provvedimento. Questo non c'entra nulla con le altre missioni, ma ritengo sia stata responsabilità del Governo e della maggioranza aver cambiato atteggiamento rispetto al decreto originario che finanziava la missione, che consentiva di votare distintamente sulle missioni militari. A questo punto dico «no» all'articolo 2 e, per quanto mi riguarda, dico anche «no» all'intero provvedimento.

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, come ho poc'anzi anticipato, preciso, per esigenze di chiarezza, che porrò in votazione per parti separate l'emendamento Violante 2.4, nel senso di votare la prima parte,


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soppressiva dell'articolo 2 del decreto-legge, congiuntamente agli identici emendamenti Cima 2.1, Rizzo 2.50 e Folena 2.51, anch'essi interamente soppressivi dell'articolo 2 del decreto-legge; in caso di approvazione, porrò in votazione la parte consequenziale dell'emendamento Violante 2.4, che altrimenti risulterebbe preclusa.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla prima parte dell'emendamento Violante 2.4 e sugli identici emendamenti Cima 2.1, Rizzo 2.50 e Folena 2.51, non accettati dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 520
Votanti 514
Astenuti 6
Maggioranza 258
Hanno votato
225
Hanno votato
no 289).

Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
Ricordo che è immediatamente convocata la Conferenza dei presidenti di gruppo, in attesa delle cui determinazioni, sospendo al seduta.

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