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La seduta, sospesa alle 17,55, è ripresa alle 18,10.
PRESIDENTE. Riprendiamo l'esame dell'articolo unico del disegno di legge di conversione n. 4653.
Ricordo che nella seduta di questa mattina sono stati posti in votazione, da ultimi, gli identici emendamenti Mascia 9.1, Vianello 9.2, Realacci 9.3 e Boato 9.4.
Avverto che la Commissione bilancio ha riesaminato gli articoli aggiuntivi Duca 23-septies.08, nella nuova formulazione, e Leo 23-septies.019 (vedi l'allegato A - A.C. 4653 sezione 7), esprimendo un ulteriore parere.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Realacci 9.6.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Vianello. Ne ha facoltà.
MICHELE VIANELLO. Signor Presidente, questa mattina abbiamo a lungo sottolineato come la scelta del Governo di chiedere un'ulteriore proroga al 30 ottobre 2005 per recepire ed applicare finalmente in Italia la normativa sulla IPPC, ossia l'autorizzazione integrata ambientale, costituisca una gravissima contraddizione rispetto alle declamate politiche ambientali che, invece, il Governo vorrebbe praticare.
Questa mattina abbiamo sentito il sottosegretario Ventucci sottolineare come il Governo sia estremamente sensibile nei confronti dell'ambiente e dell'ecocompatibilità. Queste sono le materie rispetto alle quali si misura realmente il rapporto di un paese non solo con la tutela del proprio patrimonio ambientale; infatti, quando si interviene rispetto ai grandi temi posti dal Protocollo di Kyoto, la responsabilità è verso le giovani generazioni. Quale mondo lasceremo loro? Un mondo assolutamente inquinato, un mondo in cui eventi meteorologici non controllati più da alcuno potranno mettere in discussione l'assetto geologico di gran parte del nostro territorio e la vita e la stessa sopravvivenza delle persone, così come dell'intero pianeta. Questo è il tema!
Il fatto che voi continuiate sempre a rimandare nodi ineludibili dimostra che la tanto declamata sensibilità in materia ambientale, in realtà, da parte vostra non c'è.
Questa mattina avete respinto la possibilità di abrogare interamente quell'articolo,
ossia di applicare immediatamente la IPPC in Italia, recependo il famoso decreto-legge del 1999.
L'emendamento presentato dal collega Realacci, al quale chiedo di apporre la mia firma, tende a spostare il termine almeno all'ottobre di quest'anno: concediamo alle imprese ancora qualche mese, ulteriori sei mesi, ma poi applichiamo le misure definite quando si è deciso di aderire al Protocollo di Kyoto. Mi riferisco alle misure che l'Unione europea ci chiede di applicare in materia ambientale: ebbene, anche ad esse le imprese italiane dovranno assolutamente adeguarsi.
Non vorrei che nella prossima primavera o nel prossimo autunno ci trovassimo a svolgere il solito dibattito determinato dal fatto che parti del nostro paese sono dissestate a causa delle inondazioni. Allora, giustamente, i colleghi leghisti (poiché il nord è maggiormente colpito da tali fenomeni) chiederanno provvidenze per le popolazioni colpite e per il sud si farà altrettanto. Però, le cause che portano il clima ad impazzire non le rimuoveremo mai! Continuiamo a «trascinare» ancora per un anno e mezzo l'obbligo per le imprese italiane di aderire alle misure conseguenti all'applicazione del Protocollo di Kyoto.
Se vi saranno minori emissioni di gas serra nell'atmosfera, allora il globo sarà meno riscaldato, assisteremo a minori eventi meteorologici estremi e ci troveremo a fare i conti con un clima «normale».
Non è soltanto un problema degli Stati Uniti, della Russia o della Cina: è anche un problema dei paesi europei. In Europa si sta procedendo così: è giusto e corretto che anche l'Italia si incammini lungo questa strada (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Banti. Ne ha facoltà.
EGIDIO BANTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la norma di cui all'articolo 9, che è al nostro esame, è assolutamente irragionevole sotto diversi punti di vista. Alcuni sono già stati sottolineati da coloro che sono intervenuti stamattina e poc'anzi; la norma è irragionevole in primo luogo perché ci stiamo trascinando l'adeguamento della normativa italiana a quella dell'Unione europea ormai da quasi cinque anni. È irragionevole perché tutto è pronto, al di là della volontà di chi non vuole, anche in questo campo strategico, adeguare l'Italia all'Unione europea.
Allora: proprio perché tutto è pronto, e non si può sostenere che non sia così dopo gli anni che sono trascorsi, differire il termine al 30 ottobre 2005 è, come ricordavo, irragionevole. L'emendamento presentato dal collega Realacci, al quale anch'io chiedo di poter apporre la mia firma, è da questo punto di vista, essendo stata respinta la soppressione dell'articolo stamani, almeno un tentativo di riduzione del danno. Danno sì, perché è un danno per l'economia italiana continuare a considerare le normative ambientali come un fastidio: questo è l'atteggiamento sotteso a provvedimenti di questa natura. Si fanno continui rinvii, ovvero anche tentativi di depotenziare le normative stesse, perché l'ambiente, per questo Governo e questa maggioranza, è proprio un fastidio, qualcosa che occorre allontanare il più possibile, cercando in ogni caso di non applicare le norme.
Invece, non soltanto non si tratta di un fastidio, ma è una grande opportunità anche per l'industria italiana: prorogare questi termini significa non porre attenzione alle possibilità e ai doveri della nostra industria, in particolare di quella chimica, meccanica e tecnologica, di adeguare gli strumenti e le strategie di investimento, che sono anche strategie di occupazione, alle misure previste in campo ambientale, nonché alla necessità di fare dell'ambiente una delle grandi occasioni del futuro per l'Europa e per il mondo.
Dunque, parlavo di una riduzione del danno: io voto malvolentieri l'emendamento del collega Realacci al quale, come ho detto, chiedo anch'io di apporre la mia firma, ma perlomeno esso rappresenterebbe un contenimento minimo rispetto al
tentativo del Governo di prevedere il termine del 2005 e poi, chissà, se vi fosse ancora questo Governo nel 2005, prevedere il termine del 2006 o quello del 2007 e così via, magari arrivando a quel 2011 che ormai sembra l'allineamento di tutte le normative italiane, comprese le riforme costituzionali (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Raffaella Mariani. Ne ha facoltà.
RAFFAELLA MARIANI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei anch'io apporre la mia firma all'emendamento al nostro esame, dovendo così «retrocedere» rispetto al desiderio di soppressione e cercando almeno di limitare il danno che questo provvedimento comporterà.
Noi pensiamo che ridurre almeno di un anno l'adeguamento, soprattutto di quel grande comparto industriale che dovrà farlo rispetto alla proroga prevista dal decreto-legge, significherà offrire un apporto significativo sia sul tema ambientale sia su quello della tutela della salute dei cittadini.
Questo comporterà, se non sarà fatto, un'ulteriore complicazione per l'adeguamento anche del calendario delle autorità competenti. Pensate quando esso dovrà essere rimodulato rispetto alle normative degli enti locali e delle regioni che vanno in questa direzione!
Al di là della complicazione dei riferimenti legislativi, che rende difficile la lettura di tale decreto-legge, dobbiamo avere a cuore complessivamente sia la tutela della salute sia quella dell'ambiente.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Vigni. Ne ha facoltà.
FABRIZIO VIGNI. Signor Presidente, anch'io vorrei sottoscrivere l'emendamento Realacci 9.6 la cui approvazione, quanto meno, eviterebbe di prorogare per un periodo così lungo l'entrata in vigore dell'autorizzazione integrata ambientale.
Vorrei sottolineare, in particolare, come prorogare ulteriormente l'utilizzo di tale strumento nel nostro paese comporti un danno non solo dal punto di vista delle politiche ambientali e della loro efficacia, ma anche per quanto riguarda lo stesso sistema economico e produttivo e le imprese. Infatti, solo guardando le cose in modo miope, cioè ragionando sulla convenienza immediata, alcune imprese possono pensare che sia un vantaggio non avere l'obbligo dell'autorizzazione integrata ambientale. Come ormai tutti i dati dimostrano, in particolare in Europa, essere all'avanguardia dal punto di vista degli standard ambientali è sempre più, anche per le imprese e per i sistemi economici, un fattore di competitività.
Dunque, pensiamo che sarebbe necessario rispettare i tempi previsti per l'adozione dell'autorizzazione integrata ambientale sia nell'interesse delle politiche ambientali, sia dal punto di vista della qualificazione delle politiche di sviluppo e delle politiche economiche ed industriali.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Acquarone. Ne ha facoltà.
LORENZO ACQUARONE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, forse varrebbe la pena riflettere sugli obblighi che ci derivano dall'appartenenza alla Comunità europea. La direttiva sull'IPCC è del 1996: avevamo tre anni per recepirla ed è stato fatto in limine, proprio alla scadenza del triennio. È stata recepita con un decreto legislativo che non penso passerà alla storia come uno dei migliori testi giuridici. Comunque, è stata recepita con una distinzione - consentita, peraltro, dalla direttiva comunitaria - tra gli obblighi gravanti sui nuovi impianti e quelli gravanti sugli impianti esistenti.
Dobbiamo renderci conto che, rinviando l'entrata in vigore di quella che generalmente chiamiamo IPCC, l'autorizzazione integrata ambientale, non stabiliamo
un termine perentorio. Infatti, una volta che le imprese fossero munite di tale autorizzazione gli impianti esistenti avrebbero ancora notevole tempo per adeguarsi alle prescrizioni previste dalla normativa comunitaria.
