Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 383 del 4/11/2003
Back Index Forward

Pag. 28

(Esame dell'articolo 4 - A.C. 4233)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 4 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi l'allegato A - A.C. 4233 sezione 7).
Ha chiesto di parlare l'onorevole Bricolo. Ne ha facoltà.

FEDERICO BRICOLO. Signor Presidente, ieri siamo già intervenuti su questo argomento in sede di discussione sulle linee generali. Oggi, riteniamo giusto rimarcare la nostra posizione sull'articolo 4.
Debbo dire che il provvedimento licenziato dal Consiglio dei ministri a noi del gruppo della Lega nord Padania andava molto bene. Il requisito fondamentale per accedere alle Forze armate italiane era quello di essere cittadino italiano. Dunque, l'intenzione del Governo - stando al testo licenziato dal Consiglio dei ministri - era quella di ribadire che, per entrare nelle Forze armate del nostro paese, si dev'essere cittadino italiano, si deve rappresentare questo territorio, si deve credere in questo territorio e, comunque, si dev'essere nato in Italia o si deve avere un passaporto italiano.
Invece, in Commissione - non si capisce come mai - sono stati presentati alcuni emendamenti e, con l'assenso del relatore di Alleanza nazionale, è stato inserito un comma ai sensi del quale il requisito della cittadinanza italiana non è richiesto allo straniero o all'apolide del quale il padre o la madre o uno degli ascendenti in linea retta di secondo grado sono stati cittadini, eccetera. In tal modo, stranieri, extracomunitari ed apolidi, i quali non hanno la cittadinanza, non hanno un passaporto, non si sa da dove vengano e non si sa come possano dimostrare questo collegamento di parentela con cittadini italiani, potranno entrare nel nostro esercito.
Al di là di quello che succederà in pratica con l'approvazione di questo emendamento - chiaramente, è stato detto più volte che ad usufruirne saranno in maggior parte cittadini per esempio extracomunitari che vivono in Argentina, che comunque hanno la possibilità di dimostrare il fatto di avere dei collegamenti di discendenza diretta con cittadini italiani -, nel nostro paese si aprono però le porte ad un esercito che non sarà composto solamente da cittadini italiani. Purtroppo, tenendo conto delle posizioni che da sempre ha avuto la sinistra, che ha ribadito anche su questo provvedimento, e cioè che è favorevole ad aprire l'esercito italiano, non solo a chi è collegato in linea diretta con cittadini italiani, ma anche agli extracomunitari in generale, dunque trasformando un esercito, che dovrebbe rappresentare un territorio, in un esercito di mercenari, tenuto conto anche di posizioni di alcuni membri autorevoli del Governo, che in alcune circostanze hanno comunque dichiarato che è possibile in un futuro avere anche brigate extracomunitarie, magari di albanesi, io penso che sia importante, in sede di approvazione di questo provvedimento, ribadire il fatto che, in un momento internazionale come questo che vede il nostro paese impegnato in missioni di pace, che poi sono missioni di pace che intervengono spesso in conflitti etnici, in conflitti religiosi, dove il terrorismo fondamentalista di matrice islamica è spesso coinvolto, pensare di aver un esercito che al suo interno arruola persone che provengono da paesi magari islamici, che vengono nel nostro paese solo per avere uno stipendio, e credere che questi poi facciano gli interessi del nostro paese, che difendano il nostro territorio, credo che sia una cosa assolutamente demenziale.
Dunque, è importante oggi ribadire che noi pensiamo che l'esercito di questo paese debba essere composto da cittadini italiani. Da molti è già stata portata avanti l'idea che comunque il problema di riuscire a coprire gli organici di questo nuovo esercito di volontari, che viene risolto dal Governo con questo provvedimento con incentivi vari, è un problema che però si ripercuote direttamente e si scontra con questo emendamento. Far capire che fare il militare diventa un lavoro di serie B, perché è un lavoro che comunque demandiamo a persone che non sono cittadine


Pag. 29

italiane, magari persone che stanno soffrendo dal punto di vista economico, come in Argentina, eccetera, o addirittura pensare che si tratta di un lavoro così scomodo che dobbiamo far fare agli extracomunitari, chiaramente non può esser un incentivo per un giovane al giorno d'oggi che vuole realmente impegnarsi in un'attività lavorativa che sarà quella professionistica nel nostro esercito.
Io penso che invece bisogna dare un'immagine diversa, dobbiamo riuscire a presentare ai nostri giovani un esercito nuovo, un esercito funzionale che dà prospettive di vita lavorative e economiche, in grado comunque di fargli scegliere il militare come la scelta di una professione nobile, di una professione sicuramente importante. Invece no, diamo l'immagine di un esercito per gli extracomunitari, un esercito che si deve rivolgere ai deboli, a chi non ha soldi, a chi comunque non ha altre possibilità di scelta, perché è l'ultima spiaggia lavorativa.
Io penso che tutti dobbiamo riflettere su questo emendamento. Cerchiamo di ritornare al testo originario licenziato dal Governo secondo cui bisogna essere cittadini italiani per accedere alle nostre forze dell'ordine; dobbiamo insistere su questo e invitiamo a votare i nostri emendamenti, che riportano questo testo alla formulazione originaria.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Deiana. Ne ha facoltà.

ELETTRA DEIANA. Signor Presidente, prendo spunto da questo articolo e dagli emendamenti che sono stati presentati, in particolare quello relativo all'età di chi può iscriversi all'arruolamento, e cioè l'età inferiore a 18 anni, per esprimere un punto di vista generale, per manifestare anche il punto di vista generale del mio gruppo relativamente al provvedimento. Un punto di vista che, come ho già detto intervenendo ieri durante la discussione sulle linee generali, è negativo, perché si tratta di un provvedimento che fa seguito ad una riforma delle Forze armate che riteniamo profondamente negativa, non tanto perché è stato abolito l'obbligo del servizio militare, cui noi non siamo stati mai affezionati, ma perché introduce la professionalizzazione dell'esercito all'interno di una metamorfosi radicale del concetto di difesa che si è venuta sviluppando negli anni '90 e che, secondo noi, ha perso, in maniera evidente e molto negativa, ogni connessione reale, concettuale e pratica con la concezione che della difesa è contenuta nella Costituzione italiana. Il concetto di difesa si è modificato a seguito di un processo di modifica complessiva delle politiche militari internazionali dei paesi occidentali con una progressiva crescita dell'egemonia militare, strategica e politica degli Stati Uniti d'America che è arrivata fino alla teorizzazione della guerra preventiva come risultato, appunto, di questa metamorfosi della difesa: la guerra per difendere e per rendere sicuri i paesi occidentali.
La professionalizzazione dell'esercito è dentro questa prospettiva e dentro questo contesto; d'altra parte, le Forze armate non vivono per aria ma la concezione di esse è connessa in maniera radicale al modo di concepire l'uso della forza da parte dello Stato, e al perché e al come lo Stato debba ricorrere all'uso della forza militare. Il nostro giudizio sul provvedimento in esame è, quindi, negativo.
L'articolo 4 del provvedimento, in particolare la parte che riguarda il reclutamento dei giovani al di sotto dei 18 anni, è la spia di una concezione culturalmente assai regressiva, che utilizza sostanzialmente la forza giovane del paese nascondendo, in realtà, il contesto giuridico della concezione dell'uso della forza e privilegia un uso strumentale dei giovani, cercando di attirarli nella leva volontaria in tutti i modi, sia anticipando l'età, come poi si vedrà nel prosieguo della discussione, sia favorendo corsie preferenziali al cento per cento per tutta una serie di carriere nei corpi militari e civili dello Stato; tutto ciò al fine di favorire una leva volontaria che nella realtà del paese è però assai lontana dall'incontrare il favore delle nuove generazioni.


