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La seduta, sospesa alle 18,25, è ripresa alle 18,30.
PRESIDENTE. Onorevoli Colleghi, ha ora luogo lo svolgimento di un'informativa urgente del Governo sugli sviluppi della crisi irachena con particolare riferimento al bombardamento dell'hotel Palestine a Bagdad, come richiesto dai gruppi di maggioranza e di opposizione durante la seduta di oggi.
Ringrazio il ministro per i rapporti con il Parlamento, onorevole Carlo Giovanardi, e il Governo per la tempestività con cui hanno voluto aderire all'invito del Presidente della Camera che si è fatto carico dell'invito dei gruppi.
Dopo l'intervento del ministro per i rapporti con il Parlamento, onorevole Carlo Giovanardi, interverranno i rappresentanti dei gruppi per sette minuti ciascuno. È previsto un tempo aggiuntivo per il gruppo misto.
Ha facoltà di parlare il ministro per i rapporti con il Parlamento, onorevole Carlo Giovanardi.
CARLO GIOVANARDI, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, come è noto, la situazione negli ultimi due giorni, particolarmente a Bagdad, è molto delicata e grave anche per i giornalisti che sono impegnati a seguire le vicende di questo conflitto.
Già ieri due giornalisti, al seguito delle truppe della coalizione colpite da un missile iracheno, avevano perso la vita, così come un giornalista della rete araba, rimasto coinvolto, a sua volta, nel bombardamento della sede. Si è poi giunti alla vicenda oggetto dell'odierna informativa urgente. Come è noto, è stato colpito l'hotel Palestine, la sede dei giornalisti internazionali, italiani e di altri paesi, che stanno seguendo le vicende di Bagdad. In questa esplosione, causata - sembra ormai accertato - da un colpo sparato da un carro armato americano, ci sono state due vittime: è morto un cameraman della Reuters di origine Ucraina, Taras Protsyuk, e ha perso la vita anche un cameraman della televisione spagnola Telecinco José Couso di 37 anni, che era rimasto ferito ma che è deceduto successivamente per le ferite riportate. Vi sono poi altri tre giornalisti feriti dalla stessa esplosione.
Naturalmente, l'episodio, in sé gravissimo, ha sollevato ulteriori preoccupazioni per i quasi 300 giornalisti di tutto il mondo che sono ospitati presso quell'albergo che, attualmente (queste sarebbero le notizie delle ultime ore), sarebbe diventato un po' terra di nessuno. Infatti, le autorità irachene non sarebbero più presenti all'interno dell'albergo o nei pressi dello stesso e i carri armati americani sarebbero ancora dall'altra parte del fiume; quindi, i giornalisti presenti all'interno di questa struttura alberghiera si trovano in una terra di nessuno che attualmente non è controllata e non è garantita da alcuno.
Proprio per le circostanze in cui tutto questo sta avvenendo, il Governo italiano, in particolare il ministro Frattini, che
attualmente si trova a Budapest, oltre ad aver espresso il cordoglio per le vittime, ha giudicato un incidente estremamente grave quanto è accaduto all'hotel Palestine.
Naturalmente, il Governo si è interessato per conoscere esattamente perché sia stato aperto il fuoco in quella direzione, perché questo sia avvenuto, perché questo incidente estremamente grave si sia verificato.
C'è un impegno non solo dell'Italia, ma anche degli altri paesi che hanno giornalisti presenti in Iraq, ad indicare con esattezza i luoghi dove si trovano i giornalisti a far continuamente presente la necessità evidentissima che, comunque, in ogni caso non possono essere obiettivi da colpire.
Ribadisco che c'è la preoccupazione per quanto è avvenuto, ma c'è, più in generale, anche la preoccupazione per l'evoluzione della situazione; in tal senso, la Farnesina si è già attivata, ed ha dato istruzioni formali ai nostri ambasciatori a Washington e a Londra di attivarsi, presso i rispettivi Governi, americano e inglese, per garantire la sicurezza dei giornalisti italiani ancora presenti a Bagdad.
Il nostro Governo, dunque, si è già attivato innanzitutto per sottolineare la particolare gravità di quanto è accaduto, per sottolineare la necessità che, pur nelle difficoltà ed essendo in corso scontri a fuoco, venga comunque, in ogni caso e nel migliore modo possibile, salvaguardata l'incolumità dei giornalisti e, per quanto riguarda la specifica situazione creatasi nell'hotel Palestine - perché in questo momento in cui non c'è nessuna autorità in grado di garantire l'incolumità dei giornalisti -, per far sì che i Governi americano e inglese si attivino ed adottino tutte le misure necessarie affinché questa fase transitoria duri il minor tempo possibile e possa essere garantita ai nostri giornalisti - compresi i sette giornalisti della carta stampata, che sono stati associati agli altri giornalisti presso quell'hotel, ed il cui status non è ancora chiarissimo - la sicurezza sia in questa fase degli avvenimenti sia in quella successiva.
PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole ministro.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Bertucci. Ne ha facoltà.
MAURIZIO BERTUCCI. Grazie, signor Presidente e signor ministro per i rapporti con il Parlamento, vorrei ringraziare lei e Governo per essere subito venuti in Assemblea per riferire in merito a questa drammatica vicenda, che ci colpisce particolarmente come uomini liberi e democratici, come giornalisti che hanno esercitato questo mestiere e come persone che stanno vivendo, in maniera drammatica, le ore di questa guerra difficile.