Anche se spostiamo oggi la data al 2005, come diceva anche prima un collega, il 2005 non sarà comunque il termine ultimo. La direttiva comunitaria ed il decreto legislativo di suo recepimento prevedono che gli impianti esistenti, quelli maggiormente inquinanti perché non hanno avuto la possibilità di dotarsi delle migliori tecnologie disponibili, abbiano un tempo maggiore ed ulteriormente prorogabile. Inoltre, i nuovi impianti possono essere aggiornati se sono disponibili a costi normali.
Dunque, vi è una proroga che ne prevede altre: ecco perché, effettivamente, ritengo che il termine del 30 ottobre di quest'anno sia più ragionevole. A mio avviso, tra l'altro, tale termine è accettabile soltanto perché è stato respinto l'emendamento che prevedeva l'abrogazione di questa norma, che favorisce qualche impresa ritardataria ma, come diceva giustamente il collega Vigni, danneggia le imprese sane e lo sviluppo industriale del nostro paese (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Alleanza Popolare-UDEUR e della Margherita, DL-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Realacci 9.6, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 423
Votanti 422
Astenuti 1
Maggioranza 212
Hanno votato sì 186
Hanno votato no 236).
Passiamo alla votazione dell'emendamento Realacci 9.5.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Raffaella Mariani. Ne ha facoltà.
RAFFAELLA MARIANI. Signor Presidente, con l'emendamento in esame - nell'eventualità, prevista, che il nostro emendamento soppressivo dell'intero articolo 9 non venisse approvato - che si chiede sia sostituita la data del 30 ottobre 2005 con quella del 31 dicembre 2004. Ciò rappresenterebbe un'ulteriore possibilità anche per coloro che, con una forte pressione, avevano chiesto la proroga di un altro anno e mezzo per adeguarsi, in modo da consentire entro il 2004 l'attuazione di un provvedimento, che, come i miei colleghi hanno già sottolineato, ormai compie cinque anni di età.
Riteniamo che sia molto significativo dare un segnale in questa direzione, che ci sia cioè almeno la volontà di anticipare tale termine, perché effettivamente, come tutti i colleghi hanno già ribadito più volte, sarebbe importante far vedere, fino in fondo, l'intenzione di adeguarsi al Protocollo di Kyoto e a tutto ciò che esso comporta, in termini di eliminazione dei rischi per la salute dei cittadini e per l'ambiente che ci circonda. D'altronde, nei numerosi provvedimenti che in campo ambientale si sono susseguiti in questi ultimi due anni, non è stata mai data la certezza che questa intenzione sia reale. In effetti, sia nel provvedimento relativo alla delega ambientale, sia in tutti gli altri a carattere ambientale, dei quali ci siamo occupati in questi mesi, si è fatto un bel parlare di tutela dell'ambiente e di attenzione alla salute dei cittadini, ma purtroppo poi, nei fatti, si è solo assistito all'indicazione di proroghe e all'individuazione di sanatorie e condoni.
Dovremmo, invece, porre un termine a questo tipo di atteggiamento, perché il Governo non risulta credibile nel suo continuo rinviare quei provvedimenti che vanno incontro alle esigenze dei cittadini, anche dei cittadini comuni (i quali si rendono conto che non è possibile continuare
su questa china), ai quali sta molto a cuore la loro salute e quella dell'ambiente che li circonda, e nei confronti dei quali, noi, con serietà, dovremmo dare l'esempio in primis. Ho citato prima la difficoltà che viene registrata anche dalle istituzioni, che, a cascata, devono applicare queste norme, laddove le continue proroghe rendono difficile l'attuazione dei provvedimenti.
Questi differimenti di termini, queste continue proroghe, complicano - sia dal punto di vista burocratico-amministrativo, sia dal punto di vista delle aziende che devono applicare tali norme - un iter, che noi stessi spesso affermiamo di voler rendere più semplice. Peraltro, è stato un po' il motto anche di questa maggioranza dire di voler semplificare l'iter normativo in ogni campo. Ci siamo spesso riempiti la bocca di «semplificazione legislativa» e di minore burocratizzazione dei provvedimenti, ma poi, all'interno di provvedimenti come quello oggi al nostro esame si celano oltre che proroghe, deroghe, sanatorie e condoni, anche una difficile lettura della norma ed una complicazione dell'aspetto burocratico e legislativo. Credo che, in questo modo, non facciamo bene alla salute dei cittadini (in questo caso alla tutela dell'ambiente), ma più in generale non facciamo bene alle imprese e a tutti coloro che devono poi tradurre in atti concreti le leggi che noi approviamo.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Piglionica. Ne ha facoltà.
DONATO PIGLIONICA. Nell'annunciare di voler sottoscrivere l'emendamento Realacci 9.5, vorrei invitare i colleghi ad un'ulteriore riflessione. Ciò che proponiamo con questo emendamento è una richiesta di tipo subordinato rispetto alla richiesta principale, che è quella della soppressione dell'intero articolo 9. La sensazione che diamo alle imprese è che non facciamo sul serio: chi si adegua fa un errore, perché tanto poi arriva la proroga che consente di non adeguarsi. Il risultato è che chi si adegua è penalizzato, mentre chi non si adegua è premiato; in più, si continuano a perpetrare danni nei confronti dell'ambiente.
Sotto il profilo delle conseguenze sul territorio nazionale della mancata attenzione nei confronti delle politiche ambientali, dovremmo considerare l'immensa quantità di risorse che sono necessarie al risanamento dei siti inquinati di interesse nazionale o regionale (occorrono circa 70 mila miliardi risanarli); da ciò potremmo arguire che, forse, oggi, l'attenzione sulle tematiche ambientali non dovrebbe essere un fastidio per le imprese, ma un'occasione per la loro crescita sana e razionale.
Le imprese potrebbero almeno evitare di partecipare ad innumerevoli convegni in cui si parla di etica o in cui ci si occupa di adeguamento al protocollo di Kyoto: considerato che non hanno intenzione di farlo, potrebbero almeno risparmiare i soldi che si spendono per quelle occasioni (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Chiedo all'onorevole Realacci se accetti la riformulazione proposta dal relatore del suo emendamento 9.5.
ERMETE REALACCI. Signor Presidente, il relatore ha proposto una riformulazione del mio emendamento 9.5 (si tratta di una piccola modifica), al fine di anticipare la proroga al 30 aprile del 2005. Concordando con le affermazioni dei colleghi che mi hanno preceduto (mi riferisco agli onorevoli Acquarone, Mariani, Vigni, Banti e Piglionica), accetto la riformulazione proposta, perché si pone nello spirito degli emendamenti presentati. Mantengo, comunque, le mie preoccupazioni sulla politica delle continue proroghe, che lancia un pessimo segnale al nostro sistema di imprese (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Realacci 9.5, nel testo riformulato, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 419
Votanti 415
Astenuti 4
Maggioranza 208
Hanno votato sì 406
Hanno votato no 9).
Prendo atto che il dispositivo di voto dell'onorevole Ghiglia non ha funzionato e che l'onorevole Degennaro ha erroneamente espresso il proprio voto, mentre avrebbe voluto esprimere voto favorevole.
Passiamo agli identici emendamenti Mascia 10.2, Vianello 10.6, Realacci 10.7 e Boato 10.8.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Vianello. Ne ha facoltà.
MICHELE VIANELLO. Signor Presidente, vorrei dire con molta franchezza che non trovo un aggettivo sufficiente a definire le conseguenze dell'articolo 10 del provvedimento e vorrei cercare di far capire bene ai colleghi di cosa si tratta.
Come è noto, per incentivare la costruzione di un mercato in cui vi sia l'utilizzo del frutto della raccolta differenziata dei rifiuti, sono stati costituiti alcuni consorzi di filiera, uno di questi è il Polieco. Questo consorzio riceve le plastiche ed i teli che vengono raccolti nei nostri campi, usati per le serre e per le normali attività in agricoltura.
L'adesione al consorzio Polieco è obbligatoria: le aziende aderiscono a tale consorzio, pagando una certa somma. Tutto ciò che è frutto della raccolta del polietilene, dei teli e delle plastiche viene riutilizzato.
Con riferimento a tale articolo, cosa volete che sia una proroga di pochi mesi per quanto riguarda l'adesione al Polieco? Si potrebbe dire questo. In realtà, i termini di adesione sono già scaduti da qualche anno: una parte considerevole delle piccole e medie imprese italiane ha già aderito al medesimo, versando una certa somma, mentre un'altra parte di aziende italiane, come spesso accade, non ha pagato, ma sta evadendo, commettendo una frode nei confronti dello Stato italiano. Si stanno commettendo furberie nei confronti della stragrande maggioranza delle imprese che, invece, hanno già deciso di aderire.
Non è un caso che rispetto a questo articolo vi sia l'insurrezione del mondo delle piccole e medie imprese artigiane, industriali, commerciali e agricole, le quali da anni stanno continuando a pagare. Infatti, tali imprese considerano questo articolo come una tutela degli evasori. Vogliamo trovare un termine per definire questo articolo? È, ancora una volta, un condono, uno dei tanti che avete usato! Solo che, a differenza dei condoni di Tremonti che servono a far cassa, questa disposizione, se dovesse essere approvata, determinerà una carenza di gettito sul previsto, in quanto gli accertamenti in corso in questo momento verrebbero meno.
Mi stupisce che la Commissione finanze non abbia sollevato il problema, in quanto se il provvedimento sarà approvato in questa stesura, comporterà immediatamente la necessità di una copertura per i conti dello Stato. Infatti, farà sì che una parte di evaso in corso di accertamento venga meno immediatamente. Questa è la posta in gioco!
