Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 265 del 13/2/2003
Back Index Forward

Pag. 1


...
Seguito della discussione del disegno di legge: S. 1306 - Delega al Governo per la definizione di norme generali sull'istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale (approvato dal Senato) (3387) e delle abbinate proposte di legge: Stefani; Sospiri; Alberta De Simone; Alberta De Simone; Martinat ed altri; Angela Napoli; Angela Napoli; Angela Napoli; Angela Napoli; Bianchi Clerici; Serena; Angela Napoli; Angela Napoli; Angela Napoli; Malgieri; Angela Napoli; Landolfi; Alboni ed altri; Parodi ed altri; Parodi ed altri; Parodi ed altri; Serena; Sasso ed altri; Rizzo ed altri (23-245-353-354-661-735-749-771-779-967-1014-1042-1043-1044-1191-1481-1734-1749-1988-1989-1990-2277-3174-3384)(ore 9,42).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Delega al Governo per la definizione di norme generali sull'istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale; e delle abbinate proposte di legge d'iniziativa dei deputati Stefani; Sospiri; Alberta De Simone; Alberta De Simone; Martinat ed altri; Angela Napoli; Angela Napoli; Angela Napoli; Angela Napoli; Bianchi Clerici; Serena; Angela Napoli; Angela Napoli; Angela Napoli; Malgieri; Angela Napoli; Landolfi; Alboni ed altri; Parodi ed altri; Parodi ed altri; Parodi ed altri; Serena; Sasso ed altri; Rizzo ed altri.
Ricordo che nella seduta di ieri è stato approvato l'articolo 1.

(Esame dell'articolo 2 - A.C. 3387)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 2 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi l'allegato A - A.C. 3387 sezione 1).
Ha chiesto di parlare l'onorevole Volpini. Ne ha facoltà.

DOMENICO VOLPINI. Signor Presidente, onorevole sottosegretario, onorevoli colleghi, con l'articolo 2 si entra nel cuore della riforma Moratti: la modifica dell'architettura dei cicli scolastici.


