Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 301 del 29/4/2003
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(Dichiarazioni di voto)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole La Malfa, al quale ricordo che ha quattro minuti di tempo a disposizione. Ne ha facoltà.

GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, intervengo brevemente, a nome della componente del gruppo Misto Liberal-democratici, Repubblicani, Nuovo PSI, per annunciare che ci atterremo alle indicazioni testè illustrate dal rappresentante del Governo, nel senso che voteremo a favore della mozione La Russa ed altri n. 1-00197 e che, se sarà posta in votazione per parti separate, voteremo a favore della mozione Folena ed altri n. 1-00199 nelle parti testè indicate dal ministro Giovanardi.
Mi sembra un fatto positivo che la Camera sia giunta a questo dibattito, e mi auguro, tra l'altro, che i colleghi dell'opposizione votino a favore di quella parte della mozione della maggioranza compatibile con l'impostazione del loro documento.
Vorrei solo formulare un'osservazione sull'intervento svolto all'inizio del nostro dibattito dall'onorevole Folena. Nell'ambito di un intervento importante, che ha indicato la necessità di una vigilanza in tutte le direzioni geografiche sulle condizioni di violazione dei diritti civili e delle libertà, egli ha affermato che Cuba ha evidentemente fatto male i conti, poiché ha pensato di approfittare della guerra in Iraq per potere rincrudire la sua repressione del dissenso fino al punto di comminare le pene di morte.
Tuttavia, vorrei far osservare - senza che ciò suoni particolarmente come una polemica - che forse è l'esito della guerra in Iraq, ossia il fatto che lì sia caduta una dittatura, che costringe molte parti in causa e molte forze politiche, che sarebbero state molto fredde su questo argomento, ad intervenire con maggiore chiarezza. In altri termini, uno degli aspetti positivi dell'azione militare (lo dico perché l'ho difesa prima che essa si avviasse e quando la stessa si era già avviata) è che, in un certo senso, coloro i quali tacquero l'importanza di colpire la dittatura irachena


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(naturalmente, non si tratta di un'azione militare nei confronti di Cuba, bensì di un'azione politico-diplomatica) oggi sono costretti ad intervenire con chiarezza sulla necessità di fare fronte comune contro una dittatura che colpisce i diritti civili e le libertà.
Da questo punto di vista, forse ciò che è avvenuto nelle scorse settimane può costituire una svolta positiva nel mondo. Le vicende della Cecenia o del Tibet, di cui hanno parlato l'onorevole Giachetti e molti altri colleghi, forse riceveranno da parte di tutti noi una maggiore attenzione, visto ciò che è avvenuto nel Medio Oriente.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Zanella. Ne ha facoltà.

LUANA ZANELLA. Signor Presidente, i deputati Verdi esprimeranno un voto favorevole sulla mozione dell'Ulivo, che hanno contribuito ad elaborare, nonché sulla mozione di Rifondazione comunista, mentre non voteranno la mozione dei Comunisti italiani ed esprimeranno un voto contrario su quella della maggioranza.
È con grande apprensione, preoccupazione ed attenzione che, non da oggi, seguiamo l'evolversi delle vicende cubane. Abbiamo guardato con speranza ad alcuni significativi segnali che sembravano rappresentare, se non una svolta all'interno del regime cubano e nei rapporti tra Cuba e Stati Uniti, almeno l'avvio di un possibile nuovo percorso. Mi riferisco alla moratoria delle esecuzioni capitali accettata da Castro, anche a seguito delle pressioni internazionali e dell'esplicita richiesta del Papa. Mi riferisco anche alla vendita a Cuba di prodotti agricoli da parte degli Stati Uniti che interruppe per la prima volta nel corso dei quarant'anni l'embargo di fronte all'emergenza, causata, nel novembre 2001, dal terribile uragano che aveva investito l'isola.
Queste tre fucilazioni ed i 1454 anni di carcere comminati dopo processi sommari ai dissidenti mi sembrano soprattutto una reazione rozza e violenta di un regime evidentemente debole e in crisi, un regime che si sente ancora più assediato e messo in forse da forze potenti scese in campo a livello planetario con l'intenzione di riordinare il mondo e che risponde, incapace di fare il salto necessario per uscire (e non dico che sia semplice) dal meccanismo che lo sta stritolando.
La deriva repressiva e la pena di morte non caratterizzano certamente solo il regime cubano. Persino la grande democrazia statunitense è denunciata da rapporti di Amnesty International per questo motivo. Tuttavia, a Cuba, fucilazione e persecuzione dei dissidenti uccidono anche simbolicamente una speranza, quella del popolo cubano e la nostra. Mi riferisco alla speranza e alla fiducia che hanno accompagnato l'attività intensa, spesso di altissimo livello, svolta in particolare attraverso le ONG e la cooperazione decentrata di enti locali e regioni non certo solo di centrosinistra. Penso, ad esempio - e con questa immagine vorrei concludere il mio intervento - all'evento che si è svolto contemporaneamente a Roma ed a Cuba, promosso anche dal comune di Venezia nell'ottobre del 2001: il convegno internazionale, la mostra e il seminario sulla vita, le opere e l'archivio della grande scrittrice italo-cubana Alba De Céspedes.
Vorrei concludere con questa immagine perché è attraverso lo sguardo di donne come la De Céspedes che è possibile, perfino oggi, intravedere il profilo di un altro mondo possibile anche a Cuba (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Verdi-l'Ulivo, dei Democratici di sinistra-l'Ulivo e di Rifondazione comunista).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pisicchio. Ne ha facoltà.

PINO PISICCHIO. Signor Presidente, onorevole rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, questa Assemblea ha lungamente dibattuto nel tempo recente di diritti umani violati e di satrapie mediorientali capaci di piegare la dignità dei popoli. Anche se il contesto appariva differente a causa del verificarsi dell'evento


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bellico non era differente la sostanza della drammatica estinzione dei diritti umani elementari in Iraq come a Cuba.
Nella Cuba di Castro, che pure ha rappresentato per alcune generazioni di giovani di sinistra un riferimento avvolto nel mito, oggi il regime reprime sanguinosamente ogni dissenso ricorrendo alla pena capitale. Si tratta di condanne politiche comminate da tribunali che non offrono le minime garanzie di base agli imputati, condanne di persone accusate non di crimini comuni, non di violenze contro l'umanità, non di gravi reati contro la sicurezza dei cittadini. Si tratta di condanne a morte contro cubani colpevoli solo di aver tentato la fuga verso la libertà. Insieme a queste odiose attività repressive non possono non essere segnalate le condanne fino a 28 anni degli attivisti politici che si sono fatti promotori di un referendum istituzionale per l'introduzione del pluripartitismo, gesto che è stato considerato dal regime come sedizioso.
Tutto questo è intollerabile. È un passo indietro nella storia, un passo indietro verso il medioevo dello stalinismo quello che sta compiendo Fidel Castro, sopravvissuto alla caduta di tutti i comunismi del mondo, sopravvissuto anche a se stesso.
Per questa ragione nessuna condiscendenza va offerta ad un despota che non riesce neanche ad ascoltare le parole del Santo Padre che gli chiede di compiere gesti di umanità. La nostra posizione è, dunque, di ferma condanna nei confronti del regime castrista così come lo fu del regime di Hussein e così come lo è nei confronti di tutti i regimi totalitari. Altra cosa è il popolo cubano, sofferente due volte: per le vessazioni del suo dittatore e per le sanzioni economiche.
Ancora una volta, l'Europa deve rivendicare un suo ruolo, una sua soggettualità per concorrere nello scenario internazionale ad aprire una nuova possibilità democratica a Cuba. Mi riferisco ad una possibilità capace di ridare ad un popolo fiero e gentile la dignità e la civiltà di una moderna democrazia.
Con queste motivazioni dichiaro il voto favorevole del mio gruppo alla mozione unitaria dell'Ulivo (Applausi dei deputati del gruppo Misto-UDEUR-Popolari per l'Europa).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il dichiarazione di voto l'onorevole Villetti. Ne ha facoltà.

