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La seduta, sospesa alle 19,55, è ripresa alle 20.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 14 gennaio 2004, n. 2, recante disposizioni urgenti relative al trattamento economico dei collaboratori linguistici presso talune Università ed in materia di titoli equipollenti.
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che il presidente del gruppo parlamentare dei Democratici di sinistra-l'Ulivo ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del regolamento.
Avverto, altresì, che la VII Commissione (Cultura) s'intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore, onorevole Santulli, ha facoltà di svolgere la relazione.
PAOLO SANTULLI, Relatore. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il decreto-legge in esame già approvato con alcune modifiche dal Senato, relativamente all'articolo 1 interviene in materia di trattamento economico degli ex lettori di madre lingua straniera presso alcune università italiane. Il provvedimento è indifferibile in quanto proprio l'articolo citato è adottato per ottemperare ad una sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee in materia di libera circolazione e di parità di trattamento dei lavoratori. Si tratta di una sentenza pronunciata il 26 giugno 2001 nella causa n. 212 iniziata nel 1999 per questioni non risolte dal Governo italiano.
È quindi un tentativo per scongiurare l'erogazione delle sanzioni previste il cui ammontare sarebbe dell'ordine di circa trecentomila euro giornaliere. Con questo intervento il trattamento economico degli ex lettori di madre lingua straniera delle università della Basilicata, di Milano, di Palermo, di Pisa, di Roma («la Sapienza») e dell'università Orientale di Napoli è equiparato a quello dei ricercatori universitari confermati a tempo definito. Avremmo voluto vedere immediatamente riconosciuta la posizione di tutti gli ex lettori di tutte le università italiane; il Governo, però, ha assicurato al relatore che è in corso un monitoraggio in tutti gli atenei e, ciò, quindi, potrebbe verificarsi in un secondo momento.
Il riconoscimento dei diritti acquisiti, operato nei confronti dei collaboratori ed esperti linguistici, è esclusivamente economico avente effetto dalla data della loro assunzione; e, come ha già chiarito il Governo, questo riconoscimento economico comprende anche gli interventi previdenziali e assistenziali (un'altra assicurazione ad una preoccupazione che stava a cuore del relatore). L'onere previsto, conseguente all'intervento programmato, è
valutato in dieci milioni di euro per l'anno 2004, cui si provvede attraverso una riduzione...
PRESIDENTE. Colleghi della Lega Nord Federazione Padana, per favore!
PAOLO SANTULLI, Relatore. ...del finanziamento ordinario delle università.
L'articolo 2 dispone l'equipollenza, ai titoli di laurea in giurisprudenza rilasciati dalle università statali italiane, dei corrispondenti titoli rilasciati da istituzioni universitarie straniere e non statali italiane operanti sul territorio nazionale, qualora queste siano riconosciute di particolare rilevanza scientifica sul piano internazionale. Il riconoscimento dell'equipollenza è disposto con decreto del ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca scientifica previo parere conforme del Consiglio universitario nazionale e dopo aver verificato la sussistenza di una serie di precisi requisiti; deve essere, infatti, valutata la corrispondenza dei percorsi formativi e dei programmi d'insegnamento ai percorsi e titoli rilasciati dalle università italiane; inoltre, deve essere verificata la disponibilità di adeguate strutture edilizie, strumentali e didattico-scientifiche oltre che dei servizi riservati agli studenti nonché i requisiti professionali dei docenti.
Il comma 2 dell'articolo, come modificato nel corso dell'esame al Senato, esclude dalla procedura descritta i titoli accademici rilasciati dalle istituzioni straniere autorizzate ai sensi dell'articolo 2 della legge n. 4 del 1999 e secondo la disciplina dell'articolo 4 della legge n. 148 del 2002 di ratifica della Convenzione di Lisbona concernente il riconoscimento di titoli di studio stranieri relativi all'insegnamento superiore nella regione europea per la cui dichiarazione di equipollenza rimangono dunque ferme le disposizioni di tale ultima legge.
