Allegato B
Seduta n. 236 del 9/12/2002


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INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA

BANTI. - Al Ministro delle attività produttive. - Per sapere - premesso che:
la legge n. 135 del 29 marzo 2001 di «Riforma della legislazione nazionale del turismo» ha previsto, in un quadro fortemente innovativo, l'istituzione di «Sistemi turistici locali» promossi dagli enti locali e da soggetti privati, singoli o associati, con lo scopo di meglio attuare una moderna politica turistica sul territorio;
la Consulta nazionale del turismo dell'ANCI, riunita il 29 maggio scorso a Napoli, ha approvato un documento che esprime forte preoccupazione per lo stato di attuazione della legge in questione, con riferimento ai ritardi ed anche ad aspetti giudicati contraddittori di diversi progetti di legge regionali di applicazione della legge 135;
la Consulta stessa ha formulato al Governo la richiesta di intervenire, anche avvalendosi del CNEL, per svolgere un'attiva funzione nel processo di sviluppo dei Sistemi turistici locali, indicando criteri generali e metodologie dei progetti, monitorandone il processo attraverso un osservatorio nazionale permanente, capace di rendere concreto e dinamico lo scambio di buone prassi e la diffusione di una nuova cultura del turismo, incardinata sulla valorizzazione delle identità locali -:
quale sia lo stato di attuazione della legge n. 135 del 2001, con particolare riferimento alle legislazioni regionali derivate ed al numero ed alla dimensione dei Sistemi turistici locali già costituiti;
se non ritenga - attraverso il Dipartimento nazionale del turismo ed eventualmente con la collaborazione del CNEL - di assumere, dando ad esse attuazione, le indicazioni contenute nel documento della Consulta nazionale del turismo ANCI approvata a Napoli il 29 maggio scorso, indicazioni sopra sommariamente ricordate.
(4-03372)

Risposta. - Nell'interrogazione si rappresenta, tra l'altro il problema del mancato coordinamento tra gli organi territoriali in cui si articola lo Stato italiano, quanto alla concreta applicazione della legge n. 135 del 29 marzo 2001, concernente la nuova legge-quadro sul turismo.
In effetti, l'A.N.C.I. ha posto in luce come, in particolare per quel che concerne l'attuazione dell'articolo 5 della legge n. 135 del 2001, sui sistemi turistici locali, le regioni, nell'approntare i Testi Unici sul turismo, stiano riscrivendo vecchie normative, con criteri operativi monocentrici che escludono gli altri enti locali e in particolare i comuni, da ogni possibilità di cooperazione e collaborazione nella definizione dei sistemi turistici locali e nella conseguente loro articolazione strutturale.
I comuni hanno evidenziato che l'intrinseca natura del sistema locale rende evidente che si debba partire non dall'organo regionale, ma da quello comunale, che costituisce la base reale del sistema, poiché la prima articolazione di qualsiasi aggregazione, culturale, artigianale, economica o altro, si ritrova più facilmente sul più circoscritto territorio del Comune che deve


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essere pertanto chiamato quanto meno a una collaborazione attiva nella individuazione e gestione delle realtà presenti nel proprio ambito territoriale.
I rilievi dell'A.N.C.I. trovano fondamento nel nuovo articolo 114 della Costituzione che vede gli organi locali formare la Repubblica con pari dignità e potere, per cui la dialettica comuni-regioni oltre che di ordine tecnico, quanto all'applicazione della legge-quadro, riveste un notevole contenuto politico che, dovrà trovare composizione attraverso la concreta attuazione del nuovo Titolo V della Costituzione.
Alla luce di queste considerazioni si può ipotizzare che il problema, a livello tecnico, possa nel frattempo trovare eventuale composizione attraverso intese tra gli Enti locali in sede di Conferenza unificata.
Il Sottosegretario di Stato per le attività produttive: Giuseppe Galati.

BIONDI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
in Europa viene stampato un giornale settimanale in lingua cinese, Epochitime, destinato alla comunità cinese presente in Italia. Il periodico viene stampato in Germania dall'editore Epochtimes Europe Zeitungsverlag GMBH e viene distribuito gratuitamente in Italia presso i negozi cinesi;
risulta all'interrogante che nei giorni 19 e 20 luglio 2001 una signora Zaho Lili, ha distribuito in un negozio cinese di generi alimentari, 100 copie del periodico. Il 23 luglio la signora è tornata nel negozio per verificare l'esito della distribuzione. Il commesso del negozio ha riferito alla signora che un funzionario dell'ambasciata cinese unitamente a sei persone si erano recati nel negozio ed avevano sequestrato le copie rimaste, circa 80, del periodico in questione, diffidando il commesso dal distribuire copie del giornale, in quanto contenente notizie sul Falung Gong; il negozio nel quale sono state sequestrate le copie è sito in Roma in Via Filippo Turati, 130;
un fatto analogo è accaduto a Milano, dove un addetto del consolato generale di Milano ed un'altra persona non identificata si sono recati in un negozio cinese che vende schede telefoniche ed hanno diffidato il proprietario del negozio, signor Cai, usando le stesse argomentazioni usate a Roma. In questo caso non hanno portato via i giornali in quanto risultavano esauriti. Il titolare del negozio, signor Cai, ha telefonato all'editore in Germania per avere delle indicazioni su come comportarsi, in quanto vorrebbe continuare nella sua opera di diffusione del settimanale -:
se anche le autorità cinesi abbiano competenza di pubblica sicurezza e repressione sul territorio italiano e se intenda verificare quanto esposto e prendere i necessari provvedimenti per la risoluzione del caso, considerando il fatto che solo l'autorità di pubblica sicurezza ha la competenza necessaria per poter porre sotto sequestro un organo di stampa.
(4-00676)

Risposta. - Si fa presente che non risulta confermata la circostanza per cui a Roma e a Milano personale delle rappresentanze diplomatiche cinesi sarebbe intervenuto per impedire la distribuzione, in alcuni esercizi commerciali frequentati da connazionali, di un periodico vicino al movimento Falung Gong.
Si tratta di un'organizzazione dichiarata illegale dal Governo cinese nel 1999 e che conta, in Italia, circa un centinaio di aderenti.
Per quanto riguarda l'episodio di Roma, il titolare dell'esercizio commerciale menzionato nell'atto parlamentare cui si risponde ha riferito agli agenti della questura di aver provveduto lui stesso a cestinare le copie (una cinquantina) consegnategli per la distribuzione ai clienti, dopo essersi reso conto che la pubblicazione era uno strumento di propaganda contro il governo cinese.
Lo stesso negoziante ha sostenuto di aver riferito alla signora
Zaho Lili che le riviste erano state ritirate da personale dell'ambasciata di quel Paese per evitare che gliene fossero affidate altre.


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Neppure le verifiche effettuate dal personale della questura di Milano hanno permesso di appurare casi di «sequestro» dello stesso periodico da parte di addetti consolari cinesi, né è stato possibile risalire all'identità del signor Cai, cui fa riferimento l'interrogante, a causa della genericità degli elementi forniti.
Nella Stessa città alcuni negozianti di nazionalità cinese hanno riferito agli agenti della questura che connazionali del consolato generale li hanno invitati a non collaborare alla diffusione della pubblicazione.
Allo stato degli atti non emerge perciò alcun esercizio di poteri riservati all'Autorità di pubblica sicurezza.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alfredo Mantovano.

BOATO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
la chiusura dell'ufficio postale del Passo del Tonale, frazione del comune di Vermiglio (in provincia di Trento), aggrava una situazione già complessa e difficile, per quel che riguarda la situazione dei servizi indispensabili ai cittadini, in particolare in una comunità montana che, per conformazione e distanza dal centro di Vermiglio (in provincia di Trento), deve affrontare peculiari condizioni di disagio;
gli abitanti e gli operatori del Passo del Tonale hanno fatto presente, più volte, alla direzione delle Poste di Trento e sollecitato alla propria amministrazione comunale ed alla provincia di Trento, l'esigenza di mantenere i servizi minimi indispensabili alla vita della comunità e, in quest'ambito, dell'ufficio postale;
nonostante tali iniziative, motivate dalle ragioni citate e anche dal fatto che l'ufficio postale fosse ospitato in un locale comunale dato in uso gratuito, gli abitanti e gli operatori del Passo del Tonale sono costretti, oggi, a subire la chiusura dell'ufficio postale e, in prospettiva, in assenza di adeguati provvedimenti, ulteriori e nuove situazioni di disagio -:
quali iniziative il Governo intenda e possa assumere, nell'autonomia dei soggetti economici e istituzionali interessati, per accertare le motivazioni di tale chiusura e promuovere un'azione di concertazione utile a porre rimedio, nel caso specifico, ai disagi degli abitanti del Passo del Tonale.
(4-02989)

