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PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Turco. Ne ha facoltà.
LIVIA TURCO. Signor Presidente, signor ministro, onorevoli colleghi, consentiteci di accompagnare le ragioni della nostra contrarietà all'articolo 1 della legge delega, peraltro quello fondamentale, con il sentimento di viva preoccupazione per gli effetti che tale norma potrà conseguire sul sistema previdenziale in relazione sia alla sua sostenibilità finanziaria, sia alla sua equità. Vogliamo ribadire in questa sede che proprio la stabilità finanziaria e l'equità sono da noi considerate due valori inscindibili che sono stati, non a caso, i due valori alla base delle riforme Amato, Dini e Prodi, riforme che hanno conseguito risultati importanti per il nostro paese.
Sottolineo che le riforme del centrosinistra hanno stabilizzato la spesa pensionistica accumulando, tra il 1992 ed il 2002, risparmi per ben 160 mila miliardi di vecchie lire e hanno stabilizzato la spesa pensionistica rallentando i flussi di pensionamento, raffreddando il sistema di calcolo delle prestazioni e raffreddando l'indicizzazione delle pensioni e la variazione dei prezzi. Ciò ha consentito di difendere il valore delle prestazioni, di difendere i diritti acquisiti, di tutelare le pensioni più basse e di avviare misure di armonizzazione tra i diversi regimi pensionistici. Va ricordato che proprio il metodo di calcolo contributivo, in quanto introduce un rapporto stretto tra contributi versati, anni lavorati e speranza di vita, sposta in avanti l'età pensionabile e riduce la prestazione pensionistica pubblica. Quest'ultima non può essere certo ulteriormente ridotta, ma semmai integrata con l'effettivo decollo della previdenza complementare e con misure di sostegno ai lavori discontinui ed atipici.
Le misure previste in questo primo articolo della vostra legge delega, come ricordava l'onorevole Duilio, interrompono ed invertono quel processo riformatore perché minano la solidità del pilastro pubblico e cambiano il rapporto tra previdenza pubblica e previdenza complementare. Si tratta della riduzione dell'aliquota contributiva sul lavoro dipendente fino a 5 punti, e del conferimento obbligatorio del TFR alle forme previdenziali complementari, ivi compresi i fondi pensione. La riduzione fino a 5 punti dei contributi a carico dei nuovi assunti comporta minori entrate per l'INPS ed un pesante onere aggiuntivo per lo Stato, calcolato fino allo 0,3-0,6 per cento del PIL. Lo ha riconosciuto la stessa relazione tecnica del Ministero dell'economia e delle finanze del marzo 2002 quando afferma testualmente che il taglio ai contributi produce effetti di onerosità per la finanza pubblica di modesta entità all'inizio, ma crescenti nel tempo e strutturalmente.
A fronte di una misura di questa portata è grave ed anche irresponsabile che non offriate al Parlamento ed al paese alcuna solida certezza circa i profili di copertura finanziaria. La riduzione dell'aliquota contributiva sui nuovi assunti nel lavoro dipendente dovrebbe, secondo voi, essere compensata dall'aumento dal 16 al 19 per cento dell'aliquota dei lavoratori parasubordinati. Però, come confermano i calcoli contenuti in un importante atto parlamentare della Commissione lavoro - mi riferisco all'audizione dell'ex presidente dell'INPS Massimo Paci - l'effetto supplenza esisterebbe per i primi due o tre anni per poi cessare definitivamente. Già dal 2005 le minori entrate contributive dovute alla riduzione dei contributi sui nuovi assunti sarebbero nettamente superiori alle entrate che possono provenire dai lavoratori parasubordinati.
Una minore entrata di risorse nelle casse dell'INPS creerà problemi per pagare i trattamenti pensionistici in essere e, dunque, tale misura colpirà le pensioni di oggi, oltre che quelle di domani. Infatti, i neoassunti ai quali si applicherebbe la decontribuzione avrebbero una decurtazione a regime della loro pensione dal 10 al 19 per cento. Ciò si aggiunge - ci teniamo a dirlo - ad una riduzione del tasso di sostituzione per effetto del metodo contributivo.
Ci preoccupa, onorevoli colleghi, signor ministro, il fatto che le misure contenute in questo articolo accentuino le disparità e le disuguaglianze tra le generazioni. Un tasso di occupazione del 28 per cento tra le persone in età compresa tra i 55 ed i 65 anni ed una pensione futura dei giovani del 30-40 per cento inferiore a quella attuale: sta in questa forbice la contraddizione non risolta del sistema previdenziale italiano, la sua iniquità più grande. Noi siamo per riconoscerlo, ma voi, che avevate rivendicato i diritti dei figli contro i privilegi dei padri, non riuscite in questa vostra proposta ad avanzare misure convincenti per prolungare la permanenza al lavoro dei padri e rendete ancora più incerto e precario il futuro dei giovani.
Decurtate le pensioni ai nuovi assunti, aumentate l'aliquota contributiva ai lavoratori parasubordinati ma lasciate invariata la loro aliquota di computo, negate a questi giovani lavoratori e lavoratrici le opportunità formative e sociali che sono previste per gli altri lavoratori e lavoratrici, non create le condizioni affinché i giovani disoccupati, i lavoratori atipici, discontinui, precari, possano maturare una pensione decente. Sono gli stessi ai quali avevate promesso un aumento dell'indennità di disoccupazione attraverso la riforma degli ammortizzatori sociali ma per i quali non siete riusciti a mantenere neppure i 700 milioni di euro previsti nel patto per l'Italia, visto che nella legge finanziaria recentemente approvata ne restano soltanto 450.
Una risposta ai più giovani, a chi avrà una pensione pubblica più bassa, potrebbe essere rappresentata dalla previdenza complementare. Noi la sosteniamo, a partire da una proposta di legge che presentammo sin dal 1994. Chiediamoci perché dopo la riforma Dini solo 1 milione e 697 mila lavoratori si sono iscritti alle forme previdenziali complementari e perché disertano proprio coloro che ne avrebbero
più bisogno, come i giovani, le categorie più deboli o con rapporti di lavoro a tempo determinato. Se riflettessimo su questi dati ci renderemmo conto che per far decollare davvero la presidenza complementare, anziché puntare sull'obbligatorietà del vincolo del TFR - come voi fate -, occorre offrire ai lavoratori e alle lavoratrici garanzie precise per quanto riguarda la trasparenza nella gestione del funzionamento dei fondi pensione e certezze per quanto attiene ai loro rendimenti, oltre che prevedere incentivi finanziari e fiscali alle piccole e alle medie imprese.
Vi sollecitiamo, onorevoli colleghi, ministro, a prendere in considerazione in modo particolare proprio i nostri emendamenti, gli emendamenti dell'Ulivo, relativi alla previdenza complementare, che puntano a garantire la volontarietà espressa attraverso il metodo del silenzio assenso e le certezze ai lavoratori e prevedono compensazioni per il mondo delle imprese in termini di minori costi e di facilitazioni per l'accesso al credito.
Come vedete, esprimiamo una netta contrarietà all'articolo 1 di questo provvedimento. Ci preoccupa soprattutto il rischio di sgretolamento del pilastro pubblico della previdenza, con la messa in discussione di diritti per l'oggi e per il futuro, ma come potete vedere dagli emendamenti presentati i nostri non sono solo «no». Noi indichiamo una strada alternativa per garantire ciò che ci sta molto a cuore per il bene del paese, vale a dire la stabilità del sistema, i diritti e la solidarietà tra le generazioni (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo e Misto-Comunisti italiani).
PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di parlare sull'articolo 1 e sulle proposte emendative ad esso presentate, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.
LUIGI MANINETTI, Relatore. La Commissione esprime parere favorevole sugli emendamenti 1.130 del Governo, Cordoni 1.84 (a condizione che sia soppressa la clausola di copertura finanziaria, non necessaria trattandosi di modifica di natura ordinamentale) e sull'emendamento Di Teodoro 1.30, a condizione che sia riformulato come segue: al comma 2, lettera g), numero 5, sostituire le parole «del fondo pensione aperto e di direttore generale dei fondi contrattuali» con le seguenti «dei fondi pensione».
La Commissione formula un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sugli emendamenti Di Teodoro 1.27, 1.28, 1.29 e 1.32 nonché sugli emendamenti Didonè 1.23, Dario Galli 1.22, Carbonella 1.63, Gasperoni 1.64 e Widmann 1.72, mentre il parere è contrario su tutte le altre proposte emendative riferite all'articolo 1.
PRESIDENTE. Il Governo?
ROBERTO MARONI, Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Il Governo concorda con il parere espresso dal relatore. In particolare, in ordine all'invito al ritiro formulato con riferimento all'emendamento Widmann 1.72, il Governo si impegna a valutare la questione evidenziata in tale proposta emendativa - che è una questione seria -, con la possibilità di un intervento di modifica del testo durante l'esame del provvedimento al Senato.
PRESIDENTE. Dovremmo ora passare alle votazioni. Poiché è stata chiesta la votazione mediante procedimento elettronico, per consentire l'ulteriore decorso del termine regolamentare di preavviso, sospendo la seduta, che riprenderà alle 10,50.
La seduta, sospesa alle 10,40, è ripresa alle 10,50.
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento Alfonso Gianni 1.1.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giordano. Ne ha facoltà.
FRANCESCO GIORDANO. Signor Presidente, vorremmo motivare la nostra proposta
di soppressione dell'articolo 1, che è un po' il pilastro del provvedimento, ed esprimere, per questa via, una netta contrarietà alla filosofia di fondo che sorregge il testo di legge.
Innanzitutto, come il Presidente sa, il gruppo parlamentare di Rifondazione comunista si è sempre battuto per i diritti del mondo del lavoro, in particolar modo per quello che riguarda le pensioni. È del tutto evidente che, in questa maniera, viene portato un attacco frontale al mondo del lavoro, perché con l'articolo 1 si propone un incentivo all'elevamento dell'età pensionabile e la sua liberalizzazione. È per questo che noi lo avversiamo con grande forza. La filosofia è totalmente sbagliata, non soltanto perché, nella fattispecie, obbliga il lavoratore a dedicarsi all'attività lavorativa per un periodo più lungo della propria vita e gli sottrae il giusto riposo. Si consideri che ci sono attività lavorative particolarmente onerose e faticose, che producono una consunzione persino del fisico del lavoratore. Penso alle attività lavorative manuali. Riteniamo che la liberalizzazione dell'età pensionabile penalizzi, in particolar modo, questi lavoratori. Inoltre, si tratta di una filosofia totalmente sbagliata, perché, per questa via, facendo restare di più il lavoratore anziano nel mercato del lavoro, si impedisce il turnover da parte di tanti giovani che sono in cerca di prima occupazione. È del tutto evidente che si colpiscono anche i giovani disoccupati.
Penso che l'unica possibilità per sostenere e per qualificare welfare, assistenza e trattamento pensionistico stia nel fare l'esatto contrario: invece di intervenire sul versante del prolungamento dell'età pensionabile, bisognerebbe incentivare politiche occupazionali che, allargando la platea degli occupati e, quindi, di coloro che versano i contributi, consentano di incrementare le risorse per finanziare lo Stato sociale.
Infine, è del tutto evidente lo spirito di questo provvedimento anche con l'incentivo della previdenza complementare: da una parte, si riduce significativamente e drasticamente la qualità della previdenza pubblica; dall'altra, si incentiva per questa via la previdenza integrativa e complementare. Il disegno mi pare del tutto inequivoco: da una parte si colpisce il mondo del lavoro e dall'altra, invece, si incentiva il mondo della rendita finanziaria attraverso il sistema della previdenza integrativa. Il segno di classe dell'operazione del Governo - peraltro visibilissimo in tutta l'attività e la produzione legislativa del Governo - da questo provvedimento a me pare particolarmente evidente.
È per questo motivo che noi chiediamo di abrogare l'articolo 1 che è il cuore del provvedimento.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cordoni. Ne ha facoltà.
ELENA EMMA CORDONI. Signor Presidente, intervengo anche per aggiungere la mia firma a questo emendamento. Infatti, con esso si propone la soppressione dell'articolo 1 che, di fatto, è il cuore del provvedimento che stiamo esaminando. Chiaramente, come abbiamo detto ieri nell'intervento in sede discussione sulle linee generali, le norme che affrontano la questione della previdenza complementare, come seconda gamba del sistema - secondo noi - e l'altro comma qui indicato, che si riferisce alla decontribuzione, costituiscono le ragioni profonde per cui non siamo d'accordo sulla delega. Inoltre - e queste sono le altre ragioni che ci fanno esprimere la nostra contrarietà - vi è sottolineare la genericità con cui la delega viene richiesta e anche il fatto che la delega - come poi vedremo all'articolo 7 - di fatto è priva di copertura finanziaria.
Come abbiamo già detto ieri nei nostri interventi, noi riteniamo sia necessario dare corpo ad una previdenza integrativa. Siamo d'accordo sull'utilizzazione del trattamento di fine rapporto per questo fine, ma riteniamo che sul terreno degli aiuti
alle imprese abbiamo bisogno di seguire strade profondamente diverse da quelle che il Governo ci propone, vale a dire la decontribuzione, e lo facciamo con i nostri emendamenti. Nello stesso tempo, riteniamo che per una scelta così importante e fondamentale del salario dei lavoratori è necessario avere fiducia nella responsabilità individuale dei lavoratori costruendo un percorso che non sia obbligatorio ma di coinvolgimento dei lavoratori nella scelta della destinazione del proprio salario nei fondi di previdenza integrativa.
Anche laddove vengono indicati percorsi collegati alle modalità di attuazione della previdenza integrativa, la nostra contrarietà si esprime quando all'interno dell'elemento della obbligatorietà si moltiplicano i soggetti gestori dei fondi pensione, sapendo che questo renderà difficoltosa la gestione per molte casse. Infatti, con fondi e capitali irrisori sarà difficile gestire questo strumento producendo il miglior rendimento dei fondi pensione. Dico ciò, visto che stiamo discutendo di quei fondi pensione che poi dovrebbero investire per garantire un'adeguata previdenza integrativa. Inoltre, le ragioni della nostra opposizione si riferiscono in particolare alla decontribuzione, non solo perché riteniamo sbagliata la scelta del Governo, ma perché leggiamo qui una volontà politica di iniziare con la decontribuzione, dalla quale non deriverà per i lavoratori un danno della pensione (dal momento che continueremo a calcolare l'aliquota contributiva al 32 per cento e quindi sarà lo Stato a mettere le risorse per integrare la differenza), per arrivare a costruire un percorso di aumento della spesa previdenziale e, quindi, le premesse che fra qualche anno faranno emergere sicuramente l'esigenza di intervenire per tagliare le prestazioni pensionistiche pubbliche. Insomma, la costruzione di questa delega, che oggi si vuole presentare come non particolarmente pesante nei confronti dei lavoratori, delinea la volontà del Governo di sconvolgere il rapporto tra previdenza pubblica e previdenza complementare.
Per noi, la scelta rimane quella del primo pilastro come previdenza pubblica e quella del secondo pilastro come integrazione della previdenza complementare. Non vogliamo partecipare al rovesciamento di questa ipotesi, cioè privilegiare la previdenza complementare e ridurre ad una pensione minima la pensione pubblica.
Sono queste le ragioni per cui noi aggiungiamo la nostra firma e voteremo a favore di questo emendamento.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cima. Ne ha facoltà.
LAURA CIMA. Signor Presidente, intervengo per aggiungere la mia firma all'emendamento Alfonso Gianni 1.1 che condivido totalmente. Infatti, il disegno di legge in questione è discutibile perché, di fatto, crea una situazione non chiara sia per quanto riguarda il rapporto contributivo sia per quanto riguarda i relativi introiti dello Stato. In conseguenza di ciò, la situazione dei lavoratori nel nostro paese tenderà sicuramente a peggiorare.
