Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 432 del 3/3/2004
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(Dichiarazioni di voto)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Castellani. Ne ha facoltà.

CARLA CASTELLANI. Signor Presidente, intervengo per dichiarare il voto favorevole di Alleanza nazionale sia sulla mia mozione n. 1-00332 sia sulla mozione Magnolfi ed altri n. 1-00316.
Onorevoli colleghe e colleghi, credo che quello delle mozioni al nostro esame si possa definire un contenuto di civiltà sanitaria nei riguardi delle donne in genere e delle donne partorienti in particolare. L'approvazione di tali mozioni dimostra una notevole sensibilità del Parlamento verso un percorso di umanizzazione dell'evento parto. Tale percorso non può limitarsi a condizioni ambientali e logistiche sicuramente più consone e più vicine alla necessità della donna e della coppia, non può limitarsi alla presenza ed al coinvolgimento del marito o del partner nel corso dell'evento nascita, ma deve necessariamente far sì che le donne possano scegliere liberamente se affrontare la fase del travaglio, notoriamente la più dolorosa dell'evento parto, potendo effettivamente ricorrere alle tecniche di terapia antalgica che hanno trovato una grandissima diffusione in tutti i paesi europei, e non solo.
Nel nostro paese il ricorso al taglio cesareo per il parto ha raggiunto la percentuale più alta d'Europa. Credo che l'Italia sia andata incontro al fenomeno di medicalizzazione del parto proprio perché nel nostro paese ancora non è sufficientemente diffusa presso tutte le strutture sanitarie la possibilità per le donne di scegliere le nuove tecniche di tipo analgesico. La nostra mozione va proprio in questa direzione.
Concordo con la dichiarazione del sottosegretario Guidi che, nel corso del suo intervento in sede di discussione sulle linee generali, ha affermato che tutte le tecniche di analgesia sono comprese nei livelli essenziali di assistenza. Quando un paziente viene ricoverato in maniera istituzionale in una struttura pubblica ha tutti i servizi gratuiti. Però, signor sotto


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segretario, il fatto che i DRG in moltissime regioni non ricomprendano nei costi relativi al parto naturale quelli legati all'assistenza che bisogna dedicare alla paziente durante il travaglio - in particolare i costi dell'anestesista, degli strumenti e dei farmaci necessari - ha una ricaduta negativa sull'organizzazione dei punti nascita e delle strutture sanitarie. Questo avviene soprattutto laddove gli anestesisti sono carenti (come accade in moltissime strutture sanitarie del nostro paese).
È chiaro che in un'organizzazione aziendale si predilige la copertura dei servizi cosiddetti prioritari - mi riferisco all'emergenza e all'urgenza, ai centri di rianimazione, alle sale operatorie -, rendendo così, di fatto, marginale la possibilità, per i pazienti, tutti, non solo per le donne in travaglio, di accedere alle tecniche di analgesia (esiste anche l'analgesia post operatoria, così come quella per il dolore tumorale), perché è più difficile applicare tali tecniche in mancanza di un'organizzazione sanitaria. Uno dei punti del dispositivo della nostra mozione è proprio quello di coinvolgere le regioni affinché la tecnica analgesica venga ricompresa nei relativi DRG.
Vi è poi un altro aspetto, che incide sulla bassa percentuale di ricorso in Italia alle tecniche di analgesia del parto da parte delle donne. Esso è legato moltissimo alla scarsa diffusione e conoscenza di queste metodiche, che hanno ormai raggiunto, dal punto di vista tecnico e farmacologico, una precisione ed una sicurezza tali da poter essere considerate una terapia routinaria.
Questa, lo ripeto, è una mozione di civiltà sanitaria e mi auguro, quindi, che il Governo sia sensibile al riguardo (cosa che peraltro già sta dimostrando, perché mi risulta che le scuole di specializzazione hanno visto aumentare, quest'anno, di 70 unità i posti per anestesia e rianimazione: è sicuramente una goccia nel mare magnum delle necessità, ma è un segnale di sensibilità, da parte del Governo, verso questo tipo di problemi).
Auspico, pertanto, che tutta l'Assemblea possa votare a favore di queste mozioni, che si muovono nella direzione di una maggiore sensibilità verso uno dei momenti più belli della vita della donna, ma anche della coppia, quale quello dell'evento nascita (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza nazionale e dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Burtone. Ne ha facoltà.

GIOVANNI MARIO SALVINO BURTONE. Preannuncio, signor Presidente, il voto favorevole del gruppo della Margherita sulle mozioni presentate, volte a sollecitare un intervento del Governo per permettere la diffusione dell'utilizzo della terapia analgesica epidurale durante il travaglio del parto. Negli ultimi tempi nel nostro paese vi è stata infatti una grande richiesta da parte delle partorienti di poter partorire senza soffrire. La mozione si pone l'obiettivo di trasformare quello che oggi è un privilegio per poche donne in un diritto per tutte coloro che desiderano partorire senza sofferenza.
Prima di passare al merito delle richieste che noi avanziamo con la nostra mozione al Governo, desidero esporre anche alcune considerazioni scientifiche. La tecnica che viene proposta esiste in Italia da molti anni ed è praticata da una percentuale di partorienti pari al 3,7 per cento, mentre in Francia tale percentuale è del 48 per cento, in Gran Bretagna del 50 per cento e negli Stati Uniti è addirittura del 52 per cento. L'Italia rappresenta, quindi, un paese nel quale vi è una minima diffusione di questa tecnica; eppure i vantaggi non sono solo per le donne, che con tale tecnica possono partorire senza dolore. Con questa tecnica si rende più sereno il lavoro del medico e dell'ostetrica, i quali possono fare in modo che la donna partecipi con maggiore impegno durante il parto: una donna più serena, in assenza di dolore, collabora meglio. Detto ciò, va rilevato, sulla base dei dati statistici che sono emersi al riguardo, che in Italia pochissimi ospedali praticano la tecnica


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dell'analgesia epidurale, perché la suddetta non è inclusa fra le prestazioni garantite a titolo gratuito nei livelli essenziali di assistenza e perché le regioni non se ne fanno carico.
Si invita, pertanto, il Governo a non rendere inutile la presentazione delle suddette mozioni e a non considerarle in termini demagogici: il Governo può dare un impulso notevole all'utilizzo di tale tecnica se stanzia risorse adeguate e specifiche.
Le risorse sono necessarie per la formazione specialistica di personale, dal momento che vi è bisogno di anestesisti preparati per questa tecnica (se la tecnica è praticata da chi non ha una specifica professionalità, il suo utilizzo potrebbe diventare pericoloso durante il parto); per includere l'analgesia epidurale fra le prestazioni garantite a titolo gratuito nei livelli essenziali di assistenza, in modo che l'accesso alla medesima pratica sia un diritto per tutte le donne, ed, infine, per creare specifici servizi anestesiologici, con funzione di guardia attiva, garantendo la presenza dell'anestesista anche nell'équipe di sala parto.
Per concludere, la mozione si pone il problema di rendere sopportabile il dolore delle donne durante il travaglio, che è un evento naturale: noi siamo d'accordo al riguardo, ma il Parlamento dovrebbe assumersi l'impegno di affrontare la questione più complessiva del dolore nella malattia, non per sconfiggerlo completamente o per sempre, ma per attenuarlo in modo da renderlo sopportabile. Occorre, quindi, riconoscere ad ogni persona il diritto di evitare sofferenze inutili.
È per tale motivo che credo vi debba essere un'ulteriore iniziativa per regolamentare la questione delle terapie del dolore nel nostro paese (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cima. Ne ha facoltà.

