Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 414 del 28/1/2004
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(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 4592)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto sul complesso del provvedimento.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole D'Agrò. Ne ha facoltà.

LUIGI D'AGRÒ. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ci troviamo di fronte ad un decreto-legge recante misure urgenti per la ristrutturazione industriale di grandi imprese in stato di insolvenza. Nella sostanza, si tratta del terzo intervento attuato in questa materia dal Parlamento, dopo la legge n. 95 del 1979, la prima legge Prodi, e dopo il decreto legislativo n. 270 del 1999, il cosiddetto Prodi-bis.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARIO CLEMENTE MASTELLA (ore 11,06)

LUIGI D'AGRÒ. In alcuni interventi, è stato ricordato che il provvedimento in esame ha un carattere generale e rivolge l'attenzione all'intero comparto industriale italiano. Tuttavia, se ci soffermiamo sugli interventi svolti da alcuni colleghi durante il dibattito sulle proposte emendative (anche in considerazione di talune sollecitazioni giunte dai colleghi del Comitato dei nove), constatiamo che al caso Parmalat è stata data grande evidenza, divenendo la motivazione per l'adozione di questo decreto-legge.
Dalle parole dei colleghi intervenuti durante il dibattito sulle proposte emendative, è emersa, soprattutto, la grande preoccupazione che questo grave problema di carattere finanziario (decine di migliaia di investitori che hanno visto le loro risorse andare in fumo) si tramuti in una grande tragedia anche per migliaia di famiglie che, dalla Parmalat, ricevono reddito e lavoro.
A questo punto, sorge immediatamente una domanda. La X Commissione (Attività produttive), nel giro di pochi mesi, si è trovata ad attuare due tipi di intervento riguardanti la FIAT, il primo gruppo industriale italiano - per fortuna, oggi ancorato entro limiti accettabili di competitività - e la Parmalat, il secondo gruppo privato italiano.
Dunque, ci troviamo di fronte a seri problemi del sistema industriale italiano che va esaminato in profondità attraverso valutazioni prospettiche anche diverse rispetto a quelle contenute in questo decreto-legge. Speriamo che il provvedimento in esame sia in grado di salvaguardare l'attività imprenditoriale di cui oggi parliamo, anche perché crediamo che i primi dati relativi al buco di bilancio non siano assolutamente quelli finali, che rischiano di essere ben più ampi di quanto paventati inizialmente.
Con questo provvedimento dobbiamo tenere in considerazione diversi aspetti: in particolare occorre cercare di fornire con immediatezza una risposta ad un problema emerso da una vicenda interna; inoltre, a livello internazionale, si osserva il modo in cui l'Italia risponde al secondo caso di «turbolenza», dopo la Cirio, del sistema finanziario economico italiano. Questo aspetto è tanto più grave, perché l'Unione europea aveva puntato sull'Italia, individuando nella città di Parma la sede dell'authority europea del settore agroalimentare.


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Purtroppo, dopo i casi Cirio e Parmalat, quella che veniva considerata, anche a livello europeo, un'eccellenza del sistema italiano si sta tramutando in un profondo disagio dell'intera filiera.
In secondo luogo, con il provvedimento in esame dovremmo garantire a chi oggi ha in mano le sorti di questa realtà procedure di intervento estremamente flessibili; ciò grazie anche al lavoro svolto dalla Commissione, che ha modificato in parte il testo originario del decreto-legge.
Vi è la necessità di intervenire garantendo la massima celerità di esecuzione e si è visto, anche in alcuni momenti di contrasto che ci sono stati durante l'esame di taluni emendamenti (per esempio quello attinente all'intesa con il Ministero delle politiche agricole e forestali), che abbiamo tentato di venire incontro a questa esigenza. Abbiamo previsto, poi, specifiche garanzie a tutela dei creditori mediante il ricorso al concordato. Infatti, per la credibilità del nostro sistema si deve andare in questa direzione: è necessario certamente prestare attenzione al sistema occupazionale e al ruolo dell'impresa, ma, per far sì che si ritorni ad investire i capitali italiani e stranieri nelle attività imprenditoriali, è anche necessario che i creditori siano pienamente tutelati.
Un altro aspetto riguarda l'assegnazione di ampi poteri di intervento al commissario straordinario. Il fatto di ingabbiare l'azione di quest'ultimo potrebbe far venir meno gli aspetti ai quali ho accennato prima (la celerità, le specifiche garanzie e l'aumento della flessibilità delle procedure). Mi pare che gli emendamenti approvati in Commissione e il provvedimento nel suo complesso, così come modificato a seguito del dibattito fin qui svolto, tengano conto di questo aspetto.
Credo che il decreto-legge in esame sia una importante risposta al dramma che ha colpito il sistema imprenditoriale italiano. Al contrario di quanto è avvenuto soprattutto per alcune realtà che sono state disciplinate in passato - mi riferisco in modo particolare alla legge n.95 del 1979 - , credo che questo provvedimento non rappresenti una cartina di tornasole della «lentocrazia» del sistema italiano, né tanto meno mantenga nel limbo alcune realtà italiane. Quando parlo della legge n.95 del 1979, la cosiddetta prima legge Prodi, faccio riferimento ad un elenco di società ancora sottoposte alla procedura di amministrazione straordinaria, per la precisione una cinquantina di società, che mantengono ancora tale regime dopo ben 20-30 anni (in questo modo non si recupera la dignità imprenditoriale di queste società).
È necessario dunque che questo provvedimento, rivolto al futuro e non riferito esclusivamente alla vicenda della Parmalat, non serva a mantenere gestioni commissariali o a tutelare il ruolo del commissario straordinario, ma garantisca effettivamente una procedura snella, veloce e soprattutto capace di rimettere in moto il sistema impresa che si sottopone a commissariamento. Ritengo che esso risponda a questi requisiti e pertanto annuncio il voto favorevole del gruppo dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro (Applausi dei deputati del gruppo dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro).

PRESIDENTE. Informo l'Assemblea che sono presenti in tribuna alcuni presidenti, vicepresidenti e componenti delle Assemblee parlamentari di paesi del continente africano, giunti oggi alla Camera dei deputati per partecipare ad un'iniziativa delle Nazioni Unite sull'informatizzazione dei servizi parlamentari (Generali Applausi) ed al Forum parlamentare sullo sviluppo africano, promosso dall'associazione dei parlamentari europei per l'Africa, che si terranno giovedì e venerdì prossimi.
Sono quindi particolarmente lieto di salutare - voi già lo avete fatto con i vostri applausi - il Presidente del Parlamento del Ghana, il Presidente del Parlamento del Kenya, il Presidente del Parlamento dell'Uganda, il Presidente dell'Assemblea legislativa dell'Africa orientale, il Vicepresidente della Camera dei deputati del Ruanda ed i rappresentanti dell'Assemblea della Repubblica del Mozambico e dell'Assemblea


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nazionale della Tanzania. Grazie, a nome dell'Assemblea, per essere intervenuti e benvenuti tra noi (Applausi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pinza. Ne ha facoltà.

