Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 334 del 3/7/2003
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Svolgimento di interpellanze urgenti.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Iniziative del Governo a fronte della presunta ipotesi di decadenza dalla carica in cui si troverebbe il sindaco di Messina - n. 2-00824)

PRESIDENTE. Chiedo all'onorevole Finocchiaro se intenda illustrare l'interpellanza


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Violante n. 2-00824 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 1), di cui è cofirmataria.

ANNA FINOCCHIARO. Mi riservo di intervenire in sede di replica, signor Presidente.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'interno, senatore D'Alì, ha facoltà di rispondere.

ANTONIO D'ALÌ, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, onorevoli deputati, con l'interpellanza urgente all'ordine del giorno, gli onorevoli Violante, Finocchiaro e Lumia affrontano la nota vicenda del sindaco di Messina, condannato, con sentenza di primo grado del 15 febbraio 2002, dal tribunale di quella città, per fatti relativi al periodo in cui lo stesso ricopriva la carica di presidente della provincia.
A seguito di quella sentenza, con la quale il dottor Giuseppe Buzzanca veniva condannato per il reato di cui agli articoli 81 e 314, comma primo, del codice penale (peculato continuato), il prefetto di Messina notificava allo stesso la sospensione di diritto dalla carica di presidente della provincia di Messina di cui all'articolo 59, lettera a), del testo unico degli enti locali.
Tuttavia, il successivo 13 dicembre, la corte d'appello riformava parzialmente la sentenza del tribunale, riqualificando i fatti contestati ed il reato ascrittogli come peculato d'uso (articolo 314, secondo comma, del codice penale) e come abuso d'ufficio (articolo 323 del codice penale) e rideterminando la pena in mesi sei di reclusione. Da ciò conseguiva il venir meno dei presupposti, previsti dal citato articolo 59, che avevano determinato la sospensione dell'amministratore. Il presidente della provincia veniva, quindi, reintegrato nella carica.
Successivamente, in vista del rinnovo del consiglio comunale di Messina, Giuseppe Buzzanca riteneva di presentare la propria candidatura a sindaco, che veniva regolarmente ammessa dalla competente commissione circondariale di Messina. A seguito delle consultazioni amministrative del 25 e 26 maggio scorsi, lo stesso veniva eletto sindaco.
Il 5 giugno successivo, la Corte di cassazione confermava la precedente sentenza della corte d'appello, rendendo definitiva la condanna dell'amministratore per peculato d'uso ai sensi dell'articolo 314, secondo comma, del codice penale e non ai sensi del primo comma come deciso con la sentenza di primo grado.
Gli onorevoli interroganti pongono il problema dei riflessi della condanna definitiva sulla permanenza in carica del sindaco e su una sua eventuale dichiarazione di decadenza, questione di particolare delicatezza in quanto incide direttamente su una scelta di voto operata dall'elettorato e, come tale, costituzionalmente garantita. La tassatività dei casi di decadenza previsti dal citato articolo 59 è un'espressione di tale garanzia. Nell'elencazione puntuale della norma in questione rientra la condanna definitiva per il reato previsto dal primo comma dell'articolo 314 del codice penale. La sentenza della Cassazione, invece, come ho già detto, ha confermato la condanna del dottor Buzzanca per il reato previsto dal secondo comma dello stesso articolo 314 del codice penale.
Questi sono gli aspetti strettamente giuridici della questione.
Desidero, infine, informare l'Assemblea che, ai sensi dell'articolo 70 del testo unico sugli enti locali, sono state già presentate cinque azioni popolari da soggetti privati e che il 18 luglio prossimo la competente magistratura si esprimerà sulle iniziative dei cittadini, essendo alla stessa magistratura riservato ogni eventuale giudizio in merito.

PRESIDENTE. L'onorevole Finocchiaro, cofirmataria dell'interpellanza, ha facoltà di replicare.

ANNA FINOCCHIARO. Signor Presidente, dico con franchezza al rappresentante del Governo, ai colleghi che hanno la pazienza di ascoltarmi ed a lei, che tutto mi aspettavo, francamente, tranne che una