Tutti dovremmo meditare sulla morte di due uomini che, servendo l'informazione, hanno servito la causa della libertà e della democrazia. Non sempre le immagini virtuali sono fini a se stesse: a volte, come in questa triste vicenda, coprono una realtà drammatica. In Iraq si combatte davvero, si muore davvero, si combatte una guerra, e tutti sono a rischio in quel teatro, anche le nostre coraggiose inviate della televisione pubblica e privata: a loro va il nostro ringraziamento per quanto stanno facendo, in questi giorni drammatici di guerra, e per il loro obiettivo lavoro.
Chi confonde le immagini virtuali con quelle reali è incapace di comprendere che la libertà ed il pluralismo dell'informazione sono i pilastri della vera democrazia. Ai due colleghi spagnoli ed ai loro familiari sentiamo il dovere di rivolgere i sentimenti più profondi della nostra gratitudine, della gratitudine di chi sta guardando con grande timore ciò che sta accadendo in quella terra, una terra disgraziata, dove speriamo che questa guerra finisca al più presto, e che possa tornare finalmente quella democrazia per la quale tutti noi, tutti i giorni, ci battiamo (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Spini. Ne ha facoltà.
VALDO SPINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, sono ormai già undici i giornalisti uccisi, e quattro i dispersi in questa vicenda bellica. Ma il fatto di cui ci stiamo occupando è particolarmente grave, e non è a caso che Aidan White, il segretario generale dell'Organizzazione internazionale dei giornalisti, ha definito il fatto «una violazione del diritto internazionale».
Non c'è alcun desiderio di terminare presto la guerra o di raggiungere la vittoria il prima possibile che possa in alcun modo scusare quanto avvenuto. È infatti noto che in quell'albergo vi sono i giornalisti, ed il tentativo di giustificare l'accaduto sostenendo che si è sparato in quella direzione per rispondere al fuoco nemico è smentito da David Chater di Sky News, da un operatore e dalla giornalista Caroline Sinz di France 3, che hanno addirittura filmato l'accaduto, nonché dalla nostra giornalista del Tg1 Lilli Gruber. Un altro giornalista italiano, Pellegrini, è salvo per miracolo perché si è spostato all'ultimo momento.
È chiaro che in quell'albergo non vi era alcun fuoco nemico! Invito allora il Governo ad attivarsi. Certo, si tratta di un Governo colpito; leggo però che il ministro della difesa spagnolo, Federico Trillo, ha annunciato che il suo Governo chiederà spiegazioni per ciò che è avvenuto ed una precisa ricostruzione dei fatti.
È necessario soffermarci sul problema della tutela della libertà di informazione e del diritto internazionale. Siamo stati contrari a questo intervento militare, ma anche nell'ambito di un intervento militare esistono norme e regole internazionali, nonché diritti delle persone, che vanno salvaguardati. Siamo di fronte ad uno di questi casi. Risulta che 25 tra giornalisti e tecnici delle reti Abu Dhabi ed al Jazeera hanno chiesto l'intervento della Croce rossa per essere salvati, essendo in questo momento completamente privi di protezione. Avremo sui nostri televisori, in quanto credo che anche la rete italiana La Sette sia riuscita a filmare quanto avvenuto, la prova concreta degli avvenimenti. Ritengo si debba dire, con molta forza, che non esiste alcuna giustificazione per ciò che è avvenuto! Dobbiamo salvaguardare la presenza dei giornalisti e non, come qualcuno ha sostenuto, dire loro che è pericoloso stare in questi luoghi! Non è possibile avallare un tale comportamento, perché è nostro interesse, interesse dell'opinione pubblica internazionale ed italiana, avere notizie e documentazioni di prima mano su ciò che sta avvenendo. Non si possono quindi accettare ammonimenti o intimidazioni di sorta!
Certo, ringraziamo il Governo per essere venuto a riferire in aula in modo tempestivo; però, dall'analisi delle notizie che sopraggiungono, dalle prove fotografiche e dalle dichiarazioni rilasciate credo ci si trovi veramente di fronte ad un fatto inaccettabile. Quando la settimana scorsa, in Parlamento, dal nostro gruppo si levavano voci sulle modalità di conduzione delle operazioni militari e sulla necessità di rispettare le popolazioni civili, il diritto di informazione, i diritti umani, non si diceva qualcosa di vuoto, bensì qualcosa correlato a ciò che effettivamente sta avvenendo.
Io presi la parola - anche il ministro Giovanardi era presente e quindi penso lo ricorderà - quando fu uccisa Maria Grazia Cutuli per sollecitare un'inchiesta approfondita su quell'episodio verificatosi in Afghanistan. Ebbene, da questa Assemblea deve venire una ferma e forte presa di posizione a favore della stampa e della televisione che svolgono il proprio lavoro, a favore di tutti questi operatori: essi sono lì per noi! Per tale motivo il Governo deve, con grande fermezza, far valere questa posizione, chiedendo il rispetto dei diritti dei giornalisti ed una ricostruzione dei fatti e condannando questa violazione dei diritti umani appena perpetrata (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo e della Margherita, DL-l'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Zacchera. Ne ha facoltà.