ROBERTO PINZA. Signor Presidente, il gruppo della Margherita, DL-l'Ulivo si asterrà su questo provvedimento che, seppure di modesta portata, giudichiamo utile per adattare al meglio la vecchia legge Prodi, poi modificata nel 1999 per esigenze sopravvenute.
Tuttavia, non possiamo esprimere un voto favorevole perché non riusciamo a capire quale politica industriale stia attuando il Governo. Questo è il tema di oggi. Ciò che maggiormente ci sorprende è l'inerzia del Governo di fronte ad un fenomeno che si sta verificando e che chiunque abbia un minimo di conoscenza dei problemi economici aveva ampiamente previsto. Mi riferisco al fatto che, dopo tre anni di crisi generale e congiunturale, è intervenuta una serie di crisi aziendali che, se non affrontate per tempo o non arginate in modo adeguato, renderanno molto più difficile e ritardata anche la ripresa economica.
Le crisi degli ultimi tempi hanno riguardato, a livelli diversi tra loro e con connotazioni completamente differenti, con gravità e responsabilità diverse, la FIAT (mi riferisco alla crisi di alcuni mesi fa), la Cirio, la Parmalat, ma anche società meno note quali Giacomelli, Arquati, Finmatica. Abbiamo assistito alla riduzione e al venir meno di una serie di imprese nel settore dell'abbigliamento e in altri ancora. Ciò che si sta verificando in questo momento - ripeto - è che, accanto a difficoltà di carattere economico generale, cominciano ad esservi gravi crisi aziendali.
Allora, il quesito che pongo non al ministro Marzano - che se ne è andato - ma al sottosegretario Valducci, o comunque a chiunque abbia a cuore le sorti del paese, è il seguente: cosa intende fare il Governo di fronte alle crisi aziendali? Non ci si risponda con la frase infantile - che, ormai, è già stata abbandonata da tutti - che sarà la mano invisibile del mercato a rimediare a tale situazione! La mano invisibile del mercato non pone rimedio a niente. Il mercato ha le sue regole, ma la politica e le istituzioni hanno il loro ruolo.
Nel passato, e anche nel presente, in altri paesi, come Francia e Germania, i governi si sono occupati delle crisi aziendali, hanno cercato di porvi rimedio e sono intervenuti in interi settori.
Nel nostro paese cosa stiamo cercando di fare e cosa intendono fare i ministri Tremonti e Marzano? Cosa intende fare Berlusconi, oltre che occuparsi di cose che non ci interessano? Come intende affrontare questa situazione? Continuerà a fare ciò che ha fatto negli ultimi due anni e mezzo? Berlusconi parla molto di economia, ma non se ne occupa per nulla ed il paese è lasciato a se stesso, con il risultato che poi reagisce - come emerge dalle ultime analisi d'opinione - manifestando una sensazione di prevalente insoddisfazione, che ormai coinvolge i due terzi dei cittadini, nei confronti della politica economica del Governo.
Credo che questo sia il punto essenziale al quale occorre dare risposta. Ogni paese europeo sta lavorando. La Germania sta lavorando disperatamente sulle esportazioni e cerca di aggrapparsi a questo settore per tenere in piedi la sua economia; la Francia sta investendo fortemente sulla tecnologia. Tutti i paesi si occupano delle crisi industriali in corso e noi cosa stiamo facendo?
Signori del Governo, cari amici della maggioranza, si può essere evasivi ed occuparsi di altro. Di volta in volta, ci si può occupare di giustizia e di riforme istituzionali, ma i problemi del paese premono e ad essi bisogna cominciare a dare delle risposte.
Il ministro Tremonti ci ha raccontato per due anni, ininterrottamente, che nel trimestre successivo la congiuntura si sarebbe rovesciata. Ciò non si è mai verificato ed abbiamo capito che anche il 2004 sarà pieno di problemi. Se a ciò si aggiungono le crisi imprenditoriali ed il fatto che si stanno comprimendo i consumi nel


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nostro paese, a causa della mancata resistenza all'aumento dei prezzi che si è verificato, allora i problemi cominciano ad essere gravi.
Non pretendo certo un sussulto di interesse da parte di un Governo che non ne ha e di un ministro che, ormai da tempo, si occupa di altro, ma lo pretendo da parte della maggioranza e di tutto il Parlamento, perché stiamo parlando del nostro paese e delle sue possibilità di ripresa immediata. Ne riparleremo poi, quando verranno i problemi sul risparmio; sempre che essi si presenteranno, dato che il ministro Tremonti da sette giorni fa circolare una bozza di riforma sulle Authority, ma non presenta nulla al Governo, e che lo stesso Governo, da un anno e mezzo, tiene bloccate le proposte di legge presentate al riguardo dalla Margherita, dai Democratici di sinistra e da singoli parlamentari della maggioranza, perché tanto il Governo avrebbe presentato un disegno di legge...!
Il ministro Frattini, un anno e mezzo fa, ci ha detto che avrebbe provveduto alla riforma dell'Authority, e che poi il successore l'avrebbe presentata il giorno dopo, ma tutto questo non avviene. Ne parleremo comunque a tempo debito, quando questi problemi saranno all'ordine del giorno.
Nel frattempo, credo si debba fissare nel dibattito di oggi, propiziato dalla vicenda Parmalat e dalla modifica del provvedimento sull'amministrazione straordinaria, il principio che non è possibile che il Governo e le istituzioni politiche, di fronte ai problemi economici gravi ed importanti del paese, girino le spalle e si occupino d'altro. Che l'agenda del Governo non coincida più con l'agenda del paese l'abbiamo capito da un pezzo, ma certamente l'agenda del Parlamento deve coincidere con l'agenda del paese (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-l'Ulivo e dei Democratici di sinistra-l'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rava. Ne ha facoltà.

LINO RAVA. In questi anni abbiamo assistito a diverse situazioni, particolarmente gravi, che hanno investito il comparto agroalimentare. Mi riferisco, ovviamente, ai casi Cirio e Parmalat, che sono gli ultimi venuti alla ribalta e che hanno fatto toccare con mano i problemi strutturali che esistono. Nel caso Parmalat, in particolare, stiamo assistendo ad un fatto straordinariamente negativo, in quanto siamo di fronte ad un'azienda le cui attività produttive vanno bene; abbiamo letto in questi giorni i risultati, verificati dal commissario straordinario, relativamente al margine utile lordo dell'attività dell'impresa, che è inferiore a quanto dichiarato nei bilanci ufficiali, ma che è comunque un margine operativo in utile, positivo. Questo significa che le attività produttive erano positive. A fronte di ciò, si è innescato tutto un processo di attività finanziarie che rischiano di compromettere un tessuto produttivo importantissimo. Stiamo parlando di cinquemila piccole imprese agricole che avevano ed hanno, nella stragrande maggioranza, un rapporto di conferimento praticamente esclusivo con le aziende del gruppo Parmalat e che oggi rischiano la sopravvivenza.
Questa è la ragione per cui, già in Commissione, abbiamo svolto su questo decreto un lavoro largamente condiviso da tutte le forze politiche ed abbiamo proposto in Assemblea proposte emendative che garantissero la tutela di queste imprese. Non si tratta di una tutela di tipo corporativo. Sappiamo - l'abbiamo detto tutti e, in primo luogo, lo afferma il commissario Bondi - che, senza la sopravvivenza delle aziende agricole e di quei produttori che forniscono la materia prima alle aziende di trasformazione, non si assicura la sopravvivenza delle stesse aziende del gruppo in crisi. Quindi, si tratta, in sostanza, di difendere gli interessi di tutti e naturalmente quelli delle attività produttive, dei lavoratori e dei risparmiatori.
Purtroppo, come dicevo già all'inizio dell'intervento, in questi anni i produttori agricoli hanno assistito senza colpa alla caduta dei grandi miti: siamo partiti dalla


