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PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 29 dicembre 2003, n. 356, recante abrogazione del comma 78 dell'articolo 3 della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (Legge finanziaria 2004).
Ricordo che nella seduta del 26 gennaio si è conclusa la discussione sulle linee generali.
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo unico del disegno di legge di conversione (vedi l'allegato A - A.C. 4595 sezione 3), nel testo della Commissione (vedi l'allegato A - A.C. 4595 sezione 4).
Avverto che le proposte emendative presentate sono riferite agli articoli del decreto-legge (vedi l'allegato A - A.C. 4595 sezione 5).
Avverto altresì che non sono state presentate proposte emendative riferite all'articolo unico del disegno di legge di conversione.
Avverto inoltre che la I Commissione (Affari costituzionali) ha espresso il prescritto parere (vedi l'allegato A - A.C. 4595 sezione 1).
Avverto, infine, che la V Commissione (Bilancio) ha espresso il prescritto parere (vedi l'allegato A - A.C. 4595 sezione 2).
Passiamo agli interventi sulle proposte emendative riferite agli articoli del decreto-legge.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Guerzoni. Ne ha facoltà.
ROBERTO GUERZONI. Signor Presidente, credo che sia un po' complesso motivare la nostra opinione su questo decreto-legge, anche perché, nel merito, non abbiamo difficoltà a sostenere che va abrogata una norma che, fin dall'inizio, cioè quando è stata approvata nel corso della discussione della legge finanziaria, abbiamo considerato sbagliata. Allora si potrebbe dire: meglio tardi che mai, e passiamo rapidamente all'approvazione del testo al nostro esame.
Vorrei però cogliere l'occasione, anche se il tema non riscuote grande attenzione, per richiamare le modalità con cui è stata approvata la norma in questione, che oggi tutti riconosciamo essere sbagliata. Nella stessa relazione che accompagna il decreto-legge del Governo si afferma che, pur tenendo conto delle motivazioni che hanno indotto ad inserirla nel testo, è indubbio che essa determini una promozione generalizzata del personale in questione e che quindi la stessa non risulta coerente con la disciplina delle procedure di progressione in carriera per i dipendenti pubblici. La relazione continua affermando che questa norma avrebbe effetti di trascinamento su tutte le altre amministrazioni, con imprevedibili riflessi sulla spesa pubblica e che inoltre essa realizza un'interferenza in una materia demandata alla fonte contrattuale.
Probabilmente, può essere stato un momento di confusione; però, vorrei dire ai colleghi della maggioranza, e in particolare al Governo, che una delle ragioni di merito che hanno portato all'approvazione di questa norma sbagliata è stato il modo con cui in Parlamento si è giunti ad approvare
la legge finanziaria. Vi è una responsabilità politica che ritengo giusto sottolineare. Per la prima volta, il Parlamento ha esaminato la legge finanziaria in una situazione di espropriazione delle sue funzioni, anzitutto perché il 90 per cento delle misure erano state inserite in un decreto-legge (sul cui merito, non è stato possibile discutere perché il Governo ha posto sullo stesso la questione di fiducia), e poi perché l'esame della stessa legge finanziaria si è ridotto all'approvazione, con ripetuti voti di fiducia, di tre maxiemendamenti.
Non si tratta soltanto di un aspetto di normale amministrazione. Può accadere che, nelle fasi convulse della discussione del disegno di legge bilancio e del disegno di legge finanziaria, si compiano degli errori. Tuttavia, in tal caso - anche sulla base di questo episodio, che riguarda un comma di un articolo della legge finanziaria -, occorre modificare una modalità profondamente lesiva delle funzioni e delle prerogative del Parlamento nella discussione dei principali documenti di politica economica e finanziaria.
Avevamo posto tale questione con grande nettezza. È vero che l'emendamento cui mi riferisco, poi recepito in un maxiemendamento del Governo, era di fonte parlamentare, ma, immediatamente dopo l'approvazione dello stesso in Commissione bilancio, da parte dei gruppi dell'opposizione era stato presentato un emendamento soppressivo. Era infatti evidente il contrasto tra quella norma e le modalità di contrattazione previste dal decreto legislativo n. 29 del 1993, che ha esteso anche al rapporto di lavoro pubblico i criteri adottati per la contrattazione privata.
