Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 276 del 6/3/2003
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Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 19,50).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Competenze del Governo nei confronti della RAI ed iniziative per assicurare il riordino del sistema radiotelevisivo e la soluzione del problema del conflitto di interessi - nn. 2-00657, 2-00659 e 2-00661)

PRESIDENTE. Avverto che le interpellanze Violante n. 2-00657, Rutelli n. 2-00659 e Boato n. 2-00661, vertendo sullo stesso argomento, verranno svolte congiuntamente (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 1).
L'onorevole Bogi ha facoltà di illustrare l'interpellanza Violante n. 2-00657, di cui è cofirmatario.

GIORGIO BOGI. Signor ministro, l'interpellanza, che certamente per un verso può apparire datata, in realtà continua ad essere di grande attualità perché esprime sintomaticamente gli estremi della crisi che non soltanto attraversa l'azienda RAI ma mette a rischio la sua stessa funzione. Devo dire, spinto da una vecchia consuetudine professionale, che forse sarebbe bene cominciassimo a far diagnosi prima di parlare di terapia. Ci deve essere un motivo se il dibattito sulla RAI non riguarda mai o non riguarda a sufficienza l'aspetto più importante, cioè quello che ci offre (il suo prodotto), e se lo scontro politico riguarda troppo spesso il modo di configurare i suoi organi dirigenti.
Credo che un'analisi di questo genere ci porti a prendere in considerazione il fatto che il dato che sembra far impazzire la RAI è l'ingerenza politica indebita, compresa ovviamente quella dell'esecutivo. Di questo bisogna parlare, se non vogliamo limitarci a fatti rilevanti di cronaca: sono sintomi che esprimono una malattia sicuramente molto più complessa.
Noi non immaginiamo che si debba continuare a ragionare sulla centralità del servizio pubblico ma certamente sulla sua insostituibilità rispetto all'offerta complessiva del prodotto del sistema radiotelevisivo. Siamo consapevoli che il consumo di televisione rappresenta in questo momento uno dei mediatori culturali che stanno strutturando questa società. Certamente è un mediatore molto più forte verso coloro che sono deboli o perché sono minori o perché non sono culturalmente e sufficientemente attrezzati per svolgere autonomamente questa mediazione. Quindi la delicatezza del prodotto rispetto all'evoluzione della condizione civile e democratica del nostro paese non è sicuramente marginale.
La diagnosi che noi facciamo è che questa degenerazione attiene, come dicevo precedentemente, all'ingerenza politica indebita.
Per quanto riguarda questa ingerenza da parte dell'esecutivo - da quando nel lontano 1975 fu approvata una riforma della RAI che spostava l'ambito di questa società dal Governo al Parlamento -, si è ritenuto codificato, anche direttamente o indirettamente nelle sentenze della Corte costituzionale, il fatto che l'esecutivo non avrebbe dovuto ingerirsi nella gestione RAI. E questo è proprio il problema di cui oggi trattiamo attraverso questa interpellanza.
Lo ripeto, immaginare che in questo momento vi sia ingerenza indebita solo da


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parte dell'esecutivo è un errore diagnostico. Vi è un'ingerenza politica indebita che pretende una risposta ai quesiti posti con l'interpellanza.
Dunque, in particolare, si chiede come intenda agire il Governo nel prosieguo di tempo che ci separa dall'approvazione del provvedimento di riassetto del sistema radiotelevisivo italiano e, quindi, della stessa concessionaria del servizio pubblico o dell'attività di servizio pubblico in quanto tale. Inoltre, vogliamo sapere quali iniziative il Governo intenda adottare per il riordino del sistema e se si stia ponendo il problema in questi termini, vale a dire in ordine alla sua non ingerenza.
La storia del contratto di servizio ha portato a dichiarazioni e ad atteggiamenti che, effettivamente, davano l'impressione di una erronea visione rispetto a questo aspetto del problema.
Il problema del conflitto di interessi - che verrà poi trattato in sede idonea - non è marginale rispetto al fatto che l'esecutivo ha una capacità di ingerenza e di controllo sulle tre reti RAI. Infatti, se fossimo capaci di operare quella che a nostro avviso è la terapia indispensabile, vale a dire schermare la gestione RAI dall'ingerenza politica indebita, attenueremmo il livello del conflitto di interessi. Certamente non lo annulleremmo - ci sono aspetti di carattere etico, politico ed economico -, ma certamente lo attenueremmo.
Quindi, ci sembra che le interpellanze - anche se corrispondenti a fatti che, collocandosi pochi giorni fa, potrebbero apparire in parte superati - conservino una loro forte attualità. Occorre sapere se il Governo sia consapevole che la normazione legislativa e la giurisprudenza della Corte escludono l'ingerenza dell'esecutivo. Poi, vi sono aspetti di questa ingerenza vissuti con - posso dirlo? - maleducazione istituzionale, cioè con una dimostratività effettivamente grave in sé prima ancora che nella sua sostanza.
In conclusione, riteniamo che il problema del sistema televisivo italiano sia rappresentato dal prodotto che esso fornisce. Questo prodotto complessivo in parte dipende da quanto sarà capace di fornire la RAI come flusso riequilibratore di alcune tendenze spontanee del mercato dell'offerta di programmi. E la capacità della RAI di essere ordinata nella sua linea rispetto a questo obiettivo dipende dal fatto che le ingerenze politiche, compresa quella del Governo, non la facciano impazzire (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo e della Margherita, DL-l'Ulivo).

PRESIDENTE. L'onorevole Pasetto ha facoltà di illustrare l'interpellanza Rutelli n. 2-00659, di cui è cofirmatario.

GIORGIO PASETTO. Signor Presidente, innanzitutto apprezziamo le dichiarazioni che, recentemente, su questo tema ha reso il Presidente Casini, con la sua proposta - cosiddetta di garanzia - in ordine alla nomina del consiglio di amministrazione della RAI.
Credo che l'assunzione di tale iniziativa sia maggiormente apprezzabile per il suo valore politico e istituzionale in quanto, indirettamente, certifica una questione che noi abbiamo sempre posto, vale a dire quella relativa all'esistenza del conflitto di interessi tra il Presidente Berlusconi e il sistema radiotelevisivo. È la questione fondamentale, per certi versi, preliminare alla discussione in atto nel nostro paese.
Come ha sottolineato il collega Bogi, le nostre interpellanze vengono discusse, in qualche modo, fuori tempo: il dibattito sulla questione è andato avanti. C'è un confronto serrato che vede, da una parte, i Presidenti di Camera e Senato sforzarsi di dare una risposta più dignitosa, anche se non soddisfacente, all'assetto RAI e, dall'altra, le Commissioni confrontarsi sulla questione del riordino del sistema radiotelevisivo.
Queste due discussioni, seppure distinte, in realtà presentano elementi di convergenza. Crediamo che i due problemi, riordino e scelta del nuovo consiglio d'amministrazione della RAI, siano fortemente condizionati dagli interessi personali e dai comportamenti del Presidente