LAURA CIMA. Signor Presidente, il nostro gruppo ha sottoscritto la mozione che reca la prima firma dell'onorevole Magnolfi, poiché risulta evidente l'anomalia italiana rispetto alle modalità con cui si pratica il parto. Vi è, infatti, una sottoutilizzazione della tecnica dell'analgesia epidurale: come ha ricordato il collega che mi ha preceduto, la sua pratica non raggiunge nemmeno il 4 per cento, a fronte di percentuali superiori di più di dieci volte rilevate negli altri paesi europei e negli Stati Uniti.
Vi è, inoltre, un eccesso di tagli cesarei veramente insopportabile: in media, in Italia la loro pratica supera il 33 per cento (in particolare, in alcune regioni del sud, ad esempio in Campania, si supera il 50 per cento). Ciò significa che, ormai, una donna su due è, nel sud d'Italia, costretta (non sceglie in tal senso), a partorire con il taglio cesareo. I motivi sono tanti: il primo è che, con il parto cesareo, l'ospedale o la clinica incassa una percentuale molto più alta di rimborsi che non con un parto naturale. Il secondo è che i turni degli addetti al parto in generale sono facilitati (viene, infatti, scelto il momento del parto). Il terzo è che i medici vogliono sempre meno rischiare di avere «grane» e, quindi, con la pratica del taglio cesareo si mettono al riparo da qualsiasi ed eventuale complicanza di parto.
Queste sono le motivazioni, e non certo quelle addotte, anche in quest'aula, sul fatto che le donne scelgono il parto cesareo. Le donne non scelgono il parto cesareo, sono indotte a sceglierlo, e soprattutto non si offre loro - come emerge dai dati - la possibilità di partorire con meno dolore, come la tecnica epidurale consente.
Siamo fautori del parto naturale in quanto, nella maggioranza dei casi, il parto non costituisce un evento patologico, ma un evento fisiologico, che garantisce la riproduzione; tuttavia, è evidente che esistono parti a rischio, travagli molto lunghi e dolorosi.
Occorre dunque rovesciare il principio attualmente vigente in Italia, che trova la sua base su ciò che fa comodo, in senso lato, alla struttura sanitaria, per consentire alle donne di partorire in salute


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fisiologicamente e senza troppo dolore. Nonostante il progetto materno e infantile e il Piano sanitario nazionale 2002-2004 continuino a ribadire la necessità di ridurre i parti cesarei almeno del 20 per cento, in Italia ciò non è accaduto.
Nel nostro paese sembra permanere una maledizione; quella di dover partorire con dolore. Infatti, si partorisce con dolore senza ricorrere all'epidurale e si partorisce con dolore anche in caso di taglio cesareo. Con il parto cesareo tra l'altro vi sono non pochi rischi, il decorso post parto è molto più faticoso e spesso non si riesce ad allattare; siamo invece tutti concordi nel ritenere che il latte materno tuteli meglio la salute del neonato.
Dunque, non resta che dotare le strutture esistenti degli strumenti per offrire alle pazienti - quando sia necessario e senza eccedere - la possibilità di ricorre alla tecnica epidurale. Infatti, se una paziente è stata preparata al parto nel migliore dei modi, non vi sarà neanche la necessità di ricorrere a tale tecnica, ma in molti altri casi risulterà molto più opportuno utilizzare quella analgesica, piuttosto che procedere al parto cesareo.
Quindi, invito il Governo a tenere conto del fatto che quanto previsto con riferimento al parto cesareo nel Piano sanitario nazionale 2002-2004 non è stato rispettato, nonché a favorire la divulgazione in Italia di una cultura antidolore non solo per il parto, ma per tutte le malattie che provocano molto dolore (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Verdi-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Caminiti. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE CAMINITI. Signor Presidente, fra i compiti primari della medicina, della società e delle istituzioni ai vari livelli, dovrebbe rientrare a pieno titolo la realizzazione dell'ospedale senza dolore. Sulla base di questo presupposto e dei contenuti del Piano sanitario nazionale, all'interno dei punti nascita degli ospedali italiani dovrebbe essere sempre presente l'anestesista, oltre che l'ostetrico e il neonatologo. Ciò per attuare il controllo del dolore da parto, uno dei più difficili da sopportare, per la protezione delle funzioni vitali della partoriente e del neonato e per umanizzare il parto stesso, sia esso spontaneo o chirurgico, nonché, infine, per abbassare il ricorso alla metodica del parto cesareo che ancora oggi in Italia è largamente diffuso.
La tecnica adottata per raggiungere questi obiettivi, meglio conosciuti come parto indolore, è quella dell'anestesia epidurale; tale tecnica per il travaglio di parto è ormai da molti anni universalmente collaudata per altri tipi di interventi, sia in chirurgia generale sia in altre specialità, ed è accettata e riconosciuta dalla comunità scientifica internazionale come tecnica sicura ed utilissima, anche e soprattutto nell'espletamento del cosiddetto patto indolore. Tale procedura, però, è praticata in Italia solo sul 3,7 per cento delle partorienti, a fronte del 60 per cento circa in Francia, in Gran Bretagna e negli Stati Uniti. Questo avviene sia perché non è prevista la presenza dell'anestesista nei punti nascita degli ospedali italiani sia perché le partorienti non hanno un'adeguata conoscenza della tecnica del parto indolore, sia perché quest'ultima in Italia non è inserita nei livelli essenziali di assistenza.
Ritengo, pertanto, molto opportuno sostenere la richiesta contenuta nelle mozioni in discussione, tendente ad inserire l'anestesia epidurale nei livelli essenziali di assistenza, a prevedere la figura dell'anestesista-rianimatore (che nel nostro paese ha raggiunto alti livelli di professionalità, universalmente riconosciuti, che collocano tali specialisti tra i primi in Europa, se non addirittura nel mondo) nei punti nascita dei nostri ospedali per presiedere non solo all'esecuzione del parto indolore ma anche alla protezione delle funzioni vitali della madre e del nascituro, nonché a promuovere una campagna formativa per rendere le partorienti partecipi di questa possibilità di espletamento di un evento così importante per la loro vita qual è appunto il parto.


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Sulla base di tali considerazioni, che mi pare siano unanimamente condivise da quest'Assemblea, auspico sia l'espressione di un voto favorevole su queste mozioni segno di civiltà e di progresso sia che il Governo adotti le conseguenti iniziative in tempi rapidi (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bimbi. Ne ha facoltà.