Il presidente dell'INPS ha sottolineato che la decontribuzione per i nuovi assunti rischia di creare un grave buco nel sistema previdenziale. I sindacati sono dello stesso avviso e la stessa relazione tecnica del marzo 2002 del ministro mette in guardia sugli effetti finanziari della decontribuzione, smentendo, di fatto, l'autofinanziabilità della delega che il Governo aveva sempre dato per certa. Al riguardo, l'articolo 1 del disegno di legge in oggetto è il più pericoloso; la lettera a) salvaguarda i diritti pensionistici attraverso una autocertificazione della posizione previdenziale che attesti il diritto al conseguimento della pensione, indipendentemente da eventuali modifiche normative in materia. La lettera b) consente al lavoratore che ha maturato i requisiti per la pensione di anzianità di poter continuare a lavorare, esentando totalmente dal versamento dei contributi sia il lavoratore stesso sia il datore di lavoro. La lettera c) contempla le pensioni di vecchiaia, mentre attraverso la lettera d) si mira ad eliminare progressivamente il divieto di cumulo tra pensioni e redditi da
lavoro sia dipendente sia autonomo. La lettera e) modifica il trattamento previdenziale previsto per i lavoratori iscritti alla gestione separata, mentre la lettera f) è finalizzata a sostenere e favorire lo sviluppo di forme pensionistiche complementari. In questo modo, tale articolo smantella l'attuale sistema e non dà nessuna certezza circa ciò che si viene a creare. Come abbiamo fatto rilevare anche nelle questioni pregiudiziali presentate a questo disegno di legge, non è un caso che la relazione tecnica del Governo è stata presentata con così tanti mesi di ritardo; mi pare che lo stesso esecutivo non sia convinto di ciò che sta presentando.
È per questi motivi che i Verdi invitano tutti i colleghi a votare a favore di questo emendamento interamente soppressivo dell'articolo 1.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pistone. Ne ha facoltà.
GABRIELLA PISTONE. Signor Presidente, appare impossibile modificare il provvedimento in esame, come emerge dalle molte dichiarazioni della maggioranza e del Governo di forte chiusura nel confronto e, pertanto, non si arriverà, non dico ad una modifica sostanziale, ma nemmeno ad un miglioramento del testo in esame. Ritengo che l'unico modo per procedere sia quello di eliminare in radice il danno e ciò lo si fa sopprimendo l'articolo 1 del provvedimento che rappresenta l'articolo cardine, di impostazione della delega.
Siamo fortemente preoccupati per lo smantellamento di un sistema pensionistico che è di garanzia, che non è affatto disastrato, come qualcuno vuol fare intendere, e che non è affatto colpevole rispetto alle generazioni future (queste ultime semmai si troveranno ad avere grossi problemi pensionistici poiché non saranno affatto tutelate nella loro garanzia del futuro). Affidarsi ciecamente ai fondi pensione (non costituiscono un male in sé), senza che si pongano condizioni a garanzia, a favore, a tutela del lavoratore, sappiamo perfettamente cosa significhi, in quanto vediamo quale sia l'andamento dei mercati in questo senso. Credo che la pensione, il trattamento di fine rapporto e quant'altro siano questioni troppo serie per i lavoratori, per i nostri figli, per i giovani di oggi, che saranno i pensionati del domani, i quali non hanno bisogno davvero di provvedimenti adottati senza la ponderazione necessaria.
Di questo siamo seriamente preoccupati; siamo sicuramente attenti ad un problema, ma non crediamo che questo sia il problema del momento e che questa sia la priorità, nell'ambito del mondo del lavoro. Riteniamo che le priorità siano ben altre, come abbiamo più volte denunciato. Aggiungendo la mia firma e quella dell'onorevole Bellillo all'emendamento in esame, vorrei sottolineare, a nome del mio gruppo, la netta contrarietà a tutto il provvedimento, in particolare all'articolo 1 (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Comunisti italiani).
DOMENICO BENEDETTI VALENTINI, Presidente della XI Commissione. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DOMENICO BENEDETTI VALENTINI, Presidente della XI Commissione. Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei permettermi di esprimere due considerazioni.
Come comprenderete, l'articolo 1 costituisce la maggior parte del provvedimento. I colleghi di maggioranza non sono intervenuti sul complesso degli emendamenti, ma solo quelli dell'opposizione. Mi sembra giusto, prima che si dia luogo al voto che intenderebbe sopprimere il fondamentale articolo 1, fare il punto su tale argomento.
La prima cosa che vorrei rilevare - mi permetto di affermarla a nome dell'intera Commissione - è che tutto si può dire meno che non vi sia stato un confronto sul provvedimento in esame, se è vero che, da circa un anno, la Commissione, che ho l'onore di presiedere, ha affrontato la materia, l'argomento, il testo e gli emendamenti, con una vastissima serie di audizioni.
Il confronto è stato molto vivace e - lo devo dire - mai ostruzionistico e ne do atto anche alle forze di opposizione. Pertanto, direi che il confronto dentro e fuori la Commissione, nonché sugli organi di informazione, è stato talmente approfondito che tutto possiamo dire, si può finanche essere insoddisfatti dei risultati cui si giunge, meno che non vi sia stato un confronto approfondito su tale argomento.
La seconda considerazione che vorrei esprimere soltanto a nome della parte della Commissione che fa capo alla maggioranza è la seguente: di fronte ad un provvedimento di questo genere, è evidente che il percorso, gli obiettivi e le destinazioni siano chiari ed è giusto che il paese, non solo l'Assemblea che deve essere tranquilla nell'espressione del voto, i lavoratori, l'opinione pubblica non fraintendano ciò che si fa e che lo intendano nella corretta direzione. I traguardi sono chiari.
Come tutti i veicoli che hanno una direzione chiara, essi hanno un acceleratore ed una frizione. Questa è la verità: quando si scelgono strumenti come quelli della decontribuzione, l'utilizzo del trattamento di fine rapporto, l'innalzamento dell'età pensionabile e quant'altro, è chiaro che per questi obiettivi un Governo saggio, un Parlamento saggio, una maggioranza che voglia essere saggia utilizzano gli strumenti con un mix di prudenza e di coraggio.
Pertanto, mi permetto di dire, perché è giusto infatti che i lavoratori ed i cittadini italiani recepiscano questo concetto, ovvero che questa riforma, dopo lungo approfondimento, e certamente, ahimè, con disparità di vedute rispetto a quanto è stato detto dall'opposizione sul complesso degli emendamenti, si propone con evidenza di conseguire l'obiettivo dell'innalzamento progressivo dell'età pensionabile. Mi dispiace per chi non condivide questo obiettivo, ma la maggioranza invece, e mi permetterete di dire, anche parte dell'opposizione nel momento in cui ha avuto responsabilità di Governo in stagioni precedenti, condivide questo obiettivo che ci viene additato dalla comunità europea e che è tendenziale in tutto il mondo.
Naturalmente, esso va perseguito in maniera non violenta e non impositiva; questa è la ragione di quegli strumenti dei quali si è voluto cogliere persino qualche contraddizione negli interventi svolti dai rappresentanti dell'opposizione, nel senso che per un verso essi sembrerebbero incentivare il procrastinamento dell'età pensionabile mentre dall'altro percorrerebbero una strada inversa. Non è così: è il mix di provvedimenti che non devono essere illiberali, ma devono tendere al perseguimento efficace della finalità che tutti i paesi europei, e non solo, perseguono.
La seconda considerazione riguarda il trattamento di fine rapporto ed il suo impiego. Si tratta di un meccanismo delicatissimo - ne do atto - dal momento che il sistema delle garanzie deve essere monitorato e rafforzato, trattandosi della disponibilità di un bene essenziale e di una porzione significativa della retribuzione differita, quale è il trattamento di fine rapporto.
Sul sistema delle garanzie ci siamo particolarmente soffermati, ma devo dire con altrettanta chiarezza ai colleghi dell'opposizione che il tipo di critiche che hanno formulato non verte tanto sulla tecnica, ma travolgerebbe, se ci pensate bene, il principio stesso dell'utilizzo del trattamento di fine rapporto con riferimento al rafforzamento del famoso secondo pilastro.
Si può anche concettualmente respingere questa strategia, ma, se pensate bene, si tratta di un percorso che era stato avviato anche nelle precedenti stagioni di Governo, ed ancora oggi, negli interventi svolti, non è stato smentito in linea di principio.
La terza ed ultima questione è relativa alla decontribuzione, questione di particolare delicatezza, non ideologica, ma tecnico-sociale di grande rilievo, anche perché, come sapete, nell'opinione di molte organizzazioni sindacali, anzi delle principali, essa suscita perplessità più volte manifestate. Mi permetterete di dire, lo ripeto in particolare ai colleghi dell'opposizione, che il Parlamento e la Commissione hanno
dimostrato un'impostazione dialettica anche nei confronti del Governo: anche i colleghi della maggioranza non si sono appiattiti sulle posizioni del Governo, ma, se è vero che su questo punto vi era stato un parere contrario del Governo rispetto alla modifica del testo, la Commissione, senza per questo armarsi contro il Governo, ma cercando di dare a quest'ultimo maggiori possibilità operative, ha optato per la soluzione di non abbattere il limite minimo del 3 per cento sulla decontribuzione; non che il problema della decontribuzione non sia percepito in tutta la sua delicatezza, ma perché, se intendiamo affrontare il fondamentale problema dell'abbattimento progressivo del cosiddetto - termine che non mi piace - costo del lavoro, mettere mano alla decontribuzione rappresenta una strada senza alternative, anche per la ragione che non si potrà incrementare la base contributiva ed occupazionale senza risolvere questo problema.
Nel mix di queste due valutazioni e di questi due obiettivi sta questa formula che offre al Governo lo spazio e gli strumenti per intervenire in senso sociale, nonché per promuovere anche l'espansione produttiva. Questi sono i criteri fondamentali che hanno ispirato almeno la maggioranza della Commissione in un corretto confronto con l'opposizione (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia)...
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, vi prego di far concludere intervento dell'onorevole Benedetti Valentini.
DOMENICO BENEDETTI VALENTINI, Presidente della XI Commissione. La ringrazio, signor Presidente. Questa è la ragione per la quale noi, con tutta coscienza, invitiamo naturalmente a respingere il fondamentale emendamento soppressivo dell'articolo 1 (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza nazionale, di Forza Italia, dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro e della Lega nord Padania).
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Alfonso Gianni 1.1, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 441
Votanti 440
Astenuti 1
Maggioranza 221
Hanno votato sì 190
Hanno votato no 250).
Prendo atto che l'onorevole Di Virgilio non è riuscito ad esprimere il proprio voto e che avrebbe voluto esprimere un voto contrario.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Alfonso Gianni 1.2.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giordano. Ne ha facoltà.
FRANCESCO GIORDANO. La lettera b) del comma 1 dell'articolo 1, che noi vorremmo cassare, in realtà propone un sistema di incentivazione di carattere fiscale e contributivo per i lavoratori che abbiano già maturato i requisiti della pensione di anzianità e incentivandoli, per l'appunto, a continuare l'attività lavorativa. Per carità, l'incentivo è del tutto volontario e facoltativo ma è del tutto evidente - vorrei dirlo anche ai colleghi del centrosinistra - che questo meccanismo è un grimaldello che determinerà, alla fine, una penalizzazione della pensione di anzianità. Infatti, se da una parte esso tende a favorire coloro che restano, in realtà penalizza coloro che, giustamente, dopo aver finito di maturare il diritto al godimento della pensione di anzianità, decidono di usufruirne. È un grimaldello che tende - come ha riconosciuto, lo devo affermare, onestamente, il presidente Benedetti Valentini - a definire la traiettoria lungo la quale il Governo intende procedere. Da questo punto di vista, la traiettoria mi pare inequivoca: tende ad abolire la pensione
di anzianità e ad innalzare l'età pensionabile. Il tracciato entro cui ci si muove è chiarissimo. Per questo, io propongo di contrastare alla radice questo tracciato. Ha ragione il presidente Benedetti Valentini quando afferma che la strada, in qualche misura, era stata aperta precedentemente. Tuttavia, come al solito, siamo al saldo di quella politica. Quando si determina una apertura su questo fronte, è del tutto evidente che le destre si incuneano in questo percorso e lo utilizzano in maniera chiara e anche particolarmente aggressiva. L'attacco all'istituto della pensione di anzianità viene da lontano. Però, io credo che noi dovremmo provare a fermarlo. Aggiungo che tale meccanismo (questo è l'unico aspetto sul quale contrasto radicalmente con l'illustrazione avanzata dal presidente Benedetti Valentini) di riduzione del costo del lavoro, cui si è riferito il presidente della XI Commissione, in realtà è un po' singolare, perché tende a svuotare le risorse per il welfare e a determinare, per questa via, certamente, un incentivo alla previdenza complementare ed integrativa ma anche lo svuotamento della previdenza pubblica. Analogamente al principio dei vasi comunicanti, se si alimenta un vaso, quello della previdenza integrativa e, contemporaneamente, si disincentiva il rendimento della previdenza pubblica, è del tutto evidente verso quale tipo di previdenza si stia andando, una previdenza che rovescia il diritto dei lavoratori, conseguito nel corso di anni e anni, anche attraverso dure lotte e battaglie.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Alfonso Gianni 1.2, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 437
Votanti 433
Astenuti 4
Maggioranza 217
Hanno votato sì 12
Hanno votato no 421).
Passiamo alla votazione dell'emendamento Guerzoni 1.32.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Guerzoni. Ne ha facoltà.
ROBERTO GUERZONI. Signor Presidente, con questo primo emendamento vogliamo cominciare a richiamare di nuovo l'attenzione del Governo, che spero ci ascolti. Infatti, nel corso della discussione sulle linee generali - lo devo affermare - non abbiamo avuto molta fortuna, nel senso che il Governo ha rinunciato alla replica e, quindi, non sappiamo materialmente se, nel merito delle questioni da noi sollevate, esistano opinioni precise. Ci auguriamo che la presenza del sottosegretario Saporito ci consenta almeno di avere questa interlocuzione.
La questione è presto detta e riguarda il lavoro pubblico. La sua presenza, dunque, sottosegretario, è, quanto mai, puntuale, visto che lei ha seguito, in modo specifico, anche le questioni del lavoro nelle pubbliche amministrazioni.
L'interrogativo che abbiamo posto con questo emendamento e con i successivi è il seguente: cosa si intende fare per i lavoratori della pubblica amministrazione? Il quesito nasce dal fatto che, in tutto il disegno di legge delega, c'è soltanto un riferimento generico, contenuto nella lettera p) del comma 2 dell'articolo in esame, nella quale si dispone che progressivamente e tenuto conto delle specificità dei singoli settori, si affronterà anche il tema del lavoro pubblico. Ci sembra che affermare ciò equivalga a non dire alcunché, perché si rimanda al buon cuore del Governo e credo sia un po' poco, non solo per l'opposizione e per il Parlamento, ma anche per il paese, poiché - come il sottosegretario sa bene - il lavoro pubblico è ormai organizzato e regolamentato dalle stesse norme del lavoro privato con riferimento alla previdenza. Esso è stato
protagonista della riforma attuata con la legge n. 335 del 1995 e, con i successivi aggiustamenti del 1997 sotto il Governo Prodi, si è attuato il completamento. Dunque, anche con riferimento al lavoro pubblico, vi è un metodo di calcolo, riguardante il sistema pensionistico, contributivo a ripartizione. Tale sistema è assunto come riferimento in Europa; esso viene considerato uno dei più adeguati ed avanzati, anche in rapporto al lavoro pubblico.
La nostra domanda è la seguente: questa delega come intende continuare in questa direzione, per quanto riguarda sia la prima parte (in cui si affrontano i temi dell'incentivazione, come nel caso dell'emendamento in esame, della permanenza al lavoro nel momento in cui siano stati maturati i requisiti per la pensione di anzianità, e della certificazione della pensione maturata, su cui torneremo successivamente con un altro emendamento), sia la seconda parte della delega stessa, ossia quella concernente il trattamento di fine rapporto e la previdenza complementare? Senza negare (perché ciò farebbe torto alla nostra intelligenza) l'esistenza di una specificità nel settore pubblico e la necessità di graduare le norme che la delega, eventualmente, approverà, pensiamo che si debba indicare la direzione in cui si vuole procedere. Non penso che le proposte emendative debbano essere, di per sé, approvate perché le si condivide; tuttavia, si spieghino almeno le ragioni, su questa e sulle successive proposte, per le quali si ritiene di non fornire indicazioni più nette nei confronti di milioni di lavoratori, come quelli del lavoro pubblico, tra l'altro, impegnati in una importante vertenza contrattuale.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Guerzoni 1.32, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e Votanti 439
Maggioranza 220
Hanno votato sì 194
Hanno votato no 245).
Passiamo alla votazione dell'emendamento Alfonso Gianni 1.3.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giordano. Ne ha facoltà.
FRANCESCO GIORDANO. Signor Presidente, l'emendamento in esame propone l'abrogazione della lettera c) del comma 1 dell'articolo 1, vale a dire quella lettera che prospetta la liberalizzazione dell'età pensionabile. Per noi, qui, valgono le stesse cose dichiarate con riferimento alla pensione di anzianità. Vorrei aggiungere (mi limito a questo punto) che critichiamo, in via di principio, anche l'incentivo, sia pure facoltativo, ad elevare l'età pensionabile. Vorrei svolgere anche un'osservazione di buon senso: ma come pensate di intervenire sull'occupazione, quando tendete, invece, a far restare, nel mercato del lavoro, le persone che hanno maturato tanto tempo in servizio?