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del Consiglio, comportamenti che hanno trovato una legittima e condivisibile reazione da parte del Presidente Casini - ricordo quella mattina, qui alla Camera - di fronte alla decisione o alle decisioni del vertice di maggioranza in via del Plebiscito, vale a dire nell'abitazione privata del Premier, il quale, magari, ha immaginato di risolvere in questo modo il conflitto di interessi: non svolgiamo l'incontro nella sede istituzionale; svolgiamolo direttamente nella dimora personale; in questo modo abbiamo superato, forse, il conflitto di interessi.
Siamo in una situazione che vede, in modo allarmante, il servizio pubblico in una condizione di prefallimento, segnata dal crollo degli ascolti, da una situazione finanziaria al limite della bancarotta, dall'assoluta mancanza di investimenti, dall'assenza di processi di innovazione tecnologica. Credo che nessuno sia stato in condizione di fare peggio o abbia fatto peggio rispetto a quanto si è determinato nell'arco di pochi mesi. In pochi sono riusciti a causare un danno, per certi versi, irreversibile. Abbiamo assistito allo spettacolo indecente del prolungarsi delle attività del consiglio di amministrazione, privo di metà dei suoi membri. Abbiamo assistito al condizionamento operato da questi membri, fino ad arrivare alle dimissioni del presidente e del consigliere di amministrazione. Tutto questo non è avvenuto soltanto nel disprezzo del ruolo e della funzione del servizio pubblico. Tutto questo è avvenuto perché il Capo del Governo, il capo della maggioranza, ritiene affar suo, e non dei Presidenti di Camera e Senato - ha parlato di marziani -, la nomina del consiglio d'amministrazione della RAI. Ed è stato Giuliano Ferrara - e non noi - ad affermare che nella vicenda RAI, in quei giorni, tutte le regole di decenza sono state calpestate e derise.
Il Presidente del Consiglio dimentica o fa finta di dimenticare che è proprietario delle tre principali reti private del paese e che, dopo la cura ricostituente Baldassarre-Saccà, è proprietario ormai della prima rete televisiva del paese. Ma non bastano tre reti. Ne occorrono altre tre. La pesante ipoteca che mette sul sistema politico e il condizionamento che opera sull'azione autonoma dei Presidenti di Camera e Senato avvengono in un contesto di pieno disprezzo del messaggio del Presidente della Repubblica circa la garanzia del pluralismo e dell'imparzialità dell'informazione, a dispetto e nel disprezzo della sentenza della Corte costituzionale e dei severi richiami che l'authority per la concorrenza ha esposto nell'audizione che si è svolta in Commissione, in anticipo rispetto al confronto di questi giorni.
Ora, tutto questo pesa sul processo di riforma del sistema radiotelevisivo perché il postulato dal quale parte il disegno di legge Gasparri è la difesa ad oltranza, contro la sentenza della Corte costituzionale, le indicazioni dell'authority e lo stesso messaggio del Presidente della Repubblica, di questo punto fermo, che non si può e non si deve affrontare. Quindi, ci troviamo in una condizione di un confronto viziato in partenza, nonostante gli sforzi, timidissimi, che vengono operati anche all'interno della Commissione.
Non basta immaginare, come si tenta di fare, un'operazione che è tutta riconducibile a un tentativo virtuale. Questo tentativo - proprio perché queste due discussioni in qualche modo hanno punti di convergenza comune, ma viaggiano in modo distinto - è sostenuto dall'idea che per risolvere il problema del conflitto di interessi e della terza rete privata (e non soltanto di questa), quindi, per aggirare la sentenza della Corte costituzionale, basta anticipare la fase transitoria che ci dovrebbe portare al digitale. La proposta che è stata avanzata è un'operazione virtuale, ossia quella di immaginare che nell'arco di pochi mesi (perché di pochi mesi si tratterebbe) saremo nell'epoca del digitale e quindi avremo risolto i problemi del pluralismo: essa è senza nessun fondamento sia di carattere tecnico che di carattere economico. È un po' come il ponte sullo stretto di Messina: c'è un progetto, un'ipotesi, quindi abbiamo risolto il problema del collegamento con la Sicilia. Qui è l'ipotesi sulla quale si fonda sostanzialmente l'impianto della proposta Gasparri.


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Noi abbiamo dichiarato e riconfermiamo - mi avvio brevemente alle conclusioni, saltando alcune parti - l'apprezzamento per l'azione del Presidente Casini. Tuttavia, lo invitiamo a fare passi avanti e a porsi realmente il problema della neutralizzazione del Consiglio di amministrazione della RAI. Qui non basta il presidente di garanzia, ma occorre che l'intero consiglio di amministrazione della RAI sia di garanzia, non soltanto per l'interesse del servizio pubblico, ma per lo stesso interesse del Presidente del Consiglio e, sicuramente, per l'interesse del pluralismo e della democrazia e l'interesse più generale del nostro paese (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-l'Ulivo e dei Democratici di sinistra-l'Ulivo).

PRESIDENTE. L'onorevole Mazzuca Poggiolini ha facoltà di illustrare l'interpellanza Boato n. 2-00661, di cui è cofirmataria.

CARLA MAZZUCA POGGIOLINI. Signor Presidente, il problema della gestione della RAI e della sua politicizzazione in quanto servizio pubblico non è nuovo. Lo ha accennato il collega Bogi: ricordo i tre spicchi della cosiddetta prima Repubblica di cui uno, peraltro, era attribuito all'opposizione.
Ma è una questione grave e, pur non essendo nuova, è ancor più grave oggi, più di ieri, proprio perché oggi siamo di fronte ad un intreccio, molto inquietante e anomalo agli occhi di tutto il mondo che ci guarda, fra il compito di assicurare un effettivo pluralismo dell'informazione e la questione legata al conflitto di interessi che ancora riguarda il Presidente del Consiglio, il quale, lo ripetiamo ancora un'altra volta, come è proprietario delle principali tre reti private (ha in capo il 90 per cento della trasmissione televisiva privata), controlla - e altro che se controlla: lo abbiamo visto in modo estremamente lampante nelle ultime vicende avvenute nelle scorse settimane - anche le tre emittenti pubbliche.
Io credo vada apprezzato - e lo apprezziamo sicuramente, noi del gruppo Misto-UDEUR-Popolari per l'Europa, ma anche almeno una parte delle altre componenti del gruppo misto - lo sforzo fatto dai Presidenti di Camera e Senato, che, peraltro, si può dire sia nato dalla constatazione di quanto grave fosse questa ingerenza. Naturalmente, loro non lo possono dire, ma lo possono dimostrare con i fatti ed hanno cominciato a manifestare questa loro sensibilità - e li ringraziamo per questo - con questa ipotesi, che probabilmente sarà superata da altre, del presidente dell'opposizione, una ipotesi di garanzia che noi apprezziamo.
Tuttavia, concordando con il collega Pasetto, anche noi sottolineiamo che ciò non basta, anche se dovrebbe e potrebbe bastare in un sistema maggioritario in cui, ovviamente, il servizio pubblico rispondesse, controbilanciasse l'enorme potere sull'informazione di chi si trova a governare un paese normale in un determinato momento. In ogni caso, in un paese governato da un Presidente del Consiglio che è anche proprietario delle tre maggiori reti private - che, peraltro, quanto ad ascolti, stanno battendo le reti pubbliche -, è chiaro che questo non può bastare. Si tratta, come dire, di una ciliegina che noi apprezziamo - sono buone le ciliegie -, che però non può assolutamente bastare ad equilibrare correttamente il potere all'interno del mondo dell'informazione e a garantirne il pluralismo.
Voglio anche ricordare che all'indomani di quella malaugurata venuta alla luce di queste fortissime ingerenze, il Presidente del Consiglio dei ministri, con grande candore, dichiarò inesistenti eventuali profili di conflitto di interessi riguardo l'azione del Governo nei confronti della RAI. Egli affermò anche, in tempi passati e varie volte, che non si sarebbe mai occupato della RAI; lo voglio ricordare ai pochi colleghi presenti in aula ed a qualche altro che, me lo auguro, starà ascoltando il mio intervento via radio. Si tratta di affermazioni che, assieme a tante altre, vengono in seguito puntualmente smentite dai fatti che ne conseguono e dai precisi comportamenti tenuti dal Presidente del Consiglio dei ministri.


