Allegato B
Seduta n. 301 del 29/4/2003


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COMUNICAZIONI

Interrogazioni a risposta orale:

CAPARINI. - Al Ministro delle comunicazioni. - Per sapere - premesso che:
i tabulati telefonici di Telecom Italia dovrebbero riportare il dettaglio delle chiamate relative ad una certa utenza, sono fondamentali per computare la spesa effettuata e dovrebbero servire anche al fine di risolvere le controversie sulle bollette telefoniche;
c'è un vero e proprio «boom di denunce» da parte degli utenti di Telecom Italia, «un fiume di denunce per l'attivazione di servizi a pagamento non richiesti e addebiti anomali in bolletta» (Il Sole-24 Ore, 26 gennaio 2003). Per tacere delle controversie mai risolte che ormai si trascinano da anni;
è di alcuni mesi fa l'ennesimo caso di bollette con un numero di telefonate superiore a quelle effettuate. A San Pietro Viminario, comune di 2.400 abitanti in provincia di Padova, centinaia di persone hanno segnalato al sindaco, Arnaldo Anziutti, casi di bolletta Telecom Italia in cui sono stati impropriamente addebitate telefonate che si riferiscono a numeri a tariffazione elevata, con prefisso 166 e 899, relativi a servizi cosiddetti «aggiuntivi» rispetto al pubblico servizio telefonico e mai richiesti dagli abbonati. Il sindaco provvede ad informare i Carabinieri;
tra i casi di importi superiori alla norma per telefonate non effettuate c'è quello di una signora che traslocando ha portato con se l'apparecchio telefonico. La vecchia abitazione è chiusa a chiave, l'apparecchio telefonico non c'è più, ma in bolletta le vengono addebitate chiamate a 166 e 899. L'assistenza Telecom le dà una singolare quantomai fantasiosa spiegazione: sarà entrato un ladro. Un ladro assai bizzarro, che alla signora non ha rubato nulla, ad eccezione delle telefonate: l'abitazione è infatti rimasta chiusa, tutte le cose sono al loro posto e non ci sono segni di infrazione;
l'ufficio comunale del sindaco in pochi giorni è stato sommerso dalla segnalazione di bollette «gonfiate» delle quali Telecom Italia pretende il pagamento. Per lo più le chiamate risultano effettuate nella fascia oraria tra le 16.30 e le 17.30 di giorni diversi. La maggior parte dei cittadini di San Pietro non si era mai resa conto della gravità del problema in quanto gli importi anomali si aggiravano intorno ai 25-30 euro; solo in pochi casi le somme toccavano i 300 o i 400 euro. I più avevano semplicemente supposto fosse aumentato il costo delle telefonate «normali». Lo stesso sindaco Anziutti scopre che in una bolletta relativa alla propria utenza in un certo giorno sono segnate cinque chiamate a numeri 899, con un addebito di 5 euro a telefonata + IVA, che risulterebbero effettuate tra le 17.31 e le 17.33. Le telefonate hanno una durata di 10 secondi l'una: è materialmente impossibile fare tante chiamate di quel tipo in così poco tempo;
le bollette gonfiate sono state recapitate a famiglie e aziende, ma toccano