Risposta. - Nel far presente che si risponde per incarico della Presidenza del Consiglio dei ministri si ritiene anzitutto necessario significare che, a seguito della trasformazione dell'ente Poste Italiane in società per azioni, il Governo non ha il potere di intervenire sull'operato aziendale per la parte riguardante la gestione che, com'è noto, rientra nella competenza propria degli organi statutari della società.
Ciò premesso si fa presente che il processo di liberalizzazione del servizio postale attuato in adesione alle indicazioni della direttiva 97/67/CE (recepita con decreto legislativo 22 luglio 1999, n. 261), pur se in maniera graduale e controllata, ha imposto ai gestori privati ed al fornitore del servizio universale l'adozione di misure idonee al conseguimento dell'equilibrio gestionale.
Del generale programma di risanamento previsto ed, in parte attuato, fanno parte la riorganizzazione aziendale ed il ridimensionamento della rete degli uffici postali, problema in merito al quale il vigente contratto di programma - stipulato fra il ministero delle comunicazioni e la società - prevede, all'articolo 5, comma 3, che la predetta società indichi una serie di uffici non in grado di garantire condizioni di operatività compatibili con il raggiungimento dell'equilibrio economico di gestione; da parte della società devono, altresì, essere rappresentate le iniziative e gli interventi adottati per il miglioramento della gestione di tali uffici, al fine di arrivare ad una progressiva riduzione delle relative perdite.
Da parte sua, il ministero delle comunicazioni - quale autorità nazionale di regolamentazione del settore postale - ha, tra i suoi compiti, quello di verificare la qualità del servizio universale erogato da Poste italiane.


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Tale attività è volta ad accertare che la qualità del servizio svolto su tutto il territorio nazionale risponda ai parametri fissati dalla normativa comunitaria e nazionale, peraltro recepiti nel contratto di programma, e ad adottare, nel caso in cui si dovesse verificare il mancato rispetto degli
standard qualitativi fissati, idonei strumenti sanzionatori.
I dati relativi all'esercizio di tale funzione di controllo sono, come è noto, periodicamente pubblicati nella
Gazzetta Ufficiale e quelli relativi al primo semestre dell'anno 2002 (pubblicati nella Gazzetta Ufficiale n. 239 dell'11 ottobre 2002) attestano il rispetto, da parte della società Poste, degli indici di qualità del servizio postale previsti.
Ciò premesso, per quanto riguarda lo specifico caso dell'ufficio postale ubicato presso il Passo del Tonale la società Poste - interessata al riguardo - ha precisato che tale ufficio era, più esattamente, uno sportello dipendente dall'ufficio, sito nel comune di Vermiglio il quale rimane aperto al pubblico con orario sia antimeridiano che pomeridiano.
Tale sportello «avanzato» del Passo del Tonale già prima del 1999, osservava un orario di apertura ridotto (8.00/10.30) a giorni alterni, vista l'esiguità delle prestazioni richieste; d'altra parte la maggior parte dei residenti (circa 200) essendo albergatori hanno aderito - stando a quanto riferito da Poste Italiane - ai cosiddetti servizi di «Bancoposta imprese» che sono da tempo attivi
on line, mentre la società quotidianamente garantisce il servizio del recapito della corrispondenza.
La chiusura dell'ufficio, pertanto, che era stata inizialmente prevista a decorrere dal 4 febbraio 2002, è stata procrastinata al successivo 30 aprile 2002, per venire incontro all'esigenza manifestata dalle autorità locali di arrivare al termine della stagione sciistica con la preesistente organizzazione.
Recentamente la ripetuta società Poste ha stabilito dei contatti con l'assessore agli enti locali della provincia autonoma di Trento che dovrebbe dare origine a trattative con i comuni della provincia in questione, allo scopo di raggiungere accordi organici riguardanti uno o più servizi offerti dalla società in convenzione.
Dal raggiungimento di siffatti accordi - che consentirebbero almeno in parte di compensare i costi di mantenimento dell'ufficio - dipenderà, stando a quanto riferito da Poste Italiane, l'eventuale riapertura del presidio postale al Passo del Tonale.
Il Ministro delle comunicazioni: Maurizio Gasparri.

BRIGUGLIO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere quali iniziative il Governo intenda adottare per stabilizzare i 1.850 lavoratori precari (ex lavoratori socialmente utili) del Ministero della giustizia il cui contratto a tempo determinato scadrà il 31 dicembre 2002, tenuto conto che detti lavoratori hanno acquisito comprovata esperienza e professionalità.
(4-04108)

Risposta. - Si rappresenta che il Governo ha elaborato e presentato alla Camera dei deputati il disegno di legge recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2003 (AC 3200 bis)».
Come è noto, l'articolo 21, comma 13 del disegno di legge citato autorizza, fra le altre amministrazioni, il ministero della giustizia ad avvalersi, sino al 31 dicembre 2003, del personale in servizio con contratti di lavoro a tempo determinato.
Il disegno di legge consente, pertanto, di prolungare - seppur per un periodo circoscritto - la proficua collaborazione prestata presso l'amministrazione giudiziaria dai lavoratori assunti con contratto a tempo determinato.
Gli auspici del ministero sono, ovviamente, nel senso di una approvazione dell'articolo citato nel testo attualmente previsto.
Il lasso di tempo costituito dalla proroga di un anno dei contratti a tempo determinato consentirà, inoltre, di studiare tempi e modalità con cui introdurre l'eventuale stabilizzazione


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di questi lavoratori, prospettiva senz'altro interessante, in quanto consentirebbe all'amministrazione di continuare ad avvalersi di personale con una buona esperienza professionale.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.

BRIGUGLIO e STAGNO D'ALCONTRES. - Al Ministro delle politiche agricole e forestali. - Per sapere - premesso che:
l'Associazione per la tutela del limone interdonato di Sicilia costituita il 17 giugno 2000, con sede in Nizza di Sicilia (Messina) e senza fine di lucro, ha quali finalità la valorizzazione e la tutela del limone interdonato, cultivar originaria del versante jonico della provincia di Messina, che nel proprio areale di coltivazione dislocato su un territorio di 13 comuni rappresenta una realtà economica di rinnovato interesse commerciale che coinvolge una filiera con oltre 900 ettari di superficie agricola utilizzata e numerose piccole e medie imprese di confezionamento, trasformazione e commercializzazione;
negli ultimi anni la produzione di limone interdonato ha manifestato segnali significativi di una controtendenza rispetto al comparto agrumicolo siciliano tra i quali un rinnovato e crescente interesse dei mercati orientati ai prodotti tipici di qualità e un periodo di collocazione commerciale di particolare precocità e che consente di ottenere un prezzo adeguatamente remunerativo e una politica territoriale e ambientale che tutela e incentiva con diversi strumenti legislativi nazionali e comunitari le produzioni tipiche come elemento prioritario di salvaguardia e conservazione dei territori rurali;
sulla base di questi elementi oggettivi, con istanza del 2 agosto 2002, ha inoltrato al ministero delle politiche agricole e forestali, una richiesta finalizzata ad ottenere il riconoscimento comunitario di indicazione geografica protetta (IGP) per il «limone interdonato di Sicilia»;
l'associazione, in quanto soggetto legittimato ad approntare e ad inoltrare, l'istanza di registrazione del marchio «IGP limone interdonato di Sicilia», ha precisato nella richiesta che, in una fase successiva all'esito positivo della verifica istruttoria dell'istanza il controllo e la tutela del marchio IGP sarà demandato al consorzio di tutela del limone interdonato di Sicilia, costituito ai sensi dell'articolo 10 del Regolamento CEE 2081/92 tra imprese del settore, enti locali e organismi di ricerca;
la zona di produzione tradizionalmente vocata alla coltura dell'interdonato è situata nella fascia ionica messinese, con esposizione uniforme a levante sul mar jonio e interessa per circa 30 chilometri i comuni della fascia costiera comprensiva dei comuni di Messina, Scaletta, Itala, Alì Terme, Nizza di Sicilia, Roccalumera, Furci Siculo, S. Teresa di Riva, S. Alessio e Letojanni. Detta fascia si estende all'interno mediamente per 7 chilometri, con estremi in corrispondenza dei fertili greti dei numerosi torrenti e bacini imbriferi e dei comuni collinari di Savoca, Fiumedinisi ed Alì;
il «limone interdonato», è un cultivar particolare in cui frutti per la bellezza, le grosse dimensioni, la forma allungata e cilindrica con buccia molto liscia e colore giallo-chiaro, sono noti anche con le denominazioni di «limone fino» o «limone speciale»;
una storia iniziata allorché l'eroe dell'epopea garibaldina, il colonnello Giovanni Interdonato, in una sua proprietà nella valle del fiume Nisi, in contrada Reitana del comune di Alì Terme (dove gli attuali amministratori comunali in accordo con la sovrintendenza ai beni culturali hanno proposto l'istituzione di un museo del limone interdonato), si adoperò per diffonderlo e valorizzarlo, considerata la sua eccezionale resistenza al mal secco degli agrumi e il particolare periodo di produzione e maturazione (settembre-ottobre), quando sul mercato non si avevano prodotti concorrenti;