MARCO ZACCHERA. Signor Presidente, innanzitutto credo sia necessario
associarsi alle parole di condoglianza pronunciate dal Governo per quanto oggi avvenuto a Baghdad. È evidente che nella situazione in cui oggi vive la capitale irachena questi fatti, purtroppo, siano non solo possibili, ma quasi naturali. Ciò non vuol dire che debbano essere giustificati: anzi, tutt'altro. Direi, però, che essi sono la conseguenza di quella situazione estremamente confusa che si vive nella capitale irachena.
Si è detto che questo stato di cose è inaccettabile: ricordo però che se non fosse per questi giornalisti presenti in un luogo assolutamente pericoloso, l'informazione da Baghdad sarebbe ancora quella fornita dal ministro per l'informazione irachena, che ancora ieri, nonostante i tank americani fossero alle sue spalle, insisteva nel dire scientemente - alimentando la potenziale resistenza delle forze armate del suo paese - che gli americani non erano arrivati a Bagdad e che si trattava di un trucco. La realtà, la tragica realtà di questa guerra che in tanti avremmo preferito non ci fosse, questo non dobbiamo dimenticarlo, è proprio questa: nel momento in cui sono in corso combattimenti casa per casa, questi fatti possono verificarsi, e sicuramente chi ha sparato questo colpo di cannone non ha colpito apposta quel determinato obiettivo. Bisogna anche ricordare che nei giorni scorsi gli iracheni avevano annunciato che avrebbero mischiato civili agli obiettivi militari.
Ritengo si debba prendere atto anche di ciò e che tale aspetto debba essere criticato. In questa situazione così tragica, evitiamo non tanto di fare il processo agli eventi quanto di voler trarre conclusioni di parte. Ritengo che l'unica conclusione che si può trarre da questo sciagurato episodio sia che la guerra deve finire al più presto. Al momento, mi auguro che anche questo episodio faccia capire come, per arrivare presto, bisogna drasticamente porre fine a questa situazione, sapendo che purtroppo questi fatti possono avvenire. Mi associo con sincerità al cordoglio espresso da parte di tutti e sottolineo il sacrificio non soltanto di questi giornalisti ma anche di quelli caduti nei giorni scorsi per un tributo di onestà e di libertà per noi tutti, come fossero anch'essi soldati in prima linea. Infatti, anche la guerra dell'informazione esiste ed è importante.
Mi auguro, ovviamente, che questi episodi non si verifichino più. Sono convinto che le autorità alleate faranno quanto in loro potere per verificare i fatti e che, se vi fossero delle colpe (anche se escludo che vi siano), assumeranno le decisioni di conseguenza.
Approfitto di questa occasione per ringraziare il Governo di essersi recato in aula e per sollecitarlo ad intervenire nei prossimi giorni in tutti i modi possibili per farci conoscere anche il destino dei sette giornalisti italiani dei quali, in pratica, da una settimana non si sa più nulla di preciso. Peraltro, ciò sottolinea anche la volontà da parte irachena di tenere degli ostaggi, dal momento che nessuno impediva loro di lasciarli uscire dal paese, visto che non erano certo parti in causa o belligeranti.
In conclusione, ringrazio il Governo di essere venuto in Assemblea. Vi è poco da aggiungere perché si cadrebbe facilmente nella demagogia. Questa guerra si deve concludere il più presto possibile proprio per ridurre le vittime civili, oltre ovviamente a quelle militari di entrambe le parti, e per permettere il più celermente e il più globalmente possibile di procedere ad un'opera di ricostruzione e, soprattutto, ad un intervento umanitario immediato non soltanto per la popolazione di Baghdad ma di tutto l'Iraq.
A quel punto, conclusa la guerra, avremo modo di imparare qualcosa di più dalla lezione irachena. Auguriamoci comunque che la guerra finisca presto e oggi, senza aggiungere troppe parole, piangiamo queste vittime del loro lavoro e della libertà, perché, come tutti i giornalisti a Baghdad, ci hanno dato la possibilità di conoscere di prima mano ed il più presto possibile le notizie che provengono da quella parte, ahimè, tanto tribolata del mondo (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Gentiloni Silveri. Ne ha facoltà.
PAOLO GENTILONI SILVERI. Signor Presidente, anch'io ringrazio il Governo per essere venuto a riferire in Assemblea. Tuttavia, colleghi, non credo che la Camera dei deputati possa limitarsi ad esprimere rammarico per questa fatalità e per questo grave lutto. Noi rappresentiamo il paese ed il nostro è il Governo di uno dei paesi più importanti del mondo. Quanto accaduto è troppo grave, non solo per le vittime (siamo in un periodo in cui in Iraq vi sono centinaia di vittime civili), ma per il ruolo che l'informazione riveste in queste giornate.
Colleghi della maggioranza, anche voi potete esprimere le vostre opinioni sulla guerra e dire che siete favorevoli a questo intervento grazie al fatto che vi sono centinaia di giornalisti che la documentano e la raccontano e grazie al fatto che almeno un esercito tra quelli presenti in quei luoghi con oltre mille giornalisti, che ha registrato già 15 vittime (vi sono, infatti, 11 giornalisti uccisi e quattro dispersi), svolge quotidianamente il suo lavoro per consentire a noi, nei paesi occidentali, di discutere e di essere a favore o contrari a questa guerra.