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anche le linee telefoniche del Municipio, della Biblioteca comunale e delle Scuole elementare e media. Perfino la linea fax della Farmacia municipale ha addebitato chiamate a 166 e 899 oppure l'utenza del campo sportivo, non c'è nessun telefono in quel locale, è stato rubato alcuni mesi fa, ma in bolletta compaiono gli addebiti per i numeri «speciali»;
dopo la denuncia ai Carabinieri il sindaco di San Pietro Viminario contatta il 187, il servizio clienti di Telecom Italia, che non fornisce adeguata assistenza ammonendo che il mancato pagamento delle bollette comporterà la rescissione del contratto. Alle successive richieste di un contatto con dirigenti responsabili dell'azienda l'operatore del 187 si limita ad un laconico: «Ho preso nota; le faremo sapere». Anziutti non è mai stato richiamato. Analogo deludente esito ha registrato la raccomandata A/R di febbraio al dirigente Telecom di Mestre, di cui peraltro il 187 non gli fornisce il nominativo;
simile comportamento gli operatori del 187 l'hanno tenuto nei confronti degli altri utenti danneggiati tra i quali ottantenni che non sono neppure in grado di fare il numero da soli e che tengono il telefono in casa solo per emergenza, o addiritttura hanno soltanto il telesoccorso abilitato;
le bollette del primo bimestre riportano nuove chiamate ai servizi aggiuntivi;
il 12 marzo Anziutti presenta un esposto alla Procura della Repubblica del Tribunale di Padova;
Telecom Italia, oltre a non aver fornito alcuna risposta al Sindaco o qualsiasi altro utente, non ha fornito i tabulati con la documentazione integrale delle chiamate limitandosi alle bollette dettagliate, con i numeri chiamati oscurati nelle ultime cifre al fine di impedire di risalire ai beneficiari della truffa. Tutto ciò nonostante la legge sulla privacy e le pronunce del Garante stabiliscano che in caso di chiamate contestate il gestore deve fornire i tabulati integrali;
parte dei guadagni generati da queste telefonate «fantasma» finisce nelle casse di Telecom Italia, che trattiene una percentuale fissa sui proventi dei numeri speciali, oltre alle somme derivanti dall'affitto delle linee 166, 899, 709. Questi numeri consentono l'accesso a servizi di carattere erotico, a prestazioni di maghi e di cartomanti o di «esperti» di numeri del Lotto, e simili. Tali prestazioni viaggiano sulla linea telefonica, ma non hanno nulla a che fare con il pubblico servizio - che è l'oggetto dell'abbonamento sottoscritta dall'utente con il gestore - e sono fornite da soggetti terzi, con i quali l'utente non ha firmato alcun contratto. Le norme sui contratti a distanza prevedono condizioni precise che devono essere soddisfatte anche da chi vende beni o servizi via telefono. L'articolo 9 del decreto legislativo 22 maggio 1999, n. 185 parla di forniture non richieste e afferma che: a) è vietata la fornitura di beni o servizi al consumatore in mancanza di una sua previa ordinazione nel caso in cui la fornitura comporti una richiesta di pagamento; b) il consumatore non è tenuto ad alcuna prestazione corrispettiva in caso di fornitura non richiesta. In ogni caso, la mancata risposta non significa consenso. La legge prescrive poi che tali numerazioni debbano essere utilizzate per servizi di utilità sociale -:
quali iniziative normative intenda adottare per fornire garanzie e tutela per gli oltre venticinque milioni di utenti della telefonia fissa in Italia;
se non ritenga necessario adottare le opportune iniziative perché, in particolare, all'utente sia fornita la documentazione integrale delle chiamate affinché l'utente possa verificare la veridicità delle telefonate e dei relativi addebiti.
(3-02233)

CAPARINI. - Al Ministro delle comunicazioni. - Per sapere - premesso che:
dal 1o gennaio 1998 il settore telefonico avrebbe dovuto essere liberalizzato al fine di garantire la concorrenza fra i diversi gestori nell'offerta di telefonia fissa;