Mi è stato spiegato che, nel corso di queste ore, è in atto un incontro tra la Confindustria e il Polieco al fine di addivenire ad un accordo in base al quale la Confindustria dovrà sborsare 4 miliardi, che non servirebbero per pagare l'evasione, ma dovrebbero essere assegnati a coloro che hanno già pagato. Capite quale meccanismo assolutamente infernale si mette in moto in questo modo? Si incentivano le imprese a non aderire ai consorzi obbligatori per legge, si amplia ancor di più l'area di illegalità, si amplia ancor di più l'area di evasione ma, soprattutto, si continua ad inviare il messaggio che questo Governo, ormai da tre anni, non fa altro che ripetere: evadete, non pagate, tanto poi qualcuno provvederà!
Se siamo contrari a questo articolo 10 è perché siamo in sintonia con la stragrande maggioranza delle piccole imprese (artigiane, commerciali, agricole) che hanno pagato. Vogliamo difendere coloro che, in questo paese, pagano regolarmente, non siamo più disponibili a coprire chi evade sistematicamente e continua a trovare copertura da parte vostra (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Banti. Ne ha facoltà.
EGIDIO BANTI. Signor Presidente, il giudizio fortemente negativo nei confronti di questo articolo si sostanzia in una considerazione di carattere generale e in una di carattere più particolare.
Sul piano generale, ancora una volta, siamo alle prese con il tentativo di mortificare e di mettere in non cale il decreto Ronchi del 1997. In tutte le occasioni possibili si cerca di manifestare - come affermavo a proposito del precedente articolo - quell'atteggiamento di fastidio che costituisce un qualcosa di assolutamente incomprensibile e irragionevole anche dal punto di vista di chi vuole venire incontro alle esigenze delle categorie produttive.
Lo ha detto bene prima di me il collega Vianello: ci sono moltissime piccole e medie imprese che si sono messe in regola rispetto ad una questione anche in questo caso strategica. Infatti, il recupero dei rifiuti in polietilene destinati al Polieco costituisce una questione ineludibile rispetto al quadro generale delle attività di smaltimento e di riciclaggio del nostro paese. Quindi, ogni rinvio non fa che privilegiare fette sempre più limitate, ma evidentemente politicamente forti, di responsabili di aziende che hanno fin qui rifiutato di mettersi in regola. Ma la stragrande maggioranza si è messa e si vuol mettere in regola, dunque subisce questi sistematici rinvii come un ulteriore segnale di degrado della vita pubblica del nostro paese e della capacità legislativa del Parlamento.
Sul piano specifico, questo rinvio di appena tre mesi costituisce un vero e proprio pasticcio. Intanto, come è stato rilevato, incide negativamente sul gettito e, in secondo luogo, non risolve il problema, tant'è che, avvicinandosi di fatto la scadenza del 31 marzo, è prevedibile che, con qualche prossimo decreto già in fase di elaborazione, si pensi ad ulteriori rinvii.
La dimostrazione di quello che dico è implicito nello stesso emendamento 10.3 - presentato da due colleghe della maggioranza, le onorevoli Carlucci e Paoletti Tangheroni - dove si pone apertamente, in maniera trasparente e con l'intento di chiudere la partita, la questione del condono e quella di una riduzione di quanto dovuto dalle aziende inadempienti. Rinviare semplicemente al 31 marzo non chiude, a mio parere, la partita; e la stessa operazione che sta facendo in questi giorni la Confindustria va in una direzione confusa rispetto ad una sistemazione generale di una regola che deve comunque essere recepita.
Il Governo non ha il coraggio di abrogare la norma, anche perché si tratta di una disciplina giusta ed europea, e quindi cerca di differirla creando dei binari diversi rispetto ai quali non si riesce poi a trovare lo scambio giusto per ritornare su un'unica carreggiata. Pertanto, non si può fare altro che votare a favore della soppressione di quest'articolo in modo da procedere nella direzione dell'applicazione, già in ritardo, della norma.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Raffaella Mariani. Ne ha facoltà.
RAFFAELLA MARIANI. Signor Presidente, noi riteniamo che quest'articolo vada soppresso perché esso costituisce l'ulteriore riprova, se ce ne fosse stato bisogno, che la politica adottata dal Governo pone continuamente ostacoli alla corretta gestione dei consorzi di riciclaggio. Quest'aspetto ha una ricaduta molto forte; intanto, perché il differimento dei termini provoca una decorrenza di alcuni obblighi
e sanzioni relativamente ad un provvedimento che è già applicabile da due anni. E poi anche perché con quest'articolo si interviene - ed è per questo che ne chiediamo la sua soppressione - su termini già scaduti da due anni. Infine, va rilevato che con esso non si pone in essere un condono ma una vera e propria sanatoria, così come sottolineava in Commissione lo stesso relatore.
Quest'articolo ha suscitato molte perplessità anche nella maggioranza; in questo senso potremmo far riferimento anche alle relazioni delle Commissioni e a quanto è emerso su questa materia anche nell'altro ramo del Parlamento. Tale articolo, infatti, implica effettivamente una sanatoria a favore di un gruppo limitato di imprese che, in violazione della legge, non hanno aderito al consorzio Polieco sebbene questa fosse una precisa disposizione del decreto Ronchi del 1997. Conseguentemente, queste imprese non hanno pagato né i contributi di riciclaggio al consorzio, né l'IVA allo Stato, e non hanno neppure pagato alle province le sanzioni previste dalla legge. Questo ha determinato un mancato gettito, e di tale questione avremmo gradito che se ne fossero occupate le Commissioni competenti; ma così non è stato e ciò quindi rappresenta - lo vogliamo far rilevare - un aspetto che riveste una gravità notevole. In sostanza questa norma che prevede una sanatoria manca totalmente della copertura e come tale a nostro avviso, va respinta (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mascia. Ne ha facoltà.
GRAZIELLA MASCIA. Signor Presidente, com'è stato ricordato dai colleghi che mi hanno preceduto, con l'articolo in questione s'intende prorogare i termini entro cui si doveva aderire al consorzio per il riciclaggio dei rifiuti di beni in polietilene. Va evidenziato che il termine per l'adesione al consorzio e il pagamento delle sanzioni, qualora non si fosse aderito, era stato già prorogato nel 2001 ed era scaduto nell'ottobre del 2003.
Con questo provvedimento non ci troviamo di fronte ad una proroga, ma ad una vera e propria sanatoria per salvaguardare coloro che non hanno ottemperato ad una disposizione di legge che era stata già prorogata. Quest'articolo è dunque, a mio avviso, inaccettabile in quanto crea un'evidente disparità tra chi - la stragrande maggioranza - ha aderito al consorzio e quindi ha pagato ed altri che, invece, si sono sentiti in dovere di non aderire al consorzio e di non pagare le sanzioni.
Detto ciò, va rilevato che questo Governo diventa sempre più il difensore di interessi particolari. Pertanto, sia per il principio in sé sia in virtù di questa disparità e di questa ulteriore sanatoria, noi chiediamo la soppressione dell'articolo 10 del provvedimento.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Acquarone. Ne ha facoltà.
LORENZO ACQUARONE. Signor Presidente, colleghi, concordo con quanto finora è stato esposto dai colleghi intervenuti; tuttavia, desidero approfittare dell'esame degli emendamenti in cui si chiede la soppressione dell'articolo 10 del provvedimento per svolgere una considerazione di carattere più generale.
Stiamo progressivamente distruggendo il decreto Ronchi. Chi vi parla non è tra i maggiori fautori di tale decreto: quando il Governo ha presentato un disegno di legge delega per la riforma del sistema, non ho personalmente assunto una posizione contraria, in quanto esso, prevedendo sei decreti legislativi che avrebbero dovuto disciplinare ex novo la materia, conteneva, seppure confusamente, indirizzi a mio avviso più moderni rispetto a quelli ai quali si era ispirato il decreto Ronchi, che non era altro che la traduzione di vecchie direttive comunitarie.
Tuttavia, il Governo e questa maggioranza non vogliono approvare la legge delega sull'ambiente. Essa, infatti, è attesa
da due anni: è stata approvata da questa Assemblea, modificata dal Senato, nuovamente approvata in questa sede e nuovamente trasmessa al Senato esclusivamente al fine di adeguare i termini (essendo trascorsi due anni, infatti, alcuni termini risultavano già superati e dovevano essere adeguati). Tale legge giace al Senato da sei mesi, e parrebbe che settori importanti della maggioranza, in particolare Forza Italia, impediscano al ministro dell'ambiente, che appartiene ad un'altra forza politica, di portare avanti il provvedimento, fondamentale per il nostro paese.
Perché un disegno di legge che può essere approvato in Commissione in sede legislativa, in quanto si tratta soltanto di modificare alcuni termini già scaduti, è fermo da sei mesi al Senato? Qual è la volontà politica di questo Governo in materia ambientale? Si vuole distruggere progressivamente il decreto Ronchi senza sostituirlo? Si vuole tornare alla barbarie ambientale? Questa sembra essere la politica del Governo (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-Alleanza Popolare-UDEUR).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Vigni. Ne ha facoltà.
FABRIZIO VIGNI. Le politiche ambientali sono efficaci se vi è certezza delle regole; uno Stato di diritto è autorevole e credibile se vi è certezza delle regole. Quando, invece, la certezza delle regole viene continuamente rimessa in discussione per favorire interessi particolari, come avviene nel caso in esame, che costituisce una sanatoria di fatto, si reca un danno grave all'ambiente, poiché si compromette l'attuazione di una politica di selezione e riciclaggio di rifiuti, alle imprese sane, in quanto vengono penalizzate migliaia di piccole e medie imprese, che hanno rispettato gli obblighi previsti dalla legge e si sono impegnate per la selezione e il riciclaggio dei rifiuti, allo Stato di diritto e al senso civico.
Come si può andare avanti con un Governo che ogni giorno dà al paese un messaggio devastante? Se non paghi le tasse sei premiato, e se le paghi sei un fesso...
PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Vigni.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto a titolo personale l'onorevole Piglionica. Ne ha facoltà.
DONATO PIGLIONICA. Signor Presidente, intervengo per ribadire le considerazioni che già sono state svolte. Come è stato sottolineato da numerosi colleghi, non si può parlare di proroga di un termine scaduto da anni. Ci troviamo di fronte a una beffa per le imprese sane; ci troviamo di fronte a una beffa nel caso della raccolta differenziata, perché fare la raccolta differenziata senza avere la certezza del riutilizzo differenziato delle materie raccolte significa rischiare di svolgere un lavoro doppiamente inutile.
Tuttavia, quel che è peggio è che si tratta di un condono senza oblazione e di un ennesimo colpo alla credibilità delle istituzioni. Con questo provvedimento si dice al Parlamento: il termine previsto da ogni atto che adottiamo, una volta scaduto, sarà prorogato, e poi nuovamente prorogato. Rischiamo di non essere seri con noi stessi. Sarebbe ora che il paese comprendesse che quando un provvedimento legislativo reca un termine, tale termine è reso credibile dalla credibilità delle istituzioni stesse.
RENZO INNOCENTI. Chiedo di parlare per un richiamo al regolamento.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
RENZO INNOCENTI. Signor Presidente, intervengo per un richiamo al regolamento.
Alcuni colleghi hanno posto un problema riguardante i meccanismi tendenti ad eliminare un certo tipo di concorrenza sleale; invero, così potrei definire la situazione creatasi. Infatti, quando, vigenti gli obblighi di legge, alcune imprese si attengono ad essi e altre no, mi hanno insegnato
che, intervendo poi una sanatoria, si verifica un caso di concorrenza sleale. Vero è che di tali evenienze, negli ultimi tre anni, ne abbiamo viste (Commenti)...
I colleghi potranno obiettare dopo, prendendo la parola. È vero, appunto come testé riferivo, che, negli ultimi tre anni, abbiamo registrato numerose di tali evenienze; ma ciò non implica che siano opportune.
Si tratta tuttavia di un profilo che, riguarda questioni etico-morali e su tale piano si deve porre, sebbene qualcuno potrebbe, ovviamente, trovare espressioni più colorite per definirlo - quali, ad esempio: penalizzare gli onesti e premiare sempre i furbi -; un altro è, però, il problema che vorrei sollevare, signor Presidente.
A tale riguardo, rivolgerei una domanda al rappresentante del Governo, che vedo ora impegnato in una discussione senz'altro più interessante con il presidente Armani. Sottosegretario Ventucci, mi scusi vorrei richiamare la sua attenzione su una questione: vorrei sapere se la norma recata dall'articolo 10 abbia effetti finanziari nel senso che, non scattando più l'esigibilità nel recupero dei contributi, avrebbe un effetto negativo sulle entrate.
Ebbene, abbiamo già sollevato tale questione nella Commissione di merito, nella Commissione bilancio e, finanche, in Assemblea; infatti, si verificherebbe un contrasto con il quarto comma dell'articolo 81 della Costituzione e con il regolamento della Camera. È un problema serio che riguarda tutti: se continuiamo a varare leggi che producono buchi nel bilancio pubblico; bisognerà cercare di porvi rimedio. Altrimenti, a mio avviso, non si potrà chiamare il solito Pantalone a pagare i debiti fatti da altri (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)!
PRESIDENTE. Mi corre l'obbligo di chiarire che non si trattava di un richiamo al regolamento, semmai di un richiamo al Governo. Prendo comunque atto, a tale riguardo, che il Governo non intende rispondere...
RENZO INNOCENTI. Invero, Presidente, si tratta di un richiamo all'articolo 85 del regolamento della Camera dei deputati.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Parolo. Ne ha facoltà.
UGO PAROLO. Ho ascoltato con attenzione gli interventi dei colleghi della sinistra e mi unisco a loro per quanto riguarda la preoccupazione circa l'opportunità di non provocare nuove voragini nella nostra finanza pubblica; è un principio sul quale siamo tutti d'accordo: ci mancherebbe altro!
La Lega si batte da anni per far sì che ciò non avvenga; però, rivolgendomi ai colleghi della sinistra, mi domando perché, se la loro posizione è davvero fondata su principi di effettiva preoccupazione e non su elementi strumentali, all'articolo 18 del provvedimento in esame sia stato avanzata una sola proposta emendativa soppressiva. Anzi, per la verità, ve ne è anche un'altra, presentata dai colleghi di Rifondazione comunista; ma, ad ogni modo, i deputati di quest'ultimo gruppo sono gli unici che, assieme a noi, hanno presentato una proposta emendativa soppressiva.
Se vi è un articolo, in questo testo, che provocherà disastri per quanto riguarda la finanza pubblica, è proprio l'articolo 18; la norma da esso recata prevede, ex novo, per un'altra volta, la proroga dei contenziosi dell'ex Agensud. Contenziosi che, con questo differimento, determineranno nuove domande di accordo «bonario» le quali provocheranno certamente ulteriori oneri per la finanza pubblica. Oneri oggi neppure quantificabili; perciò, se siete in buona fede, cari colleghi del centrosinistra, dovete chiedere la soppressione dell'articolo 18, anziché intervenire solo sull'aspetto in esame, che, a nostro modo di vedere, è totalmente irrilevante, specie se confrontato con quanto si verrebbe a determinare in seguito all'approvazione dell'articolo 18.
PRESIDENTE. Prendo atto che il Governo non intende rispondere.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Mascia 10.2, Vianello 10.6, Realacci 10.7 e Boato 10.8, non accettati dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 436
Votanti 434
Astenuti 2
Maggioranza 218
Hanno votato sì 199
Hanno votato no 235).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Antonio Barbieri 10.4, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 441
Votanti 440
Astenuti 1
Maggioranza 221
Hanno votato sì 209
Hanno votato no 231).
Chiedo ai presentatori dell'emendamento Carlucci 10.3 se accedano all'invito al ritiro del relatore.
GABRIELLA CARLUCCI. Sì, signor Presidente, lo ritiro.
PRESIDENTE. Sta bene.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Fontanini 10.1, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 446
Votanti 443
Astenuti 3
Maggioranza 222
Hanno votato sì 219
Hanno votato no 224).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Leo 10.5, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 448
Votanti 447
Astenuti 1
Maggioranza 224
Hanno votato sì 441
Hanno votato no 6).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Lion 10-bis.4, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e Votanti 443
Maggioranza 222
Hanno votato sì 207
Hanno votato no 236).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Lion 10-bis.5, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 440
Votanti 438
Astenuti 2
Maggioranza 220
Hanno votato sì 204
Hanno votato no 234).
Passiamo alla votazione dell'emendamento Albonetti 10-bis.1.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Duca. Ne ha facoltà.
EUGENIO DUCA. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, colleghi, l'articolo 10-bis, che è stato opportunamente introdotto dalla Commissione, riguarda la possibilità di conferire le acque di lavaggio di sentina delle navi cisterna agli impianti petroliferi, in questo modo proseguendo l'applicazione di una norma che era in vigore fino al 24 giugno 2003.
La modifica approvata in Commissione è opportuna, perché, dal 24 giugno 2003, sapete dove sono finite le acque di lavaggio di sentina delle navi cisterna? Purtroppo, sono finite in mare. Quindi, essa è quantomai opportuno perché consente di proseguire l'attività di conferimento alla raffineria dei prodotti delle navi cisterna. Tuttavia, l'articolo 10-bis è parziale, in quanto non riguarda i prodotti della combustione di tutti gli altri tipi di navi che ogni giorno solcano i nostri mari, come le navi da carico, le navi traghetto, i pescherecci. Quindi, noi abbiamo proposto, insieme ai colleghi Sanza e Pasetto, un emendamento che consentirebbe di conferire alle raffinerie i prodotti della combustione delle navi, che altrimenti finirebbero anch'essi in mare; su tale emendamento c'è un parere favorevole del rappresentante del Governo e del relatore, quindi, della stessa Commissione di merito.
Il collega Albonetti ha proposto, con due emendamenti, di risolvere un'altra lacuna presente nella norma in esame, prevedendo la possibilità di conferire i rifiuti della combustione delle navi e delle cisterne non solo alle raffinerie, ma anche agli impianti di trattamento di questo tipo di rifiuti che sono stati autorizzati o che saranno autorizzati in base alle normative vigenti dalle competenti autorità. Pertanto, propongo - ovviamente, in questo caso, il collega Albonetti potrebbe ritirare i suoi due emendamenti - una riformulazione del mio emendamento 10-bis.1, inserendo dopo le parole «presso gli stessi impianti», le parole «nonché presso le aziende autorizzate, dalle competenti autorità».
In sostanza, le navi cisterna e le altre navi mercantili - i traghetti, i pescherecci - possono anch'esse conferire alle raffinerie o alle aziende abilitate al trattamento di questo tipo di rifiuti i prodotti della combustione dei propri motori.
Chiedo, quindi, al rappresentante del Governo e al relatore una disponibilità ad accogliere questa riformulazione del mio emendamento 10-bis.1 che, insieme all'articolo 10-bis e agli altri emendamenti citati, andrebbe a colmare una lacuna ed eviterebbe che si riversino in mare prodotti altamente inquinanti che, altrimenti, in base al decreto-legge in esame, non potrebbero che finire in mare. Credo sarebbe una buona opera per la tutela della salute dei nostri mari.
ANTONIO BOCCIA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANTONIO BOCCIA. Signor Presidente, sono intervenuto in precedenza per chiedere al Governo di accogliere una richiesta che tutta l'opposizione sta avanzando in relazione all'articolo 23. Il rappresentante del Governo ha manifestato una certa disponibilità a tenere conto delle nostre posizioni politiche a difesa del sistema dei trasporti locali, che, a causa di un emendamento approvato in questa sede, risulta fortemente danneggiato.
