Allegato B
Seduta n. 416 del 2/2/2004


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ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:

OLIVIERI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
in Trentino, nel corso della recente assemblea dei soci del Consorzio Melinda scarl di Cles, si è ipotizzato un calo del fatturato del 7-7,5 per cento;
tra i motivi del calo nelle liquidazioni ai 5000 soci-produttori, si riscontrano:
a) l'andamento stagionale anomalo; con la persistente siccità dell'estate scorsa, che ha influito sulla pezzatura delle mele;
b) la preoccupante patologia legata alla diffusione degli «scopazzi del melo»: che ha imposto l'estirpazione delle piante di melo colpite da tale patologia;
c) i mancati rimborsi relativi al credito IVA del Consorzio Melinda scarl di Cles, che ammontano a 9.378.764,00 euro come di seguito specificato:
IVA a credito 2000: euro 1.807.599,00; compensati ed incassati: euro 1.616.457,00; credito residuo: euro 191.142,00;
IVA a credito 2001: euro 1.453.951,00; compensati ed incassati: euro 516.456,00; credito residuo: euro 937.495,00;
IVA a credito 2002: euro 4.000.127,00; compensati ed incassati: euro 500.000; credito residuo: euro 3.500.127,00;
IVA a credito 2o trimestre 2003: euro 2.500.000,00; compensati ed incassati: -; credito residuo: 2.500.000,00;
IVA a credito 3o trimestre 2003: euro 950.000,00; compensati ed incassati: -; credito residuo: euro 950.000,00;
IVA a credito 4o trimestre 2003: euro 1.300.000,00; compensati ed incassati; -; credito residuo: euro 1.300.000,00;
Totale credito generale: euro 12.011.677,00; compensati ed incassati: euro 2.632.913,00; credito residuo: euro 9.378.764,00;
dai suddetti dati, emerge un credito IVA consistente, aggiornato al recente rimborso del 21 gennaio 2004 che era relativo al primo trimestre 2003, la cui richiesta era stata effettuata nel maggio 2003, esattamente 8 mesi or sono;


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il Consorzio Melinda scarl a tutt'oggi è in attesa di rimborsi arretrati dal 2000 al 2002 cui si aggiungono i rimborsi IVA relativi al 2o e 3o trimestre 2003 che, teoricamente dovrebbero essere restituiti entro 60 giorni dalla presentazione della relativa documentazione contabile prevista. Purtroppo, questo non avviene mai nei tempi previsti, ma la norma prevede che vi sono riconosciuti gli interessi relativi al ritardato pagamento, solo previa presentazione di apposita domanda, comportando un ulteriore aggravio di lavoro per l'ufficio contabilità;
come si può ben comprendere, queste somme, peraltro sempre molto elevate, rendono difficile per il Consorzio Melinda, gestire la liquidità non disponendo di denaro per un valore attuale di oltre 9 milioni di euro;
dulcis in fundo, vi è una «stranezza normativa» in quanto, le domande di rimborso IVA devono essere presentate entro i 60 giorni predetti, solo per il 1o, 2o e 3o trimestre, mentre per il 4o trimestre le domande devono essere presentate ben 10 mesi dopo il periodo in cui il credito è stato effettivamente maturato. Se consideriamo che questo «anomalo allungamento» della domanda si assomma ai cronici ritardi dei rimborsi, otteniamo che i tempi dei rimborsi possono essere anche di molti anni;
questi cronici ritardi, per cifre molto consistenti, comportano, per il Consorzio Melinda scarl, gravi difficoltà finanziarie, vanificando gli sforzi quotidianamente messi in atto dall'azienda per migliorare la competitività e l'efficienza e di conseguenza, anche il tornaconto economico dei 5000 soci-produttori e notevoli squilibri - per milioni di euro - all'anno tra l'IVA al 4 per cento incassata dai clienti e quella al 20 per cento pagata ai fornitori, costringendo la società a fare ricorso al credito per pagare le mele ai produttori e ad accollarsi tutti gli oneri -:
se innanzitutto sia a conoscenza della grave ed incresciosa situazione che sta creando gravi difficoltà al Consorzio Melinda scarl visto l'enorme ammontare del credito d'IVA vantato (9.378.764,00 euro);
quali siano le iniziative che intende assumere, qualora fossero già stati emessi i mandati di pagamento da parte dell'Agenzia delle entrate, per garantire la rapida esecuzione degli stessi;
quali siano comunque le iniziative che intende assumere per ovviare a queste gravose situazioni, anche alla luce del fatto che il contribuente versa l'IVA puntualmente, fornisce idonee garanzie fideiussorie per i rimborsi e, come nella fattispecie, benché in presenza di questi enormi crediti ha bisogno di indebitarsi presso Istituti di credito per far fronte alle odierne necessità di cassa;
se non ritenga comunque di dover adottare iniziative normative, se del caso, intervenire con atti interni (circolari o disposizioni particolari) per superare l'incresciosa situazione concernente la richiesta di rimborso di IVA a credito del 4o trimestre, che può esser presentata solo, nell'ambito di una domanda annuale, e quindi a distanza di ben 10 mesi dal periodo in cui il credito è stato maturato.
(5-02814)