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La nostra interpellanza urgente è giunta, forse, fuori tempo massimo? Non credo, poiché stiamo trattando un problema immenso e non ancora avviato a soluzione. Questa sera i colleghi in aula sono pochi, ma, data una certa prevaricazione della maggioranza nei confronti dell'opposizione, è giusto sottolineare come la lunghezza degli interventi degli appartenenti alla maggioranza - peraltro non previsti - durante il dibattito precedente abbia fatto slittare lo svolgimento delle interpellanze urgenti proprio all'ora di cena. A causa di tale comportamento, anche gli italiani che hanno un collegamento satellitare o una radio, sicuramente tutto potranno fare tranne che ascoltare questo dibattito che, invece, riguarda uno dei principali fondamenti dell'assetto democratico, non solo del nostro, ma di tutti i paesi. Quest'ultima cosa, non a caso, ce l'ha ricordata, in maniera precisa e puntuale, il Presidente della Repubblica, attraverso un lungo ed articolato messaggio. Infatti, se dalle varie considerazioni più di carattere tecnico-analitico svolte dal Presidente Ciampi si espungono i messaggi relativi al pluralismo ed alla democrazia, si nota il grande allarme che giunge dal Colle riguardo la situazione che ancora permane in Italia.
Voglio ricordare che già nella XII legislatura, appena caduto il Governo Berlusconi, si mise subito all'ordine del giorno - visto che aveva vinto il capo delle tre reti televisive nazionali più importanti - una riforma della RAI che potesse garantire un effettivo, maggiore pluralismo. In quell'occasione vi fu un ostruzionismo feroce da parte del centrodestra, allora all'opposizione. Ricordo molto bene questi avvenimenti essendo all'epoca membro della Commissione cultura; ricordo il collega Storace che, per fare ostruzionismo, leggeva per ore ed ore tutti quanti i verbali dei consigli di amministrazione della RAI. Tale ostruzionismo, peraltro, ha riguardato anche la precedente legislatura, quando l'Ulivo cercò di riformare la RAI attraverso il disegno di legge n. 1138. È vero, non vi era un grande accordo nella maggioranza di allora - nell'Ulivo -, ma è certo che, qualora si fosse verificato, non sarebbe stato possibile andare oltre a causa di un ostruzionismo che andava al di là ed oltre tutte le regole di un sistema democratico.
Credo che dobbiamo porre molta attenzione a questo tema, molto più di quella che gli è stata dedicata dalla maggioranza in questa circostanza. Taluni dicono e ci irridono che noi pensiamo che l'occupazione degli spazi televisivi produca come conseguenza inesorabile la crescita del consenso elettorale oppure che questa è una visione antiquata e pedagogica del rapporto tra informazione e politica. Bene, noi siamo antiquati e pedagogici, al pari, credo, del Presidente della Repubblica che ha lo stesso problema; pertanto, desideriamo rivolgere alcune domande al rappresentante del Governo qui presente, il ministro Giovanardi, che, peraltro, stimo molto. Sappiamo quanto questo Governo sia un punto interrogativo, connotato da chi lo dirige che è una persona che si trova in pieno conflitto di interessi e che sembra non volere assolutamente abbandonare, nonostante le promesse preelettorali fatte appena eletto. Egli ha affermato che, in pochi mesi, avrebbe eliminato e cercato di superare il conflitto di interessi nel quale si trovava. Lo volevo solo ricordare.
Pertanto, nella nostra interpellanza ci siamo posti la domanda se il Governo abbia competenze nei confronti dell'azienda RAI. Sappiamo perfettamente come i contratti di servizi e quant'altro o come la riforma operata dal disegno di legge Gasparri siano atti propri del Governo e, quindi, sotto questo profilo normativo e di garanzia il Governo stesso dovrebbe ricoprire un certo ruolo, e certamente non quello che oggi esso, attraverso il suo Presidente, si è assunto. Chiediamo anche - è una richiesta che avanziamo per onor di firma - come intenda agire in merito al suddetto conflitto di interesse che compromette il regolare confronto tra soggetti operanti sul mercato. Ne stiamo soffrendo in Commissione cultura, dove peraltro, a tappe forzate, si cerca di concludere al più presto l'esame per l'approvazione del disegno di legge


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Gasparri (esso afferma certe cose nelle premesse e nei principi e poi le nega nei fatti in una serie di articoli); è una corsa per non far scattare gli effetti della sentenza della Corte costituzionale. Noi invece, come degli sciocchi (me lo dico da sola), ci troviamo qui a parlare, invece di trovarci in quella sede a combattere.
Noi vogliamo chiedere, per onor di firma, per i posteri, per coloro che leggeranno questi interventi nel resoconto stenografico domani o dopodomani cosa il Governo intenda fare perché tutto ciò possa risolversi, senza ulteriormente danneggiare, tra l'altro, l'azienda RAI che, come molti colleghi hanno detto prima, ha visto calare i suoi ascolti ed i cui programmi, sempre più uniformati a quelli di mercato, sono di qualità sempre più scadente (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo).

PRESIDENTE. Il ministro per i rapporti con il Parlamento, l'onorevole Giovanardi, ha facoltà di rispondere.

CARLO GIOVANARDI, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, vorrei rispondere in primo luogo all'onorevole Mazzuca Poggiolini, dicendo che non mi addentrerò nell'argomento del conflitto di interessi che, oltre tutto, non attiene specificatamente all'oggetto delle interpellanze presentate; vorrei solo ricordare che tra poche settimane, forse tra pochi giorni, questo ramo del Parlamento sarà impegnato nella discussione di un testo che è stato già approvato dal Senato. Ricordo anche - è una verità storica - che nei cinque anni di maggioranza parlamentare di centrosinistra questo argomento non è stato affrontato...

ROBERTO GIACHETTI. Meglio che affrontarlo così!

PRESIDENTE. Allora lei era in maggioranza!

CARLO GIOVANARDI, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Ma non è stato affrontato e sappiamo anche il motivo; l'onorevole Rutelli ha detto esplicitamente che si pensava di farne arma di ricatto elettorale nei confronti dell'attuale Presidente del Consiglio. Non mi è sembrata una confessione molto felice, ma tant'è, in cinque anni la legge, chi era maggioranza, non ha ritenuto opportuno approvarla. Ma di questo parleremo di qui a pochi giorni in quest'aula del Parlamento.
Invece vorrei rispondere in maniera specifica agli interrogativi posti, facendo riferimento alla legge n. 206 del 25 giugno 1993 che ha stabilito che la nomina dei cinque membri del consiglio d'amministrazione della concessionaria RAI avvenga con determinazione adottata d'intesa dai Presidenti di Camera e Senato. Ne discende che su tale nomina il Governo non ha alcun potere di intervento.
Quanto al contratto di servizio, si osserva che esso trova la sua base giuridica nella convenzione Stato-RAI (articolo 3) approvata con decreto del Presidente della Repubblica del 28 marzo 1994 che prevede la stipula triennale di un atto aggiuntivo con carattere integrativo della convenzione stessa, che è appunto il contratto di servizio, individuandone altresì l'oggetto, il conseguimento degli obiettivi di razionalizzazione attinenti agli assetti industriali, finanziari e di produttività aziendale, il miglioramento della qualità del servizio, l'attività di ricerca e di sperimentazione, la vigilanza ed il controllo, i criteri di adeguamento annuale dei canoni di abbonamento, le forme di collaborazione con le realtà culturali e informative delle regioni, i criteri in base ai quali possono essere stipulate convenzioni con le sedi periferiche della concessionaria, le regioni e i concessionari privati in ambito locale.
Il nuovo contratto di servizio per il triennio 2003-2005, che ha ottenuto il parere favorevole della Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi è stato sottoscritto dai rappresentanti della RAI e del ministero il 23 gennaio scorso. Il relativo decreto del Presidente della Repubblica di approvazione è attualmente in corso di pubblicazione.


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In base a questa convenzione Stato-RAI e allo stesso contratto, al Ministero delle comunicazioni spettano un potere di vigilanza sull'osservanza degli obblighi da esso derivanti ed un potere sanzionatorio consistente nella possibilità di comminare alla concessionaria penalità in caso di accertata violazione.
Peraltro, il ministero, ai sensi dell'articolo 31, comma 3, dello stesso contratto di servizio, riferisce alla Commissione parlamentare per l'indirizzo e la vigilanza sui servizi radiotelevisivi ogni sei mesi sullo stato d'attuazione del contratto di servizio, sugli eventuali inadempimenti riscontrati e sulle sanzioni irrogate.
Dai brevi cenni svolti circa l'oggetto del contratto di servizio, si deduce la totale estraneità allo stesso della materia oggetto dell'interpellanza. Il Ministero delle comunicazioni, infatti, né in base alla legge n. 650 del 1996 né in base agli atti convenzionali richiamati dagli interpellanti, dispone di alcun potere in merito alla nomina dei componenti del consiglio di amministrazione della RAI, attribuito dalla legge in via esclusiva ai Presidenti di Camera e Senato.