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il «limone interdonato» può avere un futuro pari ai fasti del suo passato, se si considera la sua tipicità, che si coniuga con l'esigenza attuale dei consumatori di qualità e riconoscibilità dei prodotti, tanto che detta coltura seppure in crisi per l'abbassamento del reddito prodotto, non ha subìto ridimensionamenti, né registra casi significativi di abbandono;
va anche considerato che il limone interdonato viene prodotto con tecniche tradizionali e rispettose dell'ambiente, frutto secolare legame che lega la cultivar alla tradizione agricola dell'area vocata; le tecniche utilizzate sono infatti atte a mantenere un ottimale equilibrio e sviluppo della pianta in armonia con l'assetto idrogeologico del territorio e nelle diversità delle tipologie pedoclimatiche in cui è presente la coltivazione le pratiche agronomiche e colturali messa punto dai produttori consentono di conseguire produzioni di elevata qualità;
l'origine e la diffusione del limone interdonato sono anche un patrimonio culturale prima che produttivo, esclusivo dell'areale di coltivazione dei comuni ionici dove questa particolare cultivar ha da sempre avuto una grandissima importanza sociale ed economica ampiamente comprovata e peraltro tentativi di attuarne la coltivazione in altri areali di coltivazione, hanno dato sempre risultati insoddisfacenti in quanto non sono mai risultate riproducibili le caratteristiche pedoclimatiche che ne esaltano precocità di maturazione e pregi qualitativi -:
se intenda accogliere positivamente la richiesta di registrazione per l'ottenimento del riconoscimento comunitario di indicazione geografica protetta (IGP) del «limone interdonato di Sicilia.
(4-04170)

Risposta. - Con l'interrogazione in oggetto si chiede l'accoglimento della richiesta di registrazione, ai sensi del Reg. (CEE) n. 2081/92, dell'indicazione geografica protetta del «Limone interdonato della Sicilia» presentata dall'Associazione per la tutela del limone interdonato di Sicilia.
In merito, si precisa, in via preliminare, che l'istituendo consorzio di tutela del prodotto non può esercitare l'attività di controllo sullo stesso, in quanto il regolamento (CEE) n. 2081/92 e l'articolo 14 della legge n. 526/1999 riservano tale attività all'autorità pubblica o all'organismo privato, rispettivamente designata o autorizzato dal ministero.
Si assicura, comunque, che una volta soddisfatti gli adempimenti posti a carico dei richiedenti la registrazione comunitaria, esaurita la procedura di pubblica evidenza, che prevede tra l'altro la pubblicazione della proposta di riconoscimento e della corrispondente disciplina di produzione nella
Gazzetta Ufficiale verificata la sussistenza dei requisiti richiesti dalla regolamentazione, la domanda di riconoscimento verrà notificata, nelle forme di rito, ai competenti servizi della Commissione europea.
Il Ministro delle politiche agricole e forestali: Giovanni Alemanno.

CARBONI e NUVOLI. - Al Ministro delle comunicazioni. - Per sapere - premesso che:
le Poste italiane spa nello scorso mese di giugno hanno annunziato il licenziamento di 9.000 lavoratori, rompendo con un atto unilaterale molto grave, gli accordi intervenuti con le organizzazioni sindacali per un tavolo di concertazione e di confronto;
in Sardegna il segnale negativo produrrà la perdita di circa 400 posti di lavoro e la chiusura di numerosi uffici postali soprattutto nei piccoli comuni privando quelle popolazioni, già fortemente penalizzate nel livello e nella qualità dei servizi, di un altro servizio essenziale;
ora l'azienda ha preannunziato di voler riorganizzare i centri di smistamento della rete postale, concentrando la lavorazione della corrispondenza nei centri principali meccanizzati;


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questa scelta aziendale comporterà il trasferimento del Cpo di Sassari, Nuoro ed Oristano in Cagliari, mobilitando 63 unità a Sassari su 95 addetti, 42 su 105 a Nuoro, 29 su 67 ad Oristano, ma creando a Cagliari solo 60 posti di lavoro;
non solo, quindi si profila un'altra situazione di esubero di personale, ma si penalizza ulteriormente la economia di gran parte della Sardegna senza realizzare un miglioramento della qualità del servizio;
infatti la corrispondenza raccolta nei centri di Sassari, Nuoro ed Oristano verrà inviata a Cagliari per la lavorazione, penalizzando gli standard di consegna soprattutto nella provincia di Sassari;
questa infelice scelta organizzativa scarica sul territorio e sulla già debole economia delle province di Sassari, Nuoro ed Oristano le carenze organizzative e la non condivisibile strategia dell'azienda, con una notevole compromissione dell'attuale livello del servizio -:
se non ritenga che il trasferimento del centro di smistamento postale di Sassari a Cagliari possa comportare danni agli utenti del servizio postale e, in caso affermativo, quali iniziative intenda adottare in merito.
(4-04290)

Risposta. - Al riguardo nel ribadire che a seguito della trasformazione dell'ente Poste Italiane in società per azioni, il Governo non ha il potere, di sindacarne l'operato per la parte riguardante la gestione aziendale, che rientra nella competenza propria degli organi statutari della società, si significa che non si è mancato di richiedere specifiche informazioni alla stessa, in merito a quanto rappresentato dall'interrogante.
In proposito Poste Italiane ha riferito di avere prestato - in ottemperanza a quanto stabilito con il piano di impresa, che impegnava la società al raggiungimento di livelli di efficienza e affidabilità paragonabili a quelli degli altri Paesi europei, nonché al conseguimento di un sostanziale equilibrio economico-finanziario - particolare attenzione alla gestione del personale.
In tale ottica, pertanto, è stata attuata una diversa distribuzione delle risorse sul territorio ed una più razionale applicazione degli interessati, privilegiando le attività di recapito e di sportelleria, per poter arrivare ad una graduale diminuzione del numero totale degli addetti.
In tale contesto va inquadrato l'accordo siglato il 17 ottobre 2001 fra la società e le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a completamento della procedura di cui alla legge n. 223/1991, in base al quale è stata attuata la risoluzione del rapporto di lavoro del personale che, alla data del 31 dicembre 2001 o del 31 marzo 2002 aveva maturato il diritto alla pensione di anzianità o di vecchiaia.
Lo stesso accordo stabiliva, inoltre, che a conclusione di questa prima fase, il personale risultato ancora in esubero sarebbe stato adibito a mansioni di recapito, ovvero di sportelleria, attuando specifici processi di mobilità; se anche al termine di tale seconda fase si fossero verificati degli esuberi, gli interessati - se in possesso dei requisiti previsti dal successivo accordo del luglio 2001 e fino al limite massimo di 2200 unità - avrebbero potuto avanzare richiesta di utilizzazione del meccanismo legato al Fondo di solidarietà, nel frattempo attivato.
Il processo di riorganizzazione, derivante dall'applicazione del suddetto accordo, è finalizzato a conseguire una più efficiente dislocazione delle risorse sul territorio, trasferendo le unità che in alcune strutture operative risultano eccedenti, per applicarle in altre realtà che, al contrario, presentano carenza di organico.
Per quanto concerne la specifica situazione della Sardegna, la medesima società Poste ha precisato che effettivamente nell'anno in corso è previsto il trasferimento, presso il CMP (centro meccanizzazione postale) di Cagliari delle lavorazioni attualmente svolte dai settori di smistamento esistenti a Sassari, Nuoro ed Oristano.
Il personale che a seguito del citato trasferimento risulterà in esubero - e che riguarderà un numero di addetti inferiore a quello indicato nell'atto parlamentare in esame - ha proseguito la società Poste,


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verrà applicato ad altri servizi all'interno della stessa struttura o in altre divisioni presenti sul medesimo territorio senza comportare conseguenze negative sugli attuali livelli occupazionali.
Quanto, infine, alla paventata chiusura di «numerosi uffici postali» la ripetuta società, nel precisare che la presenza di uffici postali nella regione è da considerare soddisfacente atteso che il numero degli stessi è di 446 uffici distribuiti in 377 comuni, ha voluto sottolineare che a fronte di alcune chiusure verificatesi durante lo scorso anno, si sono registrate alcune contestuali attivazioni di nuovi uffici, per cui il numero generale delle strutture operative è rimasto sostanzialmente invariato.
Il Ministro delle comunicazioni: Maurizio Gasparri.