Pag. 30


La questione che riguarda i giovani e, in particolare, il modo con cui rivolgersi ad essi da parte delle Forze armate è, a mio avviso, profondamente negativo. A questo fine rimarco, con il mio emendamento e con quelli presentati da altri colleghi, la necessità di stabilire la soglia dei 18 anni come punto di partenza per fare richiesta di aderire alla leva volontaria; dico ciò sia in base alla Convenzione di New York sulla tutela dei diritti del minore, di cui noi abbiamo ratificato il protocollo opzionale nel 2000, sia soprattutto in base ad un ragionamento, ad una concezione del rapporto tra lo Stato e i cittadini in termini di informazione che ci fa dire che, a 18 anni, da noi, i ragazzi, per fortuna, studiano. Nel mio emendamento ho inserito un limite di età, verso il basso, di 18 anni, verso l'alto, di 32 anni, perché ritengo che l'adesione alla leva volontaria debba essere portata ad un'età che comprenda uno spettro generazionale più complesso, e non, invece, riferita a giovani da utilizzare per quelle imprese, di cui tutti parlano con grande enfasi, che ci trovano molto freddi e ostili.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Raisi. Ne ha facoltà.

ENZO RAISI. Signor Presidente, sono contento che oggi si giunga ad approvare il dispositivo legislativo al nostro esame; sono contento anche di aver ascoltato, per voce dell'onorevole Ruzzante, il fatto che l'Ulivo, d'accordo con l'allora opposizione, oggi maggioranza, votò a favore dell'istituzione dell'esercito professionale, che negli anni '80 fu uno dei cavalli di battaglia dei movimenti giovanili di destra, ma che allora fu fortemente contrastato dalla sinistra, che considerava tale idea golpista. Sono passati gli anni, ciascuno si è evoluto e mi fa piacere che anche l'onorevole Ruzzante ammetta, da questi banchi, che allora avevamo ragione e che l'esercito professionale è un'idea importante per uno Stato moderno.
Rimango stupito, invece, dall'intervento dell'onorevole Bricolo per tre motivi. Reputo il collega una persona intelligente e preparata, ma mi dispiace che abbia argomentato in quel modo il suo dissenso dalla proposta emendativa, presentata da alcuni colleghi di Alleanza nazionale, sull'apertura dell'esercito ai cittadini non italiani, ma di ascendenza italiana (così come riportato dall'emendamento presentato dai deputati del mio gruppo). Non capisco, infatti, come si possa argomentare il pericolo, paventato dal collega Bricolo, di un'intromissione di eventuali terroristi islamici quando si parla, per l'appunto, di ascendenti in linea retta di secondo grado di cittadini italiani: non so quanti siano i potenziali terroristi musulmani in giro nel mondo a poter vantare una tale ascendenza!
Ma vi è una cosa ancora più grave: infatti, ho ascoltato attentamente anche il suo tentativo di rimarcare il fatto che stiamo per istituire un esercito che poi non andrebbe a combattere per la nostra bandiera. Non so se i gurkha inglesi o la legione straniera francese o il tercio spagnolo, o gli stessi marines, inviati pochi mesi fa in Iraq, che non sono cittadini americani abbiano servito o meno quelle bandiere in modo dignitoso. Credo che la storia sia scritta lì: vi sono sicuramente reparti stranieri che difendono bandiere e patrie che non sono loro, ma lo diventano anche grazie al fatto che, entrando in un esercito, ne diventano cittadini a tutti gli effetti.
Credo che ci si trovi di fronte ad un dato (come si è discusso, anche in questi giorni, nel Parlamento spagnolo): la trasformazione dell'esercito di leva in esercito professionale sia in Italia, sia in Spagna pone un problema di carenza di personale, ed è inevitabile che si debba comunque andare a cercare nuove leve anche al di fuori dai confini del nostro paese. Occorre garantire a tali soggetti la possibilità di diventare cittadini italiani a tutti gli effetti, facendo sì che diventino i nostri gurkha, il nostro tercio o i nostri marines.
Sinceramente, non vedo preoccupazioni al riguardo, visto che, tra l'altro, nella proposta emendativa di Alleanza nazionale si sottolinea comunque il riferimento ed il legame a radici italiane di tali stranieri.


Pag. 31

Credo che ciò possa ampiamente garantire il collega Bricolo, visto che non facciamo nient'altro che adeguarci agli eserciti europei ed occidentali, i quali hanno già, all'interno delle loro fila, queste presenze. Mi sembra veramente una battaglia fuori dal tempo: è una battaglia che posso comprendere unicamente per una mera polemica che, in questi giorni, è apparsa sui giornali, ma relativa ad altri tipi di proposte; mi sembra, tuttavia, che questa volta sia un buco nell'acqua (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Ascierto. Ne ha facoltà.

FILIPPO ASCIERTO. Signor Presidente, vorrei spiegare, in modo spero semplice, come siamo arrivati a questa determinazione. In primis, ci troviamo in una seria difficoltà: è storia di oggi e vedremo dal 1o gennaio 2005 cosa accadrà. All'interno di un contenitore di circa 300 mila ragazzi che dovrebbero svolgere il servizio di leva, solo ed esclusivamente 10 mila di essi accederanno al servizio di leva. Pertanto, l'alimentazione per le Forze armate diventa difficile, soprattutto se pensiamo agli impegni che le stesse assolvono nei confronti delle missioni internazionali di pace in paesi a cui stiamo fornendo un'opera di non poco conto.
Dobbiamo sopperire a queste difficoltà, convincendo i giovani che quello all'interno delle Forze armate è un percorso dignitoso, anzi qualificante rispetto agli altri impieghi usuali nel contesto nazionale. Allora, per convincerli, abbiamo stabilito che in futuro, per accedere alle forze dell'ordine, bisogna fare un anno di servizio militare; ed abbiamo anche pensato non ad albanesi, a persone provenienti dall'Asia o ad islamici, ma ai figli degli italiani, ai giovani italiani che sono all'estero, per dare loro un'ulteriore opportunità: poter ritornare in patria, se lo desiderano, e poter servire la patria.
Non so quanti hanno provato la sensazione che ho provato anch'io, recandomi all'estero ed incontrando le comunità degli italiani che qui stanno lavorando, nel sentire il loro affetto e l'amore nei confronti dell'Italia. È stata bella, ad esempio, la sensazione che ho provato in Croazia dove ho sentito i cittadini di quel paese parlare in veneto: mi si è aperto il cuore. Allora, perché non dare l'opportunità a questi giovani di ritornare in patria (Commenti dei deputati del gruppo della Lega nord Padania)?
In Veneto, grazie alla regione, abbiamo dato a 300 giovani argentini l'opportunità di ritornare in patria e di lavorare presso aziende del Veneto. Allora, diamo a coloro che hanno un padre, un nonno, una madre italiani, ossia nati in Italia, l'opportunità di ritornare nel nostro paese e di servire la loro patria, la nostra patria: essi lo desiderano.
Pensiamo alle situazioni economiche particolari di alcuni paesi dell'America latina, pensiamo agli istriani che vivono in quei luoghi e che, a volte, sono costretti a svolgere il servizio militare per un paese che non sentono proprio: diamo loro questa grande opportunità di poter ritornare in Italia. Non lo facciamo per i musulmani! Se qualcuno può avere un padre o un nonno italiani, ben vengano, accettando le tradizioni, la storia e tutto ciò che appartiene al nostro paese.
Allora, non vi è paura, non vi deve essere timore, vi è una corsia preferenziale: gli riconosciamo la cittadinanza nel momento in cui sono idonei a servire la patria nell'ambito delle Forze armate. Questo è anche un atto di rispetto e di amore nei confronti degli italiani che si trovano all'estero (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Dario Galli. Ne ha facoltà.