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Federconsorzi, passando per la Cirio ed arrivando, ultimamente, alla Parmalat. Tali vicende hanno fatto emergere in maniera palese la debolezza del sistema produttivo agricolo nei confronti del sistema complessivo della filiera agroalimentare.
Con la legge di orientamento del 2001 - ma il lavoro era cominciato nel 1996 - avevamo dato l'input a quei processi di rimodellamento del sistema, scommettendo sulla capacità dei produttori agricoli di creare filiere imprenditoriali competitive. Crediamo che questa sia la strada. Purtroppo, tale percorso ha subìto un brusco rallentamento, per non dire una brusca frenata, negli ultimi due anni e mezzo.
Entrando nel merito del provvedimento, siamo d'accordo sulla necessità di fornire poteri importanti al commissario. Dobbiamo creare le condizioni affinché il commissario possa, con la massima rapidità, affrontare i problemi nella gestione dell'azienda. Però - ripetiamo - tale esigenza non avrebbe dovuto creare situazioni di prevaricazione e di interferenza con le procedure della magistratura. Lo dico in relazione a quanto sostenuto dall'onorevole Gambini nei suoi interventi in merito alla compatibilità delle previsioni di tale provvedimento con le direttive europee. Lo dico anche con riferimento a quegli interventi del tutto inopportuni in cui si prevede che il tribunale, prima di dichiarare lo stato di insolvenza, debba sentire il commissario. È evidente che il tribunale, per dichiarare lo stato di insolvenza, debba fare riferimento principalmente alle indicazioni del commissario, ma è del tutto inadeguato ed ultroneo inserire tale previsione all'interno di una legge.
Abbiamo sollevato altri problemi nei nostri interventi, come, ad esempio, la questione delle revocatorie. Ci rendiamo conto che si tratta di problemi grandissimi che toccano non solo gli interessi dei produttori agricoli, ma anche quelli dei risparmiatori e di tutti i creditori. Però, la sopravvivenza dell'azienda è soprattutto determinata dalla sopravvivenza delle aziende che conferiscono materia prima al sistema di trasformazione. Dunque, sarebbe stato importante prevedere garanzie sulle revocatorie ai produttori agricoli. Si tratta di un punto non presente nel provvedimento, e noi giudichiamo negativamente tale carenza.
Sappiamo che il provvedimento in esame non ha valenza solo per il caso Parmalat, ma ha carattere generale. Pertanto, abbiamo chiesto che, laddove fossero in campo interessi del mondo agricolo, fosse garantita la presenza delle rappresentanze agricole negli organismi preposti alla procedura: tale proposta è stata respinta e riteniamo questo un altro degli elementi negativi da annoverare.
Ieri abbiamo ascoltato il ministro, nell'ambito dell'indagine conoscitiva promossa dalle Commissioni agricoltura di Camera e Senato sulla vicenda Parmalat e, più in generale, sulla realtà del comparto agroalimentare del nostro paese. Il ministro si è esposto molto, anche in termini di difesa della realtà dei produttori agricoli, anche sostenendo argomenti che noi abbiamo voluto esplicitare con le nostre proposte emendative. Come ho già detto ieri, ma lo ripeto oggi, questo decreto-legge avrebbe potuto costituire già l'occasione per iniziare a dare delle risposte concrete, così come ritengo sia un'occasione, in tal senso, la discussione attualmente in corso presso la Commissione agricoltura, relativamente ai nuovi strumenti per garantire i rischi delle imprese agricole.
Introducendo, oltre ai rischi delle calamità naturali, anche il concetto dei rischi di mercato, per un comparto così delicato come quello agricolo (un concetto che è presente, peraltro, nella normativa statunitense ed anche in quella spagnola), sicuramente potremo fare un passo in avanti, anche per dare ulteriori garanzie in casi come questo, che naturalmente ci auguriamo non si ripetano; d'altronde, dobbiamo ipotizzare tutti gli strumenti che evitino di mettere in ginocchio un grandissimo numero di imprese e, quindi, una rilevante parte del comparto agricolo, come sta accadendo nel caso della crisi che ha investito la Parmalat.


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Dal nostro punto di vista, occorre quindi ripartire celermente con una vera politica agricola, che, come dicevo, si è bruscamente interrotta in questi due anni. Il decreto-legge in esame non fornisce le risposte a queste esigenze che abbiamo sottolineato. Tuttavia, non possiamo non prendere atto che, in questo momento, è necessario avere uno strumento per rispondere a tutta la complessità dei problemi e che vi sia quindi la possibilità, per il commissario straordinario, di svolgere la sua attività nel modo più efficace possibile. Il nostro voto, pertanto, per le ragioni che ho detto, sarà un voto convinto di astensione.

PRESIDENTE. Colgo l'occasione per salutare i ragazzi della scuola media di Pollica, accompagnati degli insegnanti, che dalle tribune assistono ai nostri lavori (Applausi).
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Polledri. Ne ha facoltà.