Questa è la ragione fondamentale che ritenevo opportuno richiamare, nel momento in cui il Governo, con questo decreto-legge, corregge una norma e che abbiamo ritenuto sbagliata fin dall'inizio, da quando cioè è stata approvata con un maxiemendamento del Governo ed inserita nella legge finanziaria.
Nel corso della discussione in Commissione avevo posto anche altre questioni che, in questo momento, possono sembrare una sorta di processo alle intenzioni; ad esempio, il fatto che forse, anche per altri problemi all'esame del Parlamento, si tenda a tornare indietro rispetto ad orientamenti interni alla stessa maggioranza riguardo la scelta fondamentale della contrattualizzazione. Ho preso atto di quanto detto dal sottosegretario, ovvero che la proposta al nostro esame e la sua correzione dimostrano che non si vuole andare verso quella direzione, ma mi attendo che si mantenga fede a questo impegno, quando si presenteranno altre occasioni. Il problema non attiene al mancato riconoscimento di eventuali questioni di merito, in quanto qui stiamo parlando di tutte le posizioni che riguardavano le ex carriere direttive precedenti al 1990. La questione è se queste posizioni siano meglio tutelate attraverso una contrattazione efficace o con provvedimenti ad hoc che in qualche modo si insinuano, ribaltando il rapporto fra legislazione politica e ruolo delle organizzazioni sindacali, anche nella pubblica amministrazione. Riteniamo che questo sia il criterio giusto e, proprio sulla base di questa argomentazione, abbiamo mosso un'obiezione all'emendamento del relatore. Vorrei rivolgermi proprio a lui, perché credo che, nel corso della discussione generale, sia incorso in un infortunio. In Commissione noi abbiamo votato contro il suo emendamento, rimettendoci alla discussione, successiva all'espressione del parere della Commissione bilancio, sul merito di quella che lo stesso relatore individuava come una salvaguardia delle misure di carattere finanziario; egli affermava che con la sua proposta emendativa si volevano in qualche modo salvaguardare le risorse individuate al momento dell'approvazione.
La nostra obiezione era riferita al fatto che non volevamo che con quell'emendamento fosse reintrodotto il mantenimento di un'area riservata, attraverso le risorse finanziarie, in contraddizione con il dispositivo del decreto, il quale abrogava il comma 78 dell'articolo 3 della legge finanziaria per il 2004, constatando come quella riserva fosse in contraddizione con lo spirito della contrattazione. Per questa
ragione, abbiamo presentato proposte emendative volte ad abrogare quella copertura - come avevamo proposto nella discussione in Commissione -, anche perché ci sembra che la contrattazione possa essere allo stato di fatto già pienamente disponibile, o volte a prevedere, come l'emendamento 1.2, che i 7,4 milioni che vengono individuati per il 2004 siano affidati alla contrattazione, esplicitandone quindi, nella legge, la destinazione. Per tali motivi, abbiamo mantenuto, nel conferire il mandato al relatore in Commissione, un atteggiamento di astensione rispetto alla discussione di merito su questi emendamenti. Quindi, come si può ben capire, non vi è alcuna difficoltà da parte nostra a prendere atto che il Governo e la maggioranza ci danno ragione rispetto alla posizione assunta nel corso della discussione della legge finanziaria. Riteniamo, però, che la questione posta nei nostri emendamenti necessiti di un approfondimento prima di passare all'approvazione definitiva del testo al nostro esame.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Maninetti. Ne ha facoltà.
LUIGI MANINETTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, intervengo a nome del gruppo UDC per esprimere il nostro voto favorevole al provvedimento in esame e vorrei brevemente fare alcune osservazioni di merito. Ne condividiamo innanzitutto la ratio che, come ben precisato nella relazione illustrativa, consiste nel ripristino, con l'abrogazione del comma 78 dell'articolo 3 della legge finanziaria 2004, delle ordinarie procedure di progressione in carriera previste per tutto il pubblico impiego sia dalla legislazione sia dalla contrattazione e nell'evitare il riproporsi di situazioni analoghe nelle altre amministrazioni, con inevitabile incremento della spesa pubblica.
Ci sembra importante, infatti, ricondurre alle normali dinamiche contrattuali, come fissate dalla legge, la disciplina giuridica ed economica del rapporto di lavoro dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche, evitando la rottura di equilibri tra le parti che, attraverso il confronto ed il dialogo, devono pervenire a conclusioni condivise.