DARIO GALLI. Signor Presidente, vorrei svolgere qualche precisazione. Qui non abbiamo paura: usiamo parole più appropriate, perché poi alla fine non succederà assolutamente nulla. Ciò che abbiamo voluto sottolineare, anche con l'intervento del collega Bricolo, è qualcosa di un po' diverso, che non abbiamo inventato noi. Se le cose fossero dette in maniera più chiara


Pag. 32

o semplicemente non fossero dette, non vi sarebbe bisogno di fare precisazioni.
La legge di cui stiamo discutendo, inizialmente, prevedeva l'esclusiva cittadinanza italiana per poter svolgere il servizio militare nell'esercito ordinario o professionista.
Poi è stata aggiunta la questione degli apolidi e degli aventi parenti di secondo grado italiani. Su questo siamo relativamente d'accordo, anche se sugli apolidi si potrebbe discutere. Infatti, bisognerebbe spiegare con precisione cosa si intenda per apolide e bisognerebbe capire cosa voglia dire che qualcuno non ha più nazionalità. In tal modo, si apre una questione senza limite da un punto di vista concettuale. Chiunque dichiarasse di essere apolide potrebbe entrare nell'esercito. Magari, diventerebbe generale di corpo d'armata per cui avrebbe i codici dei nostri missili, caso mai dovessimo averli, e non sapremmo neanche da che parte arriva! Adesso ho esagerato un po', perché è chiaro che il nostro è un «esercitino» di livello un po' più basso. Però, il concetto è questo.
Per quanto riguarda, invece, i parenti italiani si tratta di un aspetto di cui anche noi abbiamo sempre parlato, ad esempio, con riguardo ai flussi migratori. È chiaro che, se una persona che abita in Argentina, che ha madre, padre o nonni italiani, ed è lì solo da una o due generazioni, per qualunque motivo, volesse tornare nel nostro paese per entrare nell'esercito dal nostro punto di vista sarebbe una cosa corretta e non ci preoccuperebbe minimamente, anche se si potrebbe discutere se sia giusto portare via alle altre nazioni solo i figli migliori.
Tuttavia, mi sembra non sia stato un esponente della Lega ad aver detto che vorrebbe avere un reparto di extracomunitari. Mi pare che sia stato un esponente, anche di rilievo, della Casa delle libertà. Questo sì che ci preoccupa molto! È vero che ciò non è presente nel provvedimento in esame, ma questo è partito parlando di cittadinanza italiana; poi si è cominciata ad aprire una porta a chi, comunque, italiano non è e si comincia a discutere sul fatto che anche qualche extracomunitario non ci starebbe male. Allora, la preoccupazione ce l'abbiamo e, a questo punto, mi sembra più che giustificata!
Quanto ha detto il collega Bricolo deve avere come minimo la massima attenzione. Infatti, se vogliamo dare loro il voto amministrativo, che poi diventa politico, si può discutere e capisco che dobbiate difendere posizioni indifendibili. Però, che dobbiamo anche dare loro in mano un mitra a spese dello Stato mi sembra veramente esagerato! Quindi, già votare è una cosa discutibile, ma che al musulmano che viene in Italia diamo in mano mitra, munizioni e bombe a mano anche con le mie tasse (Commenti)...

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi...

DARIO GALLI. Ma sapete di cosa state parlando? Quando la platea si è calmata, specifico meglio la mia posizione, se il Presidente me lo permette.

PRESIDENTE. L'Assemblea si è calmata. Prego, onorevole Dario Galli.

DARIO GALLI. Con il suo autorevole intervento la sua parte politica si è rimessa in linea (Commenti dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo).

PRESIDENTE. Quando sono qui, non ho una parte politica, sono Presidente della Camera (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo).

DARIO GALLI. Mi piacerebbe che fosse così. Fa parte tutto dello spettacolo.

PRESIDENTE. No, non fa parte dello spettacolo! Non le consento! Se lei continua così le tolgo la parola. Vada avanti con il suo intervento e non faccia obiezioni sulla Presidenza.

DARIO GALLI. Non era un'obiezione nei suoi confronti, ma se lo ha preso come attacco personale, evidentemente (Commenti dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo)...


Pag. 33


Stavo dicendo che, forse, non ve ne rendete conto, ma l'esercito verso il quale stiamo andando è un po' diverso da quello che c'era fino a qualche anno fa. Non si tratta di diventare alpini facendo i campi invernali a Vipiteno o di diventare fante generico in 12 mesi e sparando 12 colpi di fucile. I 110, o 150, o 190 mila professionisti che usciranno da questa riforma, se si vorrà fare una cosa seria, saranno professionisti veri, che avranno armi sofisticate, che avranno accesso a possibilità di offesa, dal punto di vista del potenziale strettamente fisico-militare, che nell'esercito precedente non vi erano assolutamente. Quindi, quello che stiamo facendo è estremamente serio, penso che non sfugga a nessuno!
Per come è organizzata la nostra società la maggior parte dei cittadini saranno completamente estranei a qualunque cosa somigli ad un'arma e vi sarà una percentuale ridottissima di persone che avranno le uniche chiavi degli armamenti. È ovvio che in una società assolutamente tranquilla, democratica e controllata questo può essere un problema relativo. Tuttavia, nella società italiana, che qualche problema ogni tanto ce l'ha, è una questione, come minimo, su cui riflettere.
Non sono così tranquillo se tra 15 anni avremo 60 milioni di cittadini che non hanno in mano neanche un coltello e 100 mila sono gli unici che possono sparare un missile o una granata. Se, poi, di questi ultimi, 15-20 mila saranno extracomunitari e la metà di questi saranno musulmani di dubbia provenienza come minimo dovremmo ragionarci un attimo! Rumoreggiare di queste cose non mi sembra responsabile (Applausi dei deputati del gruppo della Lega nord Padania)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Guido Giuseppe Rossi. Ne ha facoltà.