ROBERTO GIACHETTI. Si limita ad annunciarli in televisione!

CARLO GIOVANARDI, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Verrò dopo all'articolo 21, che è ancora vigente nella nostra Costituzione...

ROBERTO GIACHETTI. Se lo aggiungete...

CARLO GIOVANARDI, Ministro per i rapporti con il Parlamento. ...che riguarda la libertà di pensiero e che non è stato ancora abrogato.
Quanto alla riforma del sistema radiotelevisivo, è noto che il Governo, su proposta del Ministero delle comunicazioni, ha presentato già dal mese di settembre 2002 un disegno di legge di riassetto generale del settore e di riforma della RAI Spa.
Il disegno di legge all'attenzione del Parlamento contiene i principi generali in materia di pluralismo dell'informazione, di tutela dell'utente, di garanzia della concorrenza, di convergenza fra i mezzi di comunicazione, e si propone di dettare la disciplina per il graduale passaggio dalla diffusione in tecnica analogica a quella in tecnica digitale terrestre.
Come è noto, l'avvio del digitale consentirà la moltiplicazione dei canali e l'affermazione di un pieno pluralismo, secondo gli auspici rappresentati dal Presidente della Repubblica nel suo messaggio alle Camere del 23 luglio dello scorso anno. Tra l'altro, il disegno di legge prevede la graduale privatizzazione della concessionaria del servizio pubblico RAI mediante la costituzione di una società ad azionariato diffuso, il cui progressivo collocamento sul mercato sarà, nelle previsioni della legge, deciso dal CIPE a partire dal 2004.
Si prevede, inoltre, nel disegno di legge che il consiglio di amministrazione sia composto da nove membri nominati dall'assemblea mediante voto di lista fra soggetti particolarmente qualificati. Il presidente è nominato dal consiglio stesso fra i suoi membri e la sua nomina acquista efficacia solo con il parere favorevole dei due terzi dei componenti della commissione di vigilanza. È inoltre riservata alla minoranza dell'assemblea una quota dei seggi del consiglio di amministrazione e nel collegio sindacale.
Il disegno di legge è attualmente all'esame congiunto delle Commissioni cultura e trasporti della Camera dei deputati e, dopo oltre tre mesi dedicati alle audizioni di tutti i soggetti istituzionali pubblici e privati coinvolti nella materia delle comunicazioni, è iniziata la votazione degli articoli e degli emendamenti.
È auspicio del Governo che si possa giungere ad una rapida approvazione della legge, che segnerà una significativa svolta in favore del pluralismo e della modernizzazione nella radiodiffusione. Naturalmente il Governo si affida al Parlamento, perché il Governo propone, ma è il Parlamento che poi dispone.


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Signor Presidente, non voglio nascondermi dietro ad un dito di fronte ad alcune forti affermazioni che sono contenute negli atti di sindacato ispettivo, soprattutto laddove si addebitano al Presidente del Consiglio dei ministri e ai membri del Governo comportamenti che - si dice nelle interpellanze - incidono non solo sul pluralismo dell'informazione, ma addirittura su fondamentali caratteri della nostra democrazia. Il tutto è messo in relazione con notizie di stampa, secondo le quali si sarebbero tenute riunioni sulle dimissioni dei componenti del consiglio d'amministrazione della RAI, Baldassarre e Albertoni, presiedute dallo stesso Presidente del Consiglio.
Voglio ricordare agli interpellanti che, tra i principi fondamentali della nostra democrazia, che l'hanno sempre contraddistinta rispetto alle esperienze di Stati totalitari, vi sono quelli scolpiti nell'articolo 21 della Costituzione, che riconosce a tutti il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto ed ogni altro mezzo di diffusione, anche al Presidente del Consiglio (Commenti dei deputati del gruppo della Margherita, DL- l'Ulivo). Di questo diritto, giustamente, in un sistema democratico, il mondo politico fa ampio uso quotidianamente, come dimostra anche la cronaca di queste ore ed il confronto aperto in tutto lo schieramento politico, ma in particolare nel centrosinistra, sulla soluzione da dare per il rinnovo del consiglio di amministrazione della RAI, di competenza dei Presidenti di Camera e Senato ma, ovviamente, oggetto di pubblico dibattito (ci mancherebbe altro).

ROBERTO GIACHETTI. Notoriamente è così...

CARLO GIOVANARDI, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Se ho ben capito la tesi sostenuta nelle interpellanze, quindi, tutti potrebbero esercitare i diritti previsti dall'articolo 21 della Costituzione, ad eccezione del Presidente del Consiglio, il quale non potrebbe neppure - questa è la tesi sostenuta - affrontare privatamente l'argomento con i leader dei partiti che gli hanno votato la fiducia in Parlamento.

ROBERTO GIACHETTI. Anche col cuoco!

CARLO GIOVANARDI, Ministro per i rapporti con il Parlamento. No, procediamo con ordine, perché sicuramente l'argomento è suggestivo e delicato, ma l'accusa di intaccare i principi fondamentali della nostra democrazia è talmente pesante che richiede una risposta.

ROBERTO GIACHETTI. Non tutti hanno tre televisioni...

CARLO GIOVANARDI, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Procediamo con ordine. La nomina dei componenti del consiglio di amministrazione spetta, per legge, ai Presidenti di Camera e Senato. Purtroppo, come la crisi dell'ultimo consiglio ha dimostrato, mentre ai Presidenti di Camera e Senato è stato riconosciuto il diritto di nomina, non altrettanto vale per il diritto di revoca, sino al punto che, dopo le dimissioni di tre consiglieri su cinque, gli altri due sono rimasti in carica malgrado una chiara sfiducia politica manifestata nei loro confronti dai Presidenti di Camera e Senato: una situazione di stallo, questa, non certo attribuibile al Presidente del Consiglio o al Governo, ma ad una anomalia contenuta nella legge del 1993 che, in qualche modo, nel nuovo disegno di legge, che prevede sistemi di nomina diversi, dovrà essere corretta, ma certamente la mancanza della possibilità di revoca ha creato quella situazione che si è protratta, sulla base di un'interpretazione del codice civile e della normativa che riguarda una società come la RAI.
Il fatto nuovo che si è registrato la scorsa settimana ha riguardato invece un aspetto della vicenda di profilo squisitamente parlamentare. È apparsa evidente, infatti, con la dichiarazione esplicita dei gruppi parlamentari di opposizione e di alcuni gruppi della maggioranza, l'intenzione di sfiduciare i due membri restanti del consiglio di amministrazione in Com


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missione di vigilanza RAI, che è l'unico organismo che ha il potere, con la maggioranza dei due terzi dei voti, di sfiduciare il consiglio stesso.
Mi sembra allora per lo meno singolare immaginare che il Presidente del Consiglio non possa incontrare i leader della maggioranza per cercare uno sbocco positivo sulla questione prima di un voto parlamentare, in sede parlamentare, che avrebbe potuto vedere una divaricazione fra i gruppi della maggioranza. Onorevole Bogi, altro che maleducazione istituzionale! Credo che siamo all'interno della sfera delle competenze di un Presidente del Consiglio, che riceve una fiducia parlamentare dai gruppi parlamentari e dai partiti...

GIORGIO BOGI. A casa sua!

CARLO GIOVANARDI, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Che poi, onorevole Pasetto, si tratti di via del Plebiscito, sede privata o sede del partito di Forza Italia, che ha sede e si riunisce in quella sede...

LUIGI GIUSEPPE MEDURI. È tutta una cosa!