ROBERTO VILLETTI. Signor Presidente, recisa, netta, senza equivoci è e deve essere la condanna che la Camera si appresta ad esprimere nei confronti dei gravissimi, drammatici e tragici atti di repressione che sono avvenuti e continuano ad accadere a Cuba. Forte, autorevole e sentito deve essere l'invito rivolto al dittatore Fidel Castro affinché si revochino immediatamente le condanne a morte, si liberino tutti i prigionieri politici, e si ponga termine al soffocamento di qualsiasi diritto di libertà.
È vero, onorevoli colleghi, che ai suoi albori la rivoluzione cubana rappresentò una grande speranza di riscatto sociale per tutti i popoli poveri dell'America latina, per gli abitanti delle favelas come per i campesinos e, più in generale, per il terzo mondo. Cuba è stato un mito più che un modello da imitare, da ripetere altrove, da esportare. Ora bisogna dire senza perifrasi, senza remore e riserve e senza equivoci che quel mito della rivoluzione cubana si è presto consumato, si è dissolto ed è crollato.
Neppure quello che si è fatto a Cuba nel campo sociale, spesso esaltato oltre misura e acriticamente, può attutire le gravissime responsabilità di un dittatore come Fidel Castro che nella sua tarda età cerca di puntellare un regime comunista ormai agonizzante e privo di futuro.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE FABIO MUSSI (ore 13,55)

ROBERTO VILLETTI. Non vi può essere alcuna comprensione nei confronti del regime cubano: su questo punto esiste una larghissima convergenza. Non mi sfuggono tuttavia le differenze, ed anzi le rintraccio anche, tra la mozione presentata


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dai Comunisti italiani e quella presentata da Rifondazione comunista. Il documento firmato da Bertinotti e Giordano, i quali si ispirano ad un comunismo utopico ma libertario, pur in un contesto che non possiamo condividere, esprime una condanna chiara ed univoca degli atti di repressione a Cuba. Diversamente, il documento presentato da Diliberto, Armando Cossutta, Rizzo ed altri ...

MAURA COSSUTTA. Tutti gli altri!

ROBERTO VILLETTI. ... che restano legati ad un'idea del comunismo crollata con la caduta del muro di Berlino, non contiene alcuna ripulsa esplicita per quanto avvenuto. Per questo motivo, il gruppo dei Socialisti democratici italiani si asterrà nella votazione sulla mozione Bertinotti, mentre esprimerà un voto contrario sulla mozione Diliberto. Vorrei far notare come quelle espresse dai Comunisti italiani siano posizioni incompatibili con ciò che noi pensiamo sia e debba essere l'Ulivo: una grande forza riformista e di libertà. Con quelle posizioni il divario è assolutamente incolmabile!
Da parte nostra - ed è la mozione che voteremo, che vede l'onorevole Folena come primo firmatario e tra gli altri firmatari il nostro capogruppo Intini -, si chiede di porre fine all'embargo. Su questo aspetto si è consumato un equivoco, che va chiarito e che è stato alimentato in particolare dall'onorevole La Russa, in sede di discussione sulle linee generali. Se si volesse adottare il criterio della ritorsione economica e commerciale, onorevoli colleghi, nei confronti dei paesi che non hanno regimi democratici, si dovrebbe fare un lungo elenco. Non si può essere severissimi su Cuba e allo stesso tempo chiudere tutte e due gli occhi verso la Cina, dove i commerci fioriscono con l'occidente democratico, ma dove avvengono violazioni non meno gravi dei diritti umani e di libertà. Non si possono adottare, signor ministro Giovanardi, due pesi e due misure! Noi crediamo invece che la circolazione delle merci, tra i paesi democratici e quelli che non lo sono, favorisca la circolazione delle idee di libertà. È una tesi antica: è la tesi del dolce commercio, sostenuta a suo tempo da Montesquieu. Noi crediamo in questa tesi e pensiamo che attraverso il consumo (dalla musica alla Coca Cola) si siano inseriti, nel passato, all'interno dei regimi comunisti, elementi di crisi.
In conclusione, la nostra posizione è stata ed è netta: siamo contro ogni regime totalitario, di qualsiasi colore esso sia. Siamo a favore e difendiamo senza sconti i diritti umani di libertà: lo siamo a Roma, lo siamo a L'Avana, lo siamo a Pechino, lo siamo nel Tibet, in Cecenia, ma anche a New York e a Guantanamo! L'amore per la libertà ci porta oggi ad essere vicini ai perseguitati e contro i persecutori, con una condanna netta dell'ulteriore stretta repressiva a Cuba, che colpisce diritti umani e di libertà essenziali. La Camera, onorevoli colleghi, intorno ai principi di libertà si ritrovi sempre unita, perché ciò è a fondamento della nostra Repubblica (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Socialisti democratici italiani)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rizzo. Ne ha facoltà.

MARCO RIZZO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, stiamo assistendo da alcune settimane ad un fuoco di sbarramento contro Cuba: un coro di polemiche che giungono quanto mai puntuali, purtroppo anche da settori inaspettati della sinistra.
Sorprende, sì, sorprende anche la vicinanza delle polemiche su Cuba con l'invasione dell'Iraq; non vorremmo che, nelle prossime settimane, gli Stati Uniti cominciassero a parlare della necessità di liberare l'isola del Che e di Fidel.
Parte di tali polemiche trovano origine nel giro di vite che il Governo di Fidel Castro ha attuato contro gli oppositori e contro i terroristi. Sì, perché a Cuba c'è il terrorismo! Infatti, questa parola non può essere utilizzata soltanto nei confronti di alcuni atti e non per altri gesti analoghi.
Noi Comunisti italiani lo abbiamo detto e lo ripetiamo: siamo contrari alla pena di


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morte, ovunque essa venga applicata e per qualunque motivo. Siamo per il rispetto assoluto delle garanzie degli imputati, per i pieni diritti alla difesa nell'ambito del processo penale; un principio sacro ed inviolabile in tutto il mondo. I principi della democrazia e il rispetto dei diritti umani vanno sostenuti ed applicati ovunque, negli Stati Uniti come in Afghanistan, in Iraq come a Cuba.
Da anni Cuba non emetteva sentenze di questo tipo, da anni lo spazio politico e religioso vedeva aperture significative; ora questa stretta, perché? Crediamo che la responsabilità principale sia degli Stati Uniti; vogliamo cioè sottolineare il contesto in cui avviene la stretta difensiva del Governo cubano.
Cuba è un paese che, da oltre quarant'anni, vive sotto un terribile embargo economico da parte degli Stati Uniti. È un paese che vede una crescente pressione destabilizzatrice nei suoi confronti, dove le forze che vogliono abbattere il regime sono foraggiate, sostenute ed addestrate dagli Stati Uniti.
Vorrei citare qualche dato, che può servire a tutti. Da 1959 al 2001, Cuba ha subito 3.478 morti e 2.099 feriti per attività sovversive; 294 tentativi di dirottamenti marittimi; 54 tentativi di dirottamenti aerei; 697 atti di terrorismo; circa 600 tentativi di assassinio contro Fidel Castro; danni diretti per 1.821 miliardi di dollari nell'economia.
Negli ultimi mesi queste attività stanno aumentando vertiginosamente. Tre settimane fa, un aereo cubano, un DC3 con 40 persone a bordo, è stato dirottato in Florida e nessuno ne ha parlato. I dirottatori sono rimasti nelle carceri americane per ventiquattr'ore, adesso sono liberi e si vantano della loro azione, anzi viene loro riconosciuta la cittadinanza statunitense. Come se non bastasse, l'aereo non è stato restituito alla compagnia cubana.
Se un episodio del genere avvenisse in un'altra parte del mondo, sarebbe bollato come terrorismo. Dopo l'11 settembre, dirottare un aereo merita pene severissime ovunque ma, se l'aereo è cubano, la pena è la cittadinanza statunitense.
La pressione contro Cuba e il suo Governo sta crescendo con la mutata strategia globale degli Stati Uniti. Ebbene, il nostro paese ha vissuto una tragica stagione di terrorismo, gli anni settanta, anche se ben inferiore a quella subita da Cuba, lo ricordiamo tutti. Dopo il sequestro Moro, un liberale antifascista, come Ugo La Malfa, chiese drastiche restrizioni delle libertà individuali e l'introduzione della pena di morte. Ciò per dire quanto conti il contesto.
Con ciò non giustifichiamo le condanne, anzi chiediamo al Governo cubano un atto di clemenza nei confronti dei condannati. Dobbiamo, tuttavia, avere ben presente che, in altri paesi dell'America latina - non a Cuba -, le opposizioni sono state e sono ancora sterminate con gli squadroni della morte, con la tortura, con i desaparecidos, mentre a Cuba venivano e vengono sperimentati livelli di protezione sociale ignoti agli stessi Stati Uniti (istruzione e sanità pubblica, ad esempio).
Contro Cuba vige una legge americana, la Helms-Burton, che condanna chi ha con l'isola rapporti commerciali non espressamente autorizzati dal Governo americano. Da 4 anni, cinque cittadini cubani sono in cella di rigore in Florida, perché hanno consegnato alle autorità americane dossier su attività terroristiche contro Cuba. Tali persone hanno subito un processo farsa e sono state condannate ad un doppio ergastolo, più 15 anni e più l'interdizione perpetua dall'avere colloqui con i familiari.
Si conoscono le crudeli torture che i prigionieri detenuti nella base di Guantanamo subiscono? Una denuncia di Petter Eide, segretario della sezione norvegese di Amnesty International, parla di detenuti morti per le sevizie e ha chiesto un'indagine alle autorità di Oslo su quanto accade in quella base statunitense nel cuore dell'isola.
L'Italia oggi può fare la sua parte, chiedendo una moratoria internazionale per la pena di morte e la tortura in tutto il mondo. Il Parlamento italiano può impegnarsi per favorire un processo stabilizzatore e riformista di quel paese, affinché divenga autonomo e sovrano.