GUIDO GIUSEPPE ROSSI. Penso che il tema, di cui ci stiamo occupando, sia assolutamente da approfondire nel nostro dibattito qui in aula. Il collega Bricolo, con il suo emendamento, ha posto una questione a mio avviso degna di attenzione. Si tratta di una questione che si è in parte già proposta durante le discussioni che ci sono state, non in aula ma nel dibattito della vita politica di questo paese, sulla concessione del voto agli immigrati o, meglio, agli stranieri, cioè a quella parte della popolazione che non ha la cittadinanza italiana, e che riguarda il rapporto che esiste tra lo status di cittadino e tutta una serie di diritti e di doveri, che tale status attribuisce ha chi ha appunto la qualifica di cittadino.
Sulla questione del voto è stato detto molto. Sulla questione dell'espletamento del servizio militare, ovviamente, rispetto ad alcuni anni fa, vi è un cambio di prospettiva: nel passato, essere cittadini italiani di sesso maschile voleva dire avere tra i diritti e i doveri anche quello di servire la patria, facendo il servizio militare. Adesso siamo entrati in una nuova fase: dalla ferma obbligatoria - cioè dall'esercito di massa, di origine rivoluzionaria (dalla rivoluzione francese in poi si è delineata tale concezione) - si torna ad una concezione di tipo volontaristico, per quanto riguarda le Forze armate. Il rapporto però tra la cittadinanza e la prestazione del servizio militare è un tema che comunque continua ad esserci, anche se non c'è più la ferma obbligatoria. Ritengo, dunque, che sia un tema importante sul quale riflettere il fatto che sia stata introdotta, in maniera a mio avviso poco ponderata, la possibilità per gli apolidi o gli stranieri (cioè parte della popolazione non avente appunto la cittadinanza italiana) di prestare il servizio militare volontario.
Nel suo intervento, l'onorevole Ascierto ci dice che l'inserimento del comma 2 da parte della Commissione presenta due finalità: una di tipo quantitativo, perché è difficile trovare volontari che mettono la firma per essere militari professionisti; l'altra che fa riferimento invece ad una sorta di rapporto privilegiato con degli stranieri che tanto stranieri non sono - e su questo siamo assolutamente d'accordo -, in quanto discendenti di cittadini italiani, emigrati per diversi motivi in altri


Pag. 34

paesi, tra cui l'Argentina. Si tratta di due motivazioni certamente interessanti, ma che possono essere sicuramente controbattute, perché se vogliamo creare un canale preferenziale con questo tipo di stranieri, i quali - ripeto - tanto stranieri non sono, allora creiamo dei canali preferenziali per far avere loro subito e velocemente la cittadinanza italiana. In questo modo, si salvaguarderebbe il principio in base al quale per svolgere il servizio all'interno delle Forze armate occorre avere lo status di cittadino e allo stesso tempo si stabilirebbe un canale privilegiato, come fanno altri Stati europei (ma non solo), nei confronti di cittadini che nei secoli passati o nei decenni passati, per diversi motivi, sono emigrati in altri Stati.
Per quanto riguarda la questione degli istriani, anche se si tratta di una questione molto accattivante da un certo punto di vista storico, tuttavia anche in questo caso penso non si possa prescindere dal concetto di cittadinanza ed anche dal fatto che tra due anni la Slovenia entrerà nell'Unione europea - e dunque le possibilità di contatto saranno molto facilitate -, mentre la stessa Croazia sta avviandosi in tal senso. Pertanto dobbiamo essere molto chiari e molto precisi. Il paragone con gli esempi degli altri paesi europei o extraeuropei non può essere fatto, perché tali paesi hanno una tradizione colonialista da cui attingono le loro Forze armate non nazionali; si tratta di corpi composti da stranieri: nell'esercito inglese, i gurkha; nell'esercito francese, la legione straniera; in Spagna, la legione straniera spagnola. L'Italia invece non ha questa tradizione colonialista e dunque questo paragone non può essere fatto.
L'ultima considerazione che vorrei fare è nei riguardi della sinistra, che è passata incredibilmente da posizioni pacifiste e antimilitariste a propugnare l'ingresso di cittadini stranieri nelle Forze armate, avallando così il fatto che il nostro paese ha bisogno di questa famosa manodopera extracomunitaria, per fargli fare il servizio militare, per arruolarli come mercenari all'interno del nostro esercito, prefigurando una sorta di legione straniera, che era nei sogni dell'estrema destra più militarista.
Questo è veramente uno dei paradossi che il centrosinistra italiano sta introducendo in questo dibattito.
A mio avviso, sarebbe dunque utile tornare al testo originario della Commissione, affinché questo delicatissimo tema, che l'onorevole Bricolo e il gruppo parlamentare della Lega nord Padania hanno sollevato con i propri emendamenti, possa essere approfondito in maniera molto più meditata; infatti, si tratta dei pilastri sui quali si basa lo Stato.
Affidare ai cittadini la difesa del territorio e l'utilizzo delle Forze armate, cioè il monopolio dell'uso della forza, è un tema che, a mio avviso, non può essere liquidato attraverso un emendamento in Commissione (Applausi dei deputati del gruppo della Lega nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Minniti. Ne ha facoltà.

MARCO MINNITI. Signor Presidente, anche se gli altri colleghi interverranno per illustrare i vari emendamenti, mi sembra opportuno intervenire a questo punto del dibattito.
Sinceramente, non comprendo l'enfasi che i colleghi della Lega hanno posto sulla questione attualmente all'esame dell'Assemblea. Avrei compreso un elemento di preoccupazione qualora ci fossimo trovati di fronte ad un'apertura nei confronti di cittadini non italiani immigrati all'interno delle Forze armate del nostro paese. Ma - cari colleghi della Lega - l'emendamento è diventato importante perché proprio voi l'avete fatto diventare tale.
L'emendamento prevede in sostanza che, per coloro che hanno ascendenza diretta con cittadini italiani - cioè i figli o i nipoti di italiani -, è possibile partecipare ai concorsi per l'arruolamento come volontari nelle Forze armate italiane. Cosa c'entra questo - lo dico con grande pacatezza, ma invitandovi anche ad un ragionamento - con altre discussioni?
A mio avviso, si tratta invece, di un importante passo in avanti verso quello


Pag. 35

che anche voi avete riconosciuto essere un elemento fondamentale di integrazione, che altre grandi democrazie hanno praticato e continuano a praticare.
Nel nostro disegno di legge sul riconoscimento del voto amministrativo agli immigrati, abbiamo esplicitamente affrontato questo tema, prevedendo esplicitamente che l'accesso al voto amministrativo non significa la possibilità di arruolamento per quanto riguarda le forze di polizia e le Forze armate. Se avessimo voluto aggirare quel principio, l'avremmo fatto in quella sede, non è questo il problema!
Tuttavia, cari colleghi, non sfugge ad alcuno che le Forze armate, in altri paesi, hanno costituito storicamente un principio di integrazione. A mio avviso, tale questione non può essere - tra virgolette - cancellata con un tratto di penna, in quanto su ciò occorre riflettere. Questo significa un'altra cosa rispetto a quanto proposto, ad esempio, dal ministro Martino.
Personalmente, sono profondamente contrario alle brigate nazionali di altre nazioni nel nostro esercito. Non mi convince la brigata albanese, non mi convincerebbe qualsiasi altra brigata che avesse il carattere nazionale all'interno dell'esercito italiano, in quanto si tratterebbe di una proposta di sapore neocoloniale, si tratterebbe di un segnale di arretramento complessivo.
Tuttavia, è evidente che il principio con il quale ci approcciamo a questa tematica è radicalmente diverso: non un rigurgito di neocolonialismo, ma una moderna visione dell'integrazione, che è vista positivamente sulla base di esperienze di altre grandi democrazie europee ed extraeuropee.
Per queste ragioni, riterrei opportuno chiamare le cose con il loro nome. L'emendamento accolto in Commissione, sulla possibilità che discendenti diretti di cittadini italiani possano svolgere il servizio militare volontario nel nostro paese, non è una rivoluzione né tanto meno uno scossone: è soltanto un piccolo passo che, a mio avviso, procede nella giusta direzione.

PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di parlare sull'articolo 4 e sulle proposte emendative ad esso presentate, invito il relatore di esprimere il parere della Commissione.