CARLO GIOVANARDI, Ministro per i rapporti con il Parlamento. ...siamo proprio ad una polemica piccola piccola ed anche un po' meschina!
Perché se la polemica è su questo, su dove si è tenuta questa riunione privata, credo che siamo su un livello di polemica molto, molto piccola. Personalmente, questa è la mia unica opinione personale che riporto rispetto ad una serie di affermazioni che sono state fatte sui contenuti della RAI; mi sembra che oggi larga parte dell'informazione della Tv di Stato sia militante, ma non esattamente militante dalla parte del Governo.

PIERLUIGI CASTAGNETTI. Ah no?

CARLO GIOVANARDI, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Detto questo, il Governo riconferma e ribadisce la sua estraneità alle scelte che devono essere effettuate in questi giorni dai Presidenti di Camera e di Senato; scelte che, come è giusto che sia in un paese libero e democratico, sono soggette alle più diverse sollecitazioni, suggerimenti, indicazioni, provenienti dal mondo politico e dalla società civile.
Anche oggi ho letto sulle agenzie di stampa alcuni suggerimenti e indicazioni che provengono dai leader del centrosinistra che suggeriscono ai Presidenti delle Camere quello che secondo loro dovrebbero fare; ciò è nelle regole del gioco, ci mancherebbe altro. Ma va ribadita piena fiducia sulla saggezza e sulla capacità di discernimento dei vertici istituzionali direttamente coinvolti - i Presidenti di Camera e Senato - i quali, purtroppo, a volte sono discussi proprio per via di alcune critiche sopra le righe di qualche esponente dell'opposizione che sembra voler mettere in dubbio la loro piena indipendenza e autonomia di scelta, sulle quali invece il Governo non nutre dubbio alcuno (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).

PRESIDENTE. L'onorevole Giulietti ha facoltà di replicare per l'interpellanza Violante n. 2-00657, di cui è cofirmatario.

GIUSEPPE GIULIETTI. Signor Presidente, sono insoddisfatto ma solidale con il ministro Giovanardi. Si tratta di una forma irrituale che provo a spiegare. La non soddisfazione non la esprimo perché potrebbe sembrare un atto di provocazione e sarebbe un'espressione limitativa rispetto a ciò che il ministro Giovanardi non ha detto; il ministro, infatti, ha descritto un'altra realtà, un altro mondo: quello del ministro è stato un metalinguaggio, anche rispetto all'interpellanza.
Esprimo tuttavia una solidarietà umana profonda nei confronti del ministro Giovanardi che in modo eroico ha cercato di allontanare dal Governo il sospetto dell'interferenza. Il ministro non solo sostiene che non c'è stata interferenza, ma non ritiene ammissibile neppure il legittimo sospetto - uso un linguaggio non mio -


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che possa esservi stato. E per fare questo, in un ragionamento grammaticale-politico contorto, si distingue tra il Berlusconi Presidente e il Berlusconi editore e il Presidente anfitrione; così facendo abbiamo sciolto il dogma trinitario - un antichissimo dibattito - però, bisognerebbe avere un po' di rispetto per le intelligenze collettive, anche perché le critiche - che ricorderò - non sono venute da questi banchi ma da dentro la maggioranza. Si è parlato di atti di cafoneria istituzionale e di una mezza dozzina di regole istituzionali violate; ciò l'ha detto l'onorevole Follini che è molto più pacato di me. Con chi ce l'aveva? Con l'onorevole Violante? Non credo. Forse, ho colto male, era un attacco a Violante. Va bene, chiedo scusa l'ho mal capito!
Ministro Giovanardi, penso che persino il mitico - per voi - tribunale di Brescia avrebbe disposto, su questa materia, il trasferimento ad altra sede di tutti gli incartamenti relativi alle vicende televisive. È un vostro interesse spostare gli incartamenti.
Del resto, come lei sa, ministro Giovanardi, essendo stata superata la fase dei tamburi, dei segnali di fuoco, dell'alfabeto Morse e anche della radio, l'introduzione delle immagini televisive - purtroppo non possiamo proiettarle in quest'aula, ma sarebbe stato interessante; Presidente Biondi ci potremmo attrezzare per questo - e la diffusione delle nuove tecnologie rendono evidenti, cinematografiche, persino plastiche, le interferenze del Presidente editore sulla vicenda RAI, e non solo. Per una sorta di astuzia della storia il capo della TV è stato beffato dalla natura anarchica e ribelle delle televisioni, comprese le sue (non si possono incappucciare tutte, questo è difficile).
Come si fa a negare che il Presidente del Consiglio abbia partecipato alle riunioni sulla RAI? Ci sono le immagini, le esternazioni, le videocassette. Si vede e si sente il Presidente che disquisisce sull'azienda concorrente e in questo, ministro Giovanardi, c'è una differenza rispetto al passato proprio perché il Presidente sta disquisendo sulla sua concorrenza. È stata forse una caduta di stile? Può darsi che il Presidente abbia avuto un momento di rabbia, come succede a tutti nel corso della vita, ed ha avuto una caduta di stile. Vediamo se e così. Se fosse così, lei, ministro Giovanardi, avrebbe ragione. Non si può infatti impiccare nessuno ad un'intemperanza non più giovanile. Ma vede, non appena nominato, il Presidente del Consiglio editore tenne un vertice con il signor Murdoch - lei lo avrà sentito nominare - in Sardegna a cui fece seguito un comunicato ufficiale. Il signor Murdoch si occupa di televisioni e, come tale, non mi sembrava un'emergenza. Murdoch, poco dopo, è diventato in Italia il proprietario della piattaforma digitale: è stata una casualità, e non stabilisco nessun nesso. Ci fu poi la prima causa, la prima crisi della RAI - non si sono dimessi Zanda e Donzelli - ma il consigliere Staderini che, se ricordo ad orecchio, non fa parte del centrosinistra.
E il Presidente riunì, allora, la maggioranza. Ha ragione lei, però ha dimenticato un passaggio: stavolta si sono avvicinati a palazzo Chigi, si sono riuniti a qualche metro! Ho visto, infatti, che avete discettato anche sulla vicinanza delle dimore: allora, la riunione di maggioranza fu tenuta ad Arcore. Fu descritto anche il menù: non da me, ma dagli amici della maggioranza che parteciparono. L'espressione «i tre giapponesi» l'ha coniata l'onorevole Follini.
I tre giapponesi, dopo l'incontro di Arcore - ci fu una serie di nobili interviste per richiamare il presidente Baldassare ed il direttore Saccà -, andarono avanti e l'azienda continuò a perdere colpi, ascolti e, quindi, soldi. Ecco perché l'interpellanza è ben precisa, altro che generica! Tanto è vero che Publitalia, che il Presidente del Consiglio dovrebbe conoscere, in questi giorni, ha festeggiato - con un certo cinismo! - i risultati straordinari, dicendo: per fortuna hanno levato Biagi e Santoro, non per ragioni politiche, ma perché hanno avuto un tale crollo di ascolti che ci hanno trasferito risorse. Sono persone serie e dicono la verità!