Interrogazioni a risposta scritta:

FIORI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il 16 dicembre 2002 è stata attuata la dismissione di ventidue complessi immobiliari su Roma e Milano, per un importo complessivo di 350 milioni di euro, da parte del Gruppo «Generali» al fondo immobiliare chiuso «investire immobiliare società di gestione risparmio», il cui socio di riferimento (91 per cento) è rappresentato dalla Banca Finnat Euroamerica;
tale operazione avrebbe permesso la realizzazione di alcuni obiettivi tra i quali:
la rivalutazione, mediante la procedura di dismissione, del valore degli immobili;


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nel rendiconto di gestione di Investire Immobiliare SGR, al 31 dicembre 2002, tale valore, infatti, risulta essere pari a circa 410 milioni di euro, con una rivalutazione di 60 milioni di euro, pari al 17,1 per cento del valore di vendita in soli 15 giorni;
beneficiare degli incentivi fiscali previsti dal decreto-legge n. 351 del 2001 convertito nella legge n. 410 del 2001 a favore dei fondi immobiliari chiusi;
scaglionare nel tempo la vendita frazionata degli immobili al fine di ottimizzare al massimo i profitti risultanti dalla bolla speculativa ancora in atto in Italia;
nel gennaio 2003 gli inquilini degli immobili siti in Via di Villa Massimo 37, (Roma) e di Via Nomentana n. 231/233 (Roma), coinvolti nelle procedure di dismissione sopra descritte, si sono costituiti in due Cooperative (Società Cooperativa Edilizia Via di Villa Massimo, 37 Roma e Società Cooperativa Edilizia via Nomentana n. 231/233, Roma) per affrontare in modo unitario le trattative di vendita e di acquisto da parte degli inquilini interessati agli immobili in questione;
nel dicembre 2003, i complessi immobiliari di Via di Villa Massimo e di Via Nomentana, sono stati rivenduti dal Fondo Immobiliare chiuso ad una società immobiliare di Milano, la «Immobiliare Bilancia», con socio unico, la Compagnia «Vittoria Assicurazione»;
la maggioranza del pacchetto azionario di «Vittoria Assicurazione», tuttavia, sembrerebbe essere detenuto dalle Generali S.p.a. e vi sarebbe più di un motivo per ritenere che il potere decisionale in merito spetti unicamente a quest'ultima;
i presidenti delle due Cooperative di inquilini riferiscono di non aver avuto, a tutt'oggi, alcuna comunicazione formale in relazione a tale vendita, e temono che le finalità possano essere, ancora una volta, legate ad operazioni di «aggiustamenti», di bilanci interni, oppure ad una rivalutazione «virtuale» degli immobili dismessi -:
se non intenda promuovere le opportune iniziative dirette ad un'azione incisiva da parte degli organi preposti, finalizzata al monitoraggio ed alla verifica di situazioni di cui quella ivi illustrata risulterebbe essere emblematica;
se non intenda tempestivamente attuare gli impegni previsti dalla risoluzione n. 7-00322 - approvata in Commissione Finanze il 21 ottobre 2003 - con riferimento alla conferma di agevolazioni fiscali esclusivamente a favore di quei fondi che svolgono una funzione sociale, facilitando il riacquisto da parte degli inquilini occupanti ed evitando, in tal modo, manovre speculative poco trasparenti, origine di forti disagi sociali per coloro che ne risultano coinvolti.
(4-08731)