È del tutto evidente che non c'è neanche il naturale ricambio. Avete l'idea fissa di sfruttare la gente - non saprei come dirlo in altro modo - fin quando possibile, senza prospettare un adeguato riposo. In questa maniera, in realtà, vi precludere la strada persino all'ingresso di nuove leve nel mercato del lavoro.
A me pare che questa sia una soluzione del tutto sbagliata da un punto di vista e di principio e di fatto.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Dario Galli. Ne ha facoltà.
DARIO GALLI. Signor Presidente, da queste prime battute - ma lo vedremo meglio nel prosieguo della discussione - mi pare venga fuori, in maniera evidente, la visione veterocomunista degli interventi sul mercato del lavoro, in generale, e sul problema pensionistico, in particolare. L'ultimo intervento dell'onorevole Giordano
è illuminante in questo senso. Non entro nel merito perché rispetto le idee di tutti. L'onorevole Giordano afferma cose improponibili, ma almeno ha il coraggio di dirle; perciò, gli riconosco quanto meno una chiarezza intellettuale.
Vorrei proporre, però, alcune considerazioni per dimostrare il disastro dell'INPS, accumulatosi in anni di gestione - ricordiamocelo bene! - del centrosinistra, con una presenza veramente devastante del sindacato. Come spesso succede, infatti, si fa molta filosofia, si parla di principi, ma non si entra nei numeri, nei termini reali della questione. Allora, proviamo a fare qualche ragionamento semplice per far capire a tutti, anche a chi non ha dimestichezza con la materia, di cosa stiamo parlando.
Una persona normale - l'operaio o l'impiegato - che guadagna 2 milioni netti al mesi (per facilitare la comprensione, mi riferirò sempre alle vecchie lire) ha un lordo in busta, più o meno, di 2 milioni e 800 mila. Oggi, per la verità, guadagna un po' di più perché il Governo «antioperaio» di centrodestra ha diminuito le tasse e, quindi, a parità di lordo, il netto è un po' aumentato. Comunque, con 2 milioni e 800 mila di vecchie lire di lordo, l'azienda versa all'INPS il 33 per cento circa (a seconda del contratto applicabile) mentre l'operaio o l'impiegato versa un altro 8 o 9 per cento. Quindi, sul lordo, si paga all'INPS, complessivamente, il 41 o 42 per cento (cosa che non esiste in nessun paese del mondo, altro che sistema preso ad esempio dagli altri paesi europei!).
Ciò vuol dire che il dipendente medio paga circa 15 o 16 milioni all'anno all'INPS; e se li paga per 35, 36 o 37 anni (come nel caso delle pensioni di anzianità) versa circa 600 milioni come capitale e, come capitale rivalutato, applicando la rivalutazione più bassa, circa 1 miliardo e 200 milioni! Vedo che l'attenzione dell'Assemblea è scarsissima, ma questi sono numeri che dovrebbero entrare nella testa di tutti. In altre parole, se la persona di cui abbiamo detto non avesse pagato allo Stato nulla, si troverebbe, a 50 o a 55 anni, con 1 miliardo 200 milioni di vecchie lire in banca! Con il sistema italiano, invece, se le va bene, prende 1 milione e mezzo di pensione: poco più dell'1 per mille (calcolato su base annua l'1 per cento) del capitale accumulato, senza mai recuperare il capitale!
Questo è il sistema a ripartizione italiano che voi volete additare ad esempio in tutto il resto del mondo. Questo è il sistema che la maggioranza di centrodestra sta cercando in qualche modo di sistemare, non solo perché la gente che ha lavorato prende poco in base a quanto ha versato, ma soprattutto perché, in questi cinquant'anni di gestione cattocomunista e sindacale, all'INPS si è fatto pagare praticamente di tutto e di più, meno che le pensioni ai lavoratori veri (Applausi dei deputati del gruppo della Lega nord Padania), quelli che lavorano nelle aziende, nelle industrie che creano valore aggiunto per tutto il resto della nazione!
Non venite qui a raccontarci cose che non esistono! L'INPS è dissestata perché, con i soldi dei lavoratori, soprattutto di quelli del nord (perché è lì che ci sono le aziende), ha pagato di tutto: dalle false pensioni di invalidità, ai biglietti aerei per gli extracomunitari rimpatriati fino a qualche anno fa; tutto ciò che c'era da coprire veniva pagato con la cassa dell'INPS! Adesso, dobbiamo anche sentir dire che è sbagliato incentivare il mantenimento al lavoro perché, altrimenti, non c'è il ricambio. Ma dove siamo? Siamo al 55 per cento di tasso di occupazione quando, nel resto dell'Europa, sono al 65 e, nel mondo anglosassone, al 75! Siamo 20 punti sotto gli americani e gli inglesi! Ma dove vogliamo andare?
E voi dite che non va bene perché si mantiene per uno o due anni in più gente che a quel punto è al massimo della professionalità nel mondo del lavoro. Ma secondo voi il lavoro si crea con i numeri sulla carta? Il lavoro si crea con la professionalità, con la capacità di fare prodotti che possono essere venduti (Applausi dei deputati del gruppo della Lega nord Padania), e se le persone anziane con professionalità restano in azienda creano cultura aziendale che serve per creare
nuovi posti e fare entrare i giovani. È così che si fa economia, è così che si fa produzione di valore aggiunto. Sentiamo dire che si sfrutta la gente perché resta due anni in più al lavoro, oltretutto guadagnando di più con la tassazione separata; per noi del centrodestra, e devo dire per noi della Lega, il lavoro non è una condanna, ma è uno stile di vita (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega nord Padania e di Forza Italia)! Quindi, avere un lavoro professionalmente qualificato che dà soddisfazione è un modo decoroso di vivere. Per noi, non si vive aspettando la pensione (Commenti del deputato Giordano). È inutile che fai così Giordano, sei tu che sei fuori strada. Qui si arriva a dire che bisogna mandare in pensione i vecchi per assumere i giovani, ma non siamo alle ferrovie dello Stato o nei tranvieri della municipalizzata di Roma o di Milano, dove si manda in pensione il padre per dare il posto al figlio. L'economia non è questa cosa, è un'altra cosa che voi non conoscete, e nei paesi governati da decenni da voi si è visto come è andata a finire (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega nord Padania e di Forza Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giachetti. Ne ha facoltà.
ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, intervengo a titolo personale. Vorrei semplicemente replicare al collega della Lega nord Padania che in Italia ci sono milioni di disoccupati che vorrebbero permettersi un certo stile di vita e purtroppo non hanno neanche la possibilità di accedere al lavoro (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-l'Ulivo e dei Democratici di sinistra-l'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione voto l'onorevole Cordoni. Ne ha facoltà.
ELENA EMMA CORDONI. Signor Presidente, l'intervento dell'onorevole Galli porrebbe una domanda al centrodestra e al Governo principalmente, oppure a lui stesso, che non so se ha letto la delega. Non mi sembra che nelle proposte di cui stiamo discutendo si stia proponendo la distruzione del sistema dell'INPS, che si stia proponendo quello che lui ha sostenuto poco fa. Non so se sta parlando di un'altra delega, di altre discussioni, ma io chiedo al Governo se il giudizio che dà sul funzionamento e sulla spesa previdenziale è quello stesso che lui ha dato in quest'aula. A me sembrava, leggendo i documenti di una commissione presieduta dal sottosegretario Brambilla, che mi sembra appartenere al gruppo della Lega, che il giudizio sulla spesa previdenziale e sul funzionamento dell'INPS fosse molto positivo, anzi si afferma che le scelte fatte in questo decennio con le riforme che iniziano nel 1992 e con quella del 1995, di cui anche la lega faceva parte (ha votato la riforma Dini), dimostrano esattamente il contrario, cioè che, insieme alle scelte operate con la riforma Dini, abbiamo messo sotto controllo la spesa previdenziale, abbiamo costruito condizioni di equità fra le categorie pubbliche e private, abbiamo abolito molti privilegi che non vorrei richiamare in questa Assemblea, abbiamo costruito le premesse per tenere sotto controllo la spesa previdenziale; per cui oggi siamo nelle condizioni di ragionare su come rispondere ai problemi che sono rimasti aperti. Chiedo al Governo: è necessario, prima di procedere, sapere se il giudizio che si dà sul sistema previdenziale pubblico italiano è quello che abbiamo sentito esprimere dall'onorevole Galli, perché allora, se questo è il giudizio, chiedo al Governo di ritirare la delega e di fare qualcosa di diverso (Commenti dei deputati del gruppo della Lega nord Padania). Credo che i colleghi, se ascoltano il dibattito e lo prendono sul serio, hanno anche l'obbligo di essere coerenti, altrimenti dobbiamo dire che l'intervento dell'onorevole Galli è a titolo personale e non rappresenta la Lega e la maggioranza di questo Governo.
Vorrei sottolineare un altro punto, tra le cose che ha detto l'onorevole Galli, che affronteremo tra poco, quando saremo fuori dei principi ma sul merito. Noi non
siamo in disaccordo con la incentivazione, ma guardate che voi, principalmente voi, nella finanziaria avete approvato un principio che è quello del superamento del cumulo delle pensioni di anzianità.
Queste due normative si elidono a vicenda perché il lavoratore, quando avrà maturato i requisiti della pensione di anzianità - ce lo ridiremo tra qualche tempo - avrà più ragioni per scegliere il superamento del cumulo; dunque, la norma che state proponendo sull'incentivazione al lavoro, una volta maturata la pensione di anzianità, non produrrà alcun effetto perché non è conveniente per i lavoratori né da un punto di vista reddituale né, soprattutto, da un punto di vista del valore della previdenza. Di nuovo, vi invito a leggere le carte che coloro che fanno i conti ci forniscono. Anche quello strumento che noi stessi avevamo introdotto nella finanziaria del 2000 non ha prodotto adesioni significative (si parla di 200 lavoratori che hanno accolto quel principio). Ma il punto è che se si sceglie quel meccanismo quando si va in pensione, si ottiene una perdita di valore della pensione; non ci sono soltanto ragioni ideologiche, c'è un problema di convenienza e i lavoratori sono molto attenti, sono capaci di capire ciò che a loro conviene o meno. Ma questo è un argomento che tratteremo nel seguito del dibattito.
Di nuovo, invito l'onorevole Dario Galli, oltre a fare affermazioni di principio, a ragionare sul fatto che i principi e le scelte che si compiono spesso non coincidono ed è la ragione per cui poi diremo cosa invece avremmo, dovuto fare su questo punto.
Ritengo, tuttavia, necessario che il Governo esprima la sua opinione sull'Istituto nazionale di previdenza sociale e sul nostro sistema di previdenza pubblica (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cima. Ne ha facoltà.
LAURA CIMA. Signor Presidente, anch'io devo registrare lo sconcerto dopo un intervento come quello del collega della Lega e l'aumento dei dubbi, che già avevamo, nel concedere una delega al Governo in una materia così delicata, se la cultura del Governo e di questo ministero è quella rappresentata dall'intervento del collega.
In Italia, siamo di fronte a problemi molto chiari: siamo all'indomani di uno sciopero per il declino industriale (nella mia regione), abbiamo una disoccupazione crescente e in tutti i giornali di oggi si parla di una indagine dalla quale risulta che in Italia 1 laureato su 2 non farà il lavoro per cui si è specializzato, che abbiamo il tasso più alto di disoccupazione femminile in Europa e poi quando si parla con la gente si scopre che è pieno di donne che lavorano in nero. Questa è la realtà, cari colleghi della Lega, il lavoro cresce sempre di più, e lo sapete benissimo! Andate a verificare quante donne lavorano in nero, per questo abbiamo un tasso di occupazione femminile vergognoso. Allora, mi chiedo se questa sia la cultura sostenuta dal Ministero del lavoro, se effettivamente le affermazioni del collega della Lega siano coerenti con le idee sottese alla delega, perché, al di là di ciò che questo provvedimento contiene, evidentemente frutto di una mediazione anche in considerazione del tempo che ha impiegato per venire alla luce, occorre capire quale sia la volontà politica che sottostà allo smantellamento di un sistema previdenziale.
Mi pare che l'intervento del collega sia stato chiarissimo al riguardo.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Duilio. Ne ha facoltà.
LINO DUILIO. Signor Presidente, intervengo brevissimamente per dire che voteremo contro questo emendamento ma per ragioni diverse da quelle prima esposte dal collega della Lega, o almeno in parte diverse. Riteniamo che quello della liberalizzazione dell'età pensionabile sia un principio positivo, tuttavia riteniamo anche che l'uomo non coincida esclusivamente con il suo lavoro, come è stato detto prima.
È una visione che, si scelga pure, può essere considerata marxiana o protestante.
PASQUALE VIESPOLI, Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali. Calvinista!
LINO DUILIO. Riteniamo che il lavoro sia un elemento fondamentale: l'uomo, però, non si può certo ridurre al solo lavoro. L'andare in pensione quando si vuole è una questione di libertà: ebbene, abbiamo già detto, sia durante la discussione sulle linee generali sia negli interventi svolti sul complesso degli emendamenti, che il principio è qui applicato in modo assolutamente contraddittorio, senza inoltre consentire il conseguimento del risultato prefissato.
Per tale ragione esprimeremo un voto contrario a questo emendamento. Ne accogliamo il principio, ma, nello stesso tempo, ci differenziamo per come è formulato.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Alfonso Gianni 1.3, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 430
Votanti 428
Astenuti 2
Maggioranza 215
Hanno votato sì 11
Hanno votato no 417).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Alfonso Gianni 1.24, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Onorevoli colleghi, vi invito a prendere posto ed a votare ognuno per sé.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 424
Votanti 423
Astenuti 1
Maggioranza 212
Hanno votato sì 6
Hanno votato no 417).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Alfonso Gianni 1.9, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Onorevole Ascierto, per favore, prenda posto.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e Votanti 433
Maggioranza 217
Hanno votato sì 187
Hanno votato no 246).
Passiamo alla votazione dell'emendamento Cordoni 1.33.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cordoni. Ne ha facoltà.
ELENA EMMA CORDONI. Signor Presidente, devo confessare che sia in Commissione sia ora in Assemblea non riesco a comprendere le ragioni per le quali è stato espresso parere contrario su tale emendamento da parte del relatore e del Governo. In effetti, con tale proposta, diamo semplicemente l'opportunità al Governo di programmare, in modo esplicito, campagne di pubblicità sui mezzi di comunicazione perché altrimenti, se poi le vorrà realizzare, vi sarebbe il problema legato alla spesa. Con questo emendamento proponiamo di far meglio conoscere le forme pensionistiche complementari ai lavoratori anche attraverso Pubblicità progresso. Confesso che mi sembra uno strumento utile, importante, che il
Governo può utilizzare per aumentare la conoscenza dei lavoratori sullo strumento della previdenza complementare. Trovo quindi irragionevole eliminare questa possibilità, che sarebbe una forma di conoscenza, di diffusione, di informazione su tale strumento.
Torno pertanto ad invitare il relatore ed il Governo a riconsiderare la loro posizione su tale aspetto: si tratta di un mezzo a disposizione, che si è liberi di utilizzare, se lo si vorrà, o meno. Però, se bocciate questa proposta, dovete sapere che tale mezzo non sarà più utilizzabile.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Cordoni 1.33, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 431
Votanti 430
Astenuti 1
Maggioranza 216
Hanno votato sì 189
Hanno votato no 241).
Passiamo alla votazione dell'emendamento Nigra 1.34.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cordoni. Ne ha facoltà.
ELENA EMMA CORDONI. Signor Presidente, stiamo ora affrontando il tema dei lavoratori atipici, dei lavoratori precari, cioè quei lavoratori che oggi vanno molto di moda, dato che il loro numero sta aumentando in maniera notevole, e per i quali non si riesce, o non si vuole riuscire, a costruire un sistema di protezione sociale che li metta in condizione di affrontare la flessibilità del mercato del lavoro, la precarietà, con a disposizione qualche strumento, appunto, di protezione sociale. Lo abbiamo proposto in Commissione, ed in parte la nostra indicazione è stata accolta: non però in maniera sufficiente, perché pensiamo che debba essere compiuta una scelta forte, che ci aiuti a proteggere questa tipologia di lavoratori.
Tra l'altro, con la delega sul mercato del lavoro voi andate in una direzione che porterà al moltiplicarsi di queste figure: non credo quindi che agiremmo bene se non pensassimo a strumenti sul piano della disoccupazione, della mobilità, della formazione, della maternità, della malattia; insomma, se non pensassimo a forme di protezione anche per questi lavoratori.