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Berlusconi ci spiegò, tuttavia, che quell'incontro era stato, e anche quest'incontro, un'eccezione. Lei ricorderà: ci fu anche quel simpatico passaggio ripreso in televisione in cui si chiese, dalla Bulgaria, la cacciata di qualche persona che, casualmente, fu cacciata. Ma quello che lei dice reggerebbe se il Presidente del Consiglio, il quale, tuttavia, soffre di forme di incontinenza verbale, come me peraltro - bisogna avere pazienza reciproca! -, non fosse andato all'estero la prima volta per dare il messaggio: cacciatemi Biagi e Santoro (i quali, casualmente, furono cacciati subito dopo) e, un'altra volta, per dire: della RAI non mi occupo più, più, più! Anzi, aggiunse (in una simpatica imitazione del procuratore Borrelli): ve lo giuro, ve lo giuro, ve lo giuro! E ci mandò questo videomessaggio.
Allora, se il Presidente ha tutta la facoltà di riunirsi, come dice lei, lei gli dà del bugiardo perché il sillogismo non regge: o ha detto una bugia - quando ha dichiarato: non me ne occupo in alcuna funzione - o se ne è occupato. Decidete voi quale sia la funzione che attribuite al Presidente. A me pare irrispettosa anche questa seconda! Il Presidente addirittura pronunciò uno sdegnoso rifiuto: della RAI non mi occupo, senza se e senza ma. Vede che lo slogan fu coniato prima da lui? Un vero estremista!
Perché ha cambiato idea? Cos'è accaduto? È sempre lui? C'è stata una cattiva imitazione? Non era sua neanche quella videocassetta? La verità è che il Presidente è stato travolto - e non vi giova, mi creda! - dal suo conflitto di interessi, da scelte sbagliate, dall'idea cinica di umiliare la concorrenza, dalla volontà di alcuni sprovveduti di stilare liste di proscrizione, fino all'episodio vero che li ha mandati a casa: non un intrigo di palazzo, ma la censura alla diretta televisiva che ha coinvolto milioni di persone, tra cui molti moderati di questo paese, un atto arrogante e sciocco!
Domando: com'è stato possibile imbavagliare tre milioni e stare zitti? Chi ha dato quest'ordine? Lei mi dirà: non ci sono prove. Le faccio una domanda: cosa intendeva dire il presidente Baldassarre quando, dimettendosi, ha detto: ma perché vi arrabbiate con me? Sul trasferimento di una rete a Milano, io mi sono consultato con il Governo!
È o no un'interferenza? Fa parte del contratto di servizio questa consultazione? Dove? Dov'è scritto? In quale legge? In quale norma? A chi si è rivolto Baldassarre nel Governo? Qual era l'accordo di Governo di cui ha parlato il ministro Bossi? C'è un accordo di Governo sul trasferimento di una rete a Milano? Ma qui parliamo di cose serie, di dichiarazioni di ministri della Repubblica che non possiamo prendere per pagliacci! Che cos'era un accordo di Governo sul trasferimento di una rete? Dove? Chi? Quale accordo di Governo? Chi ne è stato garante?

CARLO GIOVANARDI, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Che fa il processo?

GIUSEPPE GIULIETTI. Queste parole le hanno usate componenti della maggioranza che hanno detto: di che parlate? Altro che questione di stile! È un'interferenza palese! Una grande questione come il decentramento ideativo e produttivo ridotta ad uno scambio politico! Ma di che parliamo? Lo confermano le immagini e le dichiarazioni di ministri e di esponenti della maggioranza, per fortuna contraddetti da esponenti della maggioranza seri e pacati che hanno detto: non ci stiamo!
A cosa si riferiscono coloro che parlano di queste interferenze istituzionali? E come la configura, lei, l'indecente gazzarra contro il Presidente della Camera? Da qui, da questi banchi è nata? E le notizie date sulle nomine RAI? E le trasmissioni in diretta? E le cinquine che uscivano? Il Presidente della Camera tirato per la giacca? Chi, chi l'ha tirata fuori? I no global? I cortei? Ma di che cosa parliamo? O parliamo di torbide manovre istituzionali? Come si fa a non ricordare cos'è accaduto?

CARLO GIOVANARDI, Ministro per i rapporti con il Parlamento. È stato un colpo di Stato! C'erano i carri armati...


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GIUSEPPE GIULIETTI. No, nessun colpo di Stato! Lascio a lei queste espressioni forti. Guardi che il ministro Bossi fa parte del suo Governo! Lui usa espressioni forti, io no, neanche sulla bandiera: ho molto rispetto, caro ministro! Però, lei deve avere rispetto per l'intelligenza perché esistono atti, fatti e videocassette! Uno può dire: debbo rispondere così, ma non può pensare anche di convincere gli altri perché noi leggiamo e guardiamo.
Allora, credo occorra rispetto anche per quest'Assemblea. Le interferenze ci sono state, sono state clamorose, sguaiate, esibite e ripetute: interferenze politiche - com'è detto nell'interpellanza che è stata presentata dal presidente Violante e dagli altri presidenti di gruppo e, se l'hanno presentata, vuol dire che c'è un momento di tensione istituzionale che non può essere risolta con battute da cabaret - e interferenze industriali. Ecco perché c'entra il conflitto di interessi! Qui non è solo un problema politico: è un mercato che si chiude e si concentra, mentre l'unica azienda concorrente è ridotta in condizioni di non competizione. C'entra, eccome!
Lei ritiene normale un vertice con Murdoch e familiari ed un vertice sulla RAI mentre si discuteva di pace e di guerra? Io lo ritengo sconcertante. Non c'è stata solo la vicenda RAI, c'è stata anche la vicenda Murdoch ricevuto in quelle ore; per parlare di che cosa? Di guerra? Di politica estera? Di cosa? E non la ritiene almeno una caduta di stile, qualcosa di sbagliato che dovrebbe preoccupare voi, i moderati, gli imprenditori? È sbagliato.
Allora vede, non voglio insistere, voglio però lanciare una sfida positiva al Governo. Io aspettavo che il Governo ci sfidasse questa sera e ci dicesse: questo è il percorso che indichiamo. Io vorrei che il Presidente del Consiglio ci stupisse con effetti speciali, visto che è un televisivo. Io propongo che si accettino gli emendamenti più seri preparati sul conflitto di interessi dalle opposizioni, che sono quelli che si muovono nella linea tracciata dalle riflessioni del Presidente Ciampi, separando i destini del Presidente del Consiglio da quelli della televisione e della raccolta pubblicitaria, garantendo le pari opportunità dell'accesso e invitando a far rientrare in video i nomi dei cacciati e a liberare l'intero sistema industriale dell'audiovisivo. Credo che bisogna terminare la fase dell'estremismo proprietario in questo settore.
Nei prossimi giorni, insieme al conflitto di interessi, arriverà la legge Gasparri. Io penso che sia un errore, alla vigilia del semestre europeo, che si dia l'idea che la Presidenza italiana voglia esportare, con il made in Italy, il conflitto di interessi. È un danno per il paese, perché questo non ha luogo in Europa, perché il Parlamento europeo ha votato, perché questo è qualcosa di rischioso che non conviene neanche a voi, in un momento così teso.
Credo sarebbe opportuno accettare questi emendamenti e credo sarebbe opportuno anche sulla legge Gasparri accettare gli emendamenti, non dell'onorevole Bogi o dell'onorevole Gentiloni, ma gli emendamenti istituzionali, quelli che ha proposto il Presidente Ciampi sulle pari opportunità, quelli che hanno proposto l'Authority sulla liberalizzazione del mercato, quelli che ha proposto il Parlamento europeo perché l'Italia rientri nella normalità europea. Credo che ciò interessi anche voi, anche chi nella maggioranza crede in questi valori, e ce ne sono.
Io non penso che la verità sia di una parte, ma allora per questo bisogna ragionare ciascuno sui propri errori, senza chiudersi. Fermatevi adesso, non diventate un servizio d'ordine, non accettate la parola d'ordine. Liberarsi dall'aura del conflitto di interessi e della legge Gasparri prima del semestre italiano è una linea sbagliata, è una linea cieca. È una linea che porterà altri a dover in Europa sollevare la questione in quel semestre. Abbiate un senso di responsabilità, credetemi. E sulla vicenda RAI, e concludo...

PRESIDENTE. Gliene sarei grato.

GIUSEPPE GIULIETTI. ...io spero che la politica riprenda la direzione. Non ci servono, Presidente Biondi, pressioni sui


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Presidenti delle Camere, ci serve che i Presidenti delle Camere decidano in libertà, decidano cinque donne e uomini autorevoli, scelgano persone che abbiano amore per l'azienda e per la libertà; non servono pasticci di nessuna natura, questi sono dannosi per le Camere; piuttosto vi avanzo una proposta. La legge Gasparri contiene un articolo che riguarda le nuove modalità di nomina della legge RAI, le nuove fonti di nomina; non invischiamo né noi stessi né i Presidenti delle Camere in discussioni improprie; eventualmente si stralci, si porti quell'articolo in discussione, si segua la via dritta della politica, ma si garantisca una scelta, la più ampia, la più libera. Io credo che converrebbe anche a voi. Per questo il mio dissenso è radicale, ma la mia solidarietà umana è totale. Non vorrei trovarmi nella vostra situazione (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo e della Margherita, DL-l'Ulivo).

