Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 362 del 25/9/2003
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(Ordinanza del ministro della salute in materia di aggressioni da parte di cani potenzialmente pericolosi - n. 2-00899)

PRESIDENTE. L'onorevole Zanella ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00899 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 6).

LUANA ZANELLA. Signor Presidente, innanzitutto condividiamo la necessità di contrastare il fenomeno preoccupante delle aggressioni di cui si sono resi protagonisti diversi animali nelle ultime settimane. La stampa è stata letteralmente riempita da notizie in cui il protagonista principale era il famoso pit bull. Tuttavia, non possiamo non rilevare che, ancora una volta, si interviene in modo emergenziale senza, invece, una prospettiva strutturale. Si tratta, ahinoi, di una caratteristica di questo come di altri interventi del Governo.
Va anche detto che è compito del legislatore mettere mano ad una carenza e ad un vuoto legislativo per fare fronte ad emergenze e situazioni estreme come quelle verificatesi nell'ultimo periodo. Mi auguro - lo dico più che al Governo ai colleghi ed alle colleghe - che si riprenda l'iter parlamentare della legge tesa a condannare i maltrattamenti degli animali ed a dare strumenti per la repressione dei combattimenti tra cani. Mi riferisco anche a tutte quelle pratiche malavitose che utilizzano l'animale come fonte di illecito profitto con conseguenti incrementi dei redditi della camorra e della mafia ed


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anche con incrementi inauditi di atteggiamenti di violenza degli umani contro gli animali.
Quindi, fatta salva la suddetta preoccupazione del Governo che condividiamo, non possiamo fare a meno che pensare, innanzitutto, alle vittime di tali episodi ed esprimere la nostra vicinanza ed il nostro impegno perché questi non debbano più aver luogo. Tuttavia, di fronte all'allarme non bisogna farsi prendere dall'allarmismo. Offriamo la nostra collaborazione per uscire da una impasse che l'ordinanza rischia di aggravare.
Uno dei principali limiti del provvedimento è stato rilevato da esperti, da associazioni animaliste e dalla stampa più intelligente che, con qualche difficoltà, si è fatta spazio in questo periodo in cui, invece, ha prevalso la stampa di basso profilo che ha usato gli episodi accaduti per aggravare l'allarme e per drammatizzare i problemi mettendo in un angolo il ragionamento ed il buon senso. Tale limite è costituito dall'elenco delle razze potenzialmente pericolose a cui fa riferimento l'ordinanza. È di ieri la notizia della presa di posizione del procuratore della Repubblica di Roma, Salvatore Vecchione, che afferma che tale ordinanza appare inapplicabile. È pertanto da ritenere che la materia resti regolata dalle disposizioni normative ed amministrative previgenti.
Quindi, ci troviamo di fronte ad un provvedimento che rischia di essere scarsamente efficace per affrontare un problema complicato e quanto mai delicato.
La stessa definizione di razza, come per l'umana specie, è un difficile riferimento scientifico per gli animali, in particolare per i cani. Perché, ad esempio, cosa significa essere di razza pit bull, quando sappiamo che il pit bull è frutto di incroci ed ha una vita relativamente recente (come profilo), in quanto esiste, se non vado errata, da 130 anni. Non è, quindi, un riferimento utile questo dell'elenco delle razze potenzialmente pericolose.
Condividiamo la necessità di introdurre una regola per quanto riguarda la selezione e l'incrocio tra le razze e, dunque, il tentativo, attraverso sperimentazioni, di sviluppare l'aggressività. Tuttavia va detto che è difficile, se non basandosi su dati sperimentali estremamente poco attendibili, definire quale animale sia più aggressivo di un altro e quanto l'aggressività sia determinata geneticamente. Ciò vale sia per gli essere umani sia per gli altri animali. È sufficiente aver avuto un'esperienza diretta sia con le bestie umane, sia con le «bestie-bestie», per capire quanto sia la situazione a rendere aggressivo un animale (o una persona) e soprattutto il tipo di addestramento e le condizioni in cui l'addestramento e l'allevamento è avvenuto.
Abbiamo anche sollevato delle perplessità in ordine all'obbligo dell'uso contestuale del guinzaglio e della museruola per i cani a prescindere - visti gli elenchi - dalla stessa stazza, perché sappiamo che negli elenchi sono compresi animali anche di stazza limitata, quindi di per sé meno pericolosi, mentre non vi sono ricompresi altri, di stazza analoga a quelli che invece sono compresi nell'elenco. Senza considerare poi che lo strumento coercitivo, qual è la museruola, impedisce di fatto all'animale di traspirare, nonché di avere un comportamento consono alla propria natura, inducendo addirittura comportamenti più aggressivi (magari una volta tolta la museruola). Pertanto, tale strumento andrebbe applicato con misura e nei casi in cui si tratta di ambienti e luoghi pubblici molto frequentati, ma anche circoscritti. In positivo si tratterebbe di garantire in ogni città e in ogni quartiere dei luoghi, delle aree verdi, dove gli animali e i loro padroni possano circolare e passeggiare con una certa tranquillità ed un certo agio; si tratta quindi di una questione di organizzazione della vita sociale e della comunità.
Altra considerazione che voglio fare è relativa alla questione dell'assicurazione. Anche se sono convinta che si tratti di una strada da praticare, tuttavia occorre stare attenti, perché a questo punto occorre rendersi garanti che non sia questo un altro possibile meccanismo per incentivare il business e la speculazione. Sappiamo, infatti, quanto le compagnie assicuratrici siano