Proprio perché in linea con quanto detto, ci sembra opportuna anche la previsione che rimanda agli accordi tra l'Aran e le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative la definizione della posizione del personale dell'intero comparto ministeri appartenente alle ex carriere direttive già in servizio alla data del 31 dicembre 1990. A tale proposito, appoggiamo pienamente l'emendamento proposto dal relatore perché riteniamo che al rinvio alla disciplina della contrattazione collettiva debba accompagnarsi la destinazione a tal fine dei fondi già previsti per l'attuazione del comma 78 dell'articolo 3 della legge finanziaria 2004. Ciò affinché la disposizione in esame non si risolva in un'affermazione di principio, ma fornisca le risorse necessarie per essere concretamente operativa.
Più in generale, l'obiettivo da perseguire rimane certamente l'istituzione della vicedirigenza prevista dall'articolo 17-bis del decreto legislativo n. 165 del 2001. Anche su questo punto ci sembra importante che, nel corso della discussione in Commissione, sia emersa l'esigenza di attuare concretamente tale istituto e di impegnare in tal senso il Governo.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Delbono. Ne ha facoltà.
EMILIO DELBONO. Signor Presidente, intervengo molto brevemente per motivare il nostro atteggiamento positivo in merito alla conversione in legge del decreto-legge in esame. Tale atteggiamento è subordinato anche all'accoglimento di un emendamento che ha particolare rilevanza. Tuttavia, vorrei svolgere qualche brevissima considerazione di metodo e di merito.
Non possiamo non riconoscere di provare un certo imbarazzo nell'esaminare questo provvedimento. Si tratta di un decreto-legge, emanato il 29 dicembre dello scorso anno, avente come obiettivo quello di abrogare il comma 78 dell'articolo 3 della legge finanziaria 2004, la
stessa legge finanziaria voluta dal Governo. È vero che tale comma fu il frutto di un emendamento di un collega della maggioranza approvato dalla Commissione bilancio, ma poi tutto fu trasfuso nel maxiemendamento del Governo. Dunque, vi è stata una svista da parte dei membri del Governo e, indubbiamente, non possiamo non segnalarlo come elemento negativo.
D'altra parte, il Governo censura se stesso. Nella relazione di accompagnamento si leggono, infatti, parole molto importanti quali «promozione generalizzata non coerente con la disciplina relativa alle procedure di progressione in carriera per i dipendenti pubblici». Inoltre, si parla di previsione dirompente con effetti di trascinamento su tutte le altre amministrazioni. Si parla, poi, di riflessi sulla spesa pubblica ed interferenze in materie demandate alla fonte contrattuale. Dunque, mi pare che la censura che il Governo fa di se stesso sia sufficientemente pesante perché le opposizioni non aggiungano, pressoché, altro.
Il relatore esprimerà il parere sugli emendamenti proposti dall'opposizione e darà anche una soluzione in merito al recupero di alcune risorse derivanti dall'abrogazione del comma 78 dell'articolo 3 che, se recuperate, rendono questo provvedimento inevitabilmente condivisibile anche da parte dell'opposizione. Si tratta di portare le lancette dell'orologio alla situazione preesistente all'approvazione della legge finanziaria, rimediando ad un errore della maggioranza stessa.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole De Franciscis. Ne ha facoltà.
ALESSANDRO DE FRANCISCIS. Signor Presidente, intervengo anch'io piuttosto brevemente per dare ragione della posizione favorevole alla conversione in legge del decreto-legge in esame da parte della componente UDEUR-Alleanza Popolare. Vorrei segnalare tre brevi questioni.
La prima, che veniva accennata adesso dal collega Delbono, consiste nel fatto che questa conversione in legge del decreto-legge 29 dicembre 2003, n. 356, ripropone all'attenzione dell'aula la questione che dibattiamo dalla scorsa estate, cioè quella di ridiscutere le modalità di approvazione della legge finanziaria. Vorrei solo ricordare che il Governo, che è ovviamente un'importantissima componente nel rapporto fra le istituzioni con rilievo costituzionale, ha ormai, nella prassi della scorsa finanziaria, sovvertito qualunque tipo di equilibrio possibile. Basti ricordare il cosiddetto decretone, i maxiemendamenti e il voto di fiducia, per rendere chiaro che la decretazione del Governo, la riscrittura in finibus dei maxiemendamenti e la richiesta, alla maggioranza che lo sostiene, di un voto di fiducia escludono oggettivamente, in termini di possibilità di ripensamenti e di equilibri tra le parti, il ruolo del Parlamento. Di fatto, come veniva ricordato, può accadere che il testo della legge finanziaria, approvata il 24 dicembre con la richiesta del voto di fiducia alla maggioranza che sostiene il Governo, veda quest'ultimo, com'è il caso in specie, nella necessità di dover stabilire, con un nuovo provvedimento, un ritocco, un aggiustamento, un ritorno su una posizione, che, probabilmente, ad un esame più compiuto sia in Commissione sia nel dibattito in Assemblea, sarebbe emersa automaticamente.
