Allegato B
Seduta n. 313 del 26/5/2003


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INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA

BELLILLO. - Al Ministro delle attività produttive. - Per sapere - premesso che:
da alcuni mesi la società Enel distribuzione spa sta provvedendo alla sostituzione dei vecchi contatori dei consumi elettrici con nuovi apparecchi elettronici attraverso i quali la rilevazione dei consumi viene effettuata direttamente dalle centrali operative;
i nuovi apparecchi, essendo molto più sensibili agli sbalzi di tensione, rilevano immediatamente eventuali sovraccarichi di potenza nei consumi rispetto alla potenza impegnata contrattualmente dall'utenza;
si stanno verificando, sempre più spesso e in tutto il Paese, numerosi casi in cui con l'attivazione contemporanea di pochi elettrodomestici, peraltro secondo le normali abitudini delle famiglie, il nuovo strumento di misurazione sospenda automaticamente l'erogazione dell'energia elettrica, costringendo l'utente a riattivarlo di volta in volta e, in alcuni casi, anche più volte nella stessa giornata;
il problema è stato affrontato anche da varie associazioni di consumatori, ma nessuna risposta al problema è venuta, fino ad ora, dalla società Enel distribuzione spa;
esiste il rischio concreto che l'unica soluzione al problema sia quella di rinnovare i contratti di fornitura dell'energia elettrica aumentando drasticamente la potenza impegnata e causando quindi un aggravio di costi, per le aziende e per le famiglie, dovuto in parte all'attivazione dell'aumento di potenza e, in parte, al conseguente aumento del canone e del costo dei consumi effettuati;
tale operazione, se veramente necessaria, altro non sarebbe che un aumento mascherato ed ingiustificato della bolletta elettrica delle aziende e delle famiglie italiane -:
se, ferme restando le competenze dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas, gli eventuali effetti inflazionistici derivanti dall'istallazione dei nuovi contatori possono essere quantificati.
(4-05199)

Risposta. - La società Enel distribuzione sta provvedendo all'installazione presso la clientela di nuovi misuratori elettronici telegestiti, in grado di fornire alla clientela stessa nuovi servizi e la possibilità di un controllo costante sul proprio livello di consumi.
Tuttavia, alcuni utenti con contratti di potenza impegnata di 3 kW hanno lamentato problemi connessi al funzionamento di tali nuovi contatori, con riferimento ad un più frequente «scatto» del contatore in caso di uso contemporaneo di più elettrodomestici.
A seguito dei reclami dell'utenza e sulla base di una specifica richiesta di informazioni avanzata dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas (competente ai sensi della legge n. 481 del 1995, Enel distribuzione ha chiarito che:
a) I nuovi contatori sono tarati per una potenza massima disponibile di 3 kW più un margine di 10 per cento per un periodo illimitato e in qualsiasi condizione ambientale; misurazioni effettuate su reclami


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di singoli clienti, alla presenza dei clienti stessi, hanno permesso di verificare la correttezza e il regolare funzionamento dei contatori. La differenza di prestazione in alcuni casi rispetto ai vecchi contatori è spiegabile non con una diversa taratura ma con una maggiore sensibilità dei nuovi gruppi di misura, anche perché è possibile che l'interruttore del vecchio contatore fosse diventato nel tempo meno sensibile nel registrare ed intervenire nel caso di superamento della potenza disponibile;
b) nei casi in cui l'utente impegni una potenza maggiore di quella massima consentita, avviene lo scatto del contatore con tempi tanto più rapidi quanto maggiore è l'entità della potenza prelevata: dopo 2 minuti se la potenza assorbita supera quella disponibile di un valore superiore al 15 per cento e dopo 1 ora e 2 minuti se tale superamento non sia superiore al 15 per cento;
c) nel caso di scatto, l'utente può verificare sul display del nuovo contatore la percentuale del supero di potenza, rispetto a quello che il suo contratto consente;
d) i servizi assistenza dell'Enel distribuzione chiariscono all'utenza che, prima di pensare a cambiare il contratto per passare ad una potenza maggiore, è consigliabile far controllare il grado di efficienza del proprio impianto elettrico e evitare l'uso contemporaneamente degli apparecchi domestici di più elevata potenza.

Si ritiene che il nuovo sistema consenta al cliente di capire come utilizzare al meglio e correttamente la potenza disponibile, prima di pensare eventualmente alla scelta di modificare il contratto per passare ad una maggiore potenza impegnabile, in base ai propri fabbisogni di vita.
Riguardo ai temuti effetti inflazionistici, si fa presente che i dati registrati fino a giugno scorso riguardanti il numero dei clienti con contatore elettronico che ha chiesto di modificare la potenza disponibile non registrano una tendenza ad un aumento rispetto ad analogo dato registrato nel passato: si tratta di 8.452 richieste di modifica su 1.337.177 di clienti con nuovo contatore, contro un dato di 202.721 richieste su 30.720.122 di clienti complessivi nel 2001, con una percentuale pari rispettivamente a 0,63 e 0,66.
In ogni caso, per controllare il fenomeno della crescita dei consumi di energia elettrica anche da parte dei consumatori domestici, si ritiene importante educare i comportamenti dei clienti ad un uso razionale dell'energia, incentivando gli strumenti atti a conseguire obiettivi di risparmio energetico.
Il processo di liberalizzazione dei settori elettrico e del gas naturale - avviato in recepimento delle rispettive direttive europee e che l'Italia sta portando avanti con grande convinzione - costituisce l'occasione per una ampia revisione delle politiche riguardanti anche il risparmio energetico, introducendo strumenti basati su logiche di mercato.
In particolare, il decreto legislativo 79 del 1999 (liberalizzazione mercato elettrico) stabilisce che i distributori di energia elettrica perseguano obiettivi di efficienza energetica degli usi finali stabiliti con decreto del Ministro dell'industria in concerto con il Ministro dell'ambiente.
Analoga disposizione è contenuta nel decreto legislativo 164 del 2000, per quanto riguarda il settore della distribuzione del gas naturale.
I decreti ministeriali di attuazione di tali previsioni sono stati recentemente emanati: complessivamente, gli obiettivi cumulativi di risparmio energetico stimati partono da 0,2 Mtep (milioni tonnellate equivalenti di petrolio) nel 2002 e si incrementano fino a 2,9 Mtep nel 2006.
Il Sottosegretario di Stato per le attività produttive: Giovanni Dell'Elce.

BULGARELLI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
il dirigente scolastico professor Carlo Columbo titolare presso l'istituto professionale alberghiero A. Vespucci di Milano


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produceva domanda di mobilità orizzontale per raggiungere l'altro istituto alberghiero situato molto più vicino al la sua residenza e nel quale lo stesso aveva svolto la sua attività di docente fino alla sua immissione in ruolo come preside;
il professor Columbo, già docente esperto di tecnica professionale alberghiera dall'anno scolastico 1979/80 fino alla immissione in ruolo come preside, è inserito in prima fascia nella graduatoria del concorso ordinario a posti di preside negli istituti professionali alberghieri indetto con decreto ministeriale 19 aprile 1990 e ha quindi prestato servizio dall'1 settembre 1992 ad oggi sempre in istituti alberghieri (Chiavenna, Stresa e Vespucci di Milano);
il professor Columbo è autore di numerosi testi di materie tecnico professionali utilizzati in gran parte degli istituti alberghieri italiani ed ha svolto in qualità di relatore numerosi interventi in corsi di formazione per docenti tecnico pratici e operatori del settore alberghiero e collaborazioni con riviste professionali di settore;
gli incarichi dirigenziali, ai sensi dell'articolo 23 del contratto collettivo nazionale di lavoro vengono conferiti nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 19, comma 1, del decreto legislativo n. 165 del 2001 in base ai seguenti criteri generali:
a) caratteristiche e complessità delle istituzioni scolastiche da affidare;
b) attitudini, capacità ed esperienza professionale del singolo dirigente;
c) risultati conseguiti anche rispetto ai programmi e agli obiettivi precedentemente assegnati ed alle posizioni organizzative precedentemente ricoperte;
d) rotazione degli incarichi;

l'articolo 12 del contratto integrativo nazionale per il personale dell'area V, al secondo comma recita «Gli incarichi dirigenziali, per le tipologie previste dalle norme vigenti, sono conferiti a tempo indeterminato dal dirigente generale dell'ufficio scolastico regionale ai dirigenti dell'area V nell'ambito della dotazione dei rispettivi ruoli regionali della dirigenza scolastica e nel rispetto dei criteri di cui all'articolo 19, comma 1, del decreto legislativo n. 165 del 2001 e dell'articolo 23 del contratto collettivo nazionale di lavoro;
il dirigente generale dell'ufficio scolastico regionale per la Lombardia, con propria circolare prot. 7209/P del 29 maggio 2002, esplicitava i criteri che avrebbe seguito nell'affidamento degli incarichi e, infatti, all'allegato A punto 3 «Affidamento di nuovo incarico su sede richiesta e compresa nelle sedi vacanti di cui all'elenco pubblicato in data 7 luglio 2002 (mobilità orizzontale) dichiarava che:
a) è possibile esprimere indicazione per non più di 3 sedi;
b) in caso di più richieste per la medesima sede saranno considerate le seguenti condizioni - in ordine di priorità - da valere a parità di requisiti posseduti dall'interessato secondo i criteri fissati dall'articolo 23 del contratto collettivo nazionale di lavoro (esperienze e capacità professionali maturate). Si fa in tal senso riferimento a:
1) situazioni connesse con le leggi n. 104 del 1990 e 53 del 2000 (decreto ministeriale 21 luglio 2000, n. 178);
2) rientro in sede già occupata anteriormente al dimensionamento;
3) avvicinamento alla sede di residenza;
nonostante ricorressero tutte le condizioni per la concessione della mobilità orizzontale richiesta da Columbo, il dirigente generale dell'ufficio scolastico regionale, in palese contrasto con quanto previsto dalla normativa sopracitata e contravvenendo agli stessi criteri esplicitati con propria circolare, affidava l'incarico sull'istituto professionale alberghiero C. Porta, unica sede richiesta dal professor Columbo, al professor Francesco Malaspina, titolare su altra tipologia di istituto


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(professionale per il commercio Frisi), peraltro non inserito nella graduatoria del concorso ordinario a posti di preside negli istituti alberghieri e, a quanto risulta all'interrogante, non in possesso di pari esperienza nella conduzione di questa tipologia di istituti e dei titoli scientifici (autore testi scolastici, docenza di corsi di formazione);
siffatto comportamento non appare improntato ai principi costituzionali del buon andamento e imparzialità nella amministrazione e viola le legittime aspettative di chi, avendo superato un concorso ordinario specifico e avendo maturato una pluriennale esperienza nella conduzione di istituti alberghieri aspira a dirigere l'istituto nel quale meglio ritiene di poter esprimere la propria professionalità chiedendo legittimamente di essere preferito nella scelta rispetto ad altri titolari di minori diritti -:
quali ragioni, eventualmente ignote all'interrogante, motivino tale scelta dell'ufficio scolastico della regione Lombardia;
quali misure intenda adottare nel caso fossero confermate irregolarità nella scelta operata.
(4-03792)

Risposta. - Si risponde all'interrogazione parlamentare concernente la questione relativa al dirigente scolastico professore Calo Columbo, che aveva chiesto la mobilità orizzontale verso l'istituto «Carlo Porta» di Milano.
Al riguardo, si fa presente quanto segue, sulla base degli elementi fatti pervenire dal competente ufficio scolastico regionale per la Lombardia.
Nell'occasione dell'affidamento degli incarichi dirigenziali per l'anno scolastico 2002/2003, la mobilità verso l'istituto «Carlo Porta» di Milano è stata richiesta quale sede preferenziale da quattro dirigenti scolastici. La pluralità di richieste per la stessa sede e la considerazione che il contratto quadro per la dirigenza scolastica non prevede un obbligo dell'amministrazione di effettuare mobilità, e tanto meno di tener conto di indicatori tassativi di selezione tra più aspiranti, hanno comportato la necessità di procedere ad una valutazione comparata e motivata dei titoli e della gestione degli istituti di appartenenza dei vari aspiranti; in sede di comparazione si è considerata preminente l'opportunità di mantenere continuità nella dirigenza dell'istituto «Vespucci», sede di titolarità del dirigente Columbo, per garantire il proseguimento delle condizioni ottimali di gestione dell'istituto stesso, positivamente valutate anche nell'ambito del progetto «Qualità Scuola».
A fronte di tale determinazione, il professor Columbo ha presentato, in data 25 luglio 2002, istanza di conciliazione ex articolo 34 del C.C.N.L. area V, per la mancata concessione della mobilità orizzontale, e, in tale sede, in data 28 ottobre 2002, l'amministrazione, ritenendo di non poterne disattendere del tutto le aspettative, motivate anche da esigenze di viciniorietà, si è impegnata ad affidargli l'incarico dirigenziale dell'istituto professionale alberghiero «C. Porta» di Milano a decorrere dal 1o settembre 2004; dal canto suo il dirigente scolastico in parola si è impegnato a mantenere, fino alla scadenza dell'attuale contratto, un comportamento tale da garantire il permanere delle condizioni ottimali di gestione dell'istituto «Vespucci» e di non instaurare o coltivare alcuna controversia con l'amministrazione, in relazione all'affidamento dell'incarico dirigenziale in atto.
Alla luce di quanto sopra è da ritenere che la questione segnalata dall'interrogante sia superata.
Il Sottosegretario di Stato per l'istruzione, per l'università e per la ricerca: Valentina Aprea.

BULGARELLI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che
in Algeria giovedì 10 ottobre 2002 hanno avuto luogo le elezioni amministrative disertate da quasi metà della popolazione e in particolare dalla minoranza Cabira;


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dopo il fallimento delle elezioni amministrative si sono moltiplicati, da parte delle autorità, atti preoccupanti ai danni della popolazione Cabira, in particolare sono stati arrestati in massa gli esponenti più in vista del coordinamento degli Arch, Daira e Comuni della Cabilia;
in particolare, assieme ad altri quattro delegati, è stato arrestato a Tizi Ouzou, mentre manifestava di fronte ad un tribunale dove venivano giudicati dei giovani accusati d'aver fomentato disordini durante le elezioni, Belaid Abrika docente universitario d'economia e uno degli esponenti più in vista del movimento democratico della Cabilia, che da oltre un anno si batte con metodi pacifici e di disobbidienza civile contro il potere violento e corrotto che ha insanguinato la regione;
dopo la primavera nera del 2001, gli arresti in massa di delegati, hanno diversi precedenti, molti sono avvenuti nei primi mesi dell'anno in corso, seguiti da una forte ondata di proteste in Cabilia, le autorità algerine aveva usato gli arrestati come arma di ricatto per convincere, in cambio della loro liberazione, uno dei tradizionali partiti cabili, il FFS, a partecipare a queste elezioni (dopo che anch'esso aveva aderito al boicottaggio delle politiche, lo scorso 30 maggio). Ma il FFS ha pagato cara questa scelta: dopo essere sceso a patti col potere, è stato abbandonato dal suo elettorato, e ben pochi sono gli elettori che hanno partecipato alla consultazione per votarlo. Molti «feudi» del FFS sono così stati assegnati (con poche centinaia di voti espressi) ad altri partiti, e in particolare al FLN, l'ex «partito unico». E anche là dove si è imposto, come nel capoluogo, Tizi Ouzou, il FFS è stato votato solo dall'1,5 per cento (uno virgola cinque per cento) degli aventi diritto;
ormai è sempre più evidente che le sole istanze munite di legittimità popolare in Cabilia sono i coordinamenti degli Arch, ed è contro di essi che si sta abbattendo di nuovo la mano pesante del governo -:
se non intenda prendere adeguate misure diplomatiche al fine di manifestare lo sdegno del nostro paese nei confronti delle brutali repressioni, degne dei peggiori regimi, perpetuate dalle autorità algerine, vale a dire da parte di uno stato sostenuto da molti paesi aderenti all'Unione europea, ai danni di un popolo che sta subendo un'aggressione senza precedenti.
(4-04160)

Risposta. - Nella primavera del 2002 si sono verificati in Cabilia, regione abitata da popolazioni prevalentemente di etnia berbera, gravi disordini che hanno provocato numerose vittime.
Anche se la situazione è notevolmente migliorata, permane, al momento, uno stato di tensione determinato dalla concomitanza di molteplici fattori.
Certamente, la causa principale del riaffiorare di queste tensioni, latenti da tempo nella regione, è la rivendicazione di un adeguato riconoscimento dell'identità e delle peculiarità berbere, rivendicazione a cui si sono sovrapposte negli ultimi anni le difficoltà determinate da una situazione socio-economica estremamente precaria e dalla mancanza di prospettive concrete di sviluppo economico.
La Cabilia è infatti una delle regioni più povere del Paese, dove la disoccupazione, in particolare quella giovanile, raggiunge livelli estremamente elevati e dove infrastrutture insufficienti e un sistema produttivo ormai obsoleto non appaiono più in grado di garantire uno sviluppo adeguato. Anche il rapporto presentato da una commissione di inchiesta indipendente incaricata di far luce sui disordini verificatisi nella primavera del 2002 ha peraltro confermato che le cause profonde della crisi sono anche di natura sociale nonché politica ed economica oltre che di identità culturale.
Il Governo, nel tentativo di arrestare il deteriorarsi della situazione, ha avviato dei negoziati con i comitati di coordinamento popolari dei villaggi e dei comuni della Cabilia e ha fatto anche alcune concessioni importanti culminate nell'approvazione di una legge costituzionale che attribuisce al berbero (
tamazight) il rango di lingua nazionale anche se non di lingua ufficiale del Paese (la pubblica amministrazione continuerà


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peraltro a far uso dell'arabo). Ha inoltre deciso di concedere indennizzi alle famiglie delle vittime dei disordini, nonché il ridislocamento di alcuni reparti della gendarmeria responsabili della repressione popolare e ha promesso l'adozione di misure contro la disoccupazione giovanile o per il rilancio delle attività economiche.
Tali misure, giudicate tuttavia tardive e insufficienti, non hanno placato la protesta popolare tanto che alle elezioni legislative del 30 maggio 2002, boicottate dai due principali partiti presenti nella regione, ha votato meno del 2 per cento degli aventi diritto al voto.
La situazione è parzialmente cambiata nelle elezioni amministrative del 10 ottobre 2002, in quanto il Partito Socialista (FFS) ha deciso di partecipare alle consultazioni mentre l'altro partito principale della regione, il raggruppamento cultura e democrazia (RCD) ha mantenuto, anche in questa occasione, la linea del boicottaggio. Nonostante il clima molto teso esistente nella regione, queste ultime consultazioni elettorali, che hanno visto la partecipazione del 10 per cento degli aventi diritto, si sono svolte senza che si siano registrati incidenti di particolare gravità.
Permangono comunque elementi di preoccupazione, anche perché, sotto il profilo pratico, i due principali partiti (FFS e RCD), tradizionalmente radicati in Cabilia, non sono riusciti sinora a catalizzare la protesta popolare e anzi, dopo la prova elettorale, appaiono sempre più divisi e incapaci di definire un terreno comune di intesa con il quale presentarsi alla popolazione per poi avviare un negoziato organico con le autorità centrali.
Per quanto concerne il ruolo del nostro Paese, l'ambasciata italiana ad Algeri, così come le rappresentanze diplomatiche degli altri paesi europei, segue con attenzione l'evolversi della situazione.
In particolare, abbiamo giudicato positivamente le aperture del Governo a favore della popolazione cabila e siamo convinti che occorra procedere sulla via del negoziato con gli organismi rappresentativi della popolazione, al fine di placare le ragioni della protesta ed individuare le misure più idonee anche per favorire il rilancio delle attività economiche.
In tale contesto, pur coscienti delle difficoltà determinate dalla crisi generale che l'Algeria ha attraversato negli ultimi dieci anni a causa del terrorismo, siamo convinti che occorra procedere con decisione al fine di superare il clima di sfiducia nelle istituzioni e rimuovere le cause che sono all'origine del protrarsi dello stato di tensione, individuando le soluzioni più idonee per superare definitivamente la situazione di instabilità che, in Cabilia, si protrae ormai da troppo tempo.
Per quanto riguarda più specificatamente l'ultimo punto sollevato dall'onorevole interrogante, l'Algeria non ha formato oggetto di alcuna risoluzione di condanna per violazione dei diritti umani in occasioni dell'ultima sessione della Commissione delle Nazioni Unite per i diritti umani, svoltasi a Ginevra nel marzo-aprile 2003.
Nell'intervento pronunciato in quell'occasione dalla presidenza di turno dell'Unione a nome dei quindici sul tema delle violazioni dei diritti umani nel mondo, venne esplicitamente evocata la situazione interna in Algeria. In particolare l'Italia ed i partners dell'Unione europea hanno richiamato le autorità algerine ad adottare immediate ed energetiche misure per combattere i casi numerosi di esecuzioni extra-giudiziali, sparizioni, detenzioni arbitrarie e trattamenti disumani e degradanti. Pur consapevole delle necessità che derivano dall'attuazione di strategie efficaci di contrasto ai fenomeni terroristici, l'UE sottolinea come tale impegno del Governo non possa non realizzarsi nel quadro di un rigoroso rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali.
L'Italia e gli altri Paesi dell'Unione europea hanno altresì richiamato l'Algeria ad una maggiore collaborazione con le Nazioni Unite e, in particolare, con i relatori speciali tematici sui diritti umani.
L'Unione europea ha infine richiesto al Governo Algerino il rilascio immediato di tutti i prigionieri politici, intervento che suscitò allora una forte e risentita reazione del delegato algerino.


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Il rapporto più recente elaborato dalle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani in Algeria risale al novembre 2002 ed è stato redatto dal comitato dei diritti economici, sociali e culturali. Occorre sottolineare che tale rapporto evocava fra gli altri il problema specifico dell'uso ufficiale della lingua
amazigh non riconosciuto nella Costituzione algerina. In conseguenza anche della pressione degli organismi onusiani, il Parlamento algerino ha approvato quest'anno un emendamento costituzionale che riconosce all'idioma dell'etnia maggioritaria in Cabilia dignità di lingua nazionale.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Luigi Mantica.

BULGARELLI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
Amnesty international ha denunciato nel rapporto pubblicato il 4 novembre 2002 l'eccezionale numero di violazioni compiute dall'esercito israeliano a Jenin e Nablus;
il documento è il risultato di sei mesi di indagini, si parla di centinaia di morti, omicidi, torture, utilizzo di scudi umani;
il rapporto chiude con un appello alla comunità internazionale: (r)tutti i firmatari della Convenzione di Ginevra hanno l'obbligo di perseguire le persone accusate di aver commesso o ordinato tali violazioni alla suddetta convenzione e processarle» -:
quale siano gli intendimenti del nostro Governo a proposito dell'applicazione della convenzione di Ginevra nei confronti dello Stato di Israele.
(4-04408)

Risposta. - L'ampio problema della situazione dei diritti umani in Medio Oriente è oggetto di continua e particolare attenzione da parte del nostro Governo nonché degli altri Paesi dell'Unione europea che, nei competenti fori internazionali, sostengono un approccio basato su una valutazione equilibrata di tale problematica e tendente alla condanna delle violazioni commesse da tutte le parti coinvolte nel conflitto.
Nel denunciare infatti le violazioni del diritto internazionale umanitario conseguenti alle operazioni militari israeliane nei territori occupati, i paesi dell'Unione europea hanno analogamente espresso ferma condanna per gli atti di terrorismo in danno alle popolazioni civili riconoscendo la legittimità delle preoccupazioni israeliane in tema di sicurezza e prevenzione di tali atti.
Il nostro Governo coglie ogni utile occasione per richiamare israeliani e palestinesi al rispetto dei diritti umani, sottolineando l'inaccettabilità di qualsiasi violazione degli stessi, nonché la necessità di una chiara distinzione tra combattenti e non combattenti. Al di là dei richiami, il Governo soprattutto si prodiga per venire incontro sul terreno ai bisogni anche primari della popolazione palestinese, sia direttamente che attraverso le agenzie delle Nazioni Unite.
Più ancora è ben noto l'impegno del nostro Paese in ambito multilaterale in difesa dei diritti umani. È da ricordare, in questo ambito, la decisiva azione compiuta dal Governo italiano per l'adozione, nella sessione speciale del dicembre 2001 della Commissione dei Diritti Umani di Ginevra, di un protocollo aggiuntivo per l'applicabilità ai territori occupati della IV convenzione di Ginevra del 1949 sulla protezione dei civili in tempo di guerra.
Peraltro, il nostro Paese ha espresso, nel IV comitato dell'assemblea generale dell'ONU, voto favorevole all'adozione di una risoluzione che reiterasse l'applicabilità delle convenzioni di Ginevra a Cisgiordania e Gaza.
In analogia con la ferma condanna per gli atti di terrorismo in danno delle popolazioni civili si è in particolare ispirata la linea di condotta seguita dai Paesi dell'Unione europea nel quadro della partecipazione ai lavori della III Commissione dell'assemblea generale delle Nazioni Unite. In tale contesto i paesi dell'Unione europea hanno cosponsorizzato la risoluzione presentata


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dall'Egitto sul diritto del popolo palestinese all'autodeterminazione e si sono astenuti in occasione del voto sulla risoluzione presentata dallo stesso Egitto sulla tutela dei diritti dei bambini palestinesi. Nella dichiarazione di voto resa a nome dei Quindici dalla presidenza danese dell'UE, si è fra l'altro evidenziato, come il deteriorasi delle condizioni di vita dei bambini palestinesi, nonché le violazioni dei loro diritti siano oggetto di gravissima preoccupazione da parte dei Paesi comunitari, e come, tuttavia, analoga preoccupazione suscitavano le violazioni dei diritti umani in danno dei bambini israeliani vittime del terrorismo.
Tale approccio è apparso del resto coerente con i contenuti dell'intervento pronunciato in tale contesto, il 5 novembre 2002, dal relatore speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani nei territori palestinesi occupati, John Dugard, il quale, pur soffermandosi lungamente sugli effetti della crisi umanitaria causata dagli interventi militari israeliani nei territori occupati, riconosceva esplicitamente il diritto-dovere di Israele di porre in essere misure finalizzate a garantire la sicurezza dei propri cittadini da attentati terroristici.
Per quanto riguarda, nello specifico, i fatti di Jenin e Nablus cui fa riferimento l'onorevole interrogante, è utile ricordare che sugli stessi avvenimenti il Segretario Generale delle Nazioni Unite (anche su proposta italiana) aveva a suo tempo condotto un'inchiesta e steso un esauriente rapporto. È a questo secondo documento che il Governo fa riferimento nella sua azione. Esso conferma che in tale occasione vi fu una vera e propria battaglia, che ambedue le parti violarono i diritti della popolazione civile, ma che non vi fu un massacro di civili palestinesi.
In tema di violazioni da parte di Israele del diritto internazionale umanitario ai sensi della Convenzione di Ginevra, si segnala che l'argomento è stato anche oggetto di un intervento del presidente del comitato Internazionale della Croce Rossa, Kellenberg, presso l'
Umanitarian Liason Workin Group, riunitosi sotto Presidenza italiana il 31 ottobre 2002 a Ginevra.
In tale occasione Kellenberg ha riferito in merito alla missione da lui compiuta in Israele e nei Territori palestinesi nella prima metà dello scorso mese di ottobre, sottolineando come la situazione umanitaria sia al suo punto più basso dal 1967.
Temi quali la proporzionalità della risposta armata e la distinzione fra obiettivi militari e civili sono stati da lui espressamente sollevati con le autorità israeliane, così come la delicata questione delle responsabilità nei confronti della sicurezza dei palestinesi che, in base alla quarta Convenzione di Ginevra relativa alla protezione dei civili in tempo di guerra, discendono su Israele in quanto potenza occupante.
Il Governo italiano ha condannato in ogni occasione il compimento di atti di violenza e terrorismo palestinese. Così come l'eccesso di uso della forza da parte di Israele. Tuttavia, in una situazione caratterizzata da gravi attentati e ritorsioni, le reiterate condanne potrebbero non essere il mezzo migliore per ricreare un minimo di fiducia per la ripresa del negoziato. In realtà, l'azione del Governo è protesa ad incoraggiare Israele ed ANP al pieno rispetto del diritto internazionale, ma soprattutto a proseguire nell'opera tesa a giungere ad una cessazione generalizzata della violenza (incluso il terrorismo) e ad una ripresa del processo di pace. Ciò nella convinzione che sia questa l'unica strada per assicurare definitivamente il rispetto dei diritti inalienabili delle popolazioni israeliane e palestinesi.
Naturalmente la situazione della difesa del diritto internazionale umanitario nei territori palestinesi continua ad essere oggetto di costante attenzione da parte dell'Italia e degli altri
partners comunitari, in seno ai competenti fori di concertazione periodica sulla base delle linee di condotta sopra evocate.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Luigi Mantica.

BULGARELLI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il presidente del partito curdo Kadek, Abdullah Ocalan, è detenuto da alcuni


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anni nella prigione di massima sicurezza dell'isola turca di Imrali, in regime di stretto isolamento;
Ocalan è un dirigente politico riconosciuto ed amato dal proprio popolo e si batte da lungo tempo per il riconoscimento della nazione curda; egli ha particolari rapporti con il nostro paese che lo accolse come rifugiato politico per alcuni mesi tra il 1998 e il 1999 e proprio in questi giorni l'amministrazione comunale della città di Roma ha ricordato il quarto anniversario della sua partenza dall'Italia in una cerimonia che ha visto la presenza della delegata del sindaco Franca Cehen, di numerosi consiglieri comunali e di rappresentanti della comunità curda;
in tale occasione, l'avvocato difensore di Ocalan, Aysel Tugluk, ha manifestato forti preoccupazioni sulle condizioni di salute del suo assistito, asserendo di non avere da oltre due mesi sue notizie e di non averlo potuto più incontrare nonostante il Consiglio di Europa abbia imposto al governo turco di concedere almeno una visita settimanale ai detenuti -:
se non ritenga urgente e doveroso intervenire presso le competenti sedi diplomatiche per conoscere le condizioni di salute di Abdullah Ocalan, anche in considerazione dei rapporti esistenti con il nostro Paese, di cui egli è stato ospite, assicurandosi che la Turchia, in predicato di essere ammessa nel novero dei Paesi della Comunità europea, rispetti le normative internazionali in materia di diritti umani e di detenzione politica.
(4-05071)

Risposta. - In occasione dell'ultima sessione della commissione delle Nazioni unite per i diritti umani, svoltasi a Ginevra nel marzo-aprile 2002, la Turchia non è stata oggetto di alcuna risoluzione di condanna per violazione dei diritti umani. Nell'intervento pronunciato nella stessa occasione dalla presidenza di turno dell'Unione a nome dei quindici sul tema delle violazioni dei diritti umani nel mondo, la situazione interna nel Paese è stata invece fatta oggetto di specifica menzione. In particolare, l'Italia ed i partners dell'Unione europea hanno espresso soddisfazione per il processo di riforme costituzionali e legali avviato dalle autorità turche sin dalla fine del 2001.
Nell'estate del 2002 il processo in atto ha conseguito un risultato politico di grande rilievo con l'abolizione della pena di morte per crimini commessi in tempo di pace. La Turchia il 15 gennaio 2003 ha quindi proceduto alla firma del Protocollo n. 6 alla Convenzione europea per i Diritti Umani relativo appunto alla proibizione della pena di morte in tempo di pace.
Con specifico riguardo al problema dei diritti dei detenuti, si ricorda che la Turchia è Stato parte della convenzione Europea contro la tortura ed i trattamenti inumani e degradanti ed i suoi istituti di pena sono pertanto oggetto di visite ispettive periodiche da parte degli esperti del Comitato Prevenzione Tortura del Consiglio d'Europa, che si è recato nel Paese ben 13 volte, l'ultima delle quali nel settembre del 2002.
Il rapporto del comitato riferito a tale ultima visita ispettiva non è ancora stato reso pubblico mentre sono già disponibili, anche su rete telematica, le conclusioni del comitato relative alla visita ispettiva effettuata nel settembre del 2001, nel corso della quale gli esperti del Consiglio d'Europa si sono recati anche presso il carcere di massima sicurezza di Imrali, citato dall'interrogante, dove hanno avuto fra l'altro la possibilità di incontrare il leader curdo Ocalan.
Le conclusioni del Comitato a riguardo furono essenzialmente positive, ed il rapporto cita testualmente
... «his material conditions of detention remain on the whole very good», pur formulando alcune specifiche raccomandazioni alle autorità turche volte a migliorare il regime carcerario cui era soggetto.
Il 24 gennaio 2004, è stato reso pubblico il riscontro ufficiale delle Autorità turche alle osservazioni del comitato con un documento, anche questo disponibile su rete telematica, e che riserva particolare attenzione alla specifica questione delle condizioni di detenzione all'interno del carcere di Imrali ed alla situazione personale di Ocalan.


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Fra l'altro le autorità turche assicurano che il prigioniero è oggetto di visite mediche periodiche effettuate su base giornaliera e che le sue condizioni generali di salute sono buone.
Da parte del comitato prevenzione tortura è stato espresso apprezzamento, in un comunicato stampa del 24 gennaio 2003, per alcune recenti modifiche legislative, entrate in vigore l'11 gennaio 2003, che hanno in particolare riguardato l'accesso ai propri avvocati per detenuti sospettati di reati soggetti alla giurisdizione della corte di sicurezza dello Stato ed il procedimento per accertamento di responsabilità in merito a casi di maltrattamento di detenuti.
Sul piano bilaterale, l'ambasciata d'Italia ad Ankara ha raccolto presso il competente dipartimento dei diritti umani del ministero degli affari esteri turco aggiornati elementi informativi sulle condizioni di salute e più in generale sul trattamento carcerario riservato ad Abdullah Ocalan: una questione che era anche stata oggetto nelle scorse settimane di un'iniziativa promossa dai legali turchi del «leader» del PKK.
All'ambasciata sono state fornite le seguenti informazioni.
Le condizioni di salute di Ocalan - oggetto tra l'altro di un costante monitoraggio da parte del personale medico della prigione di Imrali, con bollettini sanitari trasmessi a cadenza quasi quotidiana all'Autorità giudiziaria competente, alla commissione di prevenzione in materia di pratiche di tortura, così come al ministero degli esteri - possono considerarsi buone, né risulta che l'attuale regime di isolamento ne abbia finora indebolito la fibra fisica o minato quella morale.
Quanto al regime delle visite, è stato confermato che ai legali turchi, al pari dei familiari del detenuto, è in linea di principio consentita - senza particolari restrizioni - la possibilità di incontrare Ocalan un giorno alla settimana (ogni mercoledì), previa notifica al tribunale di Bursa, competente autorità giudiziaria di sorveglianza: in proposito, è stato sottolineato che si tratta non di richiesta soggetta ad autorizzazione, ma piuttosto di una notifica. Da parte turca si è peraltro ammesso che nel corso delle ultime settimane il traghetto in servizio tra l'isola-prigione di Imrali e la terraferma (l'unico mezzo di trasporto consentito dalle Autorità turche) non ha potuto effettuare i normali collegamenti a causa del maltempo; circostanza che ha di fatto impedito ai familiari ed ai legali del «leader» curdo di visitarlo. È stato comunque assicurato all'Ambasciata d'Italia che la mancata effettuazione di tali visite è stata causata esclusivamente da circostanze oggettive di natura meteorologica e non è da ascrivere ad alcun cambio di atteggiamento delle Autorità turche rispetto alle condizioni di detenzione.
Analoghe considerazioni sono state svolte per quanto concerne i legali stranieri di Ocalan, per i quali è tuttavia richiesto un regime autorizzativo più complesso, che prevede ogni volta l'invio di una espressa richiesta al Ministero della Giustizia, con tempi di esame e di autorizzazione suscettibili di rendere più lungo e farraginoso l'espletamento della procedura. Da parte turca si è comunque voluta ridimensionare la portata delle recenti denunce presentate dai legali del Kadek e dai familiari del detenuto, riaffermando che gli eventuali ritardi verificatisi nelle ultime settimane nello svolgimento delle visite sono da imputare essenzialmente a cause di tipo pratico e nulla hanno a che vedere con un presunto irrigidimento del regime di detenzione di Ocalan o con iniziative di tipo persecutorio.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Roberto Antonione.

BULGARELLI e LION. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, al Ministro delle attività produttive. - Per sapere - premesso che:
il premio Nobel Levi Montalcini, presidente onorario di Green Cross Italia e il vicepresidente internazionale Guido Pollice, hanno denunciato, come riportato oggi dalla Dire, che scorie radioattive viaggeranno


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su vagoni «di seconda classe» delle ferrovie italiane, si tratterebbe del prossimo trasferimento delle scorie dal sito nucleare di Saluggia, in Piemonte, all'impianto di ritrattamento di Sellafield in Inghilterra, questo trasporto eccezionale, sempre secondo la Montalcini, starebbe per avvenire su un normale treno, con carri tradizionali, una scelta allarmante;
sempre Rita Levi Montalcini e Guido Pollice ci informano che il prossimo 11 febbraio a Vercelli si riuniranno i responsabili dei servizi di sicurezza per organizzare con al società Sorin Dell'Enel il trasferimento delle scorie radioattive da Saluggia Drigg, nelle vicinanze di Sellafield;
il convoglio, composto da carri tradizionali, dovrebbe transitare sotto la galleria del Frejus e nel tunnel sotto la Manica. I rischi sono evidenti, gli incidenti ferroviari nella rete in questione rappresentano infatti un eventualità sfortunatamente non abbastanza remota;
per simili trasporti in altri paesi europei, ad esempio in Germania, vengono usualmente utilizzati carri speciali con ruote di circa due metri di diametro per impedirne l'uscita dai binari, una velocità di appena 13 chilometri all'ora, una super scorta e soprattutto la chiusura della via ferrata a tutti gli altri trasporti, ma nel caso italiano i carri tradizionali, quelli rossicci-marroni con apertura laterale, sarebbero protetti da un carro davanti e di uno dietro, a mò di cuscinetto, una vera e propria tradotta di seconda classe con materiale altamente pericoloso: un motivo per interrogarsi ancora «sui reali costi dell'energia nucleare» -:
se la denuncia della Montalcini sia fondata ed in caso affermativa se non si ritenga una simile modalità di trasporto inadeguata vista la natura del carico; quali controlli durante e dopo il viaggio siano stati predisposti e in particolare quali precauzioni per monitorare eventuali contaminazioni radioattive; se siano previste fermate in stazioni ferroviarie italiane e in caso affermativo in quali.
(4-05358)

Risposta. - Per quanto indicato nell'interrogazione in discorso, riguardante il trasferimento di rifiuti radioattivi da Saluggia (Piemonte) a Brian, nelle vicinanze di Sellafield in Inghilterra, si rappresenta che le attività del trasporto vengono svolte secondo gli standard di sicurezza stabiliti dalla legislazione vigente e sotto la sorveglianza delle autorità preposte a tali attività.
Il trasporto su percorso stradale e su ferrovia avverrà a valle delle relative autorizzazioni specifiche da parte del ministero dei trasporti, utilizzando un carrello e un carro ferroviario appositamente realizzati e omologati, sotto la vigilanza dell'APAT, oltre che dalle autorità competenti.
Il contenitore per il combustibile nucleare è stato omologato per tale specifica attività da tre autorità di controllo europee: inglese, francese ed italiana.
La quantificazione degli
standard di sicurezza per la tenuta del contenitore imposti dall'Apat è dieci volte migliore di quella imposta dalle autorità inglesi e francesi e dai paesi europei in generale.
L'improvvisazione paventata nell'interrogazione è del tutto infondata in quanto l'
iter autorizzativo e la preparazione tecnica delle attività di trasporto durano da due anni con continua vigilanza delle autorità competenti.
Il trasporto viene organizzato di concerto con il ministero delle attività produttive, il ministero delle infrastrutture e dell'ambiente (APAT), il ministero dell'interno (prefettura), il ministero dei trasporti, le ferrovie, le autorità locali (comuni e provincia), le istituzioni locali e regionali preposte alla tutela radiologica dei cittadini (Arpa), i vigili del fuoco (comando provinciale) e centro operativo del dipartimento dei vigili del fuoco del dipartimento del soccorso pubblico e della difesa civile presso il ministero degli interni, la questura, i carabinieri, la guardia di finanza, la polfer, gli esperti qualificati delle ferrovie, il vettore appositamente autorizzato e qualificato dalle istituzioni con la propria organizzazione di protezione radiometrica, l'esercente dell'impianto appositamente autorizzato dal ministero per le attività produttive,


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gli enti terzi per controllo e verifica (APAT ed Enea) e gli enti proprietari delle strade interessate.
Tutte le attività vengono svolte nel rispetto del decreto del Presidente della Repubblica 185 del 1964, del Decreto del Presidente della Repubblica 230 del 1995, del Decreto del Presidente della Repubblica 241 del 2000, della legge 1860 del 1962, della legge 131 del 1985, dell'ADR/RID europeo (accordo europeo trasporto internazionale di merci pericolose su strada o ferrovia), del codice della strada per trasporti eccezionali e merci pericolose con relativo regolamento, oltre che nel rispetto delle leggi correlate e dei numerosi decreti applicativi.
I contenitori utilizzati hanno subito apposite prove di qualifica, fra le quali, ad esempio, la verifica della tenuta dopo caduta da 9 metri su superficie rigida e su punzone, secondo il peggior angolo di impatto previsto da progetto, e le ispezioni mediante ultrasuoni delle saldature.
Le attività avvengono nel rispetto dei regolamenti imposti dall'Euratom per il trasferimento di materiali fissili e sotto la vigilanza dei suoi ispettori e del monitoraggio continuo tramite telecamere installate all'interno del deposito, controllate dalla stessa Euratom.
Il personale operativo è qualificato ed addestrato appositamente e le relative attività rappresentano normali attività di esercizio regolamentate dalle prescrizioni tecniche allegate alla licenza di esercizio rilasciata a valle di rigorosa istruttoria del ministero attività produttive.
Sul posto, durante le attività, sono presenti ispettori dell'APAT, competenti sia sull'esercizio dell'impianto, sia sulle attività di movimentazione e trasferimento del combustibile.
Le assicurazioni e le garanzie finanziarie necessarie sono regolamentate per legge e con decreti emessi di concerto tra ministero attività produttive, ministero dei trasporti e ministero dell'interno.
Per verificare l'assenza di impatto radiologico sull'ambiente, viene preparata dall'ARPA una campagna di misure ambientali con prelievi di campioni secondo un piano predisposto
ad hoc, sia prima, sia durante e sia dopo i trasporti. Inoltre sono già state predisposte squadre di tecnici specializzati per eventuali interventi di emergenza.
Quanto detto evita in modo permanente e standardizzato che le attività vengano svolte «con improvvisazione e senza una strategia complessiva che tenga conto, prima di tutto, della salvaguardia degli operatori, dei cittadini e dell'ambiente».
Tale prassi non è eccezionale, ma è normalmente applicata in tutte le attività connesse con attività nucleari svolte in Italia presso gli impianti ed istallazioni nucleari.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio: Altero Matteoli.

BUONTEMPO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
ogni anno, puntualmente, i fatti inerenti la stagione calcistica in corso di svolgimento riempiono le cronache non solo per i meriti sportivi espressi, ma, troppo spesso per gli incidenti e gli scontri tra opposte tifoserie e le forze di polizia impegnate nel mantenimento dell'ordine pubblico;
in occasione della partita di calcio Lazio-Milan, disputatasi allo stadio Olimpico di Roma il 29 settembre 2002, negli incidenti accaduti intorno alle ore 17, quaranta agenti tra cui alcune donne, tutti sprovvisti dell'adeguata attrezzatura antisommossa, sono finiti in balia di una novantina di ultras armati di sampietrini, spranghe metalliche e bottiglie molotov;
durante gli scontri, un giovane agente di polizia è stato percosso e, sembra, abbia addirittura subìto il furto della pistola d'ordinanza;
secondo quanto denunciato, pubblicamente, dal sindacato delle forze di polizia «Rinnovamento Sindacale», buona parte degli agenti impegnati erano provati


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per aver svolto servizio di ordine pubblico durante la manifestazione della CGIL avvenuta nella mattinata del 29 settembre 2002;
secondo quanto risulta all'interrogante questi agenti non solo erano sprovvisti del necessario e previsto equipaggiamento, compresa la tuta speciale da ordine pubblico, ma indossavano la normale divisa d'ordinanza con il cinturone bianco provvisto di fondina ad estrazione rapida dell'arma;
è facile comprendere con quale facilità, nel corso di una mischia o carica eventuali malintenzionati possano sfilare l'arma dalla fondina che, proprio per tale motivo, non è adatta a questa tipologia di servizio -:
se non si ritenga opportuno intervenire efficacemente per evitare il ripetersi di simili episodi, garantendo al personale di Polizia in servizio di ordine pubblico l'indispensabile e specifica attrezzatura prevista;
se non intenda assumere le opportune iniziative normative atte a prevedere la responsabilità oggettiva delle società sportive professionistiche nella gestione e organizzazione degli eventi sportivi e delle caratteristiche degli impianti messi a disposizione.
(4-05746)

Risposta. - Si ribadisce quanto riferito dal Ministro dell'interno alla Camera dei Deputati il 12 febbraio 2003, in risposta ad una analoga interrogazione.
Il Governo ha concretamente affrontato il problema, nella riunione del Consiglio dei Ministri di venerdì 21 febbraio 2003, con un apposito decreto-legge presentato per la conversione in legge alla Camera con il disegno di legge A.C. 3709; la Commissione giustizia della Camera lo ha approvato con integrazioni e a giorni è previsto l'esame da parte dell'Aula.
In tale provvedimento, è stata introdotta la possibilità di procedere ad arresto «differito», entro le successive 36 ore, di persone che vengono riconosciute responsabili di episodi di violenza in occasione di manifestazioni sportive, sulla base di documentazione videofotografica o di altri elementi dai quali emerga con evidenza il compimento del fatto e la paternità dell'autore.
Tale possibilità viene garantita quando non sia possibile procedere immediatamente all'arresto per ragioni di sicurezza o incolumità pubblica.
Grazie a questa nuova normativa, che ricalca quella approvata dal Governo in sede di predisposizione del precedente decreto-legge, ma è stata ulteriormente arricchita conformemente alle sollecitazioni emerse proprio in sede di conversione di quel provvedimento, è stato possibile assicurare alla giustizia i responsabili dei fatti di violenza negli stadi compiuti a partire già da domenica 23 febbraio 2003.
Dal monitoraggio dei dati relativi alle cinque giornate di vigenza del decreto legge «antiviolenza», raffrontate con le cinque precedenti, emerge un significativo incremento dell'attività di repressione attuata dalle forze dell'ordine, alla quale è corrisposta una positiva inversione dell'andamento del fenomeno della violenza degli stadi.
Infatti dai dati forniti dal dipartimento di pubblica sicurezza del ministero dell'interno, risulta:
1. l'aumento del 37 per cento delle persone arrestate (da 43 a 59, di cui 33 in applicazione del decreto-legge);
2. la riduzione del 2,8 per cento degli incidenti con feriti (da 35 a 34);
3. la riduzione del 53,8 per cento delle gare nel corso delle quali le forze dell'ordine hanno dovuto far ricorso all'uso di lacrimogeni (da 13 a 6);
4. la riduzione del 5,7 per cento dei feriti tra le forze dell'ordine (da 138 a 131).

Il positivo impatto della nuova legge sulla violenza negli stadi è dimostrata anche dall'andamento, nelle cinque giornate, degli episodi di violenza.
Si rileva infatti un generale contenimento degli incidenti, con picchi isolati determinati dai gravi fatti registrati nel


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corso delle gare Roma-Lazio dell'8 marzo 2003 (31 feriti tra i civili, 28 tra le forze dell'ordine, 71 lacrimogeni utilizzati, 8 persone arrestate e 5 denunciate in stato di libertà) e Napoli-Verona del 16 marzo 2003) (46 lacrimogeni utilizzati e 6 persone denunciate in stato di libertà).
L'analisi dei dati relativi all'attività svolta dalle forze di polizia e i risultati conseguiti durante il periodo di vigenza del cosiddetto «arresto differito», previsto dal decreto legge 20 agosto 2001, n. 336, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 ottobre 2001, n. 337, dimostrano in modo non equivoco l'effetto deterrente di tale istituto, che - rispetto al campionato precedente - ha fatto registrare l'incremento del 213 per cento del numero di arresti e di denunce (che si abbatte al 4 per cento nel campionato in corso) ed un contestuale decremento del 27 per cento del numero di episodi di violenza (+92 per cento nel campionato in corso), e la diminuzione del 62 per cento dei feriti tra le forze dell'ordine (+480 per cento nel campionato in corso) e del 3 per cento dei feriti civili (+29 per cento nel campionato in corso).
È utile ricordare che su 818 persone denunciate e in stato di libertà, ben il 66 per cento è stato individuato in base alle riprese televisive come autore dei reati per i quali sarebbe previsto l'arresto in flagranza che, per condizioni ambientali, non si è potuto effettuare. Queste persone, nelle more del procedimento, sono state libere di accedere agli stadi con possibilità di reiterare la condotta delittuosa.
Va aggiunto che il Consiglio dei Ministri, nella seduta di venerdì 28 febbraio 2003, ha condiviso un emendamento presentato dal Ministero dell'interno al disegno di legge n. 3709, di conversione del decreto-legge n. 28, con il quale viene prevista, come «extrema ratio» nel caso di evenienze non altrimenti fronteggiabili e presumibilmente in grado di determinare gravi turbative, la possibilità per il Prefetto, sentito il comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, con l'integrazione dei rappresentanti del Ministero per beni e le, attività culturali e del CONI, di differire lo svolgimento di manifestazioni sportive ad altra data ritenuta idonea, ovvero, in caso di particolare pericolo di grave turbativa, il divieto dello svolgimento di manifestazioni sportive per periodi di durata ciascuno non superiore ai 30 giorni.
Vi è un ulteriore emendamento del Governo, già proposto e approvato in Commissione, sui compiti delle società sportive, che disciplina l'acquisto e la vendita dei biglietti e l'accesso agli impianti in cui si svolgono competizioni sportive.
In particolare, si prevede, oltre la numerazione dei biglietti e le identificazione dello spettatore, la verifica elettronica della regolarità del biglietto mediante l'utilizzo di apposite apparecchiature e la dotazione all'interno degli impianti sportivi di apparecchiature che consentano la registrazione televisiva dell'area riservata al pubblico sia all'interno che nelle immediate vicinanze.
Il Governo confida nell'efficacia dell'azione sinergica delle disposizioni fin qui riassunte, che possono costituire un valido deterrente per i tifosi più accesi che vedrebbero così frustrato il desiderio di seguire la squadra del cuore.
Venendo all'episodio oggetto dell'interrogazione, si ricorda che all'incontro di calcio della Serie «A» tra Lazio e Milan, svoltosi presso lo Stadio Olimpico di Roma alle ore 20,30 di sabato 28 settembre 2002, hanno assistito circa 60.000 spettatori, di cui 4.000 circa ospiti, giunti da Milano e da altre città italiane.
Considerata la notevole affluenza di pubblico e la forte presenza della tifoseria ospite, e tenuto conto che tra le fila del Milan avrebbe giocato Alessandro Nesta, per molti anni capitano della Lazio, il cui passaggio alla società rossonera avrebbe potuto ingenerare episodi di contestazione da parte dei
supporters laziali, la questura di Roma ha disposto un rafforzamento delle ordinarie misure di ordine Pubblico adottate in occasione degli incontri di campionato delle società romane.
In particolare, è stato previsto l'impiego di un'ingente aliquota di personale della Polizia di Stato e dell'Arma dei Carabinieri sia per i servizi all'interno dello stadio, sia all'esterno, al fine di prevenire e scongiurare contatti tra gruppi di tifosi.


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Alle ore 19,40 circa, all'altezza del settore «distinti est», al di fuori dello stadio, alcuni tifosi hanno aggredito agenti del reparto mobile di Firenze, preposto al servizio esterno, e nella circostanza, è stato ferito un agente.
Accompagnato presso l'ospedale San Giacomo, all'agente è stata riscontrata una contusione alla caviglia destra e alla coscia sinistra, e l'infrazione al malleolo interno destro, con prognosi di 25 giorni; lo stesso veniva comunque dimesso dall'ospedale.
Nella stessa circostanza, sono state effettuate azioni di alleggerimento da parte del personale della Polizia di Stato, e, nel corso di una di esse, un agente in forza al commissariato di P.S. «Prenestino», si accorgeva di aver smarrito la pistola di ordinanza, a causa dell'accidentale rottura, per cedimento, del gancio metallico di trattenimento della fondina durante un intervento di alleggerimento.
Per chiarire altri episodi citati nell'interrogazione, si sottolinea inoltre che, nel pomeriggio del 28 settembre 2002, dalle 14,00 alle 20,00, era prevista una manifestazione del partito della Rifondazione comunista, con corteo da piazza del Colosseo a piazza del Popolo, per la quale la Questura aveva previsto l'impiego di congrue aliquote di Forze di polizia, tra cui personale dipendente in forza al reparto mobile di Firenze.
Considerato il pacifico svolgimento della citata manifestazione, alcune unità di Forze di polizia, dislocate per la stessa sono state, invece, dirottate presso lo stadio Olimpico, al fine di rafforzare il dispositivo previsto, attesa la prevedibile maggiore necessità e rispettando, comunque, l'orario di servizio.
In ordine all'ultima richiesta formulata dall'interrogazione, si ricorda che sono allo studio misure per un maggiore coinvolgimento dei diversi soggetti interessati, a vario titolo, allo svolgimento delle partite.
In modo particolare alle società sportive, direttamente interessate al contesto organizzativo degli avvenimenti, potrebbero essere assegnati compiti di vigilanza interna agli stadi con proprio personale addetto, anche nell'ottica di un progetto di privatizzazione degli impianti da attuarsi con la necessaria gradualità. Questa misura, che consentirebbe di recuperare personale delle Forze dell'ordine per i servizi di prevenzione e di filtraggio degli spettatori all'esterno dello stadio, corrisponderebbe tra l'altro, alle raccomandazioni del consiglio d'Europa, che ha invitato gli Stati membri ad affidare all'organizzatore dell'evento la sicurezza all'interno degli impianti, secondo una procedura già attuata in molti Paesi europei quali Belgio, Inghilterra e Olanda.
Si aggiunge che, sulla base delle analisi condotte dal centro nazionale di informazione sulle manifestazioni sportive istituito presso il ministero dell'interno, l'accresciuta contrapposizione delle società sportive costituisce, unitamente ad altri fattori, uno dei principali elementi critici nel determinare l'incremento delle violenze negli stadi.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alfredo Mantovano.

CALZOLAIO, VIGNI, PISA e RANIERI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
l'Eritrea, che ha ottenuto l'indipendenza dall'Etiopia nel 1993 dopo il referendum svolto sotto la supervisione dell'Unione europea, de facto è Stato indipendente dal 1991 sotto il governo provvisorio del capo dell'EPLF (Fronte di liberazione popolare dell'Eritrea) Issayas Afewerki;
la Costituzione del 1997 permetteva il pluralismo dei partiti ma la nuova guerra con l'Etiopia (1998-2000) ha rallentato notevolmente il processo democratico così che l'unico partito presente nel paese è l'EPLF che nel frattempo ha cambiato nome diventando PFDJ (Fronte per la democrazia e giustizia);
secondo un rapporto di Amnesty International, all'esercizio del diritto di critica verso la politica governativa si è risposto con gli arresti di ministri e altri dirigenti statali, la chiusura della stampa privata, arresti dei giornalisti e studenti...;


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nel gennaio 2001 una delegazione parlamentare si è recata in visita ad Asmara guidata dal futuro vicepresidente del Consiglio Gianfranco Fini in appoggio al governo di Isais Aferwerki;
sempre secondo un rapporto di Amnesty International, nel settembre 2001 l'ambasciatore italiano Antonio Bandini, è stato espulso dall'Eritrea per aver condotto una delegazione dell'Unione europea davanti alle autorità protestando contro gli arresti e gli stessi diplomatici dell'Unione europea stati temporaneamente richiamati dai loro governi;
il 14 giugno 2002 la BBC riporta la notizia (senza che essa venga ripresa da altri organismi di stampa italiana) della ripresa dei contatti diplomatici con l'Eritrea, otto mesi dopo l'espulsione dell'Ambasciatore Bandini, in seguito ad una visita del Presidente Issayas Afeworki a Roma;
la lunga guerra con l'Etiopia e l'attuale situazione nel paese (secondo Amnesty International oggi in Eritrea sono impediti i più elementari diritti civili, ogni cittadino, uomo o donna tra 18-40 anni è chiamato al servizio militare senza la possibilità di obiezione di coscienza) hanno causato numerosi profughi in Europa, la maggior parte dei quali si trova in Italia e a Malta;
la fine ufficiale del conflitto tra Eritrea ed Etiopia ha significato paradossalmente che tanti profughi hanno perso lo status di rifugiato di guerra e se venissero rimpatriati in Eritrea potrebbero essere accusati come disertori (ultimamente sono state rimpatriate da Malta 177 persone e non si sa nulla sulla loro condizione);
i giovani che sono arrivati illegalmente in Italia (circa 300) e hanno chiesto asilo politico sono in condizioni penose, in quanto «sub-iudice» per la richiesta di asilo politico non possono lavorare e avrebbero diritto a un piccolo sussidio che non gli viene corrisposto perché il Ministero, per quanto risulta all'interrogante, non avrebbe reso disponibili i fondi -:
come il Ministro giudichi l'attuale situazione politica in Eritrea e che cosa intenda fare per far rispettare la Carta dei diritti universali dell'uomo delle Nazione Unite, specificamente il diritto alla vita che nei casi di rimpatrio forzato ovviamente non viene garantito e che cosa si intenda fare per aiutare le persone attualmente in Italia, che hanno fatto richiesta per ottenere l'asilo politico.
(4-04392)

Risposta. - Il conflitto con l'Etiopia ha caratterizzato fortemente le relazioni internazionali dell'Eritrea e la posizione internazionale del Paese negli ultimi quattro anni. Esso è esploso il 6 maggio 1998 e si è concluso il 12 dicembre 2000, con accordo firmato ad Algeri grazie allo sforzo congiunto dell'OUA, degli Stati Uniti e dell'Unione europea. È attualmente in corso un laborioso processo di pace tra i due paesi. L'Eritrea, in particolare, ha accettato il verdetto della Commissione di delimitazione e demarcazione del confine etio-eritreo, pubblicato il 13 aprile 2002, dichiarando di considerarlo definitivo e vincolante ed, a riprova della sua volontà di non rimettere in discussione quanto stabilito, ha recentemente provveduto a liberare tutti i prigionieri di guerra etiopi ancora detenuti sul suolo eritreo.
Il conflitto ha messo a dura prova il sistema economico del paese e si è tradotto in ingenti danni, quantificabili, alla fine del 2000 in circa 565 milioni di dollari USA, pari al 93 per cento del PIL relativo allo stesso anno. L'Eritrea si trova attualmente a dovere affrontare il difficile passaggio da una economia di guerra ad una economia di pace. Inoltre, il conflitto ha determinato in Eritrea ampi movimenti interni di popolazione e la creazione di numerosi campi profughi. In conseguenza di questi fenomeni, un milione di persone circa risultavano colpite direttamente o indirettamente dagli effetti del conflitto.
Sul piano interno il conflitto ha bloccato l'embrionale processo di democratizzazione iniziato con l'approvazione di una Costituzione e l'annunciata introduzione del multipartitismo e di una nuova legge elettorale. La mancata entrata in vigore


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della Costituzione ha alimentato le critiche di un gruppo, i cosiddetti «riformisti» (tra i quali figurano gli ex Ministri degli Esteri Petros Solomon e Haile Woldensae, nonché l'ex Vicepresidente Mahamoud Sharifo) alle quali l'attuale leadership ha risposto con l'allontanamento dei dissidenti dalle cariche governative e con il loro successivo arresto, in data 18 settembre 2001.
In tale contesto si inserisce l'espulsione dal paese dell'ambasciatore d'Italia Bandini dopo che questi, nella sua qualità di rappresentante della presidenza locale dell'Unione europea, aveva effettuato un passo presso il ministro degli esteri eritreo per esprimere la viva preoccupazione dell'Unione europea per la situazione.
Il 18 ottobre 2002, in una lettera indirizzata al primo Ministro danese Ramussen, il Presidente lsayas Afeworki aveva peraltro auspicato il superamento delle incomprensioni verificatesi nelle relazioni con l'Unione europea esprimendo l'invito alla Presidenza di turno a riavviare un «dialogo reciprocamente fruttuoso», come previsto dall'Accordo di Cotonou.
È utile far presente che a seguito dell'espulsione del nostro Ambasciatore ad Asmara, era stata disposta la temporanea sospensione dell'avvio di nuove iniziative di cooperazione, ad eccezione dell'aiuto a carattere umanitario.
Tale sospensione era legata strettamente alla politica dell'Unione europea ed era correlata al concetto posto dal Governo come linea di indirizzo e cioè la cooperazione come dividendo della democrazia, del rispetto dei diritti umani e della good governance.
I rapporti sono ora ripresi ed è stato riavviato il dialogo sulla cooperazione, che verrà approfondito nei prossimi mesi attraverso contatti bilaterali.
Ai principi della democratizzazione, del rispetto dei diritti umani, del processo di pace e alla lotta al terrorismo resterà commisurata la disponibilità nostra e dell'Unione europea nel sostenere pienamente il processo di riforma politica ed economica eritrea. La normalizzazione delle relazioni sarà attuata instaurando un dialogo politico strutturato, con la sua agenda e la sua periodicità.
Naturalmente, l'aumento degli espatri, anche illegali, dall'Eritrea registrato negli ultimi tempi è sostanzialmente legato alla precaria situazione economica, ulteriormente peggiorata a seguito della recente crisi alimentare dovuta alla siccità, ed al tentativo soprattutto da parte delle generazioni più giovani di sottrarsi agli obblighi di leva.
In Eritrea il servizio militare è infatti obbligatorio per tutti i cittadini di ambo i sessi che abbiano compiuto i 18 anni di età e sino al compimento dei 40 e dura 18 mesi. Trattasi di misura che durante la guerra con l'Etiopia ha incontrato un generale consenso, con frequenti casi di arruolamento volontario. La situazione è cambiata dopo la fine del conflitto e dopo il lancio, all'inizio del 2002, della campagna «Warsai Yikealo» che prevede un ulteriore periodo di servizio civile per lavori di pubblica utilità, con salari ridotti. Il rifiuto di gran parte delle nuove generazioni di rispondere alla chiamata alle armi e l'accentuarsi di fenomeni di diserzione hanno indotto le autorità eritree ad operazioni di arruolamento forzato, con severi e capillari controlli.
È inoltre da precisare che la legislazione penale vigente in Eritrea prevede la pena di morte per i casi più gravi di diserzione in tempo di emergenza, mobilitazione generale o guerra. Non sembra però che il caso degli attuali immigrati eritrei possa rientrare in tale casistica, trattandosi per lo più di fenomeni di renitenza alla leva. In ogni caso, le autorità eritree sostengono che dal 1993 ad oggi non vi siano stati giudizi in cui siano state pronunciate sentenze di morte. Tale affermazione è confermata dall'ultimo rapporto sull'Eritrea di
Amnesty International, in cui l'organizzazione si congratula per l'effettiva sospensione della pena di morte dall'indipendenza del Paese.
Sul piano generale, non abbiamo notizia di casi di persecuzioni generalizzate di particolari gruppi sociali per motivi politici, etnici, religiosi o di altro tipo.