PIERFRANCESCO EMILIO ROMANO GAMBA, Relatore. Esprimo parere contrario sull'emendamento Deiana 4.5, sugli identici emendamenti Ruzzante 4.1 e Cima 4.2 e sull'emendamento Deiana 4.6; esprimo parere favorevole sull'emendamento Ruzzante 4.7; invito il presentatore a ritirare gli emendamenti Bricolo 4.3 e Bricolo e 4.4.

PRESIDENTE. Nel caso l'invito al ritiro non sia accolto, immagino che il parere sia negativo. Il Governo?

SALVATORE CICU, Sottosegretario di Stato alla difesa. Il Governo si conforma al parere del relatore.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Deiana 4.5, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 421
Votanti 418
Astenuti 3
Maggioranza 210
Hanno votato
190
Hanno votato
no 228).

Prendo atto che l'onorevole Montecuollo non è riuscito a votare.
Passiamo agli identici emendamenti Ruzzante 4.1 e Cima 4.2.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ruzzante. Ne ha facoltà.

PIERO RUZZANTE. Signor Presidente, richiamo l'attenzione dell'Assemblea sul


Pag. 36

l'emendamento in esame che riguarda un tema sul quale la Camera ha più volte discusso: si tratta di una richiesta rivolta dall'Organizzazione delle Nazioni Unite a tutti i paesi del mondo, affinché vi sia una protezione speciale nei confronti dei minorenni relativamente all'arruolamento e al rapporto con le forze armate.
È una questione che attiene all'uso dei bambini soldato e che riguarda in particolar modo alcune aree del nostro pianeta, in cui sono stati utilizzati da Forze armate regolari ed irregolari bambini fino ad otto anni di età. Si tratta purtroppo di storie drammatiche, che sono state più volte riportate anche dai nostri mass media.
Su questo argomento, il nostro Parlamento ha già legiferato attraverso l'approvazione, nella scorsa legislatura, della legge n. 2 del 2001, che ha abrogato l'articolo 3 della legge n. 191 del 1975, il quale prevedeva la possibilità di arruolamento nel nostro paese di ragazzi di diciassette anni. È stata altresì approvata, in questa legislatura, su proposta del Governo Berlusconi, la legge n. 46 del 2002, con la quale è stato ratificato il protocollo opzionale alla Convenzione dei diritti del fanciullo, concernente il coinvolgimento dei bambini nei conflitti armati. Tale protocollo invita gli Stati aderenti - sono oltre 90 - ad operare per cancellare l'utilizzo di ragazzi minorenni nell'ambito delle Forze armate.
Ritengo ci si trovi di fronte ad una contraddizione. Proprio in questi giorni si è svolto su questo tema un seminario promosso dalla direzione generale della cooperazione allo sviluppo del Ministero degli affari esteri, e dunque dallo stesso Governo che ha proposto il disegno di legge in esame in cui si prevede nuovamente la possibilità di arruolare i nostri giovani a diciassette anni (stiamo parlando di un servizio non più di leva e obbligatorio, ma volontario).
Tale seminario, tenutosi presso l'Istituto degli Innocenti di Firenze, si è concluso con un documento che contrasta con il disegno di legge. Quest'ultimo prevede, in particolare, la possibilità di reclutare diciassettenni nei concorsi per volontari in ferma prefissata di un anno, e si scontra con la volontà già espressa dal Parlamento attraverso la ratifica del protocollo opzionale alla Convenzione sui diritti dell'infanzia, concernente il coinvolgimento dei minori nei conflitti armati.
Va inoltre fatto notare, dal momento che questo Parlamento si è più volte dimostrato sensibile anche ai richiami del mondo cattolico, che esiste una coalizione italiana, «Stop all'uso dei bambini soldato», che ha raccolto oltre 300 mila firme che sono state consegnate al Presidente della Repubblica.
Di questa coalizione fanno parte importanti associazioni come Amnesty International, UNICEF, Telefono azzurro, Save the children e molte altre che, in questi giorni, hanno preso posizione in maniera nettamente contraria rispetto al contenuto di questo disegno di legge. Non credo si possa essere sensibili al messaggi del mondo cattolico a corrente alternata. Mi piacerebbe sapere anche quale sia l'opinione della Commissione bicamerale per l'infanzia, composta da rappresentanti della Camera e del Senato che sono sempre stati sensibili a questo tema.
Vorrei che ci fosse un po' di attenzione sul problema. A 17 anni, in questo paese, non è consentito guidare un autoveicolo, perché non è consentito ottenere la patente. Non è consentito sposarsi senza l'autorizzazione dei genitori. Ad un diciassettenne non è consentito il porto d'armi. Non è consentito neanche esprimersi attraverso il voto nelle elezioni politiche o amministrative. Credo che scegliere di tornare indietro rispetto a qualcosa che il Parlamento ha già votato rappresenti una posizione di arretramento.
Dal momento che questa contestazione è stata avanzata nell'ambito della discussione in Commissione difesa, tengo a precisare che il tema non riguarda assolutamente le scuole militari, tanto che all'articolo 3 del protocollo che abbiamo votato risulta molto chiaramente come l'obbligo di fissare l'età minima dell'arruolamento volontario oltre il diciottesimo anno di età


Pag. 37

non si applichi agli istituti scolastici posti sotto l'amministrazione o il controllo delle Forze armate.
Signor Presidente, concludo ricordando che su questo articolo c'è la possibilità di tornare al limite di 18 anni, tenendo presente che in quest'aula, oltretutto, il Governo ha accolto un mio ordine del giorno che impegnava il Governo ad applicare rigorosamente la legge n. 2 del 2001 che vieta ai minori di 18 anni di arruolarsi nell'esercito, anche su base volontaria. Abbiamo votato tutti insieme: 379 a favore, 27 contrari, 2 astenuti. Quindi, c'è un impegno anche attraverso l'accoglimento di un ordine del giorno.
Riproporrò il tema anche all'articolo 9, con un punto di mediazione. Vorrei anche precisare che emendamenti analoghi in Commissione difesa sono stati presentati anche dall'onorevole Cossiga, che non vedo in questo momento in aula. Lo dico per far comprendere come questa battaglia per l'innalzamento del limite a 18 anni di età possa essere condivisa almeno da una parte dei colleghi della maggioranza.
Ovviamente, non abbiamo una posizione contraria o precostituita rispetto al fatto che a 17 anni un giovane possa inoltrare domanda. Il problema è che l'arruolamento effettivo deve avvenire dopo il compimento del diciottesimo anno di età.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Molinari. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE MOLINARI. Signor Presidente, i deputati del gruppo della Margherita sosterranno questo emendamento e esprimeranno voto favorevole. Ci rivolgiamo anche ai gruppi della maggioranza per le ragioni poc'anzi esposte dall'onorevole Ruzzante.
L'emendamento intende soprattutto rafforzare il divieto che impone agli eserciti di non inquadrare ragazzi al di sotto dei 18 anni. È un'occasione importante che deve imporre alle nostre Forze armate di distinguersi positivamente, in conformità con tutti i deliberati internazionali. Proponiamo, dunque, che le parole «diciassette anni» vengano sostituite con le parole «diciotto anni».
Questo non significa minimamente intaccare le scuole di guerra ma significa evitare l'addestramento per i minorenni, allineandosi con quanto previsto anche a livello internazionale.