MASSIMO POLLEDRI. Signor Presidente, onorevoli colleghi e colleghe, signor ministro, la Lega Nord voterà a favore di questo provvedimento, che costituisce solo il primo passo di una risposta più concreta ed articolata, che il sistema politico e quello industriale dovranno dare al paese, in un momento oggettivo di crisi che sta coinvolgendo non solo i risparmiatori ma anche il tessuto sano del paese.
Credo, dunque, sia opportuno rimarcare con forza le finalità precise di quest'azione del Governo, che ha adottato uno strumento repentino ed efficace, a seguito di una delle più gravi crisi economiche ed istituzionali, ma direi anche morali, del paese.
Al centro di quest'azione politica futura ci dovranno essere due valori fondamentali: il valore del risparmio, e quindi i risparmiatori, i quali sono stati letteralmente gabbati, non solo da una banda di «grassatori» organizzati, ma anche da un sistema politico che sottintende a questa situazione e che ha sempre protetto quest'operazione di malversazione; e, poi, le forze produttive sane del paese, quindi la produzione, il lavoro - che è ancora un valore in questo paese (almeno per noi in Padania), al di là della finanza facile, della finanza dei salotti - e il risparmio.
Pertanto, con riferimento al provvedimento in esame, il Governo, nonché il ministro Tremonti, tanto criticato dalla sinistra, sta ponendo in essere una politica economica trasparente, alla luce del sole.
D'altra parte, vi è anche una politica che risponde, non agli elettori, ma forse ad altri interessi: è la politica delle grandi banche, dei salotti, delle consorterie, delle associazioni più o meno segrete, che, a volte, dà l'impressione di aver conquistato grandi gruppi bancari.
Ieri abbiamo avuto l'idea che tale potere occulto (occulto perché, a nostro avviso, non risponde ai cittadini, alla politica, ad alcun soggetto) risieda anche tra i vertici di Bankitalia. È un potere che, ripeto, non risponde di fronte a nessuno: né agli elettori, né al popolo sovrano. Forse risponde a qualche alberello politico o a qualche vecchio esponente, punta dell'iceberg di un sistema di collusione tra politica e finanza, ma, di sicuro, non al Parlamento né ad altri soggetti.
Questo secondo potere è spocchioso, anche irritante. Ieri, si è parlato di insulto nei confronti dei risparmiatori, con riferimento al reato di malversazione, perché, alla fine, si prevedono quattro soldi (saranno tre o dieci milioni per ogni risparmiatore), come è stato affermato dal Governatore della Banca d'Italia, Fazio, in sede di Commissioni riunite.
Il provvedimento, che tende a risanare un'azienda importante come la Parmalat, rappresenta un primo momento di trasparenza e di luce ed apporta miglioramenti al cosiddetto decreto legislativo Prodi-bis che, sicuramente, era nato con l'idea di svincolarsi dall'obiettivo di tipo privato della legge fallimentare e di avviare un'operazione di risanamento, di consolidamento delle parti buone delle aziende che accedevano al provvedimento Prodi-bis.
Onorevole Pinza, il provvedimento Prodi-bis ha funzionato? Lei può dire, oggettivamente, quando invoca una risposta del


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Governo, che le misure adottate dai vostri Governi hanno salvato più di due aziende (forse una)? Vi sono aziende che, grazie al Prodi-bis, sono rimaste sul mercato o, di fatto, si è trattato di un provvedimento liquidatorio rispetto a tali aziende? Non abbiamo, forse, pagato stipendi miliardari ai liquidatori, la cui funzione abbiamo voluto far cessare, attraverso l'emanazione di un provvedimento? Per anni, i suddetti hanno percepito parcelle di miliardi e per anni sono stati coinvolti studi di avvocati, con compensi miliardari, alla faccia dei creditori e di quelli che potevano ancora esigere una parte dei crediti! Questa è la verità!
Il provvedimento in esame, pertanto, vuole dare una speranza ai creditori, ai risparmiatori, agli azionisti. L'operazione Parmalat non è chiusa, dal momento che è possibile mettere in atto un piano industriale.
Più che rivalersi, giustamente e legittimamente, di fronte ai tribunali, i creditori dovrebbero, in primo luogo, provare a ristrutturare la Parmalat, mettendo in atto un piano industriale credibile, a favore dei lavoratori e della parte sana di questo paese.
Tuttavia, qualche sassolino dalla scarpa dovremmo togliercelo: molte operazioni di salvataggio, infatti, intraprese dalle banche, di esposizioni bancarie, sono, forse, ad personam. Qualche volta gli amici degli amici risiedono anche a casa vostra, onorevoli colleghi dell'opposizione.
Vorrei sapere se qualcuno dei nostri imprenditori, qualcuno dei piccoli artigiani, qualcuno dei piccoli industriali abbia la fortuna di vedersi rimesso il 50 per cento del proprio debito dalle banche, come è avvenuto per un partito di opposizione. È una fortuna, forse casuale, che una banca abboni il 50 per cento del credito di un grande partito storico, nobile e quant'altro, mentre tale fortuna non capita a qualche creditore che, magari, deve esigere crediti dalla Parmalat. Allora, due pesi e due misure. Quando qualcuno intende utilizzare la crisi della Parmalat come una clava da lanciare contro la maggioranza, forse farebbe bene a pensare e a riflettere con più attenzione.
Di fronte a tale crisi, lo sforzo del Governo è iniziato già dalla finanziaria dello scorso anno, quando ha proceduto alla riduzione delle tasse. Ritengo che questa sia stata la prima opera importante dell'attuale esecutivo, ma che ciò sia poco ricordato dalla maggioranza. Vogliamo ricordarci che, nella scorsa finanziaria, abbiamo ridotto di 5 miliardi di euro le tasse degli italiani? Forse non si sarà visto, ma vogliamo ricordarlo? Vogliamo dire con orgoglio - lo affermo come leghista, come padano - che le tassazioni non sono state aumentate ma che, anzi, abbiamo resistito ad un trend del Governo Prodi? Vogliamo ricordare chi era alla presidenza dell'IRI e del comparto industriale negli anni passati? Siete convinti che alcune importanti operazioni, che hanno visto quale regista l'ex Presidente del Consiglio Prodi, siano «ottime ed abbondanti»?
Ebbene, noi non abbiamo questa sicurezza, ma siamo certi che questo provvedimento sia tempestivo e che non sia isolato. Si tratta di un decreto-legge che farà parte di un'operazione di risanamento del paese non solo economico, ma anche morale; operazione in cui, finalmente, questo Governo vorrà disporre delle leve di una politica economica gestita alla luce del sole, al di là delle consorterie di quattro banchieri o di alcuni esponenti che rispondono solamente agli interessi di qualcuno e non al popolo sovrano.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Alfonso Gianni. Ne ha facoltà.

ALFONSO GIANNI. Signor Presidente, avevamo iniziato la discussione su questo decreto-legge con un atteggiamento aperto e non pregiudizievole.
Siamo di fronte ad una situazione drammatica che non si può infantilmente - come ho appena sentito - attribuire a questo o a quello, alzando la bandierina del Tremonti o del Fazio a seconda della fazione di cui si fa parte, ma che va