L'articolo 2 introduce una speciale disciplina in materia di equipollenza dei titoli di laurea, anche al fine di rafforzare il processo di convergenza europea dei sistemi scolastici e universitari. Merita segnalare che le disposizioni in esame appaiono sostanzialmente analoghe a quanto già previsto dall'articolo 30 della legge n. 56 del 1989, in relazione all'equipollenza automatica delle lauree in giurisprudenza rilasciate da istituzioni universitarie di particolare rilevanza internazionale.
Per quanto concerne i destinatari della disposizione recata dall'articolo 2, ritengo opportuno segnalare che nel corso del dibattito al Senato si è fatto più volte riferimento ai titoli accademici rilasciati dalle Università pontificie. In particolare, si segnala un ordine del giorno, presentato dal senatore Cutrufo e accolto come raccomandazione, che impegna il Governo ad applicare la nuova procedura ai titoli rilasciati dalla Pontificia università lateranense.
L'articolo 3 dispone, infine, in ordine all'entrata in vigore del decreto-legge e alla sua conversione in legge. Si prevede, in particolare, che il provvedimento entri in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione.
PRESIDENTE. Prendo atto che rappresentante del Governo si riserva di intervenire in sede di replica.
È iscritto a parlare l'onorevole Martella. Ne ha facoltà.
ANDREA MARTELLA. Signor Presidente, sono trascorsi quasi tre anni dall'insediamento del Governo Berlusconi e finora per l'università non è accaduto nulla di positivo. Abbiamo assistito soltanto ad annunci propagandistici, a proposte di riforma velleitarie e largamente contestate, al taglio di finanziamenti, al blocco delle assunzioni, al blocco dei concorsi.
Nel corso del nostro lavoro parlamentare abbiamo esaminato esclusivamente una serie di decreti-legge, che sembrano farci ritornare alla stagione dei provvedimenti d'urgenza per l'università, blindati nel corso dell'esame parlamentare e in assenza di qualsiasi iniziativa propositiva da parte del Governo e di un dibattito politico pubblico sullo stato dell'università e sulle sue prospettive di qualificazione e di sviluppo.
Il decreto-legge in esame costituisce l'ennesimo provvedimento d'urgenza, che ha ad oggetto due temi degni di rilevanza ma completamente diversi fra loro (è peraltro certamente positivo il fatto che entrambi gli articoli si occupino di materie relative all'università, il che non sempre è accaduto).
L'articolo 1 riguarda la regolarizzazione del trattamento economico degli ex lettori universitari di madre lingua straniera. Si tratta di una questione la cui soluzione è certamente urgente, che presenta elementi di notevole complessità e che si trascina da anni, anche con complicazioni a livello internazionale.
L'articolo 2 affronta invece un tema che non presenta gli stessi caratteri di urgenza, e davvero non si comprende perché il Governo abbia fatto ricorso allo strumento del decreto-legge. Si tratta di una disposizione molto complessa, che prevede una procedura speciale per la dichiarazione di equipollenza tra la laurea nelle materie giuridiche rilasciata dalle università italiane e quelle conferite da istituzioni universitarie diverse da quelle italiane, ma operanti sul territorio nazionale, che siano riconosciute di particolare rilevanza con decreto del ministro. Tale anomala disposizione si riferisce principalmente alle università pontificie.
Tornando all'articolo 1, relativo agli ex lettori universitari di madre lingua straniera, va rilevato come esso riguardi una vicenda molto lunga e complessa, che vale la pena ripercorrere, almeno nei suoi passaggi fondamentali.
Gli ex lettori di lingua madre straniera hanno insegnato la propria lingua agli studenti italiani per molti anni; il sistema ha funzionato, anche positivamente, entrando in crisi non appena l'insegnamento della lingua è diventato un fenomeno molto più complesso e molto più di massa.
Da questa figura è nata quindi, nel corso degli anni, una particolare professionalità. La nostra legislazione non è tuttavia riuscita a seguire l'importante evoluzione avvenuta con la trasformazione di questa figura; si è intervenuti creando contratti a tempo determinato, che nel 1995 si sono trasformati in contratti a tempo indeterminato: non più lettori, ma collaboratori ed esperti linguistici.