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Per quanto riguarda la condizione dei rifugiati eritrei che negli ultimi decenni sono fuggiti dal Paese, si fa presente che la maggior parte di essi si trova in Sudan. Una serie di accordi tripartiti tra l'UNHCR, il Governo eritreo e quello sudanese prevede il rimpatrio volontario dei rifugiati eritrei.
Dal maggio del 2001 ad oggi circa 51.000 profughi eritrei sono stati volontariamente rimpatriati in condizioni di sicurezza e sotto il controllo dell'UNHCR. Nella sua allocuzione, alla III Commissione dell'assemblea generale delle Nazioni Unite, il 7 novembre 2002, lo stesso alto commissario ha citato l'Eritrea fra i Paesi in cui si erano registrati sviluppi positivi per quanto concerne il rientro dei profughi evidenziando come le relazioni e la collaborazione dell'alto commissariato per i rifugiati e le autrorità eritree si fossero progressivamente rafforzate e consolidate.
Tali sviluppi, che hanno fatto seguito alla cessazione dello stato di ostilità fra Eritrea ed Etiopia nel giugno del 2000, hanno indubbiamente contribuito ad indurre l'alto commissario a dichiarare, conformemente alle disposizioni della convenzione sui rifugiati del 1951, la cosiddetta
cessation clause ovverosia il venire meno, tecnicamente le ceased circomstances, delle condizioni che lo avevano indotto ad invocare la protezione internazionale per i cittadini eritrei in fuga dal conflitto che ne avessero fatto richiesta ad uno Stato terzo. I mutamenti intervenuti nella situazione interna eritrea sembrano peraltro giustificare la decisione dell'alto commissario. Tale decisione ha una portata di carattere generale che non impedisce tuttavia ai singoli di richiedere su base personale da valutare caso per caso il riconoscimento dello status di rifugiato. In merito alla cessation clause decretata dall'Alto Commissariato occorre inoltre precisare quanto segue:
a) essa non rappresenta in alcun modo una misura vincolante per gli Stati i quali possono quindi liberamente revocare o meno lo status di rifugiato già concesso;
b) la cessation clause potrebbe essere invocata solo per coloro i quali avessero ottenuto io status di rifugiato in riconoscimento dello stato di guerra esistente nel Paese, ed avrebbe in ogni caso effetto nel caso specifico per i profughi eritrei entrati nel nostro Paese prima del 91 e fra il 98 ed il 2000;
c) lo stato italiano dovrebbe in ogni caso eventualmente garantire a tutti coloro i quali ricadessero nella previsione di cui al precedente punto, la possibilità di richiedere un riesame della loro situazione individuale e potrebbe valutare di concedere, anche sulla base di motivazioni diverse dallo stato di guerra, lo status di rifugiato;
d) la cessation clause è soprattutto una misura di carattere interno che serve all'UNHCR per definire giuridicamente e chiudere da un punto di vista amministrativo determinate situazioni consentendole di aggiornare periodicamente la lista delle aree di crisi nelle quali sussistono i presupposti di intervento e riprogrammare le proprie priorità.

Come considerazione di carattere generale occorre evidenziare che in ogni caso la Convenzione di Ginevra si ispira al principio di fondo che i rimpatri dovrebbero sempre avvenire su basi volontarie e non coatte.
In particolare, per quanto riguarda il nostro Paese, e in relazione a quanto sopra detto, l'Italia mantiene una competenza decisionale autonoma, indipendente dalle determinazioni dell'UNHCR in tema di revoca dello
status di rifugiato. Le richieste di riconoscimento dello status di rifugiato politico presentate da eritrei in Italia continueranno pertanto ad essere esaminate secondo la procedura ordinaria prevista dal decreto del Presidente della Repubblica 15 maggio 1990 n.136 e dalla Convenzione di Dublino del 15 giugno 1990 e decise dalla Commissione centrale per il Riconoscimento dello Status di Rifugiato (che verrà sostituita dalle Commissioni territoriali e dalla Commissione Nazionale per il diritto dell'asilo, secondo quanto prevede la Legge 189/2002, non appena verranno emanati


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i relativi regolamenti di attuazione). In caso di rigetto della domanda, può inoltre trovare applicazione l'articolo 5 comma 6 del decreto legislativo n. 286 del 1998 che prevede la revoca o il rifiuto del permesso di soggiorno, fatto salvo che non ricorrano seri motivi, in particolare quelli di carattere umanitario.
Allo stato attuale, l'ambasciata d'Italia in Asmara non ha notizia di cittadini eritrei espulsi dall'Italia e rientrati nel Paese perché non sarebbe stato riconosciuto loro lo status di rifugiato. Eventuali rientri sarebbero dunque avvenuti su base volontaria, con la conseguenza della perdita di tale status. Anche in quest'ultimo caso, qualora ne ricorrano i presupposti, può essere sempre riproposta la richiesta di asilo in Italia.
Per quanto riguarda i cittadini eritrei espulsi da Malta e rientrati nel Paese, i 177 profughi sarebbero attualmente in stato di fermo presso il campo di detenzione di Adi Abeito, a pochi chilometri dalla capitale, per accertamenti da parte delle Autorità di polizia locali, volti ad individuare l'eventuale sussistenza di reti logistiche locali coinvolte nell'attività di espatrio ed emigrazione clandestini. Fonti UNHCR hanno peraltro fatto presente che la situazione specifica di tale gruppo di persone sia in realtà poco chiara, che le stesse sarebbero giunte contemporaneamente a Malta e non avrebbero avanzato nei confronti delle Autorità locali alcuna richiesta di asilo. Ad ogni modo le loro condizioni di detenzione sembra siano conformi ai parametri locali e non sarebbero in ogni caso peggiori di quelle cui sono sottoposti altri detenuti.
Occorre evidenziare che l'Eritrea non è stata oggetto di risoluzioni di condanna per violazione dei diritti umani né in occasione della 58a sessione della Commissione delle Nazioni Unite per i diritti umani, svoltasi a Ginevra nei mesi di aprile-maggio scorsi, né in occasione dei lavori della III Commissione dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, svoltasi a New York nei mesi di ottobre-novembre 2002. In tale occasione, l'Eritrea non è stata neanche citata nel rapporto presentato dall'alto Commissario per i Diritti Umani alla Commissione.
Sulla base di informazioni acquisite dalla nostra Ambasciata in Asmara peraltro non si riscontrano al momento nel Paese casi particolari e sistematici di persecuzioni in danno di specifici gruppi sociali per motivi etnici, politici o religiosi.
L'Italia, nell'ambito delle sue articolate relazioni bilaterali con Asmara, continuerà a seguire con attenzione anche l'evoluzione della situazione dei diritti umani nel Paese.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Luigi Mantica.

CARBONELLA. - Al Ministro delle attività produttive. - Per sapere - premesso che:
la Dow-Chemical di Brindisi ha aperto la procedura di mobilità per i 143 dipendenti a seguito del mancato accordo sulla vendita degli impianti;
il 24 dicembre 2002 alla presenza di un dirigente del Ministero delle attività produttive si è tenuto un incontro in prefettura per riattivare un tavolo negoziale tra le parti contraenti;
in tale occasione si è deciso di approfondire la situazione e rinviare ogni tipo di scelta alla terza settimana di gennaio;
di fronte alla decisione unilaterale della Dow, i lavoratori hanno bloccato la fabbrica sia per difendersi dal rischio dei licenziamenti che per rivendicare la proroga della C.I.G., che scade il 31 marzo 2003 -:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti e come intenda attivarsi per far ritirare il provvedimento assunto dalla Dow;
quali iniziative, di concerto con il Ministero del lavoro, ritenga di assumere per garantire la C.I.G. per il 2003;
se risulta siano pervenute altre richieste per rilevare gli impianti della Dow, od attivarsi per garantirne la continuità produttiva;


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se non ritenga opportuno convocare, con estrema urgenza, un incontro a Roma, per scongiurare il rischio di perdere diverse centinaia di posti di lavoro, diretti ed indiretti, in un'area già duramente colpita dalla crisi occupazionale.
(4-04954)

Risposta. - Si fa presente che Dow Chemical è pervenuta alle determinazioni di chiudere i due stabilimenti di Brindisi (intestato alla Dow Poliuretani) e Pisticci (Inca International), avendo maturato il convincimento che entrambi siano stati messi definitivamente fuori mercato dalle evoluzioni intervenute nei rispettivi ambiti di attività, evoluzioni che ne hanno pesantemente pregiudicato ogni capacità competitiva. Tali valutazioni conseguono anche agli esiti negativi registrati negli ultimi esercizi dalle due società, con perdite che la Dow Chemical, a livello della holdin internazionale, non ritiene di poter più sopportare, soprattutto in assenza di prospettive di recupero di redditività nelle rispettive produzioni.
Mentre per i 70 lavoratori dello stabilimento di Pisticci la Dow ha attivato una procedura che, con il ricorso alla mobilità protetta per 40 unità o ad azioni di accompagnamento al reimpiego o a interruzione volontaria del rapporto di lavoro per le restanti, non lascia intravedere il manifestarsi di conseguenze drammatiche almeno sotto il profilo sociale (pur nella perdita di un cespite produttivo di rilevante consistenza), molto più complessa appare la situazione dell'impianto MDI di Brindisi.
Il ministero delle attività produttive non sta lesinando sforzi per consentire che si possa pervenire alla ripresa dell'attività produttiva per l'impianto di Brindisi, sostenendo l'azione di imprenditori che hanno manifestato concreto interesse al suo rilancio, con interventi che possano restituire economicità alle lavorazioni attraverso il contenimento dei costi di
utilities e servizi che sono causa prima della perdita di competitività dello stesso.
L'azione intrapresa ha consentito di definire intese con Polimeri Europa per la fornitura di alcune
utilities fondamentali (con particolare riferimento al ciclo delle acque ed alla distribuzione del gas) nonché con la società consortile che gestisce i servizi di stabilimento, intese che prevedono abbattimenti di costi dell'ordine del 30 per cento. Per quanto riguarda la fornitura di energia elettrica, i vantaggi per l'impianto MDI di Brindisi potranno venire solo con l'autorizzazione all'esercizio della centrale Brindisi Nord di EdiPower.
A seguito di tali esiti, i soggetti imprenditoriali interessati a rilevare lo stabilimento MDI hanno riconfermato il loro interesse a concludere l'operazione ed hanno sollecitato la controparte ad un incontro che potrebbe essere conclusivo di un'azione che potrà garantire continuità occupazionale per i 130 dipendenti dello stabilimento e per i circa 200 addetti dell'indotto.
Il Sottosegretario di Stato per le attività produttive: Mario Carlo Maurizio Valducci.

CARDIELLO e FASANO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
nella notte di lunedì 14 e martedì 15 ottobre 2002, si è registrata un'evasione di tre extracomunitari di origine albanese dalla casa di reclusione di Vallo della Lucania (Salerno);
si tratta di persone detenute per reati legati a violenze sessuali e, pertanto, vanno considerati come soggetti socialmente pericolosi;
ad accorgersi della fuga sono stati gli agenti della polizia penitenziaria, che hanno dato l'allarme, facendo scattare immediatamente le ricerche;
la struttura di Vallo della Lucania, si presenta in uno stato fatiscente e, malgrado gli sforzi profusi dalla direzione e dal personale di custodia, evidentemente la struttura non è in grado di garantire le misure di sicurezza necessarie;
andrebbe, pertanto, incrementato il numero degli agenti in servizio presso


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quell'Istituto di pena, per evitare il ripetersi di fatti così gravi e incresciosi -:
quali utili interventi il Ministro intenda adottare per assicurare tutte le misure di sicurezza necessarie alla casa di reclusione di Vallo della Lucania;
se il Governo intenda prendere in considerazione un piano di incremento del personale di guardia penitenziaria al fine di destinare unità aggiuntive alla struttura carceraria in oggetto.
(4-04236)

Risposta. - Si rappresenta che in data 15 ottobre 2002 i detenuti albanesi Krasniqui Ismail, Isufi Bleadar e Kume Arben sono evasi dalla casa circondariale di Vallo della Lucania, dopo avere praticato un foro nel muro della cella prospiciente la strada comunale.
In merito alla vicenda sono stati esperiti accertamenti amministrativi e sono in corso indagini da parte della competente autorità giudiziaria.
La commissione ispettiva, pur avendo escluso uno stato di connivenza fra gli evasi ed il personale, ha potuto accertare che gli operatori hanno dato dimostrazione, nella vicenda, di notevole negligenza, valutabile sul piano disciplinare e ciò in relazione al fatto che l'evasione non si è determinata in un breve lasso di tempo, ma ha richiesto attività preliminari che si sono protratte per diversi giorni.
A tal proposito si comunica che la competente direzione generale del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria in data 7 novembre 2002 ha dato avvio all'azione disciplinare, ai sensi dell'articolo 5, terzo comma lettera
h) del decreto legislativo 449 del 1992 (sospensione dal servizio per un periodo da uno a sei mesi), nei confronti di tre unità di personale di polizia penitenziaria.
In data 16 gennaio 2003 la competente procura della Repubblica ha comunicato l'iscrizione nel registro degli indagati del suddetto personale in relazione alle fattispecie di reato previste agli articoli 387 del codice penale (colpa del custode che cagiona l'evasione di persone arrestate o detenute per un reato) e 479 codice penale (falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici) e, pertanto, i procedimenti disciplinari sono stati sospesi, ai sensi dell'articolo 9 del decreto legislativo 449 del 1992 (sospensione procedimento disciplinare connesso con procedimento penale), dopo aver ricevuto da parte del funzionario istruttore la relazione conclusiva dell'inchiesta.
Lette le giustificazioni che gli incolpati hanno rimesso, secondo la procedura del citato decreto legislativo 449 del 1992, e reso atto delle conclusioni cui è addivenuto lo stesso funzionario istruttore, la competente direzione generale ha ritenuto di soprassedere per il momento, dall'assumere determinazioni di natura cautelare nei riguardi del predetto personale.
In data 5 novembre 2002 il detenuto Krasniqui Ismail è stato tratto in arresto ed associato alla casa circondariale di Salerno; il 15 novembre 2002 è stato arrestato Kume Arben, attualmente ristretto presso la casa circondariale di Vallo della Lucania.
Risulta ancora latitante il detenuto Isufi Bledar.
Per quanto concerne la struttura, si evidenzia che l'istituto di Vallo della Lucania è situato presso un immobile la cui costruzione risale al 1864, concepito come convento ed adattato a penitenziario nel 1951.
Il competente provveditorato regionale, nell'ambito delle risorse disponibili, provvede a far eseguire interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria per migliorarne le condizioni igienico-sanitarie.
Nel programma di edilizia penitenziaria relativo agli anni 2003-2005 sono stati inseriti i seguenti interventi:
a) anno 2003 - ampliamento passaggio detenuti - importo stimato euro 300.000,00;
a) anno 2004 - ristrutturazione muro di cinta - importo stimato euro 250.000,00.

In ordine alla proposta di costruire un nuovo istituto in sostituzione dell'attuale struttura, si ritiene opportuna sottolineare che ogni decisione in merito viene presa in seno al comitato paritetico per l'edilizia


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penitenziaria, tenuto conto, in via prioritaria, dell'elenco degli istituti da dismettere, perché strutturalmente inidonei, fissato con decreto ministeriale 30 gennaio 2001, emanato ai sensi della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (legge finanziaria per il 2001) oltre agli istituti inseriti nel predetto elenco, nel corso dell'ultima seduta tenutasi il 27 febbraio 2002, il comitato paritetico ha deliberato di inserire nella programmazione la costruzione dei nuovi istituti di Mistretta e Catania.
La costruzione di una nuova casa circondariale a Vallo della Lucania, non rientra nell'attuale programma di edilizia penitenziaria, fissato con decreto interministeriale (giustizia-infrastrutture) del 3 giugno 2002.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.

CENTO, LION e BULGARELLI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
risulta agli interroganti che nella notte tra sabato 28 e domenica 29 luglio 2001, fortissimi schiamazzi provenivano da un nucleo abitato di via S. Bartolomeo (comune di Brescia) coincidente con la sede del comando provinciale dei vigili del fuoco;
sulla base delle numerose proteste elevate dai cittadini ivi residenti e pervenute telefonicamente ed in numero consistente ai centralini dei carabinieri, polizia di Stato e polizia municipale, nonché allo stesso centralino dei vigili del fuoco e dei conseguenti relativi sopralluoghi, sembrerebbe che i rumori, riconducibili ad impianto stereofonico, provenissero dall'alloggio di servizio ed annesso terrazzo in uso al comandante provinciale dei vigili del fuoco;
risulta che i suddetti rumori molesti siano proseguiti sino alle ore tre di domenica senza che le forze dell'ordine intervenute, segnatamente carabinieri e vigili urbani, riuscissero nell'intento di ripristinare la legalità anche per la difficoltà di procedere all'identificazione delle persone in quel momento presenti all'interno dell'alloggio di servizio -:
quale sia la dinamica dei fatti e qualora le notizie su esposte fossero fondate se e quali provvedimenti il Ministro ritenga di adottare nei confronti degli assegnatari dell'alloggio di servizio del comando provinciale succitato.
(4-00571)

Risposta. - In merito all'episodio verificatosi nella notte fra il 28 e il 29 luglio 2002, risulta che effettivamente in quella data il figlio del comandante provinciale dei vigili del fuoco di Brescia, aveva invitato alcuni amici a trascorrere la serata presso l'alloggio di servizio assegnato al predetto funzionario.
Intorno alle 00,30, due carabinieri comunicavano al figlio del comandante che qualcuno aveva loro telefonato, lamentando l'elevato volume della musica proveniente da uno stereo situato nell'alloggio.
L'amministrazione dell'interno non ha riscontrato motivi validi per adottare alcun provvedimento nei confronti degli assegnatari del predetto alloggio, tenuto anche conto che l'autorità giudiziaria e gli organi di Polizia giudiziaria non hanno rinvenuto alcun illecito imputabile all'autore dei fatti.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Maurizio Balocchi.

CENTO. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
la recente guerra tra l'Eritrea e l'Etiopia, durata ben due anni, oltre ad aver causato inutili e gravi perdite umane da parte di entrambi i popoli interessati, in Eritrea in particolare la situazione interna ha avuto dei risvolti molto gravi e drammatici sia a livello politico, economico e sociale;
il regime vigente di Asmara capeggiato dall'unico partito al potere il PFDJ, ha vanificato tutte le speranze della gente comune contrapponendo alle richieste di cambiamento una politica di feroce dittatura che non ha precedenti nella storia dell'Eritrea con l'arruolamento forzato


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nell'esercito della gioventù, gli abusi verso le donne, la persecuzione contro minoranze etniche, la chiusura di alcuni centri di culto eccetera;
proprio a causa di tale situazione, migliaia di eritrei pur di sottrarsi alle violente persecuzioni e ai rastrellamenti da parte della polizia del regime, ogni giorno sono costretti a scegliere la strada dell'esilio verso paesi come l'Arabia Saudita, la Germania, il Gibuti, l'Inghilterra, l'Italia, Malta, lo Yemen, il Sudan eccetera;
la maggioranza dei profughi eritrei arrivati in Italia riguarda i giovani, donne e bambini sotto i 10 anni di età che una volta arrivati nel nostro paese hanno chiesto l'asilo politico in quanto perseguitati politici;
il governo di Malta attualmente sembra intenzionato ad espellere queste persone in Eritrea ciò vorrebbe dire essere destinati nel loro paese in «centri di educazione» (in realtà si tratta di prigioni del regime) per «scontare una dura pena» che sarebbe una sentenza anticipata di una condanna a morte -:
se il ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti e se questi corrispondano al vero;
quali provvedimenti intenda intraprendere per tutelare la sopravvivenza di questi profughi eritrei che hanno chiesto al nostro paese di ottenere «asilo politico» perché perseguitati dal regime del loro paese natale e scongiurare così una loro espulsione forzata dall'Italia;
se non ritenga di trovare una soluzione al suddetto problema, di comune accordo con gli altri paesi interessati da questo esodo di massa del popolo eritreo.
(4-03779)

Risposta. - L'aumento degli espatri, anche illegali, dall'Eritrea, registrato negli ultimi tempi, appare sostanzialmente legato alla precaria situazione economica ulteriormente peggiorata a seguito della recente crisi alimentare dovuta alla siccità, ed al tentativo soprattutto da parte delle generazioni più giovani di sottrarsi agli obblighi di leva.
In Eritrea il servizio militare è infatti obbligatorio per tutti i cittadini di ambo i sessi che abbiano compiuto i 18 anni di età e sino al compimento dei 40 e dura 18 mesi. Trattasi di misura che durante la guerra con l'Etiopia ha incontrato un generale consenso, con frequenti casi di arruolamento volontario. La situazione è cambiata dopo la fine del conflitto e dopo il lancio, all'inizio del 2002, della campagna «Warsai Yikealo» che prevede un ulteriore periodo di servizio civile per lavori di pubblica utilità, con salari ridotti. Il rifiuto di gran parte delle nuove generazioni di rispondere alla chiamata alle armi e l'accentuarsi di fenomeni di diserzione hanno indotto le autorità eritree ad operazioni di arruolamento forzato, con severi e capillari controlli.
È inoltre da precisare che la legislazione penale vigente in Eritrea prevede la pena di morte per i casi più gravi di diserzione in tempo di emergenza, mobilitazione generale o guerra. Non sembra però che il caso degli attuali immigrati eritrei possa rientrare in tale casistica, trattandosi per lo più di fenomeni di renitenza alla leva. In ogni caso, le autorità eritree sostengono che dal 1993 ad oggi non vi siano stati giudizi in cui siano state pronunciate sentenze di morte. Tale affermazione è confermata dall'ultimo rapporto sull'Eritrea di
Amnesty International, in cui l'organizzazione si congratula per l'effettiva sospensione della pena di morte dall'indipendenza del Paese.
Sul piano generale, non abbiamo notizia di casi di persecuzioni generalizzate di particolari gruppi sociali per motivi politici, etnici, religiosi o di altro tipo.
Per quanto riguarda la condizione dei rifugiati eritrei che negli ultimi decenni sono fuggiti dal Paese, si fa presente che la maggior parte di essi si trova in Sudan. Una serie di accordi tripartiti tra l'UNHCR, il Governo eritreo e quello sudanese prevede il rimpatrio volontario dei rifugiati eritrei.
Dal maggio del 2001 ad oggi circa 51.000 profughi eritrei sono stati volontariamente rimpatriati in condizioni di sicurezza


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e sotto il controllo dell'UNHCR. Nella sua allocuzione alla III Commissione dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, il 7 novembre 2002, lo stesso Alto Commissario ha citato l'Eritrea fra i Paesi in cui si erano registrati sviluppi positivi per quanto concerne il rientro dei profughi evidenziando come le relazioni e la collaborazione dell'Alto Commissariato per i Rifugiati e le Autorità eritree si fossero progressivamente rafforzate e consolidate.
Tali sviluppi, che hanno fatto seguito alla cessazione dello stato di ostilità fra Eritrea ed Etiopia nel giugno del 2000, hanno indubbiamente contribuito ad indurre l'Alto commissario a dichiarare, conformemente alle disposizioni della convenzione sui rifugiati del 1951, la cosiddetta
cessation clause ovverosia il venire meno, tecnicamente le ceased circumstances, delle condizioni che lo avevano indotto ad invocare la protezione internazionale per i cittadini eritrei in fuga dal conflitto che ne avessero fatto richiesta ad uno Stato terzo. I mutamenti intervenuti nella situazione interna eritrea sembrano peraltro giustificare la decisione dell'alto commissario. Tale decisione ha una portata di carattere generale che non impedisce tuttavia ai singoli di richiedere su base personale da valutare caso per caso il riconoscimento dello status di rifugiato. In merito alla cessation clause decretata dall'alto commissariato occorre inoltre precisare quanto segue:
a) essa non rappresenta in alcun modo una misura vincolante per gli Stati i quali possono quindi liberamente revocare o meno lo status di rifugiato già concesso;
b) la cessation clause potrebbe essere invocata solo per coloro i quali avessero ottenuto lo status di rifugiato in riconoscimento dello stato di guerra esistente nel Paese, ed avrebbe in ogni caso effetto nel caso specifico per i profughi eritrei entrati nel nostro Paese prima del '91 e fra il '98 ed il 2000;
c) lo stato italiano dovrebbe in ogni caso eventualmente garantire a tutti coloro i quali ricadessero nella previsione di cui al precedente punto, la possibilità di richiedere un riesame della loro situazione individuale e potrebbe valutare di concedere, anche sulla base di motivazioni diverse dallo stato di guerra, lo status di rifugiato;
d)
la cessation clause è soprattutto una misura di carattere interno che serve all'UNHCR per definire giuridicamente e chiudere da un punto di vista amministrativo determinate situazioni consentendole di aggiornare periodicamente la lista delle aree di crisi nelle quali sussistono i presupposti di intervento e riprogrammare le proprie priorità.

Come considerazione di carattere generale occorre evidenziare che in ogni caso la Convenzione di Ginevra si ispira al principio di fondo che i rimpatri dovrebbero sempre avvenire su basi volontarie e non coatte.
In particolare, per quanto riguarda il nostro Paese, e in relazione a quanto sopra detto, l'Italia mantiene una competenza decisionale autonoma, indipendente dalle determinazioni dell'UNHCR in tema di revoca dello
status di rifugiato. Le richieste di riconoscimento dello status di rifugiato politico presentate da eritrei in Italia continueranno pertanto ad essere esaminate secondo la procedura ordinaria prevista dal decreto del Presidente della Repubblica 15 maggio 1990 n. 136 e dalla Convenzione di Dublino del 15 giugno 1990 e decise dalla commissione centrale per il riconoscimento dello status di rifugiato (che verrà sostituita dalle Commissioni Territoriali e dalla Commissione Nazionale per il Diritto di Asilo, secondo quanto prevede la legge n. 189 del 2002, non appena verranno emanati i relativi regolamenti di attuazione). In caso di rigetto della domanda, può inoltre trovare applicazione l'articolo 5 comma 6 del decreto legislativo n. 286 del 1998 che prevede la revoca o il rifiuto del permesso di soggiorno, fatto salvo che non ricorrano seri motivi, in particolare quelli di carattere umanitario.
Allo stato attuale, l'ambasciata d'Italia in Asmara non ha notizia di cittadini eritrei espulsi dall'Italia e rientrati nel Paese perché non sarebbe stato riconosciuto loro


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lo status di rifugiato. Eventuali rientri sarebbero dunque avvenuti su base volontaria, con la conseguenza della perdita di tale status. Anche in quest'ultimo caso, qualora ne ricorrano i presupposti, può essere sempre riproposta la richiesta di asilo in Italia.
Per quanto riguarda i cittadini eritrei espulsi da Malta e rientrati nei Paese, i 177 profughi sarebbero attualmente in stato di fermo presso il campo di detenzione di Adi Abeito, a pochi chilometri dalla capitale, per accertamenti da parte delle autorità di polizia locali, volti ad individuare l'eventuale sussistenza di reti logistiche locali coinvolte nell'attività di espatrio ed emigrazione clandestini. Fonti UNHCR hanno peraltro fatto presente che la situazione specifica di tale gruppo di persone sia in realtà poco chiara, che le stesse sarebbero giunte contemporaneamente a Malta e non avrebbero avanzato nei confronti delle Autorità locali alcuna richiesta di asilo. Ad ogni modo le loro condizioni di detenzione sembra siano conformi ai parametri locali e non sarebbero in ogni caso peggiori di quelle cui sono sottoposti altri detenuti.
Occorre evidenziare che l'Eritrea non è stata oggetto di risoluzioni di condanna per violazione dei diritti umani né in occasione della 58a sessione della Commissione delle Nazioni Unite per i diritti umani, svoltasi a Ginevra nei mesi di aprile-maggio scorsi, né in occasione dei lavori della III Commissione dell'assemblea generale delle Nazioni Unite, svoltasi a New York nei mesi di ottobre-novembre scorsi. In tale occasione, l'Eritrea non è stata neanche citata nel rapporto presentato dall'alto commissario per i diritti umani alla commissione.
Peraltro, nel discorso generale pronunciato dalla Presidenza di turno spagnola in nome dei Quindici a Ginevra sul tema delle violazioni dei diritti umani nel mondo, l'Unione europea ha espresso comunque seria preoccupazione per la situazione dei diritti umani in Eritrea, denunciando la detenzione arbitraria di oppositori politici del regime e di giornalisti, la chiusura di testate giornalistiche indipendenti ed altre violazioni dei diritti civili e politici. Sulla base di tali premesse, le autorità eritree sono state invitate ad attuare un radicale mutamento della propria politica nel settore del riconoscimento e della tutela dei diritti civili e politici.
Tali giudizi critici sono stati, peraltro, confermati dai rapporti di autorevoli ONG internazionali, quali
Amnesty International e Human Rights Watch, che hanno a loro volta ed a più riprese denunciato violazioni dei diritti civili e politici in danno di giornalisti, attivisti dei diritti umani ed oppositori politici.
Sulla base di informazioni acquisite dalla nostra Ambasciata in Asmara peraltro non si riscontrano al momento nel Paese casi particolari e sistematici di persecuzioni in danno di specifici gruppi sociali per motivi etnici, politici o religiosi.
L'Italia, nell'ambito delle sue articolate relazioni bilaterali con Asmara, continuerà a seguire con at tenzione anche l'evoluzione della situazione dei diritti umani nel Paese.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Luigi Mantica.

CIMA e ZANELLA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il 17 gennaio 2003 l'Onu ha pubblicato un rapporto, da un indagine compiuta nel 2002 dall'Integrated regional information Networks, dove denuncia un gigantesco traffico di minori dalla Somalia verso l'Europa e gli Stati Uniti che è diventato un'emergenza nazionale;
dal rapporto emerge che le famiglie pagano fino a 10 mila dollari per consentire ai loro bambini di espatriare, nella speranza di dar loro una vita migliore, e li affidano ad operatori senza scrupoli che una volta incassati i soldi li abbandonano in qualche aeroporto o stazione ferroviaria, o li inseriscono nei giri della prostituzione;
in Somalia, in preda all'anarchia politica e sconvolta dalle lotte intestine delle fazioni armare accentuate dopo la caduta di Siad Barre nel 1991, il fenomeno non è nuovo e si calcola che prima dell'11 settembre


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2001 da Mogadiscio partissero una media di 250 minori al giorno; dopo quella data il flusso è diminuito sotto i 100, ma adesso il numero è tornato a salire;
i bambini, quasi sempre adolescenti, ma anche piccoli di due o tre anni, che vengono istruiti perché imparino una nuova identità e storia personale da raccontare agli agenti di frontiera, secondo il rapporto restano segnati a vita con enormi problemi nello sviluppo della personalità, arrivando anche a tentare il suicidio;
le mete tradizionali sono gli Stati Uniti, il Canada, la Danimarca e l'Inghilterra, nazioni dove ottengono lo status di profughi e che concedono loro una serie di servizi;
in Italia normalmente sono solo di passaggio anche se è capitato in passato di fermare cittadini somali con bambini al seguito che non avevano nessun tipo di parentela -:
quali iniziative diplomatiche il Governo intenda assumere per contrastare il contrabbando dei bambini somali che, pur non coinvolgendo in particolar modo il nostro Paese riguarda l'Europa di cui noi siamo uno Stato membro;
se il Governo abbia impartito, durante i controlli effettuati dagli agenti di frontiera, e di fronte a casi «sospetti», indicazioni precise di controllo a tutela dei minori;
in che modo in ambito internazionale intenda contribuire alla soluzione di un fenomeno che, causato dalla drammatica situazione della Somalia, penalizza ancora una volta le fasce più deboli.
(4-05086)

Risposta. - Il fenomeno della tratta di esseri umani ha assunto, nell'ultimo decennio, dimensioni crescenti ed è ormai considerato una moderna forma di schiavitù, coinvolgendo ogni anno decine di migliaia di persone, specialmente donne e bambini.
Il nostro Paese, data la sua posizione geografica di frontiera, rappresenta una delle mete principali di destinazione, nonché punto di passaggio di tali traffici diretti verso altri Paesi europei. L'Italia è pertanto attivamente impegnata nella lotta al traffico di clandestini ed ha promosso in ambito nazionale ed internazionale specifiche azioni per contrastare le organizzazioni criminali che traggono profitto da tali fenomeni.
Il nostro Paese ha sottoscritto la convenzione delle Nazioni Unite di Palermo sul crimine transnazionale e i due annessi Protocolli sul traffico dei clandestini via mare, di cui siamo stati i promotori, e sul traffico di donne e minori ai fini di prostituzione. Inoltre, sono stati ratificati il protocollo facoltativo alla convenzione di New York del 1989 sui diritti del fanciullo, che impegna gli Stati a mettere in atto misure incisive per la lotta alla prostituzione infantile e alla pedofilia e la convenzione OIL del giugno 1999 sul divieto e l'eliminazione delle peggiori forme di lavoro minorile, cui abbiamo dato un rilevante contributo in sede di elaborazione, e che prevede specificamente la tratta, il lavoro forzato e l'impiego di minori per attività legate alla pornografia ed alla prostituzione.
In ambito europeo, l'Italia ha svolto un ruolo attivo in tale settore anche attraverso specifici programmi di collaborazione fra gli Stati membri contro il traffico di esseri umani (STOP), contro il crimine organizzato (FALCONE) ed in tema di frontiere, visti, asilo ed immigrazione (progetto ARGO, che ha sostituito il precedente ODYSSEUS). In quest'ultimo contesto, è stata approvata nel luglio 2002 una decisione-quadro del Consiglio sulla lotta al traffico di esseri umani.
È anche da ricordare la conferenza europea «Prevenzione e lotta al traffico di esseri umani. Una sfida globale per il XXI secolo», svoltasi a Bruxelles il 18-20 settembre 2002 e organizzata dall'OIM, dalla commissione e dal Parlamento europeo, alla quale hanno preso parte circa mille rappresentanti dei Governi e dei Parlamenti degli Stati membri dell'Unione europea, dei Paesi candidati, di regioni ed organizzazioni internazionali, intergovernative ed ONG.
La riunione ha permesso di definire un'azione a livello europeo ed internazionale


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intesa a debellare il fenomeno della tratta minorile ed ha portato all'adozione, oltre alla dichiarazione finale di Bruxelles, di un documento che mira a sviluppare la cooperazione attraverso raccomandazioni e standards comuni in tema di prevenzione, protezione ed assistenza alla vittima, cooperazione giudiziaria e di polizia. Particolare attenzione è stata riservata alle vittime della tratta di minori d'età, con la raccomandazione di interventi specifici di prevenzione e protezione a loro favore.
Nell'ambito del dialogo Unione europea-Africa, l'Italia ha condotto, insieme con la delegazione svedese, i negoziati per definire il progetto di un «Piano d'Azione contro il traffico di esseri umani», esaminato alla II Conferenza Ministeriale UE-Africa, svoltasi il 28 novembre 2002 a Ougadougou (Burkina Faso) e la cui approvazione è prevista in occasione del Vertice UE-Africa, in programma dal 4 al 5 aprile 2003 a Lisbona.
Per quanto riguarda in particolare i problemi sollevati dall'interrogante, secondo le informazioni fornite dalla nostra delegazione diplomatica speciale per la Somalia, un numero imprecisato di minori somali, solitamente di età compresa tra i 12 ed 15 anni, escono illegalmente dal Paese dietro pagamento di somme che possono raggiungere i 10.000 dollari. La situazione di forte instabilità politica che regna in Somalia rende pressoché impossibile ogni ulteriore accertamento da parte delle competenti agenzie internazionali. La nostra delegazione ha tuttavia preso contatto con l'UNICEF, per analizzare eventuali possibilità di intervento. Secondo i pochi dati attendibili a disposizione di tale organizzazione internazionale, si ritiene esistano attualmente in Somalia decine di migliaia di bambini sfollati che vivono in accampamenti in condizioni di estrema povertà ed un numero imprecisato viene reclutato nei gruppi delle milizie. Mentre alcuni possono beneficiare dei tradizionali meccanismi di assistenza del clan, altri, per lo più appartenenti alle minoranze etniche dei Bantu e Ogadeni, generalmente relegate ai margini dalla società somala, sono i più vulnerabili e soffrono le peggiori privazioni ed abusi.
È da sottolineare che il nostro Paese, così come altri Paesi ed organizzazioni internazionali, contribuisce al finanziamento di iniziative di assistenza alla popolazione infantile, soprattutto attraverso l'UNICEF. Nell'anno 2002 abbiamo erogato un contributo pari a euro 1.032.000 per aiuti di emergenza destinati alle fasce più giovani della popolazione somala ed è attualmente allo studio la possibilità di finanziare un nuovo programma di alfabetizzazione e diffusione dell'istruzione primaria.
Per quanto a conoscenza di questo ministero degli affari esteri, il fenomeno della tratta di minori somali non interesserebbe comunque l'Italia. In base ai dati del comitato per i minori stranieri, organo interministeriale istituito con il decreto legislativo 25 luglio 1998 n. 286 per la tutela dei diritti dei minori stranieri non accompagnati, non risulterebbero segnalazioni di minori stranieri somali rilevate al 31 gennaio 2002.
È anche da aggiungere che le possibilità di ingresso nell'area
Schengen attraverso l'Italia appaiono particolarmente limitate per i cittadini somali, minori inclusi. Con Decreto del Ministro degli affari esteri del 1o febbraio 1999 recante «Nuove disposizioni in materia di ingresso e di soggiorno dei cittadini somali in Italia» è stato infatti disposto che i passaporti somali rilasciati o rinnovati dopo il 31 gennaio 1991 sono privi di validità per l'ingresso in Italia. Circa l'identificazione dei cittadini somali che intendono entrare nel nostro Paese per ricongiungimento familiare, il successivo decreto interministeriale del 1o settembre 2000 ha ritenuto validi, ai fini dell'accertamento dell'identità dei richiedenti, anche i documenti rilasciati da organismi internazionali del sistema della Nazioni Unite.
Tali misure sono state motivate dalla situazione di forte instabilità politica della Somalia che, pur non avendo cessato di esistere in quanto Stato sovrano, è di fatto priva dal 1991 di una autorità di governo che eserciti una effettiva potestà a livello nazionale, accettata internamente e internazionalmente.
Una soluzione positiva alla crisi somala potrebbe essere offerta dalla conferenza di riconciliazione nazionale in corso dal 16


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ottobre 2002 in Kenya sotto l'egida dell'IGAD (Intergovernmental Authority on Development organizzazione di cooperazione regionale per il Corno d'Africa) e fortemente sostenuta dall'Unione europea, dalle Nazioni Unite, dall'Unione Africana, dalla Lega Araba e dall'Italia anche come presidente dell'IGAD Partners Forum (organismo che raccoglie i principali Paesi donatori).
Nel corso della prima sessione dei negoziati, le parti hanno firmato il 27 ottobre 2002 una «Dichiarazione sulla cessazione delle ostilità, strutture e principi del Processo di riconciliazione nazionale somala». I lavori sono ora entrati nella seconda fase, durante la quale i principali temi in agenda vengono discussi all'interno di sei comitati di Riconciliazione, rispettivamente dedicati a Costituzione e federalismo, smobilitazione, proprietà, pianificazione economica e
Conflict Resolution. Da ultimo, nella missione che ho compiuto personalmente in Kenya ed Eritrea nei giorni scorsi, ho riaffermato peraltro il sostegno dell'Italia e di tutti i donatori riuniti nell'IPF al processo di pace in Somalia.
Tuttavia, soltanto se gli sforzi per una soluzione negoziata della crisi somala avranno successo e delle strutture statuali verranno ricostruite, si aprirà una fase nuova di maggiore sicurezza in quel paese, grazie alla quale la comunità dei donatori potrà intervenire in maniera più consistente ed organica. Potranno cioè essere realizzati quei programmi di aiuto allo sviluppo intesi a risolvere alcuni degli angosciosi problemi che affliggono la Somalia, tra cui quello della tratta dei minori.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Luigi Mantica.

COLASIO e GIULIETTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle comunicazioni, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
fino al 10 dicembre 2002 per la spedizione di pieghi di libro effettuate da case editrici o librerie autorizzate vigevano le seguenti tariffe fissate dal decreto ministeriale 28 marzo 1997:
a) prima fascia: fino a 500 grammi (667 lire al pezzo, pari a 0,3445 euro e 34,45 euro per 10 pezzi);
b) seconda fascia: da 501 a 1000 grammi (872 lire al pezzo, pari a 0,4503 euro e 45,03 euro per 10 pezzi);
c) terza fascia: da 1001 a 2000 grammi (1128 lire al pezzo, pari a 0,5826 euro e 58,26 euro per 10 pezzi);
d) quarta fascia: da 2001 a 5000 grammi (3485 lire al pezzo, pari a 1,7998 euro e 179,98 euro per 10 pezzi);
dal 10 dicembre 2002 il decreto 13 novembre 2002 del Ministro delle comunicazioni ha introdotto nuove tariffe al fine di recuperare l'inflazione maturata dal 1997 al 2001 ma allo stesso tempo senza alcuna motivazione, ha abolito le prime due fasce di spedizione, creando la situazione seguente:
a) prima fascia (ex prima, seconda e terza fascia): fino a 2000 grammi (1.239 lire al pezzo, pari a 0,6399 euro e 63,99 euro per 10 pezzi), con un aumento dell'85,8 per cento per la ex prima fascia, del 42,1 per cento per la ex seconda fascia e del 9,8 per cento per la ex terza fascia;
b) seconda fascia (ex quarta fascia): da 2001 a 5000 grammi (3827 lire al pezzo, pari a 1,9765 euro e 197,65 euro per 10 pezzi), con un aumento del 9,8 per cento per la ex quarta fascia;
in questo modo vengono penalizzate - o per meglio dire: punite - le spedizioni fino a 500 grammi che subiscono un aumento dell'85,8 per cento e quelle tra 501 e 1000 grammi che subiscono un aumento del 42,1 per cento;
gli editori più colpiti sono quelli piccoli e medi che utilizzano in larghissima misura le vendite per corrispondenza: di fatto due terzi delle loro spedizioni


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sono comprese nella fascia fino a 500 grammi e un terzo in quella tra 501 e 1000 grammi;
è facilmente intuibile che tale decisione avrà conseguenze devastanti sui bilanci delle piccole e medie case editrici -:
se non ritengano opportuno, al fine di tutelare il sistema delle pubbliche e medie editorie italiane che rappresentano una grande garanzia e risorsa per il pluralismo culturale del nostro paese, adottate iniziative normative volte a reintrodurre le tariffe per invii di libri in fasce di peso «fino a 500» grammi e «tra 501 grammi e 1000 grammi», applicando ad esse il medesimo aumento di circa il 10 per cento al fine del recupero dell'inflazione maturata dal 1997 al 2001.
(4-04948)

Risposta. - Al riguardo, nel far presente che si risponde per incarico della Presidenza del Consiglio dei ministri, si ritiene anzitutto opportuno rammentare che la trasformazione dell'amministrazione delle poste e delle telecomunicazioni in ente pubblico economico prima e, successivamente, in società per azioni è stata operata al precipuo scopo di pervenire, in tempi ragionevolmente brevi, al risanamento economico-finanziario e, quindi, al collocamento in borsa della società stessa.
In tale ottica il piano di impresa della società poste (1998-2002) prevedeva il graduale riallineamento delle tariffe ai costi con specifico riguardo al settore delle stampe in abbonamento postale.
Del resto, il suddetto principio è ribadito nel decreto legislativo 22 luglio 1999, n. 261 - di trasposizione della direttiva comunitaria 97/67/CE - che, all'articolo 13, dispone che le tariffe dei servizi riservati sono determinate tenendo conto dei costi e del recupero di efficienza, nonché dal vigente contratto di programma che, all'articolo 8, stabilisce che le «agevolazioni postali non devono determinare ricavi inferiori ai costi sostenuti per l'espletamento del servizio».
Tutto ciò premesso si significa che con i decreti 13 novembre 2002 - pubblicati nella
Gazzetta Ufficiale del 10 dicembre 2002 n. 289 e dell'11 dicembre 2002 n. 290 - sono state determinate le nuove tariffe da applicare per la spedizione di libri e di stampe in abbonamento postale aggiornando quelle previste dal decreto ministeriale 28 marzo 1997, al fine di recuperare l'inflazione maturata dal 1997 al 2001 recupero, quest'ultimo, riconosciuto dal CIPE quale parametro generale di adeguamento tariffario annuale delle tariffe dei servizi pubblici.
Nell'occasione si è ritenuto opportuno operare una diversa classificazione degli scaglioni di peso al fine di razionalizzare il settore i cui ricavi come è noto, non riescono a coprire i relativi costi ma determinano, al contrario, una differenza negativa considerevole.
Il Ministro delle comunicazioni: Maurizio Gasparri.

CORONELLA. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio. - Per sapere - premesso che:
sul territorio del Comune di Pastorano (Caserta), all'uscita del casello autostradale di Capua e ad appena 2 chilometri in linea d'aria dal centro abitato, è ubicato un grosso stabilimento di ceramica, VAVID, dismesso da tempo;
il predetto stabilimento, lasciato nel degrado più totale da oltre un decennio, ha un capannone di circa 65 mila metri quadrati la cui copertura è stata realizzata con materiale (ETERNIT) a fibre di amianto;
come si sa, l'amianto è un materiale molto pericoloso in quanto può disperdere le sue fibre nell'ambiente circostante per effetto di qualsiasi tipo di sollecitazione meccanica, eolica, da stress termico, dilavamento di acqua piovana ed è stato definitivamente bandito con la legge n. 257 del 27 marzo 1992;
risulta all'interrogante che a tutt'oggi la struttura è completamente abbandonata e nessun piano di lavoro per la bonifica


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della stessa è stato presentato e ciò in violazione del decreto legislativo 22/97 -:
quali iniziative intenda intraprendere il Ministro affinché sia avviato un rapido e incisivo intervento di bonifica dell'area in questione.
(4-04318)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione parlamentare in discorso, sulla scorta di quanto comunicato dal comune di Pastorano (Caserta) e dalla provincia di Caserta, si rappresenta quanto segue.
Il comune di Pastorano fa parte della società «Sviluppo Volturno Nord», costituita nel 1996, che ha come scopo sociale quello di «promuovere ed assistere la crescita del tessuto industriale ed occupazionale dell'area Volturno Nord, incentivando la creazione di nuove attività anche attraverso la rifunzionalizzazione di aree industriali dismesse».
Nel 1997 il comune di Pastorano, per il tramite della suddetta società, ai fine di risolvere il problema della bonifica e della reindustrializzazione dell'area VAVID, aveva avviato la procedura per la predisposizione del relativo programma d'intervento il cui progetto è stato depositato agli atti della società consortile il 19 gennaio 1998.
Il sito produttivo ricadente nel territorio comunale di Pastorano, località Spargimento, di proprietà della Ceramica Vavid s.r.l., la cui produzione è cessata nel 1993, risulta ad oggi sottoposto a procedura fallimentare presso il Tribunale di Napoli.
Il 23 gennaio 2002, è stato effettuato un sopralluogo conoscitivo presso il complesso industriale in questione ad opera dell'unità operativa di prevenzione collettiva del distretto sanitario n. 41 di Pignataro Maggiore; da tale ispezione è emerso che «...le coperture dei capannoni ed alcune controsoffittature sono costituite da lastre piene e curve ondulate presumibilmente di cemento amianto...»
A seguito di ciò, in data 7 novembre 2002, presso la sede comunale di Pastorano si è tenuta una conferenza di servizi per la risoluzione della problematica relativa alla presunta presenza di amianto nello stabilimento Vavid Ceramica.
Dal verbale della conferenza di servizi risulta che:
a) la società Zante srl, con sede a Milano e aggiudicataria dell'immobile, non essendo ancora entrata in possesso della struttura, è impossibilitata ad avviare le operazioni di bonifica;
b) esaminata la documentazione esistente agli atti del comune di Pastorano ed in particolare il fascicolo inviato dal distretto ASL CE2 di Pignataro Maggiore (Caserta), avente ad oggetto «Informativa-sopralluogo presso il complesso industriale VAVID», si è convenuto all'unanimità quanto segue: «nelle more delle operazioni di bonifica da parte della società Zante srl, in particolare, per i materiali contenenti amianto all'interno delle strutture per le quali il C.T.U. ha paventato un'urgenza per l'intervento (forni, caldaie e condotti interni), è necessario attuare un'indagine ambientale finalizzata alla determinazione delle fibre aerodisperse con postazioni di prelievo nell'ambito del sito nei punti sensibili. Tutto ciò al fine di tutelare la salute pubblica quale obbligo istituzionale del Sindaco pro-tempore nelle sue funzioni di autorità sanitaria locale». Le attività relative all'indagine ambientale di cui sopra saranno svolte dall'Arpac Campania D.P. Caserta;
c) il sindaco di Pastorano si è riservato di convocare un'ulteriore conferenza di servizi dopo aver acquisito i risultati del monitoraggio ambientale da parte dell'Arpac o notizie relative alla bonifica totale del sito.

Si ricorda, infine, che secondo quanto comunicato dall'ufficio territoriale di Governo di Caserta, il 15 gennaio 2003 i carabinieri della stazione di Pignataro Maggiore, coadiuvati da quelli del nucleo operativo ecologico di Caserta e da personale tecnico del centro regionale protezione ambiente Campania, per verificare la presenza di amianto nell'ex stabilimento Vavid, hanno effettuato un sopralluogo, alla presenza dei responsabili della struttura, prelevando campioni di aria e di lastre contenenti


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presumibilmente amianto al fine di realizzare le opportune analisi.
Nel corso dell'operazione sono stati rinvenuti notevoli quantitativi di rifiuti speciali non pericolosi e, pertanto, sono stati denunciati, alla competente autorità giudiziaria, il curatore fallimentare e l'amministratore unico della «Vavid srl» per la violazione di cui all'articolo 51 del decreto legislativo n. 22 del 1997.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio: Altero Matteoli.

COSTA. - Al Ministro delle comunicazioni. - Per sapere - premesso che:
in data 10 dicembre 2002 si sono incontrate l'azienda Poste spa e la delegazione sindacale nazionale per affrontare le problematiche emerse negli incontri avvenuti a livello della regione Piemonte;
durante suddetta riunione, l'azienda ha fornito un quadro di riferimento dei progetti organizzativi relativi al polo corrispondenza Piemonte;
in base a tali progetti, l'azienda ha intenzione di valorizzare e potenziare il polo corrispondenza Piemonte attraverso la ristrutturazione del centro di Novara e la creazione del Cmp unico a Torino;
fin dalla gestione Passera, per Cuneo era prevista la meccanizzazione del polo Cpo -:
se il Ministero non ritenga che l'assetto organizzativo previsto dall'azienda per la provincia di Cuneo in particolare, non possa ingenerare serie problematiche circa la qualità dei servizi offerti all'utente.
(4-05198)

Risposta. - Al riguardo si ritiene opportuno precisare che, a seguito della trasformazione dell'ente Poste Italiane in società per azioni, la gestione aziendale rientra nella competenza degli organi statutari della società.
Il ministero delle comunicazioni - quale autorità nazionale di regolamentazione del settore postale - ha tra i propri compiti quello di verificare il corretto espletamento del servizio universale erogato da Poste Italiane.
Tale attività è volta ad accertare che la qualità del servizio svolto su tutto il territorio nazionale risponda ai parametri fissati dalla normativa comunitaria e nazionale, peraltro recepiti nel contratto di programma, e ad adottare idonei strumenti sanzionatori nel caso in cui si dovesse verificare il mancato rispetto degli standard qualitativi fissati.
Ciò premesso, allo scopo di poter disporre di elementi di valutazione in merito a quanto rappresentato dall'interrogante, si è provveduto ad interessare la predetta società Poste Italiane la quale, in riferimento al nuovo assetto organizzativo previsto per il polo corrispondenza nella regione Piemonte, ha precisato che il relativo progetto di valorizzazione e potenziamento, la cui realizzazione è prevista presumibilmente per il 2004, mediante la ristrutturazione del centro di Novara e la creazione di un centro postale unico a Torino, è stato confermato in occasione dell'incontro del 10 dicembre 2002 che l'azienda ha avuto con le organizzazioni sindacali.
La società Poste Italiane, nel comunicare che la ristrutturazione organizzativa dei bacini geografici piemontesi è collegata a molteplici fattori quali i volumi di traffico, la configurazione territoriale e la riduzione degli investimenti da destinare al progetto «Nuova Rete», ha evidenziato che saranno in ogni caso mantenuti, presso il centro postale operativo di Cuneo, i servizi di lavorazione manuale della corrispondenza prioritaria in arrivo nella città e provincia, l'ufficio di recapito, l'accettazione grandi clienti ed il servizio di trasporto in ambito provinciale.
Con riferimento alle risorse umane applicate nel menzionato centro, la società Poste Italiane ha dichiarato che il nuovo assetto organizzativo non comporterà alcuna riduzione delle unità applicate ma soltanto un diverso utilizzo delle stesse, sia presso il medesimo centro operativo sia presso le altre strutture provinciali. La concessionaria, inoltre, ha reso noto che,


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nel rispetto degli accordi di cui al citato incontro del 10 dicembre 2002, sono state assunte n. 240 unità, con contratto di apprendistato, per la regione Piemonte, 118 delle quali sono state riservate alle attività proprie del polo corrispondenza.
In conclusione, la società Poste Italiane ha riferito che la completa realizzazione del citato progetto oltre a permettere un considerevole recupero in termini di costi aziendali, consentirà anche di fornire una risposta più adeguata alle esigenze dei clienti in termini di qualità dei servizi offerti.
Il Ministro delle comunicazioni: Maurizio Gasparri.

DEIANA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, al Ministro delle politiche agricole e forestali. - Per sapere - premesso che:
il 28 giugno 2002, con apposita ordinanza, il Presidente del Consiglio dei Ministri ha decretato lo stato di emergenza idrica del territorio dei comuni situati a sud di Roma serviti dall'acquedotto del Simbrivio;
tale ordinanza era richiesta in data 18 giugno 2002 dal Presidente della regione Lazio;
sulla base della citata ordinanza la provincia di Roma ha eseguito e ultimato i lavori per la captazione della sorgente Pertuso sul fiume Aniene;
attraverso una tratta di circa due chilometri e mezzo, che collega l'area della sorgente Pertuso con la centrale del Ceraso tra Filettino e Trevi nel Lazio, verranno captati dall'Aniene circa 360 litri al secondo;
in questo modo l'Aniene viene privato di un apporto fondamentale di acqua per il mantenimento dell'eco sistema del fiume e intaccando in maniera determinante un'area riconosciuta dall'Unione europea come sito di interesse comunitario;
nessun tentativo è stato operato per mettere in atto alternative alla captazione quali ad esempio: la riduzione degli sprechi, la riduzione delle perdite, la separazione delle acque chiare da quelle scure;
non si è, altresì, tenuto in alcun conto i parere contrari del Parco dei Monti Simbruini e di numerosi enti locali tra i quali: Subiaco, Anticoli Corrado, Marano Equo e Castel Madama;
si rende ora necessario intervenire per far cessare gli effetti dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri tenuto conto che l'emergenza idrica non sussiste più in quanto le eccezionali piogge degli ultimi mesi hanno ricaricato le falde acquifere -:
con quali motivazioni e sulla base di quali dati verificabili il Presidente della regione Lazio aveva richiesto la dichiarazione di stato di emergenza idrica per i comuni serviti dall'acquedotto del Simbrivio;
se non ritengano, anche tenuto conto delle precipitazioni piovose avvenute negli scorsi mesi che hanno ricaricato la falda acquifere, necessario giungere alla revoca immediata degli effetti dell'ordinanza del 28 giugno 2002 che ha decretato lo stato di emergenza idrica alla base dell'intervento di captazione operato dalla Provincia di Roma;
se non ritengano, altresì, urgente e indifferibile allo scopo di salvaguardare un sito di interesse comunitario, intervenire nei confronti del Commissario straordinario affinché cessino le captazioni che mettono in serio pericolo la stessa vita del fiume Aniene e del suo sistema biologico ricco di bio-diversità.
(4-04482)

Risposta. - Lo stato di emergenza è stato dichiarato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri il 28 giugno 2002 a seguito della richiesta inoltrata l'8 aprile 2002 dall'ufficio territoriale del Governo di Roma, motivata dalla crisi idrica sofferta dai 55 comuni serviti dall'acquedotto del Simbrivio, che, per migliorare il problematico


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rifornimento idrico, necessitava di urgenti interventi.
In effetti lo stesso dipartimento della protezione civile, al fine di acquisire elementi atti a verificare se la situazione rappresentata dovesse essere affrontata con mezzi e poteri straordinari, ha appreso che la carenza di rifornimento idrico, dovuta essenzialmente ad una riduzione della portata idrica delle fonti di approvvigionamento da un
deficit del 20 per cento del mese di aprile sarebbe potuta aumentare fino al 60 per cento. La dispersione di acqua risultava, altresì, aggravata da problemi alla rete idrica.
Per quanto riguarda in particolare l'andamento delle precipitazioni nella regione Lazio, i valori di pioggia misurati da gennaio ad agosto 2002 sono risultati nettamente inferiori alle medie stagionali del periodo da gennaio a giugno (277 mm nel 2002 rispetto alla media storica di 473 mm), il che ha evidentemente aggravato i problemi di approvvigionamento idrico provocati dall'inadeguatezza delle infrastrutture.
Per i motivi sopra esposti il Presidente del Consiglio dei ministri ha dichiarato lo stato di emergenza, seguito dall'ordinanza di protezione civile del 18 luglio 2002, n, 3228 recante «disposizioni urgenti per fronteggiare l'emergenza verificatasi nel territorio dei comuni a sud di Roma, serviti dal consorzio per l'acquedotto del Simbrivio», allo scopo di fronteggiare il problema del rifornimento idrico dei comuni serviti dall'acquedotto, aggravato dalle scarse precipitazioni che hanno caratterizzato molti mesi dello scorso anno.
Per quanto riguarda l'ipotesi di revoca del decreto di dichiarazione di stato di emergenza, si fa presente che il commissario delegato ha presentato al dipartimento della protezione civile, in data 23 dicembre 2002, un'istanza di proroga del suddetto decreto, in quanto la realizzazione del programma di intervento non era stata completata.
Con la stessa nota il commissario ha altresì precisato che la proprietà delle opere realizzate viene assegnata ai comuni serviti dall'acquedotto del Simbrivio, che gli interventi ancora da realizzare interesseranno esclusivamente le reti acquedottistiche e che, pur mantenendo la captazione attivata alla sorgente del Pertuso, rimane salvaguardata la dotazione minima vitale del fiume Aniene.
Al riguardo, infatti, l'ente Parco dei Monti Sibillini ha escluso nuove captazioni in aggiunta a quella dell'Enel, mentre quella disposta dal commissario risulta all'interno dei quantitativi già captati ad uso elettrico e quindi non configge con le direttive dell'ente Parco.
Per le suddette ragioni e d'intesa con la regione Lazio, lo stato di emergenza è stato prorogato fino al 31 dicembre 2003 con decreto del Presidente del Consiglio del 10 gennaio 2003.
Il Ministro per i rapporti con il Parlamento: Carlo Giovanardi.

DELBONO e TOLOTTI. - Al Ministro delle attività produttive, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il giorno 4 novembre 2002 si è avviata la procedura di mobilità per i 271 dipendenti del Marzotto unità produttiva di Manerbio;
questa scelta avviene, non solo senza il coinvolgimento delle organizzazioni sindacali e senza coinvolgimento delle realtà istituzionali locali, ma in rottura con impegni precedentemente assunti dalla Marzotto con i lavoratori e le istituzioni locali a seguito di due accordi realizzati in data 3 marzo 1999 e 30 marzo 2000;
gli accordi precedentemente assunti prevedevano, dopo un periodo di utilizzo della cassa integrazione ordinaria, un rilancio di investimenti e produttivo del sito industriale di Manerbio, tale da farne, si affermava, «la più grande tessitura europea»;
la decisione della Marzotto prevede una progressiva delocalizzazione della produzione all'estero e apre ulteriori rischi


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occupazionali per i siti di Mortara (180 addetti) e Schio (65 addetti);
la principale motivazione avanzata dalla azienda per disattendere gli impegni assunti nel 1999 e nel 2000 è l'eccessivo costo del lavoro italiano, considerato 5-10 volte superiore a quello di Paesi in via di sviluppo o di Paesi dai sistemi di protezione sociale meno impegnativi;
il territorio di Manerbio è interessato da una crisi industriale e produttiva preoccupante che impedisce di guardare al futuro con certezze di reimpiego da parte del personale della Marzotto -:
quali iniziative il Governo intenda assumere per evitare che il sito di Manerbio venga chiuso;
in quali tempi e con quali modalità intenda confrontarsi con l'azienda perché si eviti un grave, dannoso e pericoloso processo di delocalizzazione da parte della Marzotto;
quali iniziative intenda assumere affinché siano tutelati e garantiti il lavoro o la ricollocazione del personale della Marzotto, unità produttiva di Manerbio;
come intenda coinvolgere le organizzazioni sindacali e le istituzioni locali nel difficile periodo a venire, dopo che da parte di un autorevolissimo membro del consiglio di amministrazione della Marzotto si è affermato che spetta alle istituzioni ed alle parti sociali «portare nella zona nuove occasioni di lavoro»;
perché alle ripetute sollecitazioni del comune di Manerbio e delle istituzioni locali non sia stata ancora data alcuna risposta.
(4-04960)

Risposta. - Il ministero delle attività produttive ha seguito con attenzione il piano di sviluppo dei settori di business in cui opera il gruppo Marzotto.
In particolare, il ministero, in un apposito tavolo di confronto tra le parti, istituito presso gli uffici di diretta collaborazione del Ministro, su richiesta degli enti locali e delle organizzazioni sindacali, ha seguito le criticità che hanno determinato il ridimensionamento degli organici e delle strutture industriali del gruppo.
In tale sede, ed in collaborazione anche con gli uffici del ministero del lavoro e delle politiche sociali, la società ha ribadito la propria volontà di non voler dismettere il settore tessile, ha illustrato la propria strategia competitiva ed i programmi di segmentazione, innovazione e potenziamento dell'offerta di filati e tessuti, unitamente ad un piano di ridimensionamento del proprio assetto industriale. Ha precisato, inoltre, che tale ridimensionamento si è reso necessario a seguito della strutturale riduzione dei volumi produttivi del settore tessile, in specie nel segmento dei tessuti lanieri per l'abbigliamento formale uomo, che è la parte prevalente della propria offerta (circa il 90 per cento del fatturato 2001).
Il piano di ridimensionamento predisposto dalla Marzotto è ora in corso di attuazione. Com'è noto sono stati conclusi accordi sindacali per i siti di Valdagno (Vicenza) e di Manerbio (Brescia). La riduzione di personale ha interessato, altresì, lo stabilimento di Nova Molisana, sito nella Repubblica ceca.
Nel dettaglio, il sito di Mortara è stato interessato, nel corso del 2002, da programmi di cassa integrazione ordinaria. La società non ha mai dichiarato, neppure al tavolo di confronto presso il ministero delle attività produttive, di voler procedere alla cessazione dell'attività in questo sito. In coerenza con il piano di riduzione dei volumi produttivi che interessa l'intera filiera, per il sito di Mortara è prevista, per il 2003, una rimodulazione dell'attività che comporterà una riduzione di circa 20 unità, sulle 180 occupate, da realizzarsi d'intesa con le organizzazioni sindacali e le rappresentanze dei lavoratori, attraverso il blocco del
turnover e la mobilità con accompagnamento alla pensione.
A Manerbio, in data 6 febbraio 2003, è stato siglato un accordo sindacale che prevede la cessazione dell'attività del sito. Tale accordo stabilisce che i dipendenti verranno posti in cassa integrazione guadagni straordinaria per cessazione dell'attività. La gestione


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degli esuberi avverrà sulla base di un piano che vedrà impegnato un organismo composto da: Marzotto, organizzazioni sindacali, assessorato al lavoro della provincia di Brescia, assessorato alle attività produttive e formazione della provincia di Brescia, comune di Manerbio - area servizi alla persona. Il predetto piano prevede attività di placement sul territorio, job offer in società del gruppo Marzotto, mobilità volontaria, programmi di orientamento, riqualificazione e formazione ed incentivi all'esodo.
Il Sottosegretario di Stato per le attività produttive: Mario Carlo Maurizio Valducci.

