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ETTORE ROSATO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ETTORE ROSATO. Signor Presidente, intervengo per una breve commemorazione, se mi è consentito, anche a nome dei colleghi giuliani, Roberto Damiani (di Trieste) e Alessandro Maran. Il 28 gennaio 1994 a Mostar una granata esplode nel cortile di una casa dove i tre componenti di una troupe RAI stanno lavorando ad uno speciale del Tg1 sui bambini, vittime innocenti di una guerra combattuta senza pietà. Marco Lucchetta, Alessandro Ota, Dario D'Angelo lasciano così le loro mogli, i loro genitori, i loro figli, impegnati a far giungere nella quiete delle nostre case il dramma che quotidianamente si consuma nei territori della ex Iugoslavia. Una guerra cruenta appena oltre i nostri confini, anche per ciò più spaventosa, difficile da credere, impossibile da accettare. Nella notte poi un veicolo militare atterrerà sulla pista di Ronchi dei Legionari; alla luce delle cellule fotoelettriche, dalla carlinga, usciranno i parenti delle vittime, poi i vertici della RAI, infine tre bare avvolte nel tricolore. La città di Trieste sarà presente ai suoi massimi livelli istituzionali.
Quando, un paio di giorni dopo, il corteo funebre raggiungerà la storica basilica consacrata al culto del santo patrono, i commercianti abbasseranno le serrande e la gente dalle finestre saluterà l'ultimo viaggio dei tre ragazzi triestini. È giorno di lutto cittadino; alla cerimonia funebre saranno presenti il Presidente del Senato Spadolini e il ministro Paladin. Ancora una volta i sentimenti della città esprimeranno i sentimenti, la commozione e la solidarietà dell'intero paese.
Di lì a poche settimane pagheremo un altro tributo di sangue alla libertà di informazione con la morte a Mogadiscio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, quest'ultimo anch'egli triestino.
Ai quattro caduti giuliani, affinché la loro testimonianza sopravviva nel tempo e nutra i medesimi ideali che avevano innervato la loro missione, è stata intitolata una fondazione promossa dai familiari, dai colleghi giornalisti, dal concorso spontaneo dei concittadini e delle istituzioni.
Da allora, ad oltre 200 delle piccole vittime dei tanti conflitti che si combattono nel mondo e ai loro familiari è stata offerta la possibilità di appropriate cure ed ospitalità a Trieste. Ha scritto infatti Umberto Saba che Trieste ha le sembianze di una ragazzaccio aspro e vorace e che le sue mani sono troppo grandi per donare un fiore. La fantasia del poeta ben si adatta alla scelta di vita di questi professionisti, alla loro scelta di essere sobri anche nel momento dell'impegno e del dono, motivati da un prepotente assillo morale a porsi al servizio della comunità, in questo caso per far conoscere verità amare che si devono conoscere, affinché la storia sia davvero maestra di vita.
Da Trieste, città dall'impronta squisitamente europea, ha origine così, implicito quanto forte, un appello a considerare la libertà dell'informazione un bene inalienabile, un insostituibile strumento di garanzia democratica, un momento essenziale di partecipazione consapevole e matura.
Lucchetta, Ota e D'Angelo sono caduti sul campo da soldati di pace, armati di penna e cinepresa, animati e sorretti da spirito di servizio, fedeli agli ideali di una informazione fondata esclusivamente sulla realtà e mirata esclusivamente alla verità. Grazie, signor Presidente.
PRESIDENTE. È inutile dire che la Presidenza si associa a quanto ella ha detto in merito a vicende enormemente drammatiche, che speriamo di poter scongiurare anche con l'azione, rivendicando il primato della politica su ogni fatto.
Per consentire l'ulteriore decorso del termine regolamentare di preavviso, sospendo la seduta fino alle ore 10.
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