CENTO. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
durante lo svolgimento dei campionati mondiali di calcio in corso in Giappone e Corea del sud, sono risultati evidenti comportamenti arbitrali lesivi delle regole e dei principi sportivi, ad evidente danno in particolare della Nazionale italiana;
in questo contesto l'operato del presidente della Federcalcio Franco Carraro, a tutela della squadra è risultato tardivo, improvvisato, inefficace;
tra i doveri e gli obiettivi del presidente della Federcalcio, vi è anche quello di tutelare gli interessi della Federazione e quindi anche della Nazionale di calcio, nell'ambito delle organizzazioni internazionali che hanno la responsabilità nell'organizzazione delle competizioni sportive internazionali;
la partecipazione della nazionale italiana alla fase finale dei mondiali di calcio è stata preceduta da una persistente situazione di difficoltà, di contrasti interni e di incertezze nella Federazione italiana giuoco calcio -:
se il Governo non ritenga di poter assumere iniziative nei confronti del Coni, affinché quest'ultimo eserciti in maniera più efficace i suoi poteri di influenza sulla Figc.
(4-03246)

Risposta. - Il Comitato Olimpico Nazionale Italiano - CONI - ha reso noto che la Federazione Italiana Giuoco Calcio considera da tempo superata ogni polemica, accettando sportivamente il risultato delle partite.
Evidenzia, inoltre, che in tale occasione il Presidente Federale è stato vicino alla squadra ed alla delegazione italiana presenti in Giappone e Corea.
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Mario Pescante.

CIRIELLI. - Al Ministro delle comunicazioni. - Per sapere - premesso che:
i residenti nella frazione di San Marco del comune di Teggiano (Salerno), da diversi mesi, lamentano una situazione di disagio causata dal funzionamento a «singhiozzo» del locale ufficio postale con la mancata consegna, anche per intere settimane, della corrispondenza;
la frequente chiusura «temporanea» dell'ufficio postale, destinato a servire un'utenza di circa 2.000 persone, di cui oltre il 50 per cento è costituito da anziani con reddito minimo di pensione, aggrava la condizione di disagio e di isolamento della frazione, già soggetta ad un progressivo spopolamento;
la motivazione del disservizio sembra sia riconducibile alla presenza di un unico impiegato all'interno dell'ufficio e, alle mancate sostituzioni in caso di malattia. Resta da dire che lo stesso, in periodi particolari, ad esempio la riscossione del trattamento pensionistico, non riesce a soddisfare le esigenze dell'utenza;
secondo alcune voci, l'ufficio della frazione San Marco sarebbe destinato alla chiusura definitiva -:
se e quali iniziative urgenti il Ministro voglia adottare nei confronti di Poste


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italiane al fine di ridurre ed eliminare i disagi a cui sono sottoposti gli abitanti della frazione San Marco, e se le voci di un'eventuale chiusura dell'ufficio postale siano fondate o meno.
(4-03667)

Risposta. - Si ritiene opportuno far presente che a seguito della trasformazione dell'ente Poste Italiane in società per azioni, il Governo non ha il potere di sindacarne l'operato relativamente alla gestione aziendale che, come è noto, rientra nella competenza specifica degli organi statutari della società.
Il Ministero delle comunicazioni - quale Autorità nazionale di regolamentazione del settore postale - infatti, ha, tra i propri compiti, quello di verificare la qualità del servizio universale erogato da Poste italiane.
Tale attività è volta ad accertare che la qualità del servizio svolto su tutto il territorio nazionale risponda ai parametri fissati dalla normativa comunitaria e nazionale, peraltro recepiti nel contratto di programma, e ad adottare, nel caso in cui si dovesse verificare il mancato rispetto degli
standard qualitativi fissati, idonei strumenti sanzionatori.
Ciò premesso in linea generale, per quanto riguarda la specifica situazione dell'ufficio postale di S. Marco di Teggiano la medesima società Poste, nell'assicurare che non è previsto alcun intervento di chiusura definitiva dell'ufficio, ha precisato che lo stesso non è stato interessato da interventi di razionalizzazione dell'orario e/o delle giornate di apertura.
Qualche criticità - ha proseguito Poste italiane - di entità inferiore rispetto a quella prospettata dall'interrogante nell'atto parlamentare in esame, è stata determinata, in questi ultimi mesi, dall'assenza dovuta a malattia di una delle due unità ivi applicate; in caso di assenza, per motivi indifferibili e non prevedibili, dell'altro dipendente, pertanto, è stato necessario provvedere alla sua immediata sostituzione, il che richiede tempi tecnici di attuazione, sia pur brevi.
Quanto al servizio del recapito, ha concluso la società Poste, presso l'ufficio di Pantano di Treggiano - da cui dipende il servizio di consegna della corrispondenza in tutto il territorio comunale interessato - non sono state segnalate interruzioni, nemmeno di breve durata, mentre è possibile che si sia verificato qualche disguido dovuto alla non corretta conoscenza della toponomastica della zona da parte delle unità chiamate a sostituire i titolari temporaneamente assenti.
Il Ministro delle comunicazioni: Maurizio Gasparri.

COLA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
sul quotidiano Il Mattino del 20 giugno 2002 veniva pubblicato un articolo con il quale veniva comunicato che alcuni magistrati della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Napoli, distribuivano volantini con i quali venivano enunciate le ragioni dell'astensione proclamata dall'Anm -:
se, per tale volantinaggio, così come prescritto dalla normativa vigente, sia stata richiesta ed ottenuta regolare autorizzazione.
(4-03280)

Risposta. - Si fa presente che la questura di Napoli, interessata in merito, ha reso noto che effettivamente non risultavano pervenute comunicazioni preventive circa l'iniziativa del volantinaggio, poi realizzata nel mese di giugno 2002 dai giudici in questione, rilevando, peraltro, che la normativa vigente non impone per il volantinaggio alcun obbligo di informazione, né richiede il rilascio di autorizzazione.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alfredo Mantovano.

CRISCI, BORRELLI, CIALENTE, LOLLI, MARIOTTI, MARONE, GALEAZZI, BOVA, BELLINI, RUGGHIA e COLUCCINI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro


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dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'attuale sistema dei trasferimenti statali ai comuni determina una preoccupante e diffusa «sfasatura» tra le previsioni di competenza e la disponibilità di cassa;
anche per effetto delle disposizioni della legge finanziaria 2002 le modalità ed i tempi di accredito dell'addizionale Irpef (entrata importante ai fini del rispetto del patto di stabilità e che rappresenta mediamente circa il 15 per cento delle entrate tributarie) subiranno un ulteriore rallentamento con il rischio che molti comuni non potranno effettuare neanche i pagamenti necessari ad assicurare i servizi pubblici essenziali;
si rende necessario rivedere il contenuto dell'articolo 222 del decreto legislativo 10 agosto 2000 n. 267 nella parte in cui stabilisce che il tesoriere, su richiesta dell'ente, concede anticipazioni entro il limite massimo dei tre dodicesimi delle entrate accertate nel penultimo anno;
sarebbe auspicabile un intervento urgente teso a consentire l'utilizzo delle entrate a specifica destinazione per il pagamento delle spese correnti ed il ricorso ad anticipazioni di tesoreria in misura superiore al limite vigente e, comunque, fino alla concorrenza delle somme maturate a titolo di entrate tributarie, ancorché non accreditate dallo Stato -:
se e quali provvedimenti si intenda assumere per evitare che i comuni rischino di trovarsi nella impossibilità di assicurare il mantenimento dei servizi essenziali, senza pregiudicare il rispetto del patto di stabilità.
(4-02275)

Risposta. - In merito alla problematica esposta, inerente la preoccupante «sfasatura» tra le previsioni di competenza e la disponibilità di cassa nei bilanci comunali, si fa presente, innanzi tutto, che l'introito degli enti locali calcolato sul gettito dell'IRPEF risulta essere un'imposta «facoltativa» per gli enti locali.
La legge 28 dicembre 2001 n. 448 (legge finanziaria per l'anno 2002), all'articolo 25, comma 5, in sostituzione dei commi 3, 4 e 5 dell'articolo 67 della legge 23 dicembre 2000, n. 338, ha previsto che il gettito della compartecipazione (per gli anni 2002 e 2003) sia ripartito dal ministero dell'interno a ciascun comune in proporzione all'ammontare fornito dal ministero dell'economia e delle finanze sulla base dei dati disponibili dell'imposta netta dovuta dai contribuenti, e distribuito territorialmente in funzione del domicilio fiscale risultante presso l'anagrafe tributaria.
La legge finanziaria, pertanto, ha stabilito i criteri della distribuzione del gettito non prevedendo invece per il ministero dell'economia e delle finanze possibilità di slittamenti dei termini delle comunicazioni dei dati da fornire al ministero dell'interno, unica condizione in grado di produrre la paventata «sfasatura» fra competenza e cassa.
Comunque, al fine di regolare i tempi delle erogazioni dei trasferimenti erariali, come auspicato dall'interrogante, per consentire ai comuni il mantenimento dei servizi essenziali, si fa presente che è stato emanato, di concerto con il ministero dell'economia e delle finanze, il decreto n. 3 del 21 febbraio 2002, contenente «Modalità di erogazione per l'anno 2002 dei trasferimenti erariali ed altre assegnazioni a favore degli enti locali» pubblicato sulla
Gazzetta Ufficiale n. 56 del 7 marzo 2002. Il decreto in argomento, fra l'altro, disciplina all'articolo 6 l'erogazione della compartecipazione comunale al gettito dell'IRPEF in due rate, rispettivamente entro i mesi di marzo e luglio.
Relativamente alle anticipazioni di tesoreria regolamentate all'articolo 222 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, approvato dal decreto legislativo n. 267 del 2000, occorre evidenziare che l'abolizione del limite dei tre dodicesimi sui primi tre capitoli di entrata del bilancio graverebbe l'ente locale di interessi maggiori in relazione all'effettivo utilizzo delle anticipazioni. Ciò farebbe venire meno la
ratio di contenimento delle spese degli enti locali,