PIERFRANCESCO EMILIO ROMANO GAMBA, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PIERFRANCESCO EMILIO ROMANO GAMBA, Relatore. Signor Presidente, intervengo su questa vicenda, che ha molto impegnato la Commissione relativamente al requisito del compimento del diciassettesimo anno di età piuttosto che del diciottesimo. Vorrei chiarire ulteriormente quello che è stato l'orientamento accolto dalla Commissione, vale a dire il mantenimento del limite dei 17 anni fra i requisiti per la partecipazione ai concorsi per la ferma prefissata volontaria annuale e, quindi, per il successivo transito in quella quadriennale.
Tutto questo in quanto si è cercato di andare incontro alle diverse esigenze che venivano rappresentate, attraverso il recepimento di un emendamento da parte del relatore che vi parla, con il testo di quello che ora costituisce l'articolo 9 del provvedimento in esame. Da un lato, vi era quella di far salve le precedenti deliberazioni di questa Camera, su cui tornerò immediatamente, ossia quelle relative alla ratifica dei protocolli finalizzati all'esclusione dell'utilizzo dei bambini, dei fanciulli, nei conflitti armati: come è di tutta evidenza, si tratta di temi che non hanno strettamente a che fare con il reclutamento nelle forze armate, ma con questioni molto diverse e più preoccupanti. Dall'altra parte vi era, viceversa, quella delle stesse Forze armate in relazione alla futura predisposizione del meccanismo dei volontari in ferma prefissata che necessita anche di valutare gli aspetti relativi ai tempi necessari all'espletamento degli stessi concorsi, all'addestramento e alla


Pag. 38

formazione di questo personale, che soltanto in tempi successivi arriva ad essere pronto per l'attività operativa.
Quindi, è stato fatto salvo, come dicevo, il requisito del compimento del diciassettesimo anno di età. Tra l'altro, ricordo che questo è previsto per il reclutamento nell'Arma dei carabinieri e in altre situazioni come quelle riferite alle scuole militari, che evidentemente non possono prevedere un innalzamento dell'età perché si rifanno ad un periodo scolastico che coincide con gli attuali ordinamenti dei licei. Inoltre ciò si riferisce ed anche al fatto che, viceversa, rispetto a quanto è stato sostenuto dai colleghi dell'opposizione e in particolare dall'onorevole Ruzzante, il Governo ha sì accolto un ordine del giorno nella seduta del 20 febbraio 2002 che lo impegnava a predisporre provvedimenti attuativi in ordine alla ratifica del protocollo di New York del 6 settembre 2000, che si riferisce al divieto dell'utilizzo dei bambini nei conflitti armati ed anche al divieto di arruolare nell'esercito minori di 18 anni, ma questo termine fa riferimento all'arruolamento e, segnatamente, solo per quanto riguarda l'esercito, non le Forze armate nel loro complesso, quindi non alla marina o all'aeronautica, ed inoltre il termine arruolamento era evidentemente riferito al sistema della leva.
Nel testo della proposta di legge che è attualmente all'esame dell'Assemblea, invece, si parla di reclutamento, cosa che non soltanto è diversa in termini puramente formali, ma che, appunto, si indirizza alle attività necessarie a portare il volontario, in questo caso, alla piena incorporazione e all'utilizzo nell'ambito degli impieghi operativi.
L'articolo 9, attualmente previsto nel testo, come ricordavo, subordina l'utilizzo in attività operative degli eventuali soggetti reclutati sino al compimento del diciottesimo anno di età. In qualche modo, quindi, si è fatto salvo quanto era espresso nelle preoccupazioni ribadite da alcuni esponenti dell'opposizione conciliandolo, invece, con le esigenze di addestramento, formazione e partecipazione ai concorsi che risultano quanto più pressanti nell'ambito del passaggio al sistema alle Forze armate pienamente volontarie su base professionale.
Prevedere l'innalzamento anche a 18 anni come requisito solo per la partecipazione al concorso comporterebbe, tra l'altro, un ulteriore slittamento per il passaggio successivo dopo le ferme eventualmente annuali e quadriennali ai livelli iniziali delle carriere dei carabinieri, della Guardia di finanza, della Polizia di Stato e degli altri corpi di polizia ad ordinamento civile e militare con evidenti conseguenze negative su tutto il percorso che è stato previsto per favorire una linearità e una alimentazione dei volontari, sia per quanto riguarda le Forze armate che per i corpi di polizia, che non lasciassero adito a possibili incertezze. Oltre a ciò, è ancor più evidente l'incidenza negativa che avrebbe un innalzamento ulteriore dell'età solo per la partecipazione ai concorsi anche dal punto di vista occupazionale, il che sono sicuro non trova privi di preoccupazione molti dei componenti di quest'aula.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Signor Presidente, il gruppo dei Verdi ha presentato l'emendamento 4.2, che reca la prima firma dell'onorevole Cima, che è identico all'emendamento 4.1, a prima firma dell'onorevole Ruzzante, intervenuto poco fa sul medesimo per esprimere la sua dichiarazione di voto.
Mi richiamo alle motivazioni che lo stesso ha espresso nel corso del suo intervento e che sono state richiamate anche dal collega Molinari per invitare i colleghi ad esprimere un voto favorevole sugli identici emendamenti in esame.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Ruzzante 4.1 e Cima 4.2,


Pag. 39

non accettati dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 435
Votanti 431
Astenuti 4
Maggioranza 216
Hanno votato
205
Hanno votato
no 226).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Deiana 4.6, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 432
Votanti 429
Astenuti 3
Maggioranza 215
Hanno votato
196
Hanno votato
no 233).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Ruzzante 4.7.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ruzzante. Ne ha facoltà.

PIERO RUZZANTE. Signor Presidente, la Commissione ha ritenuto opportuno aggiungere tra i requisiti per il reclutamento dei volontari in ferma prefissata di un anno del testo del disegno di legge del Governo quello concernente l'esito negativo dei test sierologici per l'accertamento della tossicodipendenza. Ritengo che occorra aggiungere a tale giusto requisito quello relativo all'abuso sistematico di alcool. Non lo dico casualmente: purtroppo, in moltissimi casi si sono verificati incidenti stradali nell'ambito delle nostre Forze armate ed il collegamento tra incidenti stradali ed abuso sistematico di bevande alcoliche è assolutamente connesso. Spero, pertanto, che questo piccolo emendamento venga approvato perché si consentirebbe forse di precisare meglio gli accertamenti che devono essere compiuti per garantire i test di idoneità.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Ruzzante 4.7, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 431
Votanti 420
Astenuti 11
Maggioranza 211
Hanno votato
414
Hanno votato
no 6).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Bricolo 4.3.
Chiedo ai presentatori se accedano all'invito a ritirare l'emendamento, formulato dal relatore.