PRESIDENTE. L'onorevole Gentiloni Silveri ha facoltà di replicare per l'interpellanza Rutelli n. 2-000659, di cui è cofirmatario.

PAOLO GENTILONI SILVERI. Signor Presidente, sinceramente non sono soddisfatto e neanche così solidale come il collega Giulietti, anzi volevo cominciare con una nota personale, signor ministro. La politica italiana, che è così ricca di sfaccettature, stasera a me ha fatto scoprire una sfaccettatura particolare, cioè una certa distinzione, che mi è sembrato di cogliere, tra le posizioni sue e quelle della sua parte politica. Questo mi ha colpito.
Lei giustamente ha premesso che parlava a titolo personale quando ha fatto un certo passaggio, nel quale - credo di essermelo appuntato testualmente - ha detto, suscitando stupore, che la TV di Stato - così lei l'ha definita - oggi si caratterizza per le sue passioni antigovernative; neanche l'avessero detto, non so, 20 giornalisti stranieri o 100 persone per la strada!
Mi dicono che questo sia uno dei più frequenti tormentoni del Presidente del Consiglio.

CARLO GIOVANARDI, Ministro per i rapporti con il Parlamento. No, no. È mio! È mio!

PAOLO GENTILONI SILVERI. Che effettivamente, ripete, mi dicono, costantemente, questa fase, probabilmente perché ha vissuto in modo sofferto, in campagna elettorale, il fatto che nella televisione pubblica ci fossero anche posizioni diverse dalla sua. Ma detto da lei mi ha stupito...

CARLO GIOVANARDI, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Perché la guardo!

PAOLO GENTILONI SILVERI. Perché lei non ha vissuto questa esperienza traumatica in campagna elettorale.
Non mi risulta che lo stesso abbia detto, ad esempio, l'onorevole Follini che, anzi, più volte, in questi mesi, in queste settimane, ha criticato la televisione di Stato - così come lei l'ha chiamata - in senso opposto; non mi risulta che così abbia detto il consigliere Staderini che, anzi, ha scritto una lettera di dimissioni il cui senso è sostanzialmente opposto.
Io non voglio arruolare - me ne guardo bene - l'onorevole Follini o il consigliere Staderini nelle file dell'opposizione, non fanno parte dell'opposizione e svolgono un ruolo autonomo nella maggioranza; voglio sottolineare che questa sua posizione personale - lei stesso l'ha definita così - è piuttosto anomala.
La questione di cui parliamo, ministro, è una questione gravissima: lei non può minimizzarla con una difesa d'ufficio fredda e, mi perdoni, un po' burocratica; la questione di cui parliamo è una questione all'attenzione dell'opinione pubblica internazionale perché la premessa è che in Italia c'è un livello di concentrazione del settore televisivo che non ha eguali nel resto del mondo occidentale.
Le ricordo un dato: RAI e Mediaset raccolgono, insieme, il 98 per cento delle


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risorse del sistema televisivo; lo ripeto: il 98 per cento! E il 90 per cento degli ascolti televisivi. Questi due soggetti, Mediaset e RAI, sono controllati dalla stessa persona la quale controlla, attraverso la sua famiglia, Mediaset, e non si tratta di un controllo virtuale; tale controllo porta alcune centinaia di miliardi, legittimamente, nelle tasche di questa famiglia e comporta - e questo è meno legittimo - che questa persona si interessi delle sorti dell'azienda e insieme al proprio figlio, al presidente dell'azienda, fa incontri internazionali per decidere le strategie industriali.
Dunque, Mediaset è controllata dalla sua famiglia, RAI è controllata dalla sua maggioranza, il tutto è controllato dalla stessa persona e nello stesso posto, a palazzo Grazioli. Il 98 per cento del sistema televisivo italiano si controlla da palazzo Grazioli. Le sembra normale questa situazione?
È una situazione anormale, tanto anormale che le più alte cariche dello Stato, certo non con il linguaggio politico che io uso, hanno parlato di necessità di aumentare il pluralismo esterno del sistema per rispettare il pluralismo e la libertà del sistema, perché le Authority sulle comunicazioni e antitrust hanno denunciato l'assurdità di questa situazione di concentrazione. I dati che ho citato sono forniti dal professor Tesauro che non è un pericoloso esponente dell'opposizione ma è il presidente dell'Autorità antitrust.
Allora, lei dice che è normale che si svolgano riunioni per decidere i vertici RAI - non mi interessa se a casa di Berlusconi, nella sede di Forza Italia, o fosse anche a palazzo Chigi -, presiedute dal Presidente del Consiglio che è anche il proprietario di Mediaset; le sembra normale, signor ministro? Non so quale sia il senso di normalità che lei ha. Il capogruppo di un importante partito della maggioranza ha rilasciato, quel giorno, due o tre successive dichiarazioni alle agenzie di stampa dichiarando «stanno per uscire i nomi dei nuovi vertici RAI». Ma, le ha rilasciate Ignazio La Russa, non le ho rilasciate io! Dunque, di questa barzelletta secondo la quale si sarebbe soltanto discusso di alcuni mal di pancia della maggioranza e non del vertice RAI, dovrebbe anzitutto provare a convincere l'onorevole La Russa, perché noi non ci crediamo di certo! Dopo di che, è vero che c'è stato uno scatto, diciamo così, di responsabilità istituzionale da parte del Presidente della Camera e del Presidente del Senato che, per fortuna, hanno azzerato questa pagina, ma lei non può far finta che questa pagina non ci sia stata! Un senatore di Forza Italia ha usato questa espressione «Berlusconi è uscito pazzo». Ecco, può darsi che questa sia la spiegazione; l'ho trovata una espressione colorita e simpatica.
Allora, signor ministro, signor Presidente, siamo in una situazione che presenta questa gravissima anomalia, anomalia che non è presente in alcun altro paese occidentale. Questa gravissima anomalia andrebbe trattata con i guanti, con grande prudenza istituzionale; invece, ultimamente, viene trattata con gli scarponi, cioè anche senza il minimo rispetto delle forme, con i vertici presieduti dal Presidente del Consiglio, proprietario di Mediaset, per decidere il consiglio di amministrazione della RAI, in spregio, oltre che al buonsenso, alla legge n. 206 del 1993 che lei, giustamente, citava.
C'è un modo per uscire da questa situazione? Lei, signor ministro, non è preoccupato, dato che la considera normale. Il mondo, però, la considera anomala ed allarmante e, quindi, la considera un problema che è necessario cercare di risolvere. Anche Berlusconi, peraltro, la considerava un problema da risolvere: per molti anni ha detto che avrebbe venduto, che avrebbe ceduto ai propri figli, a Murdoch o ad altri, e che avrebbe approvato una legge sul conflitto di interessi nei primi cento giorni di Governo (ora ne sono passati più di settecento). Quindi, che si tratti di una grossa anomalia è un fatto abbastanza condiviso: non mi pare certo un complotto del centrosinistra!
Come si esce da questa situazione? Signor ministro, purtroppo non se ne esce con la legge sul conflitto di interessi che