FRANCA BIMBI. Signor Presidente, in Parlamento giacciono alcune proposte di legge presentate dalle colleghe Valpiana e Labate in tema di parto naturale.
Ritengo che il parto naturale indolore, concepito come sostegno alla donna affinché essa sia posta nella condizione, non solo fisica ma anche di agio personale, idonea a consentirle di condividere con il proprio partner o con chi essa ritiene l'esperienza della nascita, sia l'orizzonte culturale entro cui si muovono le proposte delle donne dirette a far sì che il parto non sia più considerato come una maledizione biblica - «partorirai con dolore» -, che era la registrazione di uno stato di fatto.
Per secoli le donne sono morte di parto e la sopportazione del dolore costituiva l'alibi dietro al quale la società patriarcale degli uomini, dei medici e dei sacerdoti si nascondeva per penalizzare non solo la sessualità, ma anche la maternità che non apparisse iscritta pienamente nelle norme sociali, così come era stata pensata dalla cultura patriarcale stessa.
In tale orizzonte, la mozione Magnolfi ed altri n. 1-00316 si propone, come già sottolineato dal collega Burtone, un obiettivo molto limitato, che non si può certo dire risponda pienamente al percorso che ho indicato. Auspichiamo tuttavia che l'approvazione da parte della Commissione in sede legislativa dei progetti di legge in materia di parto naturale favorisca una serie di pratiche note a una parte del personale medico e sanitario ma che non sono spesso oggetto del dibattito parlamentare.
L'anestesia peridurale non costituisce certamente una tecnica propria del parto naturale. Tuttavia, essa consente non soltanto di attenuare la sofferenza, mantenendo nel contempo la donna nella condizione di vivere in modo cosciente un momento straordinario della sua vita biologica, umana e sociale, quale la nascita di un figlio, ma anche di evitare il parto cesareo. Non sussiste relazione tra l'anestesia epidurale e il parto cesareo: è vero che le evidenze dei dati internazionali dimostrano il contemporaneo incremento del parto cesareo e dell'anestesia epidurale, ma ciò indica soltanto che il parto è un evento ancora estremamente medicalizzato, in particolare nei paesi più ricchi.
D'altra parte dobbiamo anche tenere conto del fatto che l'evento nascita talvolta avviene, anche in Italia, in contesti nei quali è difficile ipotizzare il parto naturale per la carenza di un adeguato supporto non soltanto ospedaliero, ma anche medico e ostetrico, che va dalla casa della partoriente fino all'ospedale.
La proposta di comprendere l'anestesia epidurale tra i livelli essenziali di assistenza costituisce un piccolo tassello. Si tratta di una richiesta che può apparire pleonastica ma che si rende necessaria in quanto tale tecnica di tipo analgesico, pur essendo nota e teoricamente accessibile, non sempre è ricompresa nei livelli essenziali delle prestazioni di assistenza. Esiste tuttora una cultura di penalizzazione della gravidanza e del parto, in virtù della quale si ritiene di dover aspettare fino all'ultimo momento del travaglio, con la conseguente necessità poi di ricorrere al parto cesareo.
Il ricorso all'anestesia epidurale può pertanto essere considerato un intervento medico soft e non invasivo, che introduce sulla scena del parto un elemento di umanizzazione. Esso non si inserisce dunque nel percorso del parto naturale, ma può favorire la cultura che porta al riconoscimento concreto del parto naturale stesso.
Uno dei modelli più significativi in tal senso è quello olandese: evidentemente in Olanda il parto in casa, oltre ad essere considerato una scelta effettiva, è anche


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sostenuto dalla presenza di personale di assistenza non solo alla partoriente prima del parto, ma soprattutto nei primi delicati momenti successivi ad esso. Ciò per motivi sanitari e per un sostegno sociale in vista delle relazioni e della cura nel nucleo familiare.
Con la mozione sottoscritta dal gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo tentiamo di inserire un altro tassello nella cultura del parto. Questo, al fine di giungere a rendere più umano il parto e più agevole la presenza sulla scena anche del partner maschile. Si tratta per la cultura delle donne di valori e percorsi già acquisiti. Sarebbe molto riduttivo pensare che la prospettiva politica di queste mozioni riguardasse esclusivamente la specializzazione dell'anestesista. In realtà, nei punti nascita abbiamo bisogno di intere équipe, realmente presenti.
Vorrei infine ricordare alle colleghe e ai colleghi che si occupano del progetto di legge sul parto naturale, l'importanza della presenza dell'ostetrica, una figura da sempre vicina al letto della partoriente e che oggi invece rischia di essere penalizzata da un'organizzazione sanitaria spesso mercantilizzata. È molto difficile - me ne rendo conto - sostenere, in una visione prettamente economicistica della medicina, la necessità del mantenimento di relazioni umane nelle cure!
Ciascuno di noi nasce da una donna: l'imprinting della nascita permane durante tutto il nostro percorso di vita e di questo esistono evidenze scientifiche. Se tutti nascessimo in maniera più naturale ed in un contesto sanitariamente più sicuro (penso alle donne che vivono in ambiti più poveri e ai loro bambini), forse la nostra aggressività verso ciò che avviene, sia nella vita quotidiana sia nelle scelte politiche, potrebbe essere meglio rielaborata.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Valpiana. Ne ha facoltà.

TIZIANA VALPIANA. Signor presidente, a nome del gruppo di Rifondazione comunista, vorrei esprimere grande perplessità sul merito e sul metodo di queste mozioni. Penso, anzitutto, all'estemporaneità di un intervento che, sostenendo un solo tipo di intervento per il parto e un solo tipo di profilassi del dolore in travaglio di parto, appesantisce un dibattito e soprattutto una pratica estremamente articolata nelle strutture sanitarie, nei consultori e nelle associazioni di donne del nostro paese.
A tal proposito vorrei ricordare, come ha già fatto la collega Bimbi, che la Commissione affari sociali, nei due anni di questa legislatura e nei cinque della precedente, ha lavorato e sta lavorando ad una legge molto articolata e completa sui diritti della partoriente. Questo provvedimento, oltre a prevedere una serie di necessarie modifiche alle prassi abitualmente accettate e mai verificate nei nostri ospedali, contiene anche uno specifico passaggio sull'analgesia peridurale. Credo sarebbe stato più corretto e più serio affrontare questo tema nell'ambito di una visione complessiva della questione.
Vorrei poi ricordare che presso il Ministero della salute opera la commissione salute donna e che anch'essa si sta occupando di questi temi con competenza e profondità scientifica. Anche lo stesso Istituto superiore di sanità ha da poco presentato una approfondita ricerca sulla relazione tra preparazione e informazione durante la gravidanza ed il benessere durante il travaglio di parto (poi trasfusi nel progetto obiettivo). Quindi, ci lascia estremamente perplessi il testo sottopostoci, che potrebbe indurre a pensare che l'analgesia peridurale non sia gratuita in travaglio di parto.
Invece, sappiamo bene che il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 29 novembre 2001 definisce che i livelli essenziali di assistenza non escludono la somministrazione di analgesia epidurale dalle prestazioni erogabili in regime di ricovero, in quanto il livello di assistenza ospedaliero risulta comprensivo di tutti i trattamenti cui è sottoposta la donna nel corso della degenza, per cui, di fatto, al momento del bisogno e al momento del ricovero in travaglio di parto, se necessario