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considerata in un complesso e torbido legame tra banche internazionali, banche americane, filibustieri di casa nostra, sistemi privi di controllo, governi che spingono a fare dei bilanci ciò che si vuole (tanto non si rischia nulla)!
Mi riferisco ad un concerto negativo di responsabilità gravi che, tra altro - come ho dimostrato ieri in sede di Commissione di indagine sui rapporti tra il sistema delle imprese, i mercati finanziari e la tutela del risparmio -, affondano le loro radici negli anni passati, quando le persone che oggi vengono considerate come particolarmente virtuose o come particolarmente negative avevano i calzoni corti o non erano sulla scena politica.
Quindi, questo problema non può essere affrontato in modo così infantile, soprattutto quando si hanno a cuore gli interessi di un'azienda che aveva un suo peso nel sistema agroalimentare italiano, che costituiva un pezzo dell'immaginario collettivo italiano all'estero, che rappresentava uno degli aspetti della particolare specificità che la storia culturale - e non solo colturale - del nostro paese forniva.
Infatti, pareva che su una questione di questo genere non vi fosse questo continuo rimbalzare di responsabilità che avverto dall'inizio della legislatura, privo di un'analisi concreta della situazione. Pareva che, ad esempio, in Commissione lavoro (benché chiamata semplicemente ad esprimersi in sede consultiva) su questo decreto-legge emergessero dei ragionamenti trasversali e che, quindi, fosse possibile tenere un atteggiamento se non favorevole, almeno «non sfavorevole».
Pertanto, durante la discussione ci siamo comportati in modo da non creare intralci e presentando emendamenti che, finalmente, facevano ricomparire nel testo del provvedimento una realtà sociale che pareva dimenticata; quasi che questo nostro paese, anziché essere diviso in classi sociali, fosse diviso tra creditori e debitori: un'immane sciocchezza! Cercavamo, quindi, di introdurre in questo provvedimento la tutela degli interessi dei lavoratori ricordando che sono proprio loro le vittime di quanto è accaduto. Difatti, se il dibattito sulle responsabilità di chi ha provocato questo disastro e sui meccanismi e le cause profonde che l'hanno generato, permesso ed alimentato, deve, dal punto di vista politico, ancora risolversi, quello che è chiaro è che le vittime sono proprio loro. E, su questo aspetto, a me pare non ci si possa perdere in discussioni e dibattiti. Anche quando i nostri emendamenti ricalcavano esattamente il testo, votato all'unanimità, della Commissione lavoro, gli stessi non sono stati accettati dalla maggioranza. Così come non é stata accettata la proposta di introdurre una visione più reale da cui si evincesse che questi soggetti sociali esistono e, pertanto, debbono avere una voce in capitolo in questo difficile e delicato processo di ristrutturazione che interessa tutto il sistema industriale del nostro paese. Sistema industriale che, ricordo, è in declino perché, pezzo per pezzo, sta perdendo le varie produzioni caratteristiche (la questione agroalimentare e il binomio Cirio-Parmalat costituiscono un profilo importante di questo discorso). Il nostro convincimento, con il quale si cercava di fare emergere questi soggetti sociali attribuendo loro una responsabilità, un ruolo e una funzione, non é stato, ripeto, accettato.
Ci permetterete, allora, se noi di Rifondazione comunista segnaliamo quest'aspetto esprimendo un voto critico che, a questo punto, non può che essere contrario sul provvedimento in esame.
Ritengo di poter svolgere tali considerazioni senza eccedere in presunzione e rivolgendo un monito ai colleghi. Trovo, infatti, inutile che si dica, come ha detto fuori da quest'aula in un megagalattico discorso il Presidente del Consiglio dei ministri, che le forze di opposizione non hanno alcuna proposta di politica economica. Per una forza politica, per un Governo e per una maggioranza, falsificare la realtà è l'inizio della fine. Le proposte ci sono, e ci sono a iosa; è sufficiente leggere gli atti parlamentari o avere la pazienza e anche la competenza necessaria di leggere elaborazioni e proposte anche quando queste non si configurano in atti parlamentari.


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Su di esse si può anche non essere d'accordo, ci mancherebbe altro! Tuttavia, poiché penso che le forze politiche siano rappresentative di interessi sociali concreti e consistenti, non mi stupisco che sulle questioni di politica economica ci siano divergenze anche radicali, ma non mi sognerei mai di affermare che il Governo non ha una politica economica: disgraziata, ma ce l'ha, sebbene a favore delle classi forti! Eccome, se ce l'ha!
Basta vedere l'elenco di tutti i provvedimenti adottati, a partire dall'abolizione della tassa di successione, per rendere evidentissima la natura della politica economica di questo Governo. Dunque, ci si confronta. Tuttavia, anche quando, pur partendo da posizioni così lontane e divergenti quanto agli interessi materiali e materialmente fondati, ci si incontra su un provvedimento - anche questo può succedere - e, al di là delle responsabilità, al di là di Tremonti e di Fazio, si arriva ad un punto di intesa tra maggioranza e opposizione in Commissione perché ciascuno ne ha bisogno, non si può poi negare tale intesa con un voto della maggioranza che vota contro se stessa.
Questo non è accettabile, perché viene meno la coerenza interna del nostro lavoro! Il nostro lavoro è inutile se vi comportate così, perfettamente inutile! Infatti, per quanto mi riguarda, non parteciperò più alle sedute della Commissione lavoro in sede consultiva, visto che gli esiti di tali sedute sono poi negati in Assemblea dal voto di coloro che vi hanno contribuito. C'è un problema di salvaguardia di un minimo di dialettica parlamentare: così si uccide il Parlamento! Badate, si tratta di una logica che porta poi alla contrapposizione anche su quelle che potrebbero essere semplicemente proposte di buonsenso, che inibisce qualunque tipo di discussione e qualunque tipo di dialettica, che riduce la discussione in questa sede a una vuota, sterile, pallida e noiosa rappresentazione di se stessi.
Certo, sono partito da un episodio minimale: cosa volete che conti un emendamento volto a consentire al commissario straordinario di ricorrere da subito alla cassa integrazione straordinaria...! Capisco: a lor signori non importa nulla dei lavoratori, importa solamente dei creditori, come se questi ultimi fossero un'entità socialmente a se stante e non avessero, in carne ed ossa, una funzione ed un ruolo in questa società, all'interno della divisione del lavoro e del sistema produttivo generale. Capisco che quell'emendamento poteva essere implicito: si trattava appunto di renderlo esplicito, e peraltro non sarebbe costato nulla, in termini economici, al Governo.
Capisco anche il totale disinteresse del ministro delle attività produttive, che è citato tantissime volte in questo decreto e che tuttavia non ritiene di dover intervenire e neppure di essere presente in aula!
Capisco tutto ciò, ma, sulla base delle convinzioni che ho esposto, con un moto di scoramento, se mi è consentito, esprimerò voto contrario sul provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione Comunista).

PRESIDENTE. Saluto gli alunni della scuola media «Tito Livio» di Napoli, che sono presenti in tribuna accompagnati dai docenti (Applausi).
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Saglia. Ne ha facoltà.