DELL'ANNA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il terremoto del Molise ha fatto emergere lo sconcertante stato in cui si trova la maggior parte degli edifici scolastici italiani;
dai sopralluoghi che in questi giorni si stanno effettuando a ritmo incessante ne viene fuori una situazione non molto tranquillizzante;
gli edifici scolastici che dovrebbero essere per definizione il luogo in cui si cerca riparo, piuttosto che il luogo da cui fuggire, molto spesso risultano privi dei certificati di agibilità statica, igienico-sanitario, di prevenzione incendi, degli impianti elettrici a norma, delle scale di sicurezza, delle porte antipanico;
il verificarsi del terremoto del 31 ottobre 2002 ed il conseguente disastro di San Giuliano di Puglia ha scosso le coscienze di chi ha sempre considerato la scuola solo luogo di aggregazione ed ha fatto sì che la situazione incancrenita dell'edilizia scolastica salisse agli onori della cronaca;
l'inerzia amministrativa degli anni passati di comuni e province, la sconcertante corsa allo scarico di responsabilità tra enti locali e Governo, le continua proroghe che la legge sulla messa in sicurezza degli edifici pubblici ha subito, hanno fatto diventare l'edilizia scolastica la cenerentola dell'edilizia pubblica;
la maggior parte delle amministrazioni locali non sono nelle condizioni economiche di rendere sicuri gli istituti scolastici di competenza -:
quali iniziative intende assumere il Governo per rendere sicure le scuole italiane e perché tutti gli edifici scolastici siano messi in sicurezza entro il 2004 così come previsto dalla vigente legge n. 626 del 1990.
(4-05357)

Risposta. - Si risponde all'interrogazione parlamentare in discorso, con la quale l'interrogante chiede interventi in favore dell'edilizia scolastica ed in particolare per la messa a norma degli edifici scolastici nei tempi prescritti.
Al riguardo occorre ricordare preliminarmente che il ministero non partecipa direttamente alla realizzazione di opere di edilizia scolastica sul territorio. Infatti, come da ultimo previsto dalla legge n. 23 dell'11 gennaio 1996, la programmazione delle opere di edilizia scolastica è riservata alle regioni, mentre la loro realizzazione o fornitura, e la manutenzione ordinaria e straordinaria, ivi compresi l'adeguamento e la messa a norma, spetta rispettivamente alle amministrazioni comunali e provinciali in relazione ai diversi gradi di scuola. Pertanto le amministrazioni locali sono le uniche responsabili della scelta degli edifici da adibire ad uso scolastico, ovvero dell'appalto per la relativa costruzione, nonché della rispondenza ai requisiti previsti dalla vigente normativa tecnica in materia.
Per quanto riguarda le questioni strutturali, ogni intervento in materia è di competenza, quindi, degli enti locali.
L'amministrazione è comunque intervenuta a sostenere finanziariamente l'assolvimento degli obblighi in materia di edilizia scolastica da parte delle amministrazioni locali; e ciò ha fatto attraverso la concessione di mutui accendibili presso la Cassa depositi e prestiti a totale ammortamento a carico dello Stato medesimo.
La legge 11 gennaio 1996, n. 23 (legge-quadro sull'edilizia scolastica) ha poi consentito,


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com'è noto, l'attivazione di piani triennali di programmazione, articolati in singoli piani annuali e a tutt'oggi - a conclusione del secondo triennio di programmazione 1999/2001 - sono stati complessivamente assegnati 3000 miliardi circa di vecchie lire che hanno consentito l'attivazione di circa 9000 opere, la maggior parte delle quali ha riguardato proprio l'adeguamento e la messa a norma degli edifici scolastici favorendo così la concreta applicazione, da parte dei competenti enti locali, dell'articolo 15 della legge n. 265 del 1999 (che prevede il completamento di tali attività entro il 31 dicembre 2004) e consentendo il soddisfacimento del fabbisogno di aule, completamenti funzionali nonché la costruzione di palestre e la eliminazione dei fitti onerosi e dei doppi turni.
Tale somma, peraltro, si aggiunge a quelle già erogate con precedenti leggi (n. 488 del 1986 e n. 430 del 1991 e n. 431 del 1996) per analoghe finalità ed ammontanti ad altri 5.700 miliardi di vecchie lire.
Si ricorda, anche, che il disegno di legge di delega al Governo per la definizione delle norme generali sull'istruzione e dei livelli generali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale, già approvato dal Senato della Repubblica ed attualmente all'esame della Camera, ha previsto un apposito piano programmatico di interventi finanziari, tra i quali anche quelli diretti all'adeguamento delle strutture di edilizia scolastica; a questo fine saranno previste specifiche risorse nell'arco della legislatura.
La legge 23 dicembre 2001 n. 448, finanziaria 2003, prevede, sempre sotto forma di mutui accendibili presso la cassa depositi e prestiti, un finanziamento che consentirà l'accensione di mutui per circa 100 milioni di euro, equivalenti a quasi 200 miliardi di vecchie, lire nel 2003 e di più di 300 milioni di euro, equivalenti a circa 610 miliardi delle vecchie lire, nel 2004.
La medesima legge, finanziaria 2003, prevede anche ulteriori interventi sia per adeguare gli edifici scolastici alla normativa antisismica che per la messa in sicurezza degli edifici scolastici, in particolare di quelli situati in zone a rischio sismico, quali:
a) la riserva del 30 per cento del fondo di rotazione presso la Cassa depositi e prestiti per anticipare le spese per la progettazione delle opere dirette ad adeguare le scuole alla normativa antisismica (articolo 70 legge finanziaria 2003). Questo comporta l'anticipo delle somme necessarie da parte della Cassa, somme che dovranno poi essere restituite alla cassa medesima mentre restano a carico dello Stato gli interessi;
b) un piano straordinario per la messa in sicurezza degli edifici scolastici, con particolare riguardo a quelli che insistono sul territorio delle zone soggette a rischio sismico, nell'ambito del programma delle infrastrutture strategiche previsto dalla legge n. 443 del 21 dicembre 2001, con ripartizione, da parte del CIPE, della somma necessaria tratta dalle risorse di cui all'articolo 13, comma 1 della legge n. 166 del 2002 attivabile secondo le attuali competenze di comuni, province (articolo 80, comma 21 della finanziaria per il 2003).

Eventuali ulteriori risorse potrebbero essere individuate nell'ambito di quelle che deriveranno dall'applicazione dell'articolo 21, comma 8, della legge finanziaria per il 2003 circa l'aumento dell'aliquota di base dell'imposta di consumo delle sigarette.
Per quanto riguarda poi l'osservanza della normativa in materia di sicurezza di cui al decreto legislativo n. 626 del 1994 e successive modificazioni, fermo restando che gli adeguamenti degli immobili competono alle amministrazioni locali, così come l'installazione dei laboratori, la vigilanza sulla loro osservanza spetta agli organismi a ciò istituzionalmente preposti, e precisamente alle ASL o ai vigili del fuoco.
L'amministrazione scolastica è invece interessata ad introdurre la cultura della sicurezza nel mondo della scuola, come strumento per garantire la sicurezza degli alunni e di tutto il personale della scuola, ed a tal fine si attiva per realizzare iniziative di formazione alla sicurezza nelle scuole, prioritariamente indirizzate alla formazione


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delle così dette figure sensibili, personale cioè deputato all'esercizio di specifiche funzioni attinenti alla sicurezza nelle scuole. Le attività formative del personale interessato possono essere realizzate anche con la collaborazione del Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco, con il quale è stata sottoscritta apposita convenzione.
A tal fine sono stati assegnati agli uffici scolastici regionali nell'anno 2002 più di 20 milioni di euro che si aggiungono ai 40 miliardi di vecchie lire già assegnati, per le stesse finalità, nel 2001.
Al fine di conoscere lo stato di avanzamento delle attività di competenza dell'amministrazione scolastica, con particolare riguardo alle iniziative di formazione del relativo personale, è stato effettuato di recente un monitoraggio sulla «cultura della sicurezza nelle scuole».
Poiché, poi, nel corso del monitoraggio sono emerse anche altre indicazioni riguardanti attività di diretta pertinenza degli enti locali - quali certificazioni e attività strutturali - le indicazioni stesse sono state opportunamente inoltrate, per quanto di rispettiva competenza, anche alle rappresentanze degli Enti locali medesimi.
Si desidera comunque assicurare che continuerà ad essere costante cura dell'Amministrazione, nell'ambito delle proprie competenze, attribuzioni e possibilità, ricercare ogni iniziativa finalizzata a favorire la più idonea erogazione del servizio scolastico all'utenza.
Il Sottosegretario di Stato per l'istruzione, per l'università e per la ricerca: Valentina Aprea.

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 23, secondo comma, dell'ordinamento penitenziario del 1975 prevedeva originariamente che i tre decimi della mercede corrisposta ai detenuti applicati al lavoro venisse trattenuta e versata alla Cassa per il soccorso e l'assistenza alle vittime del delitto;
a seguito dell'abrogazione di tale comma ex articolo 29 della legge 10 ottobre 1986 n. 663, si è sviluppata una complessa ed intensa attività giudiziale, messa in atto da un grande numero di detenuti, per il rimborso delle somme trattenute dallo Stato e seguita da un numero elevatissimo di azioni esecutive con pignoramento di fondi destinati dal Ministero ad altri scopi;
il dipartimento per l'amministrazione penitenziaria sembra non trovare una soluzione al problema che, da una parte, non si riesce neppure a valutare attraverso una precisa quantificazione delle somme dovute, e che, dall'altra, crea seri pericoli dal punto di vista dell'utilizzo delle risorse finanziarie, colpite e «congelate» dai pignoramenti già eseguiti dai legali dei detenuti -:
a quanto ammonta, ad oggi, il debito dello Stato nei confronti dei detenuti che hanno già ottenuto sentenze favorevoli dalla magistratura;
a quanto potrebbe ammontare, in proiezione, il debito complessivo dello Stato qualora tutti i detenuti che hanno svolto attività lavorativa dovessero rivolgersi alla magistratura ed ottenere, com'è lecito attendersi, una pronuncia di condanna nei confronti dello Stato;
quanti siano i pignoramenti, diretti o presso terzi, sin qui eseguiti dai detenuti;
quale iniziativa intenda assumere il Governo per por fine ad un contenzioso che, fra l'altro, comporta un accumulo di inutili spese di giustizia.
(4-03724)

Risposta. - La problematica afferente i procedimenti giudiziari promossi da detenuti o ex detenuti tesi ad ottenere la restituzione di somme a suo tempo trattenute ai sensi dell'articolo 23 della legge 354 del 1975 successivamente abrogato dalla legge 663 del 1986, nella misura dei 3/10 sulle mercedi ad essi corrisposte, nonché rivalutazione monetaria e interessi legali, trova fondamento nella sentenza n. 49 del


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18 febbraio 1992 della Corte Costituzionale, che dichiarò illegittime tali trattenute.
Il contenzioso che ne è derivato in seguito ai ricorsi proposti dai detenuti ed ex detenuti è stato sfavorevole all'amministrazione. I dispositivi finora emessi dalla sezione lavoro del tribunale di Roma risultano essere 376, per un ammontare complessivo di spesa di circa lire 8.000.000.000. A tali somme andrebbero aggiunti interessi legali ed eventuali spese successive.
L'Amministrazione penitenziaria, su indicazione dell'avvocatura generale dello Stato, nonché in considerazione della consolidata giurisprudenza che prevede il trasferimento di competenza dal tribunale civile al magistrato di sorveglianza, non ha proceduto all'esecuzione delle citate sentenze, ciò anche al fine di evitare che si riproponesse la situazione determinatasi allorché con sentenze del tribunale civile di Roma sono stati annullati i dispositivi dell'ex pretore del lavoro per difetto di competenza nella materia, devoluta al magistrato di sorveglianza.
La controparte, trascorsi i termini di cui all'articolo 147 della legge 22 dicembre 2000, n. 388, ha avviato la procedura esecutiva (pignoramento presso terzi) e ad oggi sono stati notificati n. 398 pignoramenti per un ammontare di euro 3.895.815,04.
Il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria sta valutando con l'avvocatura generale dello Stato le modalità per definire la problematica.
Per quanto attiene, invece, alla richiesta di notizie sulle presumibili proporzioni che tale contenzioso potrebbe assumere nel futuro, si comunica che, pur essendo apprezzabile il numero dei ricorsi che pervengono su tale problematica, si ritiene che il suo apice appartenga al passato.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio. - Per sapere - premesso che:
le anomale vicende meteorologiche dell'estate 2002, in Italia ed ancor più nell'Europa Centrale, hanno offerto all'attenzione dell'opinione pubblica e dei governi una prima prova concreta di ciò che consegue ai mutamenti climatici;
alluvioni, precipitazioni improvvise e violentissime grandi siccità sono da porsi in probabilissimo rapporto di causa ed effetto con le emissioni di gas che incrementano l'effetto serra;
la portata continentale della tragedia meteorologica estiva deve indurre a concordare, senza tentennamenti e senza ulteriori indugi, misure adeguate e sufficienti a combattere i mutamenti climatici;
è ormai urgentissimo un calendario rigoroso di impegni verificabili che soppianti il sistema, preferito dagli Stati Uniti d'America, dei partenariati volontari, e dell'aberrante sistema, utilizzato dalle multinazionali, di utilizzare, abusandone, le norme ambientali e sociali meno severe dei paesi in via di sviluppo per massimizzare i profitti -:
se e quali contatti siano stati assunti con i governi europei, per una diagnosi completa sulle vicende meteorologiche dell'estate 2002;
se tali eventi siano da considerarsi anziché eventi eccezionali e dunque difficilmente ripetibili, eventi normali in ragione dei mutamenti climatici provocati dal cosiddetto effetto serra;
quali urgenti iniziative abbia assunto - e comunque intenda assumere - per concordare, con i governi dei Paesi industrializzati, obiettivi da raggiungere in tempi certi e con sforzi verificabili, superando l'illusorio ed ipocrita sistema dei partenariati volontari coltivato dagli Stati Uniti d'America e promuovendo politiche che rendano difficoltoso, pur in un quadro di economia libera e senza frontiere, il criminale sfruttamento, da parte delle multinazionali, delle normative più fragili, in materie ambientali, dei Paesi in via di sviluppo.
(4-03730)

Risposta. - Si rappresenta che, per una diagnosi completa sulle vicende meteorologiche


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dell'estate del 2002, a livello europeo, i servizi meteorologici hanno inserito i relativi dati tra i casi di studio per i modelli numerici atmosferici, per comprendere, in particolare, le ragioni per cui i modelli di previsione non siano riusciti a prevedere con grande anticipo eventi di tale intensità.
Per quanto riguarda il secondo quesito, ovvero se tali eventi siano da considerarsi anziché eventi eccezionali e, dunque, difficilmente ripetibili, eventi normali in ragione dei mutamenti climatici provocati dal cosiddetto effetto serra, si ricorda che l'IPCC
(Intergovernmental Panel on Climate Change) ha indicato nel suo ultimo rapporto Third Assessment Report (TAR) che, nell'ultimo secolo, le temperature superficiali e gli eventi di forte precipitazione sono probabilmente aumentati alle alte e medie latitudini nord. L'aumento nelle temperature superficiali dell'emisfero Nord avvenute nell'ultimo secolo sono probabilmente le più elevate degli ultimi 1000 anni.
Tuttavia i dati risultano ancora insufficienti per valutare le cause dei cambiamenti nell'intensità dei cicloni extra-tropicali e nell'intensità degli eventi estremi alle medie latitudini. Alcuni di questi cambiamenti osservati sono regionali e potrebbero essere causati da variazioni interne climatiche, da forzanti naturali o da attività regionali antropogeniche, piuttosto che dall'influenza antropogenica sul sistema climatico globale.
I modelli climatici preparati dall'IPCC-TAR hanno mostrato simulazioni di scenari futuri con una possibile intensificazione della precipitazione media globale ed a livello regionale. Le incertezze in queste simulazioni sono relative alla localizzazione reale di tali eventi.
Riguardo all'ultimo quesito posto nell'interrogazione, è necessario sottolineare che il Governo italiano è profondamente convinto delle necessità di intervenite in modo incisivo per combattere i cambiamenti climatici.
Per tale ragione, in linea con quanto deciso a livello comunitario, l'Italia ha ratificato il Protocollo di Kyoto impegnandosi a ridurre le proprie emissioni nel periodo 2008-2012 del 6,5 per cento rispetto ai livelli di emissioni del 1990.
È opportuno ricordare come la ratifica del Protocollo di Kyoto da parte dell'Unione europea ha rappresentato un atto unilaterale in una fase in cui, a causa del rifiuto degli Stati Uniti di ratificare, il Protocollo sembrava dovesse fallire.
Pertanto la ratifica da parte dell'Unione europea è servita a salvare il procedimento del Protocollo e ha dimostrato alla comunità internazionale la forte volontà dell'Unione europea di raggiungere gli obiettivi fissati nella Conferenza del 1997 a Kyoto.
Si sottolinea, infine, che il Protocollo di Kyoto ha istituito due meccanismi di flessibilità basati sui progetti: il meccanismo di
Clean Development Mechanism, che permette ai paesi industrializzati di realizzare progetti di alta efficienza energetica nei Paesi in via di sviluppo e quello di Joint Implementation, che permette ai paesi industrializzati di realizzare progetti di alta efficienza energetica nei paesi con economia in transizione.
A tal proposito, si evidenzia che la revisione delle «linee guida per le politiche e misure nazionali di riduzione delle emissioni dei gas serra», approvata dal CIPE il 20 dicembre 2002, prevede che il ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, d'intesa con le altre amministrazioni interessate, promuova e coordini i progetti realizzati da investitori italiani nell'ambito dei meccanismi di
Joint Implementation e Clean Development Mechanism.
Tale attività di promozione e coordinamento implicherà non solo l'attuazione di canali di assistenza informative e metodologiche, ma anche la formulazione di linee guida nazionali di approvazione del progetto, coerentemente con quanto deciso nelle sedi internazionali competenti.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio: Altero Matteoli.

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nella città di Biella è in fase di ultimazione la costruzione della nuova


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sede dei vigili del fuoco, la cui consegna è prevista per la fine di dicembre del corrente anno 2002;
deve invece essere realizzata la sala operativa del nuovo comando;
il comando dei vigili del fuoco di Biella ha presentato sin dal mese di giugno del 2002 il progetto della sala operativa ma a tutt'oggi i dirigenti che hanno la responsabilità dell'approvazione del progetto non si sono ancora espressi;
sono previsti stanziamenti di nuove sale operative per le quali è prevista gara d'appalto per 40 comandi di medie dimensioni;
è opportuno considerare che l'utilizzo nella nuova sede sarà assolutamente impossibile sino al momento in cui non sarà realizzata la sala operativa;
al di là della irrazionalità dell'ipotesi di tenere inutilizzata una nuova sede solo per la mancata realizzazione della sala operativa, si aggiunge l'assurdo danno, per l'erario, del pagamento dell'attuale canone di locazione della sala operativa ed amministrativa per un importo annuale di Euro 100.000 -:
se non ritenga di dover inserire il progetto di sala operativa del comando vigili del fuoco di Biella nei progetti pilota di sale operative per i quali sono state già individuate le risorse finanziarie, sia per consentire il pieno e definitivo utilizzo della nuova sede sia per evitare lo spreco dell'inutile pagamento del canone di locazione relativo all'immobile che attualmente ospita la sala operativa.
(4-04604)

Risposta. - Il Dipartimento dei vigili del fuoco del soccorso pubblico e della difesa civile ha recentemente avviato l'iter amministrativo per la realizzazione delle prime 40 sale operative per i comandi provinciali dei vigili del fuoco distribuite sul territorio nazionale.
Attualmente è stata effettuata sia la pubblicazione del bando di gara e sia il conseguente invito alle ditte ammesse a presentare l'offerta.
Considerati i tempi previsti per l'aggiudicazione della gara e la relativa approvazione degli atti contrattuali da parte degli organi competenti, si prevede di poter disporre della prima sala operativa nei primi mesi dell'anno 2004, per poi proseguire nella realizzazione dei restanti lotti fino al completamento del progetto. Ciò premesso, vista la disponibilità dei locali della nuova sede del comando provinciale di Biella già a partire dallo scorso dicembre 2002, si è ritenuto non conveniente l'inserimento di Biella tra le sedi oggetto della gara, tenuto conto che l'attesa dei risultati della gara stessa, avrebbe comportato l'impossibilità di poter utilizzare la nuova sede per tutto il 2003.
Questa amministrazione ha ritenuto opportuno prevedere, per la realizzazione della sala operativa, un intervento
ad hoc mirato alle specifiche esigenze del comando, per consentire l'utilizzazione della sede in tempi più brevi.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Maurizio Balocchi.

DELMASTRO DELLE VEDOVE, GIANNI MANCUSO, GHIGLIA, MEROI, FATUZZO, LA STARZA, LUIGI MARTINI, CORONELLA, MESSA, MAGGI, BELLOTTI, SCALIA, ARRIGHI, SAGLIA e TAGLIALATELA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
l'A.I.R.I.L. (Associazione Italiana per i rapporti italo-libici), con sede in Roma, Viale Bruno Buozzi n. 47, ha inviato una nota informativa a tutti i deputati circa la sorte dei crediti delle imprese italiane che hanno operato ed operano in Libia;
la questione è relativa a crediti vantati da imprese italiane e riconosciuti come certi, liquidi ed esigibili da Enti e Compagnie governative libiche, alcuni dei quali addirittura accertati con sentenze delle giurisdizioni libiche, derivanti da esportazioni di beni o da lavori eseguiti da imprese italiane (oltre cento aziende), per una somma complessiva, al netto di interessi, di oltre 800 milioni di dollari;


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i pagamenti sono stati «congelati» all'inizio degli anni '80 per l'asserita esistenza di un contenzioso fra la Libia ed il Governo italiano per risarcimento di danni di guerra risalenti al periodo coloniale;
è doveroso ricordare come il predetto contenzioso, discusso sin dal 1956, abbia già trovato un'equa soluzione con gli accordi Dini-Shalgane del 1998 e con il successivo accordo SACE-Governo libico del 26 ottobre 2000, prevedenti un abbuono sugli indennizzi pagati di oltre 260 milioni di dollari;
il 5 novembre 2001 a Roma avrebbe dovuto riunirsi il Comitato Misto italo-libico per i crediti, ma la riunione è stata rinviata per l'assenza della delegazione libica;
l'ultima riunione del comitato si è svolta a Tripoli il 19 settembre 2001 e da allora, malgrado le sollecitazioni rivolte alla Farnesina nulla più hanno saputo gli imprenditori italiani;
i creditori sono giunti ormai alla soglia dell'esasperazione e chiedono più che giustificatamente un autorevole e finalmente risolutivo intervento del Governo italiano che ponga fine all'ingiustificato «regime di inesigibilità» dei crediti vantati da lungo tempo dalle imprese del nostro Paese -:
quali urgenti e ferme iniziative intenda assumere per «stringere i tempi» della trattativa con il governo libico per lo «sblocco» dei crediti vantati dalle imprese italiane nei confronti di Enti e di compagnie governative della Repubblica di Libia.
(4-05062)

Risposta. - Le questioni del pagamento dei crediti accumulati dalle imprese italiane nei confronti di vari enti pubblici libici e del più recente blocco dei contratti di enti libici con società italiane sono state espressamente affrontate con i vertici libici in occasione della visita del Presidente del Consiglio a Tripoli il 28 ottobre 2002. Il documento firmato in tale occasione dal Presidente del Consiglio dei ministri e dal suo omologo libico prevede un superamento di entrambi i contenziosi e dei riflessi negativi da essi prodotti sulle relazioni economiche italo-libiche, il cui ulteriore sviluppo si intende al contrario incentivare.
Per quanto riguarda i crediti, il testo concordato dalle due Parti contempla degli adempimenti tecnici, demandati alla Banca Arabo-Italiana (UBAE) e alla Società Mista Libico-Italiana, volti all'accertamento degli importi dei crediti, tenuto anche conto dei tassi di cambio e degli interessi applicabili. La relazione che i due enti formuleranno in proposito verrà sottoposta al comitato misto crediti, riunitosi una prima volta a Roma il 19-20 dicembre 2002 e la cui prossima riunione è prevista a Tripoli nell'ultima decade del mese di febbraio 2003. Sulla base di tale relazione il comitato formulerà le proprie valutazioni alle autorità dei due Paesi al fine di consentire il pagamento delle somme dovute entro il 31 marzo 2003.
Per quanto concerne l'annunciato blocco dei contratti con imprese italiane, siamo immediatamente intervenuti per chiedere alla parte libica la revoca del provvedimento, la cui adozione contrasta con la dichiarata volontà di sviluppare la cooperazione in campo economico. In occasione della menzionata visita dell'onorevole Presidente del Consiglio, da parte libica era stata resa nota la decisione di ritirare la misura. La revoca è stata confermata da una lettera inviata il 10 dicembre 2002 al Ministro Frattini dal suo omologo libico Shalgam.
Il Governo italiano continuerà pertanto a vigilare attentamente sull'adempimento degli impegni assunti dalle autorità di Tripoli, a cui restano subordinati quelli di parte italiana.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Luigi Mantica.

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il quotidiano Libero, nell'edizione di giovedì 29 agosto 2002, ha dato grande risalto, alle pagine 2 e 3, alla triste condizione


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di molte imprese italiane che vantano crediti, di fatto inesigibili malgrado siano giuridicamente certi, liquidi ed esigibili, nei confronti della Libia; la questione è nota poiché il sottoscritto interrogante ha già inoltrato, in data 2 luglio 2002, interrogazione parlamentare sull'argomento, sottoscritta da ben quindici deputati ed indirizzata al Ministero degli affari esteri, cui ad oggi non è stata data risposta;
appare evidente l'intollerabilità di una situazione nella quale imprese italiane siano dichiarate fallite o rischino la dichiarazione di fallimento a causa dell'insolvenza della Libia; sono note a tutti - e comunque il quotidiano Libero, nell'edizione citata, lo ricorda - le risorse finanziarie investite dalla Libia sul territorio nazionale attraverso succulente partecipazioni in società operanti sul nostro territorio;
è altresì noto che grandi gruppi italiani continuano ad operare in Libia (con puntuale soddisfazione delle loro pretese creditorie, come sempre accade ai grandi gruppi industriali) cosicché restano penalizzate soltanto le piccole e medie imprese che vantano crediti per circa 1300 miliardi di vecchie lire;
il Comitato misto italo-libico per i crediti scandalosamente non si riunisce dal 5 novembre 2001, dopo una seduta «saltata» per l'assenza dei rappresentanti libici;
l'intervento del Governo appare assolutamente necessario ed urgente per la tutela del lavoro italiano in Libia -:
se non ritenga di dover programmare riunioni del Comitato misto italo-libico con una calendarizzazione minuziosa e stringente sino alla definitiva soluzione della vertenza;
se non ritenga di dover mettere allo studio tutte le iniziative diplomatiche possibili al fine di indurre ad adempienza il governo libico nei confronti delle imprese italiane creditrici.
(4-05063)

Risposta. - Le questioni del pagamento dei crediti accumulati dalle imprese italiane nei confronti di vari enti pubblici libici e del più recente blocco dei contratti di enti libici con società italiane sono state espressamente affrontate con i vertici libici in occasione della visita del Presidente del Consiglio a Tripoli il 28 ottobre 2002. Il documento firmato in tale occasione dal Presidente del Consiglio e dal suo omologo libico prevede un superamento di entrambi i contenziosi e dei riflessi negativi da essi prodotti sulle relazioni economiche italo-libiche, il cui ulteriore sviluppo si intende al contrario incentivare.
Per quanto riguarda i crediti, il testo concordato dalle due Parti contempla degli adempimenti tecnici, demandati alla Banca Arabo-Italiana (UBAE) e alla Società Mista Libico-Italiana, volti all'accertamento degli importi dei crediti, tenuto anche conto dei tassi di cambio e degli interessi applicabili. La relazione che i due enti formuleranno in proposito verrà sottoposta al comitato misto crediti, riunitosi una prima volta a Roma il 19-20 dicembre 2002 e la cui prossima riunione è prevista a Tripoli nell'ultima decade del mese di febbraio 2003. Sulla base di tale relazione il comitato formulerà le proprie valutazioni alle autorità dei due Paesi al fine di consentire il pagamento delle somme dovute entro il 31 marzo 2003.
Per quanto concerne l'annunciato blocco dei contratti con imprese italiane, siamo immediatamente intervenuti per chiedere alla parte libica la revoca del provvedimento, la cui adozione contrasta con la dichiarata volontà di sviluppare la cooperazione in campo economico. In occasione della menzionata visita dell'onorevole Presidente del Consiglio, da parte libica era stata resa nota la decisione di ritirare la misura. La revoca è stata confermata da una lettera inviata il 10 dicembre 2002 al Ministro Frattini dal suo omologo libico Shalgam.
Il Governo italiano continuerà pertanto a vigilare attentamente sull'adempimento degli impegni assunti dalle autorità di Tripoli, a cui restano subordinati quelli di parte italiana.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Luigi Mantica.


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DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
in data 22 agosto 2002 il vertice dello Stato libico ha inviato una significativa e preoccupante comunicazione al Governatore della Banca Centrale della Libia che suona letteralmente: «A seguito della mancata adesione da parte del Governo italiano di adempiere su quanto previsto nella dichiarazione congiunta libica-italiana per ricompensare il popolo libico per i danni causati da loro durante lo sgradevole periodo di colonizzazione ed a richiesta per interessi del popolo. Vi chiediamo a tutti voi rispettivamente di prendere tutte le misure necessarie per fermare tutti i contratti firmati con le società italiane durante l'anno 2002 e di non firmare con loro nessun contratto nel futuro, sino a quando il Governo italiano non avrà soddisfatto le richieste del popolo libico, e non avrà implementato le decisioni rese dai comitati popolari del congresso (libico) per ricevere compenso della gradevole colonizzazione del popolo libico e trovare rimedio e impegno per implementare (applicare) tutto quanto previsto nella congiunta dichiarazione italo-libica. Questa notizia (questione) è estremamente importante. Andiamo avanti - Al Fateh per sempre e la lotta della rivoluzione continua. F.ta e timbrata Hosni El Wesheshi Essadex, Secretary Of The General people's Committee in The General Inspection of Control»;
la comunicazione citata è inquietante e testimonia l'assoluta inaffidabilità dei vertici libici in relazione agli impegni assunti ed in particolare crea nuovi gravissimi problemi alle imprese italiane, oltre ai già noti problemi relativi ai crediti che queste ultime non riescono ad esigere in ragione delle decisioni del Governo libico;
è necessario attivare, attraverso i canali diplomatici, una immediata verifica della volontà del Governo libico ed una forte e seria protesta per una iniziativa ingiustificabile che, oltre ad essere palesemente ingiusta nei confronti del Governo italiano che ha assunto precise iniziative finalizzate alla revoca dell'embargo internazionale in danno della Libia, rischia di rendere drammatico il lavoro e gli investimenti italiani in terra libica -:
se il Ministro interrogato abbia notizia della comunicazione 22 agosto 2002 a firma del dottor Hosni El Wesheshi Essadex indirizzata al Governatore della Banca Centrale della Libia;
se non ritenga grave e pretestuoso l'atteggiamento assunto dal Governo libico e, soprattutto, se non ritenga straordinariamente grave, per gli interessi legittimi delle imprese italiane che operano in Libia, l'ipotizzato «congelamento» dei contratti che si aggiunge al mancato pagamento delle spettanze già maturate da molte piccole e medie imprese che hanno operato e stanno operando in Libia;
quali urgentissime iniziative intenda assumere per la tutela degli interessi delle nostre imprese e per indurre il Governo libico a recedere da un comportamento inqualificabile e completamente infondato.
(4-05065)

Risposta. - Le questioni del pagamento dei crediti accumulati dalle imprese italiane nei confronti di vari enti pubblici libici e del più recente blocco dei contratti di enti libici con società italiane sono state espressamente affrontate con i vertici libici in occasione della visita del Presidente del Consiglio a Tripoli il 28 ottobre scorso, li documento firmato in tale occasione dal Presidente del Consiglio e dal suo omologo libico prevede un superamento di entrambi i contenziosi e dei riflessi negativi da essi prodotti sulle relazioni economiche italo-libiche, il cui ulteriore sviluppo si intende al contrario incentivare.
Per quanto riguarda i crediti, il testo concordato dalle due Parti contempla degli adempimenti tecnici, demandati alla Banca Arabo-Italiana (UBAE) e alla Società Mista Libico-Italiana, volti all'accertamento degli importi dei crediti, tenuto anche conto dei tassi di cambio e degli interessi applicabili. La relazione che i due enti formuleranno in


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proposito verrà sottoposta al comitato misto crediti, riunitosi una prima volta a Roma il 19-20 dicembre 2002 e la cui prossima riunione è prevista a Tripoli nell'ultima decade del mese di febbraio 2003. Sulla base di tale relazione il comitato formulerà le proprie valutazioni alle autorità dei due Paesi al fine di consentire il pagamento delle somme dovute entro il 31 marzo 2003.
Per quanto concerne l'annunciato blocco dei contratti con imprese italiane, siamo immediatamente intervenuti per chiedere alla parte libica la revoca del provvedimento, la cui adozione contrasta con la dichiarata volontà di sviluppare la cooperazione in campo economico. In occasione della menzionata visita dell'onorevole Presidente del Consiglio, da parte libica era stata resa nota la decisione di ritirare la misura. La revoca è stata confermata da una lettera inviata il 10 dicembre 2002 al Ministro Frattini dal suo omologo libico Shalgam.
Il Governo italiano continuerà pertanto a vigilare attentamente sull'adempimento degli impegni assunti dalle autorità di Tripoli, a cui restano subordinati quelli di parte italiana.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Luigi Mantica.

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
le vicende drammatiche delle imprese italiane che non riescono ad incassare i loro crediti maturati in Libia sono state portate alla ribalta, con un doveroso articolo del quotidiano Libero di giovedì 29 agosto 2002 che ancor più mette in risalto il silenzio incomprensibile della quasi totalità della stampa italiana, ed esigono interventi puntuali, decisivi e mirati;
dal punto di vista diplomatico appare ancor più grave l'atteggiamento dilatorio assunto dal governo libico se si riflette sulle iniziative assunte dal nostro Governo in favore della Libia;
nel corso del 1997, in costanza di «embargo» nei confronti della Libia, il governo libico promise una definizione del contenzioso riguardante i crediti delle imprese italiane a fronte dell'impegno del Governo italiano (mantenuto) di intervenire presso i governi dei Paesi occidentali per por fine all'embargo decretato in danno della Libia;
l'azione del governo libico, dunque, è da ritenersi letteralmente fallimentare, atteso che l'Italia, nel rispetto degli accordi intervenuti, ha per di più attrezzato il centro traumatologico all'ospedale di Bengasi, l'istituto di istruzione tecnica di Tripoli, collaborando infine allo sminamento di molte aree del territorio libico che furono teatro bellico nel corso della seconda guerra mondiale;
la diplomazia italiana ha l'evidente dovere di pretendere, per la tutela del prestigio della nazione in campo internazionale, il puntuale ed immediato rispetto degli accordi intercorsi con il governo libico -:
se, in ragione degli accordi intervenuti nel 1997 con la Libia ed in ragione delle iniziative diplomatiche assunte nei confronti dei Paesi occidentali per favorire la fine dell'embargo in danno della Libia, nonché in ragione delle iniziative di collaborazione puntualmente eseguite in favore di quel Paese, non ritenga di avere il dovere di esigere con immediatezza il rispetto della parte di accordo che prevedeva il pagamento dei crediti alle imprese italiane.
(4-05066)

Risposta. - Le questioni del pagamento dei crediti accumulati dalle imprese italiane nei confronti di vari enti pubblici libici e del più recente blocco dei contratti di enti libici con società italiane sono state espressamente affrontate con i vertici libici in occasione della visita del Presidente del Consiglio a Tripoli il 28 ottobre scorso. Il documento firmato in tale occasione dal Presidente del Consiglio e dal suo omologo


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libico prevede un superamento di entrambi i contenziosi e dei riflessi negativi da essi prodotti sulle relazioni economiche italo-libiche, il cui ulteriore sviluppo si intende al contrario incentivare.
Per quanto riguarda i crediti, il testo concordato dalle due Parti contempla degli adempimenti tecnici, demandati alla Banca Arabo-Italiana (UBAE) e alla società mista Libico-Italiana, volti all'accertamento degli importi dei crediti, tenuto anche conto dei tassi di cambio e degli interessi applicabili. La relazione che i due enti formuleranno in proposito verrà sottoposta al comitato misto crediti, riunitosi una prima volta a Roma il 19-20 dicembre 2002 e la cui prossima riunione è prevista a Tripoli nell'ultima decade del mese di febbraio 2003. Sulla base di tale relazione il comitato formulerà le proprie valutazioni alle autorità dei due Paesi al fine di consentire il pagamento delle somme dovute entro il 31 marzo 2003.
Per quanto concerne l'annunciato blocco dei contratti con imprese italiane, siamo immediatamente intervenuti per chiedere alla parte libica la revoca del provvedimento, la cui adozione contrasta con la dichiarata volontà di sviluppare la cooperazione in campo economico. In occasione della menzionata visita dell'onorevole Presidente del Consiglio, da parte libica era stata resa nota la decisione di ritirare la misura. La revoca è stata confermata da una lettera inviata il 10 dicembre 2002 al Ministro Frattini dal suo omologo libico Shalgam.
Il Governo italiano continuerà pertanto a vigilare attentamente sull'adempimento degli impegni assunti dalle autorità di Tripoli, a cui restano subordinati quelli di parte italiana.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Luigi Mantica.

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
la comunità italiana che vive e lavora in Madagascar è di circa 1.200 persone;
il nostro Paese è colà rappresentato dal console generale onorario Mrs. Cinzia Akbarally, che svolge un intelligente ed efficiente lavoro, pressoché a tempo pieno, con l'ausilio e l'impiego di due persone, che hanno lavorato per dieci anni presso l'ex-Ambascita d'Italia;
lo scorso anno, nel pieno di una grave crisi politica che investì il Madagascar, il nostro console, visti i prodromi di una vera e propria guerra civile, dovette organizzare un piano di evacuazione per tutta la comunità italiana, incontri settimanali sul problema della sicurezza con le Ambasciate di altri Paesi, ricerca ed assistenza di numerosi turisti italiani sparsi in tutto il Paese e colti dall'inatteso scoppio dei disordini interni, assistenza ai nostri connazionali che chiedevano di essere rassicurati sulle prospettive future del Paese;
la crisi ebbe una durata di sette mesi ed evidenziò la grande professionalità e l'encomiabile abnegazione sia del console sia del personale;
l'ambasciata competente per il Madagascar si trova a Pretoria, in Sud Africa, ove proprio recentemente è stato nominato un nuovo ambasciatore;
appare certamente necessario «irrobustire» la presenza di nostri rappresentanti in Madagascar per assicurare un servizio sufficiente ed efficiente con una struttura adeguata anche dal punto di vista del personale, tenuto conto che la distanza da Pretoria crea indubbiamente seri problemi dal punto di vista della operatività -:
se, in ragione della consistenza della comunità italiana in Madagascar della distanza di quel Paese dall'Ambasciata di riferimento ubicata in Sud Africa e delle difficoltà interne della società malgascia, non ritenga di dover potenziare la nostra rappresentanza dal punto di vista logistico e delle risorse umane.
(4-05406)

Risposta. - La chiusura della nostra Ambasciata ad Antananarivo a decorrere dal 1o giugno 2000, resasi necessaria per i


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vincoli di bilancio che hanno portato alla ristrutturazione della nostra rete diplomatico-consolare, non indica un diminuito impegno ed attenzione del nostro Governo nei confronti del Madagascar.
Tenuto conto dei vincoli sopra ricordati, si è dovuto ridefinire la struttura della nostra rete diplomatica in modo che fosse rispondente alle esigenze complessive dell'area ed ai mezzi disponibili. Come ricordato dall'interrogante, manteniamo ad Antananarivo un consolato generale onorario dove l'attuale console onorario, signora Cinzia Catalfamo è stata confermata a tempo indeterminato a decorrere dal 12 ottobre 2001, nonché un vice consolato onorario a Nosy-Be, mentre la nostra ambasciata a Pretoria, competente anche per il Madagascar, in stretto contatto con il consolato generale onorario ad Antananarivo, ha assicurato un monitoraggio costante della situazione dei nostri connazionali presenti nel Paese, effettuando anche delle missioni
in loco. Ciò è anche dimostrato dagli interventi effettuati in Madagascar dalla nostra cooperazione, tanto nel campo sanitario che in quelli dei trasporti e dello sviluppo rurale. Sono attualmente in corso di attuazione attraverso l'OMS interventi umanitari di emergenza.
Si sottolinea che, in coordinamento con l'unità di crisi di questo ministero, sono stati a suo tempo elaborati piani a tutela della sicurezza dei nostri connazionali per far fronte ad un eventuale deterioramento della situazione, in stretto contatto con le altre ambasciate occidentali. L'invito rivolto nel maggio 2002 al personale delle organizzazioni non governative di lasciare il Paese può intendersi oggi, ad avviso della nostra ambasciata a Pretoria, superato, in considerazione dell'avviata fase di normalizzazione della situazione.
Nel corso della seconda metà del 2002 la situazione in Madagascar ha avuto uno sviluppo favorevole in virtù del programma di riconciliazione nazionale varato dal Presidente Ravalomanana e conclusosi con le elezioni legislative del 15 dicembre 2002.
Quest'ultime - che hanno dato attuazione ad uno degli impegni imposti dalla comunità internazionale al Presidente Ravalomanana per favorire la riconciliazione nazionale - si sono infatti svolte pacificamente, dopo una campagna elettorale priva di incidenti violenti e con un'affluenza alle urne abbastanza elevata (55-60 per cento). La missione degli osservatori elettorali europei guidata dalla senatrice Tana de Zulueta, ha espresso un apprezzamento complessivamente positivo per l'andamento delle elezioni, pur con qualche riserva relativa alle liste elettorali ed a casi isolati di intimidazione. Il partito del Presidente Ravalomanana ha ottenuto la maggioranza dei seggi nell'assemblea nazionale (oltre 100 dei 160 seggi).
Il buon andamento delle elezioni legislative ha indotto l'organo centrale dell'unione africana a raccomandare all'assemblea della stessa UA di riconoscere Ravalomanana come il legittimo Presidente del Madagascar, pur evidenziando la necessità di impegnare il Governo ed i partiti malgasci ad affrontare insieme le questioni pendenti relative al rispetto dei diritti umani e dello stato di diritto, nonché la questione dei detenuti politici.
La situazione in Madagascar continuerà peraltro ad essere seguita con attenzione anche nei suoi futuri sviluppi dal Ministero degli affari esteri, anche in relazione alle, esigenze della nostra comunità presente nell'isola.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Luigi Mantica.

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro delle comunicazioni. - Per sapere - premesso che:
risulta all'interrogante che la «stagista» Monica Lewinsky, divenuta una «star» in ragione delle sue intime frequentazioni con l'ex-Presidente degli Stati Uniti d'America Bill Clinton, avrebbe incassato dalla televisione di Stato per la sua mancata partecipazione alla trasmissione Domenica In la somma complessiva di 60.876,00 euro comprendente il compenso (euro 43.350,00), il costo dei biglietti aerei


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(Euro 14.664) ed il costo dei pernottamenti (Euro 2.862,00);
la notizia, se rispondente a verità, genererebbe incredulità e sconforto nella pubblica opinione che difficilmente potrebbe comprendere non soltanto il perché della scelta, ma anche il costo dell'operazione, condotta in modo così approssimativo da rendere necessario il pagamento di una somma cospicua senza avere, in cambio, la prestazione promessa -:
se il costo sopportato dalla televisione di Stato per una prestazione mancata di Monica Lewinsky sia stato effettivamente oneroso come ipotizzato in premessa e, in caso affermativo, se ciò non si ponga in contrasto con il principio di efficienza ed economicità che deve contraddistinguere la gestione della Rai.
(4-05671)

Risposta. - Al riguardo si ritiene opportuno rammentare che gli aspetti riguardanti la gestione aziendale della società RAI, nonché il contenuto programmatico delle trasmissioni radiotelevisive esulano dalle competenze del Governo.
Tali materie rientrano, infatti, nelle competenze del consiglio di amministrazione delle società che opera tenendo conto delle direttive e dei criteri formulati dalla apposita Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi.
Tuttavia, in merito a quanto rappresentato dall'interrogante non si è mancato di interessare la predetta RAI la quale ha comunicato che la proposta di invitare alla trasmissione «Domenica in» la sig.ra Monica Lewinsky è stata fatta, nell'ambito dell'autonomia gestionale dei direttori di rete, da RAI uno; in un secondo momento, anche i curatori del programma «Porta a porta» hanno manifestato interesse ad una partecipazione della suddetta ospite per una serata da allestire allo scopo.
Per ragioni di coerenza con le linee editoriali approvate, tuttavia, la medesima RAI ha, successivamente, ritenuto di rinunciare alla presenza dell'interessata, corrispondendo il compenso pattuito, come previsto dall'articolo 2227 del codice civile nei casi di recesso unilaterale.
Il Ministro delle comunicazioni: Maurizio Gasparri.

DI TEODORO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
in atto esistono l'albo professionale dei ragionieri e periti commerciali, sorto per contenere i suddetti professionisti muniti di diploma di scuola media superiore che fino al 1996 non avevano superato alcun esame di Stato, e l'albo dei dottori commercialisti, che include professionisti muniti di laurea universitaria in economia e commercio i quali, previo praticantato, hanno superato un esame di Stato ai sensi dell'articolo 33 della Costituzione;
il legislatore italiano, in armonia con quello europeo, ha stabilito che per accedere alla professione economica-giuridica-contabile sono indispensabili la laurea e gli esami di Stato, essendo insufficiente il solo diploma;
il solo albo professionale sorto per contenere laureati è in merito solo quello dei dottori commercialisti, al cui interno ovviamente dovranno continuare a iscriversi i laureati (sia triennali che quinquennali);
l'albo dei ragionieri è pertanto destinato a scomparire;
in atto esistono circa 51.600 iscritti all'albo dei dottori commercialisti e circa 40.000 iscritti all'albo dei ragionieri, la quasi totalità di questi ultimi muniti del solo diploma di scuola media superiore;
da qualche tempo si discute della unificazione degli albi suddetti, argomento questo che, se trova unanimità di consenso nei ragionieri diplomati, lacera costantemente la categoria dei dottori commercialisti;
il consiglio nazionale dei dottori commercialisti si è reso disponibile ad una


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unica professione economica denominata di dottore commercialista a condizione che i ragionieri con il loro titolo siano allocati in separata sezione/elenco, siano concesse prerogative ai dottori commercialisti, siano inclusi i revisori contabili in separata sezione, siano fatti salvi i diritti acquisiti dalle rispettive casse di previdenza;
tali condizioni non sembrano accolte dai ragionieri i quali, viceversa, insistono nel chiedere anche il titolo di «commercialista» che il decreto del Presidente della Repubblica n. 1067 del 1953 concede in esclusiva ai dottori nella denominazione - nomen iuris - di dottore commercialista; nel richiedere altresì un albo unico con allocazione dei diplomati senza esame di Stato nella stessa sezione e nello stesso elenco dei dottori commercialisti laureati quadriennali e quinquennali e con esame di Stato e perciò in sezione superiore ai laureati triennali; nella richiesta, infine, della fusione anche delle Casse di previdenza -:
se sia vero che il Governo stia predisponendo un progetto di fusione dei due albi sopraddetti;
quali siano gli intendimenti e le proposte del Governo per evitare l'esplosione di un simile «problema sociale» nell'ordinamento di due importanti professioni.
(4-03987)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in oggetto indicata, si rappresenta che il progetto di riforma della professione economico contabile, approvato dal Consiglio dei ministri nella seduta del 14 febbraio 2003, con il titolo di «Delega al Governo per l'istituzione dell'ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili», è stato presentato in data 5 marzo 2003 alla Camera dei Deputati (C. 3744).
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.

FILIPPO MARIA DRAGO. - Al Ministro delle politiche agricole e forestali. - Per sapere - premesso che:
la produzione agricola del comune di Ramacca (Catania) è stata letteralmente messa in ginocchio dalle pessime condizioni atmosferiche delle ultime settimane;
alla siccità e ai venti di scirocco della scorsa estate si sono aggiunte le gelate che hanno sferzato il colpo di grazia ai prestigiosi carciofeti, alla foresta di aranceti della piana e ai campi di grano di tale territorio prevalentemente sostenuto dall'agricoltura locale;
il consiglio comunale ha ufficialmente già lanciato l'allarme, richiedendo con voto unanime lo stato di calamità, unitamente ad una richiesta di sostegno per gli operatori del settore, il quale si traduce nella determinazione delle aree danneggiate, nell'esenzione del pagamento dei contributi agricoli unificati, la sospensione delle rate in corso dei contributi previdenziali ed assistenziali dei coltivatori diretti;
inoltre, si rende necessaria la riconferma automatica per l'anno 2001-2002 delle prestazioni di disoccupazione e malattia per i braccianti agricoli, l'esenzione dell'Irpef, l'immediato pagamento delle domande preesistenti relative alla legge n. 185/1992 che grava sul fondo di solidarietà nazionale, nonché la sospensione totale dei ruoli irrigui emessi dai Consorzi di bonifica di Catania e Caltagirone -:
se ilMinistro interrogato ritenga opportuno adottare i suddetti provvedimenti.
(4-01815)

Risposta. - In merito a quanto rappresentato nell'interrogazione in oggetto, concernente le eccezionali gelate e siccità che dal 1o dicembre 2001 al 1o febbraio 2002 hanno colpito il territorio della provincia di Catania, si fa presente che con decreto ministeriale del 28 febbraio 2003, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 60 del 13 marzo 2003, è stato dichiarato lo stato di calamità.
Il Ministro delle politiche agricole e forestali: Giovanni Alemanno.


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FILIPPO MARIA DRAGO. - Al Ministro delle attività produttive. - Per sapere - premesso che:
la politica dell'attuale Governo è orientata in particolar modo alla creazione di nuovi posti di lavoro incentivando la nascita di nuove imprese e l'emersione del sommerso;
alcune disposizioni eccessivamente restrittive contenute nelle leggi n. 46 del 1990 e n. 122 del 1992, relative rispettivamente all'impiantistica e alle autoriparazioni impediscono a migliaia di lavoratori artigiani di iscriversi nell'albo delle imprese artigiane;
questi ultimi, spesso appartenenti ad una fascia d'età compresa tra i 25 e i 45 anni, non possono infatti accedervi in quanto obbligati a dimostrare l'esercizio di tale professione per tre anni consecutivi negli ultimi cinque anni;
tale situazione comporta conseguentemente un aumento sensibile del lavoro sommerso;
una soluzione ai suddetti impedimenti è costituita dalla possibilità di istituire un'apposita commissione composta da rappresentanti della commissione provinciale per l'artigianato e da tecnici esterni, nonché dall'istituzione di specifici corsi di formazione -:
se il Ministro interrogato ritenga opportuna l'adozione di iniziative normative volte a:
a) riaprire i termini, nel senso di consentire l'iscrizione nell'albo delle imprese artigiane mediante l'esibizione di fatture emesse per lavori eseguiti attinenti ai requisiti richiesti, effettuati successivamente all'entrata in vigore delle leggi n. 46 del 1990 e n. 122 del 1992;
b) istituire un'apposita commissione deputata ad esaminare la preparazione professionale, a valutare il grado di conoscenza pratica e teorica di tale professione e conseguentemente a rilasciare apposito attestato di idoneità a tutti coloro che intendono iscriversi nell'albo delle imprese artigiane.
(4-04275)

Risposta. - Nell'interrogazione in discorso vengono evidenziate le difficoltà che le imprese artigiane incontrano ad ottemperare alle disposizioni recate dalle leggi n. 46 del 1990 (in materia di attività di installazione) e n. 122 del 1992 (in materia di attività di autoriparazione) in particolare per quanto concerne la dimostrazione del possesso dei requisiti tecnico-professionali.
Nell'atto medesimo l'interrogante ritiene che tali problemi potrebbero essere superati attraverso una «riapertura dei termini» per la regolarizzazione di tali imprese, nonché attraverso l'istituzione di apposite commissioni deputate ad esaminare la preparazione professionale dei responsabili tecnici delle imprese stesse.
In merito, si espongono le seguenti considerazioni.
Le leggi sopra citate hanno introdotto una specifica regolamentazione per le attività di impiantistica (elettrica, idraulica, eccetera) e per quelle di autoriparazione, prevedendo rispettivamente agli articoli 3 e 7 specifici requisiti tecnico-professionali di cui devono essere in possesso le imprese operanti in tali settori.
In particolare, l'articolo 7 della citata legge n. 122 indica, alla lettera «a» del comma 2, come idoneo requisito tecnico-professionale l'«avere esercitato l'attività di autoriparazione, alle dipendenze di imprese operanti nel settore nell'arco degli ultimi cinque anni, come operaio qualificato per almeno tre anni».
Tale disposizione trova il suo fondamento nella considerazione che la tecnologia dell'automobile è soggetta ad uno sviluppo rapidissimo e mira ad evitare che possano operare sui veicoli di più recente concezione soggetti non in possesso di una esperienza professionale aggiornata.
Quanto sopra appare, d'altra parte, coerente con gli scopi che la legge n. 122 si propone, ovvero «raggiungere un più elevato grado di sicurezza nella circolazione stradale e (...) qualificare i servizi resi dalle imprese di autoriparazione» (articolo 1, comma 1).


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In merito alla proposta di «riapertura dei termini» sembra opportuno evidenziare che già la legge 5 gennaio 1996, n. 25 (recante «Differimenti di termini previsti da disposizioni legislative nel settore delle attività produttive ed altre disposizioni urgenti in materia») è intervenuta in tal senso.
In particolare, l'articolo 6 di detta legge (intitolato «riconoscimento dei requisiti tecnico-professionali») ha di fatto introdotto un'ulteriore possibilità, oltre a quelle previste nei sopra citati articoli 3 della legge n. 46 e 7 della legge n. 122, per ottenere il riconoscimento del requisito in parola, prevedendo che «I soggetti che, ancorché non più iscritti come imprese di installazione, trasformazione, ampliamento e manutenzione di impianti alla data di entrata in vigore del regolamento di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 18 aprile 1994, n. 387, dimostrino di avere svolto professionalmente l'attività nel corso di periodi pregressi in qualità di titolari di imprese del settore regolarmente iscritte all'albo delle imprese artigiane di cui all'articolo 5 della legge 8 agosto 1985, n. 443, o nel registro delle ditte di cui al testo unico approvato con regio decreto 20 settembre 1934, n. 2011, per una durata non inferiore ad un anno, hanno diritto ad ottenere il riconoscimento dei requisiti tecnico-professionali».
Va sottolineato che la disposizione in ultimo citata è tuttora efficace.
Circa la proposta di istituire apposite commissioni composte da rappresentanti della commissione provinciale per l'artigianato e da tecnici esterni, si evidenzia come analoghe commissioni fossero già previste nel testo originale delle norme in questione.
L'articolo 4 della legge n. 46 prevedeva, infatti (seppure solo con riferimento alle imprese non artigiane), che l'accertamento dei requisiti tecnico-professionali fosse espletato da commissioni nominate dalla giunta della camera di commercio, composte, tra l'altro, da rappresentanti degli ordini professionali, dei collegi professionali, degli enti erogatori di energia elettrica e gas, e presiedute da un docente universitario di ruolo di materia tecnica o da un docente di istituto tecnico industriale di ruolo di materia tecnica.
Tale disposizione è stata abrogata dall'articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica 18 aprile 1994, n. 392, «ai sensi dell'articolo 2, comma 8, della legge 24 dicembre 1993, n. 537», nell'ambito dell'attività di semplificazione e accelerazione dei procedimenti amministrativi.
Analoga commissione era prevista, per le attività di autoriparazione, dall'articolo 9 della legge n. 122, abrogato dall'articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica 18 aprile 1994, n. 387, ai sensi del sopra citato articolo 2, comma 8, della legge n. 537.
Attualmente la valutazione dei requisiti tecnico-professionali è effettuata, ai sensi degli articoli 9 e 10 del decreto del Presidente della Repubblica 14 dicembre 1999, n. 558, direttamente dalle commissioni provinciali per l'artigianato (per le imprese artigiane) e dalle camere di commercio (per le imprese non artigiane) sulla base di pareri del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca che, debitamente diramati da questa amministrazione, si ritiene possano garantire una applicazione uniforme, sul territorio, delle norme in parola.
Con riferimento, infine, alla richiesta di istituire specifici corsi di formazione al fine di consentire agli interessati il conseguimento della qualificazione tecnico-professionale prevista dalle leggi sopra richiamate, si sottolinea come la competenza ad istituire detti corsi fa capo in via esclusiva, ai sensi dell'articolo 117 della Costituzione, nonché della legge 21 dicembre 1978, n. 845 («Legge-quadro in materia di formazione professionale»), alle regioni.
Il Sottosegretario di Stato per le attività produttive: Mario Carlo Maurizio Valducci.

FERRO. - Al Ministro delle politiche agricole e forestali. - Per sapere - premesso che:
da più fonti giornalistiche (ultima L'Arena di Verona del 22 gennaio 2003) è


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stato ventilato il trasferimento della sede dell'ufficio repressione frodi competente per il territorio della provincia di Verona dall'attuale di Modena a quella di Conegliano Veneto (Treviso);
l'assessore provinciale all'agricoltura di Verona, il presidente della sezione vino di Assindustria di Verona, le cantine sociali della provincia di Verona, hanno preso una decisa e ferma posizione contro il ventilato trasferimento;
a supporto di questo parere negativo al trasferimento vengono anche qui ricordati il buon funzionamento degli attuali servizi offerti dall'ufficio repressione frodi di Modena, l'omogeneità dei bacini produttivi e di utenza esistente;
da non sottovalutare sono le evidenti facilitazioni di tipo logistico che la tratta Verona-Modena offre. A tal fine si ricordano l'onerosità di alcune procedure amministrative come ad esempio le operazioni di arricchimento dei prodotti che richiedono l'invio di personale dalle aziende negli uffici per le operazioni di timbratura dei moduli;
a Modena poi si incontrano operatori del settore vinicolo ma anche dell'agroalimentare che sono, a livello nazionale quanto possa esserci di più rilevante in termini qualitativi e quantitativi. Ci richiede e richiama anche un'altissima qualità nel funzionamento delle strutture pubbliche di supporto quali l'ufficio repressione frodi -:
quali iniziative urgenti il Governo voglia assumere per mantenere la sede dell'ufficio repressione frodi competente per la Provincia di Verona presso gli uffici di Modena.
(4-05687)

Risposta. - L'interrogazione in oggetto evidenzia talune preoccupazioni in ordine al regolamento di riorganizzazione dell'ispettorato centrale repressione frodi ed ai possibili pregiudizi che questo potrebbe comportare alla generale capacità operativa dell'Ispettorato a causa della contrazione del personale e degli uffici a livello locale.
In particolare, l'interrogazione pone l'accento sul «trasferimento da Modena a Conegliano Veneto della sede dell'ufficio periferico competente per il territorio della provincia di Verona».
Innanzi tutto, si fa presente che il predetto regolamento non produce affatto uno smantellamento dell'apparato attualmente esistente, ma solo una sua razionalizzazione, come previsto dalla legge 19 gennaio 2001, n. 3, in modo da consentire un migliore utilizzo delle dotazioni strumentali e umane a disposizione.
La razionalizzazione in parola, infatti, si fonda su alcuni principi essenziali per un più efficiente ed efficace svolgimento dell'attività istituzionale della struttura.
Tali principi possono, in sostanza, ricondursi principalmente:
a) alla necessità di assicurare una più diffusa presenza dell'ispettorato sul territorio a livello ispettivo, contestualmente ad una migliore collaborazione con le strutture regionali, titolari delle competenze in agricoltura a livello di produzione, trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli;
b) all'esigenza di poter disporre, all'interno dell'ispettorato, di laboratori separati funzionalmente dagli uffici ispettivi per garantirne la terzietà, con adeguate dotazioni organiche e strumentali, qualificati scientificamente e quindi capaci, da un lato, di conseguire le necessarie specializzazioni nei diversi settori merceologici e, dall'altro lato, di mettere in atto studi volti alla messa a punto di metodi di analisi utili per individuare le sempre più sofisticate frodi nel settore agroalimentare e dei mezzi tecnici di produzione;
c) alla necessità di garantire più efficaci azioni di programmazione e di coordinamento delle attività ispettive e di laboratorio in concorso con le altre forze di polizia operanti nel settore delle frodi agroalimentari.

Inoltre, la predetta legge n. 3 del 2001 obbliga ad effettuare la riorganizzazione dell'ispettorato senza oneri aggiuntivi a carico


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del bilancio dello Stato, il che costituisce un grande limite soprattutto per quel che riguarda la possibilità di adeguare le dotazioni organiche del personale alle effettive necessità del settore.
Quanto all'argomento specifico oggetto dell'interrogazione, si evidenzia che, al fine di consentire una presenza capillare e realmente incisiva dell'ispettorato su tutto il territorio nazionale, si è ritenuto indispensabile basare la proposta di riorganizzazione sull'individuazione di alcune aree omogenee, coincidenti con il territorio di un'unica regione, o comprendenti anche più regioni affini tra loro in ragione tanto del numero di imprese operanti in esse (il cosiddetto bacino d'utenza) quanto del tipo di produzioni maggiormente praticato o diffuso, del più o meno elevato rischio di commissione di frodi come della facilità dei collegamenti da zona a zona (rete stradale utilizzabile), così da risultare più pienamente rispondente alle esigenze di efficienza, funzionalità ed efficacia dell'azione istituzionale dell'Ispettorato cui fa riferimento la citata legge n. 3 del 2001.
Con tale scelta non solo vengono di fatto mantenute tutte le attuali 22 sedi periferiche dell'ispettorato - anche se, in alcuni casi, ne sono diversificate le funzioni -, ma se ne prevede anche l'istituzione di nuove in zone nelle quali non era prevista, finora, la presenza di alcun ufficio, consentendo così a ciascuna regione di avere uno o più specifici punti di riferimento.
In tale ottica, nell'intento precipuo di assicurare la massima capillarità all'azione di vigilanza su tutto il territorio nazionale, è stata prevista l'apertura di una nuova sezione distaccata con compiti ispettivi proprio a Verona, in considerazione tanto della rilevanza del bacino produttivo di tale provincia e del numero degli operatori del settore in esso presenti, quanto dell'esigenza di garantire una presenza costante, anche mediante la creazione di un presidio fisso, nell'ambito di un territorio ritenuto giustamente fra i più importanti sotto il profilo agroalimentare.
Alla luce di tutto ciò, si può sicuramente dire che, nell'area territoriale interessata, che vede la presenza di quattro uffici ispettivi (l'ufficio dirigenziale di Conegliano Veneto più le sezioni distaccate non dirigenziali di San Michele all'Adige, Udine ed, appunto, Verona), nonché di un laboratorio di analisi di livello dirigenziale, la proposta di riorganizzazione assicura un'ampia capillarità dei controlli ed un'efficacia dell'azione svolta a tutela della qualità dei prodotti agroalimentari e della sicurezza alimentare dei consumatori.
Il Ministro delle politiche agricole e forestali: Giovanni Alemanno.

FILIPPESCHI, NIEDDU, SUSINI, CORDONI e FLUVI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle attività produttive, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
la crisi industriale che da tempo coinvolge lo stabilimento Piaggio di Pontedera (Pisa), azienda leader in Europa nel settore della produzione e del mercato dei ciclomotori, appare aggravarsi sempre più anche in relazione alle prospettive non positive per i prossimi anni che gli esperti stimano in ambito europeo sui possibili futuri livelli di vendita;
la crisi, dunque, si prospetta lunga e pesante a partire dal dato dello scorso mese di settembre riferito al mercato italiano, il più importante nell'ambito europeo, che è crollato del 34 per cento con punte del 51 per cento nel segmento dei ciclomotori di 50 cc di cilindrata;
l'Azienda, con scelte rituali e apparentemente senza alcuna valutazione strategica del proprio progetto industriale, ha già posto in mobilità 315 dipendenti tra operai e impiegati, e altre aziende dell'indotto si apprestano, nello stesso territorio della provincia di Pisa e delle altre province limitrofe, a ricorrere ad analoghi strumenti di gestione della crisi;
i lavoratori e le loro rappresentanze sindacali, a mezzo dell'apertura di una trattativa, stanno chiedendo chiarezza


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nelle prospettive, per i piani industriali e garanzie occupazionali, senza aver ottenuto al momento alcun risultato apprezzabile;
a giudizio degli interroganti, peraltro convergente con quello espresso dagli organi della regione Toscana, della provincia di Pisa, del comune di Pontedera, e di altre rappresentanze della comunità più coinvolta, appare opportuno, per la gravità della crisi di uno dei settori più rilevanti dell'economia nazionale, sia compiuta dal Governo, con la piena collaborazione dell'azienda, delle parti sociali e dei livelli di governo regionale e locali, una ricognizione urgente del problema al fine di favorire soluzioni che aiutino ad avviare un percorso credibile per uscire al più presto dalla congiuntura negativa con i minori costi sociali e dunque rafforzando le più utili politiche di settore -:
se il Governo e i Ministri competenti intendano promuovere i necessari contatti tra le parti sopra richiamate e approfondimenti del caso che con questo atto si è esposto;
quali interventi di carattere generale e nazionale il Governo prevede di attuare in relazione alla specifica realtà della Piaggio di Pontedera e della crisi del settore produttivo delle due ruote.
(4-01416)

Risposta. - La Piaggio S.p.A. risente indubbiamente della pesante situazione dello specifico segmento di mercato dei veicoli a due ruote, già manifestatasi nel corso del 2001 e proseguita sino ad oggi; alla crescita consistente tra il 1995 ed il 1998, che ha consentito alla produzione nazionale di superare il picco del milione di motoveicoli, è seguita una fase di stabilità produttiva durata sino al 2000, sino al crollo del 2001 quando i volumi produttivi sono stati inferiori a 800 mila, su livelli inferiori al 1995. Ancora più marcata la caduta nel settore dei ciclomotori, che paga le conseguenze dell'impennata dei costi delle polizze assicurative per R.C. e furto (causa prima della contrazione del mercato, al di là dell'estensione dell'obbligo del casco), a cui si sta cercando di trovare una soluzione che deve tenere conto anche delle esigenze dell'equilibrio gestionale delle compagnie d'assicurazione nello specifico ramo.
Il quadro generale è altresì pesantemente condizionato dall'accentuata concorrenza di nuovi operatori del settore, specie nell'estremo oriente: va evidenziato che i produttori di
scooters nel mondo sono passati tra il 1995 e il 2000 da 9 a 25, provocando un notevole aumento della pressione competitiva sui prezzi. Anche la posizione competitiva dell'Italia rispetto ai partners europei si è sensibilmente indebolita, essendo passata la quota di produzione nazionale su quella europea dal 56,5 per cento del 1996 al 48,9 per cento del 2001.
Pur in un tale difficile contesto, che ha avuto al suo manifestarsi pesanti effetti economici e finanziari sulla società, il
management della Piaggio è riuscito ora a recuperare, con una rigida politica di contenimento dei costi e valorizzazione delle produzioni di alta gamma a maggiore redditività, un'accettabile situazione di equilibrio gestionale, tuttavia non sufficiente a consentire il recupero delle perdite pregresse. Da esso ne è conseguita infatti una struttura finanziaria estremamente impegnata, che non può trovare soluzione se non attraverso una onerosa operazione di ricapitalizzazione.
Com'è noto la proprietà della società, dopo l'uscita della famiglia Piaggio, è passata nelle mani di fondi esteri, che mal sopporta la mancata remunerazione dei capitali sin qui investiti e che quindi pongono resistenze alla concessione di nuovi apporti finanziari: a fronte di un fabbisogno individuato in 100 milioni di euro, l'attuale compagine si è dimostrata disponibile alla sottoscrizione della metà, mentre per la restante quota si è alla ricerca di un nuovo socio, che abbia maggior caratura anche sul piano imprenditoriale.
I nuovi apporti finanziari, comunque, già acquisiti consentono alla società di far fronte agli impegni previsti per l'anno in corso, sia per i fabbisogni derivanti dagli investimenti in programma anche correlati al lancio di nuovi modelli, sia per la


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gestione corrente. Ma solo realizzandosi un quadro congiunturale più favorevole e portando a compimento la ricapitalizzazione della società, la Piaggio potrà pervenire ad assetti operativi tali da evitare definitivamente il ricorso a quegli ammortizzatori sociali, ora necessari nei mesi di bassa stagionalità delle vendite, che provocano i più volte denunciati rilevanti negativi riflessi sul territorio di Pontedera e dell'intera provincia di Pisa.
Il ministero delle attività produttive segue con attenzione l'evolversi della situazione, mantenendo stretti contatti con il vertice della società e rendendosi disponibile ad attivare ogni possibile intervento volto a favorire il concretizzarsi di più favorevoli prospettive di mercato, non solo nei confronti della Piaggio ma del suo variegato indotto di piccole e medie imprese. Si manifesta la necessità di non lesinare sostegni ad un settore che concorre in maniera significativa alla nostra bilancia commerciale: azioni che saranno approfondite anche attraverso un confronto che il ministero attiverà con le associazioni di categoria e le imprese di riferimento.
Il Sottosegretario di Stato per le attività produttive: Mario Carlo Maurizio Valducci.