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risposta di questo genere da parte del Ministero dell'interno.
Questa è una vicenda troppo nota e troppo delicata perché si possa far finta di non comprendere e dare una ricostruzione giuridica della vicenda che cozza contro il dato testuale della legge, che dovrebbe essere più nota al rappresentante del Governo di quanto non possa esserlo a ciascun rappresentante del Parlamento. Invocare l'articolo 59 del decreto legislativo n. 267 del 18 agosto 2000 è un errore marchiano, poiché, come è noto, l'articolo 59 disciplina i casi di sospensione dalla carica nel momento in cui la sentenza non sia definitiva, ed è logico, assolutamente iscritto nella logica della legge, che, sino a quando non vi sia una sentenza definitiva e, quindi, peraltro, nell'ipotesi più grave, come giustamente ha discriminato il legislatore, vi possa essere la semplice sospensione dalla carica, come avvenne per il dottor Buzzanca già nel momento in cui era presidente della provincia. Ma mi riferisco alla stessa logica che sostiene la norma che va oggi applicata con certezza, cioè l'articolo 58 dello stesso decreto legislativo, che prevede invece che l'elezione che sia avvenuta nelle circostanze come quelle di cui ci stiamo occupando sia assolutamente nulla.
È ovvio che lo faccio solo per memoria, e se volete, anche adoperando una sorta di artificio retorico. L'articolo 58, che è la norma che si applica, elenca le cause ostative alla candidatura; fra le cause ostative alla candidatura vi è la condanna definitiva per i delitti previsti dagli articoli n. 314 (peculato), senza distinzione di commi, ergo ivi incluso il reato di peculato d'uso, per cui definitivamente, con sentenza della Corte di cassazione, è stato condannato Buzzanca. Ed è ovvio che la sua candidatura sia stata ammessa, legittimamente ammessa, perché nel momento in cui la candidatura è stata presentata, la sentenza definitiva della Corte di cassazione non era ancora intervenuta, giacché essa è intervenuta il 5 di giugno di quest'anno. Ma nel momento in cui interviene sentenza definitiva noi non possiamo non riconoscere con piena evidenza - davvero le parole del sottosegretario credo che suonino di scherno in questa Assemblea - l'applicazione del quarto comma dell'articolo 58: l'eventuale elezione o nomina di coloro che si trovano nelle condizioni di cui al comma 1 è nulla; l'organo che ha provveduto alla nomina o alla convalida dell'elezione è tenuto a revocare il relativo provvedimento non appena venuto a conoscenza dell'esistenza delle condizioni stesse.
Io mi sarei aspettata che voi foste venuti a sostenere probabilmente un'altra tesi, quella della scarsa rilevanza del fatto, errata in diritto e sbagliata come tesi, anche sotto il profilo - lasciatemelo dire - della cura verso la buona salute delle istituzioni e verso la stessa qualità delle relazioni politiche, ma venire a sostenere che è all'articolo 59 che dobbiamo far riferimento ed omettere in tutti i modi ogni riferimento esplicito o implicito all'articolo che invece si applica, a quella norma che nel 2000, non quarant'anni fa, nel 2000, è entrata a far parte dell'ordinamento giuridico italiano, è francamente - me lo lasci dire - inaccettabile.
Ora, qui non c'è nessun animo di rissosità, e non c'è neanche - lasciatemelo dire con grande esplicita franchezza - alcun malanimo personale nei confronti di alcuno. Ci possono dividere ragioni politiche, ragioni e rivalità di natura ideale, diversi giudizi sul livello di qualità, anche morali, che devono assistere nell'esercizio di ogni funzione pubblica, ma qui c'è da dire che bisogna applicare la legge. Bisogna applicare la legge. E la legge dice che l'elezione del sindaco Buzzanca è nulla, e lo dice in forza di una sentenza definitiva della Corte di cassazione.
Mi chiedo, tra l'altro, con quale livello di superficialità - me lo lasci dire - voi continuate a tenere in carica un sindaco che in questo momento sta compiendo atti, probabilmente sta celebrando anche dei matrimoni, apponendo la propria firma in calce ad atti, a documenti che possono essere assai importanti per la vita della comunità messinese, per il buon andamento di quella amministrazione, per questioni delicate che possono attenere a


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decisioni importanti o anche soltanto a decisioni quotidiane, di routine, che appartengono alla normale conduzione amministrativa di un comune.
Come potete tollerare che questa situazione di illegalità si perpetui? Non c'è nessuna ragione politica che può assistere un fatto di questo genere! Nessuna! Voi, in questo modo, non vi mettete contro una parte del mondo politico - contro l'opposizione - ma contro la legge! Legge che voi siete chiamati a rappresentare e ad applicare. E se le responsabilità - sarà così quasi certamente - dovessero essere del Ministero dell'interno, cioè di uno dei ministeri chiave nell'assicurazione delle condizioni di legalità democratica che debbono assistere la vita per il paese, questo sarebbe tanto più grave.
Tutto ciò noi l'affermiamo in questa sede con forza, e a nulla vale il richiamo all'escamotage delle azioni popolari che possono anche intraprendersi perché dev'essere lo Stato, non i privati, cioè dovete essere voi a dire che questa elezione è nulla! Sottosegretario D'Alì, noi continueremo a chiedervelo non solo oggi in questa sede ma ovunque perché questo rappresenta - me lo lasci dire - uno scandalo! Ed è uno scandalo che non riguarda il chiuso delle stanze della politica, il chiuso delle stanze della gestione burocratica di un ministero, ma riguarda la vita di una comunità e la stessa decenza della vita democratica (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo e di Rifondazione comunista).

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