LUCIANO DUSSIN. No, signor Presidente, e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUCIANO DUSSIN. Signor Presidente, ho ascoltato con attenzione gli interventi dei colleghi del gruppo di Alleanza nazionale e dell'onorevole Minniti, ma francamente non mi hanno convinto. Un conto è esprimere determinati sentimenti, un conto è scrivere ed approvare una legge.
Con questo comma, tra l'altro, si deroga al concetto di cittadinanza con riferimento alla possibilità che un soggetto possa ricoprire determinati ruoli all'interno delle Forze armate e della polizia. Questo comma, che vogliamo abrogare, in effetti consente a chi non è ancora cittadino


Pag. 40

italiano (e vi sono anche probabilità che non lo sarà mai) di accedere all'impiego nelle Forze armate e in quelle della polizia.
Il secondo comma dell'articolo 4 del provvedimento in esame risulta del seguente tenore: il requisito della cittadinanza non è richiesto allo straniero o all'apolide del quale il padre o la madre o uno degli ascendenti in linea retta di secondo grado sono stati cittadini per nascita ai sensi dell'articolo 4, comma 1, lettera a), della legge 5 febbraio 1992, n. 91. È vero che questi sono i requisiti per ottenere la cittadinanza italiana, ma è anche vero che secondo le disposizioni di quella legge allo straniero e all'apolide si richiedono 3 anni di residenza nel paese prima di ottenere la cittadinanza.
In tale caso, il requisito della cittadinanza non è richiesto se il soggetto dichiara preventivamente di voler acquistare la cittadinanza italiana. Allora mi domando: quando presenterà la domanda per acquisire la cittadinanza italiana? Fra un anno? Fra cinque anni? Quando andrà in pensione? Lo lasciamo nel limbo per dieci, quindici anni? Chiunque legga il testo concorderà con il sottoscritto sul fatto che ciò non è assolutamente chiaro. Pertanto, secondo noi non basta la richiesta per ottenere la cittadinanza italiana, ma bisogna continuare ad essere cittadini italiani. Se si ha il diritto, nulla vieta che si possa presentare la richiesta.
Si potrebbe anche studiare un modo perché le domande abbiano un canale privilegiato e sia concessa in tempo reale la residenza a chi chiede di fare il militare in Italia, pur non essendo ancora cittadino italiano; in tal modo si risolverà il problema. Non si capiscono queste accelerazioni.
Potrebbe benissimo succedere che qualcuno faccia la richiesta per avere la cittadinanza italiana e, nel mentre, è assunto nelle forze dell'ordine; dopo due, tre o quattro anni, questi sono i tempi della nostra burocrazia, gli viene respinta la richiesta per ottenere la cittadinanza, perché quello che abbiamo visto prima, il fatto di avere un ascendente o meno, è una parte dei requisiti che occorre avere per ottenerla. Un domani, magari, sarà negata la cittadinanza italiana a qualcuno che è qui nel nostro paese da quattro anni, che ha fatto il militare, il poliziotto e quant'altro.
Mi sembra che siamo andati al di fuori del seminato: ripeto ancora che il senso del nostro emendamento è volto a distinguere definitivamente quelli che sono i sentimenti che possono essere assolutamente compresi anche da noi, dalle leggi, dal momento che queste ultime aprono tali scenari.
Per noi non è possibile derogare allo status della cittadinanza per accedere alle forze armate o al servizio di polizia. L'Assemblea rimane tuttavia sovrana e libera di votare quello che decide di votare; tuttavia, a nostro avviso, il problema rimane.
Per questa ragione, abbiamo presentato l'emendamento soppressivo del comma 2, perché riteniamo che vi sia il problema della cittadinanza, ma soprattutto perché se un soggetto dichiara preventivamente di voler acquistare la cittadinanza, non ha tempo per presentare la domanda. Potremmo benissimo trovarci di fronte ad uno che presenta una domanda e tra dieci anni non potremo dirgli nulla!

PIERFRANCESCO EMILIO ROMANO GAMBA, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PIERFRANCESCO EMILIO ROMANO GAMBA, Relatore. Signor Presidente, onorevoli colleghi, non vi è dubbio che questa norma, che è stata inserita attraverso un emendamento del relatore che vi parla, a seguito della riformulazione di altri emendamenti che erano stati presentati da componenti della Commissione difesa di Forza Italia e di Alleanza nazionale, abbia suscitato francamente un dibattito che mi sembra ultroneo rispetto alla reale portata del contenuto della norma.
Non si tratta assolutamente, vorrei precisarlo in maniera recisa, di addentrarsi nel dibattito che pure, in altra occasione,


Pag. 41

ed anche in questa, è stato richiamato riguardo alla possibilità futura, che anche autorevoli esponenti della maggioranza avevano in passato previsto come ipotesi di studio, della creazione di reparti appartenenti alle forze armate dello Stato di cittadinanza straniera. In questo caso, si è trattato semplicemente di rendere efficace ed applicabile una norma che esiste dal 1992 e che è contenuta nella normativa per l'acquisto della cittadinanza, - la legge 5 febbraio 1992, n. 91 -, che, all'articolo 4, prevede i casi nei quali gli apolidi e i cittadini stranieri, che abbiano ascendenti di cittadinanza italiana per nascita, - va sottolineato quindi il fatto che non abbiano acquistato la cittadinanza successivamente per concessione - e segnatamente uno almeno dei genitori o un ascendente di secondo grado in linea diretta, praticamente un nonno, (in pratica, stranieri o apolidi che siano di origine italiana: tutti noi sappiamo quanti siano nelle occasioni in cui si è dibattuto delle norme sugli italiani all'estero), abbiano, come già previsto, prestando servizio effettivo militare nelle forze armate italiane, e dichiarando preventivamente di voler acquistare la cittadinanza, tale possibilità.
Questa norma, esistente nel nostro ordinamento sin dal 1992, ha registrato una scarsa applicazione proprio perché il sistema della leva si riferiva come obbligo politico e civile per coloro che sono già cittadini; viceversa non era prevista, se non negli ultimi anni, la forma di reclutamento volontario, per coloro che fossero già cittadini.
Si tratta, quindi, di rendere applicabile ed efficace una norma che c'è e di adeguarla al nuovo sistema delle Forze armate su base volontaria e professionale.
Bisogna anche chiarire, una volta per tutte, che non ci si riferisce a persone appartenenti alle più diverse nazionalità ed etnie, ma viceversa a persone che sono di nazionalità sostanzialmente italiana e che non hanno avuto sino ad ora la possibilità di acquistare la cittadinanza del nostro paese, della nostra patria. È sin troppo facile, ma è giusto il riferimento alle migliaia di nostri compatrioti, per non dire concittadini, di origine italiana dell'Argentina, del Brasile, degli Stati Uniti, del Canada, ma anche - e credo non possano essere dimenticati - agli istriani, ai giuliani, ai dalmati, i cui nonni avevano la cittadinanza italiana - perché quei territori, come è noto, appartenevano all'Italia - e, a seguito delle disgraziate vicende della seconda guerra mondiale e del passaggio di quei territori ad altri Stati, non hanno potuto vedere coincidere la propria cittadinanza con la propria nazionalità. In molti casi, si tratta - lo sappiamo benissimo - di persone che hanno uno spirito ed una italianità superiore a quella di molti cittadini residenti nel nostro paese.
Per queste ragioni, il relatore ritiene di reiterare l'invito rivolto ai colleghi della Lega di ritirare questi due emendamenti, perché non dobbiamo montare un caso su una situazione che nulla ha a che fare con la preoccupazione - peraltro legittima - dei colleghi della Lega su futuri scenari relativi all'arruolamento di stranieri o di musulmani o di altre persone particolari.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Signor Presidente, sarò brevissimo. Ho ascoltato con attenzione il relatore Gamba poco fa e mi pare, sia pure dall'opposizione, di poter condividere le sue considerazioni, come del resto avevo condiviso, ascoltandolo durante il dibattito sul complesso degli emendamenti, l'intervento del collega Minniti. Richiamo quindi le motivazioni dei colleghi Minniti e Gamba ed invito l'Assemblea a votare contro gli emendamenti Bricolo 4.3 e 4.4.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ruzzante. Ne ha facoltà.