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verrà all'esame della Camera la prossima settimana, perché, se ipotizziamo uno scenario in cui questa legge è in vigore, tutto ciò a cui abbiamo assistito in queste settimane, purtroppo, non risulta scalfito dalle sue norme: Berlusconi continuerà ad essere proprietario, attraverso la sua famiglia, di Mediaset e, attraverso la sua maggioranza, della RAI. Purtroppo non cambia nulla e, quindi, il conflitto di interessi, nella sua gigantesca dimensione, resta, con quella legge, in tutta la sua gravità. È per questo che noi l'abbiamo definita una legge senza denti, una legge truffa, se preferisce un'espressione più propagandistica o uno slogan.
A mio avviso una via di uscita ci sarebbe: è quella che il Presidente della Repubblica ha indicato al Parlamento, anche se essa non ha ricevuto in questa Assemblea, almeno da parte dei deputati della maggioranza, una grandissima attenzione. La via è cioè quella di lavorare sulla riforma del sistema. Questa strada è ancora aperta: noi, ad esempio, tra dieci minuti ci trasferiremo nella sala del Mappamondo perché le commissioni riunite stanno discutendo gli emendamenti presentati al disegno di legge Gasparri. Signor ministro, signor Presidente, sotto tale punto di vista la legge Gasparri rappresenta proprio un'occasione persa! Parlo di un'occasione persa perché tale provvedimento, ancora una volta, si occupa di sistemare alcuni problemi. Vi è, infatti, una sentenza della Corte costituzionale, nonché una legge del 1997 in base alle quali una delle tre reti di proprietà del Presidente del Consiglio dovrebbe andare sul satellite. Non sono un appassionato di questo obiettivo: non è che a me piaccia spegnere le televisioni! Però, il disegno di legge Gasparri è innanzitutto organizzato proprio per risolvere questo problema, in spregio della sentenza della Corte costituzionale, Corte che, signor ministro, lei mi insegna, non si limita ad emettere una sentenza, ma fornisce anche una interpretazione costituzionale. Quindi, non basta varare una nuova legge se si va poi contro quella interpretazione costituzionale! Almeno bisognerebbe seguire il corso indicato da quella interpretazione!

PRESIDENTE. Onorevole Gentiloni Silveri, la invito a concludere.

PAOLO GENTILONI SILVERI. Signor Presidente, mi avvio a concludere.
Soprattutto, il disegno di legge Gasparri non coglie l'occasione, di cui pure tanti hanno parlato, anche esponenti della sua parte politica, di neutralizzare la RAI. Ricordo le conclusioni del Presidente Casini quando ci fu il messaggio del Presidente della Repubblica sul vertice RAI. Il Presidente Casini ha detto che il meccanismo della legge del 1993 non funziona più, aggiungendo che avrebbe voluto che questa fosse l'ultima volta in cui le nomine fossero fatte con quel meccanismo. L'esigenza e l'occasione sono ancora davanti a noi, se le volessimo cogliere. L'esigenza è quella di utilizzare il disegno di legge Gasparri per neutralizzare davvero la RAI. Non dico utilizzarlo per risolvere il conflitto di interessi, ma almeno per attenuarlo, almeno per compiere un piccolo passo nella direzione, da cui tanto guadagnerebbe la nostra democrazia, della neutralizzazione della RAI.
Certo è che se voi pensate addirittura di negare l'esistenza del problema, non farete questo con la legge Gasparri e continuerete ad illudervi che il controllo delle televisioni porti al controllo del consenso. Vi accorgerete però che non è così (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-l'Ulivo e dei Democratici di sinistra-l'Ulivo).

PRESIDENTE. L'onorevole Mazzuca Poggiolini ha facoltà di replicare per l'interpellanza Boato n. 2-00661, di cui è cofirmataria. Onorevole Mazzuca Poggiolini, la prego di considerare la mia resistenza! È dalle ore 15 che sono qui seduto!

CARLA MAZZUCA POGGIOLINI. Signor Presidente, valuti, però, anche la mia.


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PRESIDENTE. Credo che lei, qualche volta, abbia avuto modo di uscire dall'aula, mentre io no. Prego, onorevole Mazzuca Poggiolini.

CARLA MAZZUCA POGGIOLINI. Signor ministro, anch'io solidarizzo con lei, specialmente quando ha voluto mettere in evidenza come le intromissioni del Presidente del Consiglio fossero, invece, chiacchiere di un privato cittadino. Credo che in tutti i paesi veramente democratici in tutto il mondo i privati cittadini che diventano Presidenti del Consiglio si liberino delle proprie imprese ed annullino i propri interessi personali, proprio perché l'essere Presidente del Consiglio o Presidente americano o ministro del Governo americano o inglese o francese prevale sui pur sacrosanti diritti di privato cittadino in capo alla stessa persona.
Credo che dobbiamo sempre tener presente - e mi appresto molto velocemente a concludere - che l'intero sistema dell'informazione, in particolare quello televisivo, deve essere ispirato ad un interesse di carattere generale e non ad un interesse che, per quanto non lo si voglia ammettere, permane un interesse privato di imprenditore. Ciò perché le televisioni, come sappiamo, entrano in tutte le case italiane (si tratta di oltre 45 milioni di persone) di mattina, di giorno, di sera e di notte.
Credo che le televisioni, nel bene o nel male, facciano opinione ed indirizzino i costumi, i punti di vista, soprattutto se utilizzate con grande perizia, in senso positivo ma anche negativo, ad esempio, tagliando le dichiarazioni in modo tale che quelle della maggioranza siano sempre molto coerenti con il tema scelto mentre quelle della minoranza siano talvolta rese in modo marginale, così da far emergere una non coerenza con il tema dato (cosa che si è verificata varie volte nei telegiornali).
Questo è un interesse di carattere generale e mi sembra quasi di essere una matusalemme nel ribadirlo in quest'aula semideserta, ma soprattutto di fronte a questa maggioranza. Infatti, l'interesse di carattere generale era la religione dei nostri padri costituenti, è stato la religione di coloro che hanno assicurato la democrazia in questo paese, dalla Resistenza ad oggi. Adesso sembra, invece, di dire delle sciocchezze. Infatti, l'interesse generale nella televisione significa che le televisioni possono davvero essere pluraliste e possono - nella costruzione dell'opinione pubblica, che naturalmente riguarda i valori, gli stili di vita ed anche l'orientamento politico - essere davvero libere ed in tal senso orientate.
Allora, vorrei riferire alcune considerazioni per farle rimanere agli atti e per comunicarle a chi ascolta via radio (in proposito, ho ricevuto delle telefonate e sono in tanti). La garanzia del pluralismo e dell'imparzialità dell'informazione costituisce strumento essenziale per la realizzazione di una democrazia compiuta. Si tratta di una necessità avvertita dalle forze politiche, dal mondo della cultura e dalla società civile.
Nel preparare la nuova legge va considerato che il pluralismo e l'imparzialità dell'informazione così come lo spazio da riservare nei mezzi di comunicazione alla dialettica delle opinioni sono fattori indispensabili di bilanciamento dei diritti della maggioranza e dell'opposizione. Questo tanto più in un sistema come quello italiano, passato, dopo mezzo secolo di rappresentanza proporzionale, alla scelta maggioritaria. I parametri di ogni riforma devono, in ogni caso, essere i concetti di pluralismo e di imparzialità diretti alla formazione di un'opinione pubblica critica e consapevole, in grado di esercitare responsabilmente i diritti della cittadinanza democratica.
Non c'è democrazia senza pluralismo ed imparzialità dell'informazione. Ho voluto riportare le parole del Presidente Ciampi perché la maggioranza le ricordasse e cercasse di metterle in pratica. Infatti, non lo sta facendo neanche con il disegno di legge Gasparri che sembra voglia cambiare tutto per poi non cambiare nulla, anzi per assicurare, anche in epoca di digitale, per dodici anni, il potere a chi già oggi lo detiene.


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Il Presidente Ciampi conclude dicendo di essere fiducioso che l'azione del Parlamento saprà convergere verso la realizzazione piena di tale principio. Anche io sarei fiduciosa perché sono un'ottimista. Purtroppo, però, le infantili enunciazioni ed argomentazioni che lei - mi scusi, signor ministro - ci ha proposto per cercare di salvare il suo Presidente del Consiglio fanno crollare la mia fiducia. Mi auguro che il Presidente della Repubblica possa inviare al più presto un altro messaggio alle Camere.

PRESIDENTE. Sospendo ora la seduta che riprenderà tra dieci minuti.

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