Quindi, non credo basti dire che vi è stato un grave incidente e non ritengo che lo stesso si possa ascrivere ad un effetto collaterale, tutto sommato inevitabile.
Ministro Giovanardi, credo che le caratteristiche siano ormai emerse con evidenza. Non vi è dubbio: anche le autorità americane hanno riconosciuto che si è trattato di un carro armato americano. Peraltro, siamo in possesso di documentazioni filmate (quella più evidente è di France 3) che ritraggono il carro armato con la torretta che si sposta, che punta l'hotel Palestine e che spara in quella direzione. Pertanto, credo esistano tutti gli estremi per agire come ha fatto il Governo spagnolo e cioè chiedere formalmente spiegazioni al Governo americano su come sia potuto accadere un fatto di questa gravità.
Essere il più energici possibili nel chiedere spiegazioni, nel chiedere conto di tale gravissimo episodio non è una rappresaglia o una critica, ma l'unica garanzia che possiamo avere affinché episodi di tal genere non si ripetano o si ripetano il meno possibile. Abbiamo davanti, colleghi, giornate difficili a Bagdad. Se non dimostrassimo fermezza da questo punto di vista, dando ai comandi militari americani il senso che il mondo occidentale è molto fermo nel condannare episodi del genere, credo che non saremmo in condizione, nei prossimi giorni, di evitare il ripetersi di tali episodi.
In tali casi non basta cavarsela con le battute: ho visto che il nostro ministro degli esteri, stando alle agenzie, ha detto che le forze della coalizione non hanno l'abitudine di sparare ai giornalisti. Spero bene e so bene che è così, ma non basta cavarsela né con il rammarico, né con le battute. Un Governo autorevole deve chiedere autorevolmente ed energicamente spiegazioni ai comandi militari americani, difendere i nostri giornalisti impegnati in Iraq ed evitare in tutti i modi che tali episodi si ripetano. Così facendo credo che daremmo un contributo al lavoro che l'informazione ha svolto in queste settimane a Bagdad, lavoro - colgo l'occasione per dirlo - che ha convinto tutti.
Credo che tutti noi abbiamo apprezzato nei telegiornali della RAI, e non solo della RAI, l'ottimo lavoro di informazione svolto. Proprio perché lo apprezziamo, credo che dovremmo avere il coraggio e l'energia per difenderlo (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-l'Ulivo, dei Democratici di sinistra-l'Ulivo e Misto-Socialisti democratici italiani).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Mongiello. Ne ha facoltà.
GIOVANNI MONGIELLO. Signor Presidente, credo che la Camera la ringrazi per aver tenuto presente la necessità di capire quanto è accaduto. Quello di oggi, seppur in proporzione rispetto agli eventi tragici dei giorni scorsi, rappresenta un evento di una gravità enorme. Attaccare,
ferire e, comunque, mettere in condizione di dover pensare all'incolumità personale di chi scrive ed elabora una notizia raccontando i fatti accaduti è gravissimo. Il Governo ha fatto bene a venire in aula a rispondere: in tal senso un ringraziamento sentito va al ministro Giovanardi ed a tutto il Governo.
Cari colleghi, questo tragico evento della guerra in Iraq ci porta a sottolineare ancora una volta la necessità forte che la guerra abbia fine al più presto. Bisogna porre termine a tali fatti luttuosi. Come gruppo dell'UDC non avremmo voluto che si iniziasse e si portasse avanti l'idea di uno scontro armato. Tuttavia, questo è in atto e l'unico augurio, l'unico auspicio, l'unica idea che abbiamo dentro di noi è che abbia termine al più presto.
Per quanto accaduto all'hotel Palestine - tutta la stampa è stata attaccata e vi sono, oltretutto, morti - abbiamo senz'altro una convinzione: può esser frutto di una fatalità, la guerra è sempre un rischio ed un pericolo per tutti. Qualche giorno fa il convoglio dell'ambasciatore della Russia è stato colpito: anche quella è sembrata una fatalità, ma una fatalità tragica.
Non si può pensare a tutto questo come il segno di una volontà precisa: è evidente che si tratta di una fatalità. Per quanto ci riguarda, il gruppo dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro rivolge solidarietà alla stampa e a quei giornalisti italiani che giorno per giorno ci raccontano i fatti e che vediamo quotidianamente in televisione, sapendo i rischi e i pericoli che essi corrono ed attraversano per svolgere questo mestiere difficile e bello, ma senz'altro rischioso in una situazione come quella della guerra in Iraq.
È evidente che la nostra solidarietà, oltre che ai giornalisti italiani che sono in quella trincea, va anche ai giornalisti e alla stampa di ogni nazione, perché la stampa è una voce libera ed è l'espressione più significativa di un sistema di democrazia, di pace e di libertà. La stampa è quindi un bene che vogliamo tutelare, salvaguardare e garantire.
Infine, per quanto ci riguarda, esprimiamo un grazie alla stampa libera che è in Iraq, un grazie al Governo e un grazie a tutti coloro che, nella vicenda, non usano parole che possano strumentalizzare l'evento, bensì usano parole di circostanza, che sanno di cordoglio e che sanno di capacità di comprendere gli eventi e il momento incredibile che si sta attraversando (Applausi dei deputati del gruppo dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Rizzi. Ne ha facoltà.