Nel corso degli anni, evidentemente, ci si è posto il problema del riconoscimento del lavoro di tali persone, con varie istanze, anche di natura sindacale; il tentativo, tuttavia, della normativa attuale di considerare tali figure come unità di personale tecnico-amministrativo non ha funzionato. Era ovvio che fosse così, in quanto tali lavoratori svolgono un compito didattico, ovvero insegnano la propria lingua agli studenti italiani; sono preparati professionalmente e assolvono un compito indispensabile nei nostri atenei.
Si è, quindi, ingenerata una certa confusione, anche a causa di traduzioni mal fatte, che hanno introdotto l'opinione che tale figura potesse essere equiparata a quella dei professori universitari. Ma non si tratta di professori universitari in quanto a questi ultimi spetta il compito dell'attività didattica e di quella di ricerca; si tratta, però, di figure altamente professionalizzate che svolgono un'attività didattica di insegnamento.
Come è stato ricordato anche dal relatore, moltissime sentenze - alla fine anche una della Corte di giustizia europea - hanno sancito che il nostro paese ha violato norme generali, sicché, per rimediare alla situazione, l'Italia è stata condannata al pagamento di una multa assai cospicua, 250 mila euro al giorno.
Ebbene, il decreto in esame nasce dalla necessità da parte del Governo di ottemperare alla sentenza e di evitare l'applicazione della multa; quindi, prendiamo atto dei motivi di necessità e di urgenza, non volendo, certo, disconoscerli. Ma non siamo d'accordo invece sulla soluzione adottata; anzi, credo si possa sostenere che il decreto, in realtà, non risolve la questione, intervenendo male e, per alcuni aspetti, anche inutilmente. Di fatto, non raggiunge neanche lo scopo per cui è stato pensato, ovvero proteggere il paese dalla condanna in cui è incorso.
Con le proposte emendative da noi presentate - e che domani, durante il prosieguo della discussione, illustreremo
-, abbiamo cercato di migliorare il provvedimento, tentando di superare i punti critici che esistono e che, per quanto ci riguarda, sono molto consistenti.
Ma vorrei tentare di spiegare brevemente quali siano i punti di debolezza del provvedimento. Innanzitutto i collaboratori e gli esperti linguistici sono presenti in tutti i 77 atenei italiani. Ebbene, ciascuno di noi è sicuramente a conoscenza di casi postisi in università presenti nel proprio territorio di provenienza; ciò malgrado, il decreto si occupa soltanto di sei università - quelle che hanno subito la sentenza di condanna -, tentando di risolvere la questione che ha riguardato tali atenei. Ma è una soluzione parziale e non sufficiente, così come non sufficiente è stata la delucidazione offerta dal Governo in Commissione in sede referente. Non è sufficiente perché è ovvio quanto succederà: si dovranno varare altri decreti per ciascuno degli atenei che incorrerà nella sentenza della Corte di giustizia europea.
Mi sembra che, anche dal punto di vista legislativo e parlamentare, sia una prospettiva sbagliata, non razionale; inoltre, si adotta una procedura non condivisibile.
Il Governo ha assicurato che vi sarà un monitoraggio che, tuttavia, andrebbe compiuto da subito; sin d'ora, saremmo in grado, infatti, di capire quale sia la reale situazione. Bisognerebbe così agire proprio al fine di risolvere il problema una volta per tutte, senza doverlo rinviare ad altri momenti, quando altri casi del genere si saranno verificati.
Sarebbe più giusto, come abbiamo proposto, risolvere il problema per tutti gli atenei italiani e, quindi per tutti i collaboratori linguistici, con caratteristiche e modalità valide per tutti; ciò, anche per evitare ulteriori sanzioni pecuniarie inflitte al nostro paese.