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Bisogna iniziare dalla revoca dell'embargo, per arrivare all'incremento dei rapporti economici, culturali e civili tra l'Italia e Cuba. Così si favoriscono i processi di democratizzazione, non isolando chi, per quarant'anni, ha resistito a testa alta contro l'aggressione della più grande superpotenza del pianeta. Il Governo italiano, ad esempio, dovrebbe chiedere l'estradizione di Luis Posada Carriles, attualmente detenuto a Panama per aver progettato un attentato contro Castro. Carriles si è detto reo confesso della catena di attentati contro gli alberghi cubani, che nel 1997 provocarono la morte di Fabio Di Celmo, cittadino italiano. Per questo delitto, questo capo terrorista dovrebbe essere processato in Italia, ad esempio.
Mi rivolgo a tutti, ma mi rivolgo principalmente alla sinistra, a chi ha ancora a cuore Cuba e la sua rivoluzione. La solidarietà si pratica nei momenti difficili, certamente con le adeguate critiche, ma senza opportunismi; altrimenti, la solidarietà diventa una parola vuota, da gettare via quando il clima è difficile o quando non fa più comodo ai propri interessi di bottega. Noi la pensiamo così. Per questi motivi, voteremo a favore della nostra mozione e contro tutte le altre. Onorevoli colleghi, noi siamo con Cuba (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Comunisti italiani).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Russo Spena. Ne ha facoltà.

GIOVANNI RUSSO SPENA. Signor Presidente, già Alfonso Gianni ha ben illustrato con quale spirito critico ma anche con quanta tensione, con quanta passione e - vorrei dire - con quanto trepidante affetto Rifondazione comunista guardi all'esperienza cubana: un laboratorio aspro, certamente difficile, ma anche una grande narrazione sociale. Il nostro è un discrimine netto rispetto agli ipocriti strumentalismi dei tanti sepolcri imbiancati che, dimostrando una concezione - come dire - per lo meno altalenante della democrazia, in queste ore non osano proferire una sola parola - una - rispetto alle stragi di civili perpetrate, ancora qualche ora fa, dall'esercito di occupazione statunitense contro folle irachene, evidentemente dissenzienti.
Rispettiamo, invece, il molto dolente «io mi fermo qui» di Saramago, che non andrebbe strumentalizzato. Noi, però, non ci fermeremo, perché è proprio la condivisione dell'esperienza cubana che ci interpella e che ci impone l'atteggiamento critico degli amici sinceri, senza giustificazionismi e senza conformismi. Infatti, di fronte al nesso sempre più stringente del comando imperiale e della globalizzazione liberista, che non ammette reticenze, diciamo chiaramente che il Governo cubano ha commesso un tragico errore, dimostrando un deficit di democrazia, ma anche un deficit di socializzazione e - per così dire - di socialismo, che ci interessa molto. Soprattutto, ha declinato la stessa concezione di emergenzialismo planetario contro il cosiddetto terrorismo, che è alla base proprio della dottrina della guerra preventiva di Bush e della trasformazione degli Stati di diritto in Stati penali globali, in ghetti giustizialisti e sicuritari. Guantanamo, la base yankee, la base statunitense in territorio cubano, assurge, a questo punto, a tragica metafora di un comune, cupo emergenzialismo.
Pensiamo che nessun Abele possa arrogarsi il diritto di giustiziare nessun Caino, a Cuba, come negli Stati Uniti, come in Cina. È una sconfitta per Cuba e lo è anche per noi. Quando, dietro pesanti sbarre, nel buio angosciante delle celle, viene costretta anche una sola opinione, anche una sola pulsione di dissenso, la democrazia degrada a lugubre ragion di Stato. Abbiamo imparato da Ernst Bloch che un asse fondamentale del processo rivoluzionario, dalla rivolta di Spartaco in poi, è il riconoscimento della dignità e che il percorso rivoluzionario, l'utopia concreta quotidiana, non può che essere una democratizzazione costante e permanente della vita quotidiana.
Questo ci permettiamo di dire. Ma non per questo ci ergiamo a grilli parlanti - sarebbe troppo facile -, a petulanti maestri


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di democrazia, perché conosciamo la fatica della materialità quotidiana dei processi e dei percorsi rivoluzionari.
Noi, che denunciamo lo svuotamento della democrazia in tutto l'occidente, noi, che sappiamo che la guerra permanente globale, infinita e indefinita, è un nuovo principio ordinatore della politica, in cui la teoria militare si sostituisce alle teorie politiche, non sottovalutiamo affatto i pericoli che dalle politiche del Pentagono vengono mossi alla sicurezza di Cuba.
Non siamo fra quelli che ritengono che le bombe a frammentazione sui mercati cittadini siano i vettori migliori di liberazione e di democrazia, ma proprio per questo pensiamo che esista un'altra strada che insieme a Cuba dobbiamo percorrere. Pensiamo che Cuba difenda meglio se stessa rinunciando a quella tragica coazione a ripetere repressiva che la fa essere parte e alibi dell'autoritarismo che è nelle viscere stesse della globalizzazione liberista. Cuba non è sola e non deve cadere nella sindrome dell'accerchiamento. Il suo prestigio, la sua autorevolezza, non solo in America latina, è immensa e non è solo nella rivoluzione contro il dittatore Batista, ma nella capacità di resistere ad un embargo, anzi per precisione, signor ministro, tecnicamente ad un blocco economico e culturale illegale perpetuato dal Governo statunitense, facendo di quel blocco occasione non di impoverimento di massa, come in tanti paesi dell'America latina e dei sud del mondo, ma di una politica sociale che tiene fermi e saldi i grandi filoni delle riforme. Ci tenta, ma in quel paese vi sono sanità, scolarità, una mortalità infantile, ancora l'anno scorso, nel primo anno di vita a livello del Belgio; vi sono una ricerca scientifica e una quantità di brevettazioni perfino superiore ad alcuni paesi europei. Non a caso - ed è un dato simbolico da ricordare -, 14 anni fa, nel periodo especial, partì da una fabbrica di Santiago di Cuba un processo che fu anche di sburocratizzazione del partito, dello Stato, un tentativo di riconversione dell'economia.
Cuba è il simbolo della irriducibilità al giogo del liberismo, al cappio del debito estero, questa frusta moderna per politiche classiste, ai programmi di aggiustamento del Fondo monetario internazionale. È qui, in questo simbolo che Cuba può trovare la forza per difendersi, riconnettendosi in maniera sempre più organica ai sommovimenti che scuotono l'America latina, dal Venezuela al Brasile, alla riorganizzazione delle comunità indie, al fronte di opposizione al mercato comune subordinato agli Stati Uniti d'America. L'America latina è oggi uno straordinario laboratorio di conflitto sociale, ma anche di inedito rapporto dialettico tra istituzione e movimento. È lì la salvezza di Cuba, come risiede anche nella sintonia con la crescita del movimento mondiale contro la guerra del liberismo, che può assumere anche qui, in Italia ed in Europa e noi all'interno di questo movimento, una priorità nella sua agenda politica, con la fine del blocco economico e culturale di Cuba e l'intensificazione delle politiche di cooperazione. Insomma, noi suggeriamo una strada precisa: permettiamo a Cuba di vivere la fecondità di relazioni internazionali plurali, non ostili, come fondamenti pregiudiziali di un processo reale di democratizzazione che passi attraverso la moratoria immediata delle esecuzioni capitali come passo decisivo per l'abolizione della pena di morte, attraverso l'annullamento di tutte le pene comminate nei processi politici e la liberazione dei prigionieri politici. Insomma, per concludere, noi non vogliamo, appunto, fermarci. Vogliamo andare avanti con Cuba perché pensiamo che siamo ad un passaggio stretto. Abbiamo vissuto altri passaggi stretti nella storia dei modelli di transizione, ma qui possiamo forzare il passaggio e possiamo insieme superare le difficoltà, proprio perché per noi Cuba, signor ministro, non è un mito, non è un residuo antico di un paradiso perduto e non è un modello, perché già Marx ci insegnava che non dobbiamo essere pasticceri della storia. Cuba è un azzardo, questo sì: è un azzardo contemporaneo; è l'allusione ed il simbolo che un altro mondo è ancora possibile (Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione comunista).


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PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Guido Giuseppe Rossi. Ne ha facoltà.