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e se possibile, l'analgesia viene già garantita nei livelli essenziali di assistenza. Quello che manca, invece, è la possibilità concreta di effettuarla - e per questo noi pensiamo che le mozioni siano demagogiche -, perché sappiamo benissimo che nel nostro paese mancano non solo gli anestesisti che potranno essere presenti durante il parto, ma soprattutto le risorse perché questo avvenga. Ad esempio, mancano le risorse fondamentali, che tutte le linee guida a livello mondiale prevedono come il più importante e il più efficace intervento sul parto naturale, per prevedere l'ostetrica one to one, cioè, un'ostetrica per ogni donna in travaglio di parto. Nel nostro paese non siamo ancora a questo punto e ci inventiamo cose più sofisticate!
Quindi, io credo che queste mozioni, se verranno approvate, si ridurranno, almeno per il momento, ad un'aspettativa sulla carta, perché al momento opportuno l'anestesista potrà non essere presente, a meno che non si voglia arrivare a indurre tutti i parti nell'orario di presenza degli anestesisti, oppure, come avviene all'estero - e questo io l'ho visto personalmente - lasciare ai parenti presenti in sala parto l'induzione dell'analgesia in travaglio, il che mi sembra poco corretto dal punto di vista della sicurezza e della salute. Ciò che è certo, invece, è che una volta finito il proprio orario di lavoro, come già avviene nelle regioni in cui attualmente l'analgesia è già prevista nei livelli essenziali di assistenza, gli anestesisti saranno a disposizione come liberi professionisti intra moenia, con un immenso aumento dei costi a carico della sanità pubblica. Quindi, io credo che queste mozioni siano più un regalo per gli anestesisti che non per le donne.
Tuttavia, Rifondazione comunista non si è mai fermata davanti ai costi della sanità, perché noi pensiamo che, laddove c'è necessità e bisogno di salute, non ci debba essere alcun limite economico. Ciò su cui nutriamo seri dubbi da questo punto di vista è l'appropriatezza dell'intervento, che ci lascia molto perplessi. Il movimento delle donne dagli anni Settanta si batte contro l'eccessiva medicalizzazione della nascita, che ha tolto centralità alla soggettività e al protagonismo della donna sulla scena del parto, dando risalto e potere al medico e alle figure sanitarie, che hanno progressivamente trasformato il parto in un momento patologico, espropriando il corpo della donna del suo potere e della sua capacità di procreare. Le donne chiedono di riappropriarsi della gravidanza e del parto come evento emotivo e significativo anziché patologico, in cui le proprie reali esigenze psicofisiche e quelle del nuovo nato sono messe in secondo piano. Le donne vogliono evidenziare che il parto non è una malattia e che le condizioni di dipendenza, di insicurezza, di soggezione aumentano significativamente la paura e il dolore. Nel nostro paese esistono ancora sale parto sgradevoli e opprimenti e il clistere, la tricotomia, la posizione supina, il monitoraggio, l'isolamento affettivo, l'induzione, l'episiotomia, l'amnioressi, sono prassi ancora utilizzate come routinarie anche se la loro validità scientifica è stata messa in discussione e esplicitamente sconsigliata dalle società scientifiche.
Ci lascia perplessi il fatto che di fronte a queste e altre rivendicazioni, che mirano ad eliminare il dolore aggiunto nel parto, ci si limiti nelle mozioni a suggerire un ulteriore intervento tecnologico senza modificare tutto il resto. Il circolo vizioso paura-dolore è messo in evidenza nel meccanismo del travaglio di parto da oltre mezzo secolo e intervenire sul dolore non basta. È necessario ridare fiducia in sé stesse alle donne, non lasciarle sole, informarle, riservare loro un ruolo attivo, senza espropriarle delle proprie capacità per consegnare ad altri la possibilità, o meno, del loro benessere.
Va bene l'analgesia epidurale, non come uso di routine, ma laddove vi sia l'evidenza scientifica della sua validità. Va bene accanto all'insieme di tutte le altre innovazioni necessarie, altrimenti si tratta di una scelta condizionata dalla paura, indotta dall'ignoranza, dall'insicurezza, che consegna ancora una volta alla tecnica il corpo e il destino delle donne, in un


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crescendo di consumismo farmacologico o chirurgico che rende il parto un evento patologico, facendo perdere a madri e neonati sani un'esperienza preziosa e fondamentale e assimilandoli a quell'esigua percentuale di parti patologici a cui andrebbero riservati gli interventi appropriati.
Il Parlamento non deve fornire indicazioni tecniche, ma politiche, che prevedano di mettere a disposizione risorse e competenze per migliorare nel nostro paese l'assistenza in gravidanza, nel parto e nel dopo-parto, a prescindere da quali siano le strade migliori (considerando quindi anche strade che non rendono, strade per le quali non è necessario comperare attrezzature sofisticate). Non spetta certo a noi indicarle, anche perché - e questa è una ulteriore grave perplessità, nata a fronte delle certezze e delle entusiastiche sicurezze che la mozione enuncia - la letteratura e l'evidenza scientifica ci pongono almeno dei dubbi. Riassumerò la vasta informazione - che è facilissimo reperire in Internet - sull'analgesia epidurale, anche se sarò costretta a semplificare.
L'analgesia epidurale è associata - e questi sono studi randomizzati con un processo di valutazione critica delle migliori evidenze scientifiche disponibili nella letteratura internazionale - ad un tasso inferiore di parti vaginali spontanei, ad un tasso superiore di parti operativi strumentali, ad un periodo espulsivo prolungato, a febbre materna. L'analgesia epidurale è associata a malposizione fetale, forse a causa di una mancata corretta rotazione della parte presentata. L'analgesia epidurale, protratta oltre la fine del periodo dilatante, comporta un aumento della frequenza di parti operativi vaginali (dato confermato da una vasta letteratura).
Non si sono registrate differenze statisticamente significative - e credo sia importante rimarcarlo, perché si tratta di un punto che invece le mozioni sottolineano, senza che sussista alcuna evidenza scientifica - nel tasso di parto cesareo né nel tasso di taglio cesareo per distocia. Anzi, sommando il numero dei tagli cesarei e dei parti operativi vaginali, questo è molto più frequente nel gruppo analgesia epidurale. Altri studi mettono in evidenza come sia il periodo dilatante sia il periodo espulsivo risultano più lunghi nel gruppo analgesia epidurale. Il ricorso alla somministrazione di ossitocina aumenta nel gruppo analgesia epidurale.
Potrei continuare, ma quello che credo sia importante e su cui vorrei far riflettere l'Assemblea è che la letteratura scientifica sottolinea l'esistenza di altri metodi di abbassamento della soglia del dolore durante il travaglio del parto, sicuramente più alla portata di tutti e che dovrebbero essere introdotti accanto all'analgesia epidurale, come interventi non farmacologici che si sono dimostrati efficaci nel ridurre l'intensità del dolore nel travaglio del parto (posizione eretta o laterale versus posizione supina o litotomica, ambiente travaglio-parto familiare versus ambiente istituzionale, sostegno emotivo versus assistenza standard, continuità dell'assistenza di un'ostetrica versus assistenza convenzionale e via dicendo).
Credo pertanto che queste mozioni, che pure hanno una loro validità, andrebbero integrate in modo che accanto, prima e a pari dignità dell'analgesia epidurale durante il parto, nel nostro paese si attuassero ciò che prevedono le linee guida stabilite fin dal 1985 dall'Organizzazione mondiale della sanità con il suo documento «Tecnologie appropriate per la nascita», cosa che, dal 1985 ad oggi, non abbiamo fatto (Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione comunista).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ercole. Ne ha facoltà.