FILIPPESCHI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle attività produttive, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro per l'innovazione e le tecnologie, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio. - Per sapere - premesso che:
nel comune di Pontedera e nel territorio, segnatamente nei comuni di Buti, Bientina, Calcinaia, Capannoli, Palaia, Peccioli e Ponsacco, operano oltre 100 aziende del settore metalmeccanico, classificabili in parte larghissima quali piccole e medie imprese, che vedono occupati, tra operai e impiegati, circa 6000 addetti;
il settore metalmeccanico rappresenta uno degli assi principali dello sviluppo dell'intera area, definita dalla regione Toscana «sistema economico locale» a prevalente insediamento industriale del settore metalmeccanico, e che l'azienda Piaggio, situata sul territorio del comune di Pontedera, rappresenta l'industria più importante del territorio, tra le più grandi dell'Italia centromeridionale e l'azienda leader europea del settore delle due ruote;
l'azienda Piaggio, nonostante le intese sindacali via via intercorse e costate seri sacrifici ai lavoratori, ha subito per l'anno 2001 i pesanti contraccolpi della congiuntura di mercato con una conseguente e fortemente critica esposizione finanziaria e di bilancio;
l'azienda anche per l'anno in corso evidenzia uno stato di precarietà e di debolezza sui mercati e una difficoltà nella prospettazione di una strategia industriale capace di risolvere le difficoltà in cui versa;
l'azienda ha visto un profondo mutamento degli assetti societari, con l'uscita dalla compagine sociale della forte e radicata presenza della famiglia Agnelli e l'ingresso di nuovi azionisti operanti principalmente nei mercati finanziari più che nell'industria;
c'è diffusa e forte preoccupazione per la tenuta dell'assetto produttivo dell'indotto legato alle lavorazioni meccaniche per la Piaggio e dunque dell'intero sistema economico locale, per le ricadute negative che il perdurare di una situazione di crisi potrebbe avere sui livelli occupazionali e sulla qualità delle condizioni di lavoro;
c'è la percezione di una volontà della Piaggio, a fronte delle difficoltà richiamate, di trasferire le commesse dall'industria del territorio circostante a fornitori esterni al sistema economico locale, verso industrie anche operanti all'estero e capaci di garantire condizioni più competitive, soprattutto in ordine al costo del fattore lavoro;
la diversificazione produttiva dell'indotto metalmeccanico è considerata una componente prioritaria delle relazioni sociali e delle opportunità competitive dell'apparato


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economico-produttivo del nostro territorio, vista anche l'incoraggiante evoluzione registrata in importanti aziende del settore che ha consentito di sottrarle alla dipendenza pressoché esclusiva dalle commesse della Piaggio e, al contempo, di recuperare importanti margini di competitività anche verso la fornitura della stessa grande azienda;
appare assolutamente necessario sostenere e favorire la collaborazione tra i soggetti istituzionali competenti, regione, provincia, comuni, che ha già dato frutti concreti, ha portato ad intese che hanno coinvolto il Governo e che l'azienda ha disatteso in parti importanti, e sostenere, di concerto con le forze sociali, i sindacati e le categorie economiche e produttive, quelle e iniziative che incentivano la diversificazione e la riqualificazione delle produzioni dell'indotto metalmeccanico;
la provincia di Pisa e i comuni, di concerto con la regione Toscana, interessati hanno garantito la piena attuazione degli interventi previsti dall'Unione europea contro il declino industriale, con un indice d'utilizzazione dei fondi strutturali per le aree ad obiettivo 2 che colloca la provincia pisana in una posizione d'assoluto rilievo nell'ambito regionale e nazionale;
il comune di Pontedera, di concerto con le altre istituzioni competenti, ha promosso indagini conoscitive atte ad approfondire l'evoluzione del tessuto produttivo del sistema economico locale della Valdera e le dinamiche dei flussi produttivi legati alle in particolare alle lavorazioni metalmeccaniche;
ad oggi non ha ricevuto risposta una specifica interrogazione sulla situazione della Piaggio e del settore delle due ruote, presentata il giorno 20 novembre 2001 dell'interrogante, né si è accolto un emendamento al testo della legge finanziaria 2002, proposto dal medesimo interrogante, mirato alla promozione della produzione di motori ecologici conformi alla normativa dell'Unione europea;
il Governo, non motivando le mancate risposte, ha dato, ad avviso dell'interrogante, prova di gravissima, colpevole e ingiustificabile sottovalutazione del caso e di una mancanza di riguardo per il Parlamento e per chi rappresenta istanze fortemente sentite dai cittadini rappresentati del suo collegio elettorale;
il Governo, con la legge finanziaria e gli altri provvedimenti di natura fiscale e ordinamentale, ha centralizzato le politiche di supporto allo sviluppo economico, in contrasto la vigente riforma di carattere federalistico del titolo V della parte seconda della Costituzione, limitando di fatto i poteri e la disponibilità di risorse delle regioni e dei comuni per il perseguimento di attive politiche di supporto allo sviluppo e all'innovazione degli insediamenti industriali -:
se il Governo e i Ministri competenti intendano promuovere iniziative appropriate sulle problematiche di più forte interesse per il sistema economico locale esposte in premessa e in particolare: a) per l'accrescimento della dimensione delle piccole e medie imprese e per una più forte capitalizzazione delle stesse; b) per la promozione dell'accesso al credito e di strumenti dedicati di finanza innovativa; c) per il sostegno alla commercializzazione dei prodotti e, in particolare, per l'accesso ai mercati internazionali; d) per il potenziamento del supporto alle imprese in termini d'innovazione tecnologica e di trasferimento dei risultati della ricerca scientifica, ovvero per suscitare la domanda d'innovazione delle singole imprese, in rapporto con il sistema dei poli tecnologici della provincia di Pisa e dell'area vasta della Toscana costiera; e) per il sostegno a specifiche iniziative di formazione e di alta formazione rivolte ai lavoratori, al management delle aziende e agli imprenditori, valorizzando la presenza in Valdera della scuola superiore di studi universitari e di perfezionamento Sant'Anna e dell'università di Pisa; f) per favorire l'insediamento di servizi evoluti alle imprese, d'iniziativa privata, nei campi d'intervento già evidenziati; g) per sostenere la dotazione delle infrastrutture telematiche a servizio


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dell'evoluzione del sistema economico locale;
quale interventi di carattere generale e specifico il Governo intenda attuare in relazione alla situazione della Piaggio di Pontedera e alla crisi del settore produttivo delle due ruote, nel momento in cui si discute della programmazione d'interventi rivolti ad affrontare la grave crisi del settore italiano dell'auto.
(4-02945)

Risposta. - La Piaggio S.p.A. risente indubbiamente della pesante situazione dello specifico segmento di mercato dei veicoli a due ruote, già manifestatasi nel corso del 2001 e proseguita sino ad oggi; alla crescita consistente tra il 1995 ed il 1998, che ha consentito alla produzione nazionale di superare il picco del milione di motoveicoli, è seguita una fase di stabilità produttiva durata sino al 2000, sino al crollo del 2001 quando i volumi produttivi sono stati inferiori a 800 mila, su livelli inferiori al 1995. Ancora più marcata la caduta nel settore dei ciclomotori, che paga le conseguenze dell'impennata dei costi delle polizze assicurative per R.C. e furto (causa prima della contrazione del mercato, al di là dell'estensione dell'obbligo del casco), a cui si sta cercando di trovare una soluzione che deve tenere conto anche delle esigenze dell'equilibrio gestionale delle compagnie d'assicurazione nello specifico ramo.
Il quadro generale è altresì pesantemente condizionato dall'accentuata concorrenza di nuovi operatori del settore, specie nell'estremo oriente: va evidenziato che i produttori di
scooters nel mondo sono passati tra il 1995 e il 2000 da 9 a 25, provocando un notevole aumento della pressione competitiva sui prezzi. Anche la posizione competitiva dell'Italia rispetto ai partners europei si è sensibilmente indebolita, essendo passata la quota di produzione nazionale su quella europea dal 56,5 per cento del 1996 al 48,9 per cento del 2001.
Pur in un tale difficile contesto, che ha avuto al suo manifestarsi pesanti effetti economici e finanziari sulla società, il
management della Piaggio è riuscito ora a recuperare, con una rigida politica di contenimento dei costi e valorizzazione delle produzioni di alta gamma a maggiore redditività, un'accettabile situazione di equilibrio gestionale, tuttavia non sufficiente a consentire il recupero delle perdite pregresse. Da esso ne è conseguita infatti una struttura finanziaria estremamente impegnata, che non può trovare soluzione se non attraverso una onerosa operazione di ricapitalizzazione.
Com'è noto la proprietà della società, dopo l'uscita della famiglia Piaggio, è passata nelle mani di fondi esteri, che mal sopporta la mancata remunerazione dei capitali sin qui investiti e che quindi pongono resistenze alla concessione di nuovi apporti finanziari: a fronte di un fabbisogno individuato in 100 milioni di euro, l'attuale compagine si è dimostrata disponibile alla sottoscrizione della metà, mentre per la restante quota si è alla ricerca di un nuovo socio, che abbia maggior caratura anche sul piano imprenditoriale.
I nuovi apporti finanziari, comunque, già acquisiti consentono alla società di far fronte agli impegni previsti per l'anno in corso, sia per i fabbisogni derivanti dagli investimenti in programma anche correlati al lancio di nuovi modelli, sia per la gestione corrente. Ma solo realizzandosi un quadro congiunturale più favorevole e portando a compimento la ricapitalizzazione della società, la Piaggio potrà pervenire ad assetti operativi tali da evitare definitivamente il ricorso a quegli ammortizzatori sociali, ora necessari nei mesi di bassa stagionalità delle vendite, che provocano i più volte denunciati rilevanti negativi riflessi sul territorio di Pontedera e dell'intera provincia di Pisa.
Il ministero delle attività produttive segue con attenzione l'evolversi della situazione, mantenendo stretti contatti con il vertice della società e rendendosi disponibile ad attivare ogni possibile intervento volto a favorire il concretizzarsi di più favorevoli prospettive di mercato, non solo nei confronti della Piaggio ma del suo variegato indotto di piccole e medie imprese. Si manifesta la necessità di non lesinare sostegni ad un settore che concorre in maniera significativa alla nostra bilancia commerciale: azioni che saranno approfondite


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anche attraverso un confronto che il ministero attiverà con le associazioni di categoria e le imprese di riferimento.
Il Sottosegretario di Stato per le attività produttive: Mario Carlo Maurizio Valducci.

FISTAROL e COLASIO. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
sono a rischio gli archivi di Guglielmo Marconi custoditi in Gran Bretagna;
si tratta non solo dei preziosi documenti autografi dell'inventore della radio, ma anche dei suoi rarissimi apparati scientifici, con i quali condusse gli esperimenti pionieristici nel campo delle telecomunicazioni;
sembra infatti imminente la decisione delle industrie Marconi (fondate dallo stesso scienziato bolognese) di vendere all'asta, disperdendo in varie parti, le carte e gli apparecchi appartenenti a Guglielmo Marconi e conservati finora nel museo di Chemsford, vicino alla sede madre dell'azienda;
l'ipotizzata vendita all'asta è collegata alla grave crisi all'industria inglese Marconi, le cui conseguenze si fanno sentire anche in Italia -:
se non intenda attivarsi per evitare l'asta affinché non si disperda il patrimonio scientifico storico del Marconi e in che altri modi intenda intervenire.
(4-05125)

Risposta. - In ordine all'interrogazione parlamentare in discorso, relativa alle notizie che riportano la possibile vendita dell'archivio di Guglielmo Marconi, si rappresenta quanto segue.
È opportuno rammentare che già nell'anno 1997 si sviluppò in Italia un vasto clamore giornalistico a seguito dell'annuncio della vendita all'asta dell'archivio Marconi, prodotto e conservato in Inghilterra, da parte del gruppo industriale GEC-Marconi (General Electric Companies-Marconi), proprietario del fondo.
La notizia suscitò vive preoccupazioni per il timore che la raccolta potesse essere frammentata in più lotti, causando la dispersione della memoria storica. Nel contempo, se ne auspicò il trasferimento in Italia affinché fosse custodita da un unico proprietario, possibilmente pubblico.
Le proteste avvenute nell'ambiente culturale britannico e l'intervento energico della figlia dello scienziato hanno condotto, successivamente, i proprietari a rinunciare alla vendita.
Come è noto, sembra che la crisi attuale delle industrie Marconi abbia portato nuovamente le stesse alla decisione di vendere all'asta le collezioni, valutate in circa 8 milioni di euro, facendo riemergere, sul piano culturale, il problema della loro vendita, contraddicendo, peraltro, le notizie diffuse, risalenti circa ad un anno fa, in merito ad una eventuale cessione gratuita ad un ente
no profit.
In tempi recenti, risulta, altresì, che l'università statunitense di Harvard, potendo disporre della somma di dieci milioni di dollari da investire, ha espresso il proprio interesse ad acquisire l'archivio dello scienziato.
Le informazioni acquisite non offrono, comunque, delucidazioni in merito alla volontà, da parte di eventuali acquirenti, di procedere alla frammentazione o meno dell'archivio.
Allo stato, dalle notizie riportate dagli organi di stampa risulta che il gruppo industriale abbia ritenuto opportuno rinviare ogni decisione relativa alla vendita dell'archivio Marconi ad un momento successivo al processo di ristrutturazione finanziaria.
Il Ministro per i beni e le attività culturali: Giuliano Urbani.

DANIELE GALLI. - Al Ministro delle comunicazioni. - Per sapere - premesso che:
nel periodo compreso fra il 27 dicembre 2002 e il 7 gennaio 2003 nel


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Comune di Invorio (Novara) il servizio di recapito della corrispondenza è stato sospeso quasi completamente a causa dell'indisponibilità di postini per malattia o ferie;
da alcuni mesi lo smistamento della corrispondenza avviene ad Oleggio Castello e le caselle postali possono essere aperte solo ad Oleggio Castello;
la zona industriale di Invorio si sta considerevolmente espandendo e sia le ditte interessate che i privati cittadini hanno diritto ad un servizio postale efficace ed efficiente -:
se sia a conoscenza di tale situazione di sospensione del servizio per mancanza di personale; se e quali provvedimenti intenda adottare nei confronti di Poste italiane per evitare il ripetersi di tali disservizi nel Comune di Invorio, come in ogni altro Comune dello Stato;
se, alla luce di quanto esposto, intenda chiedere a Poste italiane S.p.A. di ripristinare il ruolo di centralità dell'ufficio postale di Invorio demandando ad esso, e non a quello di Oleggio Castello, lo smistamento della corrispondenza delle caselle postali.
(4-04964)

Risposta. - Si ritiene opportuno precisare che, a seguito della trasformazione dell'ente Poste italiane in società per azioni, la gestione aziendale rientra nella competenza degli organi statutari della società.
Il ministero delle comunicazioni - quale autorità nazionale di regolamentazione del settore postale - ha tra i propri compiti quello di verificare il corretto espletamento del servizio universale erogato da Poste italiane.
Tale attività è volta ad accertare che la qualità del servizio svolto su tutto il territorio nazionale risponda ai parametri fissati dalla normativa comunitaria e nazionale, peraltro recepiti nel contratto di programma, e ad adottare idonei strumenti sanzionatori nel caso in cui si dovesse verificare il mancato rispetto degli
standard qualitativi fissati.
Ciò premesso, allo scopo di poter disporre di elementi di valutazione in merito a quanto rappresentato dall'interrogante si è provveduto ad interessare la società Poste italiane la quale ha comunicato che, da tempo, è stato introdotto un nuovo modello organizzativo del servizio, basato sulle cosiddette «areole», che prevede la concentrazione delle attività di recapito in uffici postali da cui dipendono almeno quattro zone.
La stessa società, in riferimento all'ufficio postale di Invorio (Novara) ha precisato che, sia per l'impossibilità oggettiva di rispettare gli indirizzi organizzativi su citati e sia per i limiti strutturali che lo stesso ufficio presenta, è stato necessario accorpare il servizio di recapito della corrispondenza diretta al comune di Invorio a quello dell'ufficio postale ubicato nel comune di Oleggio Castello.
La società Poste italiane ha evidenziato, inoltre, che i disservizi di cui è cenno nell'atto parlamentare in esame, verificatisi tra la fine del mese di dicembre 2002 ed i primi giorni di gennaio del corrente anno, sono da imputare alla contemporanea ed accidentale assenza - per congedo e per malattia - di tre delle cinque unità addette al servizio.
La società Poste italiane ha precisato, inoltre, che nel caso in esame, a causa dei flussi di traffico particolarmente intensi registrati durante il periodo natalizio, non era stato possibile risolvere il problema del recapito postale nei modi consueti e cioè mediante l'utilizzazione delle risorse umane applicate presso le zone limitrofe in quanto anche in quelle zone si sarebbero potute verificare analoghe difficoltà operative.
In conclusione la società Poste italiane ha segnalato che con il ritorno in servizio delle unità assenti la situazione è tornata, progressivamente, alla normalità.
Il Ministro delle comunicazioni: Maurizio Gasparri.

GAMBALE, GERARDO BIANCO e CENNAMO. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
il sisma che ha colpito il Molise a fine ottobre ha portato all'attenzione delle istituzioni


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e della pubblica opinione il problema della sicurezza degli edifici scolastici;
il sindaco di Bacoli avvocato Coppola, con ordinanza n. 287 del 6 novembre 2002, ha ordinato «la chiusura a tempo indeterminato degli istituti scolastici esistenti sul territorio comunale, non conformi alla normativa sulla antisismicità degli edifici, e precisamente:
1. Scuola media «Paolo di Tarso» trav. Via Risorgimento - Bacoli;
2. Scuola elementare «G. Marconi» Piazza Marconi - Bacoli;
3. Scuola elementare «Baia» Via Lucullo - Bacoli;
4. Scuola elementare «Miseno» Via Miseno - Bacoli;
5. Scuola elementare «Fusaro» Via Virgilio - Bacoli;
6. Scuola elementare «Cappella A» trav. Viale Olimpico - Bacoli;
7. Scuola materna «Guardascione» Via Guardascione - Bacoli;
8. Scuola materna «Miseno» Via Miseno - Bacoli;
9. Scuola materna «Padula» Via I Trav. Lungolago - Bacoli;
dopo l'emissione della predetta ordinanza un gruppo di quattro tecnici del comune di Bacoli (di cui due architetti e due ingegneri) ha effettuato una perizia su tutte le suddette strutture scolastiche, non rilevando alcun danno in relazione agli ultimi eventi sismici;
il ricorso a turnazioni in altri istituti sta provocando notevoli disagi a tutti gli alunni e alle relative famiglie, che subiscono le conseguenze negative di tale decisione, senza alcun valido motivo;
il sindaco persiste in questo comportamento «atipico», come definito dai giornalisti della RAI 3 intervenuti a Bacoli, diversamente dagli altri Enti che hanno affrontato e risolto il medesimo problema senza decisioni traumatiche; si consideri soltanto che l'Ente Provincia di Napoli con i suoi tecnici in cinque giorni ha fatto periziare circa 300 istituti scolastici, senza provvedere alla chiusura di nessuna scuola;
solo in data 9 novembre 2002 il sindaco con protocollo n. 19628 chiedeva l'intervento del genio civile;
solo in data 20 novembre 2002 veniva nominato il professor A. Albimarini come tecnico consulente dell'amministrazione;
in data 7 novembre 2002 l'Assessore Regionale all'Istruzione A. Beffardi aveva garantito agli Enti locali la piena disponibilità dei tecnici della Regione per effettuare i necessari sopralluoghi;
la Prefettura di Napoli ha già convocato due riunioni al fine di trovare le soluzioni che garantiscano la sicurezza degli edifici, ma che al contempo non creino disfunzioni al regolare svolgimento dei programmi didattici;
da queste riunioni è emerso che le scuole chiuse dall'ordinanza sindacale non hanno subìto alcun danno durante il recente sisma, e che tutte sono ancora agibili anche se costruite precedentemente alle norme antisismiche;
la Conferenza dei Capigruppo consiliari all'unanimità, il giorno 21 novembre 2002 si è espressa dichiarando la volontà di riaprire gli Istituti considerati agibili;
se si interpretasse la norma così come intesa dal sindaco di Bacoli e cioè che oltre alla agibilità certificata è necessario che gli edifici siano adeguati alle norme antisismiche, sarebbe necessario chiudere il 70 per cento delle scuole italiane e quasi il 90 per cento di tutti gli edifici pubblici;
il Dirigente Scolastico Regionale dottor Bottino nel corso della riunione in Prefettura, ha invitato il sindaco «a concentrare gli sforzi per un rapido ritorno ad una situazione di normalità» -:
quali provvedimenti urgenti il Ministro dell'istruzione intenda adottare per


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garantire il corretto svolgimento delle attività didattiche nel comune di Bacoli;
quali provvedimenti il Dipartimento di Protezione Civile intenda adottare per chiarire i riferimenti normativi rispetto alle certificazioni necessarie, al fine di consentire l'apertura degli edifici scolastici, in maniera da tutelare la sicurezza degli studenti, ma senza creare inutili allarmi e disfunzioni;
quali iniziative sono state adottate per sollecitare la Prefettura e la direzione Scolastica Regionale, nonché il sindaco di Bacoli ad accelerare gli accertamenti statici sugli edifici scolastici chiusi;
se in presenza di certificazioni di agibilità, non intendano chiedere al Prefetto di Napoli di intervenire per riaprire gli edifici scolastici chiusi, sussistendo l'interruzione immotivata di pubblico servizio.
(4-04814)

Risposta. - Va premesso che, limitatamente all'aspetto strutturale, - ai sensi della vigente normativa in materia ed in particolare della legge 11 gennaio 1996, n. 23 - tutto ciò che attiene alla fornitura, manutenzione e gestione degli edifici scolastici, ivi compresi l'adeguamento e la messa a norma ed in sicurezza degli stessi, rientra nelle dirette competenze e responsabilità degli enti locali (comuni o province) rispettivamente interessati.
Ed altrettanto vale per la vigilanza - peraltro facente capo agli organismi a ciò istituzionalmente preposti, come, ad esempio Asl, Vigili del fuoco od altri uffici tecnici - in merito all'effettiva assunzione delle opportune misure previste dalla normativa in materia di sicurezza da parte dei citati enti locali, ai quali ultimi competono anche le attività, con relative responsabilità, collegate all'adottabilità dei necessari provvedimenti contingibili ed urgenti, ove le circostanze obiettive lo richiedano e la cui effettiva sussistenza non rientra nei poteri d'accertamento di questo ministero.
L'amministrazione, infine, che, da parte sua, ha sempre perseguito (ivi compreso nella fattispecie evidenziata nell'interrogazione che si riscontra), anche tramite le proprie, competenti, articolazioni sul territorio, l'adozione di soluzioni ed iniziative che - nel rispetto delle primarie esigenze di salute e sicurezza dell'utenza del servizio scolastico - garantissero, comunque, la migliore, possibile, fruizione dell'altrettanto primario diritto allo studio da parte dell'utenza medesima.
Riguardo in particolare istituti scolastici del comune di Bacoli (Napoli) si fa presente che l'ordinanza n. 287 emessa dal sindaco il 6 novembre 2002 per la chiusura a tempo indeterminato delle scuole del comune in parola non conformi alla normativa sulla antisismicità degli edifici è al momento quasi del tutto superata a seguito dei sinergici interventi del comune di Bacoli, della prefettura di Napoli, della regione Campania, dei dirigenti scolastici, dei genitori degli alunni interessati e del direttore generale della direzione regionale della Campania.
Al momento le scuole hanno ripreso a funzionare regolarmente tranne la scuola elementare «Marconi» parzialmente riconsegnata, mentre il plesso della scuola materna «Padula» è stato soppresso a causa della impossibilità attuale di effettuare interventi in quanto si tratta di una struttura privata.
Si ritiene infine di dover assicurare che il diritto allo studio della popolazione scolastica interessata continua ad essere garantito, pur se con qualche provvisorio disagio.
Il Sottosegretario di Stato per l'istruzione, per l'università e per la ricerca: Valentina Aprea.

GERACI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
numerose imprese italiane (oltre 100) con rapporti economici con la Libia, relativi ad esportazioni di beni o a lavori eseguiti, vantano crediti, regolarmente riconosciuti anche con sentenze di varie corti libiche, per un importo che supererebbe gli 800 milioni di dollari;


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nonostante il riconoscimento di detti crediti da parte di enti e compagnie governative libiche, il Governo libico all'inizio degli anni ottanta, procedette al blocco dei pagamenti sostenendo l'esistenza di un contenzioso con l'Italia per mancato risarcimento di danni di guerra e relativo, tra l'altro, al periodo coloniale;
il comitato misto Italo-Libico (costituito per la definizione dei crediti e quant'altro a ciò relativo) si sarebbe dovuto riunire in data 5 novembre 2001 a Roma per concordare le modalità dei pagamenti;
per l'assenza della delegazione libica l'incontro non avvenne;
l'ultima riunione del comitato risalirebbe al 19 settembre 2001 e da allora non si tennero altri incontri -:
se il Governo intenda intervenire e quali iniziative intenda assumere al fine di tutelare le imprese italiane interessate e seriamente esposte al rischio di una crisi da cui potrebbe derivarne la chiusura delle attività economiche esercitate.
(4-05075)

Risposta. - Le questioni del pagamento dei crediti accumulati dalle imprese italiane nei confronti di vari enti pubblici libici e del più recente blocco dei contratti di enti libici con società italiane sono state espressamente affrontate con vertici libici in occasione della visita del Presidente del Consiglio a Tripoli 28 ottobre 2002. Il documento firmato in tale occasione dal Presidente del Consiglio e dal suo omologo libico prevede un superamento di entrambi i contenziosi e dei riflessi negativi da essi prodotti sulle relazioni economiche italo-libiche, il cui ulteriore sviluppo si intende al contrario incentivare.
Per quanto riguarda i crediti, il testo concordato dalle due parti contempla degli adempimenti tecnici, demandati alla banca Arabo-Italiana (UBAE) e alla società mista Libico-Italiana, volti all'accertamento degli importi dei crediti, tenuto anche conto dei tassi di cambio e degli interessi applicabili. La relazione che i due enti formuleranno in proposito verrà sottoposta al comitato misto crediti, riunitosi una prima volta a Roma il 19-20 dicembre 2002 e la cui prossima riunione è prevista a Tripoli nell'ultima decade del mese di febbraio 2003. Sulla base di tale relazione il comitato formulerà le proprie valutazioni alle autorità dei due paesi al fine di consentire il pagamento delle somme dovute entro il 31 marzo 2003.
Per quanto concerne l'annunciato blocco dei contratti con imprese italiane, siamo immediatamente intervenuti per chiedere alla parte libica la revoca del provvedimento, la cui adozione contrasta con la dichiarata volontà di sviluppare la cooperazione in campo economico. In occasione della menzionata visita del Presidente del Consiglio dei ministri, da parte libica era stata resa nota la decisione di ritirare la misura. La revoca è stata confermata da una lettera inviata il 10 dicembre 2002 al Ministro Frattini dal suo omologo libico Shalgam.
Il Governo italiano continuerà pertanto a vigilare attentamente sull'adempimento degli impegni assunti dalle autorità di Tripoli, a cui restano subordinati quelli di parte italiana.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Luigi Mantica.

GIACHETTI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
venerdì 3 gennaio 2003, tre turisti italiani sono deceduti nello stato del Niger, a causa del passaggio della propria auto su una mina;
il giorno 8 gennaio 2003, su vari organi di informazione è apparsa una lettera scritta da Francesco Carones, figlio di una delle vittime, il quale accusa il ministero degli affari esteri di poca assistenza nei confronti delle vittime e dei loro familiari e della mancata disponibilità a rendere operativi gli aerei dello stesso ministero al fine di riportare in patria le vittime nel più breve tempo possibile;


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la distanza del dicastero citato, potrebbe far pensare non solo al frutto di una mancanza di appoggio concreto ed umano verso le vittime e i loro familiari, ma soprattutto e cosa ancor più grave, ad una nuova linea politica da parte del ministero degli affari esteri che «abbandona» i propri cittadini in difficoltà, causando preoccupazione a tutti quegli italiani che per vari motivi si recano all'estero o vi si stanno recando -:
quali interventi il ministero degli affari esteri abbia posto in opera per garantire l'assistenza ai familiari delle vittime;
se la distanza della Farnesina cui allude il Carones sia da imputare esclusivamente a negligenza del Ministero;
quali provvedimenti urgenti il Ministro interrogato abbia intenzione di adottare al fine di riportare in Italia le vittime del tragico incidente in Niger, valutando di mettere a disposizione gli aerei di cui dispone lo Stato;
se non ritenga opportuno intervenire personalmente al fine di fare luce sulle inadempienze e rassicurare tutti i cittadini italiani che sono all'estero e che si accingono a recarvisi.
(4-04978)

Risposta. - Nella serata di venerdì 3 gennaio 2003 un responsabile della Mondial Assistance, società che fornisce assistenza sanitaria all'estero, informava questo mistero che alcuni italiani erano rimasti vittime di un incidente in quel Paese. A seguito di una serie di contatti immediatamente avviati veniva accertato che l'agenzia «Spazi d'Avventura» di Milano aveva organizzato un viaggio di 13 persone in Niger. Nel corso del viaggio, nel primo pomeriggio di venerdì 3 gennaio 2002, uno dei veicoli fuoristrada urtava un ordigno che provocava un'esplosione causando la morte immediata di tre componenti della spedizione ed un ferito. La zona dove è avvenuto l'incidente fa parte di una regione Tuareg, quasi alla frontiera con la Libia e l'Algeria, teatro fino a poco tempo fa di una ribellione armata contro il governo e di recenti e ripetuti episodi di tipo criminale ad opera di bande armate di predoni.
La distanza del luogo dell'incidente da qualsiasi centro abitato poneva subito in evidenza l'estrema difficoltà di organizzare un'azione di soccorso.
L'ambasciata d'Italia ad Abidjan, competente per territorio, prontamente avvertita da questo ministero, si attivava immediatamente prendendo contatto con le autorità del Niger e con il console onorario d'Italia, Giglio, a Niamey, nonostante si trovasse in limitate condizioni di operatività a causa della già avvenuta applicazione del coprifuoco vigente da alcuni mesi ad Abidjan. Peraltro, il giorno seguente, il funzionario di turno della direzione generale per gli italiani all'estero di questo ministero, in stretto coordinamento con la segreteria generale provvedeva a contattare nuovamente l'ambasciata ed il console onorario in Niger per fornire indicazioni durante l'evolversi della situazione ed assicurarsi che fossero avvertiti i familiari nonché avviate le pratiche per un celere rimpatrio delle salme.
Nelle prime ore di sabato mattina, 4 gennaio 2003, il Console Giglio intanto aveva un incontro con i comandi militari e la polizia del Niger sollecitando la stessa Presidenza della Repubblica e concordando l'immediato invio di mezzi di soccorso. Veniva quindi noleggiato un aereo privato della Nigeravia, in accordo con la
Mondial Assistance, per recuperare i resti della comitiva e le salme delle vittime.
L'operazione si concludeva nella mattina di domenica 5 gennaio 2003 con l'arrivo all'aeroporto di Niamey delle tre vittime, del ferito e di altri componenti della comitiva. All'aeroporto erano ad attendere tre membri del Governo del Niger, il ministero degli esteri, del turismo e dell'artigianato e il Ministro degli interni oltre al console d'Italia, Giglio.
Il ferito è stato trattenuto in una clinica locale per i primi soccorsi. Gli altri connazionali hanno preso alloggio al Grand Hotel di Niamey dove l'Ambasciatore di Francia, Presidente in esercizio dell'Unione europea, si è recato per porgere le sue condoglianze.


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Sul posto frattanto si era recato anche uno dei funzionari della nostra ambasciata ad Abidjan, partito con il primo volo utile.
Particolarmente laboriosa si è presentata l'organizzazione del rientro delle salme in Italia. In particolare, la compagnia assicurativa avrebbe provveduto al trasporto delle vittime e dei feriti a Niamey e l'ambasciata ed il console onorario avrebbero svolto le pratiche per il rimpatrio delle salme.
Al riguardo va sottolineata l'iniziale difficoltà dovuta all'assenza in Niger di bare a norma di legge, che la
Mondial Assistance ha dovuto inviare dall'Italia. Nei giorni successivi, in attesa del completamento dell'iter burocratico necessario ai fini del rimpatrio delle salme, questo ministero ha avuto costanti collegamenti con l'ambasciata ad Abidjan, in stretto coordinamento con l'unità di crisi. Quest'ultima ha mantenuto i necessari contatti operativi con la Mondial Assistance e ha finanziato alcune spese connesse alla gestione del caso.
È bene sottolineare che questo ministero degli esteri non dispone di propri aerei e che in eventi inerenti al decesso di connazionali, come in questo caso, il trasporto delle salme è possibile attraverso le compagnie aeree che forniscono tale servizio. Una volta quindi completate le normali procedure previste dalla vigente normativa, si è provveduto ad imbarcare le salme dei tre connazionali deceduti sul primo aereo di linea disponibile in partenza da Niamey. Ciò avveniva l'11 gennaio 2002 con il volo dell'
Air France diretto a Parigi. L'arrivo delle salme a Milano Malpensa avveniva alle ore 12.25 dello stesso giorno. La nostra ambasciata a Parigi, opportunamente allertata, forniva tutta l'assistenza necessaria durante il trasferimento.
Va inoltre ricordato che questa amministrazione oltre ad agire all'estero, attraverso la rete diplomatico-consolare, la cui voce è dunque quella della Farnesina, svolge anche una costante attività d'impulso e supervisione su quanto effettuato
in loco dalla rete stessa, evitando sovrapposizioni che, specie in eventi tanto delicati, possono rivelarsi poco opportune. Attività da sottolinearsi soprattutto nella fattispecie in esame, che ha immediatamente attirato l'attenzione della stampa, con conseguente necessità di calibrare le informazioni da divulgare, tenuto conto delle particolari circostanze in cui è accaduto il fatto.
È inoltre utile ricordare che i viaggi nella zona del Niger in cui è avvenuto l'incidente sono esplicitamente sconsigliati nel sito gestito dall'Unità di Crisi
www.viaggiaresicuri.mae.aci.it.
Si segnala infine che la procura della Repubblica di Milano ha preannunciato l'apertura di un'inchiesta sul caso chiedendo tutti gli elementi di valutazione disponibili che questo ministero degli affari esteri ha provveduto a fornire.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Luigi Mantica.

ALFONSO GIANNI e TITTI DE SIMONE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
si sono tenuti a Udine gli «Stati Generali regionali della scuola e della formazione», organizzati dalla regione autonoma del Fiuli-Venezia Giulia e alla presenza del Ministro Moratti per proporre un modello di riforma locale della scuola;
tale assemblea ha visto l'esclusione di buona parte delle organizzazioni sindacali e dei collettivi studenteschi, che quindi hanno deciso di portare le proprie posizioni pacificamente organizzando una manifestazione;
alcuni studenti, all'interno della sala con regolare invito, di fronte all'impossibilità di parlare hanno, senza alcun atteggiamento aggressivo aperto uno striscione che criticava l'ipotesi di regionalizzazione delle scuola. I ragazzi sono stati subito allontanati con la forza, una ragazza è stata presa per i capelli e strattonata, gli altri spintonati violentemente da rappresentanti delle Forze dell'ordine che poi, una volta lontani dalle telecamere, hanno


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infierito ulteriormente, come è stato riportato sia dalla stampa locale che nazionale;
nei giorni precedenti, sulla stampa locale, erano trapelate indiscrezioni sul fatto che il Ministro Moratti avesse posto, per decidere la propria presenza a Udine, la condizione che non ci fossero contestazioni -:
se i Ministri siano informati dei fatti e che cosa pensino dell'atteggiamento delle Forze dell'ordine, che anche alcuni sindacati di polizia hanno già condannato;
se risponda al vero che ci sono state pressioni di carattere politico sulle Forze dell'ordine per eliminare una contestazione non gradita al Ministro dell'istruzione;
perché, di fronte a questo grave episodio, nessuna delle cariche istituzionali presenti abbia ritenuto opportuno sospendere i lavori, anche in presenza dell'immediata protesta degli insegnanti che hanno abbandonato la sala.
(4-04788)

Risposta. - Si risponde alla interrogazione parlamentare in discorso anche a nome del Ministero dell'interno.
Preciso preliminarmente che la manifestazione denominata «Stati Generali regionali della scuola e della formazione» è stata concepita ed organizzata dalla regione Friuli-Venezia Giulia quale occasione per verificare sotto il profilo tecnico la possibilità di intraprendere in materia di istruzione e formazione professionale iniziative volte all'attuazione dello statuto speciale della regione; erano previsti, quindi, esclusivamente interventi tecnici sulla materia.
Già qualche mese prima che si svolgesse la manifestazione medesima avevo assicurato la mia presenza ponendo le premesse per una serena discussione degli argomenti da trattare.
Alla manifestazione sono stati invitati ad assistere anche rappresentanti delle consulte studentesche.
La prefettura di Udine ha riferito che nel corso del mio intervento, un gruppo di cinque studenti seduto al centro della sala ha creato disturbi; ciò, tuttavia, non mi ha impedito di svolgere l'intervento programmato.
La medesima prefettura ha inoltre riferito che le forze dell'ordine in servizio all'interno della sala hanno invitato detti studenti in un primo tempo a portarsi in fondo alla sala e, successivamente, perdurando l'azione di disturbo, a portarsi nell' atrio che adduce alla predetta sala. Per impedire agli studenti di raggiungere il tavolo dei relatori, essi sono stati incanalati verso l'uscita senza alcuna forma di violenza nei loro confronti. Gli studenti non sono stati accompagnati presso gli uffici di prefettura né nei loro confronti è stato adottato provvedimento di alcun genere. L'episodio, comunque, è stato segnalato alla locale autorità giudiziaria.
Un mio rappresentante è uscito per parlare con gli studenti e chiedere che venissero momentaneamente accolti in sala, in quanto la linea da me sempre adottata è quella di ascoltare anche le posizioni differenti e non certamente quella di impedire l'ascolto di un dibattito.
Smentisco categoricamente, anche a nome del ministero dell'interno, che l'intervento delle forze dell'ordine sia stato attuato a seguito di pressioni o interferenze di carattere politico.
Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca: Letizia Moratti.

JACINI. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro per gli italiani nel mondo. - Per sapere - premesso che:
l'interrogante è venuto a conoscenza a mezzo stampa del fatto che dal giorno venerdì 3 gennaio 2003 tre suore Figlie di Maria Missionarie di Villa Pasquali (Mantova) sono prigioniere nel villaggio «Ghirlandina» a Gofo nella Repubblica Centrafricana, ostaggi di gruppi armati irregolari;
la situazione si è rivelata estremamente delicata e dagli esiti imprevedibili;
trattasi del più recente di episodi non isolati che mettono in costante pericolo


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l'incolumità dei nostri connazionali missionari, che con spirito di sacrificio si impegnano in un'opera tanto meritoria quanto difficile -:
se e quali iniziative siano state intraprese al fine di ottenere la liberazione delle religiose coinvolte;
quale sia il loro attuale stato di salute;
quali iniziative diplomatiche il Governo intenda assumere per arrivare ad una stabilizzazione dell'intera regione, affinché si possa consentire agli operatori umanitari di continuare a promuovere serenamente lo sviluppo sociale e culturale ed il miglioramento delle generali condizioni di benessere delle popolazioni locali, nel rispetto dei valori democratici e solidaristici che da sempre caratterizzano la cooperazione italiana allo sviluppo delle nazioni del continente africano.
(4-04992)

Risposta. - L'Italia ha un tradizionale ed intenso impegno nella regione soprattutto sul fronte delle crisi endemiche che ormai da tempo colpiscono l'Africa centrale ed i Grandi Laghi. La Repubblica Centrafricana è fortemente destabilizzata a causa di tale vasta e profonda crisi regionale che trova il suo epicentro nella Repubblica democratica del Congo (R.D.C.). Il conflitto che dal 1998 colpisce la RDC ha provocato, tra l'altro, l'impraticabilità delle vie fluviali della Repubblica centrafricana accentuando l'isolamento del Paese e provocando un conseguente rincaro dei prezzi ed un inasprimento della già gravissima situazione finanziaria del Paese.
L'Italia sostiene finanziariamente il processo di pace nella intera regione della Africa centrale anche attraverso la partecipazione all'apposito Fondo fiduciario della banca mondiale per il disarmo e la smobilitazione dei combattenti dell'intera area. Per di più, l'Italia sostiene diplomaticamente, insieme agli altri partner comunitari, gli sforzi degli Stati limitrofi volti alla facilitazione del dialogo tra le parti in conflitto nella RCA. In particolare, l'Unione ha pubblicato una dichiarazione in cui chiede ai Paesi vicini di sorvegliare le attività dei cittadini della Repubblica centrafricana al fine di impedire loro di effettuare operazioni di destabilizzazione a partire dai loro territori.
Il nostro Paese opera significativamente nel contesto dell'Unione europea anche sul piano della cooperazione allo sviluppo con la RCA. Nell'ultima sessione del fondo europeo di sviluppo (FES), è stato approvato un importante progetto per il completamento dell'asse stradale che collega Bangui al Camerun e che è destinato a divenire la più importante via di comunicazione del Paese stante la perdurante impossibilità di utilizzare le vie fluviali a causa dell'instabilità del Congo Brazzaville e del Congo Kinshasa.
Nondimeno, l'Italia sta considerando, insieme agli altri membri del G8 e dei Club di Parigi, di inserire la Repubblica centrafricana nell'iniziativa HIPC. Tuttavia, condizione fondamentale rimane quella che il Paese raggiunga al più presto un grado sufficiente di stabilità politica.
Nella situazione di tensione che caratterizza la situazione interna della Repubblica Centrafricana, in particolare le regioni settentrionali del Paese, sotto il controllo di gruppi di guerriglieri antigovernativi, un gruppo di 30 missionari di varie nazionalità, tra cui 10 italiani, avevano trovato rifugio nel corso delle scorse settimane in una missione religiosa a Gofo, località in prossimità del confine con il Ciad. Il gruppo di religiosi aveva richiesto, tramite le rispettive Congregazioni, di essere trasferito nel vicino Ciad. A seguito di negoziati, durati alcune settimane, condotti dalla Croce Rossa con i ribelli è stato possibile evacuate, in data 16 gennaio 2003, i religiosi che ne avevano fatto richiesta tramite un convoglio messo a disposizione dalla stessa Croce Rossa.
Dei 10 religiosi italiani facenti parte del gruppo, solo 5 hanno acconsentito di lasciare a Repubblica Centrafricana. Si tratta delle suore Anna Maria Sana ed Amalia De Gregorio, entrambe appartenenti alla Congregazione delle Figlie del Sacro Cuore di Gesù e dei Padri Arturo Vaccari, Roberto Clerici ed Antonio Triani dei Frati Minori


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Cappuccini. Gli altri 5 religiosi italiani hanno invece deciso di non lasciare Gofo per non abbandonare la loro missione. Si tratta delle suore Silvana Gallerini e Rosaria Donadoni della Congregazione delle missionarie Comboniane e dei padri Giuseppe Romano Scala, Pergiorgio Bonoli e Sebastiano Munari dei Frati Minori Cappuccini.
I missionari evacuati hanno raggiunto la cittadina di Sar (in territorio ciadiano) la sera del 16 gennaio e sono stati successivamente trasferiti a N'Djamena (capitale del Ciad) il giorno successivo con un aereo messo a disposizione dal contingente militare francese di stanza in quel Paese. I religiosi hanno quindi fatto rientro in Italia nei giorni successivi. Tutti i missionari - sia quelli evacuati che quelli che hanno deciso di restare nella Repubblica Centrafricana - sono in buone condizioni di salute.
Naturalmente, la nostra Ambasciata a Yaoundè (Camerun), competente territorialmente, nonché il nostro Consolato Onorario a N'Djamena (Ciad), in stretto contatto l'unità di crisi di questo ministero degli affari esteri, hanno provveduto ha fornire tutta l'assistenza necessaria nel corso della vicenda.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Luigi Mantica.

JANNONE. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il consiglio comunale di Sovere in data 28 settembre 2002 ha approvato un ordine del giorno relativo alla situazione della variante dello svincolo della strada statale n. 42 (intervento realizzato in località Perlegalli nel 1999-2000 e non ancora ultimato, in quanto il suo completamento con la posa completa del guard-rail comporterebbe l'impossibilità per i mezzi pesanti di accedere alle aziende ubicate sul comune di Pianico);
il Consiglio provinciale di Bergamo ha approvato, in data 21 ottobre 2002, una mozione su medesimo argomento;
nella documentazione della deliberazione del comune di Sovere della provincia di Bergamo si evidenzierebbe, in particolare:
a) la larghezza insufficiente della carreggiata;
b) l'impossibilità di accesso dei mezzi di soccorso in caso di incidente o sosta forzata;
c) l'impossibilità per i residente in loco di percorrere a piedi la controstrada realizzata;
d) la pericolosità legata alle manovre di sorpasso delle autovetture (manovre, peraltro, impossibili per i mezzi pesanti);
e) i rischi per l'incolumità degli scolari e degli studenti, ogni qualvolta lo scuolabus effettua una fermata nel tratto di strada sopra menzionato, con conseguente blocco della circolazione;
f) la necessità di bloccare la circolazione ogniqualvolta per poter immettere dei trasporti eccezionali da o per la strada statale n. 42 viene rimossa la barriera mobile situata a circa 20 metri dalla galleria;
g) la mancanza totale di illuminazione e l'inadeguatezza della segnaletica stradale;
h) l'assenza di manutenzione ordinaria del tratto;
nel tratto stradale in oggetto, utilizzato dai 8 mila abitanti dei comuni di Sovere, Pianico e Bossico che si servono di questo nuovo tratto stradale per il collegamento da e per Bergamo, oltre che da una utenza provinciale ed extraprovinciale di notevole rilevanza numerica, si sono già verificati incidenti mortali;
il traffico che quotidianamente grava sulla strada statale 42 denominata «Del Tonale e Della Mendola», unico collegamento viario di una serie di comuni della Valle Cavallina (zona che collega la provincia di Bergamo con quella di Brescia), risulta essere attestato intorno alle 50 mila


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unità, rappresentando uno dei tratti stradali più trafficati ed importanti dell'intera regione Lombardia;
ad un flusso di traffico, sia leggero che pesante, già intenso durante tutto l'arco della giornata con punte negli orari di apertura e chiusura di scuole, fabbriche ed uffici - si aggiunge anche il traffico turistico, verso le località montane della Val Camonica e del Lago d'Iseo, con picchi insostenibili che si registrano, in particolare, durante il fine settimana e la stagione estiva;
l'elevato livello raggiunto dal flusso viabilistico è concausa di un numero notevolissimo di incidenti stradali con un conseguente pesantissimo bilancio in termine di perdite di vite umane, di feriti e di relativi costi sociali;
a fronte della situazione, risultano ovvie le ripercussioni sulla qualità della vita degli abitanti dei paesi che insistono sul tracciato della succitata strada statale 42, i quali, oltre a sopportare un carico eccessivo di inquinamento acustico ed atmosferico, convivono giornalmente con il rischio di incidenti;
le pessime condizioni di viabilità non solo si ripercuotono gravemente sulla salute e la vita della popolazione locale, ma compromettono anche la ripresa economica della zona, creando notevoli danni agli insediamenti produttivi ed alla attività turistica, dal momento che molti imprenditori, a causa dei trasporti difficili ed onerosi, preferiscono collocare altrove la sede delle loro attività, penalizzando in tal modo i lavoratori locali e creando seri problemi occupazionali;
essendo nota la pericolosità e l'inadeguatezza del tratto stradale in oggetto, la provincia di Bergamo aveva predisposto, negli anni scorsi, il progetto preliminare dell'intero tracciato di variante della strada statale 42, da Albano Sant'Alessandro a Pianico in quattro lotti intermedi;
nonostante l'Anas avesse inserito il relativo progetto nel programma triennale 1997-1999, prevedendo un finanziamento di 17 miliardi per la variante del primo lotto da Albano Sant'Alessandro ad Entratico, non è stato possibile dare inizio ai lavori;
il mancato avvio dei cantieri ha creato sconcerto tra gli abitanti e gli amministratori locali, che da anni conducono battaglie per promuovere la realizzazione della strada anche attraverso una petizione che ha raccolto, due anni or sono, oltre 10 mila firme, addirittura con una manifestazione annuale sui bordi della strada statale 42, nel comune di Spinone al Lago, con la quale si richiama l'attenzione sullo stato dell'iter burocratico e sulla tempificazione dell'opera;
pur essendo stati, negli ultimi anni, Anas, regione Lombardia e amministrazioni locali consapevoli, sia dell'inadeguatezza strutturale della strada statale 42, sia dell'importanza prioritaria che il progetto riveste nell'ambito di una redifinizione della rete viabilistica lombarda, impedimenti burocratici hanno impedito a tutt'oggi la conclusione della fase progettuale, ritardando l'avvio dell'opera;
l'intollerabilità e l'inadeguatezza della situazione della strada statale 42 si contestualizza nella già critica situazione della viabilità bergamasca, gravata da una cronica mancanza di infrastrutture viarie e da una linea ferroviaria storicamente inadeguata, criticità che di fatto penalizza pesantemente l'economia del settore dei trasporti su gomma ed il comparto produttivo nel suo complesso -:
quali misure intenda adottare per risolvere i gravi problemi in premessa e se provvedimenti in tal senso siano attualmente allo studio, attesa l'incidenza e la rilevanza delle problematiche suesposte in relazione alla sicurezza delle migliaia di automobilisti interessati, all'economia del trasporto su gomma, ai margini di competitività delle aziende coinvolte, alla sicurezza degli utenti, ai costi umani e sociali dei sinistri ed in generale alla qualità di vita di tutti i cittadini che vivono in paesi che insistono sul tracciato della strada statale 42.
(4-04577)


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Risposta. - In merito alle problematiche evidenziate con l'interrogazione indicata in discorso l'Anas SpA, interessata al riguardo, ha comunicato che l'intervento sulla strada statale n. 42 «del Tonale e della Mendola» - variante di Albano S. Alessandro - è inserito nel piano triennale 2002/2004.
L'opera, per la quale è stata avviata la procedura di evidenza pubblica ai sensi della legge 241 del 1990 ai fini della relativa conferenza dei servizi, è esclusa dall'ambito di applicazione della valutazione di impatto ambientale regionale ed è in fase di progettazione esecutiva da parte della provincia di Bergamo.
Infine, la società stradale informa che all'esito del necessario iter autorizzativo tecnico amministrativo, si potrà procedere all'appalto.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Ugo Martinat.

ANNA MARIA LEONE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 10 del decreto ministeriale n. 331 del 1998, modificato dal decreto ministeriale n. 141 del 1999, stabilisce che le classi ove è presente un alunno con handicap non possono avere più di 25 alunni e quelle ove sono presenti due alunni con handicap non possono avere più di 20 alunni;
tale decreto è stato espressamente richiamato nelle premesse al decreto sugli organici per l'anno scolastico 2002-2003, trasmesso con circolare ministeriale n. 16 del 19 febbraio 2002 ed è stato ribadito con la nota della direzione generale del personale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca del 5 giugno 2002;
il dirigente generale scolastico per il Veneto con propria nota, protocollo 306/DG diretta ai dirigenti scolastici stabilisce che gli stessi nella formazione delle classi per l'anno scolastico 2002-2003 «possono non tener conto, nell'autorizzare il numero delle classi, della presenza di alunni portatori di handicap»;
tale invito è palesemente in contrasto con il disposto del decreto ministeriale n. 141 del 1999 che non consente alcuna deroga, tanto meno se stabilita da un direttore scolastico regionale -:
se tale deroga sia stata autorizzata dal Ministero e con quale disposizione;
se non fosse stata autorizzata dal ministro come ritenga di rimediare a tale palese violazione del predetto decreto ministeriale al fine di evitare una flagrante violazione del diritto allo studio degli alunni portatori di handicap;
se sia stata effettuata, da parte del Ministro una ricognizione presso gli altri uffici regionali per verificare se norme simili siano state emanate dai rispettivi direttori generali.
(4-05363)

Risposta. - Si risponde alla interrogazione parlamentare in argomento e si comunica quanto segue in merito alla formazione delle classi, per l'anno scolastico 2002/2003, con presenza di alunni in situazione di handicap con particolare riferimento alla regione Veneto.
Com'è noto, in materia, per l'anno scolastico 2002/2003, si è applicato il decreto ministeriale n. 141 del 3 giugno 1999, menzionato nell'interrogazione parlamentare ed espressamente citato nelle premesse dello schema di decreto interministeriale allegato alla circolare n. 16 del 19 febbraio 2002 riguardante le dotazioni organiche del personale docente per il corrente anno scolastico.
In proposito si ritiene opportuno evidenziare che il suddetto decreto n. 141 del 1999, nell'indicare i parametri per la formazione delle classi che accolgono alunni in posizione di
handicap, non prevede una corrispondenza automatica tra il numero di alunni disabili e il numero di alunni per classe, ma richiede che «sia esplicitata e motivata la necessità della riduzione numerica di ciascuna classe, in rapporto alle esigenze formative dell'alunno» e che «il progetto di integrazione definisca espressamente


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le strategie e le metodologie adottate dai docenti della classe, dall'insegnante di sostegno, nonché da altro personale della stessa scuola». Ciò, in sostanza, porta ad escludere ogni automatismo, richiedendo la valutazione di ciascuna situazione da parte dell'Ufficio scolastico.
Per completezza, si aggiunge che, al fine di soddisfare pienamente le esigenze connesse all'attività di sostegno agli alunni in situazione di
handicap, nella suddetta circolare n. 16 del 2002, e nel provvedimento ad essa allegato è stata espressamente prevista la possibilità di istituire posti di sostegno in deroga, ad integrazione di quelli indicati in organico di diritto; in particolare è stato consentito ai dirigenti scolastici di istituire in organico di fatto eventuali ulteriori posti di sostegno in deroga, integrativi di quelli già istituiti dall'ufficio scolastico regionale, per inderogabili esigenze intervenute successivamente al 31 luglio, termine entro il quale i centri servizi amministrativi dovevano completare le operazioni di loro competenza relative a utilizzazioni, nomine in ruolo e supplenze.
Tanto è stato confermato, poi, con la circolare ministeriale n. 77 dell'8 luglio 2002, relativa all'adeguamento dell'organico alla situazione di fatto per il corrente anno scolastico. Nella stessa circolare è stata peraltro ribadita l'esigenza che l'attivazione da parte dei dirigenti scolastici di posti di sostegno in deroga dopo il 31 luglio è consentita solo in via del tutto eccezionale per soddisfare esigenze, non altrimenti esitabili, verificatesi successivamente a tale data e previa verifica che siano state attentamente valutate, oltre all'incremento del numero degli alunni e alla gravità dell'
handicap, anche le situazioni organizzative e le risorse professionali disponibili nella scuola.
Quanto alla frase contenuta nella circolare del direttore generale regionale
pro tempore del Veneto in data 2 maggio 2002, relativa agli organici del personale docente per l'anno scolastico 2002/2003, il medesimo direttore generale ha chiarito che la frase contestata non voleva costituire «un invito» ad operare in violazione delle disposizioni vigenti in materia ma era volta esclusivamente a soddisfare l'esigenza di non superare le dotazioni organiche provinciali complessive di personale docente. Infatti, nella circolare in questione, la frase contestata non è compresa fra gli inderogabili criteri che i centri servizi amministrativi del Veneto dovevano rispettare ma è riportata di seguito ai criteri stessi.
Il direttore generale regionale in parola ha riferito, altresì, che di fatto tutti i centri servizi amministrativi del Veneto hanno rispettato le vigenti disposizioni in materia di formazione di classi con presenza di alunni in situazione di
handicap. Ciò trova conferma nella circostanza che al competente dipartimento di questo ministero non è pervenuta nessuna segnalazione di casi concreti di classi costituite con un numero di alunni superiore ai parametri indicati nel decreto ministeriale 141 del 1999. D'altra parte appare eloquente il fatto che nel Veneto a fronte di 8.791 alunni sono stati istituiti n. 2.646 posti di sostegno e che in sede di adeguamento dell'organico di diritto alla situazione di fatto, a fronte di 9627 alunni in situazione di handicap, funzionano in organico di fatto 4.180,5 posti di sostegno.
Ciò dimostra che il rapporto posti/alunni è sostanzialmente rimasto invariato rispetto al precedente anno scolastico 2001/2002, nel quale furono attivati 4.084 posti a fronte di 8.909 alunni con
handicap.
Si può quindi affermare che nella regione in parola non risultano essersi di fatto verificati casi di violazione delle norme vigenti in materia. Anche per quanto riguarda il restante territorio nazionale non risultano violazioni.
Il Sottosegretario di Stato per l'istruzione, per l'università e per la ricerca: Valentina Aprea.

LION. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
la società Ecoserdiana spa in data 7 maggio 1984 ha inoltrato una richiesta


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tendente ad ottenere l'autorizzazione alla realizzazione e alla gestione di un modulo di discarica di tipologia 2C per lo smaltimento dei rifiuti tossici e nocivi, corredandola di relativo progetto esecutivo in data 11 dicembre 1986;
con provvedimento n. 16871 datato 23 dicembre 1985, reiterato in data 22 novembre 1991. L'Assessorato regionale della difesa dell'ambiente ha emesso il proprio parere favorevole approvando il progetto proposto dalla società Ecoserdiana spa;
la realizzazione di detto modulo di discarica 2C (che prevede un volume di 132.000 metricubi di rifiuti speciali realizzato in parte in escavo e in parte in rilevato) è inserito in un preesistente e più vasto impianto modulare di smaltimento, articolato in moduli di discarica di I categoria e di II categoria di tipo B;
in data 6 luglio 1992 il Ministero dell'ambiente, di concerto con il Ministro per i beni culturali ed ambientali, ha espresso un giudizio positivo circa la compatibilità ambientale del progetto di Impianto di eliminazione di rifiuti tossici e nocivi mediante trattamento e stoccaggio in discarica di II categoria, tipo C in Comune di Serdiana, località S'Arenaxiu;
la realizzazione della discarica di tipologia 2C è stata a suo tempo denegata dall'amministrazione regionale in quanto tale tipologia era espressamente vietata dal Piano regionale per lo smaltimento dei rifiuti del 1992;
la società Ecoserdiana spa, preso atto della impossibilità di realizzare in Sardegna un impianto di tipo 2C, ha richiesto l'autorizzazione a realizzare un impianto per lo smaltimento di rifiuti speciali, di tipologia 2B, in quanto compatibile sia con la pianificazione regionale del 1992 che con quella attualmente in corso, già predisposta ed in procinto di essere esaminata da parte della giunta regionale;
nei giorni 10 gennaio 2002, 21 gennaio 2002 e 4 febbraio 2002 si è tenuta, presso l'assessorato della Difesa dell'Ambiente, la Conferenza Istruttoria, di cui all'articolo 27 del decreto legislativo 22 del 1997, sul progetto definitivo dell'impianto da realizzarsi in località S'Arenaxiu, alla quale non sono stati invitati i sindaci di Dolianova e di Donori a cui viene chiesta la modifica del piano urbanistico per poter realizzare l'impianto;
la Conferenza Istruttoria si è conclusa con l'espressione di una valutazione favorevole alla realizzazione dell'impianto in argomento da parte di tutti i partecipanti;
la giunta regionale della Sardegna, con deliberazione n. 10/50 dell'8 aprile 2002, in accoglimento della proposta dell'assessore alla difesa dell'ambiente, ha approvato il progetto definitivo per la realizzazione dell'impianto di discarica controllata di tipologia 2B, per lo smaltimento di rifiuti speciali non pericolosi e pericolosi, presentato dalla Società Ecoserdiana spa, da realizzarsi in località S'Arenaxiu, nel comune di Serdiana;
nell'esprimere giudizio positivo il ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio e il ministero dei beni e delle attività culturali hanno imposto l'ottemperanza di numerose e puntuali prescrizioni tra le quali occorre menzionare la richiesta ai soggetti pubblici competenti di:
a) imporre un vincolo di inedificabilità sull'area compresa in un raggio di 2 (due) chilometri dal sito dell'opera;
b) definire, al termine dell'esercizio degli impianti, destinazioni d'uso delle aree, da questi interessate, che non comportino rischi per la salute, la sicurezza e l'ambiente;
c) proseguire le azioni di monitoraggio della qualità delle acque di falda per un periodo di tempo di almeno 50 (cinquanta) anni;
il parere positivo da parte del ministero dell'ambiente e della tutela del territorio sulla valutazione di impatto ambientale del progetto è relativo solo all'impianto originario di tipo 2C, mentre per


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quello attuale manca qualsiasi parere positivo circa la sua compatibilità ambientale;
la realizzazione dell'impianto nella località di S'Arenaxiu ha alimentato fin dall'inizio forti preoccupazioni tra gli abitanti della zona, in particolare sul rischio di rilascio di significative quantità di sostanze tossiche e nocive con situazioni di grave pericolo per l'ambiente e per la salute dei cittadini;
il Comitato per la salvaguardia dell'ambiente di Parteolla, in fase di procedimento per la compatibilità ambientale dell'opera, formulò le seguenti osservazioni: a meno di 2 chilometri dalla discarica sono localizzati i pozzi di alimentazione dell'acquedotto comunale di Dolianova;
le aree immediatamente circostanti la discarica sono destinate a colture ad alta redditività;
gli strumenti urbanistici del Comune di Donori prevedono la localizzazione di insediamenti industriali e di una zona sportiva a meno di 2 chilometri di distanza -:
se la giunta regionale avrebbe potuto approvare il progetto definitivo per la realizzazione di un impianto di discarica controllata per lo smaltimento di rifiuti speciali senza che vi fosse uno specifico parere positivo di compatibilità ambientale da parte del Ministero dell'Ambiente, visto che quello rilasciato in data 6 luglio 1992 riguarda esclusivamente l'impianto di tipologia 2C (non previsto dal Piano regionale dei rifiuti del 1992) e non quello della tipologia 2B approvato lo scorso 8 aprile con deliberazione della Giunta n. 10/50;
se i Ministri interrogati non ritengano opportuno, nell'ambito delle specifiche competenze di ciascuno, attivare tutti gli strumenti e le iniziative necessarie per intervenire presso le autorità regionali al fine di ottenere una ulteriore richiesta per una nuova pronuncia di compatibilità ambientale dell'impianto che dovrà realizzarsi in località S'Arenaxiu, visto che, come sottolineato anche dal Rappresentante del CFVA nel corso della conferenza istruttoria, vi è una sostanziale diversità tra i rifiuti da smaltire nell'intervento attuale rispetto a quello originario;
se il rispetto delle prescrizioni tecniche poste dal ministero dell'ambiente in occasione del parere positivo di compatibilità ambientale dell'impianto della tipologia 2C sia oggi sufficiente oltre che a prevenire il rischio di un eventuale rilascio di sostanze tossiche e nocive, di contaminazione delle falde acquifere, del suolo e dell'aria, anche rispetto la legislazione vigente intervenuta successivamente (Decreto Ronchi del 1997).
(4-03771)

Risposta. - Sulla scorta di quanto comunicato dall'Assessorato della Difesa dell'Ambiente della regione autonoma della Sardegna, si rappresenta quanto segue.
Con delibera della giunta regionale n. 10/50 dell'8 aprile 2002 è stato approvato, ai sensi dell'articolo 27 del decreto legislativo 22 del 1997 il progetto definitivo presentato dalla società Ecoserdiana s.p.a. per la realizzazione di una discarica controllata di tipologia 2B per lo smaltimento di rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi, da realizzare in località S'Arenaxiu nel comune di Serdiana (Cagliari).
Tale delibera si riferisce all'approvazione di un progetto di discarica riformulato rispetto ad un progetto presentato dalla stessa società nel 1986 per la realizzazione di una discarica di tipologia 2C.
Infatti, la società Ecoserdiana s.p.a. in data 7 maggio 1984 aveva richiesto l'autorizzazione per la realizzazione e per la gestione di un modulo di discarica di tipologia 2C per lo smaltimento di rifiuti tossici e nocivi, corredandola di relativo progetto esecutivo in data 11 dicembre 1986.
Con provvedimento n. DEC/VIA/1159 del 6 luglio 1992 il ministero dell'ambiente, di concerto con il ministero dei beni culturali, esprimeva per il predetto progetto di tipologia 2C parere favorevole sulla valutazione d'impatto ambientale.
Con provvedimento n. 33085 del 5 novembre 1992 l'Assessorato della difesa dell'ambiente


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della regione Sardegna esprimeva, per quanto di sua competenza, parere negativo alla realizzazione della discarica di tipologia di tipo 2C da parte della società Ecoserdiana s.p.a., in quanto non conforme alle scelte pianificatorie fatte dalla regione stessa; tale provvedimento è stato impugnato dalla società dinanzi al Tar Sardegna che si è pronunciata con sentenza n. 16167/96, a sua volta assoggettata ad impugnazione e tuttora pendente al Consiglio di Stato.
Successivamente, in data 26 novembre 2001, la società Ecoserdiana ha presentato all'assessorato regionale della difesa dell'ambiente una richiesta per l'ottenimento dell'autorizzazione alla realizzazione e gestione di una discarica controllata di tipologia 2B; tale autorizzazione è stata concessa l'8 aprile 2002.
Si ricorda che, ai termini delle leggi vigenti, tale discarica è deputata allo smaltimento di rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi che sottoposti a
test di cessione non cedano sostanze inquinanti in concentrazioni significative, mentre la discarica di tipologia 2C è deputata allo smaltimento di rifiuti tossici e nocivi in grado di cedere sostanze pericolose nelle acque e, dunque, con un grado di potenziale pericolosità più elevato.
Il progetto in argomento ha ricevuto il parere favorevole di compatibilità ambientale da parte dei ministeri interessati e va sottolineato che, nascendo con le caratteristiche costruttive proprie di una discarica di tipologia 2C, l'impianto di cui trattasi presenta maggiori garanzie di tutela ambientale rispetto a quelle usualmente previste per le discariche di tipologia 2B, in particolare alla luce dei relativi maggiori livelli di impermeabilizzazione.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio: Altero Matteoli.