Pag. 2


Il mio intervento sarà più di esegesi del testo di legge che non di respiro generale, e, pertanto, non mirerà a mostrare i limiti dell'impostazione generale e di fondo della legge, cosa che d'altronde è già stata fatta in modo egregio in tutti gli interventi svolti nella giornata di ieri.
Prima di entrare nel merito delle modifiche specifiche all'architettura di sistema, vorrei evidenziare alcuni punti critici di fondo dello stesso articolo 2.
Alla lettera a) del comma 1 si fa riferimento alle finalità del sistema educativo in ordine all'inserimento sociale e lavorativo con riguardo alle dimensioni locali, nazionale ed europea; mi sembra ovvio che, in una società più globalizzata, debba essere aggiunta la dimensione mondiale, che dovrebbe essere sia quella dell'educazione alla mondialità sia quella di una preparazione ad un mercato globale del lavoro. Se da una parte si può apprezzare l'accento posto sulla dimensione localistica, da definirsi concettualmente, dall'altra non comprendiamo questa reticenza riguardo alla mondialità, carenza che, nell'attuale proposta di delega, è sottolineata anche dalla scomparsa del riferimento alla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, firmata anche dal nostro paese, che era presente nei riferimenti fondamentali della legge n. 30. Perché è stata esclusa?
Alla lettera b) del medesimo comma non si riesce a comprendere il valore semantico del termine-concetto «spirituale»; cosa si intende per formazione spirituale? Qual è il concetto di spirito al quale si fa riferimento? Non vorrei inoltrarmi in un dibattito filosofico al riguardo, ma il termine è talmente polisemico da risultare estremamente equivoco e fonte di preoccupazione. Il testo, inoltre, recita: «sono promossi il conseguimento della formazione spirituale e morale, anche ispirata ai principi della Costituzione (...)»; Il riferimento alla Costituzione viene quindi fatto in via subordinata e non si capisce a che cosa: oltre ai principi etici presenti nella prima parte della nostra Carta costituzionale - anzi, prima di questi - a quali altri dovrebbero ispirarsi l'educazione e la formazione?
Alla lettera c), con l'abrogazione dell'articolo 68 della legge 17 maggio 1999, n. 144, mi sembra (dopo aver letto e riletto questo paragrafo) che si preveda l'abbattimento dell'obbligo scolastico di un anno o di un anno e mezzo, a seconda dell'età alla quale lo studente ha iniziato la frequenza al primo ciclo. Questo, a nostro avviso, costituisce un grave passo indietro. Non comprendo tale abbassamento dell'obbligo scolastico, anche perché nella scorsa legislatura l'attuale sottosegretario Valentina Aprea non propugnava un abbassamento dell'obbligo scolastico alla terza media, ma proponeva la possibilità di assolvere quest'ultimo, oltre che nella scuola, anche nel sistema dell'istruzione e della formazione. Mi chiedo il motivo per cui non si è almeno confermato questo, ossia che l'obbligo scolastico rimanga a 15 anni o, addirittura, si innalzi a 16 o vada ancora oltre, dando la possibilità di essere assolto (come si proponeva in passato) anche nelle scuole di istruzione e formazione professionale. Posso, tuttavia, comprenderne il motivo. Forse, ciò è dovuto al fatto che in Italia il sistema dell'istruzione e formazione professionale sviluppato in qualche regione soprattutto ad opera di alcune congregazioni religiose (mi riferisco ai salesiani, ai giuseppini e ad altri) è, però, assolutamente assente in altre regioni. Ovviamente, non si parla dell'apprendistato, ma del sistema dell'istruzione e della formazione. Mi chiedo: cosa faranno i ragazzi di 13 anni e mezzo che sono entrati a cinque anni e mezzo nella scuola e che escono dalla terza media? Andranno a lavorare? Tuttavia, fino a 14 anni mi sembra che non si possa essere inseriti nel mondo del lavoro. Allora, perché non lasciare a 15 anni l'obbligo scolastico, dando la possibilità di assolverlo anche nelle scuole di istruzione e formazione professionale?
Prima di affrontare il discorso del riordino dei cicli, vorrei anche soffermarmi un attimo su altri due punti della presente proposta ritenuti innovativi, ma che tali