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obiettivo che può ricondursi anche alle politiche nazionali di bilancio.
Inoltre, si dovrebbero rinegoziare tutte le convenzioni poste in essere dagli enti locali con i soggetti abilitati al servizio di tesoreria. Nello stesso tempo la possibilità di indebitamento oltre il citato limite minerebbe la stabilità dei bilanci e potrebbe provocare il dissesto finanziario di tutti quegli enti che non fossero in grado di ripianare le notevoli anticipazioni.
Analogamente alle anticipazioni di tesoreria, deve considerarsi la possibilità di utilizzo delle entrate a specifica destinazione per il pagamento di spese correnti, ai sensi dell'articolo 195 del citato testo unico, che prevede per tale utilizzo la stessa misura di importo dell'anticipazione di tesoreria con l'obbligo, tuttavia, di ricostituire la consistenza delle somme vincolate con i primi introiti non soggetti a vincolo di destinazione. Anche per tale istituto non può prevedersi un limite diverso (sino alla concorrenza delle entrate tributarie accertate ma non riscosse), dovendo essere fatta salva la possibilità per l'ente locale di coprire le spese con il vincolo di destinazione attraverso l'anticipazione di tesoreria stabilita in tre dodicesimi.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Antonio D'Alì.

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
all'atto della sua costituzione nel 1995, la Prefettura di Biella doveva disporre di un organico di oltre 80 persone;
in realtà l'organico non ha mai superato le cinquanta unità;
in particolare in questi giorni la Prefettura di Biella ha conosciuto il minimo storico con trentuno impiegati e nove dirigenti;
ne risente - ovviamente - il disbrigo delle pratiche con grave nocumento dell'immagine dell'istituzione;
secondo quanto risulta all'interrogante il precedente governo si sarebbe limitato a promettere un generico interessamento non seguito da alcun concreto provvedimento;
di recente le organizzazioni sindacali, in pieno accordo, hanno inviato al Ministro dell'Interno un documento che denuncia l'attuale assoluta insostenibilità dei carichi di lavoro e che dunque chiede un urgente e concreto intervento per assicurare quanto meno i servizi essenziali -:
se sia nota la gravità delle condizioni in cui versa la Prefettura di Biella e, in caso affermativo, quali urgenti provvedimenti intenda assumere per implementare l'organico garantendo quanto meno l'espletamento dei servizi essenziali.
(4-00611)

Risposta. - La carenza di personale evidenziata presso l'ufficio territoriale del Governo di Biella e in altre sedi del Nord, acuitasi peraltro con il passaggio in mobilità del personale presso gli enti locali a seguito dell'attuazione dell'articolo 130 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, concernente il conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni o enti locali, è da tempo all'attenzione dell'amministrazione dell'interno.
Tuttavia, le novità legislative e contrattuali che hanno interessato il comparto in questi ultimi anni non hanno consentito di assicurare una soluzione del problema in tempi rapidi.
L'approvazione della legge 17 agosto 1999, n. 288, in attuazione dell'articolo 36 della legge 1o aprile 1981, n. 121, ha previsto l'assunzione di un contingente di personale al fine di assicurare il pieno adempimento dei compiti di sicurezza attribuiti all'Amministrazione. In aggiunta, l'individuazione dei nuovi profili professionali e delle modalità di riqualificazione, disciplinati nel contratto integrativo firmato il 28 giugno 2000, ha reso necessaria, in tempi diversi, una rimodulazione delle dotazioni organiche.
Tale complesso procedimento si è concluso nel corso del 2001.


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Successivamente, sono state avviate le procedure di riqualificazione per i passaggi tra le aree e all'interno delle stesse, al termine delle quali sarà possibile quantificare il numero dei posti vacanti da destinare a nuove assunzioni.
Solo in quella sede, nell'ottica di una complessiva e organica ridistribuzione delle risorse umane a livello nazionale, potranno essere prese in considerazione le singole realtà locali e garantire, anche per la Prefettura di Biella, conformemente a quanto auspicato dall'onorevole interrogante, le necessarie dotazioni di personale.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Antonio D'Alì.

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
ogni anno, alcune decine di appartenenti alla polizia di Stato, per motivi di salute quasi sempre dipendenti da «causa di servizio», vengono giudicati da una apposita commissione medica inidonei al servizio nella polizia e conseguentemente immessi d'ufficio nei ruoli civili del Ministero dell'interno;
peraltro il decreto del Presidente della Repubblica 24 aprile 1982 n. 339, avente ad oggetto «Passaggio del personale non idoneo all'espletamento dei servizi di polizia, ad altri ruoli dell'Amministrazione della pubblica sicurezza o di altre amministrazioni dello Stato», prevede che alcuni diritti di assoluta rilevanza, già acquisiti, vengano mantenuti;
in particolare l'articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica 339 del 1982 testualmente recita: «Il trasferimento in altri ruoli della polizia di Stato o in altre amministrazioni dello Stato non comporta modifiche delle dotazioni organiche dei ruoli di provenienza o di quelli di destinazione. Il personale trasferito è inquadrato in soprannumero, riassorbibile con la cessazione del servizio per qualsiasi causa, del personale stesso nella qualifica corrispondente a quella rivestita al momento del trasferimento, conservando la anzianità nella qualifica ricoperta, l'anzianità complessivamente maturata e la posizione economica acquisita. In corrispondenza dei posti occupati in soprannumero dal personale trasferito ai sensi del presente decreto legislativo, sono resi indisponibili nella qualifica iniziale del ruolo di provenienza, i posti lasciati liberi da detto personale, fino al riassorbimento del soprannumero. Nel caso in cui il nuovo trattamento spettante a titolo di assegni fissi e continuativi risulti inferiore a quello in godimento allo stesso titolo all'atto del passaggio, la eccedenza è attribuita sotto forma di scatti aggiuntivi convenzionali di stipendio»;
nonostante le previsioni di cui al citato decreto del Presidente della Repubblica 339 del 1982, gli invalidi della Polizia di Stato sono inquadrati nei ruoli dell'Amministrazione civile con l'azzeramento dell'anzianità, quasi fossero assunti al momento del passaggio nei nuovi ruoli;
la palese inosservanza della norma non è peraltro di poco conto, atteso che l'anzianità è il requisito fondamentale per poter partecipare a corsi di aggiornamento, di riqualificazione, ad avanzamenti economici, a concorsi interni, ad attribuzioni di incarichi, e che, comunque, l'azzeramento dell'anzianità costituisce grave pregiudizio a diritti che sacrosantamente competono agli uomini della polizia di Stato divenuti invalidi spesso, fra l'altro, per causa di servizio;
è assolutamente necessario riparare a tale ingiustizia, senza che vi sia necessità, fra l'altro, di intervenire legislativamente, dovendosi invece semplicemente osservare il disposto del vigente articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica 24 aprile 1982 n. 339;
appare inconsistente la serie di ragioni fin qui addotte per giustificare la disapplicazione della legge, tenuto conto del tenore delle risposte date a quanti hanno sollecitato il rispetto del decreto del Presidente della Repubblica 339 del 1982;


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appare ancor più fuori luogo che la disapplicazione di una legge vigente, già fatto di per sé inammissibile, venga per di più decisa in danno di quanti, semmai, spesso dovrebbero essere meritevoli di particolare attenzione proprio in quanto colpiti da invalidità dovute a cause di servizio -:
per quali ragioni non si dia attuazione al disposto dell'articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica 24 aprile 1982 n. 339 e, dunque, se non si ritenga di dare istruzioni precise alla direzione Generale per l'Amministrazione generale per gli affari del personale affinché vengano scrupolosamente rispettati i diritti previsti dal decreto del Presidente della Repubblica 339 del 1982, segnatamente per quanto concerne il mantenimento dell'anzianità di servizio.
(4-01338)