CESARE RIZZI. Vorrei in primo luogo ringraziare il Governo che puntualmente viene a riferire, sia in Assemblea, sia in Commissione, sui fatti della guerra. La Lega, certamente, non può che esprimere il proprio cordoglio per questi giornalisti che sono stati colpiti. Un'agenzia di stampa riporta che il segretario generale della Federazione internazionale dei giornalisti, Aidan White, ha detto che alla fine del conflitto - e condivido pienamente - dovranno essere aperte delle indagini indipendenti su tutti questi casi, riferendosi anche al famoso caso dei giornalisti italiani trattenuti in un albergo a Bagdad.
Vedete, colleghi, qui è la funzione stessa del giornalista che va considerata. Non si tratta infatti di un giornalista sportivo o di un semplice cronista dei fatti della giornata, ma di un giornalista che si trova sul teatro di una guerra, laddove è fuori dubbio che corre dei grossi rischi. Personalmente sono anche convinto che il fuoco amico non si sia certo divertito a colpire dei giornalisti: questo è fuori dubbio. Però c'è anche da ricordare che questa è una guerra, che ha fatto (o farà) cadere un regime che dura da ben 25 anni e in una guerra è pacifico che ci sono dei morti. Difatti, non è che si tratta di una guerra a tavolino, ma di una guerra vera, che si sta affrontando per risolvere dei grossi problemi, cioè per far cadere un regime e certamente un regime non lo si può far cadere solo con delle bandierine.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Alfonso Gianni. Ne ha facoltà.
ALFONSO GIANNI. Presidente, non ringrazierò il Governo perché ritengo che venire a riferire - naturalmente quando si riferisce, onorevole Giovanardi, bisognerebbe anche dire qualcosa nel merito dei problemi che qui sono stati sollevati - dovrebbe essere il minimo indispensabile: un dovere di fronte a un dramma e ad un massacro in atto, nei confronti del quale questa Assemblea dimostra un cinismo rivoltante!
Vedete, colleghi, è inutile che si dica: la guerra è una cosa brutta, quindi è pacifico che vi siano i morti. Peraltro, è un ossimoro involontario: immagino che l'onorevole Rizzi non conosca il significato di questa figura retorica, ma l'ha compiuta.
CESARE RIZZI. La guerra è la guerra! Non fai ridere nessuno! Che razza di discorsi sono!
ALFONSO GIANNI. Si dice dunque: le cose vanno così. Onorevoli colleghi, vergognatevi! Noi abbiamo proposto in quest'aula, pochi giorni fa, una soluzione: il cessate il fuoco, l'apertura di corridoi umanitari, la fine immediata di ogni tipo di ostilità, ma questa Assemblea non vi ha acconsentito.
Oggi, ogni lacrima è una lacrima di coccodrillo, è pura e semplice ipocrisia!
È vero, onorevoli colleghi, non c'era bisogno di qualche discorso raffazzonato; già il generale americano che risolse la guerra di secessione, quasi 200 anni fa, disse che la guerra è una cosa così immonda che il tentativo di ingentilirla è inutile.
Colleghi, come interpretiamo questa frase? Noi la interpretiamo come il fatto che l'Italia ripudia la guerra, mentre voi la interpretate nel senso che la guerra va fatta. Dunque, è pacifico che ci siano dei morti, quindi cosa discutiamo a fare se dei giornalisti vengono uccisi! Come vedete, si tratta di due modi diametralmente opposti di intendere una semplice verità.
Ebbene, ciò di cui sono moralmente schifato - non alzo la voce perché tanto sarebbe inutile - è questo senso di assuefazione. Come può accadere che un eletto nel Parlamento di questa Repubblica - nata dalla lotta contro il nazifascismo, nata dopo due guerre mondiali - affermi che è normale, che è ovvio che ci siano dei morti? O, addirittura, dica che vi è qualche rischio per chi si trova lì.
Vorrei ricordare al gruppo di Alleanza nazionale la vergogna delle dichiarazioni di un suo esponente che ha attaccato alcuni corrispondenti della RAI, sostenendo che se ne stavano tranquilli in quanto vi era una sorta di intelligenza con il regime iracheno (Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione comunista). Presidente, è una vergogna che non hanno neanche il coraggio di sopportare!
Dunque, diciamo con chiarezza che esistono i crimini di guerra e che dovrebbero esistere anche dei tribunali deputati a giudicare tali crimini. Non i tribunali ad hoc che vogliono gli americani, ma quel tribunale internazionale penale del quale gli americani, non a caso, non accettano l'autorità, che pure nasce da un consenso internazionale.
Esistono crimini specifici di guerra, come il fatto di uccidere dei giornalisti e l'attacco al Palestine lo è. Evidentemente, si tratta di un attacco voluto e mirato che ha causato la morte di giornalisti, cameraman, operatori dell'informazione, come già accadde, tempo addietro, quando quel nostro connazionale fu ucciso in Palestina dalla forza distruttiva degli israeliani. Ciò significa chiudere un occhio del mondo sugli orrori della guerra e questo è quello che in realtà si vuole realizzare.