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sono trascorsi cinque anni e per la telefonia fissa Telecom Italia rimane l'unico gestore che possa, in violazione della concorrenza, minacciare ed attuare il distacco della linea agli utenti. Infatti, se l'utente decide di rivolgersi ad un altro gestore è costretto in ogni caso a corrispondere, direttamente o indirettamente, il canone di linea a Telecom Italia. Gli utenti non possono scegliere tra gestori concorrenti che siano su un effettivo piano di parità;
il taglio della linea era una prerogativa dello Stato finché esso gestiva in monopolio il servizio telefonico e serviva a garantire l'ente statale dall'eventuale mancato pagamento del servizio da parte dell'utente. Si trattava di uno strumento eccezionale, attraverso il quale lo Stato tutelava un bene pubblico: il servizio di telefonia fissa;
a Telecom Italia è stato consegnato in monopolio quel bene pubblico, le linee telefoniche, concedendo in tal modo a una società privata di usufruire di un'entrata di oltre 4.000 milioni di euro ogni anno derivanti dal pagamento del canone di linea da parte degli abbonati (ogni cittadino paga infatti 350 mila lire all'anno per il canone);
l'interruzione della linea è utilizzato da Telecom Italia come strumento di pressione per ottenere dall'abbonato il pagamento dei cosiddetti servizi «aggiuntivi» che non vengono riconosciuti dagli utenti come traffico proprio (166, 899 709 Internet, 00 erotici, eccetera), non richiesti alla firma del contratto ma che sono addebitati fino a un costo di 1,50 euro al minuto più Iva;
il pagamento del canone di linea dovrebbe garantire all'utente il diritto alla linea telefonica. Invece, per contestazioni sui servizi aggiuntivi e/o non riconosciuti, questo diritto, con il distacco della linea, viene spesso negato. Va precisato che nessun utente ha mai firmato un contratto per avere servizi aggiuntivi. Si tratta dunque di servizi non richiesti, per i quali si dovrebbe rispettare il dettato del decreto legislativo 22 maggio 1999, n. 185, che all'articolo 9 (Fornitura non richiesta) afferma che: «È vietata la fornitura di beni o servizi al consumatore in mancanza di una sua previa ordinazione nel caso in cui la fornitura comporti una richiesta di pagamento. Il consumatore non è tenuto ad alcuna prestazione corrispettiva in caso di fornitura non richiesta. In ogni caso, la mancata risposta non significa consenso;
l'utenza è intestata al signor Mario di Possagno (Treviso), che paga di solito bollette intorno alle 55.000 lire; per il terzo e per il quarto bimestre 1999 riceve bollette anomale da 528.000 e da 187.000 lire. Il signor Mario le contesta presso la Filiale Telecom di Treviso, dove viene mostrata loro su video una sfilza di 166, senza che tale documentazione venga stampata; al signor Mario viene fatta firmare una dichiarazione sulla privacy in cui conferma che «nella qualità di intestatario dell'utenza telefonica» i tabulati sono disponibili, benché con le ultime cifre oscurate, «per la sola consultazione». Mario deve inoltre firmare un modulo prestampato in cui dichiara di «aver preso visione della documentazione»; paga 60.000 lire - cioè il canone più il normale traffico telefonico - entro la data di scadenza del terzo bimestre 1999; qualche giorno dopo gli arriva una lettera standard in cui Telecom dichiara di aver effettuato «tutti i controlli» che confermano «l'esattezza degli scatti conteggiati». Anche il quarto bimestre viene pagato entro la data di scadenza per un importo di 60.000 lire. Il 7 agosto 1999 Telecom stacca ugualmente la linea in uscita. L'8 ottobre, Mario rinnova la formale contestazione con una raccomandata a Telecom (chiedendo anche l'attivazione della documentazione integrale in bolletta) e una all'ispettorato ministeriale di Mestre, che risponde con lettera di «presa in carico» della pratica. Ciononostante, Telecom mantiene lo stacco della linea in uscita, anche se le successive bollette fino al quarto bimestre del 2000 vengono pagate interamente. Telecom rinuncia comunque alla «risoluzione contrattuale» precedentemente minacciata con lettera. Nonostante numerose raccomandate,