STEFANO SAGLIA. Signor Presidente, il gruppo di Alleanza nazionale ha collaborato in Commissione alle modifiche e ai miglioramenti apportati al decreto in esame. Siamo soddisfatti di questo lavoro e vogliamo ringraziare in particolare il relatore, che si è impegnato in modo significativo per il raggiungimento di una formulazione definitiva.
Il decreto è certamente nato in un momento particolarmente emotivo, in cui era più difficile assumere decisioni all'interno di un perimetro legislativo definito. Il lavoro della Commissione è stato quindi utile per migliorare un provvedimento che, essendo stato appunto adottato in un momento di grande difficoltà ed urgenza, doveva essere corretto, anzitutto affinché venissero accentuate tre caratteristiche.
La prima caratteristica è costituita dal fatto che si tratta di un decreto sistemico


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e che dunque ha una valenza complessiva. Esso nasce dall'esigenza di rispondere in maniera rapida e determinata al problema della Parmalat, ma presenta un impianto che potrà anche essere utilizzato - ed in alcuni casi è accaduto in queste poche settimane - in altre situazioni di crisi aziendali.
La seconda caratteristica risiede nella necessità di rendere il provvedimento maggiormente compatibile con le norme comunitarie e di confrontarlo quindi con le esigenze manifestate dalla Commissione europea.
Quanto alla seconda caratteristica, si trattava di rendere il decreto-legge in esame maggiormente compatibile con le norme europee e, dunque, di confrontarlo con le esigenze manifestate in sede di Commissione.
Infine, la terza caratteristica era quella di perseguire una maggiore flessibilità, in modo da consentire al commissario straordinario di avere a disposizione tutti gli strumenti per rispondere ad una crisi aziendale senza precedenti, che deve avere come unico, grande obiettivo, quello del mantenimento del presidio industriale, della salvaguardia dei posti di lavoro e della continuità produttiva. Per contro, vi era anche la necessità di dare una risposta efficace ai creditori: mi pare che la scelta di introdurre un articolo sullo strumento del concordato possa andare incontro anche a questa ulteriore esigenza.
Crediamo che non vi siano conflitti di competenza con la magistratura. Siamo convinti che sia assolutamente necessario mantenere distinti i piani, tant'è che lo stesso decreto-legge non può far altro che manifestare la necessità che tutte le procedure facciano capo al tribunale. Dunque, francamente non avvertiamo questo pericolo. Allo stesso modo, non avvertiamo il pericolo che il provvedimento in esame non sia efficace rispetto alle attuali esigenze.
Mi sia consentita, però, una piccola notazione polemica nei confronti dell'opposizione di centrosinistra. In questa occasione - come è accaduto in altri casi - il lavoro svolto in particolare nella Commissione attività produttive è stato sereno e costruttivo. Vi sono state dichiarazioni di intenti e manifestazioni di grande disponibilità da parte di tutti, soprattutto quando si tratta di norme che riguardano necessità sistemiche, sulle quali si richiede non una divisione tra destra e sinistra ma la volontà di costruire insieme un percorso legislativo comune. Poi, quando si giunge in Assemblea, si cerca di scaricare in questa sede polemiche e conflitti che - magari - riguardano altri argomenti e non il provvedimento in esame. Credo che questa sia una cattiva abitudine, che non sarà certamente il nostro intervento ad evitare ma che vale la pena di denunciare in ogni occasione.
Inoltre, la nota polemica riguarda il fatto che stiamo intervenendo su un decreto-legge che modifica il decreto legislativo cosiddetto Prodi-bis, che non ha dato buona prova di sé nei casi di insolvenza e di ristrutturazione aziendale, rispetto alla necessità di mantenimento di presidi industriali. Chi si occupa di questa materia sa che, proprio grazie al citato decreto legislativo, alcune situazioni aziendali sono state lasciate decantare, senza alcun intento di rilancio industriale. Abbiamo registrato la situazione di creditori che non hanno mai visto soddisfatte le loro necessità e tutelati i loro diritti. Soprattutto, abbiamo visto - e di questo va ringraziato il Governo, che ha modificato la situazione, consentendo la sostituzione di molti commissari - commissari straordinari che tutto erano tranne che straordinari, perché restavano in carica con l'intento di continuare a percepire laute provvigioni, a fronte di creditori a cui dare risposte, esigenze industriali a cui dare continuità, e quant'altro. Il tutto si è risolto con cessioni patrimoniali e immobiliari e con commissari che rimanevano in carica una vita, il che certamente non risponde alla logica di una seria politica industriale.
Per concludere, voteremo a favore del provvedimento in esame. Crediamo che l'impianto dello stesso sia idoneo a rispondere alle necessità esistenti e, soprattutto, che la risposta del Governo sia stata


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tempestiva ed efficace (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gambini. Ne ha facoltà.

SERGIO GAMBINI. Signor Presidente, abbiamo già preannunciato la nostra astensione su questo provvedimento. La nostra scelta è motivata dalla convinzione che la lunga discussione svolta prima in Commissione e, successivamente, in Assemblea non sia riuscita a superare del tutto le diverse ambiguità presenti nel testo, che è rimasto prigioniero di due logiche che avrebbero dovuto essere superate.
La prima è quella di un decreto-legge fotografia, di un provvedimento motivato dalla grande crisi del gruppo Parmalat, che è stato ritagliato esclusivamente sulle esigenze contingenti che si presentano con la crisi di quel gruppo, dimenticando che, nel momento in cui si definisce un testo legislativo così importante, così significativo e anche per alcuni versi così innovativo, la nostra attenzione deve portarci ad avere un'ispirazione di carattere generale e di pensare alla possibilità che queste norme possano essere - anche se non ce lo auguriamo, ovviamente, perché sempre di crisi industriale si tratta - adattate ed utilizzate anche per altre situazioni. Questa è la prima logica della quale è rimasto prigioniero il decreto-legge in esame e di cui non si è riuscito a liberare.
La seconda, invece, è quella di aver ritenuto che le norme in esso contenute dovessero avere un'impronta fortemente legata al ruolo del Ministero delle attività produttive, sottraendolo in questo modo al giudice che, con il vecchio testo del decreto legislativo Prodi-bis, svolgeva la funzione di avviare la procedura di amministrazione straordinaria, controllandola. Quindi, si accentrano nelle mani del ministero tutte le competenze relative all'avvio e alla gestione dell'amministrazione straordinaria delle aziende che si trovano in crisi.
Prigioniero di queste due logiche, credo che il provvedimento finisca per perdere di vista la grave situazione nella quale versa il paese di fronte alle crisi che sono state ricordate e a quella più grave e recente della quale stiamo discutendo, il caso, appunto, della Parmalat. Badate che si tratta di un vero dramma sociale per il nostro paese: vorrei che tutti avessimo pienamente questa consapevolezza.
Abbiamo appreso che sono circa 100 mila i risparmiatori coinvolti in questo crack; sappiamo che ci sono 5 mila allevatori che producono latte che stabilmente nel corso degli anni passati hanno conferito e continuano a conferire il loro prodotto alle imprese del gruppo; sappiamo che ci sono migliaia di lavoratori e molte piccole imprese che lavorano per questo gruppo. Vorrei ricordare che la nostra non può essere una percezione del fenomeno che lo isoli alla valle padana. Abbiamo letto un ordine del giorno presentato dal collega del nostro gruppo Lumia che ha indicato come il dramma sociale riguardi anche altre aree del paese, come la Sicilia.
Ci troviamo di fronte alla incapacità di dare risposte adeguate, anche attraverso gli strumenti di emergenza, a questo grande dramma sociale. Si poteva e si doveva fare di più per i lavoratori, per i risparmiatori, per le piccole e medie imprese che lavorano attorno a questo gruppo. Invece, non si è fatto quanto era ragionevole e possibile fare, correggendo il testo di questo decreto-legge. In primo luogo, per riportare nelle mani del giudice le competenze che riguardano l'avvio e la vigilanza sull'insieme della procedura dell'amministrazione controllata. Abbiamo ricordato che questo è un punto debole, il tallone d'Achille del decreto-legge. Badate che anche gli effetti positivi che fino ad oggi sono stati raggiunti potrebbero essere seriamente messi in discussione dalla mancata volontà che la maggioranza ha dimostrato di ricondurre ad una corretta logica questo provvedimento.
Abbiamo alle spalle una storia, quella della Comunità europea, che ha impugnato a suo tempo la legge cosiddetta Prodi del 1979 e ha preteso, dopo un lungo contenzioso, che essa venisse modificata, come è avvenuto con il decreto legislativo