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al varco per poter fare di ogni umana - ed in questo caso anche non umana - attività una possibile fonte di guadagno. Dobbiamo, inoltre, considerare il fatto che, soprattutto per determinate categorie di persone, l'ipotesi di assicurazione può comportare un costo molto pesante.
Quindi, si tratta anche di controllare i premi assicurativi e di non lasciarli alle possibili decisioni speculative da parte delle compagnie assicurative.
Un altro problema è quello relativo alla sanzione. A nostro avviso, la sanzione penale prevista nel caso di alcune violazioni appare assolutamente sproporzionata, mentre sarebbe possibile lavorare soprattutto per una prevenzione dei comportamenti.
Inoltre, va sottolineato il fatto che non sono tenuti assolutamente in considerazione i possibili pericoli costituiti dai cani pastore e da quelli da caccia, per i quali non è prevista alcuna sanzione.
L'ordinanza emanata comporta moltissimi disagi per i proprietari di cani, rischiando di produrre ben pochi benefici. Chiediamo dunque al ministro se non ritenga opportuno ritirare l'ordinanza per procedere, con il Parlamento, con le categorie e i soggetti interessati, con le associazioni degli animalisti e con quelle dei veterinari, all'elaborazione di un provvedimento di cui sicuramente il paese ha bisogno.
Chiediamo, ad esempio, che insieme si cerchi di stabilire un criterio, per quanto possibile oggettivo, di «potenziale pericolosità», considerando anche la tangibile difficoltà per gli organi competenti di applicare questa normativa proprio in sede di valutazione dell'appartenenza di un animale a categorie considerate potenzialmente aggressive.
Vanno anche evitate misure di tipo punitivo nei confronti sia degli animali sia dei padroni, che di certo non giovano alla costruzione di un rapporto tra persone e animali e tra soggetti proprietari di animali e soggetti che non lo sono.
Nella stragrande maggioranza dei casi, infatti, abbiamo a che fare con soggetti proprietari di cani che non soltanto non arrecano danno, ma che addirittura fanno del bene; infatti, molti sono proprietari di animali abbandonati raccolti dai canili.
Ovviamente, occorrono anche strumenti legislativi che diano la possibilità di agire nel controllo e nella repressione di tutta l'attività legata al mondo della cinomachia e del mercato dei cani, dove occorrerebbe introdurre controlli rigorosi nell'importazione degli stessi, in modo da verificare quanti e quali siano effettivamente gli animali importati rispetto a quelli che invece nascono e vengono allevati in Italia.
È inutile ripetere quanto sia indispensabile dare piena attuazione all'anagrafe canina e attribuire le risorse agli enti locali per applicare la legge sul randagismo.
Ci batteremo anche in sede di legge finanziaria perché i finanziamenti vengano non soltanto garantiti e non distribuiti a pioggia, ma correlati a progetti specifici che, poi, il Governo deve essere in grado di poter anche controllare.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento, senatore Ventucci, ha facoltà di rispondere.

COSIMO VENTUCCI, Sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, l'ordinanza del 9 settembre 2003 per la tutela dell'incolumità pubblica dal rischio di aggressione da parte di cani potenzialmente pericolosi ha un carattere contingibile ed urgente, in quanto si è ritenuto necessario porre un freno al preoccupante fenomeno delle aggressioni da parte di cani potenzialmente pericolosi. L'ordinanza prevede particolari disposizioni e divieti di immediata applicabilità per i cani pitbull, responsabili di numerosi episodi di gravi aggressioni nei confronti dell'uomo; inoltre, estende il suo campo di applicazione ad altri tipi di cani che presentano spiccate attitudini aggressive, da individuarsi tra quelle comprese nei gruppi primo e secondo nella classificazione della federazione cinologica internazionale.