A nostro avviso, questo è un punto nodale di tutto il provvedimento. Infatti, anche per quanto riguarda questi lavoratori, che costituiscono una nuova tipologia, abbiamo bisogno di costruire un modello sociale inclusivo ed abbiamo bisogno di dare il messaggio che lo Stato si preoccupa anche delle loro prospettive all'interno di questo mercato del lavoro flessibile e che non sono lasciati soli ad affrontare questi complicati passaggi.
Pertanto, su questo punto, che affronteremo di nuovo anche in seguito perché lo riteniamo decisivo, vi invitiamo ad andare oltre l'accordo che avete stipulato con il patto per l'Italia. Infatti, lì si prevede un aumento dell'indennità di disoccupazione, ma solo per i lavoratori tradizionali e non si parla dei collaboratori coordinati e continuativi né delle nuove figure del lavoro. Ritengo, quindi, che questa sia un'occasione importante per rispondere anche a questa notevole parte del mondo del lavoro, dando l'indicazione che, anche nella vita di tali lavoratori, pur all'interno di un mercato del lavoro flessibile, vi è uno Stato che pensa a costruire dei passaggi di protezione sociale, non lasciandoli soli nel loro percorso.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Nigra 1.34, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e Votanti 437
Maggioranza 219
Hanno votato sì 195
Hanno votato no 242).
Passiamo alla votazione dell'emendamento Cordoni 1.35.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Delbono. Ne ha facoltà.
EMILIO DELBONO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, con l'emendamento in esame si chiede di estendere la platea dei beneficiari dell'elevazione delle pensioni al minimo, perché riteniamo che l'azione del Governo sia stata fallimentare. Tutti voi avete ascoltato le grandi campagne sul famoso milione minimo garantito. In realtà, i dati, non forniti da noi bensì dal Governo, ci dimostrano che circa 1.000 miliardi di lire stanziati nel corso del 2002 non sono stati utilizzati per tale innalzamento. È evidente che, a questo punto, la norma, così come strutturata, è inadeguata e non vi è dubbio che vi è la necessità di individuare una platea di beneficiari in grado di assorbire le risorse stanziate. Chiediamo, pertanto, che in qualche modo il Governo ritorni sulle disposizioni, prevedendo una normativa assai più adeguata.
Non solo: in occasione di una mia interrogazione, il Governo rispose che molti cittadini, i quali, con il meccanismo dell'autocertificazione attraverso il sistema bancario, dichiararono di avere i requisiti per ottenere tale aumento, in realtà non ne erano in possesso. Infatti, gli sportelli bancari offrivano moduli per le certificazioni che, inevitabilmente, soprattutto le persone anziane non erano in grado di leggere né di interpretare, ed il solo fatto di non percepire il cosiddetto milione al mese le induceva a firmare una sorta di dichiarazione che attestava tale diritto, tant'è che il Governo ha inizialmente affermato che circa 30-40 mila beneficiati non avevano i requisiti. Ebbene, questa platea sembra essere ben più grande e significativa e, quindi, addirittura, per quanto attiene ai risparmi, dovremmo anche computare coloro che, pur non avendo neanche i requisiti, hanno comunque ottenuto il beneficio. Che succede ora? Ne verrà richiesta la restituzione? E come? Si farà un condono? Non si capisce veramente nulla. Credo che, da questo punto di vista, si debba prestare attenzione a questa nostra richiesta che va nel senso di una rivisitazione della platea dei beneficiari.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gasperoni. Ne ha facoltà.
PIETRO GASPERONI. Signor Presidente, stiamo discutendo delle finalità che si perseguono attraverso questo provvedimento: pensiamo che le pensioni minime rientrino a pieno titolo in tale ambito. Attraverso l'emendamento in esame proponiamo di includere tra gli obiettivi generali l'ampliamento della platea dei pensionati al minimo che possano beneficiare di quel milione al mese di cui tanto si parlò in campagna elettorale. Nel corso della campagna elettorale, infatti, avevate promesso di aumentare la pensione a tutti i cittadini italiani che non percepivano un milione.
Con la finanziaria del 2002 avevate stanziato una prima somma per portare tutti i pensionati al minimo a percepire un milione di pensione. Vorrei ricordare che i pensionati al minimo sono 7 milioni: quella era una prima tranche. Per questo avevate stanziato quei 4.200 miliardi di lire con i quali avevate detto che i beneficiari sarebbero stati, intanto, 2.200. Nella finanziaria 2003, invece, non avete incluso neanche una lira per allargare tale platea di pensionati.
Nel corso di un'audizione recentissima svolta in Commissione bicamerale di controllo sugli enti di previdenza il commissario straordinario dell'INPS ci ha detto che, al dicembre 2002, i pensionati che hanno beneficiato dell'aumento e sono, quindi, arrivati a percepire un milione al mese sono stati non più di 1.650.000,
compresi i residenti all'estero. Inoltre, la spesa affrontata per tali pensionati non è di 4.200 miliardi bensì di 2 mila miliardi, cioè nemmeno la metà di quanto preventivato. Dunque, dove sono finiti gli altri 2 mila miliardi previsti dalla finanziaria 2002? In quale modo sono stati spesi e sottratti ai pensionati? Inoltre, avete detto che nella finanziaria 2003 sarebbero avanzati solo mille di quei 4 mila miliardi (invece erano 2 mila) e che li avreste finalizzati ad altre operazioni. Vi sono ancora altri mille miliardi che si aggiungono ai 2 mila del 2002 che diventano, quindi, 3 mila miliardi. Che fine hanno fatto e che fine fanno?
Signor Presidente, insistere nella contrarietà ad accogliere in via di principio ciò che proponiamo significa proseguire nell'inganno con il quale in campagna elettorale vi siete rivolti ai pensionati promettendo un milione per tutti. Non solo ciò si sta dimostrando non vero, ma state andando nella direzione esattamente opposta (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giordano. Ne ha facoltà.
FRANCESCO GIORDANO. Signor Presidente, vorrei ricordare ai colleghi del centrodestra un'antica battaglia che, in modo singolare, abbiamo sostenuto insieme.
Fu una battaglia significativa, perché contestavamo al Governo dell'Ulivo, a suo tempo, il fatto che non voleva portare tutte le pensioni al minimo ad 1 milione, per tutti i 5 milioni e 500 mila pensionati che ne avevano diritto. Nella fattispecie, il gruppo di Rifondazione comunista presentò un emendamento che proponeva esattamente questo, e che voi votaste. Allora devo dedurre che ora che siete al Governo avete cambiato idea? Questa deduzione è un fatto di realtà perché di quei 5 milioni e 500 mila pensionati al minimo che avreste dovuto portare a 1 milione al mese, in realtà solo 1 milione e 600 mila hanno ottenuto ciò. Adesso, di fronte a coloro che vi chiedono di allargare la platea di coloro che devono usufruirne, voi vi tirate indietro e opponete questioni di bilancio. Devo forse concludere che queste questioni di bilancio quando siete all'opposizione magicamente scompaiono? È evidente infatti che ci troviamo di fronte a una condizione di questo tipo.
Mi permetta, signor Presidente, di rivolgere una brevissima replica all'onorevole Galli. Sono contento che l'onorevole Galli possa dire finalmente qual è la sua idea del lavoro, del fatto che la gente dovrebbe sempre di più, fino a che morte non avvenga, continuare a lavorare, per finalmente sentirsi gratificata. È una concezione - è stata illuminante da questo punto di vista - che non voglio commentare, perché esprime nitidamente il pensiero liberista. Vorrei però semplicemente dire all'onorevole Galli che se incontra un edile delle sue parti (o anche un operaio) forse si accorgerà che quell'edile (o quell'operaio) sceglierà di continuare a lavorare non perché ogni mattina è contento e felice di stare su un'impalcatura o di andare a lavorare con tempi ripetitivi e ossessivi sino alla consunzione della sua vita, ma forse perché la sua retribuzione è tra le più basse in Europa (è l'unica cosa che non prendiamo dall'Europa!) e perché si renderà conto che la miseria della sua pensione non è altrettanto adeguata da permettergli il giusto riposo (Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione comunista).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Dario Galli. Ne ha facoltà.
DARIO GALLI. Purtroppo gli edili e gli operai guadagnano molto poco - e la Lega lo dice da vent'anni - non perché il costo del lavoro in Italia è basso, essendo anzi tra i più alti in Europa, ma perché sono troppe le tasse, come ho ricordato prima, e non c'è nessun paese europeo che paghi il 42 per cento al proprio istituto di previdenza sociale! Dopodiché, onorevole Giordano, vorrei soltanto dirle che mio nonno faceva il muratore e mio padre il
metalmeccanico: quindi non ho niente da imparare da lei (Applausi dei deputati del gruppo della Lega nord Padania)!
DOMENICO BENEDETTI VALENTINI, Presidente dell'XI Commissione. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DOMENICO BENEDETTI VALENTINI, Presidente della XI Commissione. Capisco che prendere la parola significa ritardare di qualche attimo il voto e l'iter del provvedimento, ma vogliamo precisare che il Governo non rinnega il suo impegno di allargare progressivamente la platea dei beneficiari. Intanto fu stabilito, ed è confermato, che prima vengono le condizioni di maggior bisogno, il che significa le più disagiate condizioni economiche e la maggiore anzianità anagrafica di coloro che accedono a questo beneficio.
DOMENICO BENEDETTI VALENTINI, Presidente della XI Commissione. In secondo luogo, il Governo - se sono veri i dati che ci sono stati forniti (e le cifre parlano chiaro) - utilizza parte di queste risorse (che sono ingentissime) per i lavoratori dell'amianto, onorevoli colleghi, cioè per coprire una situazione di buco ereditato dalle precedenti gestioni governative, a fronte di sentenze che hanno affermato il diritto dei lavoratori esposti all'amianto a vedersi riconoscere determinati benefici.
Dal momento che le precedenti maggioranze e i precedenti governi non hanno corrisposto ai diritti dei lavoratori esposti all'amianto, il Governo si è fatto carico, con ingentissime risorse, di adempiere a tale obbligo. Se di fronte a questa situazione si rallenta parzialmente il passo rispetto all'obiettivo di dare a tutti i pensionati al minimo 1 milione di vecchie lire al mese, ciò è giustificato da un'azione di Governo che deve essere responsabile e secondo diritto.
Quindi, non mi pare giusto attribuire al Governo l'intenzione di scippare queste risorse ai pensionati né quella di non mantenere un impegno sociale assunto con il popolo italiano che invece - mi dispiace colleghi dell'opposizione - viene mantenuto. Anzi, è clamorosamente e significativamente mantenuto!
FRANCESCO GIORDANO. Ma dove?
DOMENICO BENEDETTI VALENTINI, Presidente della XI Commissione. È giusto affermarlo - poi si può dire tutto o il contrario di tutto - vengono ma l'attività di Governo è quella di portare a sintesi esigenze sociali tutte degne, tanto più se affermate da sentenze della magistratura che erano state disattese durante le precedenti gestioni governative.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Valpiana. Ne ha facoltà.
TIZIANA VALPIANA. Signor Presidente, Rifondazione comunista, già durante l'esame della legge finanziaria, aveva stigmatizzato il fatto che questa maggioranza e questo Governo stanno scatenando una guerra tra poveri e che, se da una parte tutti i pensionati al minimo hanno diritto a raggiungere il loro milione - in quanto ciò è stato loro promesso -, dall'altra è giustissimo che chi ha subito danni a causa della lavorazione dell'amianto sia indennizzato.
Invece, abbiamo visto che nella legge finanziaria è accaduto esattamente il contrario. Infatti, i soldi avanzati (dei 5 milioni di pensionati che ne avevano diritto solo 1 milione e 600 mila hanno usufruito dell'aumento) - sono stati dirottati - almeno così sembrava durante la finanziaria - per i soggetti danneggiati dalla lavorazione dell'amianto.
Ora, tuttavia, sono state modificate anche le normative in base alle quali si stanno attribuendo gli indennizzi per l'amianto e, mentre prima era stato stabilito che l'indennizzo sarebbe stato riconosciuto comunque, indipendentemente
dal periodo di lavoro a contatto con queste lavorazioni pericolosissime - ammesso e non concesso che si possa pagare la salute della gente -, adesso si è posto un tetto anche a ciò.
Per cui i pensionati e i lavoratori dell'amianto oltre al danno dovranno subire anche la beffa.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Pennacchi. Ne ha facoltà.
LAURA MARIA PENNACCHI. Si tratta di un tema delicatissimo in quanto, attraverso il messaggio della pensione ad 1 milione di lire al mese, il centrodestra ha catturato il consenso di tanti cittadini che sono stati ingannati (Commenti dei deputati dei gruppi di Alleanza nazionale e della Lega nord Padania)...
ANTONINO LO PRESTI. Non è vero!
LAURA MARIA PENNACCHI. ... visto che, in un celebre Porta a Porta televisivo, l'onorevole Berlusconi affermò testualmente che la pensione ad 1 milione di lire al mese sarebbe stata riconosciuta a 7 milioni e 500 mila persone.
ANTONINO LO PRESTI. Mai detto, non è vero!
LAURA MARIA PENNACCHI. Invece, oggi, in base ai dati ufficiali, constatiamo che la cifra in realtà è enormemente inferiore e che non sono state nemmeno utilizzate tutte le risorse residuate dagli stanziamenti effettuati, che sono state destinate a copertura di altre voci di spesa.
Dunque, l'inganno è stato perpetrato ed è molto grave. C'è comunque una possibilità di rimediare accogliendo i nostri emendamenti.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Battaglia. Ne ha facoltà.
AUGUSTO BATTAGLIA. Signor Presidente, tra i pensionati sociali ci sono anche circa 300 mila invalidi civili, ciechi e sordomuti totali o con handicap molto gravi, che percepiscono più o meno 200 euro al mese di pensione.
Quando fu annunciato il milione al mese per tutti i pensionati sociali, questi 300 mila pensionati invalidi civili, ciechi e sordomuti credettero alle parole dei candidati della Casa delle libertà, pensando che se questi ultimi avessero vinto le elezioni presto avrebbero ricevuto questo significativo aumento di pensione.
A distanza di due anni dalla scadenza elettorale, di questo milione al mese 300 mila invalidi civili, ciechi e sordomuti non hanno visto una lira e devono continuare ad accontentarsi di una pensione minima che non garantisce loro le condizioni per una vita dignitosa.
E ciò è ulteriormente grave anche perché l'assessore Maroni (Commenti) - scusi, il ministro Maroni - ha sottratto circa 360 miliardi al fondo delle politiche sociali.
D'altra parte, si comporta come un cattivo assessore, se non controlla i suoi conti: se il fondo per le politiche sociali (Commenti dei deputati del gruppo della Lega nord Padania)...
PRESIDENTE. Onorevole Battaglia, è bene che si fermi!
AUGUSTO BATTAGLIA. ...che ammontava a 1.622 miliardi nel 2001 è stato portato a 1.360 miliardi, è chiaro che queste persone non avranno nemmeno i servizi essenziali che possono garantire una vita dignitosa.
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Battaglia.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Cordoni 1.35, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 423
Votanti 422
Astenuti 1
Maggioranza 212
Hanno votato sì 187
Hanno votato no 235).
Passiamo alla votazione dell'emendamento Guerzoni 1.36.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Guerzoni. Ne ha facoltà.
ROBERTO GUERZONI. Signor Presidente, siamo in un caso in cui non ci può essere alcun dubbio interpretativo. Questo emendamento non comporta risorse aggiuntive. Siamo nell'ambito di quegli emendamenti che, nel confronto parlamentare ordinario fra maggioranza ed opposizione, si dovrebbero esaminare con grande tranquillità rispetto al merito.
Come ho già sottolineato precedentemente, senza aver ottenuto risposta, mi riferisco al fatto che la delega è estremamente generica per quanto riguarda il lavoro pubblico. Posso ammettere che su alcune questioni vi siano problemi che riguardano le modalità di attuazione. Però, in questo caso, invito il Governo, il ministro Maroni e il sottosegretario Viespoli ad esaminare concretamente la questione: stiamo parlando del fatto che la pensione deve essere certificata. Stiamo parlando del fatto che, come scritto nella delega, il lavoratore deve avere la garanzia che ha maturato i requisiti per la pensione di anzianità e deve ottenere, da parte dell'ente di competenza, la certificazione della propria posizione previdenziale. È una cosa sacrosanta. Non si tratta di una grande riforma; tuttavia, è un diritto e non si può essere contrari al fatto che esso venga sancito. Allora, ci chiediamo: cosa osta a dichiarare che questo diritto deve essere garantito al lavoratore privato e al lavoratore pubblico, senza aspettare un'ulteriore formulazione di provvedimenti attuativi della legge delega? Siamo già nell'ambito della legge delega con questo comma. Quindi, prevedere che la certificazione debba essere attuata attraverso i decreti legislativi sia per il lavoratore pubblico sia per quello privato, mi sembra un atto di uguaglianza e di giustizia. Mi rivolgo soprattutto ai colleghi della maggioranza che hanno seguito con attenzione il dibattito su questi aspetti, in riferimento anche ad altri temi sempre riguardanti il lavoro pubblico.