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Prodi-bis, che riportava nelle mani del giudice, cioè dell'organo terzo ed imparziale, la gestione della procedura di amministrazione controllata. È infatti quell'organo - e non l'organo politico-amministrativo, discrezionale per definizione - che tutela l'insieme delle parti in causa in vicende come quella di una grande crisi industriale, di un default come quello della Parmalat.
Voi stessi, attraverso questo testo, mettete a rischio gli effetti positivi che il decreto-legge ha già prodotto. Nello stesso tempo, in tal modo, vengono chiaramente sacrificati gli interessi diffusi, sia dei risparmiatori sia dei lavoratori, che sono affidati nelle mani del ministro, anziché in quelle di chi dovrebbe più correttamente tutelarli, per l'appunto il giudice.
Si poteva fare di più nella definizione del comitato di sorveglianza, inserendovi i rappresentanti dei risparmiatori, dei lavoratori e dei produttori di latte, affinché queste parti, che rappresentano il dramma sociale di intere aree del paese, potessero guardare con serenità alle procedure dell'amministrazione controllata, assumendo come principio, per riuscire ad emergere da questa situazione difficile, quello della coesione sociale, che si basa soltanto sulla trasparenza delle procedure e sul fatto che tali soggetti possano avere un ruolo di controllo della correttezza dell'attuazione di tali procedure.
Abbiamo avanzato proposte puntuali finalizzate, sempre attraverso un meccanismo adeguato di trasparenza, alla velocizzazione di tutte le procedure. Anche a questo riguardo si poteva fare di più, soprattutto per quel che concerne gli aspetti innovativi conseguenti a riformulazioni inserite nel provvedimento. Ho già ricordato che, attraverso la riformulazione dell'articolo 4-bis, grazie al recepimento parziale di un nostro emendamento, abbiamo concorso alla riscrittura di una norma importante come quella sul concordato.
Anche in tal caso, tuttavia, registriamo una insufficiente disponibilità da parte della maggioranza nel comprendere le esigenze e gli interessi diffusi che vengono e lesi dal default della Parmalat. Perché non tutelare adeguatamente la posizione dei creditori e dei lavoratori attraverso meccanismi di voto per l'accettazione del concordato, quali quelli stabiliti dalla legge fallimentare, che dovrebbero essere confermati dalle utili modifiche che sono state apportate al provvedimento, come quella della suddivisione in classi o quella della possibilità di trasformare i crediti in azioni? In questo caso, invece, ci si è limitati a privilegiare una lettura della crisi della Parmalat che vedesse come unici interlocutori i grandi gruppi finanziari nazionali e internazionali che vantano crediti nei confronti di tale impresa.
Abbiamo avanzato anche proposte integrative del testo, perché il nuovo approccio, evidente soprattutto nella norma sul concordato, potesse contare anche su altri strumenti che sostenessero davvero i soggetti coinvolti in questa crisi. Mi riferisco, ad esempio, a tutta la filiera delle piccole imprese, non soltanto del settore agricolo, ma anche di altri settori coinvolti nella crisi in questione.

PRESIDENTE. Concluda, onorevole Gambini.

SERGIO GAMBINI. Per questa ragione, noi ci asterremo perché abbiamo a cuore la difesa di interessi diffusi che, invece, il decreto-legge in esame non tutela in modo adeguato (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo e della Margherita, DL-l'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Landi di Chiavenna. Ne ha facoltà.

GIAN PAOLO LANDI di CHIAVENNA. Signor Presidente, intervengo a titolo personale per preannunciare la mia astensione nella votazione finale sul provvedimento al nostro esame.
Per motivare molto brevemente le ragioni della mia astensione, vorrei ricordare che ho sempre coerentemente sostenuto che i cosiddetti provvedimenti Prodi presentassero anche profili di sostanziale incostituzionalità,


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perché, in realtà, essi ledono i principi fondamentali dell'uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge e della tutela dei loro diritti.
Non si capisce, infatti, per quale ragione alcune aziende, cosiddette «importanti», debbano beneficiare di un percorso agevolato dal punto di vista della tutela giudiziaria rispetto a numerosissime piccole e medie imprese. Tali imprese, tra l'altro, formano l'ossatura fondamentale del paese, ma vengono indiscriminatamente assoggettate alle procedure concorsuali, con tutti gli effetti negativi che tali procedure determinano in capo non solo all'imprenditore, ma anche alla forza lavoro.
Rivolgo tale critica anche alla sinistra, la quale ritiene di dover tutelare i lavoratori attraverso l'amministrazione straordinaria, ma poi non tiene in debito conto che numerosi lavoratori che vengono assoggettati, di fatto, direttamente alle procedure concorsuali, vedono travolti i loro interessi da tali procedure. Pertanto, anche sotto questo punto di vista, si registra una disparità di trattamento tra i lavoratori, perché il lavoratore dipendente delle società in amministrazione straordinaria può trovare un sostegno, o in ogni caso una tutela, ben superiore rispetto gli altri lavoratori che vengono comunque coinvolti nel fallimento della loro azienda.
Non credo neanche nei poteri cosiddetti «taumaturgici» che vengono trasferiti in capo ai commissari straordinari. Hanno fatto bene i colleghi Polledri e Saglia a ricordare alla sinistra quali effetti negativi abbiano prodotto le procedure di amministrazione straordinaria negli anni passati. Basti ricordare il caso dell'EFIM: decine di anni di sperpero di denaro nel tentativo di risanare un moloch dell'industria pubblica. Francamente, non ricordo amministrazioni straordinarie che si siano concluse nei tempi previsti ed apportando effettivi vantaggi al comparto industriale, ai creditori, all'indotto e alle piccole e medie imprese indirettamente coinvolte nel crack delle grandi aziende. È bene sottolineare come queste ultime appartengano alla logica del capitalismo assistito, vale a dire una logica che, come sempre, di fatto premia gli strumenti di un capitalismo che presenta risvolti molto opachi. Il caso Parmalat non è diverso da altri.
Adesso, la sinistra ricorre al tentativo di coprire le responsabilità di numerosi esponenti riferibili, nel caso Parmalat, anche al suo mondo, ed è forse un caso che gli ultimi due avvenimenti (il crac della Parmalat e il caso della Finmatica) siano riconducibili, in qualche modo, alla sfera delle alleanze, delle connivenze o, comunque, delle amicizie del mondo della sinistra.
Se il Governo ha apportato, con il decreto-legge in esame, alcuni correttivi che potrebbero sembrare sicuramente utili, ritengo sia comunque molto più efficace, a questo punto, conferire i poteri ad un commissario straordinario, che dovrebbe essere controllato dal ministro delle attività produttive, e dunque da una task force che dovrebbe avere una conoscenza degli strumenti di politica industriale certamente maggiore di quella dell'autorità giudiziaria.
Mi dispiace che i colleghi Gambini e Quartiani abbiano insistito molto su questo punto, ma chi frequenta le aule giudiziarie e possiede una specifica conoscenza delle procedure fallimentari sa perfettamente quanto sia distante la conoscenza del giudice delegato dei tribunali fallimentari dalle effettive esigenze del mondo dell'industria e delle società in fase di liquidazione o decotte. Pertanto, se proprio dobbiamo esprimere una valutazione, è meglio che le aziende in crisi vengano amministrate e gestite sotto l'egida del ministro delle attività produttive, piuttosto che in modo incompetente - ma per questioni puramente tecniche - dall'autorità giudiziaria.
Su questo sono pronto a confrontarmi sulla base dei dati di fatto.
Nel mio intervento sull'emendamento Gambini 5.4 ho segnalato che sarebbe stato un grave errore attribuire al commissario straordinario un'eccessiva discrezionalità: non possiamo ipotizzare, infatti, che questi abbia poteri taumaturgici tali