GUIDO GIUSEPPE ROSSI. Signor Presidente, della storia di Cuba si è parlato negli interventi precedenti, ma quello che ci interessa è l'oggi. Noi pensiamo che oggi Cuba sia un residuo del passato, una dittatura personale, personalistica, che utilizza i residui del socialismo reale e da alcuni è stato definito addirittura un fascismo caraibico. Siamo d'accordo con queste definizioni. Si tratta di un'esperienza finita, sepolta dalla polvere della storia e dal fallimento del comunismo.
Però, attorno all'esperienza cubana è fiorita in Occidente - soprattutto in Italia - una mitologia: Cuba garantisce i diritti sanitari e di istruzione; Cuba è, sì, autoritaria, ma nuota in un mare di autoritarismo, tipico dei regimi latinoamericani; Cuba subisce l'oppressione imperialista degli Stati Uniti. Questi sono i miti che vengono propagandati attraverso la discussione politica in questo paese. Sulla questione dei diritti sanitari e di istruzione, a mio avviso, vi sarebbe molto da discutere: potremmo rispondere con una battuta, poiché anche il fascismo ed il nazismo durante la seconda guerra mondiale garantirono miglioramenti da questo punto di vista.
Circa la questione dell'imperialismo americano, sicuramente gli Stati Uniti intendono questa zona del mondo come portatrice di interessi. Sul punto, forse l'Europa - su questo siamo d'accordo - potrebbe aprire un dibattito e prendere in considerazione le comunità europee presenti nel centro e nel sudamerica e, nel dire ciò, penso agli italiani ed agli spagnoli.
Per quanto riguarda l'autoritarismo dei regimi latinoamericani, la situazione rispetto agli anni sessanta e settanta sicuramente si è evoluta. Ovviamente, non sono stati ancora raggiunti i livelli occidentali, ma, sicuramente, non siamo d'accordo nel giustificare l'autoritarismo cubano rispetto alla situazione latinoamericana.
Il restringimento della legge sull'embargo - sul quale è sorta tutta una letteratura - è stato portato avanti nel 1996 dall'amministrazione Clinton. Quindi, anche in questo caso, cade uno dei postulati della sinistra secondo cui il nuovo imperialismo americano vede in Bush un nuovo protagonista, poiché anche durante l'amministrazione Clinton si registrarono prese di posizione di questo tipo.
Noi andiamo ripetendo che finora Cuba non rappresenta un problema geopolitico, a meno che non siano provate eventuali connessioni con il terrorismo internazionale: comunque, in questo momento, pare che ancora non ve ne siano.
A nostro avviso il problema è costituito dai supporter, dagli agit-prop, dagli ipocriti della sinistra moderata, stalinista, fedele alla linea, estrema no global, o new global che, nel nostro paese, danno appoggio ad una dittatura di questo tipo.
Il problema è rappresentato dall'ipocrisia ideologica che ci insegna - o meglio, ci vuole insegnare - che la dittatura non è tale se dietro vi è il simbolo della falce e del martello. La stessa ipocrisia ideologica ci vuole spiegare che l'omicidio, o l'esecuzione politica non sono tali se dietro vi è il simbolo del partito comunista, o che il fallimento economico del comunismo o del socialismo reale può essere considerato come un tentativo di redistribuzione sociale. Tutto ciò, salvo capire in seguito che, spesso e volentieri, i proventi del turismo in dollari vengono accantonati in conti esteri da parte dei funzionari del regime.
Ieri, Valerio Riva su un quotidiano a rilevanza nazionale, a proposito di questa impostazione culturale, ha parlato di una mafia culturale della sinistra, la quale ha sempre impedito che sulla dittatura cubana, si promuovesse un serio ed oggettivo dibattito.
A nostro avviso, questa ambiguità si riflette anche nelle mozioni presentate dalla sinistra; infatti, a seguito della divisione del lavoro, sono state lasciate le mozioni più veterocomuniste ai compagni di Rifondazione comunista, o dei Comunisti italiani, mentre la restante parte


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dell'Ulivo ha tentato di smarcarsi cercando di distinguersi condannando l'azione del regime castrista.
A nostro avviso, questo è un tentativo propagandistico, vi sono troppi «se» e troppi «ma» nella mozione presentata dall'Ulivo.
Dunque, non esiste questa condanna ideologica, ideale e dura all'interno della mozione presentata dall'Ulivo. È questo, a nostro avviso, il grande elemento del dibattito politico che in quest'aula non è stato risolto.
Da una parte vi sono le forze della maggioranza che condannano chiaramente, precisamente e nettamente questo regime. Dall'altra, vi sono ma, vi sono se, vi sono distinzioni, si imputano colpe agli Stati Uniti, si afferma di voler togliere l'embargo e via seguitando. Per quanto riguarda la questione dell'embargo, non siamo fanatici perché pensiamo che questi tipi di misure probabilmente non determineranno risultati così importanti. Quest'embargo si protrae da quarant'anni: è una questione unilaterale degli Stati Uniti e, pertanto, non ne facciamo un fatto di principio.
Per noi, diventa una questione di principio il fatto che nei confronti dei dittatori comunisti come Fidel Castro vi debba essere un embargo, ma l'unico embargo valido è quello culturale, quello ideale, quello intellettuale, senza ma e senza se, che si deve perpetuare nei confronti di quell'abominio totalitario della storia che si è chiamato e che si chiama comunismo. Questo è il vero embargo che vi deve essere nei confronti di dittatori di questo tipo.
Pertanto, quando questi dittatori si muovono nel mondo (ricordiamo che nel 1996 Fidel Castro si è recato a Roma in occasione del vertice della FAO), non devono essere ricevuti da Capi di Stato, da Presidenti del Consiglio e da ministri degli esteri (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega nord Padania e di Forza Italia). Questo è il vero embargo che deve essere attuato nei confronti di tali personaggi.
Per tali motivi, il gruppo della Lega nord Padania preannuncia l'espressione di un voto contrario sulle mozioni Bertinotti ed altri n. 1-00194, Diliberto ed altri n. 1-00192 e Folena ed altri n. 1-00191, mentre esprimerà un voto favorevole sulla mozione della maggioranza proposta dalle forze della Casa delle libertà (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega nord Padania, di Forza Italia e di Alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Naro. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE NARO. Signor Presidente, signor ministro, finalmente tanti intellettuali di sinistra hanno assunto una posizione di condanna o quanto meno critica sulla politica castrista relativamente alla mancanza di libertà politiche e civili. La visita del Papa Giovanni Paolo II, nel gennaio del 1998, aveva acceso tante speranze ed il mondo ha atteso invano comportamenti più rispettosi dei diritti umani dei cittadini cubani. Invece, da Cuba ci sono pervenute indicazioni di tutt'altro segno.
Nello scorso mese di marzo, ben 78 oppositori, assertori di diritti umani, giornalisti, sindacalisti sono stati arrestati e condannati a pene detentive comprese tra 6 e 28 anni, mentre l'11 aprile tre persone venivano addirittura condannate a morte, con pene eseguite a meno di dieci giorni dall'arresto. Le tre persone erano ree di aver tentato il dirottamento di un natante per cercare la libertà. Ricercavano non altro che quella libertà che è un diritto fondamentale per tutti gli uomini della terra meno che per Castro e per gli altri dittatori che ancora trovano spazio in tanti angoli della terra.
Il 13 aprile, la Santa Sede è intervenuta per via diplomatica con una lettera a Castro per esprimere il dolore del Papa e per chiedere un atto di clemenza per i condannati a morte (quella protesta non è stata isolata, come abbiamo potuto constatare dagli interventi che la stampa di queste ultime settimane ha dedicato agli accadimenti). Angosce ed interrogativi si sono registrati anche nel variegato mondo della sinistra.
Purtroppo, Fidel Castro non dà segni di ravvedimento. Le esecuzioni, le incarcerazioni