Pag. 3

non sono: mi riferisco all'alfabetizzazione ed all'approfondimento delle tecnologie informatiche e all'introduzione nel primo ciclo della seconda lingua comunitaria. Queste non sono novità nella scuola italiana. Vorrei semplicemente ricordare che tali introduzioni sono già state realizzate nella scorsa legislatura. La prima è stata realizzata con il piano d'azione per la società dell'informazione, varato dal Governo in correlazione con l'approvazione in sede europea del piano Europe 2002, approvato dal Parlamento nel luglio del 2000 con copertura finanziaria; la seconda è stata realizzata con il fondo per l'ampliamento e l'arricchimento dell'offerta formativa e per gli interventi perequativi che, a decorrere dall'esercizio finanziario 1997, è stato destinato, tra l'altro all'introduzione dell'insegnamento di una seconda lingua comunitaria nelle scuole medie inferiori. In Commissione cultura, nella scorsa legislatura, avevamo approvato la legge per l'introduzione della seconda lingua comunitaria; dopodiché, non si è fatto in tempo a concluderne l'esame in Assemblea.
Vorrei rivolgere un elogio alla bravura comunicativa del Presidente Berlusconi che nella scorsa campagna elettorale è egregiamente riuscito nell'intento di far risultare come nuove promesse (mi riferisco alle tre «i»: inglese, Internet, impresa) realizzazioni già ben avviate dai governi dell'Ulivo che richiedevano soltanto di essere potenziate con maggiori risorse da assegnare al sistema nazionale della pubblica istruzione. Tuttavia, mentre nei cinque anni di Governo dell'Ulivo, in tempi di non minore difficoltà di quelli attuali, il bilancio della pubblica istruzione è stato incrementato da circa 44 mila miliardi a 65 mila miliardi (ben 21 mila miliardi in più), nelle due leggi finanziarie del Governo Berlusconi si sono visti solo gravi tagli che, al di là delle parole, stanno portando il sistema scolastico nazionale alla paralisi e che hanno portato all'abolizione di molte cattedre di insegnamento della seconda lingua comunitaria nelle scuole medie inferiori.
Per quanto concerne il riordino dei cicli, ossia l'architettura del sistema, vorrei far notare che l'esigenza del riordino è dovuta all'adeguamento ed all'uniformazione alla scuola europea. Stiamo andando verso una scuola europea e, come ha messo bene in evidenza nella sua relazione finale il professor Bertagna, incaricato dal ministro di coordinare il gruppo ristretto di lavoro, il problema dell'età di conclusione degli studi di istruzione e di formazione secondari a 18 anni è reale. Portare dai 19 ai 18 anni l'uscita dei nostri studenti dalle scuole superiori e da 13 a 12 anni la permanenza nella scuola adeguerebbe il nostro alla maggior parte dei paesi dell'OCSE. Li cita tutti: 12 anni hanno l'Austria, il Belgio, il Canada, la Corea, la Russia, la Finlandia, la Francia, il Giappone, la Grecia, l'Irlanda, il Messico, la Norvegia, la Nuova Zelanda, i Paesi Bassi, la Polonia, il Portogallo, la Spagna, gli USA, la Svezia, la Svizzera e l'Ungheria. Soltanto la Danimarca, la Germania, la Gran Bretagna e la Corea, oltre l'Italia, hanno 13 anni.
Dunque, si va verso l'unificazione a 12: ciò nella scorsa legislatura ci aveva consigliato di sopprimere un anno e, ovviamente, abbiamo ritenuto opportuno farlo nel primo ciclo, ossia elementari e medie, perché lì tale anno è facilmente recuperabile. D'altra parte, ciò viene ritenuto giusto dal gruppo di lavoro ristretto che ha scelto - lo dice la relazione Bertagna - di confermare la decisione della legge n. 30 del 2000. Gli esperti del ministro, quindi, dicevano di confermare tale legge, invece il ministro l'ha cambiata. Perché? Noi lo sappiamo bene: per le tensioni e lo scontro interno alla maggioranza e, soprattutto, per le pressioni dell'UDC che già dalla scorsa legislatura proponeva che tutto rimanesse com'era (cinque anni di scuola elementare e cinque di scuola media). Per fortuna, il ministro della legge n. 30 ha salvato i due cicli reintroducendo otto anni.
Rimane il problema che i nostri studenti studieranno 13 anni e, secondo la riforma del ministro, seguiteranno ad uscire dalla scuola superiore a 19 anni.


Pag. 4

Solo coloro che entreranno sei mesi prima usciranno a 18 anni e mezzo, ossia comunque un anno dopo gli altri studenti europei.
Vi sono motivazioni di carattere politico, lo scontro sui cicli era diventato la bandierina della campagna elettorale nella scorsa legislatura per cui era difficile cambiare rotta. Tuttavia, non capiamo il furore sacro con il quale la Casa delle libertà ed il ministro si sono scagliati contro la legge n. 30 combinando quello che, a nostro avviso, è un guaio. Il problema è che hanno voluto dare dignità di grande riforma ad alcune poche modifiche della legge n. 30 e l'hanno sicuramente peggiorata rendendola più confusa, abbassando l'obbligo scolastico e reinserendo il tredicesimo anno. Ciò costringe ancora, per il futuro, i nostri studenti ad uscire dalla scuola un anno dopo rispetto a quelli delle altre nazioni europee e delle nazioni dell'OCSE (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-l'Ulivo e dei Democratici di sinistra-l'Ulivo).

Back Index Forward