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Telecom non riallaccia la linea in uscita; l'utente, dal quinto bimestre 2000, inizia a pagare il canone a metà (perché può utilizzare la linea a metà, solo per ricevere) contestando ogni volta con raccomandata. Con lettera del 29 maggio 2001 l'ispettorato ministeriale Veneto invita a rivolgersi all'Authority di Napoli, che «sta concretamente affrontando la problematica relativa al contenzioso nei confronti di Telecom Italia spa» (di questo parleremo nelle prossime puntate). Da questo momento, Mario deve inviare tre raccomandate a tre indirizzi diversi: a Telecom Italia, all'ispettorato ministeriale Veneto (che ha iniziato la pratica) e all'Authority. La disavventura continua finché il 19 dicembre 2001 l'Ufficio Crediti Telecom di Mestre, dopo una lunga telefonata, propone a Mario una transazione per chiudere il debito e ripristinare, la linea: Mario dovrebbe accettare la transazione «a chiusura del debito di 829.000 lire». L'utente contatta il Comitato Vittime Sip-Telecom che gli suggerisce di inviare un fax di richiesta della documentazione relativa alle bollette contestate, che per legge Telecom Italia deve fornire in forma completa in caso di contenzioso con gli utenti.
Nel fax Mario sottolinea l'abusiva interruzione della linea telefonica e del pubblico servizio, cioè la violazione del contratto stipulato e finanziato con il pagamento costante del canone di linea. Mario spiega che le chiamate a «servizi aggiuntivi 166», addebitate sulle bollette contestate, non sono mai partite dalla propria abitazione; che le bollette contestate sono state interamente pagate per quanto di propria competenza (canone di linea e traffico telefonico relativo al pubblico servizio); che non ha mai richiesto l'attivazione dei «servizi aggiuntivi 166» né sottoscritto alcun contratto relativo a tali servizi; che le bollette, dall'ultimo bimestre 2000 fino all'ultimo bimestre 2001, sono state interamente pagate per quanto di competenza, entro la data di scadenza, detraendo solamente la metà dei canoni non usufruibili, vista l'arbitraria disattivazione unilaterale della linea da parte di Telecom; che solo al fine di concludere il contenzioso, Mario accetta la transazione proposta dal funzionario Telecom, relativa al contenzioso in corso, per complessive 861.070 lire, somma alla cui richiesta Telecom rinuncia definitivamente per il futuro; Mario precisa che l'accettazione di tale transazione è comunque subordinata al ripristino integrale della linea telefonica. Il 20 dicembre 2001 Telecom ripristina la linea anche in uscita, dopo 2 anni più di 3 mesi e dopo 7 raccomandate! La bolletta del primo bimestre 2002 è pari a 60.000 lire. Mario tira un sospiro di sollievo, i problemi sembrano finiti, inizia invece la seconda odissea. La bolletta del secondo bimestre presenta 0,34 euro di telefonate senza documentazione, e 3,62 euro di «spese riattivazione collegamento»: Mario si sente beffato, perché la disattivazione gliel'aveva inflitta Telecom e comunque le spese di riattivazione gli vengono imputate dopo un accordo di transazione; in bolletta ci sono anche 0,02 euro per «interessi legali e moratori sesto bimestre 2001», che pure rientrava nella transazione. Vengono quindi detratti e contestati con raccomandata 4,77 euro. Per questa modestissima somma ricomincia il balletto delle raccomandate alle quali Telecom non dà risposta, inviando solo solleciti, che per Mario hanno il sapore di lettere minatorie, Anche la bolletta del terzo bimestre 2002 contiene la richiesta del pagamento di 0,62 euro di indennità per ritardato pagamento del solito sesto bimestre 2001, più la richiesta di 1,53 euro di traffico senza alcuna documentazione, che naturalmente vengono anch'essi detratti e contestati con raccomandata rimasta senza risposta. 8,38 euro di traffico non documentato compaiono nella bolletta del 4o bimestre 2002, regolarmente detratti e contestati con raccomandata. La documentazione cosiddetta «in chiaro», cioè con le ultime tre cifre oscurate (!!), viene invece attivata dal primo luglio 2002, ma solo su metà della bolletta del quinto bimestre 2002, dalla quale si detraggono e contestano 6,24 euro. Con altro sollecito del 26 settembre 2002, si richiedono 8,38 euro, già giustificati


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dall'utente nelle varie lettere raccomandate, e l'intera bolletta del quinto bimestre. Ai primi di ottobre 2002 Mario si vede nuovamente staccare la linea in uscita. A nulla valgono le proteste ed il riferimento alle contestazioni e agli accordi. Da ultimo arriva una lettera di risoluzione contrattuale in data 15 novembre 2002. Da questo momento, Mario non riesce più a contattare Telecom Italia -:
quali iniziative normative il Governo intenda assumere affinché possano essere efficacemente tutelati i diritti degli utenti rispetto alle situazioni deplorevoli di cui si è detto in premessa.
(3-02234)