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sono avvenute con inaudita rapidità (a tutt'oggi i condannati sono rinchiusi nelle carceri) ed il dittatore ha difeso le sue ragioni con un discorso fiume alla nazione.
Il Presidente della Camera si è fatto interprete dei sentimenti di quanti si stanno mobilitando in Italia, in difesa dei diritti umani e di avere conseguentemente promosso questo dibattito su una questione tanto angosciante nel presente momento storico ove i deficit di democrazia destano tanta preoccupazione per intensità e frequenza.
Signor ministro, nel contesto in cui gli eventi si collocano e ben considerando la personalità dell'interlocutore, le diamo atto di quanto il Governo ha fatto ed ha dichiarato di dover fare per la difesa dei diritti umani a Cuba e, soprattutto, perché le esecuzioni vengano sospese ed i condannati vengano scarcerati.
Sappiamo con quale impegno e con quale puntualità il Governo è attivato diplomaticamente, ma sentiamo di doverle chiedere che venga fatto l'impossibile perché gli impegni richiesti possano produrre effetti. L'aiuto pubblico a Cuba, per i programmi di sviluppo bilaterale e multilaterale, deve dipendere dal rispetto dei diritti civili, politici, economici e sociali.
Tale criterio costituirebbe un elemento di deterrenza perché tutti i regimi non democratici riflettano prima di mettere in atto la loro politica di soffocamento dei diritti umani fondamentali. Se Saddam Hussein non fosse stato aiutato «sottobanco», certamente non avrebbe potuto farsi gioco dell'intera comunità internazionale per così lungo tempo.
Ai fini degli interventi possibili, un principio che sembra ormai dover essere condiviso è quello secondo cui gli accordi bilaterali debbano coesistere, integrandosi opportunamente, con accordi multilaterali, specie per quanto riguarda la dimensione europea che ci auguriamo decisamente avviata alla acquisizione dello status di grande potenza mondiale.
Concludendo, desidero esprimere la mia sorpresa nel vedere la firma del rappresentante della Margherita in una mozione che quasi giustifica la repressione, in quanto Cuba si sente minacciata dagli Stati Uniti d'America; eppure la mozione Castagnetti, poi ritirata, nelle premesse era largamente condivisibile.
Detto questo, signor Presidente, signor ministro, esprimo il voto favorevole del gruppo dell'UDC sulla mozione della Casa delle libertà (Applausi dei deputati del gruppo dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Loiero. Ne ha facoltà.

AGAZIO LOIERO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, oltre al disagio, e per molti versi all'orrore che suscita questo stretto giro di vite del regime castrista, che fa fucilare tre persone colpevoli di aver tentato la fuga dall'isola e che nello stesso tempo arriva ad arrestare 71 dissidenti in poche ore, ed attraverso un processo farsa, celebrato a porte chiuse, dal quale vengono esclusi giornalisti e diplomazie presenti da anni nell'isola, li fa condannare a pene severissime, c'è una seconda riflessione da svolgere. A Cuba, infatti, attraverso tali misure estreme viene decapitato il fior fiore dell'intelligenza e del dissenso nell'isola; meglio, di quel poco di dissenso che può sopravvivere nel regime castrista. È un'ondata repressiva che non ha precedenti nella storia quarantennale della rivoluzione cubana; un colpo di coda spietato, quale non si era mai visto neppure ai tempi della tentata invasione americana della baia dei porci. C'è una grande dismisura fra il credito e il corteggiamento ricevuto in tutti questi anni dal dittatore cubano ed il suo crescente arroccamento antidemocratico. Non possiamo infatti dimenticare che una certa pubblicistica ha enfatizzato per decenni il valore simbolico della lotta impari fra una piccola isola e l'impero del mondo. Oltre quindi all'orrore, di cui parlavo all'inizio, c'è qualcosa di assurdo e di assolutamente incomprensibile nel gesto politico del dittatore cubano.
L'idea, infatti, che si potesse approfittare della guerra all'Iraq, con la concentrazione


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dell'attenzione del mondo su fatti che hanno scosso l'opinione pubblica di tanti paesi, per far passare sotto silenzio questa escalation di repressione e di violenza da qualunque angolo visuale la si osservi, non sta in piedi sul piano della logica.
È così tanto lo sconcerto suscitato in questi giorni dalla diplomazia internazionale che nel corso dell'annuale discussione sui diritti umani a Ginevra presso la sede dell'ONU, alcuni paesi dell'America latina hanno annunciato di volersi dissociare dal Governo dell'Avana per aggiungere il proprio voto di condanna a quello degli Stati Uniti e dell'Unione europea.
Cuba rischia quindi, ed è quindi questo l'elemento imperdonabile di questa vicenda, un nuovo isolamento diplomatico e nuove penalizzazioni economiche. Vorrei qui ricordare, per il significato particolare di testimonianza che assumono, le proteste della nunziatura vaticana presente all'Avana. Una nunziatura che negli ultimi anni, dopo una visita del Papa nel 1998, aveva invece segnalato la disponibilità del Governo castrista ad allentare il controllo sociale sui cittadini.
Si aggiunga poi, ad aumentare lo sdegno dell'occidente, che questa campagna repressiva ha luogo nel momento in cui l'ultraquarantennale embargo economico contro L'Avana, imposto dagli Stati Uniti e che tante sofferenze infligge all'incolpevole popolazione cubana, cominciava a non stare più in piedi neanche a Washington, dove la pressione di molti settori economici per il suo superamento diventava di mese in mese più forte. Sotto tale aspetto, l'intervista del ministro degli esteri cubano, pubblicata oggi su la Repubblica, che sembrerebbe andare in direzione opposta, non può non apparire debole e scopertamente esibita in chiave difensiva, quindi, priva di senso politico.
La verità è che questo giro di vite annulla alcune conquiste sociali che il regime era riuscito a conseguire, la possibilità di ricevere un'adeguata istruzione e di essere curati scompare del tutto di fronte all'elusione clamorosa dei diritti primari delle popolazioni, finendo per allargare quel nesso tra uguaglianza e libertà che ha condannato senza appello nel secolo scorso alcuni regimi del pianeta all'interno dei quali, mentre è apparsa talvolta flebile la legittima aspirazione all'uguaglianza, è apparsa sempre brutalmente repressiva l'aspirazione alla libertà.
Intendiamoci, signor Presidente, non ci riferiamo alle sconfinate libertà in vigore nelle società liberali, ma al rispetto di alcuni ristretti ambiti di libertà individuali, che vengono cancellati dal dispotismo di certi sistemi politici.
Mentre il fenomeno della globalizzazione si afferma ovunque, diventando incontenibile, mentre si impone la logica di un mercato planetario e tutto si diffonde, di paese in paese, attraverso la rete degli scambi, per cui anche i virus diventano in tale contesto contagiosi, fa un certo effetto dover constatare che solo i diritti primari dell'uomo - quelli che non solo originariamente la forza del cristianesimo, ma anche tanti successivi filoni di elaborazione filosofica, che vanno dal medioevo all'età delle rivoluzioni liberali, definivano innati - fanno fatica ad essere diffusi e goduti in tutto il pianeta.
Di fronte a fatti di estrema gravità, come quelli verificatisi in queste settimane, sarebbe un errore incomprensibile, da parte delle forze politiche dividersi o aggirare il problema. Peggio, sarebbe ancora più grave se le forze politiche tentassero di affidarsi alle tradizionali risorse del linguaggio, come spesso si usa fare, per eludere o mitigare la portata di un problema: il terreno su cui ci muoviamo, colleghi, quello dei diritti umani, non permette sconti e non permette indulgenze a nessuno. Il discorso vale per Cuba, ma anche per tutte quelle aree del mondo a cui faceva riferimento l'onorevole Giachetti.
Concludendo, signor Presidente, noi della Margherita - ma credo di interpretare il sentimento di tutti i sottoscrittori del documento del centrosinistra che ci accingiamo a votare - ci auguriamo che i fatti gravi verificatisi in queste settimane in quell'isola lontana possano offrire un doppio piano di lotta democratica alle


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forze politiche di tutto il mondo: possano rappresentare una forte pressione sugli Stati Uniti d'America per eliminare l'embargo economico ed un'altrettanto forte pressione sul Governo cubano per l'immediato avvio di un processo riformatore capace di restituire alla popolazione cubana il diritto alla libertà e alla democrazia (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-l'Ulivo e dei Democratici di sinistra-l'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Selva. Ne ha facoltà.