CATANOSO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
come ha ampiamente riportato l'agenzia di stampa aeronautica Avionews, l'Alitalia, nel consiglio d'amministrazione del 10 dicembre 2003, ha deliberato la riduzione delle commissioni d'agenzia sulla biglietteria nazionale ed internazionale emessa dagli agenti di viaggio;
la decisione è stata attuata, però, soltanto in questi giorni provocando la giusta protesta degli operatori del settore;
il vettore nazionale ha giustificato una tale decisione riferendo che altri vettori europei hanno fatto o sono in procinto di fare la stessa cosa: Air France ha ridotto le commissioni all'1 per cento, Lufthansa le ha ridotte all'1 per cento quelle sulla biglietteria internazionale e allo 0,9 per cento quelle nazionali, Klm non riconosce più alcuna commissione, British Airways e Sas hanno introdotto il prezzo netto del biglietto e tocca all'agenzia indicare l'importo che viene addebitato al cliente;


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la ragione della decisione, unilaterale e gravissima, l'ha spiegata il responsabile del marketing di Alitalia, Paolo Rubino, con la previsione di un risparmio fra i 180 ed i 250 milioni di euro l'anno -:
se i motivi che hanno indotto la dirigenza del vettore nazionale ad una tale scelta, possono sembrare validi ad una prima e superficiale analisi, le conseguenze della stessa sono incalcolabili sia per la tenuta della capillare, efficiente ed unica, nel panorama europeo, rete di distribuzione del prodotto aereo, sia per le ricadute occupazionali sulle piccole agenzie che basano il loro fatturato quasi interamente sulla vendita di Alitalia;
nell'immediato, comunque, il primo colpo è stato assestato al vettore visto che gli agenti hanno messo in atto una protesta che consiste nel non vendere Alitalia e trasferire il passeggero, ove possibile, su un altro vettore, nazionale o internazionale;
l'Alitalia, nella situazione finanziaria in cui si trova, non può permettersi di rischiare questa politica aziendale, già tentata da altri vettori della stessa grandezza e con lo stesso network, vedasi il caso della Swiss, che ha dovuto fare marcia indietro con gli agenti di viaggio e raggiungere con loro un accordo;
i veri motivi del dissesto nei conti di Alitalia non devono ricercarsi in fattori esogeni all'azienda bensì all'interno. Tra l'altro esiste un documento, noto già all'allora ministro dei trasporti in cui venivano evidenziate le cause della cronica sofferenza dei conti della compagnia: «ridotta produttività; mancanza di strategie da parte di un vettore cresciuto in regime di monopolio che si è trovato, impreparato, ad affrontare le nuove regole della libera concorrenza nel libero mercato; costo del lavoro, per aver sottoscritto accordi sindacali tenendo conto più dell'effetto immagine che dell'economia di gestione; concessioni gratuite di viaggio emesse da Alitalia senza un criterio restrittivo; ricorso continuo al sistema del leasing con società finanziarie appartenenti allo stesso Gruppo prive, pertanto, della necessaria trasparenza; prevalere di politiche impostate sulla posizione dominante e non sulla cultura del prodotto; eccessi di accentramento di processi decisionali che hanno messo fuori mercato importantissimi settori produttivi; alternante situazione del settore del trasporto aereo nel quale ogni crisi politica e sociale, in qualsiasi parte del mondo, si ripercuote con effetti negativi: crisi petrolifera, guerra del Golfo, Medio Oriente...». L'analisi pose tra le concause anche «fattori esterni» ma evidenziò, in particolare, quelli «interni» che potevano essere corretti ed affermò: «...in ambito europeo Alitalia viene classificata come vettore regionale» e concluse: «...il motivo dell'analisi è quello di risanare e rafforzare l'unico vettore nazionale, il cui decadimento si ripercuote sul trasporto aereo e sull'immagine del Paese» precisando che «l'analisi per essere efficace deve penetrare senza reticenze nei problemi evidenziando gli aspetti che potrebbero aver concorso allo stato di crisi economica in cui versa il vettore»;
per ultimo sorprende il comportamento unilaterale dell'attuale classe dirigente di Alitalia che avrebbe potuto concordare tale decisione con le associazioni di categoria, come fatto tra l'altro dalla Swiss proprio in questi giorni -:
se non ritenga opportuno che l'Alitalia per il futuro concordi con l'esecutivo l'adozione di provvedimenti che hanno riflessi immediati sulla occupazione e sull'economia del Paese;
quali iniziative intende assumere per trovare una soluzione alla situazione venutasi a determinare con il provvedimento che ha ridotto le percentuali di commissione spettanti agli agenti di viaggio sui biglietti venduti.
(4-08734)