NESPOLI. - Al Ministro delle comunicazioni, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
nell'esercizio 2001 Poste Italiane S.p.A. ha avuto costi per incarichi di consulenza e collaborazione per circa 80 milioni di euro, di cui più di 8 milioni di euro, per consulenze legali; 26.739.000,00 euro per consulenze tecniche capitalizzate; 10.426.000,00 euro per consulenze amministrative ed organizzative ed i rimanenti oltre 28 milioni di euro per assistenza e consulenza tecnica -:
a quanto ammontino i costi per incarichi di consulenza e collaborazione nell'esercizio 2002;
se il Magistrato della Corte dei Conti delegato al controllo di Poste Italiane S.p.A. abbia esercitato attività di controllo su tali incarichi;
se al Magistrato della Corte dei Conti delegato al controllo di Poste Italiane S.p.A. sia stato trasmesso un elenco nominativo degli incarichi di consulenza e collaborazione conferiti o prorogati a professionisti o esperti esterni;
se tali consulenze o collaborazioni esterne non potrebbero essere svolte, con maggiore economicità da risorse interne;
se non sia più conveniente adeguare l'ufficio legale di Poste per evitare un così alto ricorso a professionisti esterni.
(3-02235)

Interrogazione a risposta scritta:

NESPOLI. - Al Ministro delle comunicazioni. - Per sapere - premesso che:
quando, nel 1993, il Ministero del tesoro autorizzò l'allora Amministrazione P.T. ad utilizzare alcuni Istituti di Credito per la consegna ed il ritiro dei valori dagli uffici postali (il cosiddetto «movimento fondi»), impose come condizioni:
a) l'utilizzazione esclusiva del numerario;
b) l'eliminazione degli assegni circolari;
c) il contenimento dei fondi di riserva;
d) la realizzazione di un monitoraggio che permettesse di effettuare uno speciale controllo sul servizio, controllo che doveva avvenire attraverso l'analisi dei dati che dovevano essere inoltrati quotidianamente da ogni ufficio alla ragioneria provinciale e da questa totalizzati e ritrasmessi alla direzione centrale;
volontà dell'Amministrazione P.T., della Banca d'Italia e del Ministero del Tesoro era che il monitoraggio permettesse di:
a) evitare una movimentazione dei valori non necessaria;
b) conoscere in tempo reale, a livello centrale, regionale e provinciale, il movimentato da e per gli uffici, da e per la Banca d'Italia;
c) conoscere i dante causa della movimentazione dei valori inviati agli uffici (pagamenti INPS, eccetera);
d) conoscere la causale di provenienza dei fondi (Vaglia - C/C - eccetera);
e) effettuare controlli da parte degli organi amministrativi preposti all'attività, prevenendo le possibilità di frodi sia da esterni che da personale infedele;


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f) controllare il rispetto dei fondi di riserva stabiliti in relazione alla tipologia del singolo ufficio (a quella data di complessivi circa 1.500 miliardi di lire);
g) conoscere l'esatta designazione del denaro versato per imputare i costi agli enti per cui veniva svolto il servizio;
h) evitare e combattere la possibilità di riciclaggio delle banconote;
il sistema, come detto, venne imposto dal Ministero del tesoro per contenere la giacenza di contanti (allora di circa 1.500 miliardi di lire) presso gli uffici postali, ciò sia ai fini di limitare la massa di denaro infruttifera, sia per non esporre al rischio di eventi criminosi il personale degli uffici -:
se corrisponda al vero che dal marzo 2001 il fondo di riserva è progressivamente aumentato e che attualmente la giacenza sia superiore ai 3 miliardi di euro pari a 6.000 miliardi di lire;
se corrisponda al vero che è intenzione di Poste Italiane S.p.A. incrementarne ulteriormente la consistenza, fino quasi a raddoppiare tale giacenza;
quali azioni intenda intraprendere il Ministro dell'economia e delle finanze al fine di riportare tale fondo di riserva agli iniziali valori;
quali controlli abbia attuato ed attui il Ministero dell'economia e delle finanze per verificare le procedure in essere ed il loro rispetto.
(4-06171)