LUCCHESE. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
donne, soprattutto nomadi, tengono i bambini in braccio per ore, esponendoli alla pioggia, al vento e al freddo, per potere spillare quattrini ai passanti;
non può essere consentito lo sfruttamento di bambini, da parte di genitori senza scrupolo e privi di qualsiasi senso umanitario -:
se non ritenga che le prefetture e le questure debbano essere sollecitate ad un maggior controllo nelle strade delle città.
(4-05296)

Risposta. - Si rappresenta che l'amministrazione dell'interno ha sempre seguito con particolare attenzione il problema dello sfruttamento dei minori, consapevole della preoccupazione diffusa che esso genera sia per la fragilità intrinseca del minore quale soggetto in età evolutiva, sia per l'abilità della difesa che la vittima può opporre.
Numerose sono state le iniziative di contrasto.
Vanno ricordati in primo luogo gli uffici per i minori istituiti presso ciascuna questura a pochi mesi dall'entrata in vigore della legge n. 66 del 1996 sulla violenza sessuale. A questi uffici sono attribuite, oltre a funzioni conoscitive e di raccolta di documentazione, finalità di pronto soccorso in relazione alle esigenze dei minori e delle famiglie, nonché di raccordo con altri enti ed organismi che si occupano dell'infanzia per una gestione coordinata ed armonica del problema.
Si tratta di uffici della Polizia di Stato che operano sul territorio in un'ottica globale, comprensiva sia della lotta alla delinquenza minorile sia di quella nei confronti dei reati commessi in pregiudizio dei minori, fra i quali quelli relativi all'accattonaggio. Ad essi è addetto personale formato specificamente per la particolare delicatezza del settore. Di recente si è concluso un seminario di aggiornamento per questo personale che ha trattato fra l'altro anche le questioni relative agli abusi sui minori e dei minori stranieri non accompagnati.
Sono state inoltre diramate specifiche direttive ai questori, con l'obiettivo di intensificare i servizi di prevenzione e repressione del fenomeno dell'accattonaggio.


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A tal proposito, va menzionata una direttiva che risale all'agosto del 2000, che tra l'altro sottolineava ai questori la necessità di usare nella fase dell'attuazione degli interventi il tatto e la sensibilità necessaria per ridurre le situazioni di disagio, consigliando, ove possibile, l'impiego di personale femminile.
È in fase di predisposizione una nuova direttiva che inviterà i questori a comunicare periodicamente al dipartimento di pubblica sicurezza del ministero dell'interno ogni dato utile ad una migliore conoscenza del fenomeno, specialmente sotto il profilo delle etnie coinvolte e dei rapporti tra le vittime, le foro famiglie e gli sfruttatori, in modo da rendere più incisive le iniziative di prevenzione e di contrasto.
Un contributo utile a conoscere il fenomeno potrà derivare dall'attuazione dei nuovi criteri di definizione dei piani per il controllo coordinato del territorio sostenuti nella direttiva del ministro dell'interno del 9 dicembre 2002, attualmente in fase di sperimentazione. Tali criteri tendono a modificare il modulo operativo basato su passaggi ripetuti da parte delle pattuglie delle forze di polizia intorno agli obiettivi più a rischio, in funzione di un nuovo modello che cerca invece di assicurare una maggiore presenza fisica degli agenti sul territorio - il cosiddetto poliziotto di quartiere - e un maggior coordinamento con il coinvolgimento della polizia municipale.
Il concorso delle polizie municipali è essenziale per la maggiore vicinanza di tali corpi alle realtà territoriali e per i collegamenti più diretti che essi hanno con i servizi sociali presenti nella zona.
Questi criteri, che rendono il controllo del territorio più capillare e più aderente alla realtà locale, consentiranno un'azione di prevenzione e di contrasto più efficace relativamente ad un fenomeno che, non presentando profili di oggettiva gravità per la sicurezza e per l'ordine pubblico, spesso è finito per essere oggetto di attenzioni episodiche da parte degli operatori e delle forze di polizia, in momenti in cui sfuggiva la dimensione del collegamento con il crimine organizzato, emersa soprattutto negli ultimi anni.
Per garantire un'azione più incisiva e coordinata si stanno sviluppando ulteriori intese fra la direzione centrale della polizia criminale del Ministero dell'interno e il dipartimento della giustizia minorile. Tali forme di contrasto hanno portato a risultati positivi: fra il 14 maggio 2002 e il 31 dicembre 2002 le persone denunciate per tale reato, su base nazionale, sono state 263.
La rilevazione parte dal 14 maggio 2002 perché il carattere contravvenzionale del reato lo faceva sfuggire, prima di tale data, ad una specifica rilevazione statistica interforze. Solo l'adeguamento del sistema informatico - e, in particolare, del
software - consente oggi di offrire tale elemento numerico. Le regioni maggiormente interessate sono la Lombardia (71 persone denunciate), il Lazio (40), la Liguria (25), la Toscana (20), la Puglia (17) e il Veneto (16).
Dal punto di vista strettamente normativo, l'articolo 670 del codice penale prevedeva l'arresto fino a tre mesi per chi compisse attività di accattonaggio, con un'aggravante se essa veniva svolta in modo ripugnante o vessatorio, simulando deformità o altro. L'ultima legge relativa alla depenalizzazione - la n. 205 del 1999 - ha abrogato tale norma. Attualmente ha rilievo penale la sola ipotesi di impiego di minori nell'accattonaggio, di cui all'articolo 671 del codice penale. La norma punisce chiunque si avvale per mendicare di una persona minore di 14 anni e la sanzione è l'arresto da tre mesi a un anno ed è prevista, come pena accessoria, la sospensione dell'esercizio della potestà dei genitori o l'ufficio di tutore, se il fatto è imputabile al genitore o al tutore.
Questa disposizione è ripresa nel disegno di legge del Governo - «Misure contro la tratta delle persone» - già approvato dalla Camera, modificato al Senato e, attualmente, in seconda lettura alla Camera, disegno di legge al quale sono stati abbinati vari progetti di legge di iniziativa parlamentare. Il provvedimento apporta significative modifiche al quadro normativo in vigore e offre alla magistratura e alle forze dell'ordine strumenti più efficaci per la lotta e la repressione dei fenomeni criminosi connessi all'immigrazione forzata di esseri umani. Il testo normativo recepisce le


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indicazioni contenute nel protocollo delle Nazioni unite sulla prevenzione, la lotta e la repressione della tratta di persone, sottoscritto nella conferenza di Palermo del dicembre 2000, ed intende attuare una più vigorosa strategia di contrasto, modificando l'attuale normativa contenuta nel codice penale (articoli 600, 601 e 602).
Con specifico riferimento allo sfruttamento di soggetti costretti all'accattonaggio, la relativa previsione sanzionatoria contempla una specifica aggravante in caso di reato commesso in danno di minore di anni 18.
La nuova legge sull'immigrazione, la n. 189 del 2002, ha affinato ulteriormente gli strumenti per combattere l'immigrazione clandestina all'interno della quale trova alimento anche il fenomeno descritto dall'onorevole interrogante.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alfredo Mantovano.

LUSETTI. - Al Ministro delle comunicazioni. - Per sapere - premesso che:
la società Ipse spa nata, sotto i migliori auspici da azionisti di grido come la Tim spagnola, la Telefonica Moviles, la finlandese Sonera, Fiat, Acea, per inserirsi in modo consistente nella telefonia di terza generazione, è stata bloccata, prima ancora di decollare, dalle liti tra azionisti, dal ritardo tecnologico e dalla generale crisi della new economy;
ad inizio anno la società ha deciso di rinunciare allo standard intermedio Gprs per dirigere la propria attenzione esclusivamente sull'Umts. Questo ha rappresentato un forte arresto dell'attività con conseguenze gravi sull'azienda e soprattutto sul personale della stessa;
ad oggi Ipse conta circa 350 dipendenti dal futuro lavorativo sicuramente molto incerto;
le ipotesi possibili circa il futuro di Ipse siano le seguenti:
a) restare in questo stato di inerzia per un anno e mezzo, ossia fino al dicembre 2003, limitandosi a realizzare l'infrastruttura prevista dal contratto del 2000;
b) essere venduta;
c) resistere sino al dicembre 2004 quando gli azionisti potranno rivendere le licenze acquistate per tre miliardi di euro dallo Stato italiano;
in data odierna comunque, nessuna decisione è stata presa in merito a quanto sopra con prospettive per il personale che con il passare del tempo si fanno sempre più tragiche -:
quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare a sostegno delle società in crisi nel settore dei gestori di telefonia, che sborsarono peraltro una valanga di miliardi per ottenere le licenze e che ad oggi giacciono in uno stato di semicongelamento, lontane dagli obiettivi prefissati e con la sola concreta prospettiva di giungere al momento della vendita delle proprie frequenze contenendo il più possibile le perdite.
(4-03710)

Risposta. - Al riguardo si fa presente che la società IPSE 2000 ha deciso il rinvio della data del lancio commerciale del servizio GSM/GPRS (general packet radio service) a causa sia della congiuntura economica internazionale negativa, sia dell'incertezza sulla data di disponibilità dei servizi UMTS sia, infine, dei ritardi registrati nella consegna delle forniture delle tecnologie di terza generazione.
D'altra parte è bene ricordare che il capitolato d'oneri associato alla licenza di IPSE non prevede specifici obblighi relativi all'avvio del servizio, ma soltanto obblighi di copertura in relazione ai quali la delibera n.410 del 1999 dell'autorità per le garanzie nelle comunicazioni stabilisce, per tutti i gestori dei servizi UMTS, un obbligo di copertura dei capoluoghi di regione entro 30 mesi a partire dal 1o gennaio 2002 e dei capoluoghi di provincia entro i successivi 30 mesi.
Per ciò che attiene alla trasferibilità delle frequenze UMTS si fa presente che se si trattasse della cessione in blocco delle


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frequenze, essa sarebbe equiparabile ad una cessione della licenza e sarebbe, quindi, assoggettata alle disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica n. 318 del 1997 e dell'articolo 9 della delibera n.388/00/CONS dell'autorità per le garanzie nelle comunicazioni (e sottoposto all'assenso del ministero delle comunicazioni e delle altre autorità competenti); la normativa vigente non contempla, invece, la possibilità di una cessione parziale di frequenze.
La sospensione delle attività propedeutiche al lancio commerciale dei servizi GSM/GPRS ha indotto la medesima società IPSE a rivedere la consistenza organica del personale impiegato e, pertanto, è stato attuato un processo di facilitazione della ricollocazione di una parte del personale presso altre aziende.
Stando a quanto riferito da IPSE la risoluzione dei contratti di lavoro è avvenuta in maniera consensuale senza porre in essere interventi unilaterali di riduzione del personale la cui attuale consistenza ammonta a 160 unità.
La medesima società IPSE ha, comunque, fatto presente di aver illustrato i piani dell'azienda alle organizzazioni sindacali presso l'unione industriale in data 27 marzo 2002, mentre non risulta formulata al ministero del lavoro e delle politiche sociali dalle parti sociali una richiesta di incontro per l'esame della situazione occupazionale.
A completamento di informazione si ritiene opportuno rammentare, infine, che l'emanazione del decreto legislativo 4 settembre 2002, n. 198 - con il quale si è inteso semplificare ed accelerare le procedure per la realizzazione delle infrastrutture strategiche per le reti di telecomunicazioni mobili GSM/UMTS - dovrebbero essere superati i ritardi sin qui verificatisi nell'attuazione di tali reti per l'UMTS, in modo da dare certezza agli operatori circa i modi ed i tempi di realizzazione ed implementazione delle loro infrastrutture di rete, ciò che dovrebbe concorrere a favorire l'auspicato sviluppo del settore.
Il Ministro delle comunicazioni: Maurizio Gasparri.

MANTOVANI, CENTO e RUSSO SPENA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
Abdullah Ocalan, presidente del KADEK, rapito contro ogni regola del diritto internazionale il 15 febbraio 1999, è detenuto in isolamento, unico prigioniero, nell'isola-carcere di Imrali del mare di Marmara;
lo Stato italiano, in applicazione dell'articolo 10 della Costituzione gli riconobbe lo status di rifugiato politico, pur se in ritardo rispetto alla sua cattura e alla sua condanna alla pena capitale commutata in ergastolo;
il Comitato di Prevenzione della Tortura (CPT) del Consiglio d'Europa ha svolto due missioni ad Imrali e nei suoi rapporti ha riportato proprio le osservazioni avanzate dal collegio difensivo del presidente Ocalan. Il CPT ha poi reso pubblica la sua relazione, visto che il governo turco non ha adempiuto alle richieste, che lo stesso Comitato aveva avanzato; a tutt'oggi ancora non ci sono stati cambiamenti a riguardo. Sulla situazione di Abdullah Ocalan sono state già inviate lettere a tutte le istituzioni che si occupano della questione, senza aver però mai ottenuto una risposta positiva;
già il 12 novembre 2002, a Roma, davanti Palazzo Madama un gruppo di kurdi e kurde della comunità romana, insieme ad italiani e parlamentari, aveva protestato e denunciato le gravi violazioni dei diritti umani cui Abdullah Ocalan era sottoposto, visto che per sei settimane di seguito era risultato impossibile incontrarlo, chiedendo alla Commissione per i diritti umani del Parlamento di ricevere una propria delegazione. In quella stessa occasione 34 senatori della Repubblica sottoscrissero un appello indirizzato al Presidente del Consiglio affinché le condizioni di Ocalan fossero salvaguardate;
dopo che il 27 novembre 2002 gli avvocati, finalmente, hanno avuto la possibilità di incontrarlo di nuovo, sono passate


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cinque settimane e del signor Ocalan non ci sono più notizie. All'ultimo incontro Ocalan aveva dichiarato la sua stanchezza fisica e morale, che le condizioni di isolamento gli stavano provocando, aggravando ulteriormente le già precarie condizioni di salute;
Ocalan rappresenta, per il popolo kurdo l'identità e la dignità di una nazione ed ogni abuso nei confronti della sua persona significherebbe mettere in pericolo e minare ogni forma di dialogo sviluppatasi negli ultimi anni, che ha favorito il ritorno ad una situazione più tranquilla nel Kurdistan turco e considerata la vicinanza con l'area del sempre più vicino conflitto in Iraq, la tensione sociale e politica si potrebbe inasprire nuovamente;
la libertà per Ocalan e la pace in Kurdistan sono due questioni legate l'una all'altra da un sottile filo, che non va spezzato. Sottovalutare le gravi preoccupazioni del popolo kurdo, generate dalla sempre più precaria condizione fisica del presidente Ocalan, vuol dire non salvaguardare i diritti di un popolo da sempre negato, lasciando un uomo in condizione di violazione dei diritti fondamentali -:
se non ritenga di intervenire presso il Governo turco, attraverso i consolidati canali diplomatici esistenti tra i due paesi, per assumere ogni informazione utile a far chiarezza sulle reali condizioni di salute e detenzione del signor Abdullah Ocalan, tenuto conto che lo stesso ha avuto il riconoscimento dell'asilo politico da parte dell'Italia;
se non ritenga opportuno attivare uno strumento utile per la salvaguardia della sua vita considerato che da essa può dipendere la stabilità politica e sociale in Turchia e nei paesi in cui kurdi e kurde vivono attualmente, come contributo alla soluzione pacifica e politica della questione kurda.
(4-05304)

Risposta. - L'Italia - anche nell'ambito dell'azione in questo campo dell'Unione europea - segue con particolare attenzione il processo di riforma e di tutela dei diritti umani in Turchia. A questo riguardo va ricordato che in occasione dell'ultima sessione della commissione delle Nazioni unite per i diritti umani, svoltasi a Ginevra nel marzo-aprile 2002 la Turchia non è stata oggetto di alcuna risoluzione di condanna per violazione dei diritti umani. Nell'intervento pronunciato nella stessa occasione dalla presidenza di turno dell'Unione a nome dei Quindici sul tema delle violazioni dei diritti umani nel mondo, la situazione interna nel Paese è stata invece fatta oggetto di specifica menzione. In particolare, l'Italia ed i partners dell'Unione europea hanno espresso soddisfazione per il processo di riforme costituzionali e legali avviato dalle Autorità turche sin dalla fine del 2001.
Nell'estate del 2002 il processo in atto ha conseguito un risultato politico di grande rilievo con l'abolizione della pena di morte per crimini commessi in tempo di pace. La Turchia, il 15 gennaio 2003, ha quindi proceduto alla firma del protocollo n. 6 alla convenzione europea per i diritti umani, relativo appunto alla proibizione della pena di morte in tempo di pace.
Con specifico riguardo al problema dei diritti dei detenuti, si ricorda che la Turchia è Stato parte della convenzione europea contro la tortura ed i trattamenti inumani e degradanti ed i suoi istituti di pena sono pertanto oggetto di visite ispettive periodiche da parte degli esperti del comitato prevenzione tortura del consiglio d'Europa, che si è recato nel Paese ben 13 volte, l'ultima delle quali nel settembre del 2002.
Il rapporto del comitato riferito a tale ultima visita ispettiva non è ancora stato reso pubblico mentre sono già disponibili, anche su rete telematica, le conclusioni del comitato relative alla visita ispettiva effettuata nel settembre del 2001, nel corso della quale gli esperti del consiglio d'Europa si sono recati anche presso il carcere di massima sicurezza di Imrali, citato dall'interrogante, dove hanno avuto fra l'altro la possibilità di incontrare
il leader curdo Ocalan.
Le conclusioni del Comitato a riguardo sono state essenzialmente positive, ed il rapporto cita testualmente «...
his material


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conditions of detention remain on the whole very good», pur formulando alcune specifiche raccomandazioni alle autorità turche volte a migliorare il regime carcerario cui era soggetto.
Il 24 gennaio 2003 è stato reso pubblico il riscontro ufficiale delle autorità turche alle osservazioni del comitato con un documento, anche questo disponibile su rete telematica, che riserva particolare attenzione alla specifica questione delle condizioni di detenzione all'interno del carcere di Imrali ed alla situazione personale di Ocalan. Fra l'altro le autorità turche assicurano che il prigioniero è oggetto di visite mediche periodiche effettuate su base giornaliera e che le sue condizioni generali di salute sono buone.
Da parte del comitato prevenzione tortura è stato espresso apprezzamento, in un comunicato stampa del 24 gennaio 2003, per alcune recenti modifiche legislative, entrate in vigore l'11 gennaio 2003, che hanno in particolare riguardato l'accesso ai propri avvocati per detenuti sospettati di reati soggetti alla giurisdizione della corte di sicurezza dello Stato ed il procedimento per accertamento di responsabilità in merito a casi di maltrattamento di detenuti.
In relazione a quanto segnalato nell'interrogazione con riferimento a due missioni del comitato prevenzione tortura del consiglio d'Europa in Turchia ed alla pubblicazione dei relativi rapporti che il comitato stesso avrebbe disposto non avendo il Governo turco adempiuto alle sue raccomandazioni, pare utile precisare che, in realtà, in base all'articolo 10 della convenzione Europea per la prevenzione della tortura, in caso di inadempimenti da parte di uno Stato rispetto alle raccomandazioni formulate dal comitato o di una sua manifesta attitudine non collaborativa, il comitato può rilasciare una dichiarazione pubblica che tuttavia non può considerarsi quale rapporto ufficiale in esito alla visita. Tali dichiarazioni pubbliche, in applicazione del comma 2 dell'articolo 10, sono state emesse dal comitato nei riguardi della Turchia in due precedenti occasioni, rispettivamente nel 1992 e nel 1996, e quindi non hanno alcun riferimento alle condizioni di detenzione del
leader curdo Ocalan.
Sul piano bilaterale, a seguito di una richiesta della nostra ambasciata ad Ankara, il competente dipartimento dei diritti umani del ministero degli affari esteri turco ci ha fornito aggiornati elementi informativi sulle condizioni di salute e più in generale sul trattamento carcerario riservato ad Abdullah Ocalan: una questione che era anche stata oggetto nelle scorse settimane di un'iniziativa promossa dai legali turchi del
leader del PKK. Secondo queste informazioni le condizioni di salute di Ocalan - oggetto tra l'altro di un costante monitoraggio da parte del personale medico della prigione di Imrali, con bollettini sanitari trasmessi a cadenza quasi quotidiana all'autorità giudiziaria competente, alla commissione di prevenzione in materia di pratiche di tortura, così come al ministero degli esteri - possono considerarsi buone, nè risulta che l'attuale regime di isolamento ne abbia finora indebolito la fibra fisica o minato quella morale.
Quanto al regime delle visite, è stato confermato che ai legali turchi, al pari dei familiari del detenuto, è in linea di principio consentita - senza particolari restrizioni - la possibilità di incontrare Ocalan un giorno alla settimana (ogni mercoledì), previa notifica al tribunale di Bursa, competente quale autorità giudiziaria di sorveglianza: in proposito, è stato sottolineato che si tratta non di richiesta soggetta ad autorizzazione, ma piuttosto di una notifica. Da parte turca si è peraltro ammesso che nel corso delle ultime settimane il traghetto in servizio tra l'isola-prigione di Imrali e la terraferma (l'unico mezzo di trasporto consentito dalle autorità turche) non ha potuto effettuare i normali collegamenti a causa del maltempo; circostanza che ha di fatto impedito ai familiari ed ai legali dell'uomo politico curdo di visitarlo. E stato comunque assicurato all'ambasciata d'Italia che la mancata effettuazione di tali visite è stata causata esclusivamente da circostanze oggettive di natura metereologica e non è da ascrivere ad alcun cambio di atteggiamento delle Autorità turche rispetto alle condizioni di detenzione.


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Analoghe considerazioni sono state svolte per quanto concerne i legali stranieri di Ocalan, per i quali è tuttavia richiesto un regime autorizzativo più complesso, che prevede ogni volta l'invio di una espressa richiesta al ministero della giustizia, con tempi di esame e di autorizzazione suscettibili di rendere più lungo e farraginoso l'espletamento della procedura. Da parte turca si è comunque voluto ridimensionare la portata delle recenti denunce presentate dai legali del Kadek e dai familiari del detenuto, riaffermando che gli eventuali ritardi verificatisi nelle ultime settimane nello svolgimento delle visite sono da imputare essenzialmente a cause di tipo pratico e nulla hanno a che vedere con un presunto irrigidimento del regime di detenzione di Ocalan o con iniziative di tipo persecutorio.
In tale contesto, merita ricordare che l'Italia ha svolto insieme a tutti gli altri Paesi dell'Unione europea un'attenta opera di monitoraggio delle condizioni carcerarie e di incoraggiamento nei confronti della parte più avvertita della dirigenza turca ad introdurre misure sempre più incisive di riforma del sistema carcerario.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Roberto Antonione.

MASCIA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il signor Luigi Capra teneva un corso di attività integrative per la scuola media per adulti presso la Casa Circondariale di Savona;
in data 9 ottobre 2002 al signor Luigi Capra viene comunicato (protocollo n. 6036), ai sensi dell'articolo 68 della legge sull'ordinamento penitenziario che «l'autorizzazione all'ingresso in istituto ex articolo 17 della legge sull'ordinamento penitenziario, concessagli dal magistrato di Sorveglianza di Genova in data 2 agosto 2002, è stata revocata dal medesimo magistrato in data 9 ottobre, visto il comportamento pregiudizievole per l'ordine e la sicurezza»;
in particolare gli si contesta «di essere stato individuato dal Comandante della Casa Circondariale mentre partecipava, in concorso con altre persone, ad una manifestazione di protesta all'esterno del carcere in concomitanza ad analoga manifestazione posta in atto da detenuti all'interno dell'istituto»;
per quanto riguarda tale aspetto della contestazione si evidenzia che non di manifestazione di protesta si è trattato ma di una richiesta al Parlamento per l'emanazione di provvedimenti di amnistia e indulto;
attraverso tali iniziative, che peraltro hanno interessato le carceri di tutto il territorio nazionale, i detenuti hanno portato la condizione delle carceri all'attenzione dell'opinione pubblica chiedendo sui loro problemi la solidarietà di tutti i cittadini;
il fatto che il signor Luigi Capra si sia intrattenuto con i cittadini intervenuti per la manifestazione di solidarietà ai detenuti, che si è svolta con regolare segnalazione alla Questura di Savona e con la sorveglianza esterna di agenti in borghese, lungi da concretare «un comportamento pregiudizievole per l'ordine e la sicurezza dell'istituto», ad avviso dell'interrogante ha comportato, al contrario, un civile comportamento dei partecipanti che con la loro solidarietà hanno contribuito a mantenere ordine e sicurezza nelle carceri affinché i cittadini detenuti potessero confidare maggiormente in un apprezzabile intervento del legislatore a loro favore;
manifestazioni analoghe si sono svolte in tutto il territorio dello Stato e, stando a quanto riferito dagli organi di stampa, né a Savona né in altri luoghi si sono verificati turbative e/o pericoli per l'ordine e la sicurezza pubblica sia all'interno che all'esterno delle carceri;
al signor Luigi Capra viene contestato inoltre di aver introdotto (il 25 settembre 2002) all'interno del carcere «senza la necessaria autorizzazione, dei generi alimentari» anche se si trattava semplicemente


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di una modica quantità di molokela, una varietà di erba aromatica utilizzata dai detenuti di origine araba per insaporire le pietanze;
si può ritenere che se l'introduzione di un pugno di molokela fosse da considerare un'infrazione così grave da pregiudicare il rapporto fiduciario con il personale del carcere di Savona, la contestazione avrebbe dovuto essere effettuata immediatamente e non dopo che il signor Luigi Capra è stato veduto intrattenersi con i manifestanti per esprimere la propria solidarietà ai detenuti;
il signor Luigi Capra nell'ambito delle attività integrative per i detenuti ha seguito la realizzazione di un progetto formativo che mirava alla creazione di un giornale redatto dai detenuti stessi;
il 2 ottobre 2002, il direttore del carcere, il Comandante della Polizia Penitenziaria ed altri hanno partecipato alla riunione per la stesura definitiva del primo numero del giornale;
nell'ambito del corso di attività integrative il signor Luigi Capra ha contribuito attivamente a organizzare sette mostre di manufatti artistici prodotti dai detenuti, e degli incontri tra studenti delle scuole medie superiori di Savona e gli agenti di polizia penitenziaria;
al signor Luigi Capra non è stato concesso di presentare le proprie osservazioni e/o difese prima dell'adozione del provvedimento definitivo in manifesto contrasto con la lettera e i principi di cui alla legge n. 241 del 1990 -:
se non ritenga che il parere del direttore del carcere debba essere rivisto, così da favorire la concessione di una nuova autorizzazione in favore del signor Luigi Capra.
(4-04878)

Risposta. - Si rappresenta che il magistrato di sorveglianza di Genova ha revocato l'autorizzazione ex articolo 17 dell'ordinamento penitenziario, a suo tempo rilasciata a favore del signor Capra, ritenendo che l'episodio della manifestazione di protesta all'esterno del carcere e l'ulteriore vicenda concernente l'introduzione surrettizia in carcere di generi alimentari, abbiano determinato il venir meno dell'indispensabile rapporto di fiducia che deve esserci alla base di ogni rapporto di collaborazione finalizzata alle attività trattamentali da svolgersi all'interno dell'istituto.
Infatti, fermo restando il diritto di ogni individuo di esprimere liberamente le proprie opinioni, non si ritiene opportuno che una persona autorizzata ad accedere alla struttura e ad avere contatti con i detenuti, possa promuovere o prendere parte a manifestazioni che possono essere pregiudizievoli per l'ordine, la disciplina e la sicurezza dell'istituto stesso.
Peraltro, anche il gesto posto in essere dal Capra e relativo all'introduzione di generi alimentari di origine araba, è indice di intento fraudolento: infatti, lo stesso poteva benissimo chiedere alla direzione, con buona probabilità di successo, di essere autorizzato a consegnare il cibo ad alcuni detenuti, anziché cercare di sfuggire ai controlli.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.

MASSIDDA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
tra l'Ufficio nazionale per il servizio civile, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, e l'amministrazione provinciale di Cagliari, è stata stipulata una convenzione - la numero UNSC/1049 -, con la quale l'ente locale si rende disponibile a impiegare presso le proprie strutture 20 obiettori di coscienza in servizio civile;
a tutt'oggi nonostante numerose richieste inoltrate dall'amministrazione, i posti disponibili risultano vacanti;
numerosi giovani hanno inoltrato domanda all'assessorato ai servizi sociali della provincia di Cagliari, al fine di svolgere il servizio civile presso le diverse strutture dell'amministrazione;


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gli stessi servizi dell'ente hanno più volte sollecitato l'assegnazione delle 20 unità disponibili all'Ufficio nazionale per il servizio civile;
in data 16 gennaio, il citato ufficio ha comunicato a mezzo fax che le precettazioni avrebbero avuto luogo col successivo scaglione del 25 febbraio 2002;
nessuna unità delle 20 disponibili è stata ancora assegnata all'amministrazione;
dal 1 gennaio 2001, alla provincia di Cagliari non verrebbero assegnati obiettori di coscienza in servizio civile, nonostante la convenzione stipulata con l'Ufficio nazionale per il servizio civile e la disponibilità sottoscritta dall'ente -:
se non ritenga opportuno verificare quali siano i motivi della mancata assegnazione delle 20 unità di servizio civile all'amministrazione provinciale di Cagliari, nonostante le numerose richieste formalizzate da giovani che hanno optato per il servizio civile e le stesse sollecitazioni formalizzate dalla medesima amministrazione all'Ufficio per il servizio civile;
se non ritenga opportuno comunicare all'amministrazione interessata gli eventuali motivi che osterebbero l'assegnazione, affinché la medesima amministrazione possa perfezionare i termini della richiesta;
se non ritenga opportuno attivare tutti gli strumenti a disposizione per superare i ritardi di assegnazione e colmare la carenza che si è venuta a creare nonostante la disponibilità espressa dall'amministrazione interessata.
(4-04619)

Risposta. - Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in discorso, si fa presente che la riduzione delle assegnazioni di obiettori di coscienza presso l'amministrazione provinciale di Cagliari è correlata innanzitutto al fenomeno generale di una riduzione delle assegnazioni a tutti gli enti convenzionati con l'ufficio nazionale per il servizio civile, determinato da un aumento del numero dei provvedimenti di dispensa sia per decorrenza dei termini di avvio al servizio, sia per le cause previste dall'articolo 9, comma 2-bis della legge n. 230 del 1998.
L'incremento delle dispense per decorrenza dei termini è collegato principalmente al passaggio delle competenze in materia di servizio civile dall'amministrazione della difesa all'ufficio nazionale per il servizio civile.
Al riguardo, si rappresenta che, pur avendo l'ufficio nazionale per il servizio civile assunto la gestione del servizio civile dal 1o gennaio 2000, alcune competenze, relative alla fase procedimentale antecedente al riconoscimento dell'obiezione di coscienza, sono rimaste al ministero della difesa quali ad esempio la presentazione delle domande di ammissione al servizio civile e delle istanze di rinvio per motivi di studio.
Per quanto concerne l'aumento delle dispense relative alle cause di cui al citato articolo 9 della legge n. 230 del 1998 si fa presente che le condizioni per l'esonero dal servizio sono annualmente individuate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, al fine di contenere la consistenza numerica del contingente degli obiettori di coscienza da avviare al servizio in relazione alle disponibilità finanziarie del fondo nazionale per il servizio civile.
Tale contingente è stato ridotto in questi ultimi anni anche per incentivare il servizio civile volontario e favorire una graduale sostituzione degli obiettori di coscienza con i volontari.
Con riguardo alle particolari ragioni della mancata assegnazione di obiettori all'amministrazione provinciale di Cagliari, si fa presente che l'ufficio nazionale per il servizio civile procede alle assegnazioni in un'ottica di corretta gestione amministrativa e nel rispetto della normativa vigente in materia di servizio civile.
In particolare, le assegnazioni degli obiettori di coscienza al servizio civile vengono effettuate, fatte salve le esigenze del servizio e compatibilmente con le possibilità di impiego, entro l'area ed il settore di impiego indicati nella domanda di ammissione al servizio civile, nell'ambito della regione di residenza ovvero di quella prescelta e tenendo altresì conto delle richieste degli enti


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convenzionati, come disposto dall'articolo 9, comma 3, della legge n. 230 del 1998.
Pertanto, qualora gli obiettori non abbiano espressamente indicato l'ente presso il quale svolgere il servizio e gli enti non abbiano provveduto a fare richieste nominative, l'ufficio, nel disporre le assegnazioni, tiene conto anzitutto dell'opportunità di garantire al giovane lo svolgimento del servizio nella sede più vicina al luogo di residenza e in secondo luogo privilegia le assegnazioni presso gli enti che stipulino assicurazioni a favore degli obiettori ovvero curino la formazione degli stessi o svolgano attività assistenziali.
Al riguardo, sarebbe utile per il futuro che l'amministrazione provinciale di Cagliari, al fine di ottenere l'assegnazione di un maggior numero di obiettori, provvedesse a far pervenire all'ufficio i nominativi degli obiettori che intende impiegare unitamente al loro consenso.
L'opportunità di far pervenire tali richieste all'ufficio deriva soprattutto dalla circostanza che la suddetta amministrazione provinciale è titolare di una convenzione senza obbligo di fornitura del vitto e dell'alloggio e, pertanto, l'Ufficio, nel caso in cui pervenga un esiguo numero di domande di obiezione di coscienza da parte dei giovani residenti, non può assegnare all'ente sopraindicato obiettori non residenti.
Si fa, infine, presente che l'Ufficio, a fronte delle segnalate esigenze dell'amministrazione provinciale di Cagliari, ha provveduto ad assegnare all'ente stesso, con il primo scaglione dell'anno 2003, 16 obiettori.
Il Ministro per i rapporti con il Parlamento: Carlo Giovanardi.

MENIA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il sistema ILS (Instrumental Landing System) - in categoria 2 dal 1997 - dell'aeroporto di Ronchi dei Legionari è stato più volte declassato nel corso del 2001 portandolo dalla categoria 2 alla categoria 1 per effetto degli adeguamenti imposti dalla normativa vigente;
in particolare, il sistema è risultato declassato alla categoria 1, in base a dati di fonte Enav, nei seguenti periodi: dal 30 aprile 2001 al 10 luglio 2001; dal 29 ottobre 2001 al 2 novembre 2001; dal 27 novembre 2001 al 29 novembre 2001; dal 27 dicembre 2001 a oggi;
il declassamento dell'ILS in categoria 1 non comporta alcun problema di sicurezza al volo, ma può effettivamente penalizzare lo scalo in termini di perdita di traffico dato che prevede una soglia maggiore di visibilità orizzontale minima per gli atterraggi pari a 550 metri in categoria 1 anziché 350 in categoria 2;
a seguito dell'entrata in vigore di una disciplina adottata dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti - più volte rinviata - che prescrive un sistema di monitoraggio automatizzato dei sistemi di aiuti luminosi (sistemi AVL) a supporto del sistema di atterraggio strumentale, l'Enav ha dovuto procedere ad interventi di manutenzione ed adeguamento dei sistemi AVL sull'aeroporto di Ronchi del Legionari che hanno determinato il declassamento del sistema ILS dalla categoria 2 alla categoria 1;
tale declassamento in categoria 1 era previsto fino alla conclusione degli interventi di manutenzione che avrebbero dovuto durare, secondo quanto concordato con l'Enav di Ronchi dei Legionari, per un periodo di circa un mese ovvero sino al 31 gennaio 2002;
trascorso il periodo previsto, la società di gestione ha fortemente sollecitato l'Enav di Roma nella persona del direttore del servizio traffico aereo dottor Ciarniello e l'Enav-Gestione Triveneto nella persona dell'allora dirigente dottor Rosario Terrano al rispetto degli accordi e all'effettuazione dei relativi collaudi entro il 15 febbraio 2002;
la questione ILS ed il ritardo della conclusione dei lavori sono stati più volte trattati anche nel corso delle varie riunioni


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del Comitato di sicurezza aeroportuale, indette dal direttore della circoscrizione aeroportuale a partire dal gennaio 2002 con tutti gli enti aeroportuali, compresa l'Enav;
nel corso della riunione dell' il giugno 2002, presenti tra gli altri Enac, Enav ed Ente di gestione, preso atto che il termine precedentemente fissato non era stato rispettato, era stato stabilito il termine del 30 settembre per la realizzazione degli interventi di manutenzione citati a cura dell'Enav. Per l'emissione dell'ordinanza di ripristino della categoria 2, l'Enac indicava alla società di gestione dell'aeroporto la necessità di realizzare, entro lo stesso termine, alcuni interventi legati alla gestione della situazione di emergenza;
avendo adeguatamente programmato la conclusione degli interventi prescritti di propria competenza, la società di gestione sollecitava l'Enav, senza riscontro, a fornire assicurazioni circa l'adeguamento dell'impianto del nuovo termine concordato tra le parti;
il programma di investimenti concordato per l'aeroporto con la direzione Enav del Triveneto è di circa 30 milioni di euro entro il 2004 che comprende la nuova torre di controllo e il radar di avvicinamento, deve essere definitivamente approvato e reso operativo dalla stessa direzione centrale dell'Enav -:
quali iniziative urgenti intenda attivare affinché l'aeroporto di Ronchi dei Legionari possa trovare quanto prima le misure necessarie circa l'adeguamento del sistema ILS.
(4-04032)

Risposta. - In merito alle problematiche evidenziate, l'ENAV - Ente nazionale per l'assistenza del volo - rappresenta che le cause del declassamento delle operazioni aeroportuali in 1o categoria dell'aeroporto di Ronchi dei Legionari non sono da imputare al funzionamento del sistema ILS, le cui caratteristiche e stato di efficienza sono adeguate alle operazioni in categoria 2o.
L'ENAV fa presente che tale sistema non risulta abbia avuto fermi operativi nei periodi menzionati nell'atto ispettivo.
La decategorizzazione delle operazioni aeroportuali si è resa invece necessaria, a detta dell'Ente medesimo, per adeguare i sistemi AVL (aiuti visivi luminosi) ed il sistema di monitoraggio degli stessi alle prescrizioni della disciplina emanata dall'Atto di indirizzo del ministero delle infrastrutture e dei trasporti in materia AVL.
L'Ente riferisce di aver concluso gli interventi di tale adeguamento con il superamento del collaudo il 23 dicembre 2002. A seguito dell'omologazione del sistema, la categorizzazione aeroportuale è stata resa ufficiale con la diffusione del relativo notam, che ha riportato la pista dell'aeroporto di Ronchi dei Legionari in seconda categoria il 31 dicembre 2002.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Pietro Lunardi.

MENIA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere:
se risulti vero che il Direttore del 1 circolo didattico Piagge Marine di Sezze, dottoressa Marina Magnarelli, abbia allontanato, dal suo lavoro a mezzo di un ordine di servizio una insegnante che, 15 giorni prima del crollo della scuola di San Giuliano nel Molise, aveva formalmente denunciato al direttore di tale circolo lo stato di fatiscenza e pericolo, in violazione della legge 626 del 1994, dei locali in cui prestava servizio: in tal caso quali ne siano i motivi;
in particolare se risulti vero, come ha informato l'Agenzia giornalistica Repubblica in una corrispondenza del 15 novembre 2002, la scuola elementare di tale 1 circolo didattico sia priva del certificato di agibilità e che il tasso di infortuni verificatisi all'interno di tali locali sia superiore alla media. E ciò in quanto alcuni interventi di ristrutturazione in corso vengono svolti in violazione delle norme di sicurezza necessarie in un cantiere di lavoro.
(4-04596)


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Risposta. - Si risponde all'interrogazione parlamentare indicata in oggetto con la quale l'interrogante chiede chiarimenti circa l'allontanamento di un insegnante a mezzo di un ordine di servizio per aver denunciato lo stato di fatiscenza e di pericolo dell'edificio sede del Io circolo didattico Piagge Marine di Sezze.
Al riguardo risulta che presso il Io circolo didattico Piagge Marine di Sezze né da parte del dirigente scolastico, assente nel periodo indicato nell'atto di sindacato ispettivo in parola per motivi di salute, né da parte del docente vicario è stato emesso alcun ordine di servizio di allontanamento di una insegnante per aver denunciato lo stato dei locali.
Risulta anzi che sia il dirigente scolastico che le altre componenti scolastiche da tempo sollecitano ripetutamente il competente comune, per acquisire i certificati di agibilità mancanti sia per la sede della scuola elementare di Piagge Marine che per gli altri plessi del circolo così come le dichiarazioni di conformità degli impianti elettrici, idraulici e termici ed i certificati di prevenzione incendi anch'esse mancanti.
Occorre ricordare, al riguardo, che ogni competenza in materia di edilizia scolastica è dalla vigente normativa demandata, in relazione ai diversi gradi di scuola, agli enti locali ai quali spetta la realizzazione o fornitura degli edifici, la loro manutenzione ordinaria e straordinaria, ivi compresi l'adeguamento e la messa a norma.
Risulta anche che dallo scorso mese di agosto sono in corso lavori di manutenzione e di risanamento che procedono lentamente e che al momento hanno comportato soltanto il risanamento di alcuni locali.
Nel far presente, infine, che anche da parte dell'ufficio scolastico regionale per il Lazio è stato rivolto al Sindaco di Sezze un invito a voler rilasciare i certificati richiesti, dalle notizie acquisite, si comunica che nelle scuole del Io circolo di Sezze non vi sono stati infortuni.
Il Sottosegretario di Stato per l'istruzione, per l'università e per la ricerca: Valentina Aprea.

MEROI. - Al Ministro dell'ambiente, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il territorio del comune di Vitorchiano (Viterbo) è attraversato dalla S.S. 675 Umbro Laziale, che di fatto lambisce edifici destinati a civile abitazione;
tale situazione, oltre a causare reali situazioni di pericolo, pone obiettivi problemi di inquinamento acustico, posto che i livelli di emissione sonora provenienti dalla strada, necessitano di essere raffrontati con quelli delle zone attraversate (articolo 11, comma 2, legge regionale n. 18/2001);
il comune di Vitorchiano intende definire una classificazione acustica del territorio, attraverso la collaborazione dell'ARPA Lazio e del CNR, per predisporre un piano di risanamento acustico che può concretarsi solo attraverso una collaborazione con le competenti strutture compartimentali dell'ANAS;
la predetta amministrazione comunale, con nota n. 4239 del 18 settembre 2002, ha richiesto al compartimento per il Lazio dell'ANAS una rapida verifica della situazione esistente, nonché l'adozione, in tempi brevi, di ogni idoneo accorgimento di sicurezza atto ad eliminare il descritto stato di pericolosità;
con la medesima nota si è anche richiesto di predisporre ogni opportuno atto volto a ridurre l'impatto acustico della struttura viaria verso i contigui insediamenti abitativi;
ad oggi nessuna risposta risulta essere pervenuta all'amministrazione comunale richiedente e che quindi permangono, per i molti cittadini interessati alla problematica, sia lo stato di pericolo che l'inquinamento acustico -:
quali iniziative vogliano intraprendere i ministeri competenti al fine di sollecitare la struttura compartimentale dell'Anas a predisporre quanto richiesto per porre fine ai gravosi stati su richiamati.
(4-04652)


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Risposta. - In riferimento all'interrogazione parlamentare in discorso, cui si risponde per delega della Presidenza del Consiglio dei ministri, l'ANAS SpA, interessata al riguardo, ha comunicato che il compartimento della viabilità di Roma, su richiesta del comune di Vitorchiano, ha effettuato verifiche in merito ai carichi acustici e alla pericolosità dei tratti della strada statale n. 675 «Umbro Laziale» tra i km. 5+680 e km. 6+900.
Dalle rilevazioni effettuate congiuntamente ai tecnici del comune, constatata anche la presenza di numerosi edifici costruiti a ridosso della statale, è stato ritenuto necessario predisporre il potenziamento delle barriere metalliche di protezione (
guard-rails) già in sito, comunque rispondenti ai requisiti tecnici regolamentari prescritti. A tal fine sono stati previsti due interventi uno dei quali già eseguito e l'altro che sarà affidato non appena espletate le formalità amministrative già in atto.
La società stradale informa che l'esito di tali verifiche è stato oggetto di comunicazione all'amministrazione comunale e all'ufficio territoriale del Governo di Viterbo con nota 29628 in data 9 dicembre 2002.
Per quanto riguarda, infine, l'inquinamento acustico, l'Anas attende che il comune di Vitorchiano predisponga il «piano acustico» necessario per valutare l'opportunità di procedere alla progettazione delle barriere fono-assorbenti.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Ugo Martinat.

MESSA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
in Roma nella notte del 24 febbraio 2002 (Il Tempo del 25 febbraio 2002, pag. 20) un extracomunitario senza fissa dimora veniva accoltellato e gravemente ferito da un energumeno che lo aveva aggredito, pare per sottrargli una coperta donatagli dalla Caritas;
l'immediato intervento delle forze dell'ordine consentiva il ricovero della vittima presso un vicino nosocomio ed il fermo dell'aggressore;
quest'ultimo veniva identificato per tale Alì Ayed, tunisino di anni 47, anch'egli senza fissa dimora;
da accertamenti sarebbe risultato che costui era stato già arrestato appena due mesi addietro per aver aggredito ed ucciso un cittadino italiano, Mario D'Angelo di anni 57 e che nonostante tale gravissimo precedente l'Ayed si trovasse a piede libero -:
se corrispondano al vero le notizie sopra riportate;
come sia possibile che un omicida si trovasse a piede libero ad appena due mesi dal delitto;
chi sia il giudice per le indagini preliminari e con quali motivazioni lo stesso non abbia disposto la misura della detenzione in carcere;
se il Ministro interrogato non intenda attivare il potere ispettivo di sua competenza per verificare se il comportamento del magistrato sia da ritenere censurabile.
(4-02318)

Risposta. - Dall'esame dell'informativa approntata dal dottor Giancarlo Amato, sostituto procuratore titolare delle indagini relative alla morte del D'Angelo, si evince che Ayed Alì venne posto in libertà non già per disattenzione od approssimazione, ma solo in quanto le indagini (fino ad allora) espletate non avevano consentito di raggiungere appaganti certezze in ordine alla colpevolezza dell'indagato, tenuto conto del fatto che la vittima (il D'Angelo), stando alle sue stesse confidenze a varie persone nelle ore precedenti l'insorgere del coma, avrebbe avuto almeno tre diversi litigi con vie di fatto con persone mai specificate.
Gli elementi accusatori raccolti a carico dell'Ayed erano rappresentati dall'indicazione del possibile movente, consistente secondo i familiari della vittima in una disputa insorta tra i mendicanti di una


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chiesa romana per la scelta dei posti più favorevoli ove sistemarsi per chiedere le elemosine (tra quei mendicanti si dovevano annoverare tanto il D'Angelo che l'Ayed), alcune confidenze raccolte proprio prima della morte da una guardia giurata, secondo le quali il D'Angelo avrebbe lamentato di essere stato aggredito in una piazza cittadina (dicendo di avere riconosciuto i due aggressori ma non rivelandone i nomi) ma soprattutto le dichiarazioni rese inizialmente in veste di testimone da Muamet Sahiti (altro mendicante frequentatore della stessa chiesa sopra menzionata) il quale dichiarò di avere visto in tempo di notte proprio in quella piazza l'Ayed mentre discuteva animatamente con il D'Angelo, tanto da essere intervenuto per separare i due.
È da precisare che le dichiarazioni del Sahiti apparvero contraddittorie alla polizia giudiziaria operante, con riferimento ad alcune gravi incongruenze manifestate; di qui il sospetto che potesse essere proprio il Sahiti il secondo aggressore di cui il D'Angelo aveva fatto parola alla guardia giurata.
Le indagini preliminari, rese difficili dall'assenza di testimoni diretti e dalla condotta particolare del D'Angelo nelle ore precedenti l'insorgere del coma (quando con nessuno si confidò circa l'identità dei soggetti che lo avevano aggredito, mentre rivelò a persone diverse particolari difformi in ordine al numero dei suoi aggressori, al luogo ed all'orario dell'aggressione), si sono sostanziate negli esami medico legali sulla salma della vittima e nell'audizione di tutte le persone a conoscenza dei fatti (compreso il Sahiti).
Nessuno dei testi escussi ha saputo precisare particolari di interesse concreto per la ricostruzione della dinamica dei fatti, mentre il Sahiti ha sostanzialmente ritrattato le precedenti dichiarazioni non assistite, negando di avere visto un litigio tra l'indagato ed il D'Angelo nella piazza in cui quest'ultimo aveva confidato ad una guardia giurata di essere stato aggredito. Per spiegare la difformità di versioni il Sahiti ha fatto riferimento alla difficoltà di comprendersi esistente tra lui e la polizia giudiziaria la prima volta in cui venne sentito, difficoltà che è sembrata oggettivamente esistente posto che l'interrogatorio avanti al Pubblico Ministero (avvenuto alla presenza di interprete) ha evidenziato la scarsissima conoscenza della lingua italiana da parte del Sahiti (che parla solo un particolare dialetto, tanto da fare fatica a comprendere anche l'interprete).
Pertanto, considerato che il movente del delitto è apparso frutto di un'intuizione dei parenti della vittima, non confortata da riscontri attendibili, e tenuto conto delle ritrattazioni del Sahiti, nonché delle vistose contraddizioni ed incongruenze contenute nelle sue iniziali dichiarazioni, che oltre a valergli il ruolo di indagato, ne hanno pregiudicato irrimediabilmente l'attendibilità, il Pubblico Ministero dottor Amato ha richiesto al Giudice per le indagini preliminari, che disponeva in conformità, la revoca della misura cautelare a carico dell'Ayed.
Alla luce di quanto precede, non sono stati ravvisati elementi di rilievo disciplinare a carico di magistrati, né le condizioni ed i presupposti per far luogo alle iniziative di competenza di questo ministero auspicate dall'interrogante.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.

MESSA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
da anni i comuni della Sabina Romana attendono la realizzazione delle opere infrastrutturali viarie sul tratto da Passo Corese a Settebagni della strada statale 4 Salaria (potenziamento e raddoppio) per i quali era stato stanziato l'importo di 103.000.000 di euro;
tali somme sarebbero state di recente distratte dalla originaria destinazione e riservate all'apertura del nuovo casello autostradale a Castelnuovo di Porto ed al potenziamento della viabilità di collegamento tra il nuovo svincolo ed il centro di Monterotondo;


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l'originario progetto relativo al potenziamento ed al raddoppio della Salaria nel tratto da Passo Corese a Settebagni era motivato non solo dalla necessità di decongestionare il traffico su un segmento di arteria nel quale confluiscono ogni giorno pendolari da numerosi comuni viciniori (Fara Sabina, Montelibretti, Nerola, Palombara Sabina, Mentana eccetera), ma anche e soprattutto per garantire standard di sicurezza minimali su un tratto di strada sul quale ogni anno decine di automobilisti perdono la vita o rimangono gravemente feriti a causa dei numerosi sinistri stradali dovuti allo stato della Salaria ed all'intensità del traffico -:
se non ritenga necessario assumere le opportune iniziative affinché perlomeno il 50 per cento della somma a suo tempo destinata al progetto originario venga nuovamente finalizzata per le opere a suo tempo concordate con particolare riferimento a quelle necessarie alla sicurezza stradale;
se non ritenga altresì opportuno disporre, fino alla realizzazione delle opere di cui sopra, l'abolizione del pedaggio autostradale sul tratto Fiano Romano-Settebagni per decongestionare il traffico veicolare sul tratto della Salaria compreso da Passo Corese a Settebagni.
(4-04165)

Risposta. - L'Anas S.p.A. premette di non essere a conoscenza dell'asserita distrazione di somme già destinate alle opere infrastrutturali viarie sul tratto oggetto dell'interrogazione in favore della realizzazione del nuovo casello autostradale a Castelnuovo di Porto.
Per quanto riguarda il riassetto ed adeguamento del sistema infrastrutturale stradale a servizio del comprensorio tra la S.P. Tiberina, in comune di Castelnuovo di Porto e la strada statale n. 4 «Via Salaria» in comune di Monterotondo, il progetto preliminare, affidato dalla regione Lazio ad un professionista, è stato sottoposto, in data 20 dicembre 2002, all'apposita conferenza dei servizi.
In tale sede, l'Anas ha espresso parere positivo alla costruzione delle opere in argomento specificando che l'atto di convenzione tra la società stradale e la regione, da stipularsi successivamente all'approvazione del tracciato, dovrà necessariamente contenere il reperimento delle risorse finanziarie necessarie.
Relativamente, infine, all'ipotesi di abolizione del pedaggio autostradale tra i caselli di Fiano Romano e Settebagni, l'Anas fa presente che, in base alla convenzione vigente di concessione con la società autostrade S.p.A., l'esenzione o riduzione dei pedaggi può essere attuata solo eccezionalmente ed a condizione di compensazioni economiche, per mancati introiti, da parte degli enti interessati. Ciò in considerazione del fatto che alle società autostradali concessionarie non possono attribuirsi oneri che non siano di stretta competenza.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Ugo Martinat.

MESSA. - Al Ministro delle attività produttive. - Per sapere:
quali iniziative intenda assumere per garantire un sistema di rilevamento dei prezzi che sia quanto più possibile affidabile dal punto di vista scientifico;
quali siano le metodologie attualmente utilizzate per il rilevamento dei dati e l'ampiezza del campione statistico preso in esame.
(4-04997)

Risposta. - Nel nostro Paese, il tasso di inflazione (costo della vita) è rilevato tramite l'indice generale dei prezzi al consumo per l'intera collettività nazionale (NIC), elaborato dall'Istat, che utilizza criteri statistici basati su una metodologia e principi concordati in sede internazionale e sanciti da regolamenti comunitari.
I dati relativi ai prezzi vengono calcolati su un paniere che, per il 2003, è costituito da 960 prodotti, rappresentativi di 207 voci merceologiche, suddivise a loro volta in 12 capitoli di spesa. I prodotti che fanno capo al paniere vengono rilevati in 81 comuni (20 capoluoghi di regione e 61 capoluoghi


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di provincia), che rappresentano l'86,9 per cento della popolazione italiana residente.
Al fine di adeguare la rilevazione alla evoluzione dei consumi della collettività nazionale, la composizione del paniere viene revisionata alla fine di ogni anno: la revisione per il 2003 è stata particolarmente ampia ed ha portato all'inserimento di 34 nuove posizioni rappresentative e la cancellazione di 21, nonché l'aumento del numero dei prodotti componenti le posizioni rappresentative; da 930 dell'anno 2002 si è passati agli attuali 960.
La determinazione dei coefficienti di ponderazione è effettuata attraverso i dati di contabilità nazionale dell'anno precedente e dalle informazioni tratte dalle indagini sui consumi delle famiglie. Il peso di ciascun bene o servizio è determinato come rapporto tra la spesa stimata per quella componente e la spesa totale per i consumi delle famiglie nel periodo considerato come base.
Al fine di addivenire ad una sempre maggiore trasparenza del mercato, il Ministro delle attività produttive, con proprio decreto del 2 gennaio 2003, ha istituito presso la direzione generale per l'armonizzazione del mercato e la tutela dei consumatori il «Comitato tecnico per il monitoraggio dei prezzi dei beni e servizi di largo e generale consumo». Come «tavolo di confronto» tra gli organismi pubblici, gli enti territoriali e gli operatori economici interessati, con il compito di verificare l'andamento dei prezzi in tutte le fasi della filiera produttiva, favorire eventuali accordi intersettoriali nonché azioni di interventi atti a incoraggiare la trasparenza nel processo di formazione dei prezzi, il corretto funzionamento del mercato e la cultura della «autotutela» dei consumatori.
Il Sottosegretario di Stato per le attività produttive: Giovanni Dell'Elce.

MIGLIORI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
venerdì 25 ottobre 2002 si è tenuto a Firenze, tra eccezionali misure di sicurezza, che non poco hanno turbato la quotidianità di ignari studenti e genitori, un convegno DS presso l'Educandato statale della Santissima Annunziata al Poggio Imperiale;
tale iniziativa è stata autorizzata dal Consiglio d'Amministrazione dell'Educandato di Stato e risulta senza precedenti -:
da chi, come e quando è stata richiesta e tramite quale corrispettivo è stato concesso l'uso dell'Educandato;
se vi sia una normativa regolamentare in forza della quale sia possibile l'uso di strutture scolastiche per convegni di partito e in caso contrario, se si intenda avviare in merito un'ispezione ministeriale.
(4-04439)

Risposta. - Si risponde alla interrogazione parlamentare indicata in discorso con la quale l'interrogante, con riferimento al convegno dei democratici di sinistra svoltosi presso l'Educandato statale femminile di Firenze - Villa Poggio Imperiale il 25-27 ottobre 2002, chiede chiarimenti in merito all'uso delle strutture scolastiche.
Al riguardo si premette che a norma del decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275, recante norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche, ai sensi dell'articolo 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59 e del regolamento concernente le istruzioni generali sulla gestione amministrativo-contabile delle istituzioni scolastiche, emanato con decreto interministeriale n. 44 del 1o febbraio 2001, rientra nell'autonoma potestà della scuola l'utilizzo dei locali dell'istituto da parte di soggetti esterni.
Per quanto riguarda, in particolare, il caso in specie nell'operato dell'istituto non si rilevano irregolarità di sorta.
Infatti, l'uso dei locali è stato formalmente richiesto al consiglio di amministrazione dell'educandato in data 3 settembre 2002 e la richiesta stessa è stata approvata all'unanimità dal consiglio di amministrazione in data 11 settembre 2002.
Il 12 settembre 2002 il Presidente del consiglio di amministrazione ha comunicato


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il parere favorevole indicando le condizioni alle quali attenersi.
Sono stati scelti locali non adibiti ad attività scolastica e orari e date non concomitanti con gli orari delle lezioni. Inoltre sono stati attribuiti al soggetto richiedente gli oneri relativi alla pulizia dei locali, al servizio di vigilanza ed all'avviso alle competenti autorità, nonché il massimo rispetto delle norme di sicurezza.
È stato inoltre assicurato dal soggetto richiedente un contributo per il restauro di dieci poltrone storiche in dotazione all'istituto con pagamento diretto al restauratore e quindi senza diretto passaggio di denaro nelle casse dell'istituto.
Sotto il profilo dell'opportunità la direttrice fa riferimento ad una consolidata prassi di concessione dell'uso dei locali per attività culturali, seminari e convegni ad Enti ed Associazioni, sicché essendo rispettata una
par condicio, il comportamento della scuola sembra immune da censure anche sotto tale profilo.
Il Sottosegretario di Stato per l'istruzione, per l'università e per la ricerca: Valentina Aprea.

MIGLIORI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
si apprende dalla stampa l'incredibile notizia che, causa mancato pagamento delle bollette ENEL, il sistema museale fiorentino rischierebbe di fare rimanere al buio straordinari tesori artistici -:
se la notizia corrisponda al vero e quali iniziative urgenti si intendano assumere per evitare tale tragedia.
(4-04557)

Risposta. - In ordine all'interrogazione parlamentare in discorso, interpellati gli uffici competenti, si rappresenta quanto segue.
La società Enel ha inviato alla Soprintendenza speciale per il polo museale fiorentino, con lettera circolare standard destinata a tutti i clienti in stato di mora, un sollecito di pagamento per il saldo delle bollette arretrate.
A seguito di detto sollecito, la Soprintendenza speciale ha provveduto a saldare l'intero ammontare del credito, in data 26 novembre 2002, utilizzando le risorse finanziarie derivanti dalle giacenze di cassa.
La causa del ritardato pagamento trova spiegazione nel processo di radicale trasformazione che ha interessato, nel corso dell'anno 2002, la struttura ed il funzionamento degli organi periferici di questo ministero, in particolare per quanto concerne l'istituzione delle Soprintendenze speciali per i poli museali autonomi di Venezia, Firenze, Roma e Napoli.
Al tal riguardo, si informa che lo schema di regolamento per il funzionamento amministrativo contabile e per la disciplina del servizio di cassa delle Soprintendenze trasformate, ai sensi dell'articolo 8 del decreto legislativo 30 ottobre 1998, n. 368, è, attualmente, all'esame del Parlamento.
In attuazione di tale regolamento, la Soprintendenza in argomento potrà amministrare in autonomia le risorse derivanti dai biglietti d'ingresso, dalle concessioni d'uso e dai proventi
ex legge 14 gennaio 1993, n. 4.
Il Ministro per i beni e le attività culturali: Giuliano Urbani.