Il sottosegretario si è impegnato ad esaminare la problematica e ad individuare le possibili soluzioni, ma, in concreto, in relazione alle proposte emendative che un po' tutti i gruppi dell'opposizione
hanno presentato, non vi sono state ancora risposte positive. Siccome il nostro atteggiamento in relazione a questo provvedimento dipende moltissimo dalle risposte che il Governo, il relatore e la maggioranza daranno in merito alla nostra posizione, chiediamo di conoscere l'orientamento del Governo e della maggioranza proprio per avere chiarezza sul comportamento da seguire.
Desidero ricordare ai colleghi che si tratta di stanziamenti originariamente previsti a favore del sistema delle autonomie locali, di contributi per il miglioramento della mobilità collettiva. Sono stati praticamente cancellati 123 milioni di euro, e non un euro, quindi la questione è molto importante, perché il sistema delle autonomie, soprattutto quello dei comuni, è già stato fortemente tartassato dai tagli previsti nella legge finanziaria. Quando tale provvedimento è stato licenziato dal Senato, i comuni avevano contato su quei contributi; ora se li vedono tagliati dalla Camera e, ovviamente, l'ANCI ha cominciato a protestare fortemente.
Chiedo al Governo, quindi, di prestare una certa attenzione a questo problema e di dare ad esso una risposta positiva. Ripeto, da ciò dipende in larga misura l'atteggiamento che noi assumeremo nel prosieguo dell'esame di questo provvedimento e, siccome tutto deve avvenire in maniera trasparente e alla luce del sole, nel senso che la nostra posizione politica si riferisce apertamente ad una richiesta di modifica per la quale abbiamo presentato proposte emendative, sarebbe opportuno che il Governo ci facesse conoscere la sua posizione.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rosato. Ne ha facoltà.
ETTORE ROSATO. Signor Presidente, credo che le argomentazioni avanzate dal collega Boccia richiedano una risposta da parte del Governo. Io, invece, intendo intervenire sulle proposte emendative riferite all'articolo 10-bis del decreto-legge al nostro esame, che chiedo di sottoscrivere ritenendole particolarmente utili ed importanti. Rimarcando uno degli aspetti che, a mio avviso, ne consigliano l'approvazione da parte dell'Assemblea per migliorare il provvedimento in oggetto, vorrei richiamare, in particolare, l'opportunità che norme severe (che pure vengono approvate da questo Parlamento) possano poi essere successivamente applicate. Spesso, infatti, ci troviamo nella situazione per cui, a causa della carenza di impianti per lo smaltimento di queste acque, una norma, seppur severa e corretta, non può trovare applicazione da parte di operatori che intendano agire nel pieno rispetto delle norme vigenti.
Mi sembra, peraltro, che l'emendamento al nostro esame sia anche il frutto di un lavoro svolto dalla Commissione trasporti in maniera trasversale, entrando nel merito del problema.
COSIMO VENTUCCI, Sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
COSIMO VENTUCCI, Sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, recependo i suggerimenti avanzati dall'onorevole Duca, il Governo propone di riformulare il testo dell'emendamento Duca 10-bis.1 introducendo le parole: «nonché presso le aziende autorizzate dalle autorità competenti».
PRESIDENTE. Prendo atto che il relatore concorda con la proposta di riformulazione.
Chiedo all'onorevole Albonetti se intenda ritirare le sue proposte emendative.
GABRIELE ALBONETTI. Signor Presidente, l'intento per il quale avevo presentato i miei emendamenti è stato compreso, ed è stato accolto dalla riformulazione dell'emendamento Duca 10-bis.1 proposta dal Governo; pertanto, ritiro i miei emendamenti 10-bis.2 e 10-bis.3.
PRESIDENTE. Sta bene.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Duca 10-bis.1, nel testo riformulato, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 441
Maggioranza 221
Hanno votato sì 436
Hanno votato no 5).
Passiamo alla votazione dell'articolo aggiuntivo Gambini 11.02.
Ricordo che la lettera b) di tale articolo aggiuntivo è inammissibile, mentre sulla parte restante la Commissione ed il Governo hanno espresso parere favorevole.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gambini. Ne ha facoltà.
SERGIO GAMBINI. Signor Presidente, sottolineo l'importanza di questo articolo aggiuntivo. Esso consente di restituire alle regioni le risorse che queste ultime si sono viste assegnare in virtù del decentramento amministrativo. Con i decreti attuativi dell'articolo 7 della legge n. 59 del 1997, in relazione alle funzioni trasferite, è stato assegnato alle regioni un cospicuo finanziamento (i colleghi dovrebbero sapere che si tratta di 1700 milioni di euro e, quindi, di una parte consistente, per capirci, di una legge finanziaria). Tuttavia il Governo aveva dimenticato di avere disposto che il suddetto trasferimento di risorse a carico del bilancio dello Stato cessasse il 1o gennaio 2004. Con questo articolo aggiuntivo consentiamo che i trasferimenti dal bilancio dello Stato alle regioni proseguano in maniera continuativa.
Due sono gli aspetti da sottolineare. Al riguardo, sono state intraprese - giustamente - alcune iniziative da parte delle associazioni imprenditoriali di categoria. Infatti, la parte più cospicua dei trasferimenti è destinata agli incentivi alle imprese: circa 750 milioni di euro hanno questo tipo di destinazione! Tuttavia, è bene ricordare che non di sola incentivazione alle imprese si tratta: vi sono risorse riguardanti l'edilizia residenziale pubblica, la viabilità, l'energia e la spesa sociale (in particolare, quella per gli invalidi civili). Quella che ci accingiamo ad effettuare mediante l'approvazione di questo articolo aggiuntivo è, dunque, un'operazione estremamente importante: riconsegneremo alle regioni - lo ripeto - una quantità molto significativa di risorse.
Piuttosto, non capisco per quale ragione sia stata dichiarata inammissibile la lettera b) dell'articolo aggiuntivo. Allorquando fu deciso di rideterminare le aliquote per il finanziamento delle funzioni trasferite, si dispose, infatti, che, entro il 30 giugno 2003, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sarebbero state rideterminate, al fine di assicurare la necessaria copertura degli oneri connessi alle funzioni attribuite alle regioni, le aliquote di cui agli articoli 2 e 3 e la quota di compartecipazione di cui all'articolo 4 del decreto legislativo 18 febbraio 2000, n. 5 (si tratta della compartecipazione delle regioni ai gettito dell'IVA, dell'IRPEF e delle accise sui carburanti).
Ora, noi proroghiamo di un anno i trasferimenti dallo Stato centrale alle regioni, ma non compiamo l'operazione più importante: determinare il modo in cui, dal 2005, le regioni potranno avere la disponibilità di queste risorse finanziarie. Ciò potrà avvenire soltanto attuando i principi del federalismo fiscale. Allora, sarò certamente soddisfatto dell'approvazione di questo articolo aggiuntivo, ma rimarrò comunque deluso perché il Governo continua a declamare devolution, regionalismo e federalismo fiscale, ma, quando viene chiamato alla prova dei fatti, è assente. Lo ricordo soprattutto a quei colleghi che, dopo aver tanto parlato di
riforme federaliste e dopo aver posto al primo punto del loro programma la riforma in senso federalista dello Stato, quando si tratta di fare scelte concrete attraverso il voto in Parlamento mancano al compito che essi stessi si sono attribuiti.
PRESIDENTE. Avverto che dall'eventuale approvazione dell'articolo aggiuntivo Gambini 11.02, limitatamente alla parte ammissibile dello stesso, discenderà l'assorbimento degli articoli aggiuntivi Bertolini 11.04, degli identici articoli aggiuntivi Polledri 11.01 e Leo 11.05, dell'articolo aggiuntivo Mazzocchi 11.03, degli identici articoli aggiuntivi Mazzocchi 11.07 e Paola Mariani 11.08, nonché dell'articolo aggiuntivo Gambini 11.09, in quanto tutte le predette proposte emendative sono volte a prorogare il termine fissato dall'articolo 6 del decreto legislativo 18 febbraio 2000, n. 56, in materia di trasferimento delle risorse statali ai fondi unici regionali per gli incentivi alle imprese.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Polledri. Ne ha facoltà.
MASSIMO POLLEDRI. L'articolo aggiuntivo in esame solleva un problema già emerso in Commissione ed oggetto di discussione tra il Governo e i deputati della Lega e di Alleanza nazionale. Constato con piacere che il parere è stato perfezionato e la possibilità di reiterare i fondi per la legge Sabattini e per la legge n. 598 delle 1994 (quindi, per l'Artigiancassa) ha trovato accoglimento da parte del Governo.
Stiamo parlando di una somma ingente (circa 710 miliardi delle vecchie lire) che sicuramente sarà utilizzata dalle regioni per i programmi comuni con l'Unione europea; ciò riguarderà circa 60 mila imprese. Di questo risultato, contrariamente a quanto fa l'opposizione che si straccia le vesti, siamo grati al Governo e vogliamo rimarcare l'importanza di un'operazione che anticipa il federalismo fiscale.
Deve essere ben chiaro che forse l'intenzione di alcuni «governatori» era di far passare questo fondo in cavalleria, per poterlo saccheggiare al fine di tappare i buchi della sanità operati da numerose regioni.
Che cosa sarebbe successo, infatti, se si fosse dato corso all'accantonamento di questo fondo, che sarebbe stato utilizzato per il futuro federalismo fiscale? Sarebbe successo che, sul tavolo di trattative delle regioni, il Governo avrebbe dovuto mettere più risorse per una serie di provvedimenti e per un sicuro aumento delle burocrazie.