Infatti, quegli orrori quando si vedono, quando si conoscono, quando si dettagliano, quando si raccontano, sono insopportabili perché più aumenta la tecnologia, la raffinatezza delle modalità dell'uccidere più è cruento il massacro. Non esistono né bombe né missili intelligenti, sono idioti per definizione; ed anche quando qualche folle costruttore di armi - che ci guadagna abbondantemente - vi dice che tali strumenti di guerra punteranno sull'obiettivo voluto non credeteci perché ciò non accade. Infatti, assistiamo ad un massacro che riguarda civili, popolazioni arabe, giornalisti stranieri e riconosciamo
una specificità del problema, ma lo facciamo all'interno di un massacro di popolazioni civili le cui proporzioni non ci sono ancora note.
Perché gli americani hanno sparato su un convoglio costituito da 5 donne e 10 bambini per non essersi fermato ad un posto di blocco? Per la logica della guerra in base alla quale vi sono dei rischi? O perché, appunto, quando si decide la guerra non vi sono rischi, ma una certezza di morte? E la responsabilità di ciò ricade su chi ha deciso la guerra e su chi, pur non essendo in condizioni di belligeranza diretta, offre le basi, lo spazio aereo, le infrastrutture e le bugie a copertura di questa guerra!
Questa è la responsabilità specifica. Non ci sono altre storie ed altre motivazioni. E quando si parla - altro ossimoro - di «fuoco amico» e si scopre che ne hanno uccisi di più gli americani e gli inglesi, tra di loro, di quanto non abbia fatto la resistenza irachena, cosa si indica se non il carattere assolutamente irrazionale dell'atto bellico moderno? Guardate, più si raffina la tecnologia, più i sistemi d'arma diventano perfezionati e più aumenta la possibilità che le armi si rivolgano contro le stesse persone che le utilizzano. Questa contraddizione non vi fa, non ci fa dire, a tutti, che dobbiamo finirla con la logica della guerra? Ecco perché si impone il cessate il fuoco. La guerra non deve finire il più presto possibile, quando lo vogliono gli americani.
PRESIDENTE. Onorevole Alfonso Gianni, la invito a concludere.
ALFONSO GIANNI. Deve finire ora, immediatamente, perché nelle strade di Baghdad è in corso un massacro, né voi potete pretendere che la gente si consegni al mito dell'America. Sarà un mito per voi. Ma non lo è certamente per chi soffre delle bombe americane, dopo che ha sofferto dell'embargo americano, dopo che ha sofferto della depredazione dei territori, delle risorse economiche e delle culture di quella zona. Per questo dobbiamo far finire la guerra.
Allora, caro Giovanardi, quando ritornerà a palazzo Chigi, almeno abbia il coraggio di chiedere che, almeno, questo Governo elevi una protesta nei confronti degli angloamericani. Almeno, dica che i giornalisti non si possono uccidere. Almeno, dica che le donne e i bambini iracheni non possono essere uccisi.
PRESIDENTE. Onorevole Alfonso Gianni...
ALFONSO GIANNI. Almeno, dica che le popolazioni civili devono essere rispettate. Abbia, almeno, il coraggio morale di fare, almeno, questo. Grazie (Applausi dei deputati dei gruppi di Rifondazione comunista e dei Democratici di sinistra-l'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Intini. Ne ha facoltà.
UGO INTINI. Signor Presidente, la guerra, ormai, è prima psicologica e politica che militare. E, purtroppo, ne è dimostrazione il fatto che la percentuale di morti e di feriti tra i giornalisti è enormemente più alta di quella che si registra tra i militari. Ciò che è accaduto è di una gravità tremenda. È grave in sé e grave per le reazioni che fa maturare nel mondo arabo. Il redattore capo di Al Jazeera a Il Cairo ha dichiarato: l'uccisione dei giornalisti è un crimine di guerra, perpetrato deliberatamente; americani e britannici sanno bene che quello dell'albergo Palestine è un palazzo riservato ai giornalisti e per questo non può essere stato un caso; d'altronde, sia con Al Jazeera sia con i giornalisti in generale gli americani avevano già manifestato disappunto per le immagini dei soldati americani uccisi e di quelli presi prigionieri dagli iracheni. Non ce l'hanno perdonato. Avranno per anni - conclude il redattore capo di Al Jazeera - l'odio del mondo arabo e non solo di quello, per questi crimini di guerra, peggiori degli atti delle guerre coloniali di Francia e Inghilterra.
Non mi sento di sottoscrivere queste parole, naturalmente, ma ha ragione il Presidente egiziano Mubarak: una nuova
generazione di terroristi e di Bin Laden sarà allevata da questa guerra. Lo si capisce dalle reazioni di voci responsabili, di voci autorevoli del mondo arabo. Cosa si può chiedere, in questo contesto, al Governo italiano? Penso che, da parte di un Governo, non si possa reagire soltanto se è colpito un giornalista del proprio paese, un proprio concittadino. Bisogna reagire come i governi cui appartengono, per cittadinanza, i giornalisti colpiti. Ebbene, uno dei giornalisti colpiti, proprio quello di Al Jazeera, è un giornalista di nazionalità giordana. Il Governo giordano ha reagito così: oggi, il ministro dell'informazione ha detto che il Governo giordano condanna l'uccisione di Tareq Ayoub e intende protestare ufficialmente contro quest'ultimo attacco su obiettivi civili.
Noi sappiamo che il Governo giordano è uno dei più fedeli alleati degli Stati Uniti nel Medio Oriente. Io penso che il Governo italiano, anche se, fortunatamente, non è stato colpito un cittadino italiano, dovrebbe reagire esattamente allo stesso modo (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Socialisti democratici italiani, della Margherita, DL-l'Ulivo e Misto-Verdi-l'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Cima. Ne ha facoltà.