Mi pare che questo emendamento, senza stravolgere l'impianto della delega, rappresenti un primo segnale, non risolutivo, che non si tende a rimandare sine die il tema del lavoro pubblico nella riforma previdenziale.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Cordoni. Ne ha facoltà.
ELENA EMMA CORDONI. Signor Presidente, su questo emendamento, come sull'altro relativo alla campagna di informazione mediante Pubblicità progresso, continuiamo a non capire le ragioni della contrarietà. Non credo che voi non vogliate dire ai lavoratori pubblici che i loro diritti sono garantiti. Questo articolo riguarda la certificazione dei diritti acquisiti. Pensate che questi lavoratori non abbiano diritto, come i lavoratori privati, di sapere dall'ente previdenziale quale sia la loro storia contributiva, quale sia la loro anzianità?
L'emendamento che abbiamo presentato è banale: mettere le istituzioni private e pubbliche in condizioni tali che tutti i lavoratori, privati e pubblici, possano conoscere la loro storia lavorativa e ottenere la certificazione delle loro garanzie. In questo modo, si lascia il campo ai sospetti e alle preoccupazioni.
È questa la ragione per cui ribadiamo la necessità che il provvedimento si rivolga all'intero mondo del lavoro.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Guerzoni 1.36, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e Votanti 420
Maggioranza 211
Hanno votato sì 186
Hanno votato no 234).
Passiamo alla votazione dell'emendamento Cordoni 1.37.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cordoni. Ne ha facoltà.
ELENA EMMA CORDONI. Signor Presidente, il capitolo di cui stiamo parlando è ancora quello della certificazione dei diritti acquisiti. Come vedete, il testo è stato modificato dal lavoro in Commissione, perché così come era stato scritto avrebbe affermato la certificazione dei requisiti di anzianità, ma non avrebbe garantito il sistema di calcolo della pensione, visto che una legge, comunque, può sempre cambiarlo. Io penso che questa norma che voi andrete ad approvare non garantirà i lavoratori dalle successive decisioni che questo Governo vorrà prendere, perché una legge può essere modificata da un'altra legge. Quindi, l'operazione con cui volete dire ai lavoratori «state tranquilli, noi non toccheremo le pensioni di anzianità, siamo così sicuri che ve lo diciamo con tanta chiarezza e lo scriviamo in una legge» come adesso vi proponete di fare, in realtà, è una foglia di fico. Infatti, se dopodomani, come dalla stampa riusciamo a capire, nel Governo mutassero le volontà - e pure qualche ministro ce lo sta già dicendo in interviste e dichiarazioni - e visto che la voglia di intervenire sulle pensioni di anzianità è forte, questa è una norma che non garantisce nessuno. È utile per un aspetto: mette gli enti previdenziali in condizione di mettersi in pari e di comunicare ai lavoratori la loro condizione; si tratta di un'opera di trasparenza e di garanzia di un'amministrazione che funziona. Noi spesso sappiamo che questi enti - specialmente nel pubblico impiego e non vorrei nominare la scuola - riescono con difficoltà a dire ai loro lavoratori quale sia la loro posizione previdenziale e contributiva. Tuttavia, dal punto di vista di dare certezza sui diritti io credo che voi sbagliate a parlare in questo modo con il paese, perché lanciate un messaggio che sapete benissimo può essere messo in discussione in un momento successivo.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pistone. Ne ha facoltà.
GABRIELLA PISTONE. Signor Presidente, intervengo anzitutto per sottoscrivere a nome mio e dell'onorevole Bellillo questo emendamento. Su questo volevo sottolineare ancora una volta quello che ha già detto molto bene la collega Cordoni riguardo ai diritti acquisiti, ovvero che si tratta di una questione molto importante in quanto vi è bisogno di trasparenza, di chiarezza e di certezza. Noi riteniamo che, effettivamente, per come è formulato il testo, seppur modificato in Commissione e quindi migliorato, non rappresenti una tutela sufficientemente rispetto a modifiche successive che possono comunque avvenire. Io ritengo che il Governo debba tener conto di ciò solamente per onore di chiarezza e anche di trasparenza nei confronti delle persone, anche perché lo sappiamo perfettamente che il caos non fa bene a nessuno e si crea comunque una situazione di paura, di incertezza che già si è manifestata in altre occasioni. Quella delle pensioni è una questione molto forte e sentita e, quindi, vi è bisogno di certezze, soprattutto per i lavoratori che sono quasi alla fine della carriera o comunque hanno un'età lavorativa ormai avanzata.
Noi pensiamo che la formulazione proposta nell'emendamento in un certo senso possa togliere ogni dubbio anche di modifica futura rispetto ai computi e all'ammontare dell'erogazione previdenziale certificata, quindi, con obblighi da parte delle aziende e dei datori di lavoro e con il vantaggio per il lavoratore di conoscere, all'oggi, la sua situazione previdenziale in
maniera chiara e precisa. Ebbene, credo che con questo emendamento e con questi indirizzi espressi nella delega si possa davvero fare un'operazione valida per quanto riguarda tutto il pregresso e tutti i lavoratori già in grado di ottenere e di avere certezze sulla loro pensione futura e ritengo che ciò sia veramente meritorio e di aiuto anche al Governo. Ritengo di non capire perché il Governo non possa approvare l'emendamento in esame.
Se non lo vorrà approvare, evidentemente, dietro tale volontà si nasconde il concetto secondo cui si lascia la porta aperta per poter cambiare domani ciò che oggi si vuole approvare in maniera abbastanza vacua. A questo non ci stiamo e desideriamo che, perlomeno, vi siano al riguardo parole chiare e nette (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Comunisti italiani).
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Cordoni 1.37, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e Votanti 433
Maggioranza 217
Hanno votato sì 194
Hanno votato no 239).
Prendo atto che l'onorevole Pistone non è riuscita a votare.
Passiamo all'emendamento Delbono 1.38.
ROBERTO GUERZONI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ROBERTO GUERZONI. Signor Presidente, intanto chiedo scusa al sottosegretario Viespoli perché da quassù la mia vista non mi aveva consentito di identificarlo.
Nel porre questa questione chiedo aiuto anche al presidente della Commissione; nella discussione tenutasi in Commissione, mi pare vi fosse stata la disponibilità, anche da parte del Governo, ad affrontare il tema in oggetto senza che quest'ultimo fosse contemplato in un emendamento. La nostra proposta emendativa mira ad introdurre una maggior attenzione sulla correttezza dei dati contributivi e previdenziali delle pubbliche amministrazioni e, in generale, di tutti i lavoratori.
Quindi, mi pare di ricordare che, da parte del Governo, vi fosse stata la disponibilità ad esprimere un parere favorevole nel caso in cui questo emendamento venisse trasfuso in un ordine del giorno.
Interpretando anche l'opinione del collega Delbono, primo firmatario dell'emendamento in questione, credo che, se vi fosse questa disponibilità, noi potremmo presentare un ordine del giorno dando così una risposta al tema indicato. Ricordo che si vuole ottenere una correttezza, la più puntuale possibile, riguardo tutti i dati contributivi e previdenziali che ricostruiscono la carriera dei lavoratori delle casse pensionistiche.
PRESIDENTE. Passiamo...
EMILIO DELBONO. Chiedo di parlare per una precisazione.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
EMILIO DELBONO. Signor Presidente, la proposta del collega è di trasfondere in un ordine del giorno il contenuto dell'emendamento in questione. Io sono, ovviamente, favorevole, quindi se il Governo ed il relatore sono d'accordo, potremmo procedere in questo senso.
PRESIDENTE. Qual è il parere del Governo al riguardo?
ROBERTO MARONI, Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Il Governo si rimette al parere del relatore.
LUIGI MANINETTI, Relatore. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LUIGI MANINETTI, Relatore. Signor Presidente, il parere della Commissione è favorevole a che si trasfonda il contenuto dell'emendamento in questione in un ordine del giorno.
PRESIDENTE. Sta bene, l'emendamento Delbono 1.38 si intende pertanto ritirato.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Squeglia 1.43.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gasperoni. Ne ha facoltà.
PIETRO GASPERONI. Signor Presidente, al riguardo sarebbe interessante sapere come la pensa anche il Governo. Noi non siamo contrari al principio secondo cui possono essere introdotti elementi di incentivazione alla continuità del lavoro una volta maturato il diritto alla pensione. Peraltro, questa è la ragione per la quale non abbiamo votato a favore di un emendamento che, al riguardo, sopprimeva questo principio. Come favorire però la continuità del lavoro garantendo vantaggi economici e fiscali che diano dei risultati? Infatti, in questi anni, qualche forma di esperimento l'abbiamo già messa in campo e, per la verità, non ha dato grandi risultati.
In questo caso si afferma che il lavoratore, maturato il diritto alla pensione, può chiedere che la sua posizione e la relativa pensione siano congelati e decidere in questo modo di continuare a lavorare, impegnandosi a farlo almeno per due anni. Per come è congegnato il meccanismo, ci pare che non ne deriveranno grandi frutti; non funzionerà. Presenta, per contro, alcuni elementi di controindicazioni e persino di pericolosità.
Il lavoratore, quella fattispecie di lavoratore che si è impegnato a rimanere al lavoro per almeno due anni può, ad esempio, correre il seguente rischio: se la sua azienda dovesse malauguratamente chiudere dopo sei mesi per fallimento o per altre ragioni, correrà il rischio di trovarsi, per il restante anno e mezzo, senza lavoro e senza pensione, perché la suddetta è stata congelata per sei mesi. Perché non prevedere allora, signor ministro, ad esempio, periodi anche più brevi che faciliterebbe l'adesione del lavoratore all'idea di permanenza al lavoro? Perché non prevedere anche periodi di un anno o di sei mesi?
Quanto ci guadagnerebbe, inoltre, il lavoratore (ed è la seconda questione)? Ci si dice almeno il 50 per cento dei contributi che non dovranno più essere versati, ma si tratta di un vantaggio solo di carattere salariale. Non un solo euro sarà destinato a rivalutare la sua pensione futura e ciò ci pare sia un elemento di forte disincentivazione ad una scelta in questo senso da parte del lavoratore perché per il lavoratore è molto più importante il miglioramento futuro della propria pensione di quanto non sia quel po' di salario in più che potrebbe ottenere, continuando a lavorare.
La terza questione è la seguente: l'altro 50 per cento dei contributi risparmiati si dice vada a riduzione del costo del lavoro. Pensateci! Rifletteteci bene! Non potrà non apparire anche a voi che, in tal modo, si introdurranno pericolosi elementi di distorsione nel mercato del lavoro, nonché nella concorrenza leale tra le aziende. Si creeranno anche disparità di costo tra imprese che potranno beneficiare di questi risparmi ed imprese che, invece, non ne potranno beneficiare. Si metterà, pertanto, in discussione la competitività tra le imprese.
Perché allora non destinare una parte di questi contributi risparmiati, anche al fine di migliorare, ed esempio, la pensione? Perché non destinarne un'altra parte magari alle regioni affinché costituiscano fondi attraverso i quali sostenere una politica a favore degli anziani non autosufficienti? Intervenendo sull'emendamento in esame, ho voluto esprimere alcune considerazioni anche sui due successivi per tentare di indurre il Governo a
riflettere su questo insieme di operazioni di incentivazione alla permanenza al lavoro.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Delbono. Ne ha facoltà.
EMILIO DELBONO. Signor Presidente, vorrei riprendere alcune considerazioni espresse dal collega Gasperoni.
Ci troviamo di fronte ad un medesimo approccio dal punto di vista delle finalità: l'Ulivo, la Margherita non hanno, rispetto all'obiettivo, una posizione divaricata rispetto a quella del Governo. Abbiamo, anzi, medesime finalità, quelle di rendere possibile, conveniente per un lavoratore, che abbia maturato la pensione, continuare a lavorare.
Siccome, come ricordava giustamente il collega Gasperoni, noi veniamo da un'esperienza nella quale abbiamo praticato alcune ipotesi che non sono state felici, ci permettiamo di suggerire, attraverso la presentazione dei nostri emendamenti, alcune correzioni di rotta che certamente, mi auguro, verranno accolte nel loro significato costruttivo e propositivo dal ministro e dai colleghi.
In primo luogo, non vi è dubbio che all'interno di questo provvedimento convivano due indirizzi per certi aspetti contraddittori: l'abolizione totale del divieto di cumulo fra reddito da lavoro e trattamento pensionistico e l'incentivazione, una volta ottenuta la pensione, per continuare a lavorare, sembrano a prima vista persino contraddittori. Tutte e due infatti sono valutabili positivamente, ma vanno in direzioni diverse, perché l'uno congela il processo di erogazione del trattamento pensionistico e spinge a lavorare coloro che non hanno ancora ottenuto la pensione dal punto vista sostanziale, e l'altro permette l'emersione di una notevole evasione fiscale contributiva di persone che, una volta ottenuta la pensione, continuano a lavorare in nero.
È chiaro quindi che noi dobbiamo rendere fortemente conveniente per il lavoratore continuare a lavorare e non invece iniziare a cumulare, una volta ottenuta la pensione. Questi strumenti indicati sono a nostro parere inadeguati, soprattutto in relazione a due aspetti, tra i quali, in primo luogo, la qualità dell'incentivo che, in tal senso ha ragione il collega Gasperoni, è modesta. Prevedere che si possa optare tra continuare a versare i contributi e la monetizzazione del 50 per cento dei contributi, è assolutamente inadeguato per il lavoratore: lo abbiamo già sperimentato e si tratta di un percorso che rischia di essere davvero fallimentare.
Noi riteniamo invece che le strade da percorrere possano essere due: o affidare alle parti la determinazione della quantità di monetizzazione che sia oggetto di incentivazione e rimuovere la rigida previsione del 50 per cento, o, al contrario, spingere decisamente in questa direzione, ovvero, se non nella misura del 100 per cento, quanto meno fissare una dimensione che si avvicini a questa; occorre infatti stabilire una forte incentivazione per il lavoratore affinché questi rimanga al suo posto di lavoro, una volta maturata la pensione di anzianità.
La seconda questione concerne la cosiddetta novazione, ovvero la stipula di un nuovo contratto a tempo determinato, addirittura non inferiore a due anni; quindi il lavoratore, una volta maturata la pensione di anzianità e non avendola erogata, stipula comunque un nuovo contratto. Non c'è la continuazione del medesimo rapporto contrattuale di lavoro, ma si stipula un nuovo contratto. Questa è una enorme contraddizione!
Il ministro sa che nella fase in cui non è stata fatta la concertazione...
ROBERTO MARONI, Ministro del lavoro e delle politiche sociali. È un emendamento del Governo.
EMILIO DELBONO. Signor ministro, lo abbiamo tolto e lei sa che la direzione è quella di una continuazione.
Lo dico perché la concertazione è stata fatta in una fase successiva e perché le organizzazioni sindacali da sempre hanno mantenuto questa posizione. Noi abbiamo
fatto una battaglia in Commissione e vi sono stati quattordici mesi di discussione intorno alla questione della novazione. Evidentemente è necessario cominciare a capire che il cosiddetto dialogo sociale va svolto dalle fondamenta e non dal tetto; occorre cioè che la concertazione in qualche modo sia prodromica rispetto ad un lavoro che poi giunge in Parlamento; in caso contrario, il lavoro parlamentare rischia di essere inutile.
Per quanto concerne il costo del lavoro, si dice che il 50 per cento di ciò che viene risparmiato deve essere indirizzato verso l'abbattimento del costo del lavoro. Signor ministro, credo che nei confronti delle imprese questo provvedimento dica qualcosa rispetto allo smobilizzo del trattamento di fine rapporto ed, in ogni caso, con riferimento alla mancanza di liquidità. Immagino invece che queste risorse debbano essere utilizzate per sostenere il sistema di protezione sociale che anche lei ha indicato nel nuovo libro bianco, nel senso cioè di trovare risorse che siano in grado di sostenere quel sistema. Credo si potrebbero reperire risorse non insignificanti, se solo lo volessimo.
Da ultimo, vorrei riferirmi alla copertura: la relazione tecnica dice che questa norma è neutra dal punto di vista della copertura. Credo sia oggettivo che questa norma non è tecnica e che avrà dei costi, come li aveva, per quanto molto deboli, quella approvata dal nostro Governo nel corso della passata legislatura. Questa norma avrà dei costi sotto il profilo degli enti previdenziali e sotto il profilo fiscale.