Il secondo punto di debolezza è dato sicuramente dal fatto che questo provvedimento equipara la figura di questi lavoratori ai ricercatori a tempo definito, mentre i lettori, ora collaboratori linguistici, prestano la loro intera attività lavorativa presso le università. Quindi, questo decreto-legge non risolve il problema posto dalla Commissione e rischia anche da questo punto di vista di risultare inutile.
Di fatto, cosa stiamo approvando? Andiamo ad approvare un decreto-legge rispetto al quale la Commissione europea ha già deciso di adire la Corte di giustizia europea, affermando che di fatto non risolve i problemi che sono stati posti dalla sentenza del 26 giugno 2001. In effetti, la Commissione ritiene che inquadrare i lettori come ricercatori a tempo definito imponga loro uno status che per i cittadini italiani rappresenta invece una libera scelta. Inoltre, di norma i lettori lavorano a tempo pieno e le ore di lavoro da essi svolte sono nettamente superiori a quelle svolte dai ricercatori a tempo definito. Quindi, il nuovo inquadramento non è conforme alla sentenza della Corte e il divieto di esercitare la funzione di docente è in contrasto con l'attuale situazione nelle università italiane e pregiudica l'attuale funzione e l'attuale status dei lettori.
La Commissione europea ritiene che il decreto-legge non applichi completamente e correttamente la sentenza della Corte e propone l'imposizione di una sanzione giornaliera più forte, superiore ai 300 mila euro. Noi ci troviamo quindi di fronte ad un decreto-legge che non risolve la situazione, che rischia di complicarla e che di fatto non tutela il nostro paese neanche a fronte della sanzione che è stata adottata e che è destinata ad aumentare.
Il terzo aspetto di forte criticità riguarda il trattamento previdenziale e gli arretrati. In effetti, è evidente che quando si riconosce ad un lavoratore un trattamento economico e le caratteristiche giuridiche ad esso corrispondenti è implicito il riconoscimento anche del trattamento previdenziale. Come ho già detto, il decreto-legge non dice nulla degli arretrati economici e del trattamento previdenziale, ma è del tutto evidente che le figure di cui stiamo parlando, vale a dire professionisti dell'insegnamento della lingua, chiederanno gli arretrati spettanti in base a questa loro posizione. Pertanto, sarebbe opportuno effettuare la ricostruzione di
carriera dall'inizio del rapporto ad oggi e garantire la relativa copertura previdenziale.
Anche da questo punto di vista, il Governo dice che si intende per trattamento economico anche tutta la dinamica salariale complessiva del trattamento previdenziale. Con i nostri emendamenti abbiamo proposto di inserire nel decreto-legge tale esplicita previsione in modo tale che non ci siano problemi di interpretazione, che il testo sia chiaro e che non si possa incorrere in ulteriori contenziosi.
Il quarto punto di particolare criticità riguarda la questione dei finanziamenti e del costo di questa equiparazione economica. Il costo viene messo a carico delle università, mentre è noto come le università hanno seguito per 24 anni le norme di legge e le indicazioni del ministero. Sarebbe quindi più giusto che lo Stato si accollasse i costi della sentenza, mentre così si determina una riduzione del fondo per il finanziamento ordinario dell'università e questo - non voglio dilungarmi su questo punto perché l'ho fatto in tante altre occasioni - è particolarmente grave in un momento di forte difficoltà per il nostro sistema universitario, soprattutto per il sottoinvestimento di carattere finanziario e per il taglio di risorse che è stato operato in questi due anni e mezzo dal Governo di centrodestra.
Concludo molto rapidamente, signor Presidente, per dire che questo decreto-legge, in definitiva, non risolve il problema ed anzi complica una questione già di per sé stessa complessa. Pertanto, il provvedimento andrebbe profondamente modificato come suggerito dalle nostre proposte emendative, anche perché noi ne riconosciamo le ragioni di necessità ed urgenza. Più in generale, sarebbe opportuno intervenire con un provvedimento di legge che disciplinasse definitivamente lo stato giuridico di queste figure indispensabili, mentre in sostanza con questo decreto-legge non si rispetta la sentenza della Corte e si nega la funzione di docente a queste figure che svolgono un'attività di insegnamento di cui peraltro le università hanno bisogno per un corretto insegnamento delle lingue.