CESARE ERCOLE. Signor Presidente, oggi in aula affrontiamo il problema della scarsa diffusione sul nostro territorio delle pratiche di parto effettuato con l'analgesia epidurale, che contribuiscono a ridurre il dolore del travaglio per la futura madre e favoriscono il ricorso al parto naturale. Attualmente soltanto il 3,7 per cento delle partorienti ricorre infatti a tale tecnica, mentre,


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parallelamente, continuano ad aumentare nel nostro paese la percentuale di parti cesarei rispetto ai parti naturali, tendenza che presenta profili problematici sia in quanto tende ad ospedalizzare un evento che invece dovrebbe essere vissuto nella sua naturalità, sia perché tende a far lievitare i costi dell'assistenza alla nascita e al parto.
La situazione nel nostro paese si pone in netta controtendenza rispetto a quella degli altri paesi occidentali, nei quali invece l'analgesia epidurale viene praticata nel 60 per cento dei casi.
A nostro avviso, uno dei principali motivi del limitato ricorso alla tecnica in esame è legato al mancato riconoscimento dell'analgesia epidurale tra le prestazioni incluse nei livelli essenziali di assistenza. Tale esclusione porterebbe le regioni a non ricomprendere, nelle spese relative al parto naturale, anche il costo dell'analgesia epidurale, la cui erogazione verrebbe così ad essere rimessa alla volontà ed alla libera scelta delle strutture ospedaliere.
Un altro problema è quello culturale, legato alla non adeguata informazione delle donne sui vantaggi derivanti dal ricorso all'analgesia epidurale. Si tratta di un problema che si propone di risolvere attraverso un'adeguata campagna informativa, rivolta al personale medico-sanitario.
In relazione all'inserimento dell'analgesia epidurale tra i livelli essenziali di assistenza, vorremmo evidenziare come effettivamente il ricorso a tale tecnica sia assente non solo all'interno del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sui livelli essenziali di assistenza, ma anche negli ultimi interventi programmatori sulla nascita e sul parto.
In particolare, il decreto ministeriale 24 aprile 2000, recante «Adozione del progetto obiettivo materno-infantile relativo al Piano sanitario nazionale per il triennio 1998-2000», prevede, ai fini dell'attivazione di un percorso-nascita, l'adozione di misure quali la riduzione dei tagli cesarei, la dismissione precoce della mamma e del bambino e l'attivazione di percorsi facilitanti il contatto tra madre e bambino, ma non contempla la promozione del ricorso a tecniche di analgesia.
Peraltro, dal punto di vista politico è evidente che le stesse regioni potrebbero intervenire per garantire la gratuità della prestazione in esame. A tale riguardo, evidenziamo come finora siano stati adottati a livello regionale vari interventi al fine di tutelare le condizioni del neonato dopo il parto, ad esempio creando condizioni ad hoc affinché, dopo la nascita, sia garantita la presenza dei genitori, oppure riducendo al minimo gli effetti negativi dell'ospedalizzazione.
Tuttavia, nessun intervento è stato adottato sul versante dell'erogazione gratuita delle tecniche analgesiche durante il parto. Tale dato deve essere collegato non tanto ad un'assenza di competenza delle regioni ad intervenire in materia (dopo la riforma del titolo V della Costituzione, infatti, le regioni possono determinare i livelli ulteriori di assistenza sanitaria, erogati gratuitamente, grazie a risorse regionali), quanto ad una scelta di opportunità politica e finanziaria.
Alla luce di tali considerazioni, affermiamo che, da un punto di vista strettamente politico, la proposta avanzata dalle mozioni all'ordine del giorno non è, di per sé, estranea agli orientamenti del gruppo della Lega Nord Federazione Padana in tema di parto. Nel caso in esame, la validità dell'analgesia epidurale, quale alternativa al ricorso al taglio cesareo che non sia medicalmente necessario, ci induce ad esprimere un orientamento favorevole sull'inclusione di tale tecnica tra i livelli essenziali di assistenza.
Affinché tale ragionamento possa esplicare un'efficacia pratica, è tuttavia necessario che l'inclusione dell'analgesia epidurale tra i livelli essenziali di assistenza sia accompagnata da un'operazione di responsabilizzazione, soprattutto nelle regioni del sud, in relazione al ricorso al taglio cesareo. Infatti, come è stato già ricordato dai colleghi precedentemente intervenuti, a fronte dei tassi di ricorso al taglio cesareo del 15-20 per cento rilevati nella maggior parte dei paesi europei, negli ultimi anni


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in Italia il ricorso a tale tecnica ha mostrato una lenta, ma progressiva crescita, passando nel triennio 1998-2001 dal 31,4 per cento al 32 e al 33 per cento. Tali dati, forniti dal Ministero della salute, testimoniano come tale aumento sia dovuto principalmente ad alcune regioni ad altissima frequenza di ricorso al taglio cesareo, tra le quali la Campania (il cui dato è superiore al 50 per cento), la Sicilia (42 per cento), la Puglia e la Basilicata (40 per cento).
Per questi motivi, è proprio nelle regioni del sud che dovrebbe essere garantita una politica capillare di promozione del parto naturale, corredato all'opzione analgesia epidurale rispetto al parto cesareo.
Ricordiamo, comunque, che i problemi dell'adeguamento delle prestazioni sanitarie in tema di assistenza al parto ed alla nascita sono oggetto, proprio in questi giorni, di discussione presso la XII Commissione in sede di esame delle proposte di legge recanti nuove norme per la tutela dei diritti della madre e del neonato e per il loro sostegno prima, durante e dopo la nascita. È questa l'occasione ideale per includere nei livelli essenziali di assistenza anche l'analgesia epidurale.
Ribadiamo il nostro orientamento positivo su entrambe le mozioni presentate.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Luigi Pepe. Ne ha facoltà.

LUIGI PEPE. Signor Presidente, nell'annunciare il voto favorevole della componente Alleanza Popolare-UDEUR del gruppo misto, mi richiamo alle considerazioni già svolte dagli onorevoli Valpiana e Burtone, che condivido pienamente.
Inoltre, vorrei invitare il Governo a compiere ogni sforzo affinché in tutti gli ospedali, specialmente in quelli del sud, si possa fare ricorso - in modo ottimale - alle tecniche di terapia del dolore durante il parto; e quando dico «in modo ottimale», intendo fare riferimento anche alle tante indicazioni fornite, in maniera molto eloquente, dall'onorevole Valpiana.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lucchese. Ne ha facoltà.