Anche da questo punto di vista, la mancanza di copertura è un elemento che ci preoccupa.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Di Teodoro. Ne ha facoltà.
ANDREA DI TEODORO. Signor Presidente, mi sembra che questo emendamento, nella fattispecie, intenda sopprimere quanto aggiunto in sede di Commissione, vale a dire la facoltà, per il lavoratore che decida di rimanere al lavoro nonostante abbia raggiunto i requisiti per la pensione, di destinare quel 50 per cento di contributi non versati all'INPS, che gli spettano, a forme di previdenza complementare, in tutto o in parte, fermi restando i limiti di deducibilità fiscale. Questo emendamento o, meglio, questa parte aggiuntiva è stata votata e approvata dalla Commissione nella convinzione che, insieme al conferimento del TFR, costituisca una misura che possa e debba andare nella direzione del finanziamento effettivo, quindi del vero decollo, delle forme di previdenza complementare.
Vi è, poi, un elemento importante, quello della libertà, della discrezionalità nella scelta da parte del lavoratore, che può decidere di trattenere questo 50 per cento di contributi non versati oppure destinarli alla previdenza complementare. Sinceramente, la proposta, da parte dei colleghi dell'opposizione, di un emendamento soppressivo di una libertà ulteriore di scelta del lavoratore e di una ulteriore possibilità di finanziamento della previdenza complementare, a mio parere, è un elemento di grave contraddizione da parte di chi sostiene che sia importante, per i lavoratori, avere la possibilità di scegliere liberamente quale possa essere l'uso migliore del proprio denaro, soprattutto per quanto riguarda la previdenza e, quindi, il tenore di vita che si avrà negli anni successivi alla cessazione dell'attività lavorativa.
Quindi, chiedo ai colleghi dell'opposizione di ritirare questo emendamento perché, veramente, grida vergogna.
RENZO LUSETTI. Chiedo di parlare...
PRESIDENTE. Può farlo a titolo personale, per un minuto.
RENZO LUSETTI. Signor Presidente, vorrei parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
RENZO LUSETTI. Poiché la Adn Kronos riferisce che un telegramma urgente è
stato inviato dal presidente della RAI Baldassarre e dal consigliere Albertoni al Presidente Casini...
PRESIDENTE. Onorevole Lusetti, questo intervento non è sull'ordine dei lavori!
RENZO LUSETTI. ...siccome questo è un Parlamento eletto democraticamente, saremmo curiosi di conoscere dalla Presidenza il contenuto di questo telegramma, per capire che cosa accada nel servizio pubblico radiotelevisivo (Commenti del deputato Rizzi).
PRESIDENTE. Sarà deluso, perché io non ho la sua stessa curiosità e, sinceramente, non me ne frega niente (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza nazionale e della Lega nord Padania)!
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Guerzoni. Ne ha facoltà.
ROBERTO GUERZONI. Signor Presidente, intervengo a titolo personale perché vorrei dire al collega Di Teodoro che l'emendamento soppressivo, in realtà, ha una ratio, come ricordava l'onorevole Delbono, del tutto coincidente con gli obiettivi dichiarati dalla stessa delega. In altri termini, noi vogliamo incentivare la permanenza al lavoro. Siamo contrari a forme di disincentivo che intacchino i diritti acquisiti e le pensioni maturate e siamo favorevoli a cercare le strade più efficaci, anche sulla base dell'esperienza maturata, per incentivare la permanenza. Il lavoratore che raggiunga i requisiti per la pensione, ormai, ha una certa età, è già arrivato alla pensione. Se noi sprechiamo risorse che potrebbero essere indirizzate ad aumentare il salario reale che percepirà nel successivo periodo lavorativo, oppure - direi anche - ad aumentare la quota pensionistica, oppure ad altre forme di solidarietà, e le destiniamo ai fondi pensione per la previdenza complementare, quale utilità ne avrà un lavoratore ormai di 55 o 57 anni? Sprechiamo soltanto risorse, anche rispetto alla ratio contenuta nella delega.
ANDREA DI TEODORO. È una facoltà, non un obbligo.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Didonè. Ne ha facoltà.
GIOVANNI DIDONÈ. Signor Presidente, vorrei rispondere agli onorevoli Delbono e Guerzoni. Come precedentemente ha dichiarato il collega Di Teodoro, si tratta di una possibilità in più. Ovviamente, nel momento in cui questo disegno di legge delega ed i collegati entreranno in vigore, i lavoratori che hanno già raggiunto il diritto alla pensione, molto probabilmente, non sceglieranno di versare, nella previdenza complementare, la somma che riceveranno in più, perché, con riferimento al passato, non hanno versato abbastanza. Essi si trovano, quindi, in una situazione non conveniente. In ogni caso, si tratta di una scelta in più, di un'opzione.
Per ciò che riguarda, invece, i lavoratori che andranno in pensione tra venti, trenta o quarant'anni, se hanno già un fondo pensione sufficiente, molto probabilmente, anche l'incremento che potranno ottenere in questi ulteriori anni di lavoro sarà interessante.
Vorrei fare una precisazione rispetto all'intervento dell'onorevole Delbono: la matematica non è un'opinione! La delega parla di una misura non inferiore al 50 per cento al lavoratore. Quindi, potrebbe anche arrivare anche al 100 per cento.
EMILIO DELBONO. Sì, ma chi la stabilisce?
PRESIDENTE. Porto a conoscenza dell'Assemblea che in aula sono presenti gli studenti della scuola media Matteo Ripa di Eboli. Li saluto a nome dell'Assemblea (Applausi).
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Pennacchi. Ne ha facoltà.
LAURA MARIA PENNACCHI. Signor Presidente, di fronte ad un ulteriore tentativo
di turlupinare le persone (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia e della Lega nord Padania)...
PRESIDENTE. Forse sarà preterintenzionale!
LAURA MARIA PENNACCHI. Colleghi, non avete mormorato e vociato quando, poco fa, un comune collega ha definito una vergogna l'emendamento in esame che sopprime una possibilità, che si offrirebbe ai lavoratori che permangono a lavorare, di versare la parte che dovrebbe andare ad incremento del salario netto ad ulteriore finanziamento della previdenza privata (Commenti del deputato Rizzi).
Il collega Guerzoni ed altri colleghi hanno testé richiamato un fatto elementare, banale: siccome si tratta di persone che hanno già raggiunto i requisiti per andare in pensione di anzianità - che dovrebbero, eventualmente, essere incentivate - tali lavoratori, lavorando altri due anni, non avranno alcuna possibilità di costituirsi davvero una previdenza complementare aggiuntiva. Quindi, si tratta di ingannarli (ma voi siete specializzati in quest'inganno, come abbiamo già dimostrato con i nostri interventi sulle pensioni al minimo) per togliere loro i soldi, destinandoli ad altre fonti che non l'incremento del salario netto; ciò, invece, dovrebbe essere giusto.
ANDREA DI TEODORO. Leggete gli emendamenti prima di parlare!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Cordoni. Ne ha facoltà.
ELENA EMMA CORDONI. Signor Presidente, sono un po' stupita del calore nel difendere il testo della Commissione. Noi, infatti, proponiamo la soppressione, adducendo alcuni argomenti che possono non essere condivisi. Ma che sia una vergogna e che si chieda di ritirare gli emendamenti, lo confesso, mi sembra altrettanto un'esagerazione.
ANDREA DI TEODORO. Prendiamo esempio da voi!
ELENA EMMA CORDONI. Sì, va bene, ma se questo è lo stile, accettiamolo per tutti, non facciamo rumore solo per alcuni! Se si tratta di uno stile, lo devono adottare tutti o non solo qualcuno. Pensiamo che dire ai lavoratori che possono utilizzare parte del salario da destinare alla previdenza complementare è un modo per affermare una cosa che non li porterà ad alcun risultato. Per questo si rivendica il diritto a proporre l'eliminazione. Stiamo, infatti, parlando di lavoratori che avranno già 57 anni di età, i quali potranno decidere di continuare a lavorare per un anno o per due. Vi chiedo di quantificare quella cifra. Capirete che è una somma irrisoria da mettere in più nella previdenza complementare. Voi mi insegnate che i fondi d'investimento hanno bisogno di qualche anno per avere qualche efficacia. Voi volete dire ai lavoratori: guardate, forse se fate così, forse otterrete un risultato positivo! Noi non vogliamo dare loro questa illusione!
GERARDO BIANCO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GERARDO BIANCO. Signor Presidente, lei ha reagito alla richiesta avanzata dal collega Lusetti in modo ironico ed anche - come dire? - piuttosto vivace.
Io apprezzo sempre la sua ironia, però vorrei dire che la richiesta di Lusetti non era tanto avventata perché conoscere ciò che ha deciso il presidente della RAI è connesso con l'argomento in discussione: potrebbe anche trattarsi di un problema di pensionamento (Si ride - Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-l'Ulivo e dei Democratici di sinistra-l'Ulivo)!
PRESIDENTE. Lei è un maestro di ironia! Io, al massimo, ricorro a qualche battuta, talvolta anche un po' infelice come quella di prima.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Alfonso Gianni. Ne ha facoltà.
ALFONSO GIANNI. Signor Presidente, francamente, avevo la tentazione di astenermi dal voto su questo emendamento. Si tratta, infatti, di un classico caso in cui vi sono due torti in lotta tra loro. Tuttavia, dopo gli interventi dei colleghi della maggioranza, mi sono convinto che, invece, conviene votare a favore, sia pure con una curvatura di significato un po' diversa.
Il testo prevede che è possibile destinare i contributi per i quali si è goduto dell'esenzione alla previdenza complementare, ma, considerati la fascia di età e le condizioni dei lavoratori ai quali facciamo riferimento, sarebbe stato meglio, onorevole Maninetti, che il testo suonasse così: possono metterli nel salvadanaio (sicuramente più sicuro della previdenza complementare)! Il punto vero è che è completamente ed integralmente sbagliata l'idea di fondo: non dobbiamo affatto incentivare la gente a rimanere al lavoro; casomai, dovremmo aiutarla in modo diverso; casomai, dovremmo pensare ai posti di lavoro che, almeno teoricamente, si aprirebbero alle nuove generazioni che sono fuori del mondo del lavoro. Quanto, poi, alle persone fortemente interessate a continuare a lavorare perché il lavoro è, al di là del reddito, cosa gratificante, vi posso assicurare che non sono strettamente necessari incentivi di carattere economico (ma non voglio dire che chi vuole lavorare di più deve essere, per ciò stesso, penalizzato, perché lavorare è bello). Invece, coloro che volentieri andrebbero in pensione - perché hanno raggiunto i limiti di età ed hanno una contribuzione sufficiente ed il lavoro, per loro, non è un elemento di sufficiente gratificazione - a mio parere non vanno affatto incentivati a restare: in questi casi, bisogna semplicemente rispettare il diritto sacrosanto di andarsene in pensione, liberando, possibilmente, un posto per chi è rimasto fuori dal mercato del lavoro.
Fatta questa «spiega», già ripetuta in Commissione, che indica una filosofia diversa o, quanto meno, senza usare termini sproporzionati, un nostro punto di vista diverso rispetto a quello dei colleghi del centrosinistra sul tema, proprio per il tono usato dai colleghi Di Teodoro & Company, il nostro voto sarà favorevole, sia pure con le precedenti precisazioni!
PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Alfonso Gianni.
GIOVANNA MELANDRI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GIOVANNA MELANDRI. Signor Presidente, noi crediamo che l'onorevole Lusetti le abbia posto, poc'anzi, un interrogativo corretto.
Sono mesi che, nell'azienda del servizio pubblico, permane una condizione che oserei definire grottesca. Abbiamo appreso dalle agenzie di stampa, pochi minuti fa, che i due «giapponesi» di viale Mazzini hanno inviato un telegramma ai Presidenti di Camera e Senato (Commenti dei deputati del gruppo della Lega nord Padania) per porre fine, finalmente, a questa vicenda.
PRESIDENTE. Onorevole Melandri, questo è fuori tema.
GIOVANNA MELANDRI. Signor Presidente, credo che la sua risposta sia inadeguata perché questo telegramma è stato inviato alle Presidenze della Camera e del Senato. Credo che tutti i colleghi parlamentari potrebbero trarre un certo motivo di soddisfazione nel conoscere il contenuto di questo telegramma e l'eventuale conclusione di questa grottesca vicenda. Oltretutto, Presidente, alle 14, per chi non lo sa informo l'Assemblea, è convocata la Commissione di vigilanza che avrebbe dovuto sfiduciare con un voto (Commenti dei deputati del gruppo della Lega nord Padania - Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo)...
PRESIDENTE. Io desidero dire che la Presidenza, quando avrà una notizia ufficiale che la riguardi e che le sarà comunicata, la informerà; il Presidente può anche scendere direttamente, se lo ritiene importante. Io ho usato un'espressione un po' scherzosa, come mi capita, e me ne pento, perché non si è capito il senso delle mie parole. Le notizie finché non sono ufficiali, ufficialmente portate all'attenzione della Presidenza, non possono essere da me né interpretate né riportate; quod non est in actis non est in mundo (lei che è stato ministro della cultura) (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza nazionale).
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Squeglia 1.43, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e Votanti 419
Maggioranza 210
Hanno votato sì 185
Hanno votato no 234).
Passiamo alla votazione dell'emendamento Gasperoni 1.39.
LUIGINO VASCON. Chiedo di parlare sull'ordine lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LUIGINO VASCON. Signor Presidente, mi permetto, con molto rispetto nei confronti della Presidenza, di invitare la Presidenza ad usare sempre lo stesso metro e la stessa misura nel momento in cui i parlamentari, intervenendo, usano termini impropri o comunque offensivi o demagogici. Sta di fatto che purtroppo va rilevato che nei confronti del centrodestra viene usata una censura stretta e rigida, mentre libera licenza, purtroppo, Presidente, è concessa agli esponenti dell'opposizione. Credo, Presidente, che obiettivamente questo adottato dalla Presidenza non sia un sistema equidistante.
PRESIDENTE. Mi dispiace che lei faccia questa considerazione, che naturalmente io accetto, perché sono abituato a rispettare le opinioni degli altri, specie quando non coincidono con la mia.
WALTER TOCCI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
WALTER TOCCI. Signor Presidente, ieri le parole del Presidente Casini in ricordo di Alberto Sordi hanno ricevuto l'unanime apprezzamento in quest'aula e tutta l'opinione pubblica nazionale in questo momento esprime una grande sensibilità per la memoria di questo grande attore.
CESARE RIZZI. Presidente, ma cosa c'entra?
WALTER TOCCI. Domani ci saranno i funerali nella città di Roma e si prevede una grande partecipazione di popolo. Nella vita di relazione questi sono momenti preziosi di unità dello spirito pubblico, della memoria collettiva.
CESARE RIZZI. Presidente, stiamo votando gli emendamenti, qui si parla di tutto!
WALTER TOCCI. Molti colleghi hanno espresso il desiderio di poter partecipare ai funerali di domani mattina. Le chiedo quindi di sospendere domani per un'ora la seduta della Camera per consentire, a chi vuole farlo, di partecipare ai funerali di Alberto Sordi (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo).
PRESIDENTE. La ringrazio per la proposta che il Presidente della Camera, se lo riterrà, esaminerà al momento opportuno.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Delbono. Ne ha facoltà.
EMILIO DELBONO. Signor Presidente, intervengo a titolo personale per riprendere il ragionamento già svolto sulla non convenienza. Non a caso questa delega stabilisce che il Governo deve prevedere - indubbiamente sarà il Governo, con i decreti attuativi, a prevederlo - che il lavoratore possa fruire dei contributi risparmiati in misura almeno pari al 50 per cento. Noi vorremmo sapere quale sia questa misura perché l'incentivazione, che in qualche modo emerge da questa lettura, non ci convince, e vorremmo sapere se questa misura sia stata oggetto di valutazione perché, tra l'altro, comporta anche oneri diversi e, non a caso, prima, avevamo detto che per questa parte della delega manca la copertura.
Dunque, chiediamo che venga soppressa la parte relativa alla riduzione del costo del lavoro per concentrarsi sulla convenienza del lavoratore; questo provvedimento, infatti, riguarda, anzitutto, la convenienza per il lavoratore di continuare l'attività lavorativa e i risparmi conseguenti che ne deriverebbero per il sistema previdenziale.