Risposta. - Il personale del dipartimento di pubblica sicurezza transitato nei ruoli dell'amministrazione civile dell'interno, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 24 aprile 1982, n. 339, conserva, dal momento dell'inquadramento e per tutti gli effetti di legge, l'anzianità complessivamente maturata e il trattamento economico più favorevole.
Ciò vale in linea generale.
Tuttavia, in materia di contratto e rapporto di lavoro, la normativa prevede (articoli 15 e 20 del contratto collettivo nazionale di lavoro comparto ministeri) che i passaggi all'interno di una medesima area avvengano mediante determinate procedure di selezione i cui criteri generali vengono demandati alla contrattazione integrativa.
L'articolo 10 del contratto integrativo ministero dell'interno, nell'ambito dell'individuazione dei criteri generali per l'attribuzione dei punteggi per i passaggi all'interno della stessa area, conferisce peculiare rilievo all'anzianità maturata nella qualifica nel comparto ministeri.
Tale previsione, diretta ad individuare gli aventi diritto alle procedure selettive, non può considerarsi discriminatoria dovendo reputarsi del tutto logico il riconoscimento di un maggior rilievo, ai fini di una futura riqualificazione nell'ambito di una amministrazione, all'omogeneità dell'attività prestata nel medesimo comparto, rispetto alle peculiarità proprie di diverse realtà lavorative.
Ciò trova conferma sia in quanto espresso, sebbene ad altri fini, dallo stesso legislatore (confronta articolo 41 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 1970, n. 1077, concernente il computo dell'anzianità di servizio per l'ammissione agli scrutini di promozione), sia nell'orientamento espresso dal Consiglio di Stato (confronta Sezione III, 3 giugno 1997, n. 660) per il quale, anche ai fini dell'incremento della retribuzione individuale di anzianità, legittimamente l'amministrazione computa esclusivamente il servizio prestato nell'ambito del comparto di appartenenza, senza prendere in considerazione l'esperienza maturata in settori diversi ed eterogenei.
Il problema prospettato dall'interrogante è comunque oggetto della massima attenzione e di studio da parte dell'amministrazione interrogata nell'intento di corrispondere, compatibilmente con le disposizioni dettate dall'ordinamento, a quanto auspicato dall'interrogante.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Antonio D'Alì.

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro delle comunicazioni. - Per sapere - premesso che:
l'associazione radioamatori italiani conta all'incirca 18.000 iscritti sull'intero territorio nazionale ed è stata eretta in ente morale con decreto del Presidente della Repubblica 368/1950;
l'associazione fa parte del sistema di protezione civile ed ha contribuito in misura decisiva, in molte circostanze, a dare efficienza ed efficacia alle operazioni di intervento delle unità operative;
un referendum fra gli iscritti, nel 1999, ha modificato lo statuto dell'associazione per evitare che i dirigenti restassero tali ...vita natural durante;


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il referendum «modificativo» registrò un consenso superiore al 90 per cento dei partecipanti;
con la nuova normativa i componenti del consiglio direttivo durano in carica tre anni e possono essere rieletti per non più di tre mandati consecutivi;
in caso di vacanza e fino ad un massimo di due consiglieri, il consiglio direttivo può sostituirli ricorrendo all'istituto della cooptazione, che deve essere esercitata nell'ambito dei candidati non eletti nelle ultime elezioni oppure indicendo apposite elezioni per colmare i vuoti;
entro agosto del corrente anno 2002 si svolgeranno le elezioni per il rinnovo degli organismi nazionali e si sono ripresentati, quali candidati, il signor Alessio Ortana, presidente da sei mandati consecutivi, il signor Mario Ambrosi, anch'egli in carica da cinque mandati consecutivi, ed infine il signor Pietro Marino eletto per tre volte di seguito;
secondo una interpretazione fornita dai candidati sovraricordati, la nuova norma statutaria dovrebbe valere a far data dal 1999, nel senso che essi avrebbero diritto di essere eletti per tre mandati consecutivi a partire, appunto, dal 1999;
il ministero segue l'attività dell'associazione attraverso un suo dirigente, dottoressa Tondi, che partecipa alle riunioni del consiglio direttivo;
il Ministero delle comunicazioni, dunque, ha ius loquendi in materia e deve valutare e verificare l'andamento statutariamente corretto della vita associativa -:
quale sia la corretta interpretazione del nuovo articolo dello statuto dell'associazione radioamatori italiani che prevede il limite dei tre mandati consecutivi per i membri del consiglio direttivo.
(4-03053)

Risposta. - Si premette che, come noto, il decreto del Presidente della Repubblica 10 febbraio 2000, n. 361 ha profondamente innovato i procedimenti relativi alle persone giuridiche private, ivi compreso quello per le modificazioni dello statuto, attribuendo al ministero dell'interno, per il tramite dei Prefetti, la competenza, in passato suddivisa, quanto all'adozione dei provvedimenti formali, tra le diverse amministrazioni dello Stato.
Ciò posto si ritiene che il nuovo articolo 27 dello statuto dell'associazione radioamatori italiani, che prevede «che i membri del consiglio direttivo durano in carica tre anni e possono essere rieletti per non più di tre mandati consecutivi», disponga per il futuro e che pertanto, i mandati esauritisi prima dell'entrata in vigore della modifica statutaria non possano entrare a far parte del cumulo, attualmente previsto.
Il Ministro delle comunicazioni: Maurizio Gasparri.

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro delle comunicazioni. - Per sapere - premesso che:
l'alta valle del Cervo, nel Biellese, è stata qualche settimana fa colpita da una gravissima alluvione che, pur non facendo fortunatamente vittime, ha tuttavia creato danni alle infrastrutture, alle imprese ed alle abitazioni private di cospicue dimensioni;
come se non bastassero il disagio e le difficoltà provocate dalle calamità naturale, si è aggiunta una nuova ed imprevista calamità ... artificiale, derivante dalla inattesa decisione di Poste Italiane S.p.A. di ridurre fortemente il servizio postale dall'1 luglio 2002 al 31 agosto 2002;
i Sindaci dei Comuni interessati e la Comunità Montana dell'Alta Valle del Cervo «La Bursch» hanno protestato fermamente nei confronti della Filiale di Biella di Poste Italiane S.p.A., rappresentando anche al Prefetto di Biella, al Presidente della Provincia di Biella ed ai parlamentari del territorio la loro protesta;
è parso ai Sindaci dei Comuni alluvionati addirittura beffardo che si sia


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addivenuti al provvedimento di riduzione del servizio proprio in concomitanza alle celebrazioni dell'Anno della Montagna, in concomitanza con l'evento calamitoso che ha reso difficili tutti i collegamenti ed in concomitanza con il breve periodo estivo, in cui normalmente la valle ha una cospicua presenza turistica che utilizza i servizi postali in misura massiccia;
come purtroppo sempre accade, anche dal punto di vista del metodo la decisione è criticabile, atteso che, ferma restando l'autonomia della società, la natura pubblica del servizio offerto ai cittadini avrebbe dovuto prevedere una previa consultazione con i rappresentanti degli Enti Locali;
ancor più indecifrabile resta la filosofia del provvedimento, atteso che Poste Italiane S.p.A. non possono pensare di offrire, oltre ai tradizionali servizi, anche prodotti concorrenziali con le banche, peraltro sminuendo il valore concorrenziale del servizio per la ridotta possibilità di utilizzarlo proprio in ragione della riduzione dell'orario di apertura degli uffici;
addirittura assurdo pare il provvedimento tenuto conto del fatto che, nei Comuni interessati, soltanto attraverso l'ufficio postale si possono pagare molti tributi e che dunque viene ridotta persino la possibilità di rendere agevole l'adempimento dei doveri tributari dei cittadini;
appare quindi del tutto condivisibile la protesta avanzata in termini fermi ma civili dal Presidente della Comunità Montana Italo Bernasconi, dal Sindaco di Piedicavallo Maria Grazia Gilardi Nadin, dal Sindaco di Rosazza Pietro Metallo, dal Sindaco di Campiglia Cervo Pierangelo Zedda Stretto e dall'Assessore del Comune di San Paolo Cervo Giorgio Mazzucchetti in rappresentanza del suo Sindaco;
se, il ministro interrogato anche e soprattutto in ragione del fatto che i Comuni sopraindicati, tutti facenti parte della Comunità Montana dell'Alta Valle del Cervo «La Bursch» in Provincia di Biella, hanno ancora aperte le ferite dell'alluvione devastante che li ha colpiti un mese fa, non ritenga di dover intervenire presso Poste Italiane S.p.A. al fine di ottenere il ripristino del servizio postale con il normale orario di apertura degli uffici, con conseguente revoca del provvedimento adottato per il periodo 1 luglio-31 agosto 2002.
(4-03358)

Risposta. - Al riguardo non può che confermarsi quanto già comunicato con nota prot. GM/32138/601/4-3360/Int/BP del 14 ottobre 2002 (allegato disponibile presso gli uffici del Servizio Assemblea), con cui si è data risposta ad un analogo atto parlamentare presentato dall'interrogante.
La società Poste ha, in proposito, aggiunto che la variazione della durata dell'intervento di razionalizzazione, intervenuta a seguito dell'incontro dell'11 luglio 2002, ha riguardato anche il comune di Campiglia Cervo.
Il Ministro delle comunicazioni: Maurizio Gasparri.