BULGARELLI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
in seguito al tracollo finanziario dei gruppi Cirio e Parmalat, la tutela dei


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risparmiatori ed in particolare dei piccoli risparmiatori è divenuta una vera e propria priorità nazionale;
per un piccolo risparmiatore, i cui risparmi ormai si erodono nei conti bancari che non danno più interessi decenti, è sempre più difficile mantenere il potere d'acquisto del proprio capitale, ma i buoni del tesoro rendono sempre meno ed il mercato mobiliare appare sempre più pericoloso per i semplici cittadini, tanto che al risparmiatore non resta che affidarsi a chi ne sa di più;
l'affidabilità dei consulenti, dei vari professionisti del settore nonché quella degli enti addetti ai controlli, ma anche l'efficacia delle procedure di vigilanza, di quelle interne e di quelle demandate alla Borsa e al sistema bancario, in particolare, alla Consob ed alla Banca d'Italia, sono tutti elementi essenziali per far sì che il risparmio nel nostro paese si possa tradurre in investimento;
la «finanza creativa» emersa nei casi Parmalat e Cirio che ha rovinato migliaia di possessori di bond e di azioni non è appannaggio esclusivo di queste due società, ma sembra essere sfortunatamente, seppur con diversi gradi di intensità, una malattia diffusasi a livello nazionale ed internazionale;
nel caso Cirio risultano coinvolti alcuni importanti Istituti di credito italiani, a partire da Capitalia che, insieme ad altre società, ha collocato bond Cirio nonostante tale società avesse denunciato nel bilancio 2001, a fronte di un patrimonio netto di 712 miliardi di lire, un indebitamento complessivo di 1.578 miliardi. Significativo che, nel corso del 2001, l'esposizione nei confronti delle banche calava sensibilmente. Il debito bancario era stato ciò trasformato in obbligazioni, per un totale di 338,8 miliardi di lire. In tale contesto gli sportelli bancari hanno continuato nel 2002 a vendere bond Cirio fino a raggiungere la cifra di 1.125 milioni di euro, scaricando così sui propri clienti i rischi dell'insolvenza. Il caso Parmalat, ha una portata ancor maggiore: le obbligazioni emesse dalla società parmense sono pari a ben 7,179 miliardi di euro, hanno qui avuto un ruolo determinante importanti banche internazionali, fondi esteri e finanziarie caraibiche. In questi contesti il ruolo svolto dalle società di consulenza e di revisione, dalla Consob e dalla Banca d'Italia, appare quantomeno inefficace, qualora non colposo ed in certi casi per quanto riguarda istituti di credito e società di revisione, probabilmente, doloso. In particolare le società di revisione incaricate della certificazione del bilancio non avevano espresso, a tempo debito, giudizi negativi o riserve in merito alla corretta redazione del bilancio ed alla situazione economico-finanziaria depositata presso le competenti sedi istituzionali, mentre contemporaneamente anche un privato cittadino, come Beppe Grillo, poteva preannunciare l'insostenibilità della situazione finanziaria Parmalat;
la questione della tutela del risparmio è esplosa anche a Rimini: nelle ultime settimane centinaia di persone si sono rivolte a Federconsumatori per chiedere assistenza e tutela legale. Si constata che in numerosi casi anche alcune banche riminesi hanno gestito, ad avviso dell'interrogante in modo scandaloso, i risparmi dei loro clienti;
alcuni casi esemplari: il contadino che lavora una vita, mette da parte 300.000 euro e la banca glieli fa investire tutti in bond Cirio; il minatore emigrato in Belgio che torna in Italia, si rivolge ad una banca chiedendo un investimento «sicuro», tipo i BOT e gli fanno investire 75.000 euro - anche in questo caso i risparmi di una vita - per metà in bond Argentini e per metà in bond Cirio. Spesso si tratta di persone anziane, ora disperate, che si sono fidate della loro banca;
il legittimo sospetto è che anche a Rimini, alcuni istituti di credito possano essersi cinicamente liberati o, comunque abbiano piazzato per conto terzi «capitale andato a male», carta straccia, rifilata ai clienti più indifesi;
anche questa vicenda potrebbe essere affrontata più incisivamente dai truffati se