GUSTAVO SELVA. Onorevole Presidente, onorevole signor ministro, onorevoli pochi colleghi, con l'intelligenza politica che lo distingueva, il presidente del gruppo di Alleanza nazionale, l'onorevole Pinuccio Tatarella, mi invitò, il 15 novembre del 1996, a prendere la parola e l'allora Presidente della Camera, Luciano Violante, con il titolo «Sulla visita a Roma del Presidente cubano Fidel Castro» mi diede la parola.
Scusate se mi cito ma credo che, se mi considerate un membro storico, ciò sia necessario: Signor Presidente, onorevoli colleghi, da oggi si trova in Italia il Presidente di Cuba, Fidel Castro. Ho chiesto di parlare, spero ascoltato con attenzione da tutti (in effetti, eravamo pochissimi), soprattutto per rivolgermi ai banchi che sono di fronte a me e vorrei parlare con la ragione prima che con il cuore. Probabilmente, ci troveremmo divisi nelle ricostruzioni storiche; più che i giudizi di come si è prodotta la situazione oggi a Cuba, vorrei che l'appello riguardasse ciò che dovrebbe turbare la coscienza democratica di tutti, ossia la mancanza di libertà, la soppressione dei diritti umani dei cubani. C'è anche in Italia chi ritiene che il ritratto politico di Castro sia quello dell'uomo che può esibire, per gli undici milioni di abitanti, la vita media di 77 anni, la più alta dell'America latina, una mortalità infantile del 9,3 per mille, la più bassa dell'America latina, e record positivi anche per la scolarità, con un analfabetismo ridotto all'1,9 per cento, o per l'assistenza sanitaria (mi rivolgo all'onorevole Loiero), anche se in un sistema in cui non c'è libertà di controllare le cifre ufficiali questi record cubani vanno presi con le molle. Ma quali che siano le cifre, «Nessuno - ha scritto Gianni Riotta sul Corriere della Sera -, in buona fede, può chiamare questi numeri democrazia». Oggi a Cuba - scusate la lunga citazione ma credo sia importante - non c'è più l'utopia libertaria del Che Guevara. Castro è pronto a firmare contratti con tutte le aziende del mondo, ma con l'Italia - questa era l'affermazione che io facevo - deve firmare, prima di ogni altro, il contratto per la libertà e la giustizia sociale di tutti i cubani.
Onorevoli colleghi, quanto ho dichiarato il 15 novembre 1996, a nome del presidente Tatarella, veniva poi ribadito in un'interpellanza che da me presentata il 25 novembre 1996. Nella stessa si faceva stato di ciò che erano, onorevoli colleghi della sinistra, le conclusioni cui erano arrivati il Presidente Prodi, il Presidente della Repubblica Scalfaro, il ministro degli esteri Dini e il segretario dei Democratici di sinistra D'Alema che avevano accolto, con tutti gli onori, il Presidente Fidel Castro - per me, il dittatore Fidel Castro - giunto a Roma, non tanto per incontrare i dirigenti italiani, quanto per partecipare all'assemblea generale della FAO.
Ciononostante - ciò è apparso anche su fotografie riprodotte in questi giorni - abbiamo assistito a grandissimi inchini nei confronti di Fidel Castro. Ebbene, nell'interpellanza chiedevo le ragioni di questi inchini e a questa interpellanza, presentata il 25 novembre, veniva data risposta il 13 marzo 1997.
Se avrete la bontà, onorevoli Fassino, D'Alema e Armando Cossutta, di andare a leggere quale fu l'illustrazione che il modesto sottoscritto fece in tale occasione vi renderete conto di quali furono le richieste che rivolsi al Governo italiano.
Al Governo italiano di Romano Prodi seguì il Governo di Massimo D'Alema ed al Governo di Massimo D'Alema seguì il Governo di Giuliano Amato. Ebbene, non


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ho visto - non ho visto - alcun miglioramento delle condizioni dei diritti umani e civili in quel paese!
Il sottosegretario Serri, nella risposta alla mia interpellanza, invero punteggiata da molte e mirate interruzioni da parte mia, ebbe parole molto poco punitive per il Presidente Castro e si limitò a dire che i colloqui massimi - che si erano svolti, ripeto, con il Presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro, con il Presidente del Consiglio Romano Prodi, con il ministro degli esteri Dini e con il segretario politico del partito Massimo D'Alema - erano stati impegnativi e cordiali, impegnativi e cordiali! Onorevole Fassino, non mi pare che sia stata adoperata alcuna definizione che possa essere considerata una parola forte nei confronti di ciò che stava avvenendo già allora.
Nell'illustrare la mia interpellanza, dicevo: continuano, sottosegretario Serri - pregherei l'onorevole Fassino di ascoltarmi - i maltrattamenti in carcere delle migliaia di prigionieri politici che sono stati condannati a lunghe pene detentive con processi sommari. Da buon giornalista, davo poi una notizia. Ho ricevuto proprio stanotte, dicevo, questa notizia via Internet: sacerdoti cattolici riferiscono che, malgrado le promesse di Castro, continua la capillare azione intimidatoria da parte della polizia nei confronti dei fedeli, il che - aggiungevo - dovrebbe fare suonare qualche campanello di allarme anche alle orecchie del Vaticano.
In effetti, alle orecchie del Vaticano questo campanello d'allarme è arrivato precisamente questa mattina, onorevoli D'Alema e Fassino: in una nota della Fides (agenzia di stampa del Vaticano) delle ore 11,05, leggo quanto segue: dobbiamo dire - così esordisce la nota - che speravamo nel cambiamento, che speravamo che el máximo lider avrebbe avuto il coraggio di aprire Cuba alla democrazia. Alcune sue aperture, alcuni suoi comportamenti, l'accoglienza del Santo Padre, l'autorizzazione per la costruzione del nuovo convento delle suore Brigidine, poco più di un mese fa, ci avevano fatto sperare, anche se non facevano ben sperare le notizie che ci giungevano. Abbiamo sperato ed abbiamo sbagliato. Ecco cosa riconosce questa mattina il Vaticano!
Anche quando vi è stato l'incontro di meno di un mese fa, cos'è successo quando il cardinale Crescenzo Sepe ha accompagnato quella delegazione? È successo che, in quella circostanza, Castro ha accolto la delegazione romana con tutti gli onori, suscitando la reazione dei vescovi cubani, preoccupati per la repressione del dissenso a Cuba.
Onorevole Fassino ...

PRESIDENTE. Onorevole Selva...

GUSTAVO SELVA. ... che parlerà dopo di me, prenda nota, per cortesia, di queste affermazioni e faccia in modo - è l'ultima delle espressioni che posso usare, sebbene avrei moltissime cose da dire ...

ROLANDO NANNICINI. Parla al Governo!

GUSTAVO SELVA. Non ho capito cosa dice. Me lo vuole ripetere, per favore?

PIER PAOLO CENTO. Batista!

ROLANDO NANNICINI. Parla al Governo!

PRESIDENTE. Ha detto: parla al Governo. L'onorevole Nannicini le ha detto di parlare al Governo.
Relata refero, onorevole Selva!

GUSTAVO SELVA. Mi ha fatto molta pena sentire l'onorevole Rizzo chiudere con l'affermazione icastica: noi siamo con Cuba. Io dico: noi siamo con la libertà, con la democrazia, con i valori veri della nostra società, non con quelli che sono stati battuti ...

EUGENIO DUCA. Sei stato con Pinochet, con Hitler e con Mussolini!

PRESIDENTE. Onorevole Duca!

PIER PAOLO CENTO. Con Batista!


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GUSTAVO SELVA. ... sono stati battuti nei paesi dell'est grazie alla reazione degli americani, grazie a quella dei tedeschi occidentali. Mi auguro che questo possa avvenire anche a Cuba (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza nazionale, di Forza Italia e dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fassino. Ne ha facoltà.

PIERO FASSINO. Signor Presidente, onorevole Selva, io penso non sia una buona cosa piegare tutto ciò che succede nel mondo alla dialettica politica interna di casa nostra (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza nazionale).
No, no, ma poi replicherò anche alle sue affermazioni.

TOMMASO FOTI. Lo dica al Governo!

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, l'onorevole Selva si è rivolto all'onorevole Fassino, che sta rispondendo. Onorevole Selva, se vuole spiegare come si svolge la dialettica parlamentare... Prego, onorevole Fassino, vada avanti.

PIERO FASSINO. Dicevo che, secondo me, non è una buona cosa piegare le vicende politiche internazionali alla politica interna, farsi prendere dalla tentazione di una misera strumentalizzazione che, francamente, riduce qualsiasi credibilità di una seria riflessione su questi temi. In ogni caso, onorevole Selva, le potrei dire facilmente questo, e poi passerò agli argomenti veri. Onorevole Selva lei ha rivendicato e ha fatto bene...

GUSTAVO SELVA. L'argomento della libertà è un argomento vero!

PRESIDENTE. Onorevole Selva, in questa Assemblea si esprimono pareri. Onorevole Fassino, vada avanti (Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale).

PIERO FASSINO. Onorevole Selva, abbia la cortesia almeno di ascoltare. Io l'ho ascoltata ed interloquisco con lei perché lei si è rivolto a me. Vede, sono talmente rispettoso che non ignoro i suoi appelli. Le dico semplicemente che lei ha rivendicato giustamente le sue numerose prese di posizione a favore della libertà di Cuba; ci attendiamo tutti che lei faccia recapitare nelle caselle postali posizioni analoghe da parte sua nei confronti di dittature come quella di Pinochet, del generale Videla e di tante altre dittature che ci sono state in America (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo)...

TOMMASO FOTI. Basta! Sei ridicolo!

PIERO FASSINO. ...e di cui invece non c'è memoria (Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, non capisco; stiamo discutendo di un argomento drammatico.

PIERO FASSINO. Esatto!

PRESIDENTE. Non capisco questa agitazione, dovrebbe essere morale l'agitazione, non verbale. Prego, onorevole Fassino.