Credo, dunque, che il collega che mi ha preceduto abbia assunto un atteggiamento non coerente, perché ha invocato un aumento di spese non coerenti con un programma di investimenti e con l'attuale esigenza di favorire e di sostenere le nostre aziende.
Pertanto, rivendico, con una certa soddisfazione, a nome del gruppo della Lega Nord Federazione Padana e dell'intera maggioranza, il risultato ottenuto, non tanto attraverso l'articolo aggiuntivo in esame, quanto attraverso tutta la serie di proposte emendative presentate e concordate con il Governo.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo Gambini 11.02, limitatamente alla parte ammissibile, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti e Votanti 427
Maggioranza 214
Hanno votato sì 427).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 13-bis. 1 (da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del regolamento), accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 428
Votanti 426
Astenuti 2
Maggioranza 214
Hanno votato sì 426).
Passiamo alla votazione degli identici emendamenti Mascia 14.1 e Boato 14.2.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mascia. Ne ha facoltà.
GRAZIELLA MASCIA. Signor Presidente, l'articolo 14 del provvedimento dispone un'ulteriore proroga al 1o gennaio 2005 del termine dell'entrata in vigore delle norme per la sicurezza degli impianti, approvate con il Documento di programmazione economico finanziaria n. 380 del 2001. La precedente proroga era stata introdotta dall'articolo 4 della legge n. 200 del 2003.
Vorrei rilevare due aspetti. Si ha il pudore di non applicare tale proroga agli edifici scolastici di ogni ordine e grado, augurandoci che per gli stessi si sia giunti alla definitiva applicazione delle norme di sicurezza degli impianti. Poiché, ancora oggi, occorre regolarizzare molti immobili che dispongono di impianti non a norma, bisognerebbe chiedersi di chi sia questa responsabilità e quando finiranno queste proroghe che mettono a repentaglio la sicurezza dei cittadini, come abbiamo potuto constatare in diverse occasioni, attraverso articoli di giornali, quando appunto si verificano nelle diverse città episodi che mettono in discussione la sicurezza. I cittadini sono costretti, ancora oggi, a vivere in immobili con impianti non adeguati.
Quindi, la nostra proposta, naturalmente, è di sopprimere questa ulteriore proroga. Anche in questo caso siamo su un terreno molto delicato che viene affrontato, come ogni volta, con un decreto omnibus, ma le singole vicende, i singoli articoli, riguardano, come si vede, questioni molto concrete che hanno a che fare con la vita di tutti giorni, in questo caso con problemi che spesso sono stati all'ordine del giorno delle città. Noi pensiamo che questo articolo debba essere soppresso.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Mascia 14.1 e Boato 14.2, non accettati dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 417
Votanti 416
Astenuti 1
Maggioranza 209
Hanno votato sì 184
Hanno votato no 232).
Passiamo alla votazione degli identici emendamenti Mazzocchi 14.3 e Paola Mariani 14.4.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Nieddu. Ne ha facoltà.
GONARIO NIEDDU. Signor Presidente, l'emendamento che porta la mia firma, insieme a quella dei colleghi Gambini e Mariani, intende sopprimere il secondo periodo del comma 1 dell'articolo 14, perché l'attuale formulazione dell'articolo 14 provocherebbe l'entrata in vigore anticipata, dal 1o gennaio del 2004, delle norme del capo quinto della parte seconda del testo unico in materia di edilizia solo per gli impianti degli edifici scolastici. In pratica, dal 1o gennaio 2004 sarebbe obbligatoria la verifica della messa a norma degli impianti di cui alle lettere b), c), d), e), f), g), dell'articolo 1 della legge n. 46 del 1990; quindi, tutti gli impianti posti al servizio degli edifici scolastici, sinora esclusi dall'ambito dell'applicazione della citata normativa del 1990 in materia di sicurezza degli impianti.
Ne consegue che le imprese che effettuano lavori di manutenzione straordinaria, di installazione, di rifacimento e di ampliamento degli impianti soprarichiamati al servizio di edifici scolastici, sempre dal 1o gennaio 2004, dovrebbero essere in possesso dei requisiti previsti dall'articolo 3 della legge n. 46 del 1990 per poter rilasciare le necessarie dichiarazioni e la documentazione di conformità. Ma, poiché né il decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 né le successive norme di proroga hanno provveduto in merito, si pongono per gli impianti e per le imprese di cui sopra almeno due ordini di problemi.
Il primo è che non è previsto un periodo di tempo utile per l'eventuale adeguamento degli impianti preesistenti, in molti casi non in regola con le attuali prescrizioni di sicurezza, stante l'entrata in vigore anticipata del testo unico dal 1o gennaio 2004, come dicevo prima. Il secondo, importante anche questo, è che le imprese che dal 1990 ad oggi (cioè dall'entrata in vigore della legge n. 46) si sono iscritte agli albi artigiani e ai registi delle imprese presso le camere di commercio per realizzare gli impianti di cui alle lettere che ho precedentemente citato dell'articolo 1 della legge n. 46 del 1990 in edifici diversi dalle civili abitazioni, che non rientravano sinora nell'ambito di applicazione della legge n. 46 del 1990, non hanno previsto un meccanismo che consenta loro di acquisire in tempi ragionevoli i requisiti di cui alla legge n. 46 del 1990, necessari dal 1o gennaio del 2004, così come cita l'articolo 14 del provvedimento che ho richiamato. Questo non per responsabilità delle imprese, ma perché nessuno dei provvedimenti sin qui emanati ha previsto una norma transitoria per l'adeguamento degli impianti esistenti, né disciplinato come possano riconoscersi alle imprese già iscritte e regolamentate, operanti in impianti diversi da quelli di civile abitazione, fino al 1o gennaio 2004, i requisiti che oggi diventano necessari per operare. Invece, come ricorderete, la stessa legge del 5 marzo 1990, n. 46, era correttamente intervenuta in tal senso.
Il risultato che deriva dal ragionamento che ho svolto (ovviamente, è un risultato determinato dalla stessa normativa) è grave, perché, in base a questa norma, dal 1o gennaio 2004 alcune delle imprese del settore impiantistico sono fuori legge per una parte della loro attività.
Se non cambierà nulla - così come è avvenuto nell'arco di questi dieci anni - dal 1o gennaio 2005 esse saranno definitivamente escluse dal mercato insieme a tutte le imprese specializzate nell'impiantistica destinata ad edifici diversi dalle civili abitazioni.
Per questo motivo, con l'emendamento in esame, insieme agli altri colleghi, chiedo che l'entrata in vigore del Capo quinto del testo unico venga posticipata senza eccezione al 1o gennaio 2005.
In pratica, chiedo di estendere quanto previsto nel primo periodo del primo comma anche alla seconda parte dell'articolo. Ciò consentirebbe alle imprese di continuare ad operare, concederebbe ad esse un tempo relativamente sufficiente per adeguarsi alle normative e per meglio specificare le questioni che verranno in essere. Inoltre, ciò consentirebbe alle imprese di avere gli strumenti ed il tempo per mettersi in regola con le nuove normative e - questo è ancora più importante - permetterebbe alle stesse imprese di rimanere in piedi ed ai lavoratori di continuare a lavorare all'interno di esse.
Ecco il motivo per cui chiedo all'Assemblea di esprimere un voto favorevole sugli emendamenti in esame (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Ottone. Ne ha facoltà.
ROSELLA OTTONE. Signor Presidente, intervengo soltanto per chiedere di apporre la mia firma all'emendamento Paola Mariani 14.4, che il collega Nieddu ha ampiamente illustrato poc'anzi.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Quartiani. Ne ha facoltà.
ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, anch'io intervengo per chiedere di apporre la mia firma all'emendamento Paola Mariani 14.4.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Mazzocchi 14.3 e Paola Mariani 14.4, non accettati dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 408
Votanti 407
Astenuti 1
Maggioranza 204
Hanno votato sì 188
Hanno votato no 219).
Passiamo alla votazione dell'emendamento Mascia 17.2
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mascia. Ne ha facoltà.
GRAZIELLA MASCIA. Signor Presidente, la norma in questione dispone una proroga al 31 dicembre 2004 dei termini per la privatizzazione di taluni enti con finalità culturali, per la trasformazione in strutture scientifiche o per la loro fusione strutturale.
Si tratta, quindi, di privatizzazioni: siamo sul piano della cultura, ma sempre di privatizzazioni si tratta! Noi siamo contrari alla privatizzazione, soprattutto in settori di questo tipo.
Per questo motivo, chiediamo la soppressione del comma 1 dell'articolo 17.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Mascia 17.2, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 409
Votanti 263
Astenuti 146
Maggioranza 132
Hanno votato sì 37
Hanno votato no 226).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 17.3, da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, che recepisce la condizione della V Commissione (Bilancio), accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 419
Votanti 415
Astenuti 4
Maggioranza 208
Hanno votato sì 411
Hanno votato no 4).
Passiamo alla votazione degli identici emendamenti Fontanini 18.1 e Mascia 18.2.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mascia. Ne ha facoltà.
GRAZIELLA MASCIA. Signor Presidente, l'articolo 18 concerne una proroga al 31 dicembre 2004 del termine relativo alla definizione transattiva delle controversie per le opere pubbliche di competenza dell'ex Agensud. Siccome, normalmente, queste trattative si concludono sempre con accordi al ribasso, siamo contrari che una realtà pubblica debba andare in questa direzione, tanto più che gli oneri in questione normalmente possono essere messi a bilancio. Dunque, anche se questi ultimi dovessero giungere dopo diversi anni, l'ente locale, in questo caso l'ex Agensud, potrebbe tenerli adeguatamente
in considerazione nei propri bilanci. Pertanto, a nostro avviso, questa proroga dovrebbe essere soppressa.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Fontanini 18.1 e Mascia 18.2, non accettati dalla Commissione né dal Governo e sui quali la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 400
Votanti 398
Astenuti 2
Maggioranza 200
Hanno votato sì 196
Hanno votato no 202).