I motivi di urgenza e di necessità, di cui riconosciamo la sussistenza in questo primo articolo del decreto-legge al nostro esame, non sussistono invece per ciò che riguarda l'articolo 2 del provvedimento. Non c'è urgenza infatti di dichiarare l'equipollenza tra le lauree in materie giuridiche conseguite presso le università italiane e quelle conseguite presso le istituzioni universitarie di carattere internazionale operanti in Italia, cioè le università pontificie cui la norma sembra riferirsi.
Insomma, noi non abbiamo nulla in contrario nel merito e, anzi, riteniamo sia opportuno un provvedimento legislativo che si ponga l'obiettivo di rivedere organicamente l'equipollenza della lauree italiane con quelle rilasciate dalle pontificie università - non solo in giurisprudenza, ma in tutte le materie -, ma ciò che francamente è inspiegabile è che si decida di fare questo per decreto-legge, per lo più associando temi che non c'entrano nulla l'uno con l'altro.
Questo provvedimento meriterebbe, quindi, una maggiore e diversa attenzione ed un maggiore approfondimento, dal momento che il nostro paese ha approvato nel 2002 una legge che disciplina proprio il riconoscimento dei titoli universitari stranieri, recependo la Convenzione di Lisbona che ci lega a tutti i paesi europei. Anche se, ripeto, non abbiamo niente in contrario rispetto ad un provvedimento che stabilisca l'equipollenza tra queste lauree e le lauree italiane, stiamo contestando in modo molto forte e deciso il merito ed è per questo che, a nostro avviso, la norma non andrebbe inserita in questo decreto-legge.
Ho davvero concluso, Presidente. Siamo disponibili a migliorare questo provvedimento nei prossimi giorni, attraverso i nostri emendamenti. Naturalmente ci aspettiamo un segnale di disponibilità nelle prossime ore, disponibilità ed apertura che fino ad ora non ci sono state. La discussione in Commissione infatti è stata fortemente compressa e l'esame del provvedimento neanche si è concluso; esso, per il momento, appare blindato, mentre noi riteniamo che, per affrontare in maniera
seria ed efficace questo problema, il decreto-legge andrebbe modificato in base alle nostre proposte emendative (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Bimbi. Ne ha facoltà.
FRANCA BIMBI. Signor Presidente, ci dispiace che la serata non ci dia la possibilità di dilungarci sul tema quanto vorremmo. In poche parole, il decreto-legge riguarda due temi: in primo luogo, il trattamento dei collaboratori esperti linguistici, ex lettori di madre lingua straniera; in secondo luogo, l'equipollenza dei titoli accademici conseguiti nell'area delle materie giuridiche presso istituzioni universitarie operanti sul territorio nazionale, riconosciuti di particolare rilevanza scientifica a livello internazionale. In sintesi, noi riconosciamo l'urgenza e, quindi, la necessità di decretazione per il primo punto e non per il secondo.
Tuttavia, obiettiamo a tutte e due le formulazioni di essere costruite in maniera da non affrontare i temi messi in campo e anzi di avere un'articolazione confusa e, nel caso della nuova formulazione dell'articolo 1, di aprirsi all'identificazione di nuove discriminazioni. Infatti, la violazione per la quale l'Italia è stata condannata dalla Corte di giustizia europea riguarda la discriminazione indiretta in base alla cittadinanza, ma la definizione contenuta nel decreto-legge della figura di riferimento per il riconoscimento economico del lavoro dei collaboratori linguistici ex lettori non risponde affatto agli obiettivi identificati dalla sentenza, aprendo nuove discriminazioni, così come ha già eccepito il 4 febbraio la Commissione europea, proprio in base ai difetti riscontrati.