PIERO FASSINO. Comunque, onorevole Selva, facciamo così: attendiamo nelle caselle postali copie di queste dichiarazioni.
Discutiamo qui di fatti gravissimi naturalmente, per questo mi sembra francamente miserevole il tentativo di strumentalizzarli a fini di politica interna. Discutiamo di tre condanne a morte e discutiamo di condanne che stanno tenendo ingiustamente in carcere decine di cittadini cubani che sono rei soltanto di avere opinioni politiche diverse da chi detiene il potere a Cuba. Proprio per questo da parte nostra non ci possono essere giustificazioni. La nostra condanna per queste condanne a morte, per queste sentenze, è netta; chiediamo la sospensione di tutte le pene irrogate ingiustamente, chiediamo la


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liberazione degli oppositori che siano stati incarcerati senza che ve ne sia stato motivo, chiediamo che a Cuba si riconoscano i diritti di democrazia e di libertà che sono universali e che non possono essere piegati da nessun regime politico.
Diciamo questo tanto più per Cuba, perché Cuba ha rappresentato per un certo periodo una speranza, è stata un punto di riferimento in un'America latina che negli anni settanta e ottanta era caratterizzata da colossali ingiustizie, da dittature militari, da oppressioni di ogni tipo. Essa ha rappresentato una speranza che presto si è rivelata vana, che è stata frustrata dall'incapacità del regime castrista di combinare una politica sociale, che certamente ha realizzato degli obiettivi nel campo della sanità e dell'istruzione, con il riconoscimento della libertà, della democrazia e dei diritti per ogni cittadino che vivesse in quell'isola.
E noi, quindi, a maggior ragione, tanto più di fronte agli episodi gravissimi di queste settimane, ribadiamo che democrazia e libertà non possono sopportare limitazioni; e non c'è ideologia politica, ragione di Stato, ideologia o religione che possa in qualche modo giustificare una violazione della libertà e dei diritti universali di ogni cittadino e di ogni persona.
Semmai è proprio questo l'argomento con cui bisognerebbe fare i conti con maggiore coerenza da parte di tutti noi. Viviamo in tempi di globalizzazione che non sopporta relativismi; e, in tempi di globalizzazione, risulta ancora più stridente che non ci sia un riconoscimento globale nel mondo di quei diritti di libertà, di democrazia, di quei diritti umani e civili che noi consideriamo irrinunciabili e indisponibili per ogni persona e per ogni cittadino. Semmai una riflessione andrebbe fatta proprio su questo tema.
Quante volte noi negli anni scorsi - e quando dico «noi» mi riferisco a noi occidentali, europei ed americani, mettendoci dentro anche la sinistra europea, ma non solo - di fronte alla violazione dei diritti, della democrazia e della libertà in altri paesi e in altri continenti, ci siamo fatti scudo ed alibi di differenze etniche, religiose e culturali per accettare violazioni di libertà e di diritti che non accetteremmo mai nei nostri paesi e nelle nostre società.
Credo che oggi - questo ci dice sia la vicenda irachena sia la vicenda cubana - dobbiamo finalmente fare i conti con questo tema. Battersi per la globalizzazione giusta significa non soltanto battersi perché vi sia una globalizzazione più umana dal punto di vista economico, sociale e ambientale, ma riconoscere anche che è altrettanto necessario battersi perché vi sia la globalizzazione della democrazia, la globalizzazione della libertà e quella dei diritti; e compito dei paesi, che questi diritti e questa libertà già riconoscono, è quello di battersi perché in tutto il mondo quei diritti, quella libertà e quella democrazia vengano riconosciuti. Semmai qui allora c'è una sfida per tutti noi: come costruire una strategia democratica che sia capace di ottenere il riconoscimento della libertà, della democrazia e dei diritti là dove questi oggi sono negati.
Io credo che chi ritenga, come ad esempio il sottoscritto e tanti altri, che la democrazia, la libertà e i diritti non si possano portare sulle punte delle baionette ha però il dovere, non soltanto di affermare questa elementare verità, ma anche di cercare di darsi una strategia democratica perché, in assenza di una strategia democratica e politica capace di affermare democrazia e libertà laddove queste sono negate, il rischio è che l'unico strumento diventi il ricorso all'uso della forza e il ricorso alle armi. Proprio per questo non è davvero insignificante, di fronte a quello che è successo e succede a Cuba, assumere un'iniziativa politica, perché si gioca, di fronte a quello che succede a Cuba, la responsabilità delle forze democratiche di essere in grado di mettere in campo un'iniziativa politica e una strategia che sia capace lì, come in ogni altro paese, di affermare diritti che sono essenziali e irrinunciabili per ogni persona, uomo e donna.
Per questo noi pensiamo si debba mettere in campo ogni forma di pressione nei confronti del regime cubano per ottenere


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la liberazione di chi oggi è ingiustamente in carcere, per ottenere il riconoscimento dei diritti fondamentali di libertà a partire dai diritti di organizzazione, di riunione, di libertà di opinione e di espressione. Crediamo si debba mettere in campo ogni iniziativa di pressione e di sostegno alle forze democratiche cubane per non isolarle e per non lasciarle sole nella battaglia per conquistare democrazia e libertà nel loro paese. E fare tutto questo in modo tale che una politica di pressione non si traduca in una penalizzazione delle condizioni di vita della popolazione cubana che peraltro rischia di pagare, già sulla propria pelle, la limitazione della libertà e dei diritti.
In altri termini, dire che noi vogliamo che a Cuba ci sia democrazia e libertà significa essere capaci di combinare una politica di pressione con una politica di contaminazione democratica che aiuti e favorisca un'evoluzione in quell'isola, in quel paese, in ragione tale che la democrazia e la libertà vengano riconosciute nei tempi più rapidi possibili e le forze di opposizione, che si battono per la democrazia e la libertà e che oggi sono le vittime della repressione, prendano forze e non siano lasciate sole e sappiano, grazie all'aiuto della comunità internazionale, essere un punto di riferimento, un interlocutore, per gestire il processo di transizione politica e democratica.
Diciamo queste cose oggi, ma non le diciamo da oggi: si tratta di posizioni che abbiamo assunto da tempo, e siccome l'onorevole Selva ha avuto la bontà di citarci tutte le sue dichiarazioni, voglio ricordare che le posizioni che io ho espresso in questa sede sono contenute in una mozione, approvata dalla Camera dei deputati il 28 settembre del 1995, primo firmatario il sottoscritto, assieme a rappresentanti di tutti i gruppi politici, in cui si chiedevano esattamente queste cose.
Pertanto, come vede, onorevole Selva, in questo Parlamento...

PRESIDENTE. Onorevole Fassino...

PIERO FASSINO. ... intorno ad una battaglia per affermare diritti, democrazia e libertà a Cuba, esiste un largo consenso che non è solo di oggi, che ritengo un fatto positivo e che sarebbe del tutto sciocco rendere meno forte e meno capace di incidere con delle polemiche strumentali, quando, semmai, occorre invece valorizzare al massimo un consenso unitario, esistente in Italia tra tutte le principali forze democratiche, a sostegno di un processo di transizione democratica a Cuba; così come non basta assumere posizioni pur giuste, come quelle che stiamo prendendo anche oggi qui, ma si tratta di saldare una presa di posizione giusta...

PRESIDENTE. Onorevole Fassino, la invito a concludere.

PIERO FASSINO. ... ad una coerenza di comportamenti. Tra i comportamenti coerenti deve esserci anche la capacità di aiutare a Cuba quelle forze politiche che oggi si battono, in quell'isola, affinché la democrazia e la libertà si affermino ed anche da questo punto di vista stiamo facendo la nostra parte, essendo ormai da anni in collegamento con forze dell'opposizione democratica che, grazie anche al sostegno che noi forniamo loro, in questi anni hanno potuto crescere, e che possono diventare sempre più un punto di riferimento per una transizione democratica anche in quell'isola.
Per questi obiettivi e con questo impianto, voteremo a favore della mozione che, assieme ad altri gruppi del centrosinistra, abbiamo presentato, e voteremo altresì a favore di quelle parti delle altre mozioni che rispondono all'obiettivo di sostenere e favorire un processo di evoluzione democratica a Cuba (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo, della Margherita, DL-l'Ulivo e Misto-Verdi-l'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Paoletti Tangheroni. Ne ha facoltà.