LAURA CIMA. Signor Presidente, mi pare che il ministro - il quale ha comunque più buon senso della sua maggioranza ed è venuto qui in aula, immediatamente, secondo la richiesta che abbiamo presentato - abbia comunque dato poca soddisfazione ai presentatori della richiesta riguardo alle proteste che ci si aspettava da parte del Governo italiano nei confronti delle forze angloamericane e degli americani, in particolare, per l'episodio dell'hotel Palestine.
Noi crediamo che le guerre sono comunque un massacro e che per quanto sempre più tecnologicamente avanzate, sempre più sono massacro di popolazione civile e questa non fa di certo differenza rispetto a quelle precedenti, ma crediamo anche che l'obiettivo che queste guerre si pongono fallisca clamorosamente. È fallita la ricerca di Osama Bin Laden, il quale adesso pare si faccia vivo promettendo altri attentati - quindi, siamo sull'onda dell'odio che cresce -, ma sta fallendo anche l'obiettivo di questa guerra. Infatti, ormai da due giorni si dice, ufficialmente, da parte americana, che anche se non si troverà Saddam Hussein ciò non sarà così importante ai fini dell'obiettivo principale della guerra.
Non abbiamo trovato armi e, per adesso, mi pare che ci sia soltanto un gran polverone su fantomatici ritrovamenti che, comunque, sicuramente non rappresentano la massa di armi della cui presenza il Governo americano sosteneva di avere le prove, mentre Blix - peraltro, non solo Blix, anche la CIA - sosteneva che per il momento non c'erano le prove. A questo punto, vediamo crescere spaventosamente il fuoco amico che uccide più che non la resistenza irachena, vediamo crescere le vittime civili, con il missile di ieri che ha colpito una normalissima casa, ed ora si attaccano i giornalisti, volutamente.
Signor ministro, sono molto impressionata di quanto hanno raccontato i nostri giornalisti, come gli altri giornalisti, per cui non c'era nessun cecchino - anche perché c'erano giornalisti e fotografi sul tetto e quindi se ne sarebbero accorti - e che volutamente il tank ha puntato il cannone sull'hotel, dove tutti sapevano che stavano i giornalisti, e sul piano dove i giornalisti stavano affacciati al balcone a fotografare e a seguire gli scontri. Inoltre, sono molto impressionata di quanto dice lo stesso Vincent Brooks, il portavoce delle forze USA, il quale sostiene che le forze americane hanno agito secondo il diritto di autodifesa rispondendo al fuoco nemico: quindi, dice chiaramente il falso, sia rispetto alla morte del giornalista di Al Jazeera al mattino, sia sulla vicenda dell'hotel Palestine.
Sono rimasta altrettanto impressionata da quanto ha sostenuto Aidan White - segretario generale della Federazione internazionale dei giornalisti -, il quale ha chiesto l'apertura di un'inchiesta internazionale indipendente; inoltre sia Papandreou
- sappiamo che la Grecia ha la Presidenza di turno dell'Unione europea - sia Solana hanno chiesto maggior sicurezza per i giornalisti.
Questo gravissimo episodio, che per un caso fortuito non ha visto coinvolti giornalisti italiani, non può essere affrontato con il cinismo e la semplicità mostrati dalla maggioranza e dal ministro in quest'aula.
Concludendo il mio intervento a nome dei Verdi, chiedo al ministro di agire immediatamente con molta più forza. Per quanto riguarda poi il cessate il fuoco, continueremo a mantenere la nostra posizione (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Verdi-l'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Mazzuca Poggiolini. Ne ha facoltà.
CARLA MAZZUCA POGGIOLINI. Signor Presidente, i parlamentari del nostro gruppo esprimono commossa partecipazione al cordoglio delle famiglie dei giornalisti caduti in Iraq. I nostri giornalisti, fra i quali molte donne, si trovano in una condizione di quasi detenzione - comunque di non libertà - e corrono numerosi pericoli: ringraziamoli per il coraggio dimostrato e la qualità del servizio che ci hanno reso.
Siamo rimasti molto colpiti e perplessi dalla vicenda relativa all'hotel Palestine; naturalmente ringraziamo il Governo per l'informativa assai tempestiva, ma chiediamo che quest'ultimo protesti ufficialmente nei confronti degli Stati Uniti e dei suoi alleati, chieda spiegazioni precise e si mobiliti affinché sia garantita per tutti la certezza della libertà d'informazione in Iraq. Oltre al caso in questione, infatti, vi è da considerare anche l'attacco alla sede di Al Jazeera. Si tratta di due attacchi, due vulnus alla terzietà dell'informazione: è una ferita profonda nei confronti nostri e dei paesi arabi moderati. Questi ultimi, per tener buone le loro piazze, i loro fondamentalismi, stanno facendo un'autocritica molto «pelosa», in quanto quest'ultima non riguarda l'America, l'occidente, ma i rapporti che intercorrono tra loro e i regimi medio orientali più criticabili, più tremendi.
Non so se gli attacchi che si sono verificati siano stati fortuiti, anche se capisco il ministro Frattini quando sostiene che gli americani non sono adusi a colpire i giornalisti. In ogni caso, essi non sono adusi neanche a fare particolare attenzione all'inalienabile diritto alla terzietà e alla libertà d'informazione.