PIERO RUZZANTE. Signor Presidente, interverrò molto rapidamente perché su questo punto era già intervenuto l'onorevole Minniti e tutto sommato, in questo


Pag. 42

caso, mi trovo assolutamente d'accordo con le considerazioni e le valutazioni espresse dal relatore, onorevole Gamba.
Noi consideriamo il comma 2, introdotto in Commissione difesa, un passo in avanti nel processo di integrazione, perché comunque stiamo parlando di cittadini che non sono italiani, anche se, ovviamente, il testo proposto dal relatore si riferisce a cittadini non residenti in Italia, ma che hanno comunque il padre o la madre o uno degli ascendenti in linea retta di secondo grado che sono stati cittadini italiani per nascita. Riteniamo che questo vada nella linea assunta già da altri paesi europei.
Abbiamo già chiarito che non saremmo d'accordo sull'ipotesi di stampo neocolonialista di realizzare una brigata di albanesi o altre forme di questo tipo, giacché essa non rappresenterebbe un percorso di integrazione, ma semmai di ghettizzazione o di separazione.
C'è un dibattito politico in corso nel paese che riguarda, questo sì, il diritto al voto per i cittadini extracomunitari residenti da un certo numero di anni nel nostro paese e, quindi, riteniamo non vi sarebbe nulla di scandaloso se un domani si aprisse anche una eventuale discussione sul diritto di accesso alla carriera militare.
Concludendo, vorrei però sottolineare che, su questo tema, per l'ennesima volta - infatti non è la prima volta che accade nei dibattiti parlamentari - ci troviamo di fronte ad un gruppo parlamentare della maggioranza, il gruppo della Lega nord, assolutamente isolato rispetto ai colleghi della maggioranza e isolato rispetto alle posizioni dell'opposizione. Non posso che ribadire il nostro voto contrario su questo emendamento ed anche su quello successivo.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Bricolo 4.3, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 425
Votanti 420
Astenuti 5
Maggioranza 211
Hanno votato
23
Hanno votato
no 397).

Prendo atto che i presentatori dell'emendamento Bricolo 4.4 non accettano l'invito al ritiro.
Indico la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Bricolo 4.4, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 416
Votanti 408
Astenuti 8
Maggioranza 205
Hanno votato
28
Hanno votato
no 380).

Passiamo alla votazione dell'articolo 4.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bricolo. Ne ha facoltà.

FEDERICO BRICOLO. Signor Presidente, intervengo per annunciare la posizione di astensione del mio gruppo sull'articolo 4, al fine di ribadire la posizione che abbiamo tenuto sulle proposte emendative da noi presentate.
Evidentemente, non è stata colta l'importanza che, nel futuro, il provvedimento in esame avrà nel nostro paese. Si passa da un esercito di leva obbligatoria ad un esercito professionistico. I militari avranno compiti di grande responsabilità nel nostro paese; ci rappresenteranno all'estero in missione di pace, avranno compiti anche molto rischiosi. Saranno chiamati a rischiare anche la propria vita per difendere i nostri interessi.


Pag. 43


Credo che ai colleghi parlamentari presenti in quest'aula non sfugga che poche centinaia di euro non possono motivare un militare a rischiare la propria vita per difendere interessi che non sono suoi, che non sono del suo paese. Credo sia importante riflettere su ciò e considerare tutte le relative ripercussioni. Occorre ribadire che il requisito fondamentale per poter svolgere il servizio militare nel nostro paese è quello di essere cittadino italiano, come originariamente il Governo aveva previsto nel disegno di legge che aveva licenziato; è un concetto fondamentale per tutte le azioni che questo esercito sarà chiamato a compiere nel prossimo futuro. Chiedere di assumere responsabilità così importanti a persone che non rappresentano il nostro territorio, che non si sentono a casa propria nel nostro paese credo sia assolutamente sbagliato. Su tale articolo, dunque, assumeremo una posizione di astensione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ruzzante. Ne ha facoltà.

PIERO RUZZANTE. Signor Presidente, esprimeremo un voto a favore dell'articolo in esame perché non vogliamo che la nostra posizione sia confusa con quella del gruppo della Lega, nonostante vi sia il punto riguardante il diciottesimo anno di età che - lo abbiamo chiarito durante il dibattito - non condividiamo e su quale ritorneremo nel corso dell'esame dell'articolo 9.
Vorrei far notare al collega Bricolo che, se il suo pensiero venisse applicato nel pianeta, dovremmo sciogliere l'esercito americano, l'esercito francese e l'esercito inglese che, da tempo, utilizzano moltissimi di questi militari non residenti - lo ripeto - non residenti e non cittadini di quei paesi. Essi partecipano anche alle missioni militari di pace e non solo, nelle quali questi eserciti sono impegnati in tutto il mondo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Dario Galli. Ne ha facoltà.

DARIO GALLI. Signor Presidente, vorrei ricordare al collega Ruzzante che, se così fosse, dovrebbe votare a favore di quest'articolo (Commenti). Infatti, credo che il primo ad essere contento della distruzione dell'esercito americano sarebbe lui.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Landi di Chiavenna. Ne ha facoltà.

GIAN PAOLO LANDI di CHIAVENNA. Signor Presidente, vorrei intervenire brevemente e con pacatezza. Credo che da questo dibattito emergano due questioni. Il concetto stesso di professionalità (lo dico con molta simpatia ai collegi della Lega) dovrebbe garantire - e garantirà, evidentemente - che questo percorso di inserimento nell'esercito avvenga anche attraverso la cosiddetta fidelizzazione nei confronti dell'entità nazionale verso la quale voi, invece, in qualche modo, esprimente diffidenze.
È proprio il concetto di professionalità che, a mio avviso, andrà a garantire un percorso di inserimento; quella che questi apolidi o comunque questi cittadini che, per via dei propri ascendenti, hanno un riferimento con lo Stato italiano potranno dare sarà una garanzia di partecipazione all'attività vera di un esercito professionista.
Non credo - e lo dico anche con riferimento alla polemica sul voto che è stata in qualche modo evocata anche da altri colleghi della Lega nord Padania - che la semplice esibizione del certificato di cittadinanza possa garantire quel concetto di identità cui fate riferimento con tanto calore e con tanto fervore. Qui il problema è, evidentemente, quello di partecipare alle sorti del nostro paese e di sentirsi legati all'identità culturale, sociale e professionale della nostra nazione. Ritengo che il concetto di professionalità sia un elemento che garantisce sicuramente il percorso di inserimento di queste persone anche nella struttura di un esercito professionale.


Pag. 44


Credo che la vostra battaglia sia legittima dal vostro punto di vista, ma non adeguatamente motivata per poter convincere anche l'elettorato del centrodestra e, in questo caso, i suoi esponenti, a cambiare idea sull'emendamento da voi presentato. Pertanto, voteremo con convinzione a favore dell'articolo 4.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Luciano Dussin, al quale ricordo che il gruppo della Lega nord Padania ha esaurito i tempi a sua disposizione. Ne ha facoltà.

LUCIANO DUSSIN. Signor Presidente, a titolo personale, in pochi secondi, vorrei dichiarare il mio voto contrario sull'articolo 4 perché non condivido il concetto che basta essere potenzialmente cittadino italiano per svolgere funzioni nell'ambito del nostro esercito e della Polizia di Stato, peraltro semplicemente dichiarando l'intenzione di acquisire - non si sa quando - questa benedetta cittadinanza.
Per questi motivi, il mio voto sarà contrario.

PRESIDENTE. Altri desiderano parlare per dichiarazione di voto (lo chiedo perché è la terza volta che sto per mettere in votazione l'articolo)?
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 4, nel testo emendato.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 428
Votanti 406
Astenuti 22
Maggioranza 204
Hanno votato
386
Hanno votato
no 20).

Back Index Forward