FRANCESCO PAOLO LUCCHESE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, l'argomento in esame è stato da noi già affrontato, per certi aspetti, nella scorsa legislatura, allorquando ci siamo occupati, con riferimento al parto, del tema dell'assistenza al neonato. In particolare, io sono stato relatore di una proposta di legge il cui iter non fu peraltro completato.
In questa legislatura, la Commissione affari sociali ha già elaborato un testo in materia, del quale è relatore il presidente Palumbo. Quest'ultimo è ostetrico, mentre io, che sono vicepresidente della suddetta Commissione, sono neonatologo: il nostro - mi sia consentita questa notazione - è un tandem perfetto per trattare argomenti di così grande importanza!
La mozione Castellani ed altri n. 1-00332 pone la lotta al dolore tra i compiti primari della medicina e della società. Mi sembra opportuno richiamare, a tale riguardo, un insegnamento della Scuola salernitana, che conosciamo tutti: Res divinum est lenire dolorem. Sembra giusto ed obiettivo che il parto avvenga senza dolore, ma non si tratta solo di questo.
L'anelgesia epidurale è una tecnica che dà la massima sicurezza per quanto riguarda non solo la salute della madre, ma anche quella del neonato. Come neonatologo, debbo affermare che, al contrario di quanto si potrebbe pensare, il taglio cesareo non è la tecnica più sicura per la madre e per il neonato: il taglio cesareo è sempre un intervento chirurgico per la madre ed il neonato ne soffre, perché finisce per essere soggetto all'anestesia alla quale viene sottoposta la madre. Inoltre, secondo la mia esperienza di neonatologo, la rianimazione di un bambino nato a seguito di taglio cesareo è piuttosto indaginosa rispetto all'eventuale rianimazione di un bambino nato da parto spontaneo (attraverso l'anelgesia epidurale avviene un parto spontaneo). Questo mi pare uno degli aspetti più importanti.


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Peraltro, la madre affronta il parto, che è un evento lieto, sia durante il travaglio sia al momento della nascita, con la piena coscienza di compiere un atto importante, di mettere alla luce una nuova vita. Al momento della nascita, la madre che è in condizione di affrontare l'evento senza dolore, vivendolo con piena coscienza e vedendo il figlio che nasce, si trova in una situazione diversa rispetto ad una madre che ha sofferto i dolori del travaglio.
Questi sono tutti argomenti a favore delle tecniche in esame. Tuttavia, nella mozione si rileva che non vi sono le condizioni di natura economica. Tali tecniche dovrebbero essere comprese nei livelli essenziali di assistenza. È giusto che sia così. Tra l'altro, il ricorso all'anestesia epidurale, per la società, per la sanità e per le finanze dello Stato, ha un costo inferiore rispetto al parto cesareo e a quello naturale quando si ricorre all'episiotomia o al forcipe. L'inclusione di tali tecniche nei livelli essenziali di assistenza non rappresenterebbe un aggravio per le finanze pubbliche, ma consisterebbe, a mio avviso, in un risparmio.
Inoltre, bisogna promuovere una campagna informativa su tali tecniche; gli operatori del settore hanno preso già atto di questa esigenza. Occorre informare l'opinione pubblica, in particolare le madri; ormai, grazie ai corsi preparto, tutte le donne sono informate su tale tecnica. Bisogna tuttavia informarle soprattutto sulla bontà della stessa, che non provoca disturbi, danni o pericoli; è una tecnica sicura e dobbiamo renderla praticabile in tutte le sale parto.
Ho in precedenza ricordato che è all'esame, in sede di Comitato ristretto presso la Commissione affari sociali un provvedimento concernente «Norme per l'assistenza alla nascita e la tutela della salute del neonato», di cui è relatore il presidente Palumbo. Tale provvedimento affronta anche questo tema, che pertanto non rimarrà circoscritto all'ambito di queste mozioni, ma sarà affrontato attraverso un provvedimento che, se diventerà legge, risolverà il problema alla radice.
Tutti concordiamo sulla necessità di affrontare il problema in esame con la massima urgenza, con serietà e con gli strumenti necessari (Applausi dei deputati del gruppo dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazioni di voto l'onorevole Magnolfi. Ne ha facoltà.

BEATRICE MARIA MAGNOLFI. Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, credo che l'approvazione della nostra mozione rappresenti un piccolo contributo di civiltà del Parlamento. Lo dico senza alcuna enfasi, in quanto non amo la demagogia né la retorica, neppure quella sulla famiglia che troppo spesso ascolto o quella femminista, da cui le donne talora non ricavano alcun vantaggio. Lo dico nonostante la mia appassionata attenzione alle questioni femminili e femministe.
L'analgesia epidurale nel travaglio del parto è una tecnica - com'è stato detto - che combatte efficacemente il dolore del parto. È pienamente accettata dalla comunità scientifica e sperimentata da molti anni in condizioni di sicurezza per la madre e per il bambino. Si coniuga perfettamente al parto naturale, anzi, il controllo del dolore esalta gli aspetti positivi del parto, facilita la partecipazione e il coinvolgimento in piena serenità all'esperienza più importante nella vita di una donna. Proprio ieri, il grande ginecologo Forleo ha dichiarato che non esiste alcuna antitesi tra l'applicazione di questa tecnica e la piena naturalità del parto.
La nostra mozione nasce da una constatazione molto semplice: negli altri paesi avanzati c'è un ricorso all'analgesia epidurale nel 50 per cento, o addirittura nel 60 per cento delle nascite. In Italia, secondo i dati ISTAT (che mi hanno molto sorpreso), il ricorso a questa prestazione riguarda solo il 3,7 per cento dei parti. È un divario talmente enorme - qualcuno l'ha definito un'anomalia - che deve indurre a riflettere e che ha determinato l'urgenza di fare qualcosa per rimuovere eventuali ostacoli.