La seconda questione riguarda il merito di questo provvedimento. Al riguardo, vorremmo spendere una parola sulla questione della vicedirigenza, che riteniamo essere una questione importante. Rispetto alle aspettative di questa cospicua parte degli operatori del pubblico impiego, cioè di coloro che ricoprono appunto i ruoli di vicedirigenti, riteniamo che uno sforzo suppletivo debba essere fatto in questo ramo del Parlamento, attraverso le Commissioni di merito, per dare le risposte che evidentemente i vicedirigenti si attendono, perché è abbastanza evidente che la sede propria non era quella della legge finanziaria. Ciò a motivo del fatto - questa è la terza questione, anch'essa di merito - che, come recita il comma 78 dell'articolo 3 della legge finanziaria approvata lo scorso dicembre che ci apprestiamo evidentemente
ad abrogare, si statuiva una situazione che era sia incostituzionale, sia in contrasto con la giurisprudenza attuale.
La Corte costituzionale, infatti, ha ripetutamente chiarito che gli inquadramenti in qualifiche o posizioni superiori, di personale già dipendente, danno luogo in effetti alla costituzione di un nuovo rapporto di impiego. A nostro avviso, pertanto, non è eludibile, attraverso l'escamotage dell'emendamento alla legge finanziaria, la regola concorsuale, così come peraltro mi pare chiaramente stabilito anche dall'articolo 97 della Costituzione. D'altra parte, le sezioni unite della Cassazione confermano, anche recentemente, questa impostazione; difatti, la loro giurisprudenza dice che la legge statuisce con chiarezza che le questioni relative ai concorsi per le assunzioni nella pubblica amministrazione sono devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo. In sostanza, la Cassazione ha affermato che anche i cosiddetti concorsi interni, che sono assolutamente necessari per poter passare ad una funzione superiore, rientrano in questa fattispecie, nel senso che i concorsi interni, e dunque i passaggi a funzioni superiori, sono equiparati a nuove assunzioni.
Dunque, sia per le questioni di merito, sia per l'auspicio di vedere sempre più valorizzato il ruolo dei vicedirigenti della nostra pubblica amministrazione, sia anche con riferimento alla ormai non più eludibile necessità di riscrivere insieme, maggioranza e opposizione, in Parlamento, le modalità di approvazione della legge finanziaria, confermo l'opinione positiva e, dunque, il voto favorevole della componente UDEUR-Alleanza Popolare sulla conversione in legge del decreto-legge al nostro esame (Applausi dei deputati del gruppo Misto-UDEUR-Alleanza Popolare).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Sciacca. Ne ha facoltà.
ROBERTO SCIACCA. Su questo provvedimento siamo già intervenuti in Commissione e lunedì scorso qui in Assemblea, in sede di discussione sulle linee generali.
Mi sembra utile ritornare sulla questione, perché il provvedimento proposto dal Governo, senza caricarlo di troppi significati, ne contiene almeno due che vale la pena discutere. Vorrei ricordare - lo hanno già fatto i miei colleghi questa mattina - due aspetti fondamentali relativi alle modalità di discussione in Parlamento e di redazione della legge finanziaria (è sicuramente il momento più importante dell'attività parlamentare e di Governo), e a come si è affrontato questo punto specifico, dimostratosi un errore evidente.
Nel corso dell'esame della legge finanziaria abbiamo evidenziato l'errore grave che il Governo stava commettendo, ma non siamo stati ascoltati, perché la discussione - lo sappiamo tutti - è stata strozzata (mi riferisco alla presentazione di maxiemendamenti, alla posizione della questione di fiducia, e via dicendo). Successivamente, Tremonti, pur avendo la possibilità di considerare gli aspetti da noi messi in evidenza, è andato dritto per la sua strada, continuando ad insistere su questo tipo di promozione del personale, introdotta per legge. Tuttavia, ad un certo punto, ci si è accorti inevitabilmente che si trattava di un errore troppo grave. Infatti, nella relazione illustrativa del provvedimento in esame, di abrogazione del comma 78 dell'articolo 3 della legge finanziaria per il 2004, si esprimono affermazioni pesanti, che noi avevamo già formulato. Il Governo è stato costretto, a distanza di tempo (anche ampia, se pensiamo agli effetti che potevano prodursi), a tornare indietro.