PRESIDENTE. Prima di passare ai voti, desidero comunicare, per la par condicio, che è presente un'altra scolaresca della scuola Vittorio Alfieri di Crotone che saluto a nome dell'Assemblea. Fa sempre piacere vedere i giovani che seguono i lavori del Parlamento. Speriamo di esserne degni (Applausi).
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Gasperoni 1.39, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e Votanti 419
Maggioranza 210
Hanno votato sì 179
Hanno votato no 240).
Prendo atto che l'onorevole Emerenzio Barbieri non è riuscito a votare.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Delbono 1.40, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e Votanti 414
Maggioranza 208
Hanno votato sì 181
Hanno votato no 233).
Passiamo alla votazione del subemendamento Cordoni 0.1.130.1.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cordoni. Ne ha facoltà.
ELENA EMMA CORDONI. Signor Presidente, già i colleghi che mi hanno preceduta hanno sottolineato come in questi mesi abbiamo cercato, non da soli ma insieme ai sindacati, di convincere il Governo che la formula dell'incentivazione sarebbe stata una formula sbagliata, una formula che avrebbe voluto incentivare e che però, prima prevedeva il licenziamento dei lavoratori, poi l'accordo fra le parti, poi il consenso del datore di lavoro. Ci sembrava un percorso che non avrebbe raggiunto l'obiettivo di incentivare il lavoro e, anzi, avrebbe attivato un meccanismo che, in verità, sarebbe andato nella direzione opposta.
Ora, finalmente, nella giornata di ieri, in Commissione, il Governo ha accolto le obiezioni che, da mesi, sostenevamo e voteremo un emendamento che elimina tutti questi ostacoli inseriti nel provvedimento. Dunque, in questo senso apprezziamo il fatto che la battaglia che abbiamo condotto, alla fine, abbia convinto che si trattava di una battaglia volta a rendere praticabile l'obiettivo di incentivare la permanenza al lavoro. Tuttavia, dentro questa formulazione, a mio avviso, non è stato mantenuto un punto fondamentale: fare in
modo che questa trasformazione, questa opzione, non peggiori le condizioni economiche e retributive del lavoratore.
Noi, con il subemendamento a mia firma 0.1.130.1 chiediamo al Governo di aggiungere alcune disposizioni con le quali si intende fornire un elemento di riferimento per il comportamento dei datori di lavoro, ancora una volta, lo ripeto, con l'intento di rendere questa disposizione realizzabile.
Noi non siamo molto fiduciosi che questa norma, lo dicevo già prima, produrrà effetti; non lo ha fatto con la proposta che noi avevamo avanzato nel 2000 e che voi oggi volete raffinare concedendo maggiori incentivi, ma non lo farà perché non tocca il punto - spero che al Senato ve ne convincerete - delle conseguenze sulla valutazione e sul valore della pensione.
Quello delle incentivazioni è uno strumento positivo, ma voi lo avete messo in concorrenza con la norma che fa superare il divieto di cumulo anche per le pensioni di anzianità (il precedente regime prevedeva il superamento del cumulo per le pensioni di vecchiaia e quando si erano superati i 40 anni per la pensione di anzianità). Aver messo in piedi entrambi questi strumenti vorrà dire che uno ammazzerà l'altro. È questa la ragione per la quale sosteniamo che, pur avendo reso più appetibile questo strumento, lo stesso rimarrà solo sulla carta, in quanto non troverà poi applicazione concreta.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Guerzoni. Ne ha facoltà.
ROBERTO GUERZONI. Signor Presidente, credo che si potrebbe dire «meglio tardi che mai», nel senso che il Governo, presentando l'emendamento 1.130, recepisce una delle questioni che abbiamo posto nel corso del dibattito: per essere efficace, l'incentivo alla permanenza al lavoro non può esser sottoposto ad un accordo con il datore di lavoro. Se si tratta di un diritto, e se si vuole maturare questo diritto e renderlo conveniente, il lavoratore deve poterlo esercitare liberamente.
Detto questo, nel subemendamento in esame facciamo salva la retribuzione, così come previsto nell'emendamento del Governo, però prevediamo anche che tale retribuzione sia almeno equivalente alla precedente. Mi sembra che ciò non contraddica lo spirito, parziale ma comunque positivo, dell'emendamento 1.130 del Governo: anzi, ritengo che vada nella direzione di renderlo più completo.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Cordoni 0.1.130.1, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 421
Votanti 419
Astenuti 2
Maggioranza 210
Hanno votato sì 181
Hanno votato no 238).
Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.130 del Governo.
ROBERTO MARONI, Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ROBERTO MARONI, Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Signor Presidente, questo emendamento modifica il testo originario della delega eliminando il cosiddetto meccanismo - ricordato in numerosi interventi, da ultimo dalla collega Cordoni - della novazione. Il lavoratore che raggiunge i requisiti per la pensione di anzianità, secondo la formulazione che andiamo a modificare, doveva chiedere al datore di lavoro una novazione del contratto per poter beneficiare degli incentivi. Evidentemente, si trattava di un incentivo poco incentivante. Questo è il motivo per
il quale prevediamo, nella nuova formulazione, un automatismo: il lavoratore acquisisce il diritto agli incentivi previsti nella delega in modo automatico, senza novare il contratto di lavoro. La collega Cordoni ha parlato di una corsa ad ostacoli: ciò è vero, ma devo solo sommessamente ricordare che tale corsa ad ostacoli corrispondeva esattamente alla normativa introdotta dal precedente Governo con la legge finanziaria del 2001. Mi riferisco alla novazione, che noi abbiamo riprodotto esattamente come era prevista. Non ha funzionato, non è stata efficace, e per questo motivo la eliminiamo. Eliminiamo un meccanismo disincentivante che era già previsto nella legislazione vigente in quanto introdotto da una legge finanziaria voluta da un Governo di centrosinistra.
Come i colleghi potranno constatare, il Governo non propone l'introduzione di meccanismi disincentivanti il pensionamento. Come ho avuto modo di dire più volte, non è questa l'intenzione del Governo. Spero che questa dichiarazione serva a calmare i furenti spiriti di coloro che, invece, attribuiscono sempre al Governo riserve mentali, nonostante ciò che l'esecutivo pubblicamente dica. Noi crediamo, siamo convinti che con un sistema di incentivazione efficace - e questo emendamento del Governo rende molto più efficace il sistema - si possa raggiungere il risultato di mantenere al lavoro un numero sufficiente di lavoratori.
Concludo contestando l'affermazione relativa ad una contraddizione tra questa strumentazione e l'abolizione del divieto di cumulo.
Quella sul divieto di cumulo era una norma odiosa introdotta alcuni anni fa che non ha creato maggiore permanenza al lavoro, ma solo lavoro nero, lavoro sommerso e lavoro irregolare. L'abolizione del divieto di cumulo, peraltro parziale, introdotta dalla legge finanziaria va nel senso di lottare contro il lavoro nero e contro il lavoro sommerso, oltre che di indurre chi sta per andare in pensione a rimanere in servizio per altri due anni. L'abolizione del divieto di cumulo, come ho detto, è peraltro parziale e non si riferisce a tutti coloro che hanno maturato i requisiti. Si tratta di un incentivo per due anni a rimanere al lavoro, ma soprattutto è uno strumento per lottare contro il lavoro sommerso (Applausi dei deputati del gruppo della Lega nord Padania).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gasperoni. Ne ha facoltà.
PIETRO GASPERONI. Signor Presidente, come si dice, meglio tardi che mai! Erano 14 mesi che insistevamo su questo aspetto ed accogliamo con favore il fatto che oggi il Governo abbia presentato un emendamento che apprezziamo. Consideriamo molto importante risolvere il problema, così come da tempo stavamo sollecitando con i nostri emendamenti; peraltro, anche la richiesta delle organizzazioni sindacali unitariamente avanzata al ministro era pressante.
In questo modo, si pone rimedio ad una modalità che, diversamente, avrebbe continuato a non dare i frutti sperati, così come si era già dimostrato. Infatti, poiché ai fini della permanenza al lavoro si richiedeva il consenso dell'azienda (limitando la libertà di scelta del lavoratore) nonché la stipula di un nuovo contratto, dal momento che quello precedente veniva rescisso (essendo giunto a compimento), si ponevano alcuni problemi che avrebbero svuotato l'efficacia della norma.
Con l'emendamento in esame si risolve questo problema che, a nostro modo di vedere, è importante. Abbiamo tentato di dirlo nel corso del dibattito, anche in occasione dell'esame di altri emendamenti: sarebbe stato utile e opportuno avere un quadro più definito e più incisivo di quanto sicuramente non riuscirà ad essere il meccanismo che viene proposto al riguardo. Purtuttavia, questa iniziativa rimane, a nostro avviso, positiva, a dimostrazione del fatto che non siamo pregiudizialmente contrari alle proposte che provengono dalla maggioranza e dal Governo quando le consideriamo positive, anche perché colgono alcune nostre sollecitazioni. Per questo motivo, voteremo a favore dell'emendamento 1.30 del Governo.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Duilio. Ne ha facoltà.
LINO DUILIO. Signor Presidente, il mio intervento sarà brevissimo perché le considerazioni di merito che giustificano il nostro voto, che sarà favorevole, sono state già svolte in precedenza. Mi permetto soltanto, come si dice, per spirito bipartisan, di far presente al Governo che, se vi sono - e spesso vi sono - determinate situazioni in cui la maggioranza e il Governo devono tener conto della positività delle nostre proposte, noi facciamo altrettanto.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.130 del Governo, accettato dalla Commissione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 392
Votanti 391
Astenuti 1
Maggioranza 196
Hanno votato sì 385
Hanno votato no 6).
Prendo atto che l'onorevole Santori non è riuscito a votare e che avrebbe voluto esprimere un voto favorevole. Prendo atto, altresì, che gli onorevoli Didonè e Fanfani non sono riusciti ad esprimere il proprio voto.
Avverto che gli emendamenti Cordoni 1.41, Delbono 1.11 e Cordoni 1.42 sono preclusi.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Cordoni 1.44.
ELENA EMMA CORDONI. Signor Presidente, credo faccia parte di quelli preclusi (Commenti)!
PRESIDENTE. Onorevole Cordoni, non la capisco!
ELENA EMMA CORDONI. L'impazienza è una vostra caratteristica. State tranquilli, lo finirete l'esame del provvedimento!
Mi scusi, signor Presidente, pensavo si trattasse di un emendamento alla lettera b) che avevamo precedentemente affrontato. Mi sono resa conto adesso che, invece, stavamo intervenendo sulla lettera c) riferita non alle pensioni di anzianità, ma a quelle di vecchiaia. Dunque, siamo in un'altra fattispecie e pertanto chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ELENA EMMA CORDONI. Il Governo durante il dibattito in Commissione ha accettato di far salva la legge n. 335 del 1995 che prevede già una flessibilità del pensionamento nel sistema contributivo da 57 anni a 65 anni. Nella pensione di vecchiaia abbiamo un sistema rigido con il sistema retributivo (60 anni per le donne e 65 per gli uomini), ma si tratta di un regime di transizione. Dunque, è stata condivisa la preoccupazione che si scrivesse che con il sistema contributivo si va in pensione obbligatoriamente a 57 anni, come sarebbe se non vi fosse stata la suddetta modifica.
La questione che pongo è la stessa che ho posto precedentemente. Se scrivete che per andare in pensione più tardi i lavoratori devono avere l'accordo con il datore di lavoro, vanificate una normativa. Infatti, in questo caso sarà sempre il datore di lavoro a decidere e mai la libera volontà del lavoratore. In precedenza avete soppresso il previo accordo tramite quello che avete chiamato il diritto di opzione in mano al lavoratore. Non capisco perché riproponiate tale concetto nel testo riguardante le pensioni di vecchiaia mentre per le pensioni di anzianità avete accettato di sopprimere il riferimento all'accordo. Vi proponiamo, quindi, di eliminare anche in questo caso il consenso delle parti.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Cordoni 1.44, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e Votanti 412
Maggioranza 207
Hanno votato sì 185
Hanno votato no 227).
Passiamo all'emendamento Di Teodoro 1.27.
Chiedo all'onorevole Di Teodoro se acceda all'invito al ritiro formulato dal relatore.
ANDREA DI TEODORO. Signor Presidente, questo emendamento soppressivo era stato da me presentato per ripristinare il testo originario della delega, quindi per eliminare quanto aggiunto in Commissione che, a mio parere, introduce un elemento di rigidità nel dispositivo. Comunque, se il Governo ed il relatore chiedono il ritiro dell'emendamento in esame, mi uniformo alla volontà della maggioranza.
PRESIDENTE. Sta bene.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Delbono 1.45.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cordoni. Ne ha facoltà.
ELENA EMMA CORDONI. Signor Presidente, l'emendamento in esame propone di modificare il testo della Commissione. Riteniamo che la formulazione da noi proposta sia più puntuale. Chiediamo, infatti, di fare salve le disposizioni previste dalla legge n. 335 che poco fa ho nominato. Tale legge stabilisce che quando sarà a regime il sistema contributivo non vi saranno più le pensioni di anzianità - lo dico all'onorevole Di Teodoro - ma non ci sarà più neanche una rigidità della pensione di vecchiaia come oggi. Tale norma dice che si potrà andare in pensione da 57 a 65 anni e vi è un'aliquota di calcolo che ne determina i vantaggi e gli svantaggi.
Se ci si andrà a 57 anni si avrà una pensione più bassa, se ci si andrà a 65 anni si avrà una pensione più alta e 62 anni è l'età in cui si decide se è più bassa o se è più alta. È esattamente l'opposto di quanto detto dall'onorevole Di Teodoro. È quello che il Governo ci propone con una formulazione che ci sembra un po' imprecisa (peraltro ci veniva sottolineata dal servizio studi della Camera la preoccupazione che anticipassimo addirittura per il sistema contributivo i pensionamenti), mentre quella del nostro emendamento è una formulazione più puntuale e più precisa.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Delbono 1.45, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 406
Votanti 405
Astenuti 1
Maggioranza 203
Hanno votato sì 177
Hanno votato no 228).
Passiamo alla votazione dell'emendamento Motta 1.46.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Motta. Ne ha facoltà.
CARMEN MOTTA. Questo emendamento è rivolto ai lavoratori genitori di soggetti disabili in situazione di grave disabilità, di cui all'articolo 3, comma 3, della legge n. 104 del 1992, proprio perché in tale norma si fa riferimento a quei disabili affetti da grave disabilità, affinché si prevedano per tali soggetti interventi assistenziali, permanenti, continuativi e globali (individuali o di relazione), per una
minorazione singola o plurima con riduzione dell'autonomia personale correlata all'età.
Di fronte a problemi così gravi che affliggono purtroppo tante famiglie, pensiamo sia giusto consentire a questi lavoratori di poter procedere ad un riscatto fino a un massimo di tre anni dei periodi mancanti al raggiungimento del massimo pensionistico, non coperti da contribuzione obbligatoria, volontaria o figurativa (sempre presso forme di previdenza obbligatoria). Visto che si dice spessissimo di voler tutelare le famiglie, in particolare quelle più bisognose e in situazione di grave disagio e considerato che questo è l'anno dedicato alle persone disabili, credo non vi sia occasione migliore per dimostrare coerenza da parte di tutta l'Assemblea fra gli assunti e i principi da una parte e la pratica concreta dall'altra. Riteniamo che questo emendamento sia giusto perché esso va incontro a quelle necessità che pongono delle intere famiglie in una situazione di grande disagio, non solo pratico, ma - lo sappiamo - anche psicologico e fisico. Pensiamo quindi si tratti di un emendamento di buon senso e prego pertanto il Governo di dare un'espressione di adesione a questo emendamento, che credo possa raccogliere l'attenzione e l'interesse di tutti i colleghi (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Delbono. Ne ha facoltà.
EMILIO DELBONO. Siamo certissimi dell'attenzione del ministro perché ha recentemente presentato un libro bianco (a dire la verità vi è una certa inflazione di libri bianchi!).
ROBERTO MARONI, Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Due!
EMILIO DELBONO. Due sono quelli del ministro, ma poi ve ne sono una varietà. È vero: Maroni ne ha fatti solo due. Questo secondo libro bianco sul welfare è apprezzabile, ma il problema è che rischiamo che questo libro bianco rimanga bianco, come spesso è accaduto anche per gli altri libri bianchi, di non paternità del ministro Maroni.
Ebbene, noi abbiamo presentato un emendamento che va esattamente nella direzione di una delle maggiori preoccupazioni che esistono nel paese, cioè quella riguardante i genitori dei disabili gravi, sia fisici sia psichici. La leva contributiva è una delle leve più delicate ed importanti come, credo, a molti colleghi sarà capitato di ascoltare, quando hanno incontrato delegazioni di familiari di disabili.