MOLINARI, POTENZA e ADDUCE. - Al Ministro delle comunicazioni, al Ministro delle attività produttive. - Per sapere - premesso che:
centinaia di utenti Enel del comune di Tursi (Matera) hanno ricevuto nel corso del mese di febbraio 2002 i solleciti per il pagamento di bollette arretrate tutte riferite alla scadenza prevista nel mese di gennaio 2002;
dopo alcune settimane agli stessi utenti sono pervenute le raccomandate postali con il preavviso di disattivazione della fornitura di energia elettrica;
per assicurarsi la continuità del servizio occorre rivolgersi al numero verde o inviare via fax la ricevuta;


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i cittadini che non si ritrovano in possesso della ricevuta, spesso anziani, si sono recati presso gli uffici postali per recuperare, dopo lunghe code, gli estremi del pagamento;
per questa operazione occorre fare una richiesta formale specificando la data del pagamento effettuato e attendere l'esito dal Centro di elaborazione di Bari, in considerazione del fatto che la Basilicata ha visto tale servizio soppresso nella riorganizzazione delle Poste;
i cittadini hanno informato l'Enel della situazione di disagio venutasi a determinare;
l'azienda ha risposto che bisogna pagare nuovamente la vecchia bolletta di cui si è registrato il mancato pagamento e poi chiederne il rimborso o accettare la compensazione sul futuro consumo;
si tratta di una situazione paradossale che penalizza fortemente i cittadini di Tursi ma che potrebbe verificarsi in qualsiasi altro contesto -:
quali iniziative il Governo intenda promuovere per accertare quanto accaduto agli utenti Enel di Tursi e quali iniziative intenda adottare per evitare il ripetersi di tali situazioni che penalizzano gli utenti.
(4-02813)

Risposta. - Al riguardo nel ribadire che a seguito della trasformazione dell'ente Poste italiane in società per azioni l'operato riguardante la gestione aziendale rientra nella competenza propria degli organi statutari della società, si fa presente che la stessa società - interessata in merito a quanto rappresentato dall'interrogante nell'atto parlamentare in esame - ha significato che, effettivamente, nei primi mesi dell'anno 2002, si sono verificati dei ritardi nell'accredito delle somme dei versamenti effettuati tramite bollettini di conto corrente postale.
Tale disservizio sembra essere dipeso - stando a quanto precisato dalla società Poste - dalla preferenza accordata dagli utenti, in misura molto superiore alle previsioni, all'utilizzo dei bollettini di conto corrente in lire nei primi mesi del passaggio dalle lire all'euro: scelta che ha costretto la società Poste ad eseguire, per la lavorazione contabile, una serie di doppi conteggi nelle due diverse valute, operazioni che hanno inevitabilmente allungato i tempi di espletamento delle relative pratiche.
Da parte sua l'Enel - a causa del mancato tempestivo riscontro dei versamenti effettuati - ha inviato un primo sollecito di pagamento ed un successivo preavviso di disattivazione agli utenti ritenendo, tuttavia, sufficiente chiarire la posizione degli interessati, l'esibizione della ricevuta rilasciata dall'ufficio postale, attestazione che, usando la normale diligenza, gli utenti avrebbero dovuto conservare.
La società Poste ha fatto, altresì, presente di aver messo a disposizione della clientela un apposito servizio per reperire gli estremi del versamento effettuato del quale era stata smarrita la ricevuta; compilando un apposito modulo il cliente, infatti, può chiedere le notizie riguardanti il versamento direttamente all'ufficio postale dove è stata eseguita l'operazione ed ottenere la risposta tramite l'ufficio stesso ovvero direttamente, qualora fosse titolare di un conto corrente postale.
A completamento di informazione Poste italiane ha comunicato che dai dati messi a disposizione dell'Enel riguardanti i servizi erogati in Puglia e Basilicata è emerso che il numero delle sospensioni di fornitura elettrica verificatosi nel periodo in esame non ha registrato incrementi degni di nota.
Il Ministro delle comunicazioni: Maurizio Gasparri.

MORGANDO e LETTIERI. - Al Ministro delle attività produttive. - Per sapere - premesso che:
da fonti giornalistiche si apprende che con una circolare interna il Ministero delle attività produttive ha definito nuovi criteri per la formazione delle graduatorie per l'ammissione delle imprese agli incentivi della legge n. 488 del 1992;


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secondo queste notizie i nuovi parametri sarebbero particolarmente restrittivi, tali da penalizzare le aziende di piccole dimensioni, dando invece una priorità alle aziende medie e grandi;
il nuovo orientamento sarebbe al momento applicabile soltanto al «bando industria» attualmente in fase di istruttoria, ma ne sarebbe già programmata l'estensione ai bandi relativi agli altri settori -:
quali siano i contenuti delle nuove disposizioni relative alla valutazione degli investimenti per l'ammissione alle agevolazioni previste dalla legge n. 488 del 1992;
a quali settori si applichino le suddette nuove disposizioni;
quali strategie di politica industriale abbiano motivato le decisioni del ministero delle attività produttive.
(4-05329)

Risposta. - Il ministero delle attività produttive - D.G.C.I.I. ha inviato alle banche concessionarie della legge n. 488 del 1992 - cui è delegata, principalmente, l'attività di istruttoria delle domande di agevolazione - la nota prot. 972064 del 15 gennaio 2003 con cui sono state fornite alcune indicazioni sui criteri di valutazione istruttoria al fine di garantire il massimo grado di uniformità di giudizio da parte delle stesse banche esportatrici.
Si ricorda che le procedure per la concessione delle agevolazioni previste dalla legge n. 488 del 1992 stabiliscono che l'attività di valutazione delle domande presentate dalle imprese sia effettuata da banche o società controllate da banche, previamente selezionate dal ministero. Queste ultime erano poco più di 20 per il primo quinquennio (1996-2000) di applicazione della legge e sono divenute ben 43 a partire dal 2002 - di cui 39 riunite in raggruppamenti temporanei di impresa (RTI) - a seguito del nuovo bando di gara per l'individuazione dei nuovi soggetti per il quinquennio 2001-2005.
Tale nuova configurazione, se da un lato ha consentito una maggiore presenza sul territorio ed una più capillare rete di assistenza alle imprese, dall'altro ha comportato l'esigenza di assumere tutte le opportune iniziative al fine di garantire il necessario livello di omogeneità e di uniformità nell'applicazione dei criteri di valutazione stabiliti dalla normativa da parte di una più ampia platea di soggetti, molti dei quali, peraltro, nuovi. Ciò in quanto i ristretti termini assegnati per l'istruttoria e per la formazione delle graduatorie, nonché il particolare meccanismo di formazione delle graduatorie stesse, impongono che, nel rispetto dei principi di trasparenza e di parità di trattamento e per il miglior utilizzo delle risorse pubbliche, tutte le imprese richiedenti le agevolazioni abbiano la garanzia di una uniforme ed omogenea applicazione dei criteri di valutazione dei programmi e dei promotori degli stessi, indipendentemente dalla banca alla quale si rivolgono.
In questo contesto, si inserisce il documento di indirizzo inviato alle banche concessionarie, che non introduce nuovi criteri di valutazione istruttoria essendo questi già fissati al punto 5.8 della circolare n. 900315 del 2000 esplicativa del Regolamento - ma costituisce propriamente un'esplicitazione in modo più puntuale, chiaro e definito delle loro modalità di applicazione. Si precisa che gli stessi criteri sono quelli economico-finanziari correntemente seguiti dalle banche concessionarie nelle procedure di valutazione dei programmi di investimento e dei soggetti promotori per la deliberazione dei prestiti, come peraltro richiesto dalla normativa sin dalla sua originaria formulazione. Il documento soddisfa quindi l'esigenza, nell'interesse di tutte le imprese che concorrono all'assegnazione delle risorse finanziarie, di coordinare le modalità applicative dei detti criteri oltre che tra le «vecchie» banche concessionarie anche tra le «nuove».
Si è voluto inoltre cogliere l'occasione per verificare in via sperimentale - sempre in direzione dell'obiettivo di giungere al massimo grado di uniformità applicativa e di parità di trattamento - l'utilizzo dei seguenti due strumenti di tipo oggettivo.
Il primo riguarda un sistema di «
scoring», basato su tre indici di bilancio, per valutare lo «stato di salute» delle imprese che richiedono le agevolazioni; ciò non


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costituisce un elemento innovativo, se solo si considera che, tra le condizioni che necessariamente devono sussistere per la concessione degli aiuti di Stato, l'Unione europea impone che le imprese beneficiarie devono essere «sane».
Il secondo strumento è rappresentato da una tabella, elaborata sulla base delle indagini annuali svolte dall'ISTAT, che fornisce i dati relativi al fatturato medio per addetto per le diverse attività economiche e per classi di fatturato. Si tratta quindi di uno strumento che, se la sperimentazione darà esiti positivi, rappresenterà un ausilio essenziale per le banche nel valutare e confermare i valori relativi all'indicatore degli occupati ed, al tempo stesso, una migliore garanzia a favore delle imprese che indicano realistici incrementi occupazionali.
Infine, il documento richiama l'attenzione delle banche concessionarie sulla necessità di accertare «la bancabilità o la possibilità di offrire garanzie a copertura cauzionale del finanziamento»; si tratta dei casi in cui, per la completa copertura finanziaria del programma di investimento proposto, le stesse imprese, oppure i soci nel caso di apporti di mezzi propri, prevedono il ricorso a finanziamenti bancari ordinari. Ne deriva, di conseguenza, che la valutazione istruttoria, al fine di accertare in via preventiva la copertura finanziaria di tutti i fabbisogni derivanti dalla realizzazione del programma proposto, deve necessariamente verificare che ne esistano tutti i presupposti concreti.
Da quanto sopra rappresentato, appare chiaro, innanzitutto, che non sono stati introdotti nuovi criteri e che gli stessi non sono particolarmente restrittivi o, comunque, tali da penalizzare le aziende di piccole dimensioni, così favorendo quelle di media e grande dimensione.
Per quanto concerne il primo quesito, riassumendo quanto sin qui detto, si precisa che con la nota prot. 972064 del 15 gennaio 2003 inviata alle banche concessionarie il ministero delle attività produttive non ha introdotto alcun parametro più restrittivo rispetto al passato, ma semplicemente coordinato l'attività istruttoria delle banche concessionarie per un'applicazione più omogenea e corretta dei criteri rigorosi già in essere, volendo garantire le imprese «sane», che intendono promuovere programmi economicamente validi ed avendo le necessarie risorse finanziarie, atte ad assicurare, unitamente al contributo dello Stato, la necessaria copertura finanziaria per non veder compromesso il buon esito dell'iniziativa.
Rispondendo al secondo quesito, si fa presente che le indicazioni fornite dal ministero sono volte a tutti i settori di applicazione normativa e saranno, per quanto possibile, applicate in via sperimentale sin dal bando in corso di istruttoria, che è riservato al settore «industria», in modo da poter, in base all'esperienza maturata, pervenire ad una definizione completa fin dal prossimo bando, previa formale e corretta informazione a tutti i soggetti interessati.
Per quanto concerne l'ultimo quesito, avendo puntualmente già rappresentato quali sono i contenuti effettivi della nota del ministero, si assicura che le strategie di politica industriale rimangono quelle da sempre perseguite con l'intervento di cui alla legge n. 488 del 1992.
Il Sottosegretario di Stato per le attività produttive: Giuseppe Galati.

NAN. - Al Ministro delle attività produttive. - Per sapere:
se sia vero che è in corso di elaborazione, presso il Ministero delle attività produttive, un testo di articolato contenente norme relative all'istituzione di un ruolo degli amministratori condominiali presso le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura;
se sia intenzione del Ministro interrogato inserire il suddetto articolato all'interno di un progetto di legge collegato alla legge finanziaria 2003;
se non ritenga il Ministro che tale iniziativa risulti inopportuna, in quanto del tutto priva di relazioni con le proposte di legge in materia di revisione dell'istituto condominiale - attualmente all'esame


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delle Commissioni Giustizia di Camera e Senato -, nell'ambito delle quali sarebbe opportuno collocare l'ordinamento della posizione e dell'attività dell'amministratore condominiale, evitando di disciplinare un solo e quindi parziale aspetto della normativa condominiale, che dev'essere invece organicamente riformata;
se non ritenga altresì il Ministro evitare di proporre norme relative ad una particolare professione, atteso che sono in corso avanzate trattazioni (sia in sede parlamentare sia in ambito governativo) del più ampio tema della disciplina delle professioni.
(4-05045)

Risposta. - L'iniziativa legislativa in materia di professioni attualmente non regolamentate deve necessariamente collocarsi nel quadro della competenza concorrente di cui all'articolo 117 della Costituzione.
Non sono in corso di elaborazione, da parte del ministero delle attività produttive, proposte normative per l'istituzione del ruolo degli amministratori condominiali da tenersi dalle camere di commercio.
Il ministero delle attività produttive è tuttavia sensibile alle problematiche che derivano dall'esercizio dell'attività degli amministratori di condominio che, pur in assenza di una specifica regolamentazione, viene di fatto esercitata sia da iscritti ad albi professionali che da persone sprovviste di qualsiasi titolo.
Nel corso dell'anno 2002, tuttavia, il ministero delle attività produttiva ha sviluppato una serie di incontri con le associazioni che, in qualche misura, sono collegate all'attività della gestione condominiale, per ricavarne elementi utili ed accrescere la conoscenza in un quadro organico di attenzione all'intero settore di che trattasi.
Il Sottosegretario di Stato per le attività produttive: Mario Carlo Maurizio Valducci.

OSVALDO NAPOLI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
in provincia di Torino è tristemente noto il tratto della statale n. 25 che transita nell'abitato del comune di Sant'Ambrogio nella curva denominata «giro dell'ora»;
in tale curva, a causa della particolarità del tracciato stradale si susseguono da anni incidenti gravissimi con ritmo quasi settimanale e un elevato numero di vittime;
la causa principale di tali incidenti è costituita dall'elevata velocità dei mezzi e di conseguenza la misura di prevenzione più efficace va individuata in interventi e modifiche di tracciato che obblighino gli utenti a ridurre la velocità prima di affrontare la curva interessata;
per prevenire la situazione di rischio e difendere le abitazioni e gli abitanti che risiedono nelle case che fiancheggiano tale tratto di arteria l'ANAS ha recentemente posizionato un guard-rail in metallo di protezione;
tale misura si è rivelata e si sta rivelando assolutamente inadeguata a prevenire gli incidenti che continuano a verificarsi in gran numero e a contenere e limitare la velocità;
una misura maggiormente efficace a questi fini è da individuare nella realizzazione di una rotonda stradale di scorrimento, manufatto che di per se stesso obbliga a contenere la velocità dei mezzi in avvicinamento e a rapportarla alle caratteristiche di un tracciato a rotazione;
la realizzazione di una tale opera è stata giudicata idonea dalle autorità locali e il costo di un tale intervento risulta assolutamente contenuto soprattutto in rapporto ai benefici che è in grado di assicurare -:
se non intenda sollecitare la realizzazione di misure ed opere idonee ad imporre una riduzione della velocità veicolare sulla Statale 25 nel tratto che attraversa l'abitato del comune di Sant'Ambrogio (Torino) e in particolare in prossimità della curva denominata «giro


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dell'ora», realizzando un'opera definitiva, oltretutto ad un costo di realizzazione non alto, senza affidarsi ad interventi tampone, come avvenuto in passato;
se, sentite le autorità locali e l'ANAS, tali opere non siano da individuare nella realizzazione di una «rotonda» di forme e dimensioni idonee che obblighi gli utenti della strada a ridurre la velocità dei loro veicoli nell'apprestarsi ad eseguire la curva interessata, anche in considerazione dell'estrema urgenza di attuare una tale soluzione sulla statale interessata per eliminare o contenere in modo reale i rischi di incidenti gravi con conseguenti vittime che continuamente si registrano sul tratto di strada interessato.
(4-02418)

Risposta. - L'ANAS S.p.A., interessata al riguardo, ha comunicato che nel mese di maggio 2001 il compartimento della viabilità di Torino ha provveduto a realizzare lungo la strada statale 25 «del Moncenisio» al km 28+000 la segnaletica verticale ed orizzontale al fine di migliorare la visibilità e segnalare meglio la curva.
Lo stesso ufficio ha, inoltre, installato barriere di protezione marginale: opere che hanno comunque contribuito a migliorare la sicurezza, come dimostrato dalla marcata diminuzione di incidenti.
La società stradale informa che in corrispondenza del km 28+000 vige la limitazione di velocità di 50 km/h; che la curva in questione presenta un raggio di 190 metri e che la pavimentazione del fondo stradale risulta in buone condizioni. Tutti elementi questi che consentono la percorribilità della curva in condizioni di sicurezza.
Pertanto, come rilevato anche dall'interrogante, la causa primaria (o pressoché esclusiva) degli incidenti registrati va riscontrata nella costante inosservanza, da parte degli utenti, delle più elementari norme di comportamento nella guida degli automezzi.
Trattasi di comportamenti rispetto ai quali potrebbe risultare più efficace l'opera degli Organi preposti alla vigilanza, tesa a contrastare e reprimere i comportamenti dell'utenza in violazione delle norme del codice della strada.
L'ANAS nel premettere, infine, che l'eventuale realizzazione di opere, quali una rotatoria, va posta in relazione ad esigenze viabilistiche, assicura la propria disponibilità a porsi in contatto con le autorità comunali, cui compete la gestione della strada comunale che si innesta alla statale, al fine di verificare l'opportunità di modificare la viabilità locale onde limitare i punti di conflitto. In tal senso l'ufficio periferico ANAS ha riferito alla locale prefettura.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Ugo Martinat.

OSVALDO NAPOLI. - Al Ministro per le attività produttive. - Per sapere - premesso che:
fra le spese che gravano in modo non indifferente sui bilanci delle famiglie italiane una incidenza notevole è rappresentata dai costi di assicurazione dei veicoli circolanti;
tra queste spese una incidenza altrettanto notevole è costituita dai costi di assicurazione contro i rischi di furto dei mezzi interessati;
dagli ultimi dati disponibili i risultati da uno studio specifico relativo al settore emerge la seguente situazione:
a) le autovetture circolanti nell'anno 2001 risultano n. 32.800.000;
b) le automobili rubate nel 2001 risultano n. 211.208 pari allo 0,64 per cento del totale;
c) le automobili rubate e ritrovate nel 2001 risultano n. 101.193 pari allo 0,32 per cento del totale;
d) le autovetture rubate e non ritrovate e quindi definitivamente perdute sono state nel 2001 n. 110.015 pari allo 0,34 per cento del totale;
e) la probabilità di furto auto è quindi pari allo 0,64 per cento e la possibilità


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di perdita definitiva dell'autovettura è pari allo 0,34 per cento;
f) i premi delle assicurazioni contro il rischio di furto dovrebbero essere, per correttezza e trasparenza, commisurati a queste aliquote di probabilità e pertanto a questi rapporti con il valore delle singole autovetture assicurate;
g) ai fini della determinazione dei prezzi stessi si deve tenere conto degli oneri indotti (spese di liquidazione dei sinistri, spese di vendita delle polizze di assicurazione, eccetera) e si può stimare che per coprire questi costi si debba raddoppiare l'aliquota di rischio-furto elevandola dallo 0,34 per cento allo 0,68 per cento;
h) nella realtà i premi delle polizze antifurto hanno una forte variabilità di mercato ma una stima appropriata porta a concludere che siano mediamente pari al 3 per cento del costo delle autovetture;
i) il costo dei premi rispetto alla percentuale di rischio di riferimento viene quindi moltiplicato di nove volte -:
quali provvedimenti il Governo abbia promosso o intenda promuovere per difendere i diritti dei cittadini utenti nei confronti delle assicurazioni in merito alla applicazione dei premi polizze-antifurto per autovetture, premi che secondo i dati sopra ricordati risultano palesemente e gravemente maggiorati a danno degli utenti rispetto alla percentuale di rischio e ai costi reali che comportano per le compagnie assicuratrici;
se non ritenga il Governo di effettuare una indagine a livello europeo sulla entità dei costi delle assicurazioni auto e specificatamente per i costi premi polizze contro i furti per verificare la rispondenza dei nostri costi a quelli degli altri Paesi europei e segnatamente dei Paesi della Comunità europea.
(4-03721)

Risposta. - In riferimento ai quesiti posti dall'interrogante si rappresenta quanto segue anche sulla base di quanto comunicato dall'ISVAP.
I servizi assicurativi sono stati liberalizzati in Italia dal 1o luglio 1994 con il decreto legislativo 17 marzo 1995 n. 175, con il quale è stata recepita la direttiva 92/49/CEE.
Nei Paesi dell'Unione europea pertanto, non sono più possibili interventi autoritativi sulle tariffe dei servizi assicurativi, ma il contenimento delle stesse è perseguibile solo assicurando concorrenza e trasparenza al mercato e ponendo il consumatore in grado di operare la scelta più conveniente.
A tale fine, la legge 5 marzo 2001, n. 57 recante: «Disposizioni in materia di apertura e regolazione dei mercati» ha stabilito, all'articolo 4, comma terzo, che: «L'assicuratore non può subordinare la stipula di una polizza RC auto alla stipula di ulteriori contratti assicurativi», rendendo così libero il cittadino di assicurare il proprio automezzo, contro il rischio di furto e incendio con una compagnia diversa da quella con la quale intende assicurarsi per responsabilità civile.
Per quanto concerne inoltre la tutela del consumatore in relazione agli aumenti delle tariffe RC Auto, si precisa che la legge 12 dicembre 2002, n. 273, concernente misure per favorire l'iniziativa privata e lo sviluppo della concorrenza, contiene specifiche disposizioni in materia di RC Auto.
Tali norme, come è noto, hanno anche la finalità del contenimento del costo delle tariffe RC Auto e di un migliore funzionamento del settore.
Infatti le nuove disposizioni introducono la figura professionale dell'attuario incaricato della determinazione dei premi e delle riserve tecniche relativi al ramo RC Auto, a tutela della congruità tecnica degli stessi.
Le nuove norme inoltre istituiscono presso il ministero un comitato di esperti in materia di RC Auto con il compito di osservare l'andamento degli incrementi tariffari e viene anche data una maggiore trasparenza ai servizi assicurativi migliorandone l'informativa all'utenza. È anche variata la procedura relativa alle modalità di risarcimento del danno, viene introdotto il reato di frode in assicurazione e maggiormente disciplinata l'elusione dell'obbligo a contrarre da parte delle imprese di assicurazione.


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È plausibile ritenere che l'introduzione delle suddette iniziative, riguardanti l'assicurazione per responsabilità civile, si riflettano positivamente anche per il ramo dell' assicurazione contro il furto.
I dati citati nell'interrogazione parlamentare in questione riguardano tutto il parco circolante italiano rispetto al quale viene calcolata la frequenza sinistri sulla base del numero di auto rubate nell'anno. Secondo una stima di mercato riportata dall'Istituto soltanto il 25 per cento circa dei veicoli assicurati per la RC Auto è coperto da garanzia furto.
Appare, pertanto, evidente che è rispetto a tale percentuale, e non al parco circolante nel suo insieme, che dovrebbe essere correttamente calcolata la frequenza dei sinistri di cui trattasi. È infatti ragionevole ritenere che nella suddetta percentuale dei veicoli assicurati con la garanzia furto si concentrino i veicoli di maggior valore, più esposti, in quanto tali, al rischio di essere rubati e pertanto la frequenza dei sinistri furto rispetto a detti sinistri furto rispetto a detti veicoli assicurati è da ritenere certamente ben più elevata di quella riscontrabile relativamente all'intero parco circolante, composto anche di auto vecchie o non «appetibili».
Anche se si disponesse della frequenza sinistri nazionale correttamente calcolata sulle basi sopra dette, questa dovrebbe poi tener conto della rilevante diversità del rischio in questione in relazione alle diverse zone territoriali ed ai diversi tipi di veicoli.
Infatti, il premio varia notevolmente in ragione del tipo di veicolo garantito. Alcuni tipi di veicoli risultano maggiormente soggetti al rischio furto. Il rischio inoltre è assai più elevato in alcune zone territoriali quali in particolare le grandi aree urbane.
Un altro elemento del quale non tengono conto i dati statistici riportati nell'interrogazione è rappresentato dal fatto che la garanzia contro il furto dei veicoli copre sia il furto totale (sottrazione dell'intero veicolo) sia quello parziale (sottrazione di parti del veicolo) oltre ai danneggiamenti provocati ai veicoli per tentativi di furto non riusciti.
Tali ultime due ipotesi sono più del triplo dei casi di furto totale ed influenzano anch'esse il livello di frequenza.
In particolare, nel caso di veicoli rubati e poi ritrovati, la maggior parte di questi risulta danneggiata e dà luogo, a seconda dei casi, o a indennizzi parziali (qualora il veicolo venga ritrovato prima del pagamento dell'indennizzo) o a recuperi da parte dell'assicuratore di beni che hanno subito una svalutazione rispetto al valore commerciale prima del sinistro riconosciuto all'assicurato che ha ricevuto l'indennizzo. Pertanto, anche i veicoli ritrovati, comportando indennizzi, incidono sulla frequenza.
Per quanto concerne il livello dei premi richiesti dal mercato per tale garanzia, l'ISVAP segnala che l'andamento della raccolta premi del ramo corpi di veicoli terrestri, nell'anno 2001 ha registrato un aumento di circa il 5 per cento. Tuttavia, tale dato, secondo l'Istituto, deve tener conto sia dell'aumento del parco circolante, che ha subito nel 2001 un incremento del 3 per cento sia dell'aumento del valore dei veicoli.
Infine si fa presente che, come rilevato dallo stesso interrogante, esiste sul mercato una notevole diversificazione delle tariffe praticate e il consumatore può effettuare utili raffronti per individuare l'operatore che pratica, in relazione al rischio da coprire, un premio più vantaggioso. Pertanto, un ruolo più attivo dei consumatori al riguardo ed una maggiore mobilità del portafoglio contribuirebbero ad accrescere il livello di concorrenza tra le imprese a tutto vantaggio dell'utenza.
Il Sottosegretario di Stato per le attività produttive: Mario Carlo Maurizio Valducci.

NESI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
se siano a conoscenza degli episodi - crescenti per numero e per gravità - di minacce, vessazioni, umiliazioni e ricatti da parte di gruppi di scolari delle scuole elementari e di studenti delle scuole medie, contro loro compagni deboli e isolati -:
se non ritengano che questi episodi siano indicazioni di una cultura della


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violenza come metodo di vita e del clan come strumento di piccolo e ridicolo potere, che stanno guastando le coscienze fin dalla prima giovinezza;
se non ritengano di dover adottare iniziative normative che consentano di affrontare queste manifestazioni di squallida vigliaccheria con la massima severità, considerandoli reati veri e propri, senza consentire che prevalga il facile e pericolo buonismo, che tende a considerarle «ragazzate».
(4-04567)

Risposta. - Si risponde all'interrogazione parlamentare in discorso anche a nome del Ministero dell'interno.
Sia questo ministero che il ministero dell'interno sono a conoscenza di episodi di minacce e di vessazioni nelle scuole elementari e medie perpetrate da gruppi di scolari contro compagni più deboli. Si tratta molto spesso di episodi che pur manifestandosi sotto forma di violenza psicologica e verbale, sono legati a particolari situazioni sociali, personali, familiari.
Il fenomeno delle così dette
baby gang, bande di minorenni che cercano una affermazione nel panorama criminale, apparso inizialmente nel nord del Paese e che si sta diffondendo anche nelle regioni del sud, è seguito con particolare attenzione dalle forze di polizia che hanno ripetutamente effettuato specifiche operazioni di contrasto.
Anche da parte di questo ministero viva è l'attenzione per le problematiche del bullismo ed in genere per tutti i fenomeni che denunciano una qualche forma di disagio dei giovani e tutte le azioni intraprese sono volte a sviluppare quello «spirito di appartenenza» da cui nasce l'alleanza tra i giovani e la comunità che li educa e li fa crescere.
Tenuto conto che spesso il complesso fenomeno del disagio giovanile è imputabile al clima relazionale non positivo che coinvolge le famiglie, la scuola, e più in generale il livello di convivenza civile, la scelta di questo Ministero di interventi differenziati e mirati, integrati sul territorio è prioritariamente finalizzata alla realizzazione di specifici progetti nazionali volti:
a) alla promozione della salute nella sua ampia accezione;
b) alla condivisione con i genitori e con gli studenti delle scelte educative e del percorso formativo;
c) alla promozione di progetti di volontariato nelle scuole che vedano protagonisti i giovani e le altre componenti sociali del territorio;
d) a rafforzare gli interventi di integrazione sociale rivolti ad una efficace accoglienza dei minori (in particolare, immigrati, disabili, emarginati);
e) ad incoraggiare l'attività fisica e sportiva come strumento di coesione sociale;
f) alla creazione di luoghi e momenti di aggregazione per il superamento delle difficoltà personali e sociali che impediscono la realizzazione della persona ed il raggiungimento della piena integrazione e della cittadinanza attiva.

I contenuti del disegno di legge di riforma della scuola e le «Indicazioni nazionali per i piani di Studio Personalizzati» attualmente in sperimentazione nella scuola dell'infanzia e primaria, parlano espressamente di «Educazione alla Convivenza Civile» che è l'insieme delle educazioni alla salute, all'affettività, alla cittadinanza, all'ambiente ed educazione alimentare ma che è soprattutto «la condizione ed il fine di tutta l'esperienza scolastica». Tale educazione, unitamente ad un forte coinvolgimento delle famiglie, diventa uno strumento con cui agire nell'ambito della prevenzione delle forme di devianza e di disagio espresse dai fenomeni di violenza.
Il Sottosegretario di Stato per l'istruzione, per l'università e per la ricerca: Valentina Aprea.

NICOTRA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere:
quali iniziative intenda assumere per far fronte alla grave carenza di personale amministrativo esistente nei Tribunali e negli uffici dei giudici di pace;


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se, in particolare, è a conoscenza del fatto che per far fronte alla nuova organizzazione del processo penale recentemente entrato in vigore con la competenza del giudice di pace, a Roma è stato sottratto personale all'ufficio del giudice di pace civile per destinarlo al penale, creando così una situazione di paralisi degli uffici;
se non intenda affrontare tali carenze autorizzando un congruo numero di assunzioni a contratto, della durata biennale, delegando i capi degli uffici giudiziari (Presidente Tribunali, Procuratore della Repubblica, Giudice di Pace) ad effettuare tali contratti.
(4-04330)

Risposta. - Con P.D.G. 5 ottobre 2000, in attuazione della legge 24 novembre 1999, n. 468, sono stati indetti due bandi di concorso riservati ai messi di conciliazione non dipendenti comunali, rispettivamente per 50 posti di operatore giudiziario B1 e per 320 posti di ausiliario A1.
L'espletamento dei suddetti concorsi si è concluso a fine anno 2001 e la pubblicazione delle graduatorie è avvenuta il 15 aprile 2002.
Il decreto del Presidente della Repubblica 13 dicembre 2002 di autorizzazione all'assunzione dei vincitori dei concorsi in parola, per i quali si è proceduto entro il 31 dicembre 2002 alla stipula dei relativi contratti, è stato registrato dalla Corte dei conti in data 14 gennaio 2003 e pubblicato sulla
Gazzetta Ufficiale n. 52 del 4 marzo 2003.
Si fa infine presente che gli interessati sono stati invitati ad assumere servizio il 10 aprile 2003.
Si rappresenta, inoltre, che con circolare in data 3 febbraio 2003, sono state autorizzate le assunzioni a tempo determinato per il corrente anno, ai sensi del decreto legislativo del 6 settembre 2001, n. 368.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.

OLIVERIO e MANCINI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
il 22 luglio 1999 il Tar della Calabria ha accolto la richiesta di sospensiva avanzata da un comitato di cittadini contro l'edificazione, da parte dell'Omnitel Pronto Italia, di una stazione radio mobile su «Colle Triglio», una delle sette colline che circonda la città vecchia di Cosenza;
la sovrintendenza di Cosenza ha di nuovo concesso un altro nulla osta con il quale Omnitel Vodafone ha ottenuto il permesso edilizio di costruire una stazione radio di telefonia mobile sulla medesima area;
la decisione della sovrintendenza di Cosenza, oltre ad essere in contrasto con la decisione del Tar della Calabria e con la legge n. 1497 del 22 giugno 1939 ed il decreto ministeriale del 15 luglio 1969 che elenca località ed ambiti di cui si prevede la tutela ambientale e paesaggistica, appare anche in contrasto con il recente decreto legislativo del 4 settembre 2002 n. 198 «Disposizioni volte ad accelerare la realizzazione di infrastrutture di telecomunicazioni strategiche...» che ha tra gli obiettivi «Assicurare che la realizzazione delle infrastrutture sia coerente con la tutela dell'ambiente e della salute...» e tiene ben «ferme le disposizioni a tutela dei beni ambientali e culturali»;
il nulla osta consente di ferire irrimediabilmente un'aerea dichiarata di notevole interesse pubblico ai sensi dell'articolo 1, lettera a), della legge 431 del 1985;
il nulla osta è in palese contrasto con il diniego attraverso il quale il 1997 il ministero dei beni culturali ed ambientali ha annullato un provvedimento della provincia di Cosenza, considerato che l'intervento proposto dalla Omnitel Pronto Italia «si collocava in un'aerea di primario interesse paesaggistico caratterizzata da quadri naturali di incomparabile bellezza attualmente sgombra da manufatti e, quindi, bisognevole di adeguata salvaguardia che ne eviti trasformazioni di tipo permanente non compatibili con le esigenze di tutela dell'area stessa» -:
quali iniziative intenda assumere affinché sia rivista la decisione della sovrintendenza


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di Cosenza e la realizzazione di una stazione radiomobile in una zona di particolare interesse paesaggistico, ambientale e storico in una città come Cosenza che in questi anni sta conoscendo la riscoperta e l'importanza del valore della sua parte antica.
(4-04083)

Risposta. - In ordine all'interrogazione parlamentare in discorso, interpellati gli uffici competenti, si rappresenta quanto segue.
Come è noto, sul Colle Triglio, nonché su gran parte del territorio cosentino, grava un vincolo di natura ambientale stabilito con decreto ministeriale del 15 luglio 1969.
La soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio della Calabria osserva come tale condizione non sia da considerare inibitoria ai fini di eventuali intenti costruttivi, bensì tutoria dell'assetto territoriale, in quanto obbliga ad una valutazione oggettiva degli interventi da realizzare in relazione al tipo di impatto ambientale che ne potrebbe derivare.
A tal riguardo, l'interrogante riferisce di un evento pregresso riguardante l'installazione di una stazione radio base per telefonia mobile, ad opera della impresa Omnitel Pronto Italia S.p.a.
In tale occasione la Soprintendenza ha provveduto a far sospendere i lavori, poiché, nel corso di un sopralluogo effettuato in corso d'opera, ha potuto riscontrare difformità tra quanto si stava realizzando e le previsioni progettuali, oggetto di particolari e dettagliate prescrizioni in sede di autorizzazione, in relazione alla vicinanza di taluni fabbricati.
Ne risulta che l'intervento del suddetto Ufficio non è stato determinato da una revisione del nulla-osta su richiesta del «Comitato d'iniziativa di quartiere» ricorrente costituito dagli abitanti della zona.
A seguito di quanto sopra esposto, l'impresa Omnitel Pronto Italia S.p.A. ha proposto la localizzazione di un'altra stazione radio base per telefonia mobile esterna al centro abitato, in un sito ubicato oltre la Superstrada silana-crotonese, che divide l'insediamento abitativo avente caratteri di leggibilità storica dal settore collinare con vocazione agricola e segnato da rade abitazioni.
Si evidenzia che detto impianto è costituito da un armadio su carrello, un palo di otto metri ed una recinzione perimetrale per la protezione dell'area, che delimita una superficie complessiva pari a circa trenta metri quadrati.
Pertanto, la Soprintendenza ha ritenuto che l'opera assentita non rappresentasse un elemento di disturbo nel contesto paesaggistico, giacché la realtà ambientale risulta, di fatto, già antropizzata e limitrofa ad aree urbanizzate.
Peraltro, nello stesso sito sono presenti elementi consimili, quali linee aeree su pali e tralicci, di incidenza visiva e di ingombro sicuramente superiore a quello rappresentato dal manufatto in argomento, la cui limitata consistenza è tale da non poterlo ritenere elemento emergente.
Si ritiene, infine, che le preoccupazioni diffuse in relazione alla realizzazione dell'opera siano da ricercare principalmente nella possibilità di eventuali danni alla salute derivanti dall'emissione di microonde prodotte dagli impianti in argomento.
Il Ministro per i beni e le attività culturali: Giuliano Urbani.

ONNIS. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
da notizie pubblicate recentemente sulla stampa periodica, e segnatamente sulla rivista Limes, si è appreso che l'Italia destinerebbe una ragguardevole somma di denaro per l'assistenza militare dello Stato di Malta;
da oltre trent'anni, infatti, cinquanta ufficiali e sottufficiali italiani - secondo un sistema di turnazione triennale e con l'ausilio di due elicotteri e un centinaio di veicoli militari - si avvicendano nell'isola per garantire l'assistenza di 1.700 soldati maltesi;
il costo della missione impegna ogni anno oltre 3 milioni di euro, escluso il valore dei materiali impiegati e dei relativi ricambi;


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ad avviso dell'interrogante, tale spesa, già di per sé ingente, non si rivela funzionale ad attuali strategie militari o ad esigenze di stampo economico-sociale, ed appare ancor più ingiustificata alla luce dei tagli delle spese dei vari ministeri che il Governo sta operando -:
se quanto sopra rappresentato corrisponda a verità e in caso affermativo quali ragioni giustifichino l'esborso di denaro pubblico a favore dello Stato di Malta;
se non ritenga di dover assumere immediate iniziative volte al fine di interrompere l'erogazione di denaro pubblico ad un paese estero.
(4-04791)

Risposta. - La collaborazione delle Forze armate italiane con la Repubblica di Malta fu avviata il 1o agosto 1973, con l'istituzione della missione di cooperazione tecnica e militare, a seguito della richiesta maltese di assistenza nel settore dell'addestramento di effettivi delle proprie Forze armate e di consulenza e di appoggio nel settore di importanti progetti infrastrutturale.
Da allora, tale collaborazione ha subito solo un'interruzione, tra marzo 1979 e luglio 1981, su richiesta del Governo maltese.
Dal 1988, a seguito della firma di un protocollo d'intesa, tale cooperazione prosegue con la missione italiana di assistenza tecnico militare (MIATM), basata su un organico di 49 militari specializzati (14 Ufficiali e 35 Sottufficiali), sotto il comando di un colonnello dell'esercito, e vari mezzi ruotati e speciali, tra cui elicotteri per la ricerca e soccorso nelle ore notturne.
Di recente, è entrato a far parte dell'organico della missione anche personale delle capitanerie di porto, con il compito di fornire assistenza alle Autorità maltesi nell'adeguamento della normativa nazionale relativa allo specifico settore e alle disposizioni degli organismi marittimi internazionali, alle quali Malta non aveva aderito.
La MIATM fornisce assistenza, consulenza e concorso di mezzi per l'addestramento, la logistica, le attività navali, le attività proprie delle capitanerie di porto e il servizio di ricerca e soccorso. Al riguardo, di particolare rilievo è l'assistenza tecnica fornita a sostegno dell'impegno maltese a favore delle «Helsinki Headline Goals», finalizzato a disporre di un plotone, con relativi rimpiazzi per l'avvicendamento in teatro, da inserire in un reparto italiano impegnato in un'operazione a supporto della pace.
Inoltre, la missione costituisce il tramite con gli stati maggiori delle Forze armate nazionali per la formazione di ufficiali maltesi in Italia. Gli Ufficiali che hanno seguito tale forma di addestramento oggi ricoprono ruoli importanti nell'ambito delle Forze armate maltesi.
Anche sul piano dell'assistenza civile, il contributo della missione italiana risulta molto apprezzato, in quanto sono state messe a disposizione attrezzature e fornita consulenza a varie Amministrazioni statali maltesi per la realizzazione di importanti progetti, tra cui la costruzione della pista principale dell'aeroporto, di strade, di impianti per la conservazione di acqua piovana e di reti di telecomunicazione.
In sostanza, la cooperazione con Malta, avviata per realizzare un rapporto più stretto con le Forze armate maltesi, nel delicato periodo successivo all'accordo del 1980 che garantisce la neutralità di quella Repubblica, ha assunto, nel tempo, un carattere di primaria importanza ai fini delle relazioni tra i due Paesi.
Il Governo ha interesse a mantenere tali relazioni, in quanto, pur essendo cambiate le condizioni geopolitiche caratteristiche dell'epoca della «guerra fredda», Malta rimane un Paese strategicamente importante nel bacino del Mediterraneo, soprattutto se si pensa ai nuovi fattori di rischio rappresentati dai flussi migratori clandestini, dal traffico di armi e di droga, dalle armi di distruzione di massa, dal fondamentalismo religioso e dalle rivalità nazionalistiche ed etniche.
Occorre considerare, al riguardo, che il porto commerciale maltese opera in regime di porto franco ed in condizioni di limitati controlli su carichi e su destinazione degli stessi. Ciò non può che rafforzare l'interesse


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italiano ad avere nella vicina Malta un Paese stabile ed amico.
Alla luce di quanto illustrato, non si ravvisa alcuna ragione per interrompere la cooperazione in atto, semmai, si potrà valutare la possibilità di ridurre il numero di mezzi speciali del genio assegnati alla MIATM, qualora alcuni di essi risultassero sottoimpiegati.
Il Ministro della difesa: Antonio Martino.

PASETTO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
da quanto si apprende dagli organi di stampa l'assemblea del personale del tribunale ordinario di Tivoli ha proclamato lo stato di agitazione;
le cause che hanno portato i dipendenti di tale tribunale a tale proclamazione derivano dall'eccessivo carico di lavoro che è stato registrato nell'ultimo anno. Da quanto riportato, dal primo ottobre del 2001 è stato registrato un aumento, rispetto al 2000, del carico di lavoro pari al 187,3 per cento;
un tale sovraccarico di lavoro è determinato sia dall'ampiezza dell'area di competenza del tribunale, appartengono ad esso la città di Tivoli, Palestrina, Castelnuovo di Porto e ben altri 79 comuni, ma anche dal fatto che l'area in questione è sempre più assorbita dall'area metropolitana romana la quale è in parte responsabile dell'incremento dei reati penali che è stato registrato nella zona di competenza del tribunale;
l'elevato numero di procedimenti penali effettuati e le nuove competenze che sono state attribuite ai vari uffici hanno fatto sì che l'attuale numero del personale presente nei vari uffici, 40 dipendenti, è insufficiente a garantire un servizio funzionale efficace ed efficiente -:
quali iniziative abbia preso o intenda prendere per far sì che si verifichino le condizioni per procedere all'incremento del personale e consentire che il carico del lavoro dei suddetti uffici venga distribuito equamente e in misura adeguate al personale presente.
(4-02742)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione indicata in oggetto concernente il Tribunale di Tivoli, si rappresenta quanto segue.
Per quanto riguarda il personale di magistratura, la relativa pianta organica, determinata con decreto ministeriale 7 aprile 2000, consisteva in complessive 11 unità (un presidente e 10 giudici). Con il decreto citato si è provveduto inoltre a fissare la consistenza organica necessaria all'esito della piena operatività della riforma operata dal decreto legislativo n. 491 del 1999, in considerazione del graduale incremento del carico di lavoro dell'ufficio conseguente all'ampliamento della rispettiva competenza territoriale. La seguente tabella riporta la pianta organica così determinata:
Tribunale di Tivoli - Personale di magistratura: 23 unità, di cui 1 presidente, 2 presidenti di sezione e 20 giudici.

La legge 13 febbraio 2001, n. 48 ha disposto l'aumento del ruolo organico del personale di magistratura per complessive 1.000 unità. Il contingente verrà ripartito in fasi successive, attuate prima dello svolgimento della prova scritta di ciascuno dei tre concorsi banditi ai sensi dell'articolo 18 della stessa legge. Il primo intervento di ripartizione, effettuato con decreto ministeriale 23 gennaio 2003, ha previsto l'assegnazione, presso il tribunale di Tivoli, di un posto di presidente di sezione e tre posti di giudice, procrastinando ai successivi interventi di ripartizione l'integrale realizzazione dell'assetto sopra illustrato.
Per quanto riguarda il personale amministrativo, si evidenzia che con decreto ministeriale 25 gennaio 2002 è stato istituito nel predetto ufficio il ruolo organico di dirigente per il quale è in corso il provvedimento di nomina del titolare.
La pianta organica dell'ufficio in esame, a seguito dell'ampliamento appena citato, consta di complessive 45 unità, alle quali vanno aggiunti i 27 posti che costituiscono l'organico del personale dell'ufficio notifiche.


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La tabella che segue illustra nello specifico la situazione innanzi sinteticamente esposta:
Tribunale di Tivoli - Personale delle cancellerie e segreterie giudiziarie: 1 dirigente, 1 direttore di cancelleria (fascia economica C3), 2 cancellieri (fascia economica C2), 6 cancellieri (fascia economica C1), 7 cancellieri (fascia economica B3), 14 operatori giudiziari (fascia economica B2), 4 operatori giudiziari (fascia economica B1), 5 ausiliari-autisti (fascia economica B1), 1 ausiliario (fascia economica B1), e 4 ausiliari (fascia economica A1), per un totale di 45 unità;
Personale dell'ufficio notifiche, esecuzioni e protesti: 1 ufficiale giudiziario (fascia economica C3), 4 ufficiali giudiziari (fascia economica C2), 8 ufficiali giudiziari (fascia economica C1), 7 ufficiali giudiziari (fascia economica B3) e 7 operatori giudiziari (fascia economica B2), per complessive 27 unità.

Si aggiunge che presso il tribunale in esame risultano presenti 44 unità delle 45 previste in organico, con una scopertura dell'ufficio pari al 2,22 per cento a fronte di una scopertura nel distretto pari al 9,77 per cento ed a quella nazionale dell'11,89 per cento.
Prestano inoltre servizio, non conteggiate nell'organico, 1 unità comandata da altra amministrazione e 2 unità, in posizione di distacco, provenienti da altri uffici.
Da quanto sopra illustrato si evince che nell'ufficio in questione risultano 2 unità in soprannumero.
L'ufficio N.E.P., delle 27 unità previste in organico, ne ha presenti 24, con una scopertura pari al 7,40 per cento, a fronte di una scopertura nel distretto pari al 13,91 per cento ed a quella nazionale del 21,55 per cento.
Sono peraltro in uscita 2 ufficiali giudiziari C1 ed un ufficiale giudiziario B3.
Per far fronte ad esigenze urgenti di funzionalità dell'Ufficio il presidente della corte di appello di Roma potrà ricorrere all'istituto dell'applicazione distrettuale.
Appare, inoltre, opportuno sottolineare che con i decreti del Presidente del Consiglio dei ministri 4 ottobre 2000 e 8 febbraio 2001 le dotazioni organiche complessive dell'Amministrazione giudiziaria sono state ridefinite in conformità del nuovo ordinamento professionale delineato dal contratto collettivo integrativo sottoscritto in data 5 aprile 2000.
Con tali provvedimenti, in conformità dei vincoli fissati dalla vigente normativa in materia, le dotazioni organiche del personale addetto alle cancellerie e segreterie giudiziarie sono state ridotte per complessive 1.045 unità.
Con i decreti ministeriali 30 dicembre 2000 e 6 aprile 2001, in attuazione dei citati decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, la dotazione organica complessiva è stata quindi ripartita tra le singole strutture centrali e periferiche dell'amministrazione in funzione delle rispettive necessità operative, quali risultanti dall'indagine statistica condotta in ordine ai rispettivi carichi di lavoro.
Una ulteriore riduzione della dotazione organica, di consistenza pari a complessive 230 unità, è stata successivamente operata con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 20 dicembre 2001, in attuazione del decreto legislativo n. 37 del 2000 (Istituzione del ruolo organico del personale amministrativo della segreteria e dell'ufficio studi e documentazione del Consiglio superiore della magistratura).
Con decreto ministeriale 2 agosto 2002 (pubblicato nel bollettino ufficiale del ministero della giustizia n. 22 del 30 novembre 2002) si è, quindi, provveduto a rideterminare le piante organiche dei singoli uffici giudiziari in conformità alla mutata consistenza dei contingenti complessivi fissati per ciascuna figura professionale e posizione economica. Il tribunale di Tivoli, a fronte di quest'ultima variazione del contingente complessivo, non ha subito riduzioni.

Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.


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PECORARO SCANIO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
la trasmissione televisiva «Striscia la notizia» ha documentato, nella puntata del 2 ottobre 2001, che a Statte, in provincia di Taranto, da oltre 10 anni si trova un deposito con circa 30 mila fusti contenenti sostanze radioattive;
secondo gli esperti la durata delle emissioni radioattive delle sostanze contenute nei fusti non dovrebbe essere inferiore a 7.000 anni;
le condizioni di stoccaggio dei fusti sono piuttosto preoccupanti poiché molti di essi presentano vistosi segni di deterioramento dovuto all'ossidazione e il deposito è facilmente accessibile;
l'eventuale fuoriuscita delle sostanze tossiche dai fusti comporterebbe gravi rischi ambientali e sanitari per un raggio di oltre 50 chilometri, coinvolgendo, oltre al comune di Statte, anche la città di Taranto -:
se i ministri interrogati siano a conoscenza di quanto riportato;
quali provvedimenti intendano prendere per garantire la tutela della salute dei cittadini che abitano nella zona interessata;
se il Ministro dell'ambiente non ritenga di dover attivare l'Agenzia Nazionale per la Protezione dell'Ambiente e l'ARPA della regione Puglia al fine di potenziare il monitoraggio ed i controlli sulle attività che comportano così gravi rischi per la sicurezza ambientale;
in che tempi il Ministro dell'ambiente intenda assumere le necessarie iniziative per effettuare la completa bonifica del deposito, attraverso la rimozione dei fusti ed il corretto trattamento delle sostanze pericolose in essi contenute.
(4-00878)

Risposta. - Sulla scorta delle informazioni avute dall'ARPA Puglia, occorre innanzitutto premettere che la struttura in questione, ubicata nel comune di Statte (Taranto), località Contrada Vocchiaro, in cui risultavano stoccati ingenti quantità di rifiuti radioattivi e rifiuti pericolosi, è sotto sequestro giudiziario, dal 4 luglio 2000, a seguito del provvedimento del Gip del locale tribunale; a carico della ditta proprietaria risulta, inoltre, pendente un'istanza di fallimento.
Secondo quanto comunicato dalla predetta agenzia, è in atto la messa in sicurezza di emergenza del sito, articolata nel seguente modo:
a) riconfezionamento dei fusti metallici (circa 120 unità) e delle 16 casse metalliche giacenti nell'area retrostante il capannone, dei fusti localizzati all'interno del box in lamiera posto in prossimità del confine ad est e smaltimento di tutti i contenitori vuoti e svuotati, in condizioni di sicurezza per la tutela ambientale e la salute ed igiene degli operatori;
b) caratterizzazione dei suddetti rifiuti al fine della classificazione per il successivo smaltimento;
c) smaltimento, previa caratterizzazione, di 8 cisterne in plastica, 10 cisterne metalliche, 2 cisterne cilindriche in plastica sistemate all'interno di una vasca di contenimento, tutte ubicate presso l'ingresso dell'area;
d) trasporto e smaltimento di tutti i rifiuti riconfezionati di cui sopra e dei fusti vuoti e svuotati;
e) messa in sicurezza in loco, attraverso stoccaggio temporaneo, dei rifiuti riconfezionati. Smaltimento di tutti i fusti vuoti e svuotati.

Da quanto sopra evidenziato, la situazione appare seguita attentamente dalle autorità locali che stanno provvedendo alla messa in sicurezza dell'area in questione.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio: Altero Matteoli.


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PECORARO SCANIO. - Al Ministro delle attività produttive. - Per sapere - premesso che:
nel gennaio 2001 il ministero delle attività produttive avrebbe costituito, d'intesa con le associazioni dei consumatori, una commissione che avrebbe dovuto vigilare sugli eventuali aumenti dovuti al change over della lira con l'euro;
risulta che la Commissione non abbia svolto praticamente alcuna azione;
da tutte le indagini fatte dalle facoltà universitarie e dalle associazioni dei consumatori emerge negli ultimi mesi un tasso d'inflazione reale ben oltre il 4 per cento, di gran lunga, quindi, superiore al tasso d'inflazione ufficializzato dal Governo;
per molti prodotti i cittadini assistono ad uno sbalzo enorme dei prezzi reali fino al 50 per cento in più;
il cosiddetto paniere dei beni predisposto dall'Istat si rivela non più attendibile;
la rilevazione sul territorio affidata ai comuni si dimostra sempre più inadeguata;
evidentemente il ministero delle attività produttive è totalmente distante dalla vita quotidiana degli italiani;
il Ministro dovrebbe, invece, personalmente recarsi in alcune città italiane a fare la spesa, a mangiare in qualche ristorante o pizzeria, a soggiornare in albergo, verificando se davvero, rispetto allo scorso anno, si siano verificati tali aumenti -:
per quale motivo il ministero delle attività produttive non abbia rispettato gli impegni presi con le associazioni dei consumatori in relazione all'attività della citata commissione;
quali iniziative il Governo intenda assumere d'intesa con l'Istat, coinvolgendo i consumatori, per rendere credibile il paniere dei beni ed il sistema di rilevazione sul territorio.
(4-03716)

Risposta. - La stabilità dei prezzi è stata costantemente al centro dell'attenzione del ministero delle attività produttive, per il paventato rischio che il passaggio dalla lira all'euro potesse rappresentare, per alcune categorie produttive, l'occasione per un ritocco al rialzo dei prezzi dei beni e dei servizi.
Al fine di assicurare un corretto
change over ed una facile familiarizzazione dei consumatori con i prezzi espressi in euro, gli attori istituzionali e le categorie interessate si sono attivate affinché la conversione dei prezzi avvenisse secondo le regole fissate dalla normativa comunitaria nonché secondo le indicazioni della raccomandazione del 23 aprile 1998 della commissione dell'Unione europea che ha dettato istruzioni per la doppia indicazione dei prezzi nel periodo transitorio dalla lira all'euro (1o gennaio 1999-31 dicembre 2002).
Ciò ha determinato in campo nazionale la promozione di accordi di autoregolamentazione, la previsione di strumenti di controllo e di monitoraggio ed altre attività di informazione ai consumatori.
In particolare, per quanto concerne gli interventi di competenza del ministero delle attività produttive, si segnala che:
a) su iniziativa del MAP in data 7 dicembre 2001 è stato siglato, da parte del consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti (C.N.C.U), e da associazioni del commercio e della distribuzione, un Protocollo d'intesa con l'obiettivo di assicurare, nella fase di change-over e per il periodo di doppia circolazione, comportamenti trasparenti e corretti tali, da evitare artificiosi fenomeni di arrotondamento dei prezzi al rialzo;
b) un ulteriore accordo è stato siglato dalle imprese industriali e commerciali che aderiscono al comitato Euro promosso da Indicod (associazione che raggruppa oltre 26.000 imprese dell'industria e della distribuzione dei beni di largo consumo), con l'impegno ad operare con la massima attenzione per mantenere la stabilità dei listini e quindi dei prezzi di vendita al pubblico per cinque mesi (dal 1o novembre 2001 al 31 marzo 2002);


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c) è stata trasmessa, con la collaborazione dell'Unioncamere, una circolare alle camere di commercio volta ad una rilevazione dei rincari dei prezzi che risultassero artificiosi e a mantenere desta l'attenzione degli operatori e delle istituzioni sull'andamento del mercato;
d) a seguito del forte incremento dei prezzi ortofrutticoli, è stato costituito, su iniziativa del ministero delle politiche agricole e forestali, d'intesa con il ministero delle attività produttive, un osservatorio prezzi della filiera ortofrutticola, che diffonde settimanalmente, attraverso i rispettivi siti web e grazie alla collaborazione con Infomercati, le rilevazioni sui principali prodotti nei più importanti mercati nazionali all'ingrosso;
e) con decreto ministeriale 2 gennaio 2003, il Ministro delle attività produttive ha istituito presso la direzione generale per l'armonizzazione del mercato e la tutela dei consumatori il «Comitato tecnico per il monitoraggio dei prezzi dei beni e servizi di largo e generale consumo», con il compito di effettuare una rilevazione ed analisi sistematica del mercato, un monitoraggio sull'andamento dei prezzi in tutte le fasi della filiera produttiva, e di promuovere eventuali accordi con amministrazione enti territoriali ed organismi pubblici, al fine di favorire azioni ed interventi atti ad incoraggiare la trasparenza nel processo di formazione dei prezzi, il corretto funzionamento del mercato e la cultura della «autotutela» dei consumatori.

Per quanto concerne invece il calcolo del costo della vita, si fa presente che nel nostro Paese il tasso d'inflazione è rilevato tramite l'Indice generale dei prezzi al consumo per l'intera collettività nazionale (NIC), elaborato dall'ISTAT, che utilizza criteri statistici basati su una metodologia e principi concordati in sede internazionale e sanciti da Regolamenti comunitari.
I dati relativi ai prezzi vengono calcolati su un paniere che, per il 2003, è costituito da 960 prodotti, rappresentativi di 207 voci merceologiche, suddivise a loro volta in 12 capitoli di spesa; i prodotti che fanno capo al paniere vengono rilevati in 81 comuni (20 capoluoghi di regione e 61 capoluoghi di provincia), che rappresentano l'86,9 per cento della popolazione italiana residente. Al fine di adeguare la rilevazione alla evoluzione dei consumi della collettività nazionale, la composizione del paniere viene revisionata alla fine di ogni anno: la revisione per il 2003 è stata particolarmente ampia ed ha portato all'inserimento di 34 nuove posizioni rappresentative e la cancellazione di 21 nonché l'aumento del numero dei prodotti componenti le posizioni rappresentative da 930 dell'anno 2002, agli attuali 960. La determinazione dei coefficienti di ponderazione è effettuata attraverso i dati di Contabilità Nazionale dell'anno precedente e dalle informazioni tratte dalle indagini sui consumi delle famiglie. Il peso di ciascun bene o servizio è determinato come rapporto fra la spesa stimata per quella componente e la spesa totale per i consumi delle famiglie nel periodo considerato come base.
Si ritiene, peraltro, che sui fenomeni inflazionistici, e su quella che viene chiamata «inflazione percepita», intervengano a volte cause di natura differente dalla oggettiva misurazione dei prezzi. Il passaggio all'euro, ad esempio, rende più difficile effettuare confronti nel tempo ed ha, comunque, disorientato i consumatori, spesso portati ad aumentare i consumi per il cosiddetto «effetto spiccioli». Si sono, inoltre, registrati ritocchi nei listini particolarmente accentuati per beni di acquisto più frequente, ma non per questo necessariamente più incidenti sulla spesa complessiva. In terzo luogo, è bene ricordare che la percezione dei consumatori è tale da evidenziare particolarmente gli aumenti e trascurare le diminuzioni.
Il Sottosegretario di Stato per le attività produttive: Giovanni Dell'Elce.

ANTONIO PEPE. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
l'istituzione del corpo nazionale dei vigili del fuoco avvenne con regio decreto-legge


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27 febbraio 1939-XVII, n. 333, mediante l'accorpamento di tutti i corpi provinciali operanti in Italia;
successivamente i componenti il 32 corpo dei vigili del fuoco di Foggia vennero armati per ostacolare eventuali temuti lanci di paracadutisti nemici che, nell'iter operativo militare, potevano essere effettuati sulle città subito dopo i bombardamenti;
l'addestramento alle armi fu curato dagli ufficiali dell'esercito, dai quali essi dipendevano gerarchicamente, nel solo espletamento delle funzioni militari;
il decreto interministeriale del 20 maggio 1935-XIII concernente l'istituzione di distintivi d'onore per i militari feriti, mutilati e deceduti per causa di servizio, includeva anche la concessione dei distintivi d'onore ai vigili che avevano subìto mutilazioni o ferite, riportate per causa di servizio durante la guerra;
il corpo nazionale dei vigili del fuoco non ha mai avuto un ufficio storico che è stato costituito solo da qualche anno, per cui ha avviato l'acquisizione delle frammentarie notizie pervenute dai vari corpi ubicati nei capoluoghi di provincia;
a causa di questo mal funzionamento i funzionari della direzione generale dei vigili del fuoco, privi degli atti dei trascorsi della guerra, si sono limitati a trasmettere le istanze avanzate dai singoli vigili, al ministero della difesa che non ha riconosciuto sia l'avvenuto armamento dei vigili del fuoco, sia la disposta mobilitazione, sia ancora la conseguente militarizzazione, cosicché ai componenti del 32 corpo operanti in Foggia non è stato possibile acquisire la qualifica di combattenti e quindi di fregiarsi della medaglia della II guerra e della croce di guerra;
i vigili del fuoco di Foggia, anche durante gli ultimi eventi bellici, hanno dimostrato di aver sempre mantenute alte le tradizioni del corpo, con privazioni, sacrifici, atti di eroismo -:
se non ritenga necessaria la concessione della medaglia-distintivo della partecipazione all'ultima guerra e soprattutto il riconoscimento di combattenti per l'avvenuta mobilitazione e militarizzazione del 32 corpo dei vigili del fuoco di Foggia, con la dovuta conseguente assegnazione della croce di guerra ai vigili che vi appartennero, dei quali alcuni sono ancora viventi, oltre che allo stesso stendardo del corpo.
(4-04022)

Risposta. - Il conferimento di una insegna al personale dei vigili del fuoco mobilitato ed eventualmente militarizzato per esigenze connesse a conflitti bellici è di stretta competenza del ministero della difesa, al quale compete inoltre il riconoscimento della qualifica di combattente e la concessione di eventuali onorificenze militari.
Si rappresenta che in passato questa amministrazione, favorevole al riconoscimento della qualifica di combattente e all'eventuale assegnazione della croce di guerra ai vigili del fuoco mobilitati durante il periodo bellico, ha inoltrato al ministero della difesa tutte le istanze dei diretti interessati.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Maurizio Balocchi.

PEZZELLA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
nei giorni scorsi, sono stati registrati due gravi incidenti accorsi sul tratto stradale della domiziana, la statale che collega i comuni dell'hinterland napoletano con il litorale;
in entrambi casi, lo schianto ha provocato la morte del conducente;
dai primi sopralluoghi effettuati dai militari dell'arma della compagnia di Mondragone non sono ancora emersi elementi imputabili a colpa o imprudenza dei conducenti;
la scarsa visibilità e la non perfetta aderenza del manto stradale, sarebbero


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stati gli elementi determinanti nella dinamica degli scontri;
tenuto conto di ciò quali iniziative urgenti il Ministro interrogato intenda intraprendere perché le strade non rappresentino più un «veicolo di morte» per chi viaggia -:
come si intendano verificare eventuali negligenze da parte degli organi preposti alla manutenzione del manto stradale.
(4-04356)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in discorso, si comunicano i seguenti elementi di risposta forniti dall'ANAS SpA.
La statale Domiziana, nei tratti in cui si sono verificati gli incidenti citati dall'interrogante, è ad unica carreggiata con due corsie per ogni senso di marcia separate da doppia striscia continua, non presenta carenze manutentorie particolari ed è sottoposta a limitazione della velocità di 50 chilometri orari in corrispondenza di incroci e curve e di 60 chilometri orari in rettilineo, come stabilito da apposita ordinanza n. 21 dell'11 giugno 1996.
Il tratto della suddetta statale tra il chilometro 0+000 ed il chilometro 27+000 e inserito tra gli interventi della legge obiettivo ed è compreso nel programma di attuazione dell'intesa istituzionale Stato-regione. Il progetto preliminare per l'adeguamento della infrastruttura è già stato redatto dai competenti uffici tecnici dell'ANAS.
La società stradale rappresenta, inoltre, che i sinistri avvenuti in data 22 ottobre 2002 al chilometro 22+750 e del 3 novembre 2002 al chilometro 24+800 sono da ricondursi all'inosservanza delle norme del codice della strada da parte dei conducenti degli autoveicoli coinvolti.
Sta di fatto che una maggiore prudenza alla guida dei veicoli costituisce, pertanto, la migliore prevenzione degli incidenti sulla strada, essendo certo che la quasi totalità di essi è purtroppo imputabile a comportamenti pericolosi degli automobilisti.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Ugo Martinat.