Nella relazione illustrativa del decreto-legge in discussione si afferma che è indubbio che si realizzi una promozione generalizzata del personale in questione, che non risulta coerente con la disciplina relativa alle procedure di progressione in carriera per i dipendenti pubblici. Trattasi, pertanto, di una previsione dirompente, che produrrebbe inevitabili effetti di trascinamento su tutte le altre amministrazioni, con imprevedibili riflessi anche sulla spesa pubblica. La disposizione costituisce,
inoltre, un'interferenza in una materia demandata, invece, alla fonte contrattuale.
Su tale aspetto il Governo riconosce di aver compiuto un errore macroscopico. Abbiamo già detto (usando la battuta: meglio tardi che mai) che bisogna prestare attenzione alla conclusione della vicenda. Siamo infatti intervenuti in Commissione, dicendo con chiarezza, soprattutto al relatore, ed in seconda battuta al Governo che avrebbe dovuto esprimere il parere definitivo, di fare attenzione, perché era stato presentato un certo emendamento da parte del relatore. Al riguardo, vorrei fare una precisazione rispetto a quanto è stato affermato lunedì scorso: è stato riconosciuto un errore di interpretazione, pertanto, forse, è consigliabile una maggiore attenzione.
Con riferimento al sopracitato emendamento del relatore (con il quale, a nostro avviso, si commette un ulteriore errore), è stata svolta dall'onorevole Guerzoni una dichiarazione di voto contraria, mentre il relatore, sbagliando, ha affermato che il nostro gruppo, in realtà, aveva preannunziato di astenersi sul medesimo. Non è così, ma il chiarimento vi è stato. Continuiamo, quindi - lo vorrei ribadire in quest'aula -, ad avere una posizione contraria in merito a quell'emendamento proposto dal relatore, perché con essa si commette un errore, si risolve un problema, ma se ne crea un altro. Noi, tuttavia, non desideriamo fare solo una polemica sterile (serve a ben poco rilevare solo gli errori commessi), ma proporre un'alternativa, e lo abbiamo fatto attraverso la presentazione dei nostri emendamenti.
Riconosciamo che il sottosegretario che ha seguito il provvedimento si è dimostrato particolarmente sensibile alla questione; è stato aperto un dialogo in merito, stiamo discutendo, e stiamo cercando di individuare insieme una soluzione.
In conclusione, ribadisco che siamo assolutamente d'accordo sull'abrogazione del comma 78, dell'articolo 3 della legge finanziaria 2004, mentre non concordiamo sulla proposta del relatore; infatti, abbiamo presentato alcuni emendamenti che possono costituire una via di uscita. Invitiamo dunque il relatore, i colleghi e il Governo a tener conto di tali emendamenti, al fine di pervenire insieme ad una soluzione.
PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di parlare sulle proposte emendative riferite agli articoli del decreto-legge, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.
EMERENZIO BARBIERI, Relatore. La Commissione formula un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sugli emendamenti Guerzoni 1.1 e 1.3, mentre esprime parere favorevole sull'emendamento Guerzoni 1.2.
PRESIDENTE. Prendo atto che il Governo concorda con il parere espresso dal relatore.
Passiamo all'emendamento Guerzoni 1.1.
Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro formulato dal relatore.
ROBERTO GUERZONI. Signor Presidente, il relatore, esprimendo parere favorevole sul mio emendamento 1.2, viene incontro alle questioni da noi poste; dunque vengono meno le motivazioni che ci avevano indotti a presentare anche gli emendamenti Guerzoni 1.1 e 1.3, che dunque ritiro.
PRESIDENTE. Sta bene, onorevole Guerzoni.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Guerzoni 1.2, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti e Votanti 385
Maggioranza 193
Hanno votato sì 383
Hanno votato no 2).
Prendo atto che l'onorevole Volontè non è riuscito ad esprimere il proprio voto.
Avverto che, consistendo il disegno di legge in un articolo unico, si procederà direttamente alla votazione finale.
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