Purtroppo, nemmeno in Commissione abbiamo avuto la possibilità di discutere approfonditamente i due temi, riguardo ai quali speriamo che in Assemblea vi sia la disponibilità a definire due articoli meglio congegnati. Infatti, soprattutto per quanto concerne le Università degli studi della Basilicata, de La Sapienza di Roma, de L'Orientale di Napoli ed altre ancora, vorrei evidenziare che vi sono collaboratori linguistici che aspettano il riconoscimento dei loro diritti.
Il tema dei collaboratori linguistici è molto importante, perché l'insegnamento della lingua, attraverso persone di madrelingua ha determinato una svolta nell'internazionalizzazione del sistema universitario. Del resto, una parte significativa dei lettori non limita il proprio apporto esclusivamente a funzioni di supporto tecnico all'apprendimento della lingua, bensì contribuisce ad innalzare la qualità dell'offerta didattica; vorrei ricordare, al riguardo, che alcuni di essi hanno prodotto anche materiale didattico (grammatiche e vocabolari), dunque veri e propri risultati di ricerca.
Detto ciò, relativamente al riconoscimento economico di personale inquadrato come tecnico amministrativo, la figura del ricercatore confermato a tempo definito non risponde assolutamente ai bisogni in campo. Infatti, è vero che, per un verso, viene salvaguardato il diritto acquisito dai lettori, ex legge n. 236 del 1995, di svolgere attività professionali esterne; tuttavia, per altro verso, il tempo definito per tali figure corrisponde ad un lavoro di 500 ore annue, mentre per un ricercatore confermato a tempo pieno l'impegno massimo previsto è di 350 ore annue. Del resto, il tempo definito è un regime scelto dai ricercatori italiani, mentre in questo caso viene imposto dal decreto-legge; inoltre, il divieto di svolgere una funzione docente contrasta, almeno in parte, con alcuni dei profili professionali di fatto dei collaboratori linguistici.
È per questo motivo che abbiamo prospettato, con una delle nostre proposte emendative, di identificare nel budget d'ateneo anche un contratto aggiuntivo di professore a contratto per quei lettori per i quali la facoltà, i corsi di laurea o gli organi accademici riconoscano anche un'esperienza specifica. D'altra parte, non accettiamo che il costo del decreto-legge, al di là del contratto aggiuntivo come professore a contratto, ricada sul fondo ordinario dell'università. Non c'è molto da
argomentare al riguardo, poiché se, come è noto, il fondo ordinario definito a legislazione vigente non riesce nemmeno a far fronte alla chiamata di coloro che risultano già idonei ai concorsi, non vediamo come possa rispondere a tale aggravio di spesa.
Ciò per quanto riguarda articolo 1 del decreto-legge in esame, rispetto al quale la Commissione europea ha già eccepito una nuova infrazione per discriminazione. Per quanto concerne l'articolo 2, invece, vorrei osservare che non sono affatto chiari i destinatari delle norme. Avremmo preferito che la dichiarazione di equipollenza per i titoli delle università pontificie fosse affrontata a 360 gradi, quindi per tutti i titoli (ovviamente, con il parere del Consiglio universitario nazionale, su decreto del ministro), magari nel momento in cui sia adottato il regolamento attuativo della Convenzione di Lisbona, vale a dire in relazione al riconoscimento dei titoli di università straniere operanti sia all'estero, sia in Italia.
In tal caso, ci sembra di ravvisare una certa superficialità nel testo del provvedimento ed anche alcuni aspetti un po' confusi, rispetto ai quali le nostre proposte emendative cercheranno di fare chiarezza.
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Titti De Simone. Ne ha facoltà.
TITTI DE SIMONE. Signor Presidente, non ripercorrerò l'intero excursus storico di questa annosa vicenda, che si trascina dagli anni ottanta e che vede queste figure insegnanti - importantissime per le università - senza alcun riconoscimento di status giuridico. Al riguardo, vorrei ricordare che vi è una sentenza della Corte di giustizia europea che ha richiamato pesantemente il nostro paese ad intervenire in tale materia, ma i provvedimenti fin qui adottati sono stati stigmatizzati, ancora volta, dalla Commissione europea.