Prendo atto che gli onorevoli Guido Dussin e Rizzi hanno espresso erroneamente un voto contrario, mentre avrebbero voluto esprimerne uno favorevole.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Leo 20-bis 1 e 20-bis 2 del Governo, accettati dalla Commissione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 410
Votanti 408
Astenuti 2
Maggioranza 205
Hanno votato sì 401
Hanno votato no 7).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Vigni 21.7, Iannuzzi 21.19 e Boato 21.27, non accettati dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e Votanti 421
Maggioranza 211
Hanno votato sì 194
Hanno votato no 227).
PIERO RUZZANTE. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PIERO RUZZANTE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei semplicemente porre una questione. L'onorevole Vigni aveva manifestato l'intenzione di parlare sugli identici emendamenti Vigni 21.7, Iannuzzi 21.19 e Boato 21.27. Lo aveva fatto presente questa mattina.
PRESIDENTE. Ha ragione, onorevole Ruzzante.
PIERO RUZZANTE. Le chiederei di consentire l'intervento ed annullare la votazione.
PRESIDENTE. Magari potrà prendere la parola sull'emendamento successivo. Non è possibile annullare la votazione.
PIERO RUZZANTE. No, signor Presidente, dovrebbe intervenire proprio sugli emendamenti appena votati. Lo aveva chiesto.
SERGIO SABATTINI. Cambiamo la modalità di gestione dell'Assemblea!
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento Fontanini 21.1.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Vigni. Ne ha facoltà.
FABRIZIO VIGNI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, devo far rilevare che questa mattina avevo chiesto di parlare sugli emendamenti relativi all'articolo 21 che sono stati appena respinti. Mi è stato impedito di farlo. Sono quindi costretto a spiegare
ora per quale ragione noi avevamo proposto un emendamento soppressivo dell'articolo 21 in materia di autostrade.
Infatti, a prescindere dalle valutazioni di merito sul contenuto dell'articolo 21, che analizzeremo in seguito esaminando i singoli emendamenti, vi è una domanda preliminare che noi abbiamo posto al Governo ed al relatore.
La domanda è la seguente: per quale motivo si interviene per legge sul sistema di regolazione delle concessioni autostradali, un sistema regolato e da regolare per via amministrativa? Non si comprende questa scelta, che è ingiustificata.
La nostra opinione è stata condivisa nella discussione in VIII Commissione anche da esponenti della maggioranza, e non è soltanto un'astratta questione di metodo. Infatti, intervenendo per via legislativa, si crea in primo luogo una sorta di mostro giuridico, nel senso che la madre di tutte le regole resta la convenzione-tipo, dalla quale discendono le convenzioni in essere con le società concessionarie, con tutte le modalità di regolazione delle tariffe, degli investimenti, dei servizi, degli anni di concessione e quant'altro. Successivamente, si interviene per regolare una singola parte del tutto, ovvero quella che riguarderà il rapporto fra tariffe e investimenti per eventuali nuovi atti aggiuntivi, e lo si fa per legge, producendo un vero e proprio obbrobrio sul piano giuridico.
In secondo luogo, si rileva il fatto che le modifiche al sistema tariffario, già previste dalla delibera CIPE n.319 del 1996 e dall'approvazione del IV atto aggiuntivo per la società Autostrade, dovrebbero essere atti regolatori standard. Intervenendo invece per legge, si legano le mani al regolatore pubblico per il futuro e per un periodo fino a dieci anni, con possibile lesione dell'interesse pubblico; al contempo, si mina la credibilità del sistema di regolazione.
Vorrei far rilevare che siamo di fronte ad una curiosissima e paradossale situazione: da un lato, in tantissimi casi il Governo espropria il Parlamento dei compiti che spetterebbero al Parlamento stesso - lo fa attraverso le deleghe legislative e la decretazione d'urgenza - dell'altro, in un caso come questo, che è un tipico caso nel quale il Governo potrebbe e dovrebbe procedere per via amministrativa e assumersi le sue responsabilità, «scarica» invece sul Parlamento la responsabilità, dopo mesi e mesi nel corso dei quali il Governo stesso è stato paralizzato e diviso al suo interno da una controversia che ha coinvolto il ministro Lunardi, il ministro Tremonti, il CIPE e il nucleo di valutazione del NARS.
Questa, a nostro avviso, è un'insensatezza e per tale ragione avevamo proposto la soppressione dell'articolo 21. Il Governo può e deve affrontare e risolvere il problema con gli strumenti che ha già a disposizione, a cominciare dal CIPE.
Ciò detto, vorrei anche svolgere alcune considerazioni di merito. Innanzitutto, l'articolo 21 costituisce l'ammissione che il Governo non dispone delle risorse per realizzare le opere pubbliche e le infrastrutture annunciate e chiede, dunque, ai cittadini di pagarsele attraverso le tariffe. Berlusconi a Porta a porta, dieci giorni fa, ha detto una bugia clamorosa: ha detto che il CIPE ha già stanziato per le grandi opere 80 mila miliardi di vecchie lire. In realtà, sappiamo bene, dato che basta leggere tali dati sul sito del CIPE, che le risorse stanziate per la cosiddetta legge obiettivo sono pari a meno di 4 miliardi di euro, ovvero meno di 8 mila miliardi di vecchie lire, ovvero meno del 10 per cento di quanto Berlusconi annuncia a Porta a porta! In un paese normale già in quella trasmissione i giornalisti avrebbero «inchiodato» il Presidente del Consiglio alle proprie bugie. Il Governo oggi, su tale punto, dovrebbe dire la verità e non dire agli italiani che verranno diminuite le tasse, cosa che non avviene, e verranno costruite grandi opere, cosa che non avviene. Dovrebbe dire, invece, che se si vuole realizzare qualche opera dovranno pagarla gli italiani con le tariffe.
Illustreremo in seguito, in fase di esame dei nostri emendamenti, il modo in cui pensiamo si dovrebbero tutelare meglio l'interesse pubblico ed i diritti degli utenti
nel momento in cui si interviene per legare eventuali incrementi tariffari agli atti aggiuntivi necessari per i nuovi investimenti.
Vorrei sottolineare fin d'ora l'assoluta insensatezza ed il modo ingiustificato di procedere laddove si configura, come avviene con l'articolo 21, un intervento legislativo su una materia che si poteva e si doveva affrontare per via amministrativa (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Iannuzzi. Ne ha facoltà.
TINO IANNUZZI. Signor Presidente, per la verità anch'io avevo chiesto di parlare sugli identici emendamenti precedentemente respinti. Colgo, quindi, questa occasione per sottolineare la nostra posizione complessiva nei confronti dell'articolo 21.
Siamo di fronte ad una norma che ha subìto una profonda modifica tra il passaggio al Senato ed il successivo esame della Camera dei deputati. Si tratta di una scelta del Governo che riteniamo assolutamente non condivisibile per diverse ragioni. Innanzitutto, siamo contrari alla stessa scelta del Governo di trasfondere in un decreto-legge, quindi in una normativa di rango legislativo, tutta la disciplina del meccanismo relativo alla determinazione delle tariffe dei servizi autostradali, della loro revisione e del loro aggiornamento. Vogliamo sottolineare come la scelta della fonte di rango legislativo sia assolutamente anomala, non abbia precedenti e non trovi alcuna adeguata e ragionevole giustificazione.
Tra l'altro, si tratta di una scelta in contrasto ed in controtendenza rispetto alla linea seguita dal Governo nei primi tre anni della legislatura, in cui si è registrata una costante erosione di competenze del Parlamento da parte del Governo con il ricorso continuo, massiccio, spesso senza confini, a deleghe legislative in ambiti importantissimi. Invece, in questo caso, il Governo, al termine della querelle sviluppatasi tra il Ministero dell'economia e delle finanze ed il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, adotta un'opzione completamente diversa. Mi riferisco a quella di non decidere, come avvenuto fino ad oggi, tramite il CIPE e le riunioni e le decisioni del Consiglio dei ministri, le nuove determinazioni in materia di tariffe autostradali.
Il Governo, invece, adotta la scelta, completamente anomala e non giustificata, di trasfondere in una fonte di rango legislativo tutto il meccanismo di disciplina delle tariffe autostradali, con la conseguenza che si finisce per scaricare sul Parlamento una competenza che è sempre stata esercitata dal Governo e dal CIPE. Il Governo scioglie, dunque, la lunga e interminabile querelle, che è durata vari mesi e che ha visto tanta superficialità, tanta approssimazione e tanta mancanza di considerazione degli interessi sacrosanti degli utenti e dei cittadini, scaricando la responsabilità di ogni decisione sul Parlamento. Lo fa, tra l'altro, con una scelta, che è anche gravida di conseguenze, perché la trasposizione di questa materia in una fonte di rango legislativo (appunto il decreto-legge) significa anche irrigidire, bloccare, paralizzare la disciplina di tale materia, perché ogni ipotesi di novazione o di mutamento degli elementi assunti con questo decreto-legge, per la regolazione del sistema delle tariffe, dovrà essere praticata con l'approvazione di una nuova norma di rango legislativo.
Ad ogni modo, avremo la possibilità di esprimere anche negli interventi sugli emendamenti successivi il dissenso e le preoccupazioni che investono il merito delle soluzioni adottate e che non ci trovano consenzienti (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Parolo. Ne ha facoltà.