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro delle comunicazioni. - Per sapere - premesso che:
i sindaci dei comuni di Borriana, Camburzano, Rosazza, Piedicavallo, Curino, Sostegno, Veglio, Portula, Zubiena, Zumaglia e Tavigliano, tutti appartenenti alla Provincia di Biella, si sono riuniti per concordare una comune strategia contro la decisione di Poste Italiane SpA di ridurre gravemente gli orari di apertura degli uffici postali;
la mancanza di una preventiva comunicazione ai rappresentanti delle comunità locali ha acuito ancor più il disagio delle popolazioni, tanto più in un periodo in cui vi sono scadenze di natura fiscale per onorare le quali soprattutto gli anziani sono in seria difficoltà;
Poste Italiane SpA è azienda che certamente, in questo momento, sta dando un decisivo contributo allo spopolamento delle montagne, fra l'altro proprio nel 2002, dichiarato l'Anno della Montagna;


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il mantenimento di un servizio tanto essenziale deve essere impegno imprescindibile del Governo -:
se non ritenga di dover intervenire con la massima urgenza presso la direzione di Poste Italiane SpA per garantire ai comuni Biellesi un servizio postale serio e continuo e per indurre la direzione, in ogni caso, a comunicare con congruo anticipo le proprie decisioni ai rappresentanti delle comunità locali per contenere il disagio delle popolazioni.
(4-03360)

Risposta. - Si ritiene opportuno far presente che, a seguito della trasformazione dell'ente Poste italiane in società per azioni, il Governo, non ha il potere di sindacarne l'operato in merito alla gestione aziendale che, com'è noto, rientra nella competenza specifica degli organi statutari della società.
Nondimeno, al fine di disporre di elementi di valutazione in merito a quanto rappresentato dall'interrogante nell'atto parlamentare in esame, non si è mancato di interessare la predetta società la quale ha precisato che nel contesto delle iniziative adottate al fine di ottimizzare l'offerta dei servizi e di calibrarla alla domanda è stata effettuata una attenta analisi delle realtà operative aziendali.
In tale ottica è stato adottato un nuovo modello di organizzazione della rete che, in alcuni casi, ha comportato una riduzione delle giornate e/o delle ore di apertura al pubblico degli uffici, in particolare nel periodo estivo, in particolare nei casi in cui tale soluzione è stata considerata non particolarmente penalizzante per l'utenza, atteso che le rilevazioni sui flussi di traffico riferite agli anni passati avevano evidenziato sensibili flessioni nell'affluenza della clientela in questo periodo dell'anno.
Ciò premesso in linea generale, Poste italiane, nel significare che tali interventi temporanei sono compresi in un piano regionale che è aggiornato ed autorizzato annualmente, ha comunicato che dei 93 uffici che fanno parte della filiale di Biella, 37 hanno subito una limitazione della loro operatività ed in particolare in 2 uffici è stato eliminato il turno pomeridiano, 15 uffici sono stati interessati dall'apertura antimeridiana con orario ridotto (
part time orizzontale) e 20 dall'apertura a giorni alterni (part time verticale).
Poste italiane ha, in proposito, sottolineato come proprio l'assenza di provvedimenti di chiusura totale stia a dimostrare l'attenzione e la considerazione della società nei confronti della clientela residente in zone montane ed ha precisato che le suddette riduzioni non hanno comportato variazioni nello svolgimento del servizio di recapito della corrispondenza.
Quanto alla lamentata mancanza di preventiva comunicazione alle autorità locali dei programmi di nuova modulazione dell'orario di apertura al pubblico degli uffici, la medesima società Poste ha significato che il giorno 24 giugno 2002 il responsabile della filiale di Biella ha trasmesso a tutti i sindaci dei comuni coinvolti dagli interventi di razionalizzazione estiva, un piano dettagliato delle iniziative che avrebbero interessato gli uffici nel periodo compreso fra il 1o luglio ed il 31 agosto 2002.
Tutti gli uffici interessati, da parte loro, hanno esposto cartelli contenenti le indicazioni degli uffici aperti nelle vicinanze, mentre sono state inviate all'ufficio delle relazioni con la stampa, le consuete comunicazioni per la pubblicazione sui quotidiani locali.
A dimostrazione della volontà di venire incontro alle esigenze manifestate dalla clientela, la società Poste ha ricordato che in data 8 luglio 2002 si è tenuto un incontro tra il presidente della provincia ed il direttore della filiale di Biella nei corso del quale sono stati riesaminati alcuni interventi già programmati ed in particolare quelli riguardanti alcune località fra quelle indicate dall'interrogante nell'atto parlamentare in esame in cui è presente un solo ufficio postale: di conseguenza la chiusura a giorni alterni (
part time verticale) è stata trasformata in apertura giornaliera con orario ridotto (part time orizzontale).
Il successivo 11 luglio 2002, il medesimo responsabile territoriale ha incontrato i sindaci delle località montane interessate


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(tra cui Rosazza e Piedicavallo) ed il presidente della comunità montana Alta Valle Cervo.
Da ultimo la società ha precisato che, a seguito dell'alluvione che ha colpito la regione Piemonte, è stato abbreviato il periodo di durata degli interventi inizialmente previsto.
Il Ministro delle comunicazioni: Maurizio Gasparri.

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro dell'interno, al Ministro per gli italiani nel mondo. - Per sapere - premesso che:
il signor Mazzia René Lucien Joseph, nato a Le Theil sur Huisne (Francia) il 20 aprile 1938, attualmente cittadino francese, con residenza anagrafica a Le Man, è figlio di Mazzia Renato Candido Giuseppe, nato ad Ailoche (Biella) il 24 novembre 1902 e di Agnès Clotilde Diard nata a Savigny Sur Braye il 7 dicembre 1901;
il padre del signor Mazzia René Lucien Joseph, quale cittadino italiano, ha svolto il servizio militare in Italia nel 4 Reggimento Alpini ed è stato illimitatamente congedato in data 8 ottobre 1923;
nel 1925 il padre del signor Mazzia René Lucien Joseph emigrò in Francia ove si sposò ed ebbe appunto, come figlio unico, il predetto signor Mazzia René Lucien Joseph;
nel corso della seconda guerra mondiale il signor Mazzia Renato, padre del signor Mazzia René Lucien Joseph, venne naturalizzato francese prestando dunque servizio militare nell'esercito francese, nell'Arma del Genio, con il grado di sergente, nella Brigade de Gendarmerie du Theil (Orne);
il signor Mazzia René Lucien Joseph, ora pensionato, è tornato in Italia ed intende stabilirsi definitivamente nel nostro Paese nella casa del padre ubicata appunto in comune di Ailoche (Biella);
il signor Mazzia René Lucien Joseph ritiene di avere il diritto di ottenere la cittadinanza italiana ed all'uopo, dopo essersi recato per informazioni al consolato italiano di Parigi, da questo è stato rinviato al consolato francese di Torino;
al consolato francese di Torino, esaminata la pratica, il signor Mazzia si è sentito dire che non vi erano problemi e che avrebbe dovuto recarsi presso il comune di Ailoche per chiedere un certificato di cittadinanza italiana del defunto padre, ottenuto il quale il signor Mazzia avrebbe potuto ottenere la cittadinanza italiana;
il comune di Ailoche ha precisato che il certificato di cittadinanza italiana del defunto padre può essere rilasciato ma con l'indicazione che quest'ultimo aveva mantenuto la cittadinanza italiana soltanto sino alla data di partenza per la Francia;
il signor Mazzia René Lucien Joseph si sente a tutti gli effetti cittadino italiano ed intende ottenere la cittadinanza che, allo stato, attesa la risposta del comune di Ailoche, non potrà essere dichiarata;
il comune di Ailoche, peraltro, ha consegnato al signor Mazzia un modulo per l'istanza di riconoscimento del possesso dello status civitatis italiano ai cittadini stranieri di ceppo italiano, contenente peraltro una dichiarazione, che il signor Mazzia non può rilasciare, con la quale si attesta che il defunto padre non ha mai acquisito altra cittadinanza straniera;
il signor Mazzia che - come detto - si sente e si è sempre sentito «italiano all'estero» indipendentemente dalla cittadinanza straniera, si trova dunque nella condizione di avere il consolato francese che ritiene che egli abbia il diritto di acquisire la cittadinanza italiana mentre lo Stato italiano - e per esso il comune di Ailoche - non è nelle condizioni di concedergliela;
il signor Mazzia sottolinea che il proprio defunto padre, allo scoppio della


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seconda guerra mondiale, fu messo nella condizione di acquistare la cittadinanza francese e di prestare servizio militare nell'esercito francese, in quel momento in condizione di belligeranza con il nostro Paese, per evitare conseguenze giudiziali che prevedevano anche l'arresto -:
quale soluzione tecnica sia applicabile al caso in esame e come dunque il signor Mazzia René Lucien Joseph possa acquistare la cittadinanza italiana, considerando le condizioni particolari con le quali il proprio defunto padre fu costretto ad accettare la cittadinanza francese.
(4-03712)