PATRIZIA PAOLETTI TANGHERONI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il senso della mozione che la Casa delle


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libertà ha presentato è essenzialmente quello di appoggiare la resistenza cubana, perché è molto importante che a Cuba giunga la notizia - e giungerà, nonostante i bavagli di Castro! - che il Parlamento italiano sostiene i dissidenti e condanna gli aguzzini (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).
L'anno scorso 11 mila 300 cittadini cubani hanno avuto coraggio, apponendo la propria firma per chiedere libertà civili con una petizione popolare; si tratta di un genere di coraggio, onorevoli colleghi e signor Presidente, che a noi europei, da molto tempo - e fortunatamente - non capita di avere, perché è quello che occorre dimostrare quando viene messo in gioco non il consenso o la carriera oppure il successo, ma propriamente la vita. La petizione popolare (il cosiddetto progetto Varela) è stata regolarmente depositata il 10 maggio 2002; in essa, per prima cosa, si chiede l'amnistia generale per i prigionieri politici; inoltre, si chiede la libera costituzione di partiti, elezioni regolari, libertà di parola e di associazione, come del resto sarebbe formalmente previsto nella Costituzione cubana. La petizione, infine, chiede che venga definitivamente abbandonato il carattere socialista dell'organizzazione dello Stato, attraverso la reintroduzione di piene garanzie al diritto di proprietà privata e la possibilità per i cittadini di decidere le loro attività economiche.
Signor Presidente, ho ritenuto di dover richiamare la cronaca per far comprendere bene quale tipo di vita si conduca a Cuba, e non da ora: onorevole Rizzo, chi fugge da quella vita non è un terrorista!
Saluto con piacere il risveglio della sensibilità del collega Fassino, di cui abbiamo avvertito tutto lo sdegno per quanto sta avvenendo a Cuba: ma dov'era l'onorevole Fassino quando Valladares girava in Europa e, quasi di nascosto, in Italia, a raccontarci, già negli anni ottanta, delle terribili prigioni di Cuba?
Contro di lui si tentò perfino, da parte dell'allora sinistra, di orchestrare una campagna di diffamazione che lo voleva spia degli americani (e cos'altro, altrimenti, un dissidente a Cuba?).
Cuba non è mai cambiata. Onorevoli colleghi, ne vogliamo la prova? Agli 11 mila firmatari, l'incredibile Fidel ha opposto le firme di 8 milioni di intrepidi patrioti che hanno dichiarato che va tutto bene così, che a Cuba non deve essere cambiato nulla e che Fidel ha ragione: hasta siempre! Ha ragione anche quando vieta il possesso di un personal computer, se non dietro autorizzazione diretta del Ministero degli interni. Sono proprio i computer e il net globale i veri nemici di Cuba. La glasnost alla fine, cari colleghi, non potrà più essere impedita. Allora, si può opporre soltanto il terrore.
I giornalisti indipendenti cubani Raul Rivero, Ricardo Gonzalez e Oscar Espinosa Chepe sono stati condannati a vent'anni di carcere e tre giovani sono stati fucilati dopo un processo sommario per aver tentato la fuga verso gli Stati Uniti. Si tratta di una delle campagne repressive più dure che il regime di Castro abbia mai messo in atto.
A questo Parlamento, che spesso si è dimostrato sensibile alle posizioni dell'Europa, ricordo - come del resto si ribadisce nella mozione - che il Parlamento europeo e la Commissione hanno condannato i recenti episodi di violenza e che molti altri paesi, come l'Olanda, la Germania, la Spagna e la Gran Bretagna, hanno preso unilateralmente posizioni di grave condanna nei confronti di Cuba. Devo dire che adesso la partecipazione di Cuba agli Accordi di Cotonou, che pure era stata caldeggiata, mi pare un po' compromessa. Peraltro, proprio dagli Accordi di Cotonou viene ripreso il criterio di condizionalità degli aiuti, che a mio avviso rappresenta il punto centrale della nostra mozione.
Infatti, chiediamo al Governo di condizionare gli aiuti pubblici allo sviluppo, sia laterali sia multilaterali a Cuba, sospendendoli fino al momento in cui non cessino le carcerazioni e le esecuzioni sommarie sull'isola.
Con la nostra mozione si chiede di continuare a monitorare la situazione dell'isola,


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perché Cuba non è il paradiso del mondo nuovo che ha fallito dovunque, salvo che lì; Cuba è, anzi, la testimonianza di come il comunismo, proprio per la sua violenza utopica, non può che generare violenza e coercizione (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e della Lega nord Padania). Ciò che non è concretizzabile non può essere un modello, perché quando l'utopia non si realizza si dovranno cercare i colpevoli del fallimento.
È stato così a tutte le latitudini ed in qualsiasi contesto economico e sociale. Non diversamente dalla piccola Cuba, lo sconfinato impero sovietico, eterogeneo per etnie, economie e storie, ha conosciuto le famose purghe che condannavano di volta in volta i colpevoli della non realizzazione del paradiso socialista: prima i kulàki, poi gli ingegneri e chiunque fosse stato a contatto con il mondo oltre cortina. Ricordiamo tutti le verissime e splendide pagine di Solzenicyn: l'impero sovietico, non diversamente dall'Etiopia di Menghistu o dalla Romania di Ceausescu e dovunque si sia voluto realizzare una utopia, dagli anabattisti in poi.
Onorevole Folena, onorevole Sereni, cosa possiamo realmente fare? Francamente, qualcosa di più che invitare alla festa della liberazione italiana una persona che si trova in galera a Cuba. Non possiamo più permetterci di far finta di non vedere ed è anche questo il senso della mozione. Chiediamo al nostro Governo democratico e liberale di confermare sempre e in ogni occasione i principi di libertà e di rispetto dei diritti fondamentali. Senza imbarazzo dobbiamo saper uscire dalle panie del politicamente corretto. Dobbiamo essere in grado di violare i tabù ideologici, per cui certi argomenti in certi luoghi non devono essere toccati. Dobbiamo saperci sottrarre al buonismo peloso che non ha nulla da spartire con l'autentica solidarietà per gente che vive in condizioni difficili.
Per questo chiediamo la condizionalità degli aiuti pubblici allo sviluppo: non mi riferisco agli aiuti di emergenza che non devono essere negati a nessuno, ma a quelli allo sviluppo.
È necessario sanzionare, per quel che si può, Fidel per sottolineare che non potrà più contare sulla complicità di chi finora è stato al gioco dei suoi inganni, di chi, come anche oggi in quest'aula, non dice il ruolo che ha avuto Cuba in Angola, in Mozambico, con i campi di addestramento di terroristi internazionali, di chi ha finto di non sapere che l'isola è un'enorme prigione dove all'interno delle famiglie si spinge alla delazione ed al tradimento.
Noi chiediamo al Governo di guardare e di vedere (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza nazionale, dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro (UDC) e della Lega nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Giulietti, al quale ricordo che ha un minuto a disposizione. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE GIULIETTI. Signor Presidente, mi rivolgo a lei per ringraziare il Presidente Casini per questa occasione. Sul merito condivido la mozione Folena ed altri n. 1-00199 e gli interventi degli onorevoli Fassino e Sereni. Di fronte alla pena di morte, di fronte alla galera per i dissidenti e per i reati di opinione ovunque non possono esservi incertezze: non bisogna avere incertezza nel promuovere una grande campagna internazionale e nazionale.
Signor Presidente, bisogna, tuttavia, non cadere nella trappola di usare questi temi in modo strumentale. Io non risponderò con citazione a citazione, con fotografia a fotografia. Le chiedo una cosa più semplice, signor Presidente: di acquisire il recente rapporto - come ha chiesto l'onorevole Malgieri, che è di un altro gruppo - dell'associazione internazionale Reporters sans Frontières che denuncia gravi lesioni ai diritti di libertà, carcere, tortura e repressione in molti paesi. È tornato il silenzio sugli intellettuali curdi, turchi, armeni, ceceni, su alcuni stati sudamericani, su paesi come la Turchia e la Tunisia dove pure gli affari non mancano.


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CESARE RIZZI. Ma parla di Cuba!

GIUSEPPE GIULIETTI. Mi auguro - non è un elemento di polemica - che questa discussione di grande importanza non sia una tantum (Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale), ma sia l'inizio di una lunga serie di parole e di azioni a tutela della libertà sempre, comunque e dovunque, a prescindere dalle opportunità politiche e dagli opportunismi diplomatici (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.

CARLO GIOVANARDI, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CARLO GIOVANARDI, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, vorrei fare una precisazione perché probabilmente ho usato termini impropri nell'espressione dei pareri. Non mi riferisco alle mozioni Diliberto ed altri n. 1-00192 e Bertinotti ed altri n. 1-00194 sulle quali il parere del Governo è contrario ed alla mozione La Russa ed altri n. 1-0097 sulla quale il parere è favorevole, ma alla mozione Folena ed altri n. 1-00199. Vorrei precisare che su quest'ultima ho espresso parere contrario sui capoversi ottavo, nono e decimo della premessa della parte motiva e sull'ultimo capoverso del dispositivo. Per la parte restante mi rimetto all'Assemblea.

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