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il nostro ordinamento prevedesse forme di tutela collettiva risarcitoria. La normativa vigente al fine di tutelare i compratori, stabilisce la responsabilità del venditore finale nei confronti del consumatore in ordine alle qualità promesse del prodotto oggetto del trasferimento, ferma restando la possibilità, per il venditore, di agire nei confronti del produttore tuttavia la normativa sembra non ricomprendere gli istituti di credito per i prodotti che vendono al pubblico dei consumatori;
la Federconsumatori di Rimini ha promosso un protocollo d'intesa rivolto alle Banche locali avente ad oggetto l'acquisto dei prodotti finanziari Parmalat, Cirio e bond Argentini da parte di residenti nella Provincia di Rimini, si tratta di un protocollo conciliativo che, nell'interesse di tutte le parti coinvolte, preveda imprescindibilmente, oltre a fissare scadenze precise per l'intesa e per i rimborsi, a stabilire ogni genere di tutela del risparmiatore danneggiato e salvo e impregiudicato ogni diritto dell'investitore di adire le vie legali all'esito della trattativa qualora non si giunga ad un accordo transattivo, l'obbligo della banca di consegnare all'investitore che ha aderito alla procedura tutta la documentazione relativa all'investimento contestato entro 10 giorni dalla presentazione del reclamo da effettuarsi mediante raccomandata a/r su apposita modulistica e soprattutto l'obbligo per la Banca di formulare offerte al risparmiatore esclusivamente nell'ambito della procedura conciliativa -:
quali iniziative normative il Governo intenda assumere per meglio precisare la responsabilità giuridica delle società di consulenza, revisione e controllo, nonché degli istituti di credito nella collocazione di prodotti finanziari, e se non si ritenga utile promuovere la stipulazione di protocolli d'intesa analoghi a quello ideato dalla Federconsumatori di Rimini;
in particolare, se non si ritenga altresì opportuno adottare iniziative normative che prevedano l'obbligo di pubblicizzare in modo comprensibile ed accessibile ai piccoli risparmiatori i nomi delle società quotate che presentano uno sbilanciamento irragionevole tra patrimonio ed indebitamento.
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SINISCALCHI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
nel corso dell'anno 2003 sono stati posti in vendita gli appartamenti di proprietà dell'Inpdap, ubicati nel centro direzionale di Napoli, secondo quanto disposto dal decreto legislativo n. 104/96 e dal decreto legge n. 351 del 25 settembre 2001, convertito in legge n. 410 del 23 novembre 2001;
terminate le procedure di alienazione dei suddetti beni immobiliari, rimanevano invenduti quindici appartamenti;
in forza delle vigenti disposizioni normative, gli appartamenti invenduti sarebbero dovuti essere alienati dall'Inpdap attraverso asta pubblica;
da notizie pervenute all'interrogante, risulta che nella notte tra il sette e l'otto dicembre 2003, i suddetti appartamenti, non sottoposti ad alienazione da parte dell'ente, sarebbero stati occupati da alcune famiglie;
la richiamata «occupazione» ad opera di alcuni cittadini, priva di titolo e di legittimazione giuridica, si sarebbe svolta senza violenza alcuna alle abitazioni e senza l'uso della forza fisica per rimuovere ostacoli;
non sarebbero stati rinvenuti segni di effrazione alle serrature ed alle porte di accesso agli appartamenti;
la assenza di dette violenze finalizzate a rimuovere la chiusura delle porte potrebbe ingenerare il sospetto, ad avviso dell'interrogante, che gli «occupanti» si siano introdotti all'interno degli appartamenti utilizzando le chiavi d'ingresso, o copie delle stesse;
il sospetto che la irregolare occupazione delle abitazioni sia avvenuta in circostanze


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particolarmente oscure e non a seguito di azione irrefrenabile frutto di disperazione per le condizioni di assoluta indigenza, ha sconcertato numerosi cittadini che avevano provveduto ad acquistare regolarmente le proprietà immobiliari;
la situazione determinatasi in conseguenza di quanto riportato, rischia di alimentare una sfiducia generalizzata nei confronti della legalità edella trasparenza dei sistemi e delle procedure di vendita degli immobili -:
se sia a conoscenza del fatto esposto in premessa;
se non ritenga altresì di disporre gli opportuni controlli afferenti le singolari modalità di occupazione abusiva che sarebbero state poste in essere ai danni dell'INPDAP.
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