PISA e CALZOLAIO. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
dal 20 al 28 ottobre 2002 si svolge a Roma il seminario formativo «Pari opportunità: buone pratiche di comunicazione e gestione» indirizzato a 12 donne di ciascun dei tre paesi maghrebini, Tunisia, Algeria e Marocco - partecipanti al progetto «Azioni positive per i diritti di cittadinanza delle donne e le pari opportunità in Maghreb»;
le partecipanti sono per lo più giovani donne, appartenenti alle organizzazioni sindacali e alle associazioni femminili che nei singoli paesi collaborano al progetto;
il progetto è sovvenzionato dalla Commissione Europea, ha il patrocinio del Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri, la collaborazione della Regione Emilia Romagna, ed è curato e coordinato dell'IMED - Istituto per il Mediterraneo;
l'IMED si è attivato direttamente per l'ottenimento dei visti dando la copertura economica per tutte le spese delle partecipanti;
le Ambasciate in Marocco ed in Algeria hanno concesso, senza problemi, i visti alle persone indicate, mentre l'ufficio, visti dell'Ambasciata italiana in Tunisia ha invece frapposto alla concessione dei dodici visti una serie di problemi, richiedendo numerosi documenti, molti dei quali impossibili da reperire;
alla fine, in data 18 ottobre 2002 sono stati concessi 4 dei 12 visti richiesti motivando il rifiuto con la mancanza di una adeguata copertura sociale o di assenza di una busta paga non tenendo ovviamente conto che le ragazze sono quasi tutte studentesse;
tale comportamento da parte della nostra Ambasciata, ad avviso dell'interrogante, immotivato quanto ingiustificato, ha pesantemente danneggiato la riuscita del


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Seminario, vanificando il lavoro di molti mesi e la credibilità dell'intero progetto;
il Governo stesso esce da questa vicenda evidenziando ancora una volta la scarsa attenzione dimostrata sulle tematiche sociali, la difesa dei diritti delle donne e la pari opportunità, questa volta però, fatto ancora più grave, danneggiando in maniera evidente un progetto di cooperazione transnazionale finanziato dalla Comunità europea -:
se non ritenga che in questo specifico caso il rifiuto sia ingiustificato, sia in relazione alla concessione di tutti i visti da parte delle nostre Ambasciate in Algeria e Marocco, sia alla luce della documentazione fornita dall'ente organizzatore (IMED) e dal motivo specifico del viaggio;
se non si ritenga che in caso di convegni, seminari ed incontri internazionali, promossi da enti o organizzazioni italiane sul nostro territorio, la procedura per la concessione dei visti ai partecipanti possa essere semplificata, nonché, soprattutto uniformata, in modo da evitare che gli invitati di un Stato possano essere immotivatamente discriminati rispetto a quelli provenienti da altri Stati.
(4-04272)

Risposta. - L'ufficio visti della nostra rappresentanza in Tunisi, avuta notizia del seminario di cui all'oggetto nel mese di settembre, si è attivato per facilitare nel rispetto della vigente normativa, la concessione del visto alle partecipanti. Nel corso di ripetuti contatti con gli organizzatori, si era convenuto che, proprio alla luce dell'importanza che rivestono le tematiche della condizione femminile, le richiedenti venissero ricevute direttamente allo sportello riservato alle delegazioni ufficiali, evitando loro quindi gli inconvenienti legati all'imponente afflusso di pubblico che registra l'ufficio sopracitato e che si traducono, spesso, nonostante gli sforzi e l'impegno del personale in servizio, in rilevanti tempi d'attesa.
Nella stessa ottica sono state più volte fornite sia a loro che agli organizzatori precise informazioni sulla procedura da seguire e sulla documentazione da produrre per ottenere il tempestivo rilascio del visto.
Ciò nonostante, alcune partecipanti, che comunque hanno potuto beneficiare in loco di un processo formativo di alcuni mesi, grazie al progetto in argomento, non hanno prodotto la documentazione necessaria e hanno anzi preferito ritirare la domanda di visto.
In relazione all'ultimo punto sollevato dall'interrogante, occorre rilevare, sul piano metodologico, che il visto viene concesso su base individuale dopo aver verificato il possesso dei requisiti previsti dalla normativa comune di Schengen. Appare pertanto di difficile accoglimento la tesi della «semplificazione» o della «uniformità» nel rilascio dei visti con forzate analogie tra differenti persone richiedenti e per di più appartenenti a paesi diversi: nessun visto è in realtà assimilabile ad un altro, neppure della stessa tipologia ed è lecito chiedersi se tale omologazione possa essere addirittura ipotizzata, per l'appunto, per Paesi diversi.
Sul piano puramente fattuale la nostra rappresentanza in Tunisi precisa quanto segue:
a) la documentazione richiesta era costituita da documenti usuali, già in possesso di ogni richiedente che presti attività lavorativa (per es.: buste-paga o iscrizione alla locale INPS) e comunque ottenibili in un tempo massimo di ventiquattro ore;
b) a fronte di una iniziale informativa trasmessa dall'IMED contenente dodici nominativi, soltanto otto persone si sono in realtà presentate per depositare la loro domanda di visto. La valutazione di queste otto domande ha portato all'emissione di quattro visti;
c) non risulta parimenti che le cittadine tunisine alle quali è stato negato il visto fossero studentesse e pertanto non in grado di produrre «le buste-paga e l'adeguata copertura sociale», poiché dalle loro dichiarazioni agli atti risulta, al contrario che le medesime esercitano - tutte - attività lavorativa.

Alle interessate è stato richiesto, in realtà, di integrare la loro documentazione


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con la «carta/historique CNSS», documento obbligatorio per ogni lavoratore dipendente, che fa stato dell'esistenza di un rapporto lavorativo regolarmente retribuito. Rilasciato, di norma, dopo circa una settimana dal momento dell'assunzione, è l'unico documento che consenta di avere una verifica documentale inoppugnabile ed è di grande ausilio per contrastare le quotidiane falsificazioni prodotte a sostegno delle domande di visto.
Nessuna delle interessate ha integrato la sua domanda col documento richiesto, preferendo rinunziare al visto e sottoscrivendo la relativa attestazione.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Luigi Mantica.

PISTONE e FANFANI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
il 20 gennaio 2003 il quotidiano Corriere Adriatico ed il settimanale L'Azione edito della Curia Vescovile di Fabriano, hanno pubblicato alcuni articoli i quali denunciavano che nel tardo pomeriggio del 21 dicembre 2002, un elicottero del Corpo Forestale dello Stato con a bordo il Ministro per le Politiche Agricole e Forestali, dopo aver ripetutamente sorvolato a bassa quota l'Abbadia di S. Biagio in Caprile è atterrato in prossimità del paese di Campodonico;
il Ministro per le politiche agricole e forestali dopo essere sceso dall'elicottero è stato subito prelevato da un'autovettura che si è diretta verso l'abbadia di S. Biagio, dove era in corso un «raduno» di giovani appartenenti ad organizzazioni di destra che hanno tenuto per tutta la notte una pira accesa proprio nei pressi di una delle più belle pinete del territorio che faceva pensare al rito pagano del «Solstizio d'inverno»;
tale evento ha suscitato le ire di molti abitanti del paese prossimale al raduno i quali hanno chiesto chiarimenti al sindaco ed esposto le loro rimostranze ai parlamentari della zona -:
se non ritenga opportuno attivarsi per verificare e chiarire:
a) se la locale questura fosse stata informata del raduno del gruppo e se erano state concesse relative autorizzazioni;
b) se il Ministro per le politiche agricole e forestali per la partecipazione a riunioni del tipo descritto è solito utilizzare elicotteri di Stato ed in particolare quelli del Corpo Forestale dello Stato;
c) se il Ministro per le politiche agricole e forestali nell'occasione era accompagnato dal personale della Polizia di Stato che effettua il sevizio di scorta;
d) se e come il Corpo forestale dello Stato organizza e controlla i voli dei propri elicotteri e di quali altri usi il Ministro per le politiche agricole e forestali ha fatto di tali mezzi nell'espletamento del suo mandato;
e) se appartenenti al Corpo forestale dello Stato erano presenti nell'occasione a fianco del Ministro per le politiche agricole e forestali e a quale titolo;
f) se il Corpo forestale dello Stato ha svolto indagini circa la presenza di un fuoco al limite del bosco;
g) quali provvedimenti intende assumere per evitare che tali comportamenti, qualora accertati, possano riverificarsi.
(4-05542)

Risposta. - In premessa, mi preme sottolineare che, come precisato in una lettera aperta dal parroco di Campodonico - Don Leopoldo Paloni, pubblicata sul Corriere della Sera del 26 febbraio 2003, l'incontro di Azione Giovani non ha rappresentato alcun attacco religioso o ideologico alla Curia.
Anzi, all'incontro hanno preso parte anche significativi esponenti del mondo culturale cattolico.
Per quanto riguarda, poi, le questioni oggetto dell'interrogazione mi preme sottolineare


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che il giorno 21 dicembre 2002 sono arrivato presso la frazione di Campodonico con un elicottero del Corpo forestale dello Stato, in quanto provenivo da una visita ai terremotati del Molise.
Tale visita è ampiamente documentata da diversi articoli apparsi su quotidiani nazionali e locali.
Successivamente, ho chiesto di scendere dal veivolo presso la frazione di Campodonico anche perché la diminuzione della luce diurna impediva di continuare il viaggio su un elicottero non abilitato al volo notturno.
A Campodonico era prevista la mia partecipazione ad un seminario politico-culturale, organizzato dalla Segreteria regionale di Azione Giovani (organizzazione giovanile di AN), sui temi dell'ambiente e delle tradizioni locali.
Dopo aver preso parte ad una cena con i giovani presenti, sono ripartito con una macchina privata insieme a mia moglie e mio figlio, sopraggiunti per l'occasione.
Infine, non risulta che durante l'evento organizzato da Azione Giovani siano intervenuti fatti contrari alle normative vigenti.
Il Ministro delle politiche agricole e forestali: Giovanni Alemanno.

PISTONE. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
a un mese circa dal termine per la regolarizzazione di colf e badanti, i problemi di chi è alle prese con la compilazione dei cosiddetti kit risultano diversi, tanto che sono ancora poche le domande finora presentate rispetto al milione e mezzo di «pratiche» ritirate negli uffici postali;
non è chiaro perché un datore di lavoro che occupi una colf per poche ore alla settimana debba versare la stessa somma (330 euro: 290 euro, per la copertura previdenziale e assicurativa, più 40 euro, per le spese postali) del datore di lavoro che ha alle dipendenze, a tempo pieno, la collaboratrice domestica;
molte perplessità, inoltre, scatena la clausola che impegna il datore di lavoro a garantire al lavoratore un «alloggio idoneo», vista la materiale difficoltà per la stragrande maggioranza delle famiglie a reperire una tale soluzione abitativa;
altro problema è la condizione dello straniero sprovvisto del passaporto o di altro valido documento: la domanda di emersione potrà essere presentata anche allegando la denuncia di smarrimento o il certificato di cittadinanza ma in ogni caso lo straniero dovrà munirsi di passaporto per poter stipulare il contratto di soggiorno e ritirare il permesso di soggiorno;
nel suddetto caso, appare paradossale che mentre l'appuntamento in prefettura è fissato dopo sei mesi dalla data di presentazione della domanda di emersione, il datore di lavoro, dal momento della presentazione della domanda, è tenuto comunque a rispettare tutti gli adempimenti in materia di lavoro, prescindendo dall'accoglimento o meno della domanda medesima da parte dell'autorità competente;
per molti altri datori di lavoro il vero e proprio rompicapo è rappresentato dal calcolo della contribuzione Inps, che lo stesso datore di lavoro è tenuto a versare a prescindere dalla titolarità in capo al lavoratore di un regolare permesso di soggiorno -:
se non ritenga urgente intervenire al fine di chiarire i tanti dubbi che la normativa in essere pone e adoperarsi al fine di sollecitare un'opportuna campagna informativa, più precisa e dettagliata, capace di dare risposte certe a coloro i quali sono impegnati nella composizione degli stessi kit da restituire alla poste entro l'11 novembre 2002;
se, in attesa di tutti i chiarimenti del caso, non ritenga di dover adottare le iniziative normative volte a rivedere il suddetto limite temporale dell'11 novembre 2002, alla luce delle evidenti difficoltà di compilazione delle domande.
(4-05752)

Risposta. - Si fa presente che il problema della regolarizzazione dei cittadini


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stranieri è stato più volte dibattuto presso la Camera dei deputati, sia in assemblea che in commissione, e da ultimo, il 25 febbraio 2003 in prima Commissione affari costituzionali del Senato della Repubblica.
Le questioni sollevate dall'interrogante si presentano oggi in gran parte superate o in via di definitiva soluzione.
Sulla base dei dati aggiornati al 16 marzo risulta che il centro servizi delle Poste italiane ha trasmesso alle prefetture-UTG 250.778 domande di regolarizzazione rispetto alle 703.879 presentate. I dati relativi agli ultimi giorni dimostrano una cospicua accelerazione delle procedure, con il passaggio da una media di 800 pratiche al giorno ad una di quasi 4.000 al giorno.
La progressiva messa a punto del sistema informatico, che affida la prima verifica e memorizzazione del dato alle Poste italiane, dopo aver evitato le file umilianti e interminabili davanti agli uffici pubblici, registrate nelle precedenti sanatorie - e non regolarizzazioni - per gli immigrati, sta consentendo alle questure di abbreviare i tempi per gli accertamenti di sicurezza e alle prefetture di effettuare le convocazioni attraverso collegamenti telematici.
Il sistema permette di seguire in tempo reale gli spostamenti di ogni istanza, grazie al codice a barre posto sul cedolino della raccomandata, che ne costituisce la ricevuta e che resta nella disponibilità dell'extracomunitario e ne evita l'espulsione. Il sistema, poi, consente di effettuare le convocazioni in giorni e ore prestabiliti, ovviando ancora una volta a file inutili e defatiganti, e consentendo di realizzare la regolarizzazione del lavoratore straniero nel suo complesso (sottoscrizione del contratto di soggiorno per lavoro, pagamento dei contributi previdenziali, attribuzione del codice fiscale, rilascio del permesso di soggiorno), con la contestuale presenza dei rappresentanti degli uffici pubblici interessati e con un dispendio di tempo minimo, evitando ulteriori peregrinazioni fra le pubbliche amministrazioni e, ancora una volta, code agli sportelli.
Come si vede, l'attesa per la definizione del procedimento che oggi si va sempre più riducendo, soprattutto nelle prefetture-UTG con un numero medio o piccolo di istanze, è un sacrificio che viene ripagato da grandi vantaggi per le parti interessate, oltre che dall'efficienza e dalla trasparenza delle procedure.
Inoltre grazie alla protrazione fino a tutto il 2003 della dichiarazione di stato di emergenza per l'immigrazione, risalente al mese di febbraio 2002, è stato possibile emanare l'ordinanza n. 3262 del 31 gennaio 2003, con la quale il Presidente del Consiglio dei ministri ha autorizzato l'assunzione di un massimo di 1.250 lavoratori interinali.
Di essi, 700 sono stati selezionati attraverso la società obiettivo lavoro, aggiudicataria dell'appalto, per essere inviati in queste ore presso prefetture e questure, mentre 300 unità, ampliabili fino a 350 se ve ne fosse la necessità, sono in corso di individuazione da parte del ministero del lavoro e delle politiche sociali, per sostenere lo sforzo di partecipazione agli sportelli polifunzionali nelle Prefetture-UTG da parte di tale dicastero.
Venendo ora agli altri quesiti posti dall'interrogante, va precisato che la previsione di un contributo forfettario, nella misura determinata dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per il periodo di tempo minimo di lavoro irregolare previsto per le regolarizzazioni nell'ambito dell'assistenza familiare (fatto salvo il successivo pagamento dei contributi per i periodi precedenti denunciati) è contenuta nella legge 30 luglio 2002, n. 189 ed è correlata all'esigenza di procedure semplificate e celeri; la misura del contributo, come detto, è predeterminata e quindi non richiede alcun calcolo.
Per quanto attiene al calcolo della contribuzione I.N.P.S. che a detta dell'interrogante, sarebbe un vero e proprio rompicapo, occorre sottolineare che gli obblighi contrattuali e di legge connessi al rapporto di lavoro, compresi quelli previdenziali e assicurativi hanno inizio dal 10 settembre 2002, data di entrata in vigore della legge n. 189 del 2002.


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Gli altri problemi di ordine previdenziale sollevati trovano risposta nella circolare INPS n. 161 del 25 ottobre 2002, emanata allo scopo specifico di integrare e di chiarire gli aspetti contributivi della nuova normativa sull'immigrazione.
Inoltre, presso lo sportello polifunzionale presente in ogni prefettura - ufficio territoriale del Governo è presente un funzionario INPS che può calcolare il contributo esattamente dovuto, fornendo un prezioso aiuto a coloro che ne avessero bisogno.
Per quanto riguarda poi la garanzia da parte del datore di lavoro di un alloggio idoneo per il lavoratore, la stessa è prevista in via generale come uno degli elementi costitutivi del contratto di soggiorno per il lavoro subordinato, secondo quanto disposto dall'articolo 5-
bis del decreto legislativo n. 286 del 1998; concretamente il relativo impegno all'alloggio è assunto contrattualmente con l'indicazione del domicilio del lavoratore.
Relativamente ai documenti di riconoscimento del lavoratore straniero, va precisato che nella dichiarazione prescritta per la legalizzazione del lavoro irregolare può essere indicato anche un documento già scaduto anche se, al momento della sottoscrizione del contratto di soggiorno, il lavoratore deve esibire un documento di riconoscimento in corso di validità.
Si sta valutando, inoltre, la possibilità di adottare un provvedimento
ad hoc, in analogia con quanto è stato previsto, a suo tempo, dall'articolo 6 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 16 ottobre 1998, che consenta il rilascio del permesso di soggiorno anche sulla base dell'attestazione di identità oltre che, ovviamente, del passaporto o del titolo equipollente, così come richiesto dall'articolo 9 del regolamento di attuazione del Testo Unico in materia, approvato con decreto del Presidente della Repubblica n. 394 del 1999.
I dubbi e le perplessità sollevate dall'interrogante all'atto della presentazione della presente interrogazione, ossia 6 mesi orsono, hanno trovato risposta nei notevolissimi progressi compiuti in questo periodo e ancor più ne troveranno nei mesi a venire.
Il Governo ha assunto l'impegno di concludere il complesso delle operazioni di regolarizzazioni entro il 2003. È un impegno che intende mantenere.
Si ricorda che per la prima volta in Italia si sta compiendo una profonda e completa regolarizzazione dei lavoratori extracomunitari, e non una semplice sanatoria degli stranieri presenti (attraverso dimostrazioni che hanno alimentato il mercato di falsi) ad una certa data, come in passato.
Dall'emergenza, ricorrente, stiamo passando ad un sistema che permetterà il pieno inserimento di gran parte della popolazione di origine extracomunitaria nel sistema lavorativo e previdenziale del nostro Paese.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alfredo Mantovano.

RAISI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
a partire dall'anno 2000, il piano riguardante la sicurezza della scuola elementare «Bambini di Sarajevo» di Crespellano (Bologna) viene inserito nel piano degli interventi. Tali interventi inseriti a bilancio nel 2001 vengono successivamente trasferiti al 2002. A seguito del ritardo nei lavori il Comune - su interrogazione del Polo delle Libertà - comunicava che «non è stato possibile per il 2001, ma sicuramente verranno eseguiti nel giugno del 2002»;
tale situazione rappresentava un grande rischio sia igienico che di pericolo, in quanto lo stesso locale non era dotato (si tratta di bambini dai 7 agli 11 anni) di uscite di sicurezza idonee all'uso convenuto, di talché, stante l'assenza dei lavori, e l'atteggiamento tenuto dal direttore scolastico della direzione didattica statale di Bazzano (Bologna) nel settembre 2002, il consigliere comunale di Crespellano (Bologna) signor Mauro Sorbi denunciava tali ritardi con un esposto denuncia alla procura della Repubblica di Bologna, al direttore


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Ausl di Bologna sud ed al comando dei vigili del fuoco (doc. 1);
successivamente, grazie all'esposto del consigliere Sorbi il responsabile e l'assessore ai lavori pubblici si sarebbero preposti di organizzare i lavori in sala mensa, abbattendo pareti e porte per mettere in sicurezza il locale;
successivamente, il direttore scolastico della direzione didattica statale di Bazzano (Bologna) dottor Savini con lettera del 17 ottobre 2002 (doc. 2), con atteggiamento che all'interrogante pare a dir poco offensivo, derideva il lavoro svolto dal consigliere Sorbi, che in virtù del mandato ricevuto aveva attivato le autorità competenti al fine di intervenire per la messa in sicurezza del locale di sui sopra, cosa peraltro verificatasi solo e per l'insistenza dello stesso consigliere Sorbi;
la missiva del direttore scolastico della direzione didattica statale di Bazzano (Bologna) dottor Savini, sembra all'interrogante essere stata redatta da un impeto di isteria. Difatti, il dottor Savini, come sentendosi colto in fallo dall'ottimo consigliere Sorbi - il quale al di là dell'appartenenza politica non ha fatto altro che denunciare una situazione di rischio - ha cercato con la solita supponenza sinistroide di dileggiare un consigliere -:
se sia a conoscenza dell'atteggiamento del direttore scolastico della direzione didattica statale di Bazzano (Bologna) dottor Savini e se ritenga vi siano gli estremi per l'adozione di opportuni provvedimenti nei confronti dello stesso dottor Savini.
(4-05170)

Risposta. - Si risponde alla interrogazione in discorso con la quale l'onorevole chiede chiarimenti circa il comportamento del dirigente scolastico della direzione didattica di Bazzano nei confronti di Mauro Sorbi, consigliere comunale di Crespellano, che ha attivato interventi per la messa in sicurezza della sala mensa dell'edificio che ospita la scuola elementare di Crespellano.
Al riguardo si fa presente che l'ufficio scolastico regionale per l'Emilia Romagna ha ritenuto di dover disporre una indagine ispettiva per acquisire in loco ogni elemento conoscitivo sulla vicenda, non disponendo di notizie certe.
Dalla relazione ispettiva si evince una effettiva situazione di precarietà dell'edificio scolastico che ospita la scuola elementare di Crespellano, che gli interventi urgenti già realizzati dall'ente locale, oltre a quelli in programma rimuoveranno, e si confermano i toni polemici utilizzati dal dirigente scolastico nei confronti del consigliere comunale che ha denunciato la situazione di rischio della scuola inducendo gli organi competenti ad attivarsi.
Tenuto conto della relazione ispettiva il comportamento del dirigente scolastico sarà oggetto di attenta valutazione da parte dell'ufficio scolastico regionale ai fini della conservazione dell'incarico dirigenziale o in sede di rinnovo.
Il Sottosegretario di Stato per l'istruzione, per l'università e per la ricerca: Valentina Aprea.

REALACCI, GIACHETTI, GENTILONI SILVERI, VERNETTI e ROCCHI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, al Ministro delle politiche agricole e forestali. - Per sapere - premesso che:
l'ordinanza del 28 giugno 2002 del Presidente del Consiglio dei ministri con cui è stato decretato, ai sensi dell'articolo 5, comma 1 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, lo stato di emergenza nei territori dei comuni a sud di Roma serviti dall'acquedotto del Simbrivio, richiama nella premessa la nota 18 giugno 2002 con cui il Presidente della regione Lazio ha chiesto la dichiarazione dello stato di emergenza;
non appare affatto chiaro sulla base di quali dati oggettivi il Presidente della regione Lazio sia stato indotto a chiedere la dichiarazione dello stato di emergenza;
l'andamento delle precipitazioni meteoriche nei mesi di agosto e settembre


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2002 è stato caratterizzato da un incremento del tutto eccezionale, che ha determinato il venir meno del fenomeno siccitoso all'origine dello stato di emergenza dichiarato dal Presidente del Consiglio dei ministri;
tale stato di cose impone una revoca immediata dell'emergenza onde impedire che, attraverso provvedimenti amministrativi extra ordinem non più giustificati dalla reale situazione di fatto, si possa arrecare un danno irreparabile all'intero ecosistema del fiume Aniene nel suo alto corso dichiarato sito di interesse comunitario, al quale verrebbe sottratto, in violazione delle leggi in materia e contro il deliberato del Parco dei Monti Simbruini, assunto ai sensi dell'articolo 25 legge n. 36 del 1994, un quantitativo di acqua superiore a 500 litri/s, assolutamente indispensabile a preservare i già fragili equilibri idrologici e florofaunistici dell'area;
sulla base di dati forniti dallo stesso Consorzio del Simbrivio e dell'ACEA, la stima delle perdite nelle condotte di adduzione idrica dei diversi comuni serviti dal menzionato acquedotto si aggirerebbe attorno al 50 per cento del totale;
si rende assolutamente prioritario intervenire sulle reti idriche al fine di eliminare o ridurre le perdite -:
quale sarà il destino della condotta di raccordo in corso di realizzazione tra la località Valloncello e la stazione di pompaggio del Simbrivio in località Ceraso, entrambe nel comune di Trevi nel Lazio (Frosinone), dopo la scadenza dello stato di emergenza (31 dicembre 2002), posto che l'ACEA sembra intenzionata a costruire un altro acquedotto per la captazione dalla stessa sorgente del Pertuso di un quantitativo d'acqua pari all'intera portata della medesima sorgente;
a quanto ammonta il costo dei lavori e con quali criteri sia stata scelta l'impresa appaltatrice;
a quanto ammonta il canone di concessione imposto al Simbrivio per il prelievo.
(4-03972)

Risposta. - Lo stato di emergenza è stato dichiarato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri il 28 giugno 2002, a seguito della richiesta inoltrata l'8 aprile 2002 dall'ufficio territoriale del Governo di Roma, motivata dalla crisi idrica sofferta dai 55 comuni serviti dall'acquedotto del Simbrivio, che, per migliorare il problematico rifornimento idrico, necessitava di urgenti interventi.
Con l'ordinanza di protezione civile 18 luglio 2002, n. 3228, il commissario delegato, nominato nella persona dell'ingegnere Massimo Sessa (commissario straordinario del consorzio dell'acquedotto del Simbrivio), è stato investito del compito di provvedere alle opere necessarie per fronteggiare l'emergenza idrica verificatasi, che si ripercuoteva non soltanto sulla vita quotidiana delle persone, ma anche sulle attività economiche locali e sulle condizioni igienico-sanitarie. La citata ordinanza disponeva anche che il commissario dovesse coordinarsi con il presidente della provincia di Roma, deputato, invece, a predisporre un dettagliato programma di intervento, anche individuando nuovi punti di captazione e/o approvvigionamento.
A seguito della suddetta ordinanza n. 3228 del 2002, pertanto il presidente della provincia di Roma ha trasmesso il programma approvato dal dipartimento della protezione civile il 21 agosto 2002, che comprendeva anche l'intervento relativo alla captazione dell'acqua dalla sorgente Pertuso ed alla sostituzione di una tratta di 2,5 chilometri di condotta nel territorio di Valmontone.
Tra gli interventi da effettuare, sono inclusi anche quelli, volti a sanare e razionalizzare la rete idrica, la cui necessità è stata sottolineata dall'interrogante.
Per quanto riguarda, infatti, la realizzazione della condotta in raccordo tra la località Valloncello e la stazione di pompaggio del Simbrivio in località Ceraso, nel comune di Trevi sul Lazio, ritenuta, come già detto, un intervento prioritario, il Commissario delegato, con la nota prot. 84/CD del 30 ottobre 2002, ha reso noto quanto segue.


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L'appalto dell'opera in questione è stata affidata alla ditta Remini s.p.a. con sede a Roma per l'importo complessivo di Euro 823.809,46, di cui Euro 720.129,28 per lavori a corpo e a misura, Euro 17.680,18 per lavori in economia ed Euro 86.000,00 per gli oneri della sicurezza non soggetti al ribasso, oltre l'IVA.
Le motivazioni che hanno condotto alla scelta dell'appaltatore, così come riferito dal commissario delegato, sono strettamente connesse all'urgenza con la quale si doveva provvedere alla realizzazione dell'infrastruttura.
I lavori, infatti, sarebbero dovuti iniziare il prima possibile, cioè entro la seconda decade dell'agosto 2002, mese critico per reperire materiali e specialmente per l'approvvigionamento dei tubi in acciaio di diametro di 600 mm per l'adduzione dell'acqua, considerato che la quasi totalità delle industrie produttive era chiusa per ferie.
L'impresa Remini S.p.a., invece, nel periodo in cui sarebbero dovuti iniziare i lavori, non solo operava, per conto della provincia di Roma, in un cantiere prossimo alla zona nella quale doveva essere realizzata la condotta dove stava eseguendo opere idrauliche analoghe a quelle previste dal progetto, ma aveva anche garantito la fornitura delle tubazioni, l'immediato inizio dei lavori e la presenza di più squadre di operai su almeno due turni al giorno, compreso il sabato e la domenica.
Per le ragioni sopra esposte, alla ditta è stato affidato l'appalto, derogando, naturalmente nei limiti previsti dall'ordinanza 3228 del 2002, alle normali procedure per la realizzazione di opere pubbliche, in quanto i tempi delle ordinarie procedure di gara risultavano incompatibili con l'esigenza di immediata realizzazione del progetto.
La condotta di raccordo tra Valloncello e la stazione di pompaggio del Simbrivio è stata, pertanto, realizzata, e continuerà a rimanere in esercizio, adducendo 360 litri al secondo dalla sorgente del Pertuso, in quanto serve proprio per superare i problemi di approvvigionamento idrico sofferti dalla cittadinanza dei 54 comuni serviti dall'Acquedotto del Simbrivio.
Per ciò che invece attiene il quesito posto nell'atto di sindacato ispettivo in oggetto, concernente l'ipotesi di revoca del decreto di dichiarazione di stato di emergenza, si fa presente che il Commissario ha presentato al dipartimento della protezione civile, in data 23 dicembre 2002, un'istanza di proroga del suddetto decreto, non essendo stata completata la realizzazione del programma di intervento nei termini previsti; con decreto del Presidente del Consiglio del 10 gennaio 2003, pertanto, lo stato di emergenza è stato prorogato fino al 31 dicembre 2003.
Si precisa, infine, che per quanto concerne l'ammontare del canone di concessione imposto al Simbrivio per il prelievo dell'acqua, non è stato imposto alcun canone al Consorzio per l'Acquedotto.
Il Ministro per i rapporti con il Parlamento: Carlo Giovanardi.

RICCIO e PAOLONE. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la strada statale 562, che dovrebbe collegare velocemente il Tirreno all'Adriatico con un percorso di 88 chilometri attraversando il Molise e l'Abruzzo, è interrotta nel tratto compreso fra la stazione di Gamberale, nel fondovalle Sangro nel Molise e Civita Luparella. in territorio abruzzese, per un totale di circa 6 chilometri;
tale interruzione dura ormai da circa trenta anni e per tutto questo periodo il traffico è stato deviato per il comune di Sant'Angelo del Pesco, piccolo centro molisano in provincia di Isernia, distrutto al cento per cento nella seconda guerra mondiale e ricostruito con enormi sacrifici dai suoi abitanti che oggi sono circa 400 e che raddoppiano nel periodo estivo;
il paesino sopporta da trenta anni l'attraversamento del suo abitato da parte dei mezzi pesanti: camion e tir, con una frequenza che supera i 700 mezzi al giorno, oltre un intensissimo traffico di autovetture, con gravissimi problemi sia di


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inquinamento che di sicurezza, poiché la strada che attraversa l'intero paese è in alcuni tratti talmente stretta da non consentire il passaggio contemporaneo di due automezzi che si incrocino;
le vibrazioni provocate dal transito così intenso dei mezzi pesanti ha persino provocato lesioni alla struttura della chiesa del paese ed ai fabbricati che sorgono lungo il punto più stretto della strada che attraversa l'abitato;
tale insostenibile volume di traffico ha già provocato un significativo aumento delle patologie polmonari e tumorali e costituisce anche un continuo rischio per la sicurezza degli abitanti, dal momento che gli automezzi attraversano l'intero paese con l'unica strada che divide in due tutto l'abitato;
tale drammatico trentennale problema avrebbe potuto essere facilmente risolto con la costruzione di una bretella di pochissimi chilometri e con un basso costo che evitasse l'attraversamento del paese;
nonostante tali problemi siano stati rappresentati ai precedenti ministri dei trasporti dei Governi sorretti da altra maggioranza, senza esito, e le inascoltate pressanti sollecitazioni degli amministratori comunali, né l'Anas né nessun altro, in trenta anni, è mai intervenuto per trovare una doverosa soluzione al problema e, stando così le cose, si può prevedere che l'interruzione della statale 652 non sarà eliminata per altri trenta anni, con totale disprezzo della sicurezza e della salute degli abitanti di Sant'Angelo del Pesco -:
se e quali iniziative intenda attuare il Ministro interrogato affinché eliminato in modo definitivo ed urgente il grave problema denunciato per il paese di Sant'Angelo del Pesco, anche mediante la costruzione di una bretella di pochissimi chilometri e di modesta spesa, che eviti l'attraversamento dell'abitato da parte dei mezzi pesanti che oggi transitano, come già ricordato, con una media giornaliera di oltre 700 mezzi.
(4-03482)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione parlamentare indicata in oggetto, l'Anas SpA, interessata al riguardo, ha comunicato che la strada statale n. 652 «di Fondo Valle di Sangro», ha inizio al chilometro 12+209 in corrispondenza dello svincolo di Alfedena e termina al chilometro 82+900 con l'innesto sulla strada statale n. 16 «Adriatica» ed è ricompresa tra le strade statali di interesse nazionale.
L'arteria in questione, realizzata tra gli anni '70 e '80 con finanziamenti della Cassa per il Mezzogiorno e delle amministrazioni provinciali di Chieti e Isernia, rappresenta un importante collegamento tra la costa Adriatica e l'interno e, quindi, con la fascia tirrenica.
La statale costituisce, inoltre, parte dell'itinerario di collegamento tra le autostrade A1 e A14 assumendo, in tal modo, fondamentale importanza per lo sviluppo economico della vallata del Sangro.
La società stradale rende noto che, attualmente, la statale 652 è percorribile per un primo tratto da Rionero Sannitico alla stazione di Gamberale (km. 34+400) e per un secondo tratto tra la stazione di Civitaluparella (km. 38+100) e l'innesto con la statale 16 «Adriatica» (km. 82+900). Per il completamento manca il tratto intermedio dell'estesa di chilometri 7 e, pertanto, il traffico in detto tratto viene convogliato su una bretella di raccordo dalla stazione di Gamberale a Sant'Angelo del Pesco e sulla ex strada statale 558 «Sangritana» da S. Angelo del Pesco al chilometro 30+400 e da qui fino alla stazione di Civitaluparella.
L'Anas informa, inoltre, che nel Piano Triennale Anas 2002-2004, per la regione Abruzzo, sono previsti due interventi sulla strada statale 652 e precisamente:
a) il collegamento stradale tra le progressive chilometro 54+000 e chilometro. 56+000, interrotto a causa del collasso del viadotto Barche;
b) i lavori di costruzione del tratto compreso tra la stazione di Gamberale e la stazione di Civitaluparella - lotto 2o stralcio 2o tratto 1o - variante di Quadri per un importo di 36 milioni di euro circa.


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Il tratto dalla stazione di Gamberale alla stazione di Civitaluparella è stato suddiviso in due stralci funzionali: il primo dalla stazione di Civitaluparella all'innesto con la ex strada statale 558 «Sangritana 2» (Comune di Quadri) terminante con un innesto provvisorio, il secondo dall'innesto con la ex statale 558 alla stazione di Gamberale comprendente l'innesto definitivo sulla ex 558.
La società stradale fa conoscere che per la variante di quadri è stato redatto il progetto esecutivo ed è in atto la procedura di acquisizione dei pareri.
Per il secondo tratto da Quadri alla stazione di Gamberale, per problemi sulla definizione del tracciato, in base alle osservazioni del ministero dei beni e attività culturali, è allo studio il progetto definitivo. Infine, per quanto riguarda il punto di collegamento della variante di quadri con la ex statale 558 «Sangritana», ora di competenza delle Province di Chieti e Isernia, non è ancora definitiva la progettazione della bretella di svincolo.
L'Anas riferisce poi che la bretella di collegamento tra l'abitato di S. Angelo del Pesco ed il completamento della variante alla strada statale 652 riveste competenze interregionali, trattandosi di viabilità non statale, la cui soluzione richiederebbe un apposito accordo con le amministrazioni interessate.
In ogni caso la realizzazione completa in variante della statale 652 «di Fondo valle Sangro» è tema all'interesse della società stradale stessa, che provvederà ai relativi interventi subordinatamente al completo reperimento delle risorse finanziarie necessarie.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Ugo Martinat.

RUGGERI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
non risulta ancora accreditato dal ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ai C.S.A. (Centro Servizi Amministrativi ex Provveditorati agli Studi) lo stanziamento di circa lire 176 miliardi concernente il sussidio ordinario relativo all'anno 2001 - ex capitolo 1461 concesso, su domanda in base alla legge 24 luglio 1962 n. 1073, alle scuole materne autorizzate, tuttora risultanti in credito dell'importo che, negli ultimi anni, si aggirava intorno a lire 8.500.000 per sezione;
relativamente al contributo (anno 2001) alle scuole materne non statali per la partecipazione alla realizzazione del sistema prescolastico integrato anno 2000-2001 (legge 10 marzo 2000 n. 62, concernente norme per la parità scolastica e disposizioni sul diritto allo studio) tuttora, per le scuole della provincia di Mantova non è stato pagato il saldo per il 2001;
relativamente al sussidio ordinario previsto nella finanziaria 2002, allo stato attuale non è stato concesso alcun acconto in merito -:
quali ragioni abbiano determinato i pesanti ritardi di erogazione dei suddetti impegni finanziari assunti e i tempi i erogazione concernenti le singole fattispecie sopra descritte.
(4-04879)

Risposta. - Si risponde all'interrogazione in discorso concernente i contributi alle scuole non statali relativi agli esercizi finanziari 2001 e 2002 con particolare riferimento alle scuole dell'infanzia.
Prima di tutto si assicura che i contributi alle scuole non statali relativi all'esercizio finanziario 2001 sono stati soddisfatti per la quasi totalità. Più precisamente, le scuole dell'infanzia paritarie e autorizzate hanno percepito nell'esercizio finanziario 2001 contributi per un importo complessivo di circa 530 miliardi di lire; il rimanente importo, di circa 316 miliardi, è stato erogato con l'assestato 2002 in conto residui. Va chiarito, peraltro, che del suddetto importo di 530 miliardi una rilevante quota, pari a lire 169.948.323.000, è stata erogata il 29 ottobre 2001 a carico delle disponibilità di cassa dell'esercizio finanziario 2001 per onorare un impegno di spesa assunto dall'ex servizio scuola materna,


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riferito all'anno scolastico 1999/2000, che altrimenti sarebbe andato perento al termine dello stesso esercizio.
Di qui la disponibilità di cassa ridotta rispetto allo stanziamento di competenza dell'esercizio 2001. Ciò non ha quindi consentito di erogare integralmente gli impegni di competenza del medesimo esercizio con la conseguenza che il pagamento degli impegni assunti precedentemente ha inciso sulla disponibilità per l'esercizio 2002 che è così risultata ridotta rispetto allo stanziamento di competenza del medesimo esercizio 2002.
Per quanto riguarda in particolare l'esercizio 2002, si ricorda innanzi tutto che nel bilancio di previsione del ministero dello stesso anno è stato istituito un nuovo capitolo di bilancio, il capitolo 1752 - Fondo per l'integrazione dei finanziamenti alle scuole non statali - nel quale è confluito il 70 per cento del finanziamento complessivo per le scuole non statali; ciò ha comportato la soppressione, tra l'altro, dei preesistenti capitoli 4150 e 4151 relativi alle scuole dell'infanzia non statali. Il rimanente 30 per cento dello stanziamento complessivo è stato invece iscritto, sugli appositi capitoli di ciascun centro di responsabilità regionale, cioè le direzioni generali regionali, per il finanziamento alle scuole non statali. In relazione alla nuova struttura del bilancio il ministero aveva conseguentemente richiesto già da tempo al ministero dell'economia e delle finanze l'emanazione dei provvedimenti di variazione di bilancio dal suddetto capitolo 1752 ai rispettivi capitoli gestiti dagli uffici scolastici regionali, al fine dell'erogazione, rispettivamente, degli 8/12 e dei 4/12 della spesa annuale prevista per le scuole non statali, comprese quindi le scuole dell'infanzia.
In data 30 ottobre 2002, con decreto del suddetto dicastero n. 94111, registrato alla Corte dei conti in data 11 novembre 2002, è stata autorizzata la variazione di bilancio relativamente agli 8/12 della spesa annuale prevista, riguardante il periodo gennaio-agosto 2002 - anno scolastico 2001/2002.
Con riguardo, poi, ai finanziamenti relativi ai restanti 4/12 (periodo settembre/dicembre 2002 - anno scolastico 2002/2003), pari complessivamente a 105 milioni di euro per tutte le scuole non statali di ogni ordine e grado, premesso che non è al momento operativa la prevista delega in materia alle regioni, si fa presente che la relativa variazione di bilancio è stata adottata dal ministero dell'economia e delle finanze soltanto in data 27 dicembre 2002, con decreto n. 120420, registrato alla Corte dei conti il 17 gennaio 2003; la registrazione è pertanto intervenuta oltre la chiusura dell'esercizio finanziario 2002. A tale proposito si fa presente che i competenti uffici dell'Amministrazione scolastica avevano già proceduto ad assumere gli impegni di spesa ma detti impegni non sono stati ammessi a registrazione da parte degli organi di controllo in quanto, con lettera prot. n. 0005791 a firma del Ragioniere Generale dello Stato, pervenuta al ministero a mezzo fax in data 22 gennaio 2003, veniva precisato che «non possono aver corso atti di impegno a carico di disponibilità recate da provvedimenti di variazione al bilancio che non abbiano riportato entro il 31 dicembre 2002 la prescritta registrazione della Corte dei conti».
Per evitare alle scuole interessate disagi economici, con nota del 29 gennaio 2003, il Ministero ha chiesto al dicastero dell'economia e delle finanze un'assegnazione, in termini di cassa, di 155.732.449,92 euro, mediante prelevamento dal fondo di riserva per le autorizzazioni di cassa, ai sensi dell'articolo 9-
bis della legge n. 468 del 1978, per la copertura degli impegni assunti nel 2002.
Il ministero si è anche attivato per richiedere l'integrazione dei fondi destinati alle scuole non statali riguardanti il suddetto terzo quadrimestre 2002, da portare in aumento in sede di assestamento del bilancio 2003, al fine di garantire almeno il raggiungimento dei livelli minimi di erogazione del servizio scolastico. In data 12 febbraio 2003 il dicastero dell'economia e delle finanze ha fornito assicurazioni che la suddetta somma di 105 milioni di euro potrà essere considerata in sede di assestamento di bilancio dell'esercizio 2003, compatibilmente con gli equilibri di finanza pubblica.


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Si fa presente, inoltre, che sono state date disposizioni agli uffici scolastici regionali affinché le somme già stanziate sui rispettivi capitoli di bilancio vengano utilizzate per l'immediato pagamento degli impegni assunti nell'esercizio 2002, fino a concorrenza delle proprie disponibilità.
Per i finanziamenti di competenza dell'esercizio 2003 riguardanti le scuole dell'infanzia non statali, è stato già predisposto a livello centrale il piano di riparto tra i rispettivi uffici scolastici regionali e sono state attivate le relative procedure per potere procedere all'assegnazione dei «premi e sussidi per il mantenimento e la diffusione delle suddette scuole» (ex capitolo 4150).
Dopo che sarà intervenuto il prescritto decreto di variazione di bilancio gli uffici scolastici regionali potranno garantire il saldo di tutto il pregresso nonché, con i fondi dell'assestato 2003, far fronte anche ai pagamenti per il corrente esercizio finanziario.
Con riguardo, infine, alle scuole dell'infanzia della provincia di Mantova, la situazione riflette quella nazionale.
Il Sottosegretario di Stato per l'istruzione, per l'università e per la ricerca: Valentina Aprea.

RUSSO SPENA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
nella mattina del 6 luglio 2002, veniva effettuato uno sfratto in via Nicolò Piccini 4, a Napoli;
gli inquilini Amalia Lepre di 73 anni e Antonio Ciotola di 75 anni, malato di Alzheimer, sono stati prelevati con forza;
allo sfratto erano presenti alcune decine di rappresentanti del comitato antisfratto insieme a militanti, dirigenti, consiglieri comunali di Rifondazione comunista;
quattro persone sono state fermate ed accompagnate al locale commissariato, tra cui Sandro Fucito, consigliere comunale di Napoli del PRC;
lo sfratto è stato eseguito anche in presenza delle gravi condizioni di salute del signor Ciotola e non si è tenuto conto in nessun modo di questa situazione;
l'autonomia e l'indipendenza della magistratura va salvaguardata, ma allo stesso tempo, nel caso del giudice dell'esecuzione di Napoli non può significare una giurisprudenza a senso unico contro gli inquilini -:
alla luce della nuova normativa varata dal decreto-legge 122 del 2002 che fa obbligo al locatore, non all'inquilino, di verificare col giudice dell'esecuzione se l'inquilino abbia o meno i requisiti per beneficiare della proroga, lo sfratto effettuato a Napoli sembrerebbe essere stato eseguito in modo illegale;
se non valutino che l'operato delle forze dell'ordine debba assumere una funzione mediatrice dei conflitti sociali e non di repressione;
quali iniziative anche di carattere normativo intendano intraprendere per tutelare le fasce deboli dell'inquilinato;
se non ritengano di dover intraprendere, con gli strumenti in loro possesso, un nuovo piano di edilizia popolare pubblica per rispondere all'emergenza casa.
(4-03465)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in discorso si rappresenta che lo sfratto eseguito in Napoli, alla Via Niccolò Piccini n. 4 nei confronti del signor Ciotola Antonio in data 6 luglio 2002 scaturisce da un provvedimento esecutivo di licenza di finita locazione non opposta e pronunciata in data 23 dicembre 1991. L'esecuzione di tale sfratto era già in corso all'entrata in vigore del decreto-legge 20 giugno 2002 n. 122 che consente la sospensione dell'esecuzione nei confronti di famiglie a basso reddito.
L'esecutato tuttavia non ha mai segnalato che il coacervo dei propri redditi familiari era tale da fargli godere della


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proroga dello sfratto prevista dalla medesima normativa.
Non essendoci mai stata da parte del conduttore Ciotola Antonio neppure la semplice affermazione di trovarsi nelle condizioni di poter godere della sospensione dello sfratto, non è mai sorta, nella fattispecie, la necessità del locatore di contestare la sussistenza di requisiti mai vantati.
Non è mai sorta, quindi, neppure la necessità dal parte del giudice dell'esecuzione di vagliare se esistevano o meno i requisiti richiesti per la sospensione dell'esecuzione.
L'esecuzione dello sfratto in questione fu, dopo numerose azioni di opposizione proposte nel corso del tempo dal conduttore, disposta ulteriormente in data 15 febbraio 2002 dal giudice dell'esecuzione del tribunale di Napoli il quale provvide a nominare un consulente tecnico di ufficio - nella persona del medico Paludi Giuseppe di Napoli - al fine di assicurare modalità di trasporto compatibili con le condizioni di salute dell'obbligato al rilascio.
Il Ciotola propose un'ultima istanza di sospensione dello sfratto al giudice dell'esecuzione del tribunale di Napoli il 5 luglio 2002, che per i motivi sopra illustrati, non fu accolta.
Si rappresenta, altresì, che sin dal mese di marzo 2001 l'ufficiale giudiziario aveva chiesto l'assistenza della forza pubblica per procedere al rilascio forzato dell'appartamento di via Piccini n. 4 condotto dai coniugi Ciotola.
Tale richiesta, reiterata con cadenza quasi mensile e mai esaudita, è stata accolta con il citato provvedimento del 15 febbraio 2002, nel quale si disponeva di «doversi procedere senza ulteriore indugio» al rilascio dell'immobile con l'ausilio della forza pubblica «per superare ogni eventuale resistenza dell'obbligato e del suo nucleo familiare».
Nell'esecuzione dello sfratto del 6 luglio 2002, oltre all'assistenza della forza pubblica, veniva assicurata, conformemente a quanto disposto dal giudice dell'esecuzione in data 15 febbraio 2002, la presenza di un medico, al fine di garantire ogni necessaria cautela a causa delle precarie condizioni di salute del signor Ciotola.
Peraltro, il tentativo operato dalle forze dell'ordine di accompagnare lo stesso presso il più vicino ospedale Cardarelli, per verificare la necessità di interventi terapeutici, è stato con fermezza avversato anche da un folto gruppo di circa 50 membri del comitato antisfratto, costituito da militanti del partito della Rifondazione comunista e da frequentatori dei locali centri locali, che contestavano la legittimità delle operazioni.
La condotta delle forze dell'ordine, durante lo svolgimento dello sfratto, è stata improntata al più assoluto equilibrio.
L'opera di persuasione, nei riguardi delle persone che allo sfratto si opponevano, svolta dal personale impiegato, tuttavia, è stata alquanto difficoltosa e solo successivamente, con reiterate insistenze, ma sempre nel pieno rispetto della dignità delle persone da sfrattare, e con la preziosa assistenza delle forze dell'ordine, l'ufficiale giudiziario è riuscito a procedere allo sfratto.
Le persone presenti, invece, hanno reagito contrastando fisicamente l'attività degli agenti, tanto che, nella circostanza il dirigente dei servizi e due operatori della Polizia di Stato hanno riportato contusioni giudicate guaribili in sette giorni.
Nella concitazione delle citate fasi, il funzionario della Polizia di Stato presente ha ritenuto necessario far condurre presso il competente commissariato di P.S. «Arenella» tre giovani, fra i più esagitati, al fine di procedere, in idonee condizioni ambientali, e con ogni garanzia di legge, alla loro identificazione.
Grazie ad una incessante opera di mediazione, quindi, compiuta dal personale impegnato, le operazioni di rilascio dell'immobile sono state portate a termine con successo.
Il signor Ciotola è stato in ogni caso accompagnato in ospedale nonostante la resistenza da parte dei contestatori, ma è stato immediatamente dimesso, non essendo risultato necessario praticargli cure immediate.
Si rappresenta, infine, che il comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica


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ha esaminato, nel corso della riunione del 16 luglio 2002, le problematiche connesse alla situazione dell'ordine pubblico in correlazione all'esecuzione dei provvedimenti di sfratto, nei riguardi di alcune categorie di locatari protetti dalla recente normativa.
In tale sede è stato congiuntamente individuato un percorso che supporti le situazioni interessate alle procedure in questione nel pieno rispetto delle fasce più deboli degli inquilini.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.

RUSSO SPENA e ALFONSO GIANNI. - Al Ministro delle attività produttive, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'Imesi di Carini, appartenente al gruppo Ansaldobreda, si è affermata come ditta costruttrice di materiale rotabile ed in particolare di carrozze ferroviarie, realizzando importanti prodotti per il mercato nazionale ed internazionale;
l'Ansaldobreda ha incassato un cospicuo portafoglio ordini con commesse in Danimarca, Stati Uniti, Spagna, Norvegia, Svezia e Grecia;
il 70 per cento del Gruppo industriale Ansaldobreda-Finmeccanica è di proprietà del Ministero dell'economia e delle finanze;
l'Ansaldobreda, il 15 gennaio 2003, ha comunicato la procedura di vendita dello stabilimento Imesi alla Keller di Palermo il cui proprietario è l'imprenditore Piero Mancini;
la Keller è attualmente priva di commesse con oltre 500 dipendenti in cassa integrazione;
l'imprenditore Mancini, nell'accordo sottoscritto al Ministero delle attività produttive, si impegnava a garantire per la Keller un programmato rientro al lavoro del personale a partire dal 30 settembre 2002 con i primi 30 operai;
ad oggi nessun rientro è avvenuto e gli annunciati lavori di manutenzione ed adeguamento strutturale dello stabilimento, da effettuarsi durante il periodo di chiusura, non sono mai stati eseguiti;
gli interessi dell'imprenditore Mancini sembrano essere orientati ad una diversa utilizzazione dell'area in cui insiste la Keller con un presunto obiettivo di edificare e dunque dismettere lo stabilimento;
un imprenditore con questi obiettivi non può acquistare uno stabilimento carico di commesse come l'Imesi che scorporato dal gruppo Ansaldobreda rischia di chiudere;
una operazione di fuoriuscita dell'Imesi dal gruppo industriale a cui appartiene ed una ipotesi di vendita dello stabilimento ad un imprenditore assolutamente disinteressato allo sviluppo produttivo significherebbe dare un colpo mortale al comparto metalmeccanico regionale, ma cosa ancor più grave, lascerebbe al loro destino centinaia di lavoratori con elevate competenze nel settore ed una grande professionalità -:
se non ritenga di dover intervenire al fine di impedire lo scorporo dal gruppo Ansaldobreda dello stabilimento Imesi di Carini, evitando in tal modo il verificarsi di operazioni speculative e la dispersione di un patrimonio produttivo ed occupazionale importantissimo per la provincia di Palermo e per l'intera Sicilia.
(4-05223)

Risposta. - Nell'ambito di un ampio programma di razionalizzazione e riqualificazione dei propri siti produttivi, l'Ansaldo Breda ha deciso di cedere lo stabilimento Imesi di Carini per concentrare le proprie attività nei tre stabilimenti di Pistoia, Napoli e Reggio Calabria.
Pertanto, la società Finmeccanica ha sottoscritto un preliminare di vendita del predetto stabilimento di Carini con la Keller Elettromeccanica di Villacidro (Cagliari), società che da alcuni anni fa parte del gruppo Mancini, gruppo validamente inserito nello specifico settore delle costruzioni


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e riparazioni di materiale ferroviario e caratterizzato da un elevato trend di crescita. Tale gruppo ha recentemente rilevato lo stabilimento K&M di Palermo, che opera nel medesimo settore e del quale si è impegnato a rilanciarne l'attività anche in prospettiva di una sua integrazione con l'Imesi.
Per l'Imesi la firma del contratto definitivo è comunque subordinata alla sottoscrizione di un protocollo che impegna l'acquirente a mantenere gli attuali livelli occupazionali (circa 160 unità) per tre anni. Tale impegno trova conferma nel piano industriale di rilancio dell'attività dello stabilimento che contempla l'assegnazione, per quattro anni, da parte dell'Ansaldo Breda di un carico di lavoro pari al 7 per cento della capacità produttiva dell'impianto.
Per il gruppo Mancini si tratta di un'operazione impegnativa in quanto gli impianti in questione, nel passato, hanno fatto registrare pesanti disavanzi gestionali. Va tuttavia rilevato il buon esito delle precedenti operazioni realizzate dal Gruppo quali: l'acquisto degli impianti della Keller di Villacidro e della Ferrosud di Matera.
Il ministero delle attività produttive segue con attenzione l'operazione di cessione dell'Imesi nell'ottica di assicurare alle maestranze le massime garanzie circa la certezza della continuità del rapporto di lavoro anche nell'ambito del nuovo operatore privato, nella convinzione, peraltro, che l'integrazione di Imesi e K&M, in presenza di più favorevoli condizioni dello specifico mercato, consentirà di recuperare i necessari livelli di efficienza e conseguire, quindi, quegli obiettivi di redditività, unica concreta garanzia di continuità operativa.
Il Sottosegretario di Stato per le attività produttive: Mario Carlo Maurizio Valducci.

RUZZANTE. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
a fronte del continuo aumento della popolazione carceraria all'interno delle carceri venete (in quest'ultimo periodo vi è stato un 30 per cento in più di ristretti rispetto alla normale capienza delle carceri) continua la cronica mancanza di personale di polizia penitenziaria all'interno degli istituti di pena;
questa situazione di sovraffollamento è destinata a peggiorare con l'entrata in vigore della legge Bossi-Fini sull'immigrazione (si stima che la percentuale di sovraffollamento sia destinata a raddoppiare);
l'aumento dei carcerati determina anche l'aumento delle traduzioni dei ristretti presso le sedi dei tribunali, che spesso devono essere eseguite con un numero inferiore di uomini di scorta rispetto a quanto previsto, causando diminuzioni di sicurezza sia dell'istituto e sia di quanti operano al suo interno;
la bozza di decreto del Ministro della giustizia, attualmente al vaglio della Corte dei conti, prevede una dotazione organica dei ruoli del personale del Corpo di polizia penitenziaria che non risolve minimamente il grave problema di carenza d'organico (se passasse tale provvedimento, nel Triveneto vi sarebbe una carenza d'organico pari a 300 unità tra ausiliari e guardie carcerarie) -:
se il Ministro sia a conoscenza di queste gravi carenze di personale che vanno a minare sia la sicurezza degli istituti carcerari e sia la sicurezza di chi opera al loro interno;
se il Ministro non ritenga di dover rivedere le dotazioni di organico per il Triveneto previste nella bozza di decreto, per far fronte ai prevedibili aumenti di carcerati derivanti dall'entrata in vigore di nuovi testi normativi attualmente all'esame del Parlamento.
(4-02599)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in discorso, si rappresenta che a seguito dell'assegnazione del personale al termine dei corsi di formazione per agenti effettivi di polizia penitenziaria e per agenti ausiliari, l'organico degli istituti ricompresi nel Triveneto è stato aumentato, in coincidenza con l'uscita dei corsi sottoindicati


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nella seguente misura: 147o corso - 68 unità; 148o corso - 20 unità; 149o corso - 46 unità; 68o corso Ausiliari - 18 unità; 150o corso - 46 unità; 69o corso Ausiliari - 47 unità e 72o corso Ausiliari (terminato nel dicembre 2002) - 18 unità per un totale di 263 unità complessive, di cui 83 a tempo determinato.
A fronte di tali incrementi, gli istituti del Triveneto hanno subito un decremento di n. 62 unità per trasferimenti disposti in applicazione della legge 104/1992.
Comunque, la competente direzione generale del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria valuterà possibili nuovi incrementi all'atto dell'assegnazione del personale che terminerà i prossimi corsi di formazione.
Non è per ora prevista una modifica del decreto ministeriale in vigore (indicato quale «bozza» nel testo dell'interrogazione) con cui sono state stabilite le dotazioni organiche del Corpo di polizia penitenziaria in ambito nazionale, peraltro ancora in fase di assestamento, in considerazione del breve lasso di tempo trascorso sino a questo momento da quando è entrato in regime (17 gennaio 2002).
Si precisa, inoltre che potranno essere effettuate future riflessioni sull'intera questione al fine di operare eventuali correttivi alle dotazioni organiche delle sedi del Triveneto qualora ciò si rendesse effettivamente necessario e ferma restando l'attivazione delle procedure di concertazione con le organizzazioni sindacali rappresentative del Corpo di polizia penitenziaria che, fra l'altro, hanno già attivamente partecipato alla elaborazione delle dotazioni organiche in vigore per ciascuna sede di servizio.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.

SANDI, RUGGHIA, ROTUNDO, SERENI, BINDI, OLIVIERI, RUZZANTE e GRILLINI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
in data 19 settembre in Costa D'Avorio c'è stato un tentativo di colpo di stato per rovesciare il presidente Laurent Gbagbo, guidato dal generale Zagazaga, uscito sconfitto dalle ultime elezioni;
dopo sanguinosi scontri ad Abidjan, Bouakè e Korogo, che hanno causato centinaia di morti, il territorio a nord di Yamoussoukro, capitale politica del paese, è tuttora in mano agli antigovernativi, con città densamente popolate come Bouakè;
la stampa nazionale ed internazionale ha dedicato pochissimo spazio a questa crisi;
da fonti informative missionarie sono stati denunciati anche recentemente:
a) eccidi perpetrati nei confronti di civili;
b) ragazzini-soldato utilizzati per terrorizzare i civili e destinati a diventare carne da macello in caso di scontro;
c) una grave crisi sanitaria specialmente nelle zone occupate dalle forze antigovernative in quanto gli ospedali sono stati abbandonati dal personale medico ed infermieristico e quindi manca il minimo presidio sanitario in territori già devastati da malaria, Aids e ulcera di Buruli;
d) un'emergenza alimentare per mancanza di adeguate scorte alimentari per sfamare migliaia di persone in fuga dalle zone di guerra ed aggravata dal fatto che i rifornimenti alle masse affamate non sono gestiti direttamente dalle organizzazioni umanitarie, che potrebbero godere di specifici lasciapassare e garanzie per gli operatori, ma lasciati all'iniziativa ed al coraggio di volontari;
e) un grave pericolo che in caso di scontro finale, visto che la tregua firmata verso la metà di ottobre non risulta rispettata dalle parti, la popolazione civile debba pagare un pesante tributo in vite umane -:
se il Ministro interrogato possieda un censimento aggiornato dei cittadini italiani che operano in Costa d'Avorio e delle iniziative intraprese per garantirne la sicurezza personale;


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se abbia promosso iniziative diplomatiche a livello internazionale per favorire una soluzione incruenta della crisi;
se intenda sollecitare interventi umanitari per alleviare le condizioni di sofferenza delle popolazioni;
se ritenga utile mantenere viva una iniziativa in difesa dei diritti civili in zone del mondo purtroppo dimenticate.
(4-04377)

Risposta. - Il 19 settembre 2002 ha avuto luogo un tentativo di colpo di stato in Costa d'Avorio ad opera di circa 700 militari in procinto di essere smobilitati. I ribelli hanno progressivamente occupato la metà settentrionale del territorio del Paese esigendo le dimissioni del presidente Gbagbo, nuove elezioni ed una serie di riforme costituzionali. Nel nord infatti prevalgono gli immigrati del Burkina Faso e del Mali (circa 4 milioni), di religione musulmana. Ciò ha finito per conferire un carattere etnico e religioso alla crisi aumentandone il potenziale di destabilizzazione.
La Francia ha schierato le forze che mantiene in Costa d'Avorio (circa 2500 militari) lungo la linea di divisione del Paese, anche a protezione dei 26000 francesi nonché degli altri stranieri ancora residenti. L'Unione Europea ha dal canto suo emesso varie dichiarazioni sottolineando la condanna della violenza esercitata in Costa d'Avorio contro un Governo legittimo, assicurando il proprio sostegno alla mediazione della CEDEAO (comunità economica dell'Africa occidentale), esortando l'esecutivo ivoriano ad attuare le riforme delineate in occasione del Forum di riconciliazione nazionale ed infine rammentando il suo attaccamento ai principi dell'Unione africana che riprovano il ricorso alla forza per ottenere cambiamenti politici.
Le speranze di soluzione negoziata sono state riposte fin dall'inizio nella mediazione dell'organizzazione regionale della CEDEAO sotto la guida del Presidente togolese Eyadema. Il fallimento della mediazione, frenata dalle rivalità interne tra i vari Capi di Stato dei Paesi membri dell'organizzazione, e l'incapacità di inviare una forza di interposizione in sostituzione delle truppe francesi hanno quindi indotto il Governo francese ad assumere direttamente la direzione delle trattative e ad indire il 15 gennaio a Parigi una conferenza di tutte le forze politiche ivoriane, compresi i tre movimenti dei ribelli (MPCI, MJP e MPIGO).
Il Governo di Parigi è riuscito a portare le parti alla firma di un accordo di pace il 24 gennaio 2003. Il testo ha avuto anche l'avallo dei capi di Stato della regione convenuti nella capitale francese nonché del Segretario Generale delle Nazioni unite Kofi Annan, del Presidente della Commissione dell'Unione europea Prodi, dell'Alto rappresentante Solana e del presidente dell'unione africa a Mbeki. L'accordo prevede la formazione di un Governo «di riconciliazione nazionale» guidato da un nuovo primo ministro, Seydou Diarra, a cui viene affidato l'incarico di ristabilire l'ordine, riformare l'amministrazione ed avviare le riforme istituzionali nei settori elettorale, fondiario, della cittadinanza e dello stato civile. Per lo svolgimento della sua missione Diarra si avvarrà delle «prerogative dell'esecutivo» e potrà contare sul supporto della comunità internazionale rappresentata dal «Comité de suivi», in cui l'Italia è presente in rappresentanza della Presidenza Unione europea.
La fragilità delle intese raggiunte, ottenute per la pressione esercitata da Parigi soprattutto sul Presidente Gbagbo, è apparsa chiara al ritorno delle delegazioni in Costa d'Avorio. I gravi tumulti scoppiati nella capitale e nella zona sotto controllo governativo fanno presagi:e le più serie difficoltà nell'applicazione delle clausole dell'accordo ed in particolare di quelle intese non scritte in virtù delle quali i portafogli della difesa e degli interni verrebbero affidati a rappresentanti dei ribelli. Già alcuni Ministri dell'attuale Governo hanno respinto pubblicamente l'accordo. Vi è grande attesa per il discorso alla nazione che il Presidente dovrà pronunciare domani, sabato 1 febbraio, per spiegare i contenuti e gli obiettivi dell'accordo stesso che egli ha tuttavia già definito «una serie di proposte».