Il Presidente Bush, per questa guerra che lui stesso ha voluto e che non abbiamo condiviso, ha basato la sua legittimazione, non su un consenso politico - che in America nessuno gli vuole concedere -, ma su un'opinione pubblica sollecitata proprio da un'informazione che, però, deve rispettare alcune regole precise e fondamentali. Queste regole non prevedono né stragi di civili - che invece sono colpiti - né schiacciamento della popolazione, ma la salvaguardia di alcune libertà fondamentali, fra cui, innanzitutto, la libertà d'informazione della quale stiamo trattando.
I nostri obiettivi - condivisi da tutto il centrosinistra - sono quelli di giungere al più presto al termine di questa tremenda guerra, nonché - rebus sic stantibus - di salvaguardare questa libertà d'informazione con un maggior rispetto nei confronti di tutti. Infatti, questa libera informazione serve anche e soprattutto a limitare, a far finire al più presto questa guerra.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole La Malfa, al quale ricordo che ha a disposizione tre minuti di tempo. Ne ha facoltà.
GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, vorrei esprimere la solidarietà del gruppo dei Liberal-democratici, Repubblicani, Nuovo PSI con riferimento a queste dolorose notizie provenienti dal fronte iracheno. Esprimiamo la nostra solidarietà agli esponenti della stampa che rendono un servizio straordinario all'informazione attraverso la loro presenza sui luoghi di questa guerra che ci auguriamo si concluda
presto con la sconfitta del dittatore e del suo regime; ci auguriamo, inoltre, che si torni alla speranza di dare un futuro pacifico a quel martoriato paese che è l'Iraq.
Esprimiamo la nostra solidarietà anche ai rappresentanti di Al Jazeera, ai giornalisti, spagnolo e ucraino, colpiti oggi da una bomba o in seguito ad un'azione militare americana nonché - mi rivolgo ai colleghi che non lo hanno ricordato - al giornalista spagnolo del quotidiano El Mundo ed all'inviato tedesco del settimanale Focus che sono stati uccisi ieri, 7 aprile, da un missile iracheno a sud di Bagdad. Si tratta, quindi, di giornalisti che sono caduti a causa sia di azioni militari irachene sia di azioni militari degli alleati americani. Non credo che si possano sostenere due tesi contraddittorie, quella dell'onorevole Alfonso Gianni, in base alla quale le bombe non sono intelligenti, e quella dell'onorevole Giulietti, secondo cui si sarebbe trattato di una volontaria decisione di colpire i giornalisti ed, in tal modo, di intimidire la stampa.
Credo che anche nell'espressione di questi sentimenti comprensibili bisognerebbe avere una certa misura che non sempre i colleghi che hanno preso la parola hanno avuto. Nell'espressione di questa solidarietà, ringrazio il Governo per la sua informativa.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Biondi, al quale posso concedere la parola soltanto per un minuto, a titolo personale. Ne ha facoltà.
ALFREDO BIONDI. Meglio ancora! Signor Presidente, onorevoli colleghi, la solidarietà ed anche il profondo dispiacere per un'operazione sbagliata e per un atto che ha determinato la morte di persone estranee, ma contemporaneamente partecipi, anche nel nostro nome, all'interesse della società, della civiltà e della conoscenza dei fatti, sui teatri di guerra, non possono essere impunemente lasciate al collega Alfonso Gianni come dimostrazione di lacrime di coccodrillo, di sensibilità rattrappita o mosse soltanto da un utilitarismo di carattere propagandistico. Mi dispiace sinceramente che si dicano queste cose. Certo, quando si dice che la guerra è una tragedia, non credo vi sia bisogno di estenderla a fatti che possono essere in certi casi dolosi, in altri anche colposi.
Non si può nemmeno pretendere che chi è dentro un carro armato abbia sempre presente la differenza che separa una canna di fucile o di bazooka da uno strumento diverso, che può essere anche fonte di pericolo per chi sta in quel momento combattendo una guerra sotto il comando di uno Stato, al quale deve questo obbligo di comportamento. Dire perciò che si provano dolore e dispiacere, nonché solidarietà ed affetto anche per quelli che non si conosce, non significa piangere come fanno i rettili sul bagnasciuga dopo pranzo.
Credo sia un gesto che umanamente possa legare, al di là della passione politica, tutti coloro che amano la libertà della stampa, la civiltà del comportamento di chi durante una guerra mantiene una posizione di pericolo e di rischio; il desiderio che tutti noi proviamo è nel senso che le cose che succedono finiscano al più presto, ristabilendo un criterio di libertà. Nel nome di questa le guerre possono anche essere state fatte!
Anche nel nostro paese, come in altri, qualcuno ha imbracciato il fucile per difendere la libertà o per assicurarsela. Era anche quella una guerra e vi era chi cadeva da una parte o dall'altra. Può succedere e non si deve ritenere che tutto sia stato fatto dolosamente, solo perché un po' di propaganda, anche nelle lacrime, esiste da più di una parte (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Liberal-democratici, Repubblicani, Nuovo PSI e Misto-UDEUR-Popolari per l'Europa).
PRESIDENTE. È così esaurita l'informativa urgente del Governo sugli sviluppi della crisi irachena con particolare riferimento al bombardamento dell'hotel Palestine a Bagdad.
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