Adesso, ci troviamo di fronte all'ennesimo provvedimento che, seppur chiamato a risolvere una questione annosa e di grande urgenza, ci appare assolutamente insufficiente, se non dannoso, per numerosi aspetti.
Intanto, equiparare i lettori ai ricercatori confermati a tempo definito significa precludere il loro accesso alla categoria dei ricercatori a tempo pieno. In tal modo, viene loro imposto uno status che, per i cittadini italiani, è conseguenza di una libera scelta. Peraltro, di norma i lettori lavorano a tempo pieno, il che comporta che le ore di lavoro da essi accumulate sono nettamente superiori a quelle dei ricercatori a tempo definito.
Inoltre, l'esclusione dell'esercizio di qualsiasi funzione docente si pone in aperto contrasto con la situazione esistente nelle università italiane e pregiudica la funzione e lo status dei lettori.
Il decreto-legge al nostro esame non affronta, poi, la questione del pagamento dei contributi previdenziali.
Insomma, sono tantissimi i punti critici: l'inquadramento a tempo definito, il riferimento solo ad alcune università, il trattamento economico sono elementi di criticità sostanziale tutti molto rilevanti. Una loro sintetica analisi servirà anche a far comprendere il senso degli emendamenti che abbiamo presentato, i quali vanno nella direzione di correggere un provvedimento che consideriamo assolutamente sbagliato ed insufficiente.
In primo luogo, i lettori di madre lingua straniera ai quali si riferisce il decreto-legge sono quelli operanti nei sei atenei italiani specificamente indicati nell'articolo 1. Tuttavia, da un lato, tale figura è presente in tutti i 77 atenei italiani e, dall'altro, la sentenza di condanna della Corte di giustizia delle Comunità europee è riferibile a tutti. Dunque, o faremo un decreto-legge per ciascuno degli altri atenei italiani o il nostro paese si esporrà a nuove condanne.
In secondo luogo, è impensabile che l'Italia possa cavarsela con l'equiparazione ad una figura che lavora a tempo definito, mentre i lettori prestano la loro attività lavorativa presso le università a tempo pieno e, come i docenti, si occupano di didattica e di insegnamento. Non risolvendo tale problema, il decreto-legge è del tutto inutile.
Chi paga, poi, il costo dell'equiparazione? Naturalmente, il Governo scarica i relativi costi sui fondi degli atenei, già assottigliati dalle leggi finanziarie fin qui approvate. Ma scaricare il costo dell'operazione sulle università ci sembra intollerabile.
Un'ultima questione chiama in causa l'articolo 2, che per noi è assolutamente inaccettabile. Con una soluzione anomala e pasticciata e mediante un decreto-legge, non si capisce sulla base di quale urgenza, si dichiara, sostanzialmente, l'equipollenza ai corrispondenti titoli accademici di laurea e laurea specialistica rilasciati dalle università italiane nell'area delle materie giuridiche di quelli rilasciati dalle università pontificie.
Intanto, non si capisce quale sia l'urgenza che ha indotto il Governo ad intervenire in materia con decreto-legge. Perché è stata scelta questa strada? Peraltro, si dimentica che il nostro paese ha già approvato nel 2002 una legge che, recependo sia pure in ritardo la Convenzione di Lisbona in materia, disciplina proprio il riconoscimento dei titoli universitari stranieri.
Insomma, noi siamo fortemente contrari all'articolo 2 ed all'impianto complessivo...
PRESIDENTE. La invito a concludere, onorevole Titti De Simone.
TITTI DE SIMONE. ...del provvedimento, che riteniamo in ogni caso insufficiente.
Naturalmente, aspettiamo di capire quale sarà l'atteggiamento sulle proposte emendative da noi presentate: il nostro voto finale si orienterà di conseguenza.
Questo provvedimento rappresenta, secondo noi, un'occasione mancata: il nostro paese perde l'occasione di disciplinare definitivamente lo stato giuridico dei lettori di madre lingua straniera, figure indispensabili nelle nostre università, e di rendere certi i loro diritti.
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
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