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Nel frattempo per il peggioramento della situazione l'esodo degli stranieri prosegue. Dei 525 italiani rimasti quasi un centinaio sono disposti a rimpatriare. L'unità di crisi di questo ministero degli esteri sta seguendo l'evolversi degli eventi e la protezione dell'Ambasciata è stata ulteriormente rafforzata con l'invio di sei carabinieri paracadutisti del Tuscania.
Le Nazioni unite hanno lanciato lo scorso novembre un appello in favore delle popolazioni colpite dalla crisi in Costa d'Avorio sottolineando l'opportunità di fornire una risposta integrata e concertata da parte di entità nazionali, regionali ed internazionali a questa urgenza umanitaria che potrebbe raggiungere dimensioni tali da essere difficilmente gestibile. L'Italia ha risposto a questo appello decidendo di fornire un contributo di 100.000 euro attraverso il PAM per aiuti di prima necessità e di 200.000 euro attraverso l'UNHCR per far fronte alla grave crisi umanitaria venutasi a creare a seguito del tentativo di colpo di stato.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Luigi Mantica.

SASSO, MUSSI, FOLENA e LEONI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la cronaca toscana del quotidiano la Repubblica, in data 17 gennaio 2003, ha dato notizia che in un istituto superiore di Pontassieve è stata rifiutata dalla preside la possibilità di svolgere ieri mattina dalle ore 11 alle ore 13 un incontro tra gli studenti e un rappresentante della comunità ebraica sulla Shoah, in occasione della Giornata della Memoria;
per la precisione - sempre quanto afferma la cronaca giornalistica - la preside dell'istituto Balducci di Pontassieve non ha concesso l'autorizzazione perché «l'incontro non faceva parte dell'attività didattica. E in questo periodo di prescrutini dove sono in corso compiti in classe, interrogazioni e verifiche dei debiti formativi, le attività non didattiche nelle ore di lezione non sono consentite. Tra l'altro io ho avuto solo lunedì sul mio tavolo la richiesta degli insegnanti. Inoltre per fare entrare a scuola persone estranee ci vuole il parere del consiglio d'istituto. In un altro periodo dell'anno la mia risposta sarebbe stata positiva... il mio rifiuto è dipeso dalla data non valida»;
per uno degli insegnanti del medesimo istituto, coordinatore del «Progetto Memoria»: «La decisione della preside è un gesto grave. Tra l'altro la scuola partecipa al viaggio della Memoria ad Auschwitz, organizzato dalla regione Toscana nei giorni a cavallo del 27 gennaio 2003. E l'incontro con il rappresentante della Comunità ebraica era uno dei momenti preparatori in vista di quell'appuntamento impegnativo. Per far riflettere i ragazzi ed offrire loro degli appigli concreti»;
a giudizio degli interroganti è grave che da parte di un educatore siano state portate argomentazioni assolutamente burocratiche per bloccare un'iniziativa su una vicenda drammatica come l'Olocausto;
peraltro esiste la legge n. 211 del 20 luglio 2000 sull'istituzione della Giornata della Memoria che all'articolo 2 vieta espressamente che in occasione del Giorno della Memoria di cui all'articolo 1, sono organizzati cerimonie, iniziative, incontri e momenti comuni di narrazione dei fatti e di riflessione, in modo particolare nelle scuole di ogni ordine e grado, su quanto è accaduto al popolo ebraico e ai deportati militari e politici italiani nei campi nazisti in modo da conservare nel futuro dell'Italia la memoria di un tragico ed oscuro periodo della storia nel nostro Paese e in Europa, e affinché simili eventi non possano mai più accadere» -:
quale sia il giudizio del Ministro interrogato su un atteggiamento che contrasta con la legge n. 211 del 2000;
quali provvedimenti intenda assumere il Ministro;


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se non ritenga il Ministro dell'istruzione, università e ricerca di dover intervenire urgentemente nei confronti della presidenza dell'Istituto Balducci di Pontassieve affinché, prima del viaggio degli studenti ad Auschwitz, si possa svolgere l'incontro con la comunità ebraica fiorentina.
(4-05081)

Risposta. - Si risponde all'interrogazione parlamentare in discorso con la quale l'interrogante chiede interventi nei confronti del dirigente scolastico dell'istituto «Balducci» di Pontassieve perché prima del viaggio degli studenti ad Auschwitz si possa svolgere l'incontro con la comunità ebraica fiorentina.
Al riguardo il medesimo dirigente scolastico ha riferito che l'incontro previsto si è svolto regolarmente martedì 21 gennaio 2003 con soli quattro giorni di ritardo (di cui una domenica) sulla data richiesta, prima del programmato viaggio ad Auschwitz e prima del «Giorno della memoria», che com'è noto si celebra il 27 gennaio.
Quanto ai motivi per i quali il dirigente in parola non ha potuto accogliere la richiesta di ospitare per il giorno 16 gennaio 2003 il rappresentante della comunità ebraica durante le ore di lezioni nell'Auditorium, avanzata da alcuni docenti in data 13 gennaio 2003, il medesimo dirigente ha precisato preliminarmente di non essere stata preventivamente informata dei contatti avviati con la comunità ebraica fiorentina e tanto meno della fissazione indicativa di una data così ravvicinata.
In quella data l'auditorium era già impegnato per una assemblea sindacale del personale della ditta già titolare dell'appalto di pulizie che aveva disdetto il contratto dall'11 gennaio 2003, alla quale partecipavano il responsabile della ditta che aveva manifestato disponibilità al subentro ed il rappresentante sindacale che assisteva i lavoratori interessati.
Il dirigente scolastico ha precisato anche che nelle motivazioni apposte al rinvio dell'incontro non ha ritenuto di far cenno alla questione dell'appalto disdetto perché si trattava di una questione complessa e delicata.
Il medesimo dirigente ha fatto presente, infine, che nella stessa giornata ha inviato spontaneamente le proprie scuse al rappresentante della comunità ebraica per la fuorviante interpretazione che era stata data al rinvio dell'incontro; il rappresentante medesimo ha fornito assicurazioni di non aver inteso per un rifiuto le decisioni assunte dal dirigente scolastico e si è dichiarato disponibile ad incontrare le classi partecipanti al progetto memoria in qualsiasi momento.
Come già riferito l'incontro si è poi svolto regolarmente con soli quattro giorni di ritardo dalla prima data richiesta.
Il Sottosegretario di Stato per l'istruzione, per l'università e per la ricerca: Valentina Aprea.

SCALTRITTI. - Al Ministro delle attività produttive. - Per sapere - premesso che:
l'accertamento e la revisione degli usi sono compiti tradizionalmente attribuiti alle Camere di commercio;
la normativa vigente in materia è tuttora quella del regio decreto 20 settembre 1934, n. 2011 (articoli da 34 a 40), la quale prevede tre fasi:
a) la predisposizione da parte della Camera di commercio di uno schema di raccolta degli usi e consuetudini;
b) la consultazione delle associazioni interessate;
c) l'emissione della delibera, spettante agli organi della Camera di commercio;
nel 1964 il Ministro dell'industria con la circolare n. 1695/c del 2 luglio 1964 ha dettato le istruzioni per l'applicazione di detta normativa le quali, da un lato, hanno consentito un puntuale e dettagliato approfondimento della materia, dall'altro


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hanno comportato una notevole dilatazione dei tempi necessari per svolgere le attività richieste dovendosi procedere alla costituzione di un'apposita commissione provinciale degli usi e successivamente a quella di un elevato numero di comitati tecnici;
in base all'esperienza comune delle Camere di commercio passano almeno due anni tra la richiesta di designazione dei rappresentanti ai vari enti e la pubblicazione dei risultati del lavoro;
le tecnologie informatiche oggi disponibili consentirebbero di ridurre notevolmente i tempi per le procedure necessarie -:
se non sia il caso di abrogare la citata circolare n. 1695/c del 1964 e contestualmente emanare una nuova circolare che consenta alle Camere di commercio di affiggere ogni cinque anni apposito avviso all'albo camerale, trasmettendo la raccolta degli usi vigenti alle associazioni imprenditoriali di categoria, agli ordini professionali, ai comuni, all'Amministrazione provinciale, con l'invito a proporre osservazioni in merito entro un determinato lasso di tempo e precisando nella comunicazione che la mancata risposta equivale a conferma del testo in vigore (silenzio-assenso);
se non si ritenga di disporre che le osservazioni, le proposte e i contributi di tutti gli interessati vengano portati all'esame della giunta camerale, che approva il testo aggiornato degli usi, consentendo così l'effettuazione di tutto il lavoro, dall'inizio alla fine, nel giro di quattro-cinque mesi, con un risparmio di circa un anno e mezzo sui tempi attuali e con un enorme beneficio per l'immagine delle Camere di commercio.
(4-04738)

Risposta. - Considerato l'ampio rilievo giuridico degli usi di commercio, si comprende come il legislatore abbia fissato criteri rigorosi per il loro accertamento e per la revisione periodica delle raccolte provinciali.
Tali criteri sono stati stabiliti dagli articoli 34-40 del regio decreto 20 settembre 1934, n. 2011 (testo unico delle leggi sui consigli provinciali dell'economia, ora Camere di commercio) e la circolare 1695/C del 2 luglio 1964 ha avuto il solo scopo di invitare le Camere di commercio ad adottare un uniforme modello di «raccolta provinciale degli usi» che ne rendesse agevole la consultazione su tutto il territorio nazionale e seguisse l'ordine dei codici statistici delle varie attività.
Successivamente, l'attività di accertamento e di revisione degli usi è stata confermata dal D.lgs C.P.S. 27 gennaio 1947, n. 152 che, peraltro, prevedeva anche la redazione da parte di una speciale Commissione permanente, di un testo definitivo degli usi generali da pubblicarsi a cura del Ministero delle attività produttive ma per quanto si sappia, non si pervenne mai all'individuazione di usi diversi da quelli locali, sicché si è sempre provveduto a conservare l'evidenza delle più recenti raccolte provinciali.
L'intervenuta legge 24 dicembre 1993, n. 537, nell'intento di avviare l'azione di semplificazione dell'apparato amministrativo dello Stato, annoverò tra gli organi collegiali da sopprimere (articolo 28) anche la predetta commissione speciale di tal che più nessuna disposizione alle camere di commercio è stata impartita in ordine all'attività di accertamento e revisione degli usi di commercio locali. D'altro canto occorre anche tenere presente che la riforma del sistema camerale voluta dalla legge 23 dicembre 1993, n. 580 attribuiva alle Camere di Commercio autonomia funzionale da esercitarsi con propri poteri.
Il ministero delle attività produttive tuttavia, nella sua qualità di amministrazione di riferimento, cercò di essere presente nella delicata fase della revisione degli usi, almeno per renderne uniformi le attività su tutto il territorio nazionale e per sollecitare le camere di commercio ad una radicale revisione degli usi, anche perché c'era una scarsa attenzione alle numerosissime direttive comunitarie direttamente efficaci nel settore agro-alimentare e a quelle recepite dal Legislatore nazionale, troppo spesso


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trascurate nelle raccolte provinciali degli usi. Anche il gruppo di lavoro, all'uopo costituito e che difficilmente avrebbe potuto proficuamente operare, ha visto la sua breve vigenza troncata dall'articolo 18 delle legge 28 dicembre 2001, n. 448 che ha riordinato gli organismi collegiali.
Allo stato attuale, il ministero delle attività produttive ritiene che, per i motivi sopra ricordati, fermi restanti i criteri di accertamento degli usi locali di commercio, di formazione e di revisione delle raccolte provinciali, recati dal R.D. 20 settembre 1934, n. 2011, le singole camere di commercio possano determinarsi nella migliore maniera per rendere tale prezioso servizio alla comunità dei contraenti.
La direzione generale del commercio delle assicurazioni e dei Servizi del ministero delle attività produttive, nell'intento di cogliere quegli aspetti di carattere generale che non si resero possibili con il D.lg. C.P.S. 27 gennaio 1947, n. 152, sin dal mese di ottobre 2002, ha avviato una proficua collaborazione con le università degli studi per la effettuazione di «stage» con soggetti neolaureati, applicati a corsi di tirocinio formativo espressamente dedicati alla «revisione periodica degli usi di commercio», con particolare riferimento alla verifica della compatibilità degli usi di commercio riconosciuti nelle raccolte provinciali, con la corrispondente normativa comunitaria. Per il momento l'esame è dedicato alle norme della contrattazione in genere, al credito, alle assicurazioni, agli usi negoziali nei contratti di
leasing, factoring, frachising, credito al consumo, programmi per elaboratore e sarà cura della direzione generale suddetta diramarne alle camere di commercio i risultati, tanto più che oggetto di studio sono proprio le singole raccolte provinciali. Questa annunciata collaborazione potrà rendersi estremamente utile per l'attività di revisione delle commissioni provinciali.
Il Sottosegretario di Stato per le attività produttive: Mario Carlo Maurizio Valducci.

VALPIANA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
l'Albo professionale dei ragionieri e periti commerciali è stato istituito per contenere i suddetti professionisti muniti di diploma di scuola media superiore che fino al 1996 non avevano superato alcun esame di Stato;
l'Albo dei dottori commercialisti include professionisti muniti di laurea universitaria in economia e commercio che, previo praticantato, hanno superato un esame di Stato ai sensi dell'articolo 33 della Costituzione;
gli ordinamenti professionali di entrambe le professioni risalgono al 1953;
il legislatore italiano ha stabilito che per accedere alla professione economica-giuridica-contabile sono indispensabili la laurea e il superamento degli esami di Stato;
gli iscritti all'Albo dei dottori commercialisti sono circa 51.600 e circa 40.000 sono gli iscritti all'Albo dei ragionieri;
da qualche tempo si discute della unificazione dei suddetti Albi -:
se il Governo stia predisponendo un progetto di fusione dei due Albi sopraddetti;
se in detto progetto di fusione sia previsto il titolo di commercialista sia per i laureati che per i ragionieri;
se corrisponda al vero che sia in preparazione anche l'unificazione delle Casse di previdenza.
(4-05032)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in oggetto indicata, si rappresenta che il progetto di riforma della professione economico contabile, approvato dal Consiglio dei ministri nella seduta del 14 febbraio 2003, con il titolo di «Delega al Governo per l'istituzione dell'Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili», è stato presentato in data 5 marzo 2003 alla Camera dei Deputati (C. 3744).
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.


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ZACCHERA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
agli inizi degli anni '90 il signor Gianfranco Condemi presentava richiesta presso il comune di Verbania - dove è residente - domanda di concessione edilizia per costruire un piccolo capannone ove svolgere la propria attività artigiana di officina meccanica;
il comune concedeva dopo breve tempo la licenza, essendo essa perfettamente in regola con le norme edilizie, ma un vicino la contestava dando inizio ad una causa civile;
tutti i gradi di giudizio ed il TAR Piemonte confermavano la regolarità dell'atto, ma ancora si opponeva la controparte appellandosi avanti il Consiglio di Stato, dove il comune e l'interessato signor Condemi si costituivano come convenuti il 13 marzo 1998 (causa di cui al registro generale 3456/97 - ordinanza 415/98);
a ormai due anni dalla presentazione degli atti nulla è stato ancora deciso dal Consiglio di Stato, ma nel frattempo la licenza di costruzione è stata indirettamente sospesa, mentre l'attività artigianale - unico sostentamento della famiglia - è stata chiusa (poiché il luogo dove prima veniva svolta era stato reso inagibile, ed era infatti questo il motivo della nuova richiesta di costruzione) con un danno irreparabile all'attività del signor Condemi;
appare come la «Giustizia» in questo caso non solo sia assurdamente in ritardo (si ribadisce che in tutte le sedi è già stata data ragione al signor Condemi) ma non dando risposte a livello di Consiglio di Stato si perpetua una situazione di evidente ingiustizia verso un cittadino che ha avuto più volte riconosciuti i propri diritti ma, davanti ad un sistema che permette di non vederli applicati, si trova in realtà a doverci rimettere il proprio patrimonio mentre il Consiglio di Stato, perpetuando i ritardi, di fatto dà soddisfazione a chi si trova nel torto -:
se sia a conoscenza dei motivi del ritardo e quali iniziative di propria competenza intenda adottare affinché siano rese più celeri le procedure di giustizia amministrativa, anche eventualmente tramite un potenziamento degli organici.
(4-00017)

Risposta. - Con ricorso n. 1753 del 1992, depositato il 13 ottobre 1992, la signora Rizzi Maria chiedeva al TAR per il Piemonte, contro il comune di Verbania nei confronti del Condemi Gianfranco, l'annullamento, previa sospensione dell'esecuzione, della concessione edilizia n. 142/92 rilasciata in sanatoria ex articolo 13 della legge n. 47 del 1985 in data 13 aprile 1992 dal sindaco di Verbania al signor Condemi Gianfranco. Al riguardo, nella camera di consiglio del 28 ottobre 1992, veniva pronunciata ordinanza cautelare n. 987 del 1992 di accoglimento della domanda incidentale di sospensione, avendo il collegio ritenuti sussistenti i danni gravi ed irreparabili richiesti dall'articolo 21 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034.
In seguito alla costituzione in giudizio del comune di Verbania avvenuta con memoria depositata il 18 novembre 1992, nonché dello stesso controinteressato signor Condemi Gianfranco, a mezzo comparsa depositata il 23 dicembre 1993, il TAR per il Piemonte - Sezione I -, pronunciava, nella camera di consiglio del 27 aprile 1994, sentenza interlocutoria n. 257/1994 con la quale ordinava al comune di Verbania ed alla regione Piemonte di procedere a taluni adempimenti istruttori, fissando il termine di novanta giorni, decorrenti dalla comunicazione o notificazione della sentenza medesima, per il deposito dei conseguenti atti presso la segreteria del tribunale.
Alla sentenza interlocutoria veniva assicurato adempimento mediante deposito di documenti nella segreteria ed in data 5 settembre 1994 da parte del comune di Verbania ed in data 18 novembre 1994 da parte della regione Piemonte.
Il signor Condemi Gianfranco, a seguito dei suddetti adempimenti, depositava in data 25 marzo 1996 nuova istanza di prelievo del ricorso, ribadendo un asserito


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pericolo derivante dall'incolumità delle persone a causa delle opere in fieri, autorizzate in sanatoria con provvedimento la cui esecuzione risultava sospesa per effetto di ordinanza cautelare n. 987 del 1992.
Il Presidente fissava l'udienza per la discussione del ricorso in data 7 novembre 1996, in prossimità della quale il comune di Verbania ed il controinteressato depositavano ulteriori memorie.
Il collegio pronunciando definitivamente sul ricorso con sentenza n. 858/96, depositata in segreteria il 5 dicembre 1996, lo respingeva quanto alla richiesta di annullamento della concessione e lo dichiarava inammissibile per il resto.
In data 17 aprile 1997 è stato depositato l'appello proposto da Rizzi Maria contro il comune di Verbania e nei confronti di Condemi Gianfranco avverso la sentenza n. 858 del 1996 emessa dalla I sezione del Tar Piemonte.
L'appello in questione, che prendeva il numero 3456 del 1997, veniva assegnato alla V sezione del consiglio di Stato.
Con ordinanza di sospensione n. 45 del 1998 la Sezione, nella camera di consiglio del 17 marzo 1998, accoglieva l'istanza cautelare dell'appellante.
In data 31 marzo 1999 il controinteressato Condemi Gianfranco produceva istanza di prelievo per la fissazione di udienza.
In data 13 ottobre 2000 il comune di Verbania con l'atto di costituzione presentava altra istanza di prelievo.
L'appello veniva fissato per il merito all'udienza del 7 maggio 2002.
In data 12 ottobre 2002, con il numero 5612, veniva pubblicata l'ordinanza interlocutoria per l'acquisizione di nuovi elementi utili alla definizione della vertenza, alla quale il comune di Verbania ha ottemperato in data 24 gennaio 2003; il merito è stato fissato, dopo una serie di rinvii, alla udienza del 20 giugno 2003, sezione V del Consiglio di Stato.
Il Ministro per i rapporti con il Parlamento: Carlo Giovanardi.

ZACCHERA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
è numerosa la colonia eritrea in Italia, composta da migliaia di persone in gran parte assolutamente integrate con la realtà italiana, anche per le lunghe tradizioni di amicizia che esistono tra i due paesi;
oltre a chi è presente con regolare permesso di soggiorno, è probabile che siano presenti anche eritrei che hanno lasciato il loro paese a seguito della lunga guerra con l'Etiopia e sotto la minaccia - uomini e donne - di essere obbligati al combattimento;
essendosi ufficialmente concluso il predetto conflitto, starebbe per scadere la loro condizione di rifugiati in diversi paesi d'Europa e quindi anche in Italia ed a Malta, dove nelle scorse settimane 177 persone sarebbero state rimpatriate con la forza in Eritrea dove rischiano pesanti conseguenze per la loro presunta diserzione -:
se si abbiano notizie precise circa il futuro di chi venga eventualmente coattivamente obbligato al ritorno in Eritrea;
se vi siano state richieste di asilo politico da parte di cittadini eritrei in Italia e quale sia l'atteggiamento generale del Governo in merito all'eventuale accettazione delle domande;
se non si ritenga di dover comunque intervenire al fine di tutelare la vita di chi si trova nelle condizioni di cui sopra, in considerazione della particolare situazione tuttora esistente in Eritrea.
(4-04199)

Risposta. - L'aumento degli espatri, anche illegali, dall'Eritrea registrato negli ultimi tempi appare sostanzialmente legato alla precaria situazione economica, ulteriormente peggiorata a seguito della recente crisi alimentare dovuta alla siccità, ed al tentativo soprattutto da parte delle generazioni più giovani di sottrarsi agli obblighi di leva.
In Eritrea il servizio militare è infatti obbligatorio per tutti i cittadini di ambo i


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sessi che abbiano compiuto i 18 anni di età e sino al compimento dei 40 e dura 18 mesi. Trattasi di misura che durante la guerra con l'Etiopia ha incontrato un generale consenso, con frequenti casi di arruolamento volontario. La situazione è cambiata dopo la fine del conflitto e dopo il lancio, all'inizio del 2002, della campagna «Warsai Yikealo» che prevede un ulteriore periodo di servizio civile per lavori di pubblica utilità, con salari ridotti, il rifiuto di gran parte delle nuove generazioni di rispondere alla chiamata alle armi e l'accentuarsi di fenomeni di diserzione hanno indotto le autorità eritree ad operazioni di arruolamento forzato, con severi e capillari controlli.
È inoltre da precisare che la legislazione penale vigente in Eritrea prevede la pena di morte per i casi più gravi di diserzione in tempo di emergenza, mobilitazione generale o guerra. Non sembra però che il caso degli attuali immigrati eritrei possa rientrare in tale casistica, trattandosi per lo più di fenomeni di renitenza alla leva. In ogni caso, le Autorità eritree sostengono che dal 1993 ad oggi non vi siano stati giudizi in cui siano state pronunciate sentenze di morte. Tale affermazione è confermata dall'ultimo rapporto sull'Eritrea di Amnesty Intemational, in cui l'organizzazione si congratula per l'effettiva sospensione della pena di morte dall'indipendenza del Paese.
Sul piano generale, non abbiamo notizia di casi di persecuzioni generalizzate di particolari gruppi sociali per motivi politici, etnici, religiosi o di altro tipo.
Per quanto riguarda la condizione dei rifugiati eritrei che negli ultimi decenni sono fuggiti dal Paese, si fa presente che la maggior parte di essi si trova in Sudan. Una serie di accordi tripartiti tra l'UNHCR, il Governo eritreo e quello sudanese prevede il rimpatrio volontario dei rifugiati eritrei.
Dal maggio del 2001 ad oggi circa 51.000 profughi eritrei sono stati volontariamente rimpatriati in condizioni di sicurezza e sotto il controllo dell'UNHCR. Nella sua allocuzione alla III commissione dell'assemblea generale delle Nazioni Unite, il 7 novembre scorso, lo stesso commissario ha citato l'Eritrea fra i Paesi in cui si erano registrati sviluppi positivi per quanto concerne il rientro dei profughi evidenziando come le relazioni e la collaborazione dell'alto commissariato per i rifugiati e le autorità eritree si fossero progressivamente rafforzate e consolidate.
Tali sviluppi, che hanno fatto seguito alla cessazione dello stato di ostilità fra Eritrea ed Etiopia nel giugno del 2000, hanno indubbiamente contribuito ad indurre l'Alto Commissario a dichiarare, conformemente alle disposizioni della convenzione sui rifugiati del 1951, la cosiddetta
cessation clause ovverosia il venire meno, tecnicamente le ceased circumstances, delle condizioni che lo avevano indotto ad invocare la protezione internazionale per i cittadini eritrei in fuga dal conflitto che ne avessero fatto richiesta ad uno Stato terzo. I mutamenti intervenuti nella situazione interna eritrea sembrano peraltro giustificare la decisione dell'Alto Commissario. Tale decisione ha una portata di carattere generale che non impedisce tuttavia ai singoli di richiedere su base personale da valutare caso per caso il riconoscimento dello status di rifugiato. In merito alla «cessation clause» decretata dall'alto commissariato occorre inoltre precisare quanto segue:
a) essa non rappresenta in alcun modo una misura vincolante per gli Stati i quali possono quindi liberamente revocare o meno lo status di rifugiato già concesso;
b) la «cessation clause» potrebbe essere invocata solo per coloro i quali avessero ottenuto lo status di rifugiato in riconoscimento dello stato di guerra esistente nel Paese, ed avrebbe in ogni caso effetto nel caso specifico per i profughi eritrei entrati nel nostro Paese prima del 91 e fra il 98 ed il 2000;
c) lo stato italiano dovrebbe in ogni caso eventualmente garantire a tutti coloro i quali ricadessero nella previsione di cui al precedente punto, la possibilità di richiedere un riesame della loro situazione individuale e potrebbe valutare di concedere, anche sulla base di motivazioni diverse dallo stato di guerra, lo status di rifugiato;


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d) la «cessation clause» è soprattutto una misura di carattere interno che serve all'UNHCR per definire giuridicamente e chiudere da un punto di vista amministrativo determinate situazioni consentendole di aggiornare periodicamente la lista delle aree di crisi nelle quali sussistono i presupposti di intervento e riprogrammare le proprie priorità.

Come considerazione di carattere generale occorre evidenziare che in ogni caso la Convenzione di Ginevra si ispira al principio di fondo che i rimpatri dovrebbero sempre avvenire su basi volontarie e non coatte.
In particolare, per quanto riguarda il nostro Paese, e in relazione a quanto sopra detto, l'Italia mantiene una competenza decisionale autonoma, indipendente dalle determinazioni dell'UNHCR in tema di revoca dello status di rifugiato. Le richieste di riconoscimento dello status di rifugiato politico presentate da eritrei in Italia continueranno pertanto ad essere esaminate secondo la procedura ordinaria prevista dal decreto del Presidente della Repubblica 15 maggio 1990 n. 136 e dalla Convenzione di Dublino del 15 giugno 1990 e decise dalla Commissione centrale per il riconoscimento dello
status di rifugiato (che verrà sostituita dalle Commissioni Territoriali e dalla commissione nazionale per il diritto d'asilo, secondo quanto prevede la legge n. 189 del 2002, non appena verranno emanati i relativi regolamenti di attuazione). In caso di rigetto della domanda, può inoltre trovare applicazione l'articolo 5 comma 6 del D.Lvo n. 286 del 1998 che prevede la revoca o il rifiuto del permesso di soggiorno, fatto salvo che non ricorrano seri motivi, in particolare quelli di carattere umanitario.
Allo stato attuale, l'ambasciata d'Italia in Asmara non ha notizia di cittadini eritrei espulsi dall'Italia e rientrati nel Paese perché non sarebbe stato riconosciuto loro lo status di rifugiato. Eventuali rientri sarebbero dunque avvenuti su base volontaria, con la conseguenza della perdita di tale
status. Anche in quest'ultimo caso, qualora ne ricorrano i presupposti, può essere sempre riproposta la richiesta di asilo in Italia.
Per quanto riguarda i cittadini eritrei espulsi da Malta e rientrati nel Paese, i 177 profughi sarebbero attualmente in stato di fermo presso il campo di detenzione di Adi Abeito, a pochi chilometri dalla capitale, per accertamenti da parte delle Autorità di polizia locali, volti ad individuare l'eventuale sussistenza di reti logistiche locali coinvolte nell'attività di espatrio ed emigrazione clandestini. Fonti UNHCR hanno peraltro fatto presente che la situazione specifica di tale gruppo di persone sia in realtà poco chiara, che le stesse sarebbero giunte contemporaneamente a Malta e non avrebbero avanzato nei confronti delle Autorità locali alcuna richiesta di asilo. Ad ogni modo le loro condizioni di detenzione sembra siano conformi ai parametri locali e non sarebbero in ogni caso peggiori di quelle cui sono sottoposti altri detenuti.
Occorre evidenziare che l'Eritrea non è stata oggetto di risoluzioni di condanna per violazione dei diritti umani né in occasione della 58a sessione della commissione delle Nazioni unite per i diritti umani, svoltasi a Ginevra nei mesi di aprile-maggio scorsi, né in occasione dei lavori della III Commissione dell'Assemblea Generale delle Nazioni svoltasi a New York nei mesi di ottobre-novembre scorsi. In tale occasione, l'Eritrea non è stata neanche citata nel rapporto presentato dall'alto commissario per i diritti umani alla commissione.
Peraltro, nel discorso generale pronunciato dalla presidenza di turno spagnola in nome dei Quindici a Ginevra sul tema delle violazioni dei diritti umani nel mondo, l'Unione Europea ha espresso comunque seria preoccupazione per la situazione dei diritti umani in Eritrea, denunciando la detenzione arbitraria di oppositori politici del regime e di giornalisti, la chiusura di testate giornalistiche indipendenti ed altre violazioni dei diritti civili e politici. Sulla base di tali premesse, le autorità eritree sono state invitate ad attuare un radicale mutamento della propria politica nel settore del riconoscimento e della tutela dei diritti civili e politici.


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Tali giudizi critici sono stati, peraltro, confermati dai rapporti di autorevoli ONG internazionali, quali
Amnesty International e Human Rights Watch, che hanno a loro volta ed a più riprese denunciato violazioni dei diritti civili e politici in danno di giornalisti, attivisti dei diritti umani ed oppositori politici.
Sulla base di informazioni acquisite dalla nostra ambasciata in Asmara peraltro non si riscontrano al momento nel Paese casi particolari e sistematici di persecuzioni in danno di specifici gruppi sociali per motivi etnici, politici o religiosi.
L'Italia, nell'ambito delle sue articolate relazioni bilaterali con Asmara, continuerà a seguire con attenzione anche l'evoluzione della situazione dei diritti umani nel Paese.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Luigi Mantica.

ZACCHERA. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il 26 settembre 1944 ad opera di un mitragliamento da parte di un aereo inglese fu affondato il battello Milano in servizio pubblico sul Lago Maggiore;
nell'attacco contro il mezzo indifeso perirono molti civili oltre a militari in forze a diversi reparti della Repubblica Sociale italiana;
solo grazie all'altruismo di alcune persone si riuscì a fare avvicinare il battello alla riva permettendo di salvare la vita a molte altre persone, prima che il Milano definitivamente affondasse in località «Castagnola» di Verbania con a bordo molti corpi di persone uccise nell'attacco;
negli anni scorsi alcuni sommozzatori avrebbero confermato la presenza a bordo ancora di resti umani, e che solo qualche anno fa fu possibile rintracciare ed identificare le spoglie di quelle vittime recuperate durante l'attacco o morte negli ospedali locali, parte delle quali furono frettolosamente sepolte presso il cimitero di Verbania Intra - in una fossa comune come «Ignoti» - dando loro finalmente più degna sepoltura;
apparirebbe doveroso procedere ad una seria ricognizione del relitto ed un suo eventuale recupero per dare altrettanta, doverosa sepoltura ai resti che ancora oggi sembrano essere rimasti imprigionati nello scafo del battello -:
se il Ministro non ritenga di dover procedere a questa iniziativa di cristiana pietà ma anche dovuta se tesa al recupero delle spoglie di soldati italiani che non sono stati dimenticati - come è provato dalle manifestazioni che ogni anno vengono organizzate in occasione dell'anniversario dell'affondamento - e che ha un senso prima che siano scomparsi i famigliari dei caduti e dei dispersi.
(4-04549)

ZACCHERA. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
nell'ottobre 2002 l'interrogante ebbe a presentare una interrogazione a risposta scritta - rimasta ad oggi ancora senza risposta - circa il possibile recupero del battello «Milano» affondato in località Castagnola sul Lago Maggiore il 26 settembre 1944 ad opera di un mitragliamento aereo;
in quella circostanza si sottolineava l'opportunità di verificare se a bordo ci fossero ancora o meno resti umani di civili e/o militari stante la contraddittorietà delle fonti e delle testimonianze;
a seguito della pubblicità derivante dalla interrogazione si è aperto localmente un ampio dibattito ed una ulteriore analisi e ricostruzione storica degli eventi;
per verificare esattamente la situazione circa la presenza o meno di salme e la possibilità (ed eventuale opportunità) di un possibile recupero del relitto del battello occorre comunque procedere ad un sopralluogo sul fondo del lago, utilizzando mezzi di ricerca adeguati e che ciò è prioritario per valutare qualsiasi eventuale successivo intervento;


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l'Associazione «Sub Verbania», apprezzata associazione di volontariato attiva nel campo della pratica sportiva e delle ricerche subacquee da quasi 40 anni, si è dimostrata particolarmente attenta a questa vicenda, offrendo la propria collaborazione anche a titolo gratuito mettendo a disposizione personale specializzato e l'appoggio logistico ad un'iniziativa di questo tipo e che ciò permetterebbe di ridurre l'impegno finanziario necessario -:
se il Governo non ritenga che si debba affrontare sollecitamente la questione esposta in premessa;
se non si ritenga opportuno procedere ad un sopralluogo del relitto finalizzato alla sua esatta individuazione e, tramite riprese video-registrate, verificare lo stato di fatto, tramite apparecchiature adeguate ed incaricando a questo fine una ditta specializzata, tenendo conto che nei mesi invernali la trasparenza delle acque è ottimale.
(4-05153)

Risposta. - Si risponde contestualmente alle interrogazioni in discorso, in quanto entrambe attinenti ad analoga problematica.
Preliminarmente corre l'obbligo di precisare che per tradizione immemore, la Marina militare considera i relitti delle proprie unità affondate come sepolcri inviolabili delle spoglie dei militari che ne formavano gli equipaggi.
Per questo motivo non sono state avviate, a tutt'oggi, iniziative tese al recupero delle spoglie dei propri caduti in mare, fatta eccezione per l'intervento operato nel 1984 sul sommergibile «Scirè», con conseguente recupero dei resti di 42 dei 60 membri d'equipaggio, a seguito di accertati atti di sciacallaggio perpetrati al suo interno.
Ciò detto, con riferimento all'auspicata operazione di recupero del battello «Milano» - peraltro non appartenente al naviglio della Marina militare - e delle spoglie di quanti rimasero imprigionati all'interno dello scafo, si deve sottolineare che i compiti istituzionali dei reparti subacquei della Marina Militare si sostanziano nel soccorso a sommergibili sinistrati ed allo sminamento o neutralizzazione di ordigni situati in mare, nella zona compresa tra la linea di battigia ed il limite delle acque territoriali, ovvero, oltre detto limite, solo in caso di pericolo per la pubblica incolumità, circostanza questa che non risulta sussistere per la vicenda in esame.
In tale quadro, duole dover comunicare che, pur comprendendo il senso dei nobili intenti che muove l'interrogante, gli interventi auspicati non risultano attuabili da parte della Marina militare che, tra l'altro, non è dotata di mezzi tecnici idonei ad operare il recupero in sicurezza di relitti o per eseguire interventi all'interno degli stessi. Ciò anche in presenza dell'apprezzabile offerta di collaborazione da parte dell'associazione «Sub Verbania».
In ultimo, per completezza di informazione, si rappresenta che qualsiasi operazione finalizzata alla ricognizione e/o all'eventuale recupero delle salme o del relitto, dovrà essere preventivamente concordata con la regione e con l'ente locale competenti per territorio, a cui è stata conferita, ai sensi del decreto legislativo 31 marzo 1998 n. 112, la gestione del demanio idrico.
Il Ministro della difesa: Antonio Martino.

ZACCHERA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
ha avuto ampio seguito sulla stampa locale la notizia che gli insegnanti di alcune scuole di Verbania avrebbero deciso di non tenere in classe i consueti spettacoli o recite di carattere natalizio per non offendere la suscettibilità di alunni non cristiani essendo il natale «Festa Cristiana»;
conseguentemente la stragrande maggioranza degli allievi - agnostici o cattolici - si è vista privata di un momento ludico e di integrazione tra scuole e famiglie, mentre non risulta in alcun modo all'interrogante che ricordare il Natale debba essere considerato un avvenimento in termini


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anti-islam tenuto anche conto del riconoscimento della figura storica di Gesù nella stessa tradizione islamica -:
quale diffusione abbia avuto questo fenomeno e se sia stato segnalato dalle autorità scolastiche locali, provinciali e regionali;
se il Ministro abbia avviato processi conoscitivi su questo fenomeno e, in questo caso, se si sia appurato come si siano svolti i fatti nella loro completezza, con particolare riguardo alle proteste di molti genitori davanti a questa decisione del corpo insegnante;
se non si ritenga di dover intervenire al fine di garantire da una parte la libertà di credo religioso per tutti, come previsto dalla legge, ma anche di sottolineare come sia giusto mantenere spazi didattici e para-didattici nel solco della tradizione cristiana e cattolica che rappresenta la gran parte del credo religioso professato nel nostro Paese.
(4-04982)

Risposta. - Si risponde alla interrogazione parlamentare in discorso con la quale l'interrogante ha segnalato la notizia a suo tempo diffusa da organi di stampa che alcune scuole di Verbania avrebbero deciso di non tenere in classe i consueti spettacoli e recite di carattere natalizio.
Al riguardo si fa presente che la notizia è risultata priva di fondamento in quanto presso la scuola media «Quasimodo», alla quale la notizia stessa faceva riferimento, è stato celebrato come ogni anno il Natale e nessuna attività è stata limitata, né tanto meno negata.
Le tradizioni di Natale, infatti, sono state celebrate attraverso l'inserimento nel curricolo obbligatorio e integrativo di spettacoli, rappresentazioni, attività laboratoriali e di ricostruzione storica di eventi e soprattutto di valori connessi al Natale e alla sua attesa.
Le suddette attività hanno coinvolto tutta la comunità scolastica, alunni, genitori, personale scolastico nei rispettivi ruoli di attori, spettatori, animatori delle iniziative stesse. Sulla base di scelte univoche a livello d'istituto, si è posta l'attenzione perché tutti si sentissero coinvolti e perché ciascuno potesse dare il proprio contributo.
In particolare, presso la sede centrale, in orario curricolare nei diversi laboratori tecnico pratici sono stati realizzati i manufatti artistici per le raffigurazioni e le rappresentazioni celebrative e rievocative ed in orario aggiuntivo il 13 dicembre 2002 gli alunni, con la presenza di tutti i docenti della scuola, hanno addobbato le aule e rievocato la tradizione del Natale.
Presso la sezione staccata di Bele, oltre alle attività di allestimento della scuola, sabato 14 dicembre 2002, in giornata aggiuntiva al calendario scolastico si è svolto un concerto natalizio che ha coinvolto da protagonisti tutti gli alunni della scuola alla presenza di numerosissimo pubblico.
Presso la sezione staccata di Cannero l'8 dicembre 2002, nell'ambito del progetto didattico «Cannero in Piazza» tutti gli alunni ed i docenti hanno partecipato all'esposizione del mercatino benefico di oggetti prodotti nei laboratori del tempo prolungato.
Il 20 dicembre 2002 gli alunni hanno festeggiato il Natale con un concerto presso il salone multiuso messo a disposizione dall'ente locale.
Il Sottosegretario di Stato per l'istruzione, per l'università e per la ricerca: Valentina Aprea.

ZACCHERA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
i tempi di attesa degli accreditamenti ministeriali all'estero si sono dilatati ulteriormente in questi ultimi anni;
i primi accreditamenti arrivano all'estero ad anno finanziario già iniziato da un pezzo, mentre quelli successivi, specialmente per le retribuzioni dei contrattisti, per la promozione commerciale, per la stampa, per il funzionamento d'ufficio ed altri pervengono con ritardi che mettono a repentaglio la funzionalità della rappresentanza all'estero;


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presso moltissime ambasciate e consolati, grazie alla notevole mole di visti concessi o di atti consolari, esiste una giacenza media costante sul CCVT (Conto Corrente Valuta Tesoro su cui vanno obbligatoriamente tutte le percezioni consolari) di molte migliaia di euro (in alcuni casi tali giacenze in valuta locale non sono convertibili, né esportabili) che non possono essere toccati se non dopo un'espressa autorizzazione scritta del ministero dell'economia e delle finanze;
quando si tratta di pagare fatture a fornitori o bollette telefoniche ed elettriche il mancato arrivo dei fondi può essere variamente giustificato per ottenere una dilazione dei termini di pagamento non sempre concessa senza intaccare il prestigio del Paese, ma in occasione della retribuzione mensile ai contrattisti non ci sono ragioni che ci assolvano nel non rispetto della consegna del dovuto alla scadenza mensile;
ogni ufficio all'estero deve segnalare obbligatoriamente al ministero dell'economia e delle finanze e al ministero degli affari esteri, ogni trimestre, la giacenza dei fondi sul CCVT senza inviare fondi all'estero con ovvio risparmio di valuta per l'erario;
se non si ritenga utile permettere le opportune compensazioni fra i diversi conti di ogni nostra rappresentanza estera e se, più in generale, non si ritenga di dover procedere ad una semplificazione delle norme burocratiche ed amministrative.
(4-05270)

Risposta. - Con riferimento a quanto rappresentato dall'interrogante, si segnala che negli ultimi esercizi finanziari si è cercato di contenere i ritardi di inizio anno entro limiti accettabili, riuscendo ad evitare un peggioramento dei tempi di pagamento degli impiegati, nonostante la presenza di problemi che hanno influenzato negativamente la gestione di questo settore.
Per quanto concerne i finanziamenti relativi agli impiegati a contratto a legge italiana e a legge locale, il ministero degli esteri ha dovuto infatti far fronte a numerosi problemi temporanei, prevalentemente a carattere tecnico, quali: le limitazioni di accesso al sistema integrato di contabilità gestionale del ministero dell'economia, per effetto della chiusura dell'esercizio finanziario 2002 (che non ha consentito di operare nel mese di dicembre dello scorso anno); la mancata conoscenza dei nuovi rapporti fissi di ragguaglio in vigore a decorrere dal 1o gennaio 2003; la necessità di messa a punto del nuovo programma informatico per l'esercizio entrante con l'inserimento dei nuovi cambi di finanziamento delle valute adottate quest'anno per i vari pagamenti.
Non è peraltro stato possibile procedere all'esame delle retribuzioni degli impiegati a contratto con ulteriore anticipo poiché, per ottemperare ad un parere dell'avvocatura generale dello Stato, si è riusciti in
extremis a provvedere alla liquidazione degli adeguamenti retributivi previsti dal contratto di categoria, ciò grazie alla disponibilità del personale ad operare con ritmi di lavoro molto sostenuti per evitare di mandare in economia fondi stanziati da tempo.
Ciò premesso, con riferimento all'esercizio 2003 il ministero degli esteri ha perfezionato i finanziamenti relativi al primo trimestre per gli impiegati a legge italiana ed al primo semestre dell'anno per gli impiegati a legge locale, esercitando una quotidiana e tenace azione di sensibilizzazione presso il servizio del contabile del portafoglio e l'ufficio italiano dei cambi.
Laddove ciò è stato possibile, come nel caso del consolato genera1e di Buenos Aires, si è provveduto ad autorizzare, per il tramite del servizio del contabile, il prelevamento dai CCVT.
Per quanto riguarda le norme burocratiche ed amministrative, preme sottolineare come l'attività del ministero degli esteri sia stata negli ultimi anni costantemente rivolta all'adozione di procedure per la semplificazione e lo snellimento delle norme per i finanziamenti all'estero.
In tal senso il ministero degli esteri ha anche promosso e seguito, insieme alla Presidenza del Consiglio ed al ministero dell'economia, il lungo
iter di un regolamento


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di semplificazione del procedimento dei pagamenti all'estero. Detto regolamento (contenuto nel decreto del Presidente della Repubblica 15 dicembre 2001, n. 482, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 14 febbraio 2002) comporta, tra l'altro, l'abrogazione dell'articolo 1 della legge 6 febbraio 1985, n. 15 e la soppressione delle disposizioni normative relative al contabile del portafoglio. Il vecchio procedimento prevedeva invece per tutte le operazioni di pagamento per l'estero il passaggio attraverso il contabile del portafoglio, al quale la normativa concedeva fino a 60 giorni per gli adempimenti di competenza.
A seguito dell'emanazione del predetto regolamento, il ministero degli esteri ha curato, d'intesa con il dicastero dell'Economia, la predisposizione dei relativi decreti attuativi per l'area euro e per l'area extra-euro. Il primo dei due decreti ha già trovato applicazione con decorrenza dal 1o gennaio 2003, consentendo quindi di velocizzare i pagamenti nei Paesi aderenti all'Unione monetaria europea. Non pochi problemi si sono peraltro verificati in fase di prima applicazione, connessi per un verso alla complessa codifica delle varie posizioni anagrafiche, dei conti correnti bancari delle Sedi e, per altro verso, all'esigenza di raccordarsi direttamente con organismi nuovi quali la banca d'Italia e l'ufficio italiano dei cambi.
Il secondo decreto relativo ai pagamenti verso i Paesi non aderenti all'Unione europea, che affida all'ufficio italiano dei cambi il compito di curare il perfezionamento dei finanziamenti, è ormai prossimo alla pubblicazione sulla
Gazzetta Ufficiale.
La problematica in esame continuerà ad essere seguita con particolare attenzione ed impegno dal ministero degli affari esteri, anche nel quadro dell'azione volta a promuovere procedure analoghe di semplificazione amministrative e contabili per altri settori di gestione del bilancio.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Roberto Antonione.

ZANELLA, BULGARELLI e CENTO. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
l'organizzazione pacifista italiana Action for peace, insieme ad organizzazioni pacifiste palestinesi e internazionali, ha organizzato nella settimana dal 23 al 29 giugno 2002 l'iniziativa Time for peace, la prima grande manifestazione per la pace promossa congiuntamente da israeliani e palestinesi dopo quasi due anni dalla rottura del processo di pace, nell'ambito della quale è prevista per la giornata del 29 giugno 2002 una simbolica catena umana a Gerusalemme. Per parteciparvi si sono mobilitati pacifisti da tutto il mondo e dal nostro paese sono partiti alla volta di Tel Aviv, o sono in procinto di farlo, rappresentanti della regione Campania, Umbria e Toscana, militanti pacifisti dell'organizzazione Tavola della Pace, sindacalisti e parlamentari;
l'atteggiamento delle autorità israeliane, tuttavia, si è subito mostrato, immotivatamente, di irremovibile chiusura e le delegazioni internazionali giunte in Israele sono state sistematicamente respinte appena giunte all'aeroporto di Tel Aviv. Due gruppi di pacifisti italiani, per un totale di trenta persone, sono stati rimpatriati nei giorni scorsi e stessa sorte è toccata a una seconda delegazione, di 16 persone, tra cui nove donne, arrivata in Israele nella giornata del 23 giugno 2002;
in quest'ultima occasione il comportamento delle autorità israeliane è stato caratterizzato da una particolare brutalità e da misure altamente lesive della dignità personale e dei diritti civili dei cittadini italiani facenti parte della delegazione. Interrogati per oltre sei ore dalla polizia, sono stati poi rinchiusi a chiave in una stanza dell'aeroporto e solo l'interessamento dell'Ambasciata italiana ha permesso loro di ricevere acqua e cibo intorno alla mezzanotte di ieri. Nella mattinata del 24 giugno 2002 una donna italiana è stata rimpatriata senza che le fosse stato restituito il passaporto mentre altri membri della delegazione pacifista sono stati espulsi nel pomeriggio;
ciò è avvenuto nonostante vari parlamentari israeliani si siano mobilitati


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presso il proprio ministero dell'interno e nonostante il movimento pacifista israeliano Peace Now abbia fornito tutte le garanzie sull'identità dei pacifisti italiani e, dietro richiesta delle autorità di Tel Aviv, sia stata fornita una lista completa dei nominativi dei componenti la missione pacifista;
l'iniziativa Time for Peace, sostenuta da numerosi parlamentari e intellettuali era stata notificata alle autorità competenti fin dal dicembre 2001 e da queste ultime regolarmente autorizzata; risulta dunque incomprensibile l'attuale divieto di ingresso rivolto contro persone aventi come unico obiettivo la costruzione di un percorso di pace condiviso tra i due popoli in guerra -:
se non ritenga inaccettabile che cittadine e cittadini italiani vengano discriminati sulla base della loro manifesta scelta pacifista e sottoposti ad immotivate misure restrittive della loro libertà personale;
quali urgenti iniziative intenda mettere in campo per tutelare i diritti e l'incolumità dei numerosi cittadini italiani che si recheranno nei prossimi giorni in Israele per partecipare all'iniziativa Time For Peace;
se non ritenga opportuno inoltrare una nota formale di protesta presso le autorità israeliane per l'atteggiamento tenuto nei confronti dei nostri concittadini.
(4-03298)

Risposta. - Come noto, l'autorizzazione all'ingresso sul proprio territorio rientra nelle facoltà sovrane di ogni Stato, incluso Israele. Nell'operare i respingimenti, le autorità dello Stato ebraico hanno quindi agito nella legalità, nonché nel rispetto dei diritti e nell'ambito delle proprie facoltà sovrane, tra l'altro previamente fatte conoscere alle autorità italiane. Vale altresì la pena notare che il Governo israeliano ha generalmente accolto missioni umanitarie e delegazioni parlamentari italiane ed europee, incluse quelle che intendevano recarsi nei territori occupati. Al tempo stesso, è opportuno rammentare che Israele è estremamente sensibile nei confronti di manifestazioni ed iniziative che vengono percepite come rischi per l'ordine pubblico, come è stato per la manifestazione del 29 giugno 2002 a Gerusalemme.
Per ciò che riguarda, nello specifico, i partecipanti italiani alla manifestazione «Time for Peace» nella percezione israeliana non è stata considerata sufficiente a dissipare tali rischi la dichiarazione degli interessati di essere stati invitati dal movimento «Peace Now» (il movimento israeliano fra l'altro non ha inviato alcun proprio rappresentante in aeroporto). In seguito si è appreso che, in realtà, l'iniziativa di mobilitare gli ambienti del pacifismo italiano sarebbe stata presa unilateralmente da parte palestinese. Peace Now, preoccupato che forme di pacifismo non simmetrico tra le parti potessero portare a ricadute negative d'immagine presso l'opinione pubblica israeliana, avrebbe quindi adottato una linea improntata a cautela rispetto al problema delle espulsioni in aeroporto.
Le autorità di frontiera hanno quindi ritenuto di procedere, dopo gli interrogatori ed i controlli di rito, ai respingimenti. La decisione è stata presa anche in considerazione degli effettivi, gravi problemi di sicurezza posti dalla manifestazione, che avrebbe dovuto svolgersi in aree più volte colpite da mortiferi attentati terroristici ed interessate da scontri armati. Vale la pena notare che della concreta possibilità di un respingimento in Aeroporto, nonché dei problemi di sicurezza connessi con la manifestazione, il Governo italiano aveva peraltro avvertito, già dal 21 giugno, tanto i responsabili di «Action for Peace» quanto quelli del «Coordinamento enti locali per la Pace» che avevano comunicato a questo Ministero degli affari esteri la loro intenzione di partecipare alla manifestazione.
Al fine di garantire assistenza consolare ai connazionali in arrivo, l'Ambasciata ha assicurato continui turni in aeroporto, tanto di giorno quanto di notte, con i funzionari diplomatici in servizio, per verificare che le condizioni di fermo alla frontiera fossero accettabili, intervenendo costantemente a favore dei connazionali e


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fornendo, ove necessario, cibo e generi di prima necessità. I funzionari hanno anche chiesto - e ottenuto - l'assistenza delle compagnie aeree interessate per alleviare le condizioni di fermo e facilitare i rientri.
Alla luce di quanto precede e in considerazione del fatto che è stato ormai chiarito che al respingimento si è dato corso per esigenze di sicurezza e di ordine pubblico, non sembrerebbero opportuni ulteriori interventi nei confronti del Governo di Tel Aviv.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Luigi Mantica.

ZANELLA, LION, CIMA e BOATO. - Al Ministro della salute, al Ministro delle attività produttive, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio. - Per sapere - premesso che:
giovedì 28 novembre 2002, intorno alle 19.40, nei serbatoi di stoccaggio di peci clorurate dell'area Dow Poliuretani di Porto Marghera (Venezia), si è sviluppato un incendio, le cui cause sono ancora ignote, in seguito al quale si è formata una densa nube di sostanze chimiche;
il materiale bruciato nell'incendio, il toluen diisocianato, sostanza chimica di transizione derivata dal fosgene, è uno scarto tossico nocivo che viene conservato in serbatoi a 150 gradi di temperatura prima di essere inviato agli inceneritori dei rifiuti tossico nocivi;
in seguito all'incidente tre lavoratori sono dovuti ricorrere a cure mediche per intossicazione dovuta all'inalazione delle sostanze sprigionatesi dall'incendio;
dalla direzione dello stabilimento l'allarme sarebbe partito intorno alle 20.00 come testimoniato dal fax ricevuto dal sindaco di Venezia alle 20.08;
le sirene d'allarme (punti di diffusione acustica bitonale) sono state attivate intorno alle 20.30 su indicazione dello stesso sindaco e in seguito alla segnalazione sulla possibile tossicità delle sostanze sprigionatesi dall'incendio;
i punti di segnalazione acustica bitonale, attivati solo recentemente, si trovano a Marghera, Malcontenta e Catene, zone dichiarate a rischio elevato dall'A.R.P.A.V.;
i rapporti di sicurezza, ai sensi dell'articolo 8 del decreto legislativo n. 334 del 1999, che recepisce la direttiva Seveso 2, n. 96 del 1982, prevedono che ogni azienda, oltre alla redazione di documentazione relativa allo stabilimento (notifica), predisponga un rapporto di sicurezza da presentare agli organi competenti responsabili delle emergenze esterne, i quali rivelano che nella provincia di Venezia gli stabilimenti a rischio di incidente rilevante di cui al decreto legislativo n. 334 del 1999 sono ben 36, di cui 24 nel comune di Venezia concentrati nella zona industriale di Porto Marghera;
l'autorità portuale ha predisposto il Rapporto sulla Sicurezza, all'interno del piano regolatore portuale del porto di Venezia, per la sezione di Porto Marghera, adottato dal comitato portuale il 17 febbraio 2000, da cui si evince la presenza delle seguenti sostanze infiammabili, esplosive o tossiche: anidride arseniosa (12 t), infiammabili (GPL) (675 t), infiammabili (benzine) (900.720 t), infiammabili (benzine) (25.000 t), infiammabili (benzine) (218.325 t), infiammabili (greggio) (77.958 t), infiammabili (esano) (154 t), C.V.M. (4.492 t), ossigeno (1.100 t), ossigeno (0,78 t), acido fluoridrico (784 t), cloro (3 t), ammoniaca (13 t), anidride solforosa (63 t), infiammabili (GPL) (50 t), infiammabili (benzine+GPL) (134.613 t), ammoniaca (39.317 t), fosgene (15 t), cloro (542 t), infiammabili (benzine) (128.500 t), acrilonitrile (9.270 t), infiammabili (benzine) (124.300 t), infiammabili (benzine) (500 t);
sia il rapporto citato, che il Piano di emergenza esterna relativa ai rischi industriali redatto dalla prefettura nel febbraio 1998, evidenziano che, in normali condizioni di vento, i centri abitati di Marghera, Mestre, Malcontenta, Oriago, Mira, distanti


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da 1 a 4 km dall'epicentro della zona a rischio, sarebbero raggiunti in pochi minuti dalla nube di sostanze tossiche sprigionatesi da qualche impianto -:
in che modo e in quali tempi intendano verificare perché lo stabilimento abbia lasciato trascorrere circa 25 minuti dall'inizio dell'incendio prima di allertare gli organi preposti e quali siano i motivi del ritardo nell'attivare questa procedura;
se non ritengano necessario accertare perché i punti di segnalazione acustica siano presenti nelle sole zone di Marghera, Malcontenta e Catene e non anche a Mestre, Oriago e Mira indicate, nel Piano di emergenza esterna relativa ai rischi industriali redatto dalla prefettura nel febbraio 1998, come località raggiungibili in pochi minuti da una nube tossica perché distanti da 1 a 4 km dall'epicentro della zona a rischio di Porto Marghera;
come intendano indurre gli enti locali, che in base alle direttive Seveso sono tenuti ad informare la popolazione, a strutturare sistemi adeguati per allertare tempestivamente la medesima in caso di incidenti rilevanti per l'incolumità pubblica;
se non ritengano che il sistema radio televisivo pubblico nazionale debba prevedere eccezionali misure di informazione per i telespettatori idonee ad allertare la popolazione e informare tempestivamente circa i rischi sanitari cui è esposta in situazioni simili a quella verificatasi il 28 novembre 2002;
quali misure intendano adottare a tutela dei lavoratori primariamente esposti ad eventi pericolosi per la salute quali esplosioni, incendi, rilasci e dispersioni di sostanze tossiche, e a tutela della popolazione residente vicino agli stabilimenti a rischio;
se non ritengano opportuno accelerare il processo di riconversione dell'area industriale di Porto Marghera nel senso di uno sviluppo sostenibile e socialmente ed ecologicamente compatibile;
se, a tal fine, il Governo intenda recepire in tempi rapidi l'accordo integrativo sulla chimica relativo alle bonifiche con l'obiettivo di dismettere definitivamente l'industria chimica pesante, delocalizzare gli impianti ed i siti di stoccaggio e mettere in sicurezza impianti che trattano sostanze tossiche, come ad esempio il fosgene.
(4-04705)

Risposta. - L'interrogazione in esame verte, per ampia parte, su problematiche inerenti la sicurezza, le situazioni di emergenza e la delocalizzazione di alcuni impianti dello stabilimento della Dow Poliuretani di Porto Marghera (Venezia), classificato a rischio di incidente rilevante ai sensi della c.d. direttiva Severo (96/82/CE), recepita con il decreto legislativo n. 334 del 17 agosto 1999.
Per quanto riguarda le procedure relative ai piani di emergenza esterni si prevede, anche in caso di accadimento di incidente rilevante, che le informazioni in merito devono essere fornite al prefetto, al sindaco, al comando provinciale dei vigili del fuoco, ai presidenti di regione e provincia. Il prefetto informa direttamente i ministeri dell'ambiente, dell'interno e il dipartimento della protezione civile.
Risulta che un piano di emergenza esterna (PEE), relativo all'intero polo industriale, è stato redatto e che l'ultima versione risale al 1998. Risulta, inoltre, che a seguito delle verifiche ispettive che stanno interessando i vari stabilimenti dell'area, a partire dal febbraio 2002 è stato raccomandato al Prefetto di procedere all'aggiornamento del PEE, anche alla luce della menzionata normativa.
Nel caso dell'incidente del 28 novembre 2002 nello stabilimento Dow Poliuretani Italia S.p.A, il Ministero delle attività produttive dispone delle informazioni relative alle ipotesi avanzate dai Vigili del fuoco quali possibili cause dell'incidente, nonché delle notizie risultanti dal rapporto sull'incidente medesimo redatto dall'ARPAV - agenzia regionale per la prevenzione e protezione ambientale del Veneto. Sull'evento, sulle cause che lo hanno determinato e su eventuali responsabilità degli addetti dello


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stabilimento risulta che sono in corso accertamenti da parte dell'autorità giudiziaria che ha disposto il sequestro dell'impianto coinvolto.
Per quanto concerne la sicurezza della popolazione, si è a conoscenza che, in attuazione dell'accordo di programma sulla chimica e nell'ambito delle competenze attribuite alla Regione Veneta, con la Convenzione stipulata con l'ARPAV il 18 maggio 1998, spetta al servizio prevenzione Industriale della stessa ARPAV la predisposizione del «Piano per l'informazione della popolazione interessata al rischio industriale».
Per quanto concerne il sistema di segnalazione acustica, che attualmente copre le aree di Marghera e Malcontenta, si fa presente che lo stesso è stato installato dal comune di Venezia nell'ambito di un progetto sperimentale che, secondo un programma della stessa Amministrazione, dovrà essere esteso a tutto il territorio potenzialmente esposto.
Relativamente al ruolo svolto dalle emittenti radiofoniche e televisive in occasione dell'evento in argomento, la concessionaria RAI ha comunicato che ha fornito una completa informazione con servizi trasmessi non solo nelle varie edizioni dei telegiornali, ma anche nei contenitori di rete.
Risulta, inoltre, che, in aggiunta alle modalità già pianificate dalle autorità competenti in tema di diffusione delle notizie relative ad eventi calamitosi ed ai rischi connessi, si stanno esaminando delle soluzioni tendenti a migliorare il sistema delle comunicazioni nelle fasi immediatamente successive all'incidente, mediante messaggi precostituiti da inoltrare in automatico e tempestivamente alle emittenti radiofoniche e televisive alfine di assicurare una più precisa e puntuale circolazione delle notizie.
Circa le misure da adottare a tutela dei lavoratori prioritariamente esposti ad eventi pericolosi per la salute e della popolazione a rischio, si fa presente che la competenza è attribuita alla protezione civile della regione Veneto.
Per quanto riguarda la bonifica del sito industriale di Venezia-Porto Marghera e gli interventi in corso ed in progetto, si fa presente che il sito da bonificare di interesse nazionale di Venezia-Porto Marghera ricomprende un'area perimetrata più vasta di quella oggetto dell'Accordo di programma sulla chimica, in quanto comprende non solo l'area del petrolchimico ma anche altre aree industriali e residenziali, potenzialmente inquinate.
Ciò precisato, si fa presente che il citato accordo di programma sulla chimica di Porto Marghera individua le iniziative di soggetti pubblici e privati, sulla base di un calendario che prevede interventi di monitoraggio del sistema ambientale e significativi investimenti. Accanto alle azioni volte alla bonifica dei siti è prevista la realizzazione di interventi tecnologici sugli impianti fissando tempi e risorse finanziarie necessari a permettere uno sviluppo eco-compatibile della zona.
Una delle problematiche più complesse incontrate nell'attuazione dell'Accordo è quella legata alle attività di bonifica dei siti inquinati disciplinati dal decreto ministeriale n. 471 del 1999. Per affrontare tali difficoltà si è reso necessario un protocollo aggiuntivo, divenuto esecutivo con l'emanazione del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 15 novembre 2001.
L'atto integrativo dell'Accordo prevede l'elaborazione e l'approvazione di un apposito master plan sulle bonifiche che consentirà di procedere con tempi certi e procedure omogenee e condivise alla realizzazione delle iniziative da assumere nel sito.
Il master plan è lo strumento individuato per orientare i progetti di bonifica coerentemente ad un obiettivo generale di riqualificazione dell'area attraverso l'indicazione delle tipologie di intervento, delle modalità organizzative delle soluzioni attuabili e della tempistica degli interventi.
Bisogna, peraltro, sottolineare che le difficoltà incontrate nel dare pratica attuazione alle procedure di bonifica, ripristino ambientale e messa in sicurezza dei siti inquinati previste dal decreto ministeriale n. 471 del 1999 sono state recepite a livello istituzionale. È stato, infatti, previsto il coordinamento tra il procedimento autorizzativi


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dei progetti di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale di cui al DM 47 del 1999 con le procedure previste dal citato Accordo.
Inoltre, il disegno di legge che delega il Governo alla redazione di testi unici in materia ambientale (delega al Governo per il riordino, il coordinamento e l'integrazione della legislazione in materia ambientale e misure di diretta applicazione) prevede una riforma di tale disciplina ed inserisce espressamente tra i principi e criteri per l'esercizio della delega quello di favorire la conclusione di accordi di programma tra soggetti privati e amministrazioni interessate per la gestione degli interventi di bonifica e messa in sicurezza.
Appare, comunque, particolarmente significativo il dato riguardante gli investimenti già realizzati dalle imprese che è pari a circa i due terzi del totale (pari a circa 1000 miliardi di vecchie lire) previsto dall'Accordo.
Per fare il punto sullo stato di attuazione dell'accordo di programma ed affrontare i problemi ancora aperti, nel mese di dicembre 2002 è stato istituito a palazzo Chigi il tavolo per la chimica. Sono stati, poi, istituiti tavoli tecnici che, dopo un'attenta verifica, dovranno riferire nelle riunioni del tavolo per la chimica.
Relativamente a tale accordo, il ministero delle attività produttive considera prioritario, tra l'altro, non eludere la questione ambientale ed assumerla come questione centrale per lo sviluppo della chimica italiana, stanziando massicce e ben più adeguate risorse, non soltanto per mettere in sicurezza ma anche per bonificare i siti industriali, al fine di conseguire concretamente gli obiettivi del risanamento e della reindustrializzazione.
Il Sottosegretario di Stato per le attività produttive: Mario Carlo Maurizio Valducci.