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con la legge n. 177 del 1976 lo Stato, con l'obiettivo di contenere la spesa pubblica, ha discriminato i suoi ex dipendenti civili e militari, non dirigenti, andati in pensione prima del 1976, stabilendo per essi un trattamento retributivo molto inferiore a quello concesso ai colleghi con pari qualifica ed anzianità collocati a riposo dopo tale data, creando le cosiddette pensioni d'annata;
si tratta di una grave violazione degli articoli 3, 36, 38 della Costituzione che sanciscono il principio di uguaglianza dei cittadini e dei lavoratori. Infatti, a parità di condizioni e cioè di qualità e durata del servizio prestato, lo Stato non può concedere trattamenti diversi. Inutili sono risultate le sentenze della Corte costituzionale e le varie proposte di legge ultima delle quali la n. 936 tendenti a sanare l'incredibile ed inammissibile discriminazione;
risultano inoltre del tutto insufficienti o carenti anche le risorse finanziarie necessarie, affinché lo Stato adempia al dovere di risarcire equamente i congiunti dei caduti o gli ex soldati che in guerra hanno perduto la loro integrità fisica, come contemplato dall'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica n. 915 del 1978. Analogo discorso per i caduti o gli invalidi per causa di servizio le cui pensioni sono rapportate alle pensioni di guerra;
il nostro Paese stanzia giustamente ingenti finanziamenti e sussidi a favore dei Paesi poveri; tiene in missione all'estero 9.000 militari con paghe anche superiori a quelle ad esempio dei marines americani in guerra ed attualmente sta inviando altri militari ed aiuti di varia natura in Iraq, mentre dal rapporto decennale elaborato dal CISF (Centro internazionale Studi sulla Famiglia) si evince che l'Italia risulta all'ultimo posto degli Stati europei per le politiche di sostegno e di incentivi economici alle famiglie;
a decorrere dal 1o gennaio 2003, l'invalido di guerra totale, ascritto alla 1a categoria, riceve una pensione mensile pari a 597,55 euro, mentre l'invalido classificato nell'ultima categoria la 8a, percepisce una pensione pari a 139,33 euro. Si tratta di importi finanziari di valore obiettivamente esiguo, che offendono ed aggravano la sofferenza e le difficoltà di persone che, nell'adempimento di un sacro dovere, hanno subito anche gravi lesioni fisiche, ed ora nell'età della vecchiaia hanno bisogno di un'assistenza dignitosa, di rispetto umano e di solidarietà;
l'indifferibile revisione della pensionistica di guerra è stata bloccata dal Governo anche con la legge finanziaria per il 2003 per ragioni di contenimento della spesa pubblica, penalizzando e colpendo tutti coloro che hanno dato sangue, giovinezza, salute alla Patria, considerato anche l'esiguo ed irrisorio stanziamento economico necessario per far fronte all'adeguamento dei trattamenti pensionistici;
in conseguenza dell'abolizione del servizio militare obbligatorio con la legge 27 dicembre 2002, n. 288, si è concesso ad alcune categorie di grandi invalidi in sostituzione dell'accompagnatore militare o del servizio civile, un assegno di 878 o di 489 euro mensili. A prescindere che questo assegno non consente l'assistenza continua di una persona, si sono del tutto ignorati gli altri grandi invalidi delle lettere B, C, D, E, F, G, H, anch'essi in condizioni di estremo bisogno -:
quali iniziative i Ministri interpellati, per quanto di loro competenza, intendano adottare per dare risposte soddisfacenti alle richieste di adeguamento e rivalutazione dei trattamenti previdenziali dei pensionati di guerra, degli invalidi per causa di servizio le cui pensioni sono rapportate a quelle di guerra e delle pensioni d'annata e per ridisegnare i contorni dello «Stato sociale» che appare inadeguato rispetto alle nuove questioni sul tappeto.
(2-00749)
«Fiori».