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Come molti operatori denunciano, un possibile ostacolo risiede nell'organizzazione sanitaria. Non lo denunciano solo gli anestesisti, ma anche i ginecologi e, in generale, il personale medico più attento. L'organizzazione sanitaria non garantisce a tutte le donne che si rivolgono ai punti nascita nel nostro paese di ricevere questa prestazione in condizioni di parità, di sicurezza e di piena e completa informazione (altro aspetto molto rilevante che alcuni colleghi hanno sottolineato).
Infatti, è vero che, sulla base del Piano sanitario nazionale, all'interno dei punti nascita dovrebbero essere presenti l'anestesista, il ginecologo, il pediatra, oltre che l'ostetrica, per tutto il tempo necessario; tuttavia, in molte realtà la carenza di personale sanitario specializzato, in particolare anestetisti e paramedici, rende difficile l'applicazione di questa metodica di parto indolore. Come altri colleghi hanno ricordato, in molte regioni i diagnosis related groups relativi al parto naturale non considerano i costi relativi all'assistenza necessaria per l'attuazione del parto con la tecnica dell'analgesia epidurale e ciò che si fa è, in sostanza, affidato in molti casi alla buona volontà delle strutture e degli operatori.
Sul dolore c'è una grande messe di studi e di elaborazioni culturali - esistono una filosofia, una sociologia, un'etica e perfino un'estetica del dolore -, ma io ho un approccio laico a questi temi o, per meglio dire, un approccio pragmatico. Mi riconosco nelle cose che spesso ho letto e ho sentito dire dal professor Umberto Veronesi, ex ministro della sanità, il quale ha portato avanti con tenacia la legge sul dolore, che considero un traguardo di civiltà (e mi rammarico che non sia applicata in molte aree e in molte strutture del nostro paese). Voglio ricordare - e l'ho fatto nella mozione di cui sono prima firmataria - alcuni ripetuti pareri del comitato nazionale di bioetica, in particolare un parere riguardante proprio l'analgesia epidurale, in cui si sottolinea l'esigenza che la decisione sulla strada da intraprendere debba essere riservata ad ogni singola donna, sulla base di un'informazione corretta dei vantaggi, dei rischi e delle possibilità che questa soluzione offre.
Inoltre, ritengo che per le donne italiane - questa è una mia opinione -, in particolare per le giovani donne, siano cambiate molte cose: c'è un maggiore livello di scolarizzazione, ci sono differenti stili di vita, una diversa percezione di sé, del proprio benessere, del proprio corpo. Io credo che questo si possa conciliare difficilmente, anche dal punto di vista culturale, con le modalità del parto, in cui il dolore fisico è preponderante rispetto alle altre emozioni positive (un dolore che molte donne vivono come qualcosa di innaturale, alla luce della loro percezione).
Sempre Romano Forleo ricorda che la regina Vittoria, già nell'800, scelse di mettere al mondo il figlio Edoardo, che era il suo settimo figlio, con una tecnica anestetica, sia pure rudimentale, che da allora fu chiamata «anestetico della regina». Con la nostra mozione non ci occupiamo delle regine e neppure delle donne privilegiate, che da sempre hanno maggiori possibilità di scelta, ma di tutte le giovani donne italiane, quelle che vogliono investire sul futuro mettendo al mondo un figlio, per offrire loro il diritto di scegliere, il diritto ad essere informate su tutti gli aspetti e su tutte le opportunità, il diritto a ricevere questa prestazione da personale qualificato in qualunque struttura, piccola o grande, di qualsiasi regione, più o meno ricca, del nostro paese.
Su questi obiettivi si è determinata, non a caso, la convergenza di molte colleghe del centrosinistra e del centrodestra, che ringrazio per l'adesione, la fiducia e anche la convinzione con cui hanno sostenuto la nostra mozione. Il Governo ha espresso un parere favorevole - e ringrazio di questo il sottosegretario -, che mi auguro sarà seguito dai fatti. Il Governo elabori linee guida per l'attivazione di questa prestazione nelle regioni, metta in campo strumenti di monitoraggio e di controllo per verificare se queste linee guida sono applicate nelle singole aziende ospedaliere, nelle aziende territoriali, per verificare la qualità delle tecniche analgesiche che vengono praticate nel parto e, di conseguenza,


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adeguare i diagnosis related groups (il vero problema che la nostra mozione vuole affrontare in maniera paritaria su tutto il territorio nazionale)! Non suscitiamo attese che produrranno delusioni! Questa è la preoccupazione di chi ha proposto la mozione, che credo debba appartenere anche al Governo.
Tutto ciò avrà un costo, ma consentirà il raggiungimento di un grande obiettivo sociale. Del resto, per il Servizio sanitario nazionale ha un costo elevato anche l'enorme ricorso al parto cesareo (cui molti altri colleghi hanno fatto riferimento prima di me), che è molto al di sopra della media europea. La nostra mozione deve rappresentare uno stimolo per un intervento rapido e concreto.
La collega Alberta De Simone ha presentato una proposta di legge sul parto naturale che è all'attenzione, in un testo unificato, della Commissione affari sociali di questo ramo del Parlamento. Si sta discutendo, quindi, una legge organica, che comprende già al suo interno l'importante aspetto dell'analgesia epidurale che stiamo esaminando oggi in quest'aula
Concludo sottolineando che tra pochi giorni è l'8 marzo, una data importante per le donne. Talvolta, viviamo questa data come una ricorrenza un po' troppo simbolica, scissa da soluzioni concrete ai molti problemi ancora esistenti per le donne in tutto il mondo ed anche nel nostro paese.
Credo che questa mattina, approvando la nostra mozione e quella a prima firma dell'onorevole Bolognesi sulla lotta ai tumori al seno, si offrirà un contributo di concretezza e si darà prova di saper discutere di questioni che segnano un punto di vera e propria civiltà (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mazzuca Poggiolini. Ne ha facoltà.

CARLA MAZZUCA POGGIOLINI. Signor Presidente, con riferimento alle mozioni sulle iniziative per favorire nuove tecniche analgesiche durante il travaglio, mai come in questo caso si coglie appieno la valenza di tale strumento parlamentare. Da un lato, si impegna il Governo, attraverso un'azione nei vari livelli istituzionali, a raggiungere l'obiettivo che la mozione si prefigge e, dall'altro, si pone in essere un forte atto culturale. In altri termini, si sottolinea un aspetto, quello della terapia del dolore e della lotta per l'abolizione del dolore, che assume grande rilievo e rispetto al quale il nostro paese è impegnato da non molto tempo.
Infatti, non è da tanto che il dolore viene visto come un sintomo, come qualcosa di simile ad una malattia da combattere e da contrastare, ovviamente, con tutti i mezzi leciti.
Una volta, il dolore era considerato una forte componente della condizione umana, sia per motivi religiosi sia per motivi medici, derivanti anch'essi da questioni religiose. L'affermazione «donna partorirai con il dolore» veniva accettata anche da chi non era cristiano, forse perché così era più comodo e più facile.
Allora, le mozioni al nostro esame - se Dio vuole! - uniscono sia il centrodestra sia il centrosinistra; esse hanno ottenuto, entrambe, il parere favorevole del Governo e sostengono l'utilizzo di questa tecnica analgesica già usata negli altri paesi, ma ancora poco in Italia.
Le mozioni rappresentano un salto di qualità rispetto al problema del dolore delle donne durante il parto: ecco il motivo per cui è importante che oggi se ne parli. È importante non soltanto perché ci troviamo nell'aula parlamentare di maggior prestigio ed importanza del nostro paese, ma anche perché siamo all'inizio del mese di marzo. Pertanto, in questo mese si richiedono nei riguardi delle donne atti concreti e sempre meno celebrativi o soltanto di facciata.
Ritengo sia molto importante, infatti, da un lato, sviluppare sempre più questo tipo di analgesia e, dall'altro, contrastare sempre più la pratica del taglio cesareo, che molto spesso risponde soltanto a questioni di comodo della struttura sanitaria