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Pertanto, al momento attuale non è stato redatto alcun elenco di razze, ma presso il Consiglio superiore di sanità è già stata istituita una commissione di esperti che dovrà provvedere, entro breve tempo, all'individuazione delle razze canine potenzialmente pericolose. L'ordinanza ministeriale sarà, quindi, soggetta ad integrazioni ed, eventualmente, a modifiche, apportate sulla base delle determinazioni della suddetta commissione tecnico-scientifica. Relativamente alla polizza di assicurazione prevista all'articolo 2, comma 3, dell'ordinanza, si precisa che la determinazione dei massimali del periodo di durata sono attualmente al vaglio di una specifica commissione presso il Ministero delle attività produttive. È stato inoltre predisposto uno schema di disegno di legge, avente per oggetto la disciplina della detenzione dei cani potenzialmente pericolosi, che affronta in maniera più completa l'argomento che è all'esame degli organi competenti. Onorevole Zanella, mi pare che, da quanto riferito dal Ministero della salute e da ulteriori notizie della stampa, nelle statistiche annuali abbiamo 70 mila casi di morsi canini e i provvedimenti legislativi da assumere, giustamente, necessitano di esperti, studi e commissioni competenti per non emanare provvedimenti nell'onda emozionale del momento.

PRESIDENTE. L'onorevole Zanella ha facoltà di replicare.

LUANA ZANELLA. Non posso dichiararmi pienamente soddisfatta perché la risposta all'interpellanza non ha aggiunto granché rispetto a quello che era già risaputo, a cui ho anche proposto rilievi critici nel corso dell'illustrazione. Comunque, il mio è un atteggiamento sempre costruttivo perché mi rendo conto che il problema non è assolutamente facile da risolvere, anche perché, purtroppo, siamo di fronte ad una carenza normativa. Ricordo al Governo e ai colleghi deputati e deputate che l'iter della legge sul maltrattamento degli animali ha avuto un percorso, a dir poco, quanto mai contorto e, quindi, insieme agli altri colleghi mi assumo, per quanto ci compete, la responsabilità di tutto ciò. Comunque, il Parlamento e il Governo devono anche chiarire gli interessi che muovono contro l'approvazione di una legge che contribuirebbe a far ordine e ad affrontare i problemi che oggi sono stati trattati con uno strumento così inadeguato ed inefficace.
Quanto al dato dei 70 mila morsi, che ancora una volta viene usato in maniera così demagogica, insomma - vivaddio -, capisco che il ministro Sirchia lo citi nella trasmissione Porta a porta. Ma, in quest'aula, chiederei maggiore serietà! Potrei citare, infatti, i morsi dati e registrati nel comune di Venezia. E vorrei anche rendere evidente la ridicola percentuale di morsi da pitbull. Vorrei sottolineare il fatto che gli inesperti confondono i pitbull con altri cani e che i giornalisti fotografano tutti i cani possibili e immaginabili e li identificano come pit bull.
Quindi, dovremmo assumerci la responsabilità di una maggiore competenza e di una maggiore umiltà, anche perché è un problema che non riguarda soltanto l'Italia, essendo stato affrontato - credo male - anche in altri Stati d'Europa, ma che coinvolge un mercato molto interessato alla vendita di animali potenzialmente e simbolicamente aggressivi. Si tratta di un mercato che, da una parte, è malavitoso e, dall'altra, subisce il messaggio di potenza e lo status symbol che, purtroppo, un certo tipo di animale rappresenta. C'è da fare un lavoro che non è soltanto legislativo o di tipo amministrativo. A questo proposito, in alcuni comuni ci sono esempi straordinari. Sono previste consulenze per l'educazione e per l'allevamento degli animali. Tale intervento deve riguardare tutti gli animali e, in particolare, quelli che hanno una certa stazza. Vogliamo parlare dei cavalli? Anche i cavalli, pur essendo animali mitissimi, sono bizzarri e possono essere molti pericolosi. Ne parlo anche per esperienza personale.
Quindi, stiamo attenti ed abbandoniamo questa deriva demagogica e populista, ricordando sempre il nostro dovere


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di amministratori - quando lo siamo - e di legislatori. Ma, soprattutto, ricordiamoci di contribuire alla crescita culturale. E cos'è la crescita culturale per quanto riguarda questo comparto? È la consapevolezza che tutti gli animali e, in particolare, i cani, hanno bisogno, soprattutto, di proprietari consapevoli, di proprietari in grado di rispettare gli animali, prima di tutto, e anche chi con gli animali non ha un rapporto sereno. In genere, sono le regole del buon senso e della civile convivenza che dovrebbero ispirare anche il legislatore e non le regole del facile consenso o della facile rincorsa - spesso in ritardo - dell'emergenza di turno.

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