Qui non chiediamo la luna, ma che sia riconosciuto un riscatto di almeno tre anni a quei genitori di disabili gravi che accudiscono i propri figli. E noi sappiamo quanto sia rilevante questo impegno per i genitori di disabili.
Già in questo provvedimento un segnale immediato, concreto ed operativo sarebbe molto apprezzabile, senza rimandare alle calende greche interventi di questa natura. Infatti, si rischia che i libri bianchi siano oggetto di grandi discussioni e dibattiti accademici, senza divenire concreta realtà nel paese.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Battaglia. Ne ha facoltà.
AUGUSTO BATTAGLIA. Signor ministro, lei come me, circa dieci giorni fa, è stato a Bari per discutere con le famiglie e con le associazioni dei disabili nella seconda Conferenza nazionale sull'handicap. In quella conferenza sono stati posti problemi di questa natura su come sostenere le famiglie che per tutta la vita si caricano del problema assistenziale di un figlio con gravi disabilità. Anzi, lei e la sottosegretaria Sestini avete molto insistito sul ruolo della famiglia e le associazioni vi hanno risposto che la famiglia va sostenuta.
Dunque, i lavoratori che per trent'anni sono andati a lavorare in fabbrica o negli uffici e che, quando sono tornati a casa, si sono dovuti caricare di un lavoro assistenziale
ancora più pesante vanno sostenuti e premiati.
Ritengo che questo emendamento possa essere approvato, visto che va incontro anche a quanto contenuto nel libro bianco. Noi sul libro bianco abbiamo espresso un giudizio negativo in quanto il suo contenuto rappresenta più degli auspici che dei programmi concreti.
Dunque, signor ministro, sta a lei dimostrare che si trattava di programmi concreti esprimendo un parere favorevole su tale emendamento.
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, vi prego di rispettare i tempi. Infatti non vorrei essere accusato di favoritismo, mentre la mia è soltanto una pura e semplice tolleranza.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Giacco. Ne ha facoltà.
LUIGI GIACCO. Signor Presidente, anch'io mi rivolgo al ministro per ricordargli - come ho già fatto in precedenti occasioni - l'importanza di riconoscere il lavoro di cura e di assistenza svolto dai familiari nei confronti dei loro figli disabili.
Sappiamo che questi genitori hanno curato e hanno prestato assistenza ai propri figli e ai propri familiari per ventiquattr'ore al giorno, per 365 giorni all'anno, senza avere il diritto non di andare in vacanza o in ferie, ma neanche di ammalarsi; infatti, se si ammalano non sanno a chi lasciare questi loro familiari.
Allora - al di là delle belle parole dette anche a Bari alla conferenza, al di là delle belle parole pronunciate in questo anno europeo della disabilità, delle quali ci riempiamo la bocca - cerchiamo di individuare qualcosa di concreto e di consistente.
Questo emendamento è un primo segnale concreto, pratico e forte nei confronti dei familiari che si fanno carico dei loro figli con disabilità gravi. È su ciò che verificheremo la volontà di questo Governo (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Frigato. Ne ha facoltà.
GABRIELE FRIGATO. Signor Presidente, chiedo l'autorizzazione a sottoscrivere questo emendamento che trovo del tutto sensato; mi limito a questa parola per richiamare - se possibile - tutti i colleghi ad un pensiero con riferimento alle difficoltà che, purtroppo, vivono molte famiglie italiane nelle quali vi sono figli portatori di handicap.
Credo che la comunità nazionale e, in questo caso, il Governo farebbero bene nella programmazione futura, in particolare nella gestione di questa delega, a tener presenti le difficoltà, dando concreta attuazione alle attenzioni che più volte, nei convegni pubblici, un po' tutte le forze politiche, di Governo e di opposizione, hanno evidenziato.
Mi auguro davvero che questo emendamento possa trovare l'attenzione del Governo e di tutta l'Assemblea (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-l'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Duilio. Ne ha facoltà.
LINO DUILIO. Signor Presidente, intervengo solo per aggiungere la mia firma a questo emendamento.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pistone. Ne ha facoltà.
GABRIELLA PISTONE. Signor Presidente, ho chiesto di intervenire e di apporre la mia firma all'emendamento Motta 1.46, insieme alla collega Bellillo, perché ritengo un nostro preciso dovere preoccuparci, in maniera non virtuale ma reale, dei problemi di cui sono vittime - se vogliamo, da un certo punto di vista - i genitori di figli handicappati. Dobbiamo guardare questo mondo non con pietà ma con grande rispetto e con grande senso di realtà. A chi ha conoscenza diretta del
problema o mantiene contatti con questo mondo, l'esperienza dice che i genitori con figli disabili, soprattutto nei casi gravi, sono preoccupati per il futuro, per quello che sarà dopo di loro, perché hanno il problema della sopravvivenza dei figli alla loro scomparsa. È un elemento che accomuna davvero tutti i genitori di figli disabili: è questa la loro reale e sentita preoccupazione.
Quindi, vorrei rivolgermi al ministro che penso abbia questa sensibilità. Penso che ce l'abbiano anche tanti colleghi che hanno parlato in quest'aula e che, come me, sono pronti a partecipare al dolore dei genitori. In realtà, non si tratta tanto di dolore, perché a volte è anche una gioia, quanto di preoccupazione per il futuro.
Penso che questo sia un elemento che ci appartiene e che ci deve appartenere come parlamentari, come eletti. Quindi, il tema deve vedere i nostri sforzi concretamente realizzati e non soltanto enunciati, come diceva l'onorevole Giacco, nei convegni, dove si fanno tanti proclami ma, poi, non si stringe nulla. Cerchiamo di dare segnali concreti. Questo è un piccolo passo. Ma è un piccolo passo che può dare tranquillità e serenità sia ai figli sia ai genitori nella direzione sulla quale ho cercato di esprimere il nostro pensiero.
Penso che il Governo potrebbe fare questo sforzo (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Comunisti italiani).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Alfonso Gianni. Ne ha facoltà.
ALFONSO GIANNI. Signor Presidente, voteremo a favore dell'emendamento Motta 1.46, sottoscritto da tanti colleghi. Per pura ragione di abitudine, non chiedo di apporre la mia firma, perché mi pare pleonastico. Tuttavia, ribadisco che le motivazioni sono convincenti.
Tra l'altro, i colleghi del centrodestra dovrebbero riflettere sulla questione in esame, perché, in questo caso, prenderemmo, in fondo, un provvedimento a favore anche di un'istituzione che a loro è molto cara, benché nella fattispecie sia in condizioni particolari, vale a dire della famiglia. Possiamo leggere l'emendamento anche così. D'altro canto - e faccio anche riferimento a casi concreti che conosco -, chi ha a che fare, per amicizia o per conoscenza generica della vita o per averne avuto esperienza diretta, con famiglie che si trovano in questa condizione, vale a dire con genitori di figli disabili e gravemente disabili, sa bene che quella è una situazione limite. In quei casi, è molto evidente che la famiglia, di per sé, non basta: c'è bisogno di una struttura; c'è bisogno di un'assistenza sanitaria; c'è bisogno di uno Stato; c'è bisogno di una comunità che intervenga a favore dei cittadini che si trovano in simili condizioni. Però, nello stesso tempo, si sa anche che la famiglia è insostituibile, perché, a maggior ragione, chi è disabile ha bisogno di un affetto costante. Per quanto non indulga a concezioni familistiche, ritengo che l'affetto migliore possa costruirsi in un rapporto tra padre e figlio e tra madre e figlio.
Ripeto che ciò non basta, ma è decisivo. Un concorso tra Stato e famiglia è la soluzione migliore che possiamo auspicare: nel caso specifico che stiamo affrontando, questo emendamento lo realizza e lo realizza bene. Quindi, voterò a favore dell'emendamento Motta 1.46, come i miei colleghi del gruppo di Rifondazione comunista. Francamente, se il Governo si alzasse e dicesse di essere d'accordo e la maggioranza di centrodestra esprimesse un voto favorevole, forse, una volta tanto, farebbero una buona azione in luogo pubblico.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Buontempo. Ne ha facoltà.
TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, sono convinto che il ministro e il Governo abbiano tutta la sensibilità necessaria per raccogliere il senso di questo emendamento. Ci sono problemi finanziari, ma il ministro potrebbe anche rassicurare l'Assemblea dicendo che oggi non si può fare tutto questo per questioni di
bilancio che non mettono nella condizione di agire anche dove si vorrebbe. Tuttavia, vi può essere un impegno formale, che va anche al di là del valore di un ordine del giorno. In questo senso, invito i colleghi a valutare l'opportunità, se il Governo ci risponderà, di presentare un ordine del giorno che impegni il Governo.
Infatti, onorevoli colleghi, qui non si tratta di assistenzialismo di cui tanto si parla perché è alla moda. Qui si chiede una cosa di grande buon senso, vale a dire di intervenire per quei genitori e quelle famiglie che per tutta la loro vita hanno sopportato i costi dell'assistenza a un ragazzo portatore di handicap, che ha come primo bisogno quello dell'assistenza, mentre noi, come collettività, tramite comuni ed altre organizzazioni, spendiamo soldi per dare questa assistenza ma non riusciamo al cento per cento, come sistema-paese, a raggiungere queste quote. Allora, perché non dire a chi ha lavorato, ha pagato le tasse e si ritrova con questo dramma, che per tutti gli ultimi tre anni di contribuzione gli riconosciamo che ha svolto anche una funzione sociale, perché ha aiutato Governo, regione e comune ad avere un onere inferiore in quanto si è prodigato per assistere il figlio visto che, nel momento in cui è portatore di handicap, questo problema non è solo suo e della sua famiglia, ma dell'intera collettività?
Quindi, la riflessione alla quale invito è di tener conto del perché in questo momento il Governo non interviene, cioè non per insensibilità politica come io credo, ma per impossibilità assoluta di bilancio. Dico ciò anche per evitare la demagogia e la facile speculazione sulla tragedia umana che colpisce queste famiglie che, spesso, cari colleghi, restano sole perché si stanziano tanti soldi, ma poi in concreto a quelle famiglie e a quei ragazzi arriva poco. Pertanto, vi può essere un ordine del giorno che, comunque, per rispetto ai colleghi che hanno presentato l'emendamento firmeremo anche noi - in ogni caso, se non lo presenteranno loro lo faremo noi: io, per rispetto, dico che chi ha presentato l'emendamento dovrebbe sottoscriverlo per primo -, impegni il Governo a valutare l'intervento sociale. Questo, se è stato fallimentare nel corso degli anni, lo è stato principalmente perché non si è voluto riconoscere la funzione sociale svolta dalle famiglie. Allora, proprio per questa condizione, io penso che una riflessione possa portare, non a una spaccatura su una vicenda come questa, ma a un concerto di sensibilità comuni da parte di tutta l'Assemblea.
DOMENICO BENEDETTI VALENTINI, Presidente della XI Commissione. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DOMENICO BENEDETTI VALENTINI, Presidente dell'XI Commissione. Signor Presidente, a tutti i colleghi della Commissione - ed a me personalmente - sembra di poter cogliere una evidente, nobile convergenza di sentimenti ed obiettivi relativamente a questo problema. Voglio altresì sottolineare - è giusto farlo - che, in sintonia con questo emendamento, erano stati anche presentati da parte della Lega - ed in generale da parte della maggioranza - degli emendamenti che andavano esattamente nella stessa direzione.
Il Governo deve dar luogo - e nel dire questo penso di anticipare il pensiero del ministro che interverrà successivamente -, evidentemente, ad approfondimenti di carattere tecnico-giuridico relativi alle coperture. Si pone anche un problema riguardo all'individuazione dell'opportunità della misura, in relazione alle finalità che si intendono perseguire.
Tutto questo comporta la necessità di un approfondimento e non di un accoglimento estemporaneo che potrebbe, in concreto, non ottenere gli obiettivi che intende perseguire.
Quindi le cose sono due: o si dà luogo all'approvazione - credo unanime - di un ordine del giorno fortemente impegnativo in questa direzione, oppure noi, avendo consultato anche l'onorevole relatore ed i colleghi della Commissione, chiederemmo
un accantonamento volto ad ottenere il tempo strettamente necessario per una verifica tecnico-giuridica sull'operatività e sull'applicabilità di questa misura.
Quindi, o i colleghi presentatori accettano il percorso di un ordine del giorno, che penso il Governo sia nella condizione di accogliere - poi sentiremo il ministro -, oppure chiediamo l'accantonamento dell'emendamento in questione per questo approfondimento tecnico-giuridico.
PRESIDENTE. Il Governo vuol dare una chiarificazione in proposito?
ROBERTO MARONI, Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Signor Presidente, certamente quello riguardante la disabilità è un tema rilevante, non solo perché questo è l'anno europeo della disabilità, ma anche perché occorre sempre fare molto e più di quanto non si sia già fatto.
Come è stato ricordato, abbiamo predisposto un libro bianco sul welfare che contiene importanti indicazioni anche riguardo al tema della disabilità. Abbiamo iniziato un confronto con le parti sociali, con le associazioni di volontariato e con la società civile e sul libro bianco del welfare. Al termine di questo confronto è nostra intenzione predisporre un intervento che riguardi in modo organico la disabilità.
Questo specifico provvedimento è significativo, ma credo parziale; non si capisce perché si preveda un riscatto di tre anni e non di quattro o di cinque. Se il valore dell'intervento dello Stato è quello di premiare il comportamento virtuoso di quel lavoratore che sacrifica una parte della sua attività lavorativa per sostenere i bisogni delle persone disabili, non si capisce perché vengano previsti tre anni invece di quattro o cinque. Vi sono tante altre fattispecie altrettanto meritevoli di tutela; il lavoratore che per accudire persone disabili passa da un contratto full time ad un contratto part-time meriterebbe che per la parte di contratto a cui rinuncia vi fosse l'intervento dello Stato che interviene attraverso i contributi figurativi: si tratta della stessa fattispecie in forma diversa.
Il Governo sta valutando tutte queste casistiche insieme alle parti sociali per arrivare alla predisposizione nei prossimi mesi di una proposta organica sulla non autosufficienza.
Sono a conoscenza del fatto che altre forze politiche stanno facendo la stessa cosa, quindi chiederei ai presentatori il ritiro dell'emendamento in questione e la predisposizione di un ordine del giorno che impegni il Governo - su questo tema - a valutare gli interventi necessari ed utili da promuovere in rapporto al mondo della disabilità per quanto riguarda il sistema previdenziale. Eventualmente, se vi sarà tempo sufficiente, potrebbe essere formulata una proposta organica - non episodica - da presentare al Senato o, altrimenti, da inserire nel provvedimento generale che il Governo sta predisponendo.
In alternativa, accedo alla richiesta, fatta dal presidente della Commissione, di un accantonamento per valutare la situazione; credo che ciò sia utile anche, evidentemente, per poter predisporre un ordine del giorno che possa essere condiviso dalla maggioranza delle forze politiche e dei gruppi presenti in Parlamento, e che riguardi proprio il rapporto tra disabilità e sistema previdenziale.
Da ultimo, cerchiamo di non perpetuare l'errore, che peraltro questa delega vuole correggere, di mescolare ancora una volta l'assistenza con la previdenza. Nella delega si dà mandato al Governo di completare l'azione di separazione tra l'intervento previdenziale strettamente inteso e quello di carattere assistenziale.
Questa è la linea fondamentale, su cui molti governi si sono impegnati, che dobbiamo portare avanti. Dobbiamo evitare ancora una volta di creare un ponte, che non è virtuoso, tra interventi di tipo previdenziale ed interventi di tipo assistenziale (Applausi dei deputati del gruppo della Lega nord Padania e di deputati del gruppo di Forza Italia).
PRESIDENTE. È stata avanzata una proposta da parte del presidente Benedetti Valentini, che il Governo considera positivamente, di accantonare per il momento
l'esame dell'emendamento Motta 1.46 sia per un fine più generale sia per uno più particolare che potrebbe essere la presentazione di un ordine del giorno di comune accezione. Chiedo ai colleghi presentatori se siano favorevoli alla proposta formulata.
ELENA EMMA CORDONI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ELENA EMMA CORDONI. Sono d'accordo per l'accantonamento e mi fermerei qui. Ciò che succederà al momento dell'accantonamento lo valuteremo. Poiché lei concludeva anche rispetto ad un possibile esito...
PRESIDENTE. No, onorevole Cordoni.
TEODORO BUONTEMPO. Era un auspicio!
PRESIDENTE. È stata espressa un'alternativa. Come sempre succede, è cornuta l'alternativa.
Non essendovi obiezioni, l'esame dell'emendamento Motta 1.46 deve intendersi accantonato.
Il seguito del dibattito è rinviato al prosieguo della seduta.
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