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preposta o, addirittura, del medico stesso che lo pone in essere (il quale, magari, in seguito, riceverà per quell'intervento un rimborso maggiore rispetto a quello previsto per una semplice anestesia).
Credo che - come ha affermato il collega Luigi Pepe intervenuto prima di me - sia molto importante che tutti i gruppi si siano espressi a favore di queste mozioni, così come è importante che il Governo assuma impegni affinché le regioni, nell'ambito dei livelli essenziali di assistenza, si sentano confortate e supportate, anche dal punto di vista finanziario, nell'attivazione di strumenti operativi che consentano, con riferimento a questo tipo di anestesia, una migliore e una maggiore scelta da parte delle donne. Scelta che non potrà avvenire se non si attiveranno - come prevede la nostra mozione - adeguate campagne di informazione non soltanto all'interno delle istituzioni territoriali preposte, ma anche in modo più ampio rispetto a tutte le donne. Per questo motivo, noi che l'abbiamo sottoscritta esprimeremo con grande convincimento voto favorevole sulla mozione in esame.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Palumbo. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE PALUMBO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, intervengo brevemente perché sono stato anche chiamato in causa diverse volte. Come i miei colleghi che mi hanno preceduto hanno detto, attualmente è in discussione (e siamo nella fase che precede la definizione di un testo unificato) una proposta di legge sull'assistenza al parto volta a migliorare quanto di buono già vi è attualmente in Italia.
Ho sentito parlare quasi tutti i colleghi e vorrei svolgere alcune precisazioni. Per quanto riguarda il parto naturale, il parto è il parto: esistono poi il parto spontaneo e quello operativo. Esiste poi il taglio cesareo, che non è un parto, bensì un intervento chirurgico. Parlare pertanto di parto naturale e poi inserire, come è giusto che sia, anche l'analgesia durante il travaglio mi sembra un controsenso. Questo dal punto di vista tecnico.
Per qualunque tipo di intervento medico svolto nel corso della gravidanza o durante l'assistenza al travaglio è poi necessario tenere conto di tre elementi: l'indicazione, la controindicazione e le condizioni permittenti.
Per quanto riguarda la scelta dell'analgesia nel corso del travaglio, devo dire che la condivido pienamente e ritengo rappresenti un grande passo avanti nella definizione dell'assistenza al parto; sicuramente aiuta la donna ad affrontare il dolore e rappresenta un'altra tecnica che va ad aggiungersi alle altre già diffuse in Italia. Attualmente è poco utilizzata - lo abbiamo visto dalle statistiche - per ragioni organizzative, non perché non se ne conoscano i vantaggi.
Occorre infatti che siano sempre presenti in sala parto un anestesista, un neonatologo e il ginecologo. Quando si inizia un'analgesia nel corso del travaglio è necessario monitorizzare quel travaglio. Non si può infatti lasciare la donna in travaglio senza monitorizzarla, senza controllare lo stato di salute del nascituro, senza verificare il battito cardiaco fetale e quant'altro, dal momento che si interviene con un atto medico. È necessario seguire anche il travaglio che avviene senza alcun intervento medico, figuriamoci se non è necessario monitorare un travaglio in cui si interviene con un atto medico! Per quanto concerne le statistiche riportate dall'onorevole Valpiana in ordine all'allungamento dei tempi del travaglio e all'incremento del numero degli interventi cesarei, non mi risultano corrispondenti al vero, almeno in base a quanto emerso in occasione di congressi ai quali ho partecipato.
Tornando all'analgesia durante il travaglio, è importante tuttavia che si tratti di una libera scelta della donna: se la sceglierà il 60-70 per cento delle donne, evidentemente è una scelta che deve essere favorita; ma se una donna non vuole farla, nessuno potrà obbligarla in tal senso. Questo è un discorso di fondamentale importanza. Ciò non toglie, e lo ribadisco, che va incrementata la possibilità di adottare questa scelta, che, con oculatezza e


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con attenzione, sicuramente favorisce moltissimi momenti del parto e del travaglio.
Concludo, dicendo che il momento più importante, e forse di lieve controindicazione dal punto di vista della tecnica, è quello finale, il cosiddetto periodo espulsivo, che permette alla donna di agevolare la fase espulsiva. Essendo in anestesia, la donna non sente tale stimolo; tuttavia, se viene prima preparata dal medico e dall'équipe a questo tipo di tecnica, collaborerà con il medico ed il parto avverrà in maniera spontanea.
La suddetta tecnica ha, invece, sicuramente accorciato i tempi del travaglio di parto. Assistevamo a tempi di travaglio lunghissimi, addirittura più di 14 ore. Con tale tecnica, poiché la donna è più rilassata e tranquilla, i tempi sono notevolmente abbreviati. Ciò non toglie che si tratti di una tecnica di ordine medico: è poco invasiva, ma è comunque una tecnica di assistenza al parto.
Dunque, ben vengano le nuove tecniche che porteremo avanti anche nel provvedimento sul parto naturale. Tuttavia, bisogna riorganizzare l'assistenza al parto nelle strutture ospedaliere di molte zone della nostra nazione. Per questo stiamo cercando di predisporre una legge più organica, che speriamo il Parlamento approvi al più presto, per aiutare la donna nel momento della nascita che, a mio avviso, è il più bello per lei, ma anche per il marito, per chi la accompagna e per tutta la famiglia (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia)!

ANTONIO GUIDI, Sottosegretario di Stato per la salute. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO GUIDI, Sottosegretario di Stato per la salute. Signor Presidente, onorevoli colleghi, non voglio riaprire il dibattito, ma ritengo necessarie alcune precisazioni. Innanzitutto, il Governo registra in modo positivo gli interventi di maggioranza ed opposizione sul contrasto al dolore durante il parto. Debbo ribadire - l'ho già detto in sede di discussione sulle linee generali - che tale tecnica, anche se è importante e va diffusa, va vista in un'ottica di sistema. Ridurre e lenire il dolore prevede un insieme di interventi non solo durante ma anche prima del parto e, addirittura, prima del concepimento. In caso contrario, settorializzeremo sempre di più il momento nascita, come diceva l'egregio collega, onorevole Palumbo.
Dunque, il Governo è sicuramente favorevole alle mozioni in esame, ma sempre nell'ottica di valorizzare anche altri aspetti. Sin dalla scuola, ad esempio, si devono intercettare i bisogni dei fanciulli e degli adolescenti sulle conoscenze riguardanti la sessualità, il parto, la procreazione. Inoltre, bisogna valorizzare i consultori familiari meno medicalizzati ed anche il dopo parto. Infatti, la depressione post partum, sintomo soprattutto di solitudine, va presa in considerazione. È all'interno di tutto ciò che bisogna trattare le tecniche analgesiche.
Insisto anche su un altro aspetto. Molti colleghi, soprattutto maschi, hanno giustamente detto che il parto è un momento meraviglioso, affascinante e bellissimo. A mio avviso, questo momento potrebbe a volte non essere tale. Spesso il parto, per motivi di povertà, di mancanza di conoscenza, per solitudine, vede la donna attanagliata da sofferenze non solo fisiche ma anche psicologiche. Spesso il parto è sinonimo di solitudine della donna e del nascituro anche nelle stagioni successive.
Per questo ritengo che, quando si valorizza una tecnica come l'epidurale, bisogna anche valorizzare tutto il percorso (sessualità, concepimento, post concepimento), altrimenti ciò che diciamo è importante, ma rimane estremamente settoriale. Mi permetto di aggiungere, e concludo, che, lunedì prossimo, la commissione salute donna, che è stata richiamata da qualche onorevole collega e che è coordinata dalla dottoressa Renata Bastiani, inviterà la cittadinanza (ed anche voi, onorevoli colleghi) presso il Ministero della salute, proprio per fare il punto sull'accesso alle terapie e sulla «smedicalizzazione» di certi punti critici di contatto con la donna e con la coppia. Credo sia


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importante chiarire che non si può considerare, come detto, una singola tecnica, perché questa si valorizza quando la vediamo in un'ottica di sistema.
Il parto può essere un momento meraviglioso, ma bisogna contrastare il dolore, sia fisico sia psicologico. Occorre una preparazione diffusa e competente del personale, ma soprattutto dei soggetti - che non possono essere considerati oggetti - di questo evento, quello di una nuova nascita, che potrebbe essere (e dovrà essere) meraviglioso.

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