UGO PAROLO. Vorrei illustrare brevemente l'emendamento Fontanini 21.1 presentato dal nostro gruppo. Anche se siamo d'accordo con quanto è stato previsto dal Governo nel proprio emendamento, vorrei tuttavia far capire che sostanzialmente, con queste modifiche alle convenzioni, la
Società autostrade potrà, di fatto, modificare le proprie tariffe, a seguito di rilevanti interventi aggiuntivi, in pratica effettuando investimenti ulteriori e rilevanti sul patrimonio in concessione.
La nostra preoccupazione, che esplicitiamo con questo nostro emendamento, riguarda la necessità di rispettare le norme comunitarie sull'aggiudicazione degli appalti e sulla libera concorrenza, nonché la durata delle concessioni autostradali stesse. Vorremmo cioè precisare che con questi ulteriori e rilevanti investimenti (che potranno giustificare, eventualmente, anche una modifica delle tariffe autostradali) non si deve comunque modificare l'oggetto stesso delle concessioni autostradali, perché, se ciò dovesse avvenire, si incorrerebbe automaticamente in un regime di infrazione comunitaria. Questa preoccupazione, peraltro, è stata fatta propria anche dalla VIII Commissione (Ambiente) della Camera dei deputati, nel parere espresso per la I Commissione.
Sarebbe, pertanto, opportuno che l'emendamento in esame venisse accolto, in quanto esso, oltre a non recare oneri finanziari aggiuntivi, precisa in modo adeguato che quanto previsto dalle modifiche introdotte dal Governo in relazione alle convenzioni autostradali, comunque non interferisce con le norme comunitarie in materia di aggiudicazione degli appalti e sulla libera concorrenza.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Realacci. Ne ha facoltà.
ERMETE REALACCI. Signor Presidente, sarò brevissimo. Condivido le considerazioni svolte, non solo dai colleghi Vigni e Iannuzzi, ma anche dal collega Parolo. Nel chiedere, inoltre, di poter sottoscrivere l'emendamento Fontanini 21.1, invito tutti i colleghi ad approvarlo.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Lusetti. Ne ha facoltà.
RENZO LUSETTI. Condivido anch'io la ratio degli interventi che mi hanno preceduto, soprattutto per quanto riguarda il sistema tariffario, che non può essere regolato per via legislativa; ritengo che occorra, invece, dare al Governo e al CIPE la competenza che essi meritano.
Segnalo, pertanto, quest'anomalia ed il grave precedente che si determinerà con questo provvedimento relativamente a tale tema. Inoltre, vorrei sottoscrivere l'emendamento 21.1, che reca come la prima firma quella dell'onorevole Fontanini, per il riferimento forte in esso contenuto sulla libera concorrenza, elemento fondamentale per la tutela del mercato nel nostro paese.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Fontanini 21.1, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 415
Votanti 414
Astenuti 1
Maggioranza 208
Hanno votato sì 198
Hanno votato no 216).
Avverto che l'onorevole Dario Galli ha erroneamente espresso voto contrario, mentre avrebbe voluto esprimere voto favorevole.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Boato 21.28, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e Votanti 413
Maggioranza 207
Hanno votato sì 186
Hanno votato no 227).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Boato 21.29, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e Votanti 411
Maggioranza 206
Hanno votato sì 180
Hanno votato no 231).
Passiamo alla votazione dell'emendamento Iannuzzi 21.20.
Avverto che alcuni deputati mi hanno fatto presente che avrà luogo la riunione del loro gruppo di appartenenza. Invito dunque a prendere gli opportuni accordi all'interno del gruppo per consentire di partecipare a tale riunione.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Iannuzzi. Ne ha facoltà.
TINO IANNUZZI. Signor Presidente, l'illustrazione dell'emendamento in esame rappresenta anche l'occasione per esprimere, a nome del gruppo della Margherita, qualche considerazione attinente al merito delle questioni disciplinate dall'articolo 21 del provvedimento in esame, rispetto al quale esprimiamo la nostra valutazione negativa e critica circa lo strumento della fonte legislativa prescelto per regolamentare un meccanismo, quello della determinazione delle tariffe autostradali, delle relative revisioni, variazioni ed aggiornamenti, sino ad oggi sempre definito con un atto di natura amministrativa da parte del CIPE e del Governo e che doveva rimanere nell'alveo degli atti amministrativi di competenza del Governo.
Vorrei sottolineare che l'articolo 21 ha alle sue spalle una lunga, complessa e sofferta gestazione segnata lungo il crinale del conflitto, molto spesso netto, palese e violento, tra il ministro dell'economia e quello delle infrastrutture che riguarda la sorte dell'atto aggiuntivo tra ANAS e Società Autostrade del 23 dicembre 2002, con il quale, per il periodo 2003-2007, si prevedevano incrementi tariffari per circa il 9 per cento, scaglionati negli anni. Rispetto a questa iniziale posizione, il ministro delle infrastrutture si è subito precipitato ad esprimere il suo assenso incondizionato, mentre il ministro dell'economia ha evidenziato una serie di perplessità, legate alla forte preoccupazione di determinare, con questo incremento tariffario, un aumento dei prezzi ed una spinta inflazionistica.
Per coprire la mancanza di responsabilità da parte del Governo nell'effettuare la scelta, si è adottato il meccanismo legislativo, non tenendo conto delle valutazioni del Nucleo di attuazione e regolazione dei servizi di pubblica utilità del Ministero dell'economia, che aveva previsto la possibilità non di incrementare, ma di ridurre le tariffe.
Oggi si sceglie la via dell'incremento delle tariffe, ma questo nodo non è stato mai sciolto dal Governo e non si è chiarito il motivo per cui le proposte e le argomentazioni del suddetto Nucleo vengono oggi ignorate e completamente superate.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Iannuzzi 21.20, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e Votanti 417
Maggioranza 209
Hanno votato sì 184
Hanno votato no 233).
Passiamo alla votazione dell'emendamento Vigni 21.8.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Abbondanzieri. Ne ha facoltà.
MARISA ABBONDANZIERI. Signor Presidente, credo sia abbastanza evidente
- i colleghi che mi hanno preceduto lo hanno spiegato - che il nuovo articolo 21 di sicuro un effetto lo produrrà: poiché le tariffe finanziano gli investimenti come direbbe qualcuno, a prescindere, le tariffe cresceranno ed il contenzioso che in questi mesi si è determinato tra NARS ed Anas sulla diversa interpretazione della crescita o della diminuzione delle tariffe non si produrrà.
Questo articolo, di fatto, consentirà la crescita delle tariffe al di fuori di ogni controllo, per giunta in un periodo più lungo (da cinque anni si passerà a dieci anni).
Ecco perché, anche nel caso di questo emendamento, cerchiamo di introdurre un'attenuazione. Poiché il parametro X riguarda il recupero della produttività, al comma 1, primo periodo, chiediamo di aggiungere le parole: «per la sola parte attinente alla remunerazione dei nuovi investimenti». Infatti, se si deve svolgere una riflessione, occorre farla su ciò che è nuovo, su ciò che è vero, su ciò che si deve monitorare se sia stato realizzato.
Un altro aspetto che non viene evidenziato rispetto all'articolo 21 è che abbiamo cercato di proporre emendamenti che, in qualche modo, attenuassero la registrazione dei parametri. Infatti, se non si terrà conto del monitoraggio dei lavori iniziati, di quelli effettivamente realizzati e di tutta una serie di altre cose, sicuramente la crescita delle tariffe sarà inevitabile. Non a caso l'emendamento sull'articolo 21 relativo a tale questione è stato presentato il giorno dopo che il CIPE e il Ministero non hanno trovato un punto di accordo in ordine alle tariffe. In sostanza, si riscrive l'articolato, il quale esce dalla convenzione per divenire una norma di legge che consentirà di realizzare ciò che non è stato possibile attuare in sede CIPE il 29 gennaio.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Vigni. Ne ha facoltà.
FABRIZIO VIGNI. L'onorevole Abbondanzieri ha già spiegato molto bene il significato di questo emendamento; dunque vorrei solo sottolineare che, se da una parte è condivisibile l'obiettivo di attuare un rapporto più stringente e più vincolante tra meccanismi tariffari ed effettiva realizzazione dei nuovi investimenti previsti negli atti aggiuntivi, occorre farlo in modo da garantire comunque la salvaguardia dell'interesse pubblico nonché una corretta applicazione del meccanismo del price cap.
Con l'allungamento del periodo regolatorio fino a dieci anni, che - come abbiamo già affermato - lega le mani al regolatore per un periodo molto lungo, si deve quanto meno prevedere che lo stesso riguardi solo la parte attinente alla remunerazione dei nuovi investimenti. In altre parole, si può garantire tale remunerazione senza rinunciare alla revisione tariffaria ordinaria ogni quinquennio.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Duca. Ne ha facoltà.
EUGENIO DUCA. Come già affermato dai colleghi Abbondanzieri e Vigni, è veramente incomprensibile il parere contrario del Governo su questo emendamento, in base al quale si vuole che l'aumento delle tariffe dei pedaggi autostradali (quelli pagati da tutti gli automobilisti e dai camionisti; pensate alle merci italiane, che già hanno problemi di inserimento nei mercati, ed all'indebito aumento dei costi per le imprese italiane) serva almeno a motivare soltanto i finanziamenti per gli investimenti aggiuntivi.
Colleghi, vi sono progetti approvati nel 1992 che, dopo 12 anni, ancora devono essere realizzati. Approvate un articolo che da oggi aumenta le tariffe per anni che non sono determinabili, vista la loro durata!
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Vigni 21.8, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 402
Maggioranza 202
Hanno votato sì 176
Hanno votato no 226).
Il seguito del dibattito è rinviato alla seduta di domani.
Prima di passare al successivo punto all'ordine del giorno, sospendo brevemente la seduta.
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