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da risolvere problemi tanto difficili e gravi quali sono quelli sollevati dai casi Parmalat ed altri.
Mi asterrò dalla votazione finale su questo provvedimento perché non credo nell'amministrazione straordinaria e perché non credo nella cosiddetta legge Prodi. A mio parere, quest'ultima presenta anche profili di incostituzionalità: ribadisco che essa discrimina fra cosiddette grandi imprese e piccoli e medi imprenditori, i quali debbono avere uguali tutele e diritti.
Nemmeno credo che le previsioni relative alle azioni revocatorie, contenute in questo provvedimento, corrispondano, obiettivamente, a qualcosa di sano dal punto di vista tecnico-giuridico. Eppure, il richiamo agli articoli 64 e 67 del regio decreto n. 267 del 1942 (recante la disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa) avrebbe dovuto insegnare qualcosa! Bene ha fatto il collega Gambini a ricordare la giurisprudenza della Corte di Cassazione in ordine alla necessità di proteggere la par condicio creditorum!
Quindi, esprimo le mie personali perplessità non soltanto sull'impianto complessivo di questo decreto-legge, ma anche sul più vasto panorama legislativo che comprende anche la legge Prodi e il cosiddetto Prodi-bis. Lo faccio, in coerenza con quanto ho sempre sostenuto, soprattutto sulla base di ciò che vedo praticando la professione forense nel settore civilistico e fallimentare. Francamente, credo che l'impianto del presente provvedimento si ispiri ad una cultura politica e giuridica che non condivido.
Ad ogni modo, riconosco che, rispetto al Prodi-bis (decreto legislativo n. 270 del 1999), il decreto-legge che quest'Assemblea si accinge a convertire in legge produce effetti positivi ed apporta, comunque, alcuni miglioramenti.
Spero che esso serva a risanare il grave problema Parmalat, ma ritengo che anche il commissario straordinario Bondi dovrà ricorrere ai soliti strumenti. Mi auguro che egli abbia le necessarie capacità e che il Governo ed il ministro delle attività produttive lo assistano adeguatamente al fine di dare risposte politiche, economiche ed industriali importanti, quelle che non solo il mondo imprenditoriale italiano, ma anche la comunità internazionale si aspettano per restituire serietà, credibilità, forza, capacità, competitività e contrattualità al sistema Italia a livello mondiale (Applausi di deputati del gruppo di Alleanza nazionale)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cusumano. Ne ha facoltà.

STEFANO CUSUMANO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, i deputati del gruppo Misto-UDEUR-Alleanza Popolare si asterranno dalla votazione finale del provvedimento che arriva all'esame dell'Assemblea in un momento di grande allarme sociale, di forte deperimento del nostro sistema industriale e, più in generale, di caduta della credibilità del sistema bancario. Esso risponde solo parzialmente alle aspettative della comunità nazionale, in ragione anche del meccanismo di delegittimazione complessiva generato dalla crisi del gruppo Parmalat, la quale mette a nudo la povertà del nostro sistema industriale, la limitatezza delle politiche economiche e sociali poste in essere in questi anni e la debolezza complessiva del sistema su cui poggia l'economia del nostro paese.
Questo provvedimento è caratterizzato da alcuni spunti innovativi, ma anche da lacune. Più specificamente, mentre assegna molti poteri al Ministero delle attività produttive, esso relega in una posizione marginale la vigilanza del Ministero delle politiche agricole e forestali e riduce l'azione che, recuperando il dettato legislativo che sovrintende a situazioni di questo tipo, dovrebbe essere attribuita all'autorità giudiziaria. Le finalità di tale provvedimento andranno certamente migliorate nel prosieguo dell'attività legislativa parlamentare perché esso mira soltanto a fronteggiare la crisi della Parmalat, una crisi che mette in ginocchio migliaia


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di risparmiatori e l'intera filiera agroalimentare.
Ritengo sia stato saggio il parere espresso dalla Commissione agricoltura, con l'indicazione di condizioni precise sul testo del provvedimento. Ci riconosciamo in quelle condizioni, una delle quali riguarda l'articolo 4-bis.
Per queste ragioni, confermiamo il nostro voto di astensione sul provvedimento in esame (Applausi dei deputati del gruppo Misto-UDEUR-Alleanza Popolare).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto sul complesso del provvedimento.

LUIGI GASTALDI, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUIGI GASTALDI, Relatore. Signor Presidente, vorrei ringraziare tutti i colleghi della Commissione attività produttive, di maggioranza e di opposizione, per lo spirito costruttivo con il quale hanno contribuito a rendere il testo più idoneo alla finalità di pervenire alla ristrutturazione di grandi aziende in crisi. Ringrazio altresì gli uffici della Camera per la preziosa collaborazione fornita in una materia così delicata.
Signor Presidente, vorrei, inoltre, precisare che nel fascicolo n. 2 degli emendamenti, a pagina 2, nell'emendamento 4-bis.17 della Commissione, per un errore tipografico, compare un erroneo riferimento al comma 6, che deve, invece, correttamente intendersi come un riferimento al comma 7.

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