Risposta. - In via preliminare si evidenzia che la disciplina della cittadinanza italiana contenuta nella legge 15 febbraio 1992, n. 91, succeduta alla legge n. 555 del 1912, si pone su una linea di sostanziale continuità con l'anteriore legislazione mediante la conferma dello ius sanguinis, in base al quale i discendenti di cittadini italiani possono acquistare o recuperare il possesso della cittadinanza italiana secondo modalità privilegiate, pur se nati all'estero ed ivi sempre residenti.
Ciò in ossequio al principio di nazionalità nell'assegnazione dello
status civitatis, secondo la tradizione propria degli ordinamenti giuridici europei continentali.
Le condizioni richieste per detto riconoscimento della cittadinanza italiana si basano, da un lato sulla dimostrazione della discendenza dal soggetto originariamente investito dello
status di cittadino (il genitore) e, dall'altro sulla comprovazione dell'assenza di interruzioni nella trasmissione della cittadinanza.
Le modalità del procedimento di riconoscimento del possesso
iure sanguinis della cittadinanza italiana sono state puntualmente formalizzate nella circolare n. K 28.1 del ministero dell'interno, emanata in data 8 aprile 1991, rimasta attuale anche dopo la legge n. 91/1992, per le motivazioni sopra illustrate.
Secondo tale circolare, le istanze di riconoscimento, corredate della prescritta documentazione regolare e completa, devono essere indirizzate al sindaco del comune italiano di residenza, ovvero al console italiano nell'ambito della cui circoscrizione consolare risiede l'istante straniero di ceppo italiano.
La competenza ad espletare il procedimento è attribuita all'autorità come sopra individuata, in relazione al luogo di residenza della persona interessata, intendendosi per residente il soggetto regolarmente soggiornante ed iscritto nel registro anagrafico della popolazione del comune del luogo di residenza.
Relativamente alle specifiche questioni sollevate dall'interrogazione si fa presente quanto segue.
Appare, in primo luogo, di fondamentale importanza stabilire con certezza se, al momento della nascita del signor Mazzia René Lucien Joseph (anno 1938), il signor Mazzia Renato (genitore) avesse o meno già acquistato la cittadinanza francese, in quanto fino all'entrata in vigore della legge n. 91/1992 si perdeva la cittadinanza italiana con l'acquisto volontario di altra straniera.
Nella prima ipotesi il signor Mazzia René non avrebbe acquisito la cittadinanza italiana, che potrebbe ottenere soltanto ai sensi dell'articolo 9, lettera
a), della citata legge n. 91/1992.
Nella seconda ipotesi invece (mancato acquisto della nazionalità francese) l'interessato sarebbe da ritenersi cittadino italiano al momento della nascita e tale
status civitatis permarrebbe tuttora, a condizione che non vi abbia successivamente e volontariamente rinunciato; anche in tale ultima ipotesi, comunque, il signor Mazzia René potrebbe riacquistare la cittadinanza italiana ai sensi dell'articolo 13 lettera d) della legge sopra richiamata.
Sarà in ogni caso cura del Mazzia René comprovare, tramite idonea documentazione rilasciata dalle competenti autorità francesi, la data dell'avvenuta naturalizzazione francese del proprio genitore e le modalità di acquisto della medesima.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Antonio D'Alì.


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DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro delle comunicazioni. - Per sapere - premesso che:
il quotidiano «Il Giornale» di domenica 4 agosto, alle pagine 1 e 7, espone nei dettagli il caso del signor Sandro Cingolani di Campione d'Italia che, da tempo, è perseguitato dalla Rai che continua a richiedere minacciosamente il pagamento del canone di abbonamento alla televisione;
il signor Sandro Cingolani asserisce di non aver mai posseduto un televisore e di aver più volte segnalato alla Rai la sua libera e legittima scelta di non essere un cittadino teledipendente;
a dispetto di tali comunicazioni, il signor Cingolani continua a ricevere lettere raccomandate dalla Rai che, imperterrita, insiste nell'esigere il pagamento del canone di abbonamento;
la persecuzione che sta subendo il signor Sandro Cingolani in realtà è molto diffusa e coinvolge una vasta platea di cittadini;
appare contestabile e scorretto il meccanismo per cui le intimazioni della Rai vengono inviate prima e non dopo i controlli -:
se il signor Sandro Cingolani abbia effettivamente comunicato al competente ufficio della Rai di non possedere alcun apparecchio televisivo;
in caso affermativo, per sapere per quale ragione la Rai continui, senza aver disposto alcun controllo, ad inviare raccomandate finalizzate al pagamento del canone;
se non si ritenga di dover segnalare al Consiglio di Amministrazione della Rai di modificare un meccanismo letteralmente persecutorio che crea disagi ed angoscia in migliaia di cittadini che versano nella stessa situazione in cui versa il signor Sandro Cingolani.
(4-03719)

Risposta. - Si fa presente che la società RAI collabora con l'Amministrazione finanziaria alla riscossione ed alla gestione del canone televisivo come previsto dall'atto aggiuntivo alla convenzione stipulata con l'allora Ministro delle finanze - dipartimento delle entrate.
Tra le attività che la società RAI è chiamata a svolgere vi è quella di inviare, mediante lettera ordinaria, ai cittadini che - in base alle informazioni comunicate dall'URAR-TV - non risultano titolari di abbonamento radiotelevisivo, semplici comunicazioni volte ad informarli sugli obblighi derivanti dalla detenzione di uno o più apparecchi televisivi e dei vantaggi conseguenti alla regolarizzazione spontanea.
Poiché lo scopo di tali lettere è quello di informare, ne discende che le stesse sono inviate prima della effettuazione dei controlli da parte degli organi competenti.
Il testo delle comunicazioni in parola - ha precisato la società RAI - è stato concordato con il Garante per la protezione dei dati personali al fine di assicurare trasparenza e correttezza nei riguardi dell'utenza, anche allo scopo di evitare che il contenuto potesse essere erroneamente interpretato come intimazione al pagamento.
Ciò premesso in linea generale, per quanto concerne il particolare caso del signor Sandro Cingolani, la società RAI ha comunicato che da quanto risulta agli atti, all'interessato sono state inviate due comunicazioni del genere in esame - nel settembre 2001 e nel maggio 2002 - entrambe rimaste senza riscontro.
Il Ministro delle comunicazioni: Maurizio Gasparri.

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro delle politiche agricole e forestali. - Per sapere - premesso che:
il quotidiano Libero di giovedì 29 agosto 2002 alla pagina 29 (inserto Lombardia), riporta le preoccupazioni del corpo forestale della Lombardia del sud, che può contare, per le sue molteplici attività, soltanto su una diecina di uomini, su un'autovettura Ford fiesta assolutamente inadeguata per i percorsi che le esigenze di servizio richiedono, nonché su


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un comando stazione a rischio atteso che pende uno sfratto da parte dell'Azienda regionale dei porti;
gli uomini del corpo forestale dello Stato hanno la responsabilità del controllo dei parchi regionali sui fiumi per un territorio che parte da Piacenza ed arriva sino al Veneto, del controllo dei terreni, del controllo dei corsi d'acqua nelle zone ove esistono insediamenti industriali a rischio (sono presenti sul territorio una raffineria, uno stoccaggio di gas, un'acciaieria ed il polo chimico di Mantova), del controllo nell'esercizio della caccia tenendo conto della presenza di oasi di ripopolamento, di terreni e di riserve vietate ai cacciatori, del monitoraggio sulle cave di sabbia, del contrasto all'abusivismo edilizio negli spazi golenali;
effettivamente paiono fondate le doglianze di coloro che non sono in grado, con l'attuale organico e con l'attuale dotazione di mezzi, di espletare tutti gli importanti compiti loro assegnati dalla legge;
ad avviso dell'interrogante, l'incuria manifestata in materia dal precedente governo non può essere perpetuata -:
se non ritenga di dover implementare l'organico del corpo forestale dello Stato nella Lombardia del sud, dotandolo altresì di mezzi moderni ed adeguati ai bisogni e cercando altresì efficienti comandi-stazioni.
(4-03806)

Risposta. - In premessa, non può non condividersi la preoccupazione espressa nell'interrogazione, relativa all'esiguità dell'organico del Corpo Forestale dello Stato, esiguità che si caratterizza in tutto il territorio nazionale e che impedisce lo svolgimento ottimale del servizio.
In particolare, nelle province di Cremona, Mantova e Pavia, attualmente prestano servizio quaranta unità, appartenenti ai ruoli degli ispettori dei sovrintendenti e degli agenti ed assistenti, distribuiti tra dieci stazioni forestali e l'ufficio del coordinamento provinciale di Pavia.
Con le ultime immissioni in servizio di nuovi agenti, purtroppo, non è stato possibile potenziare in misura superiore i presidi ricadenti in tale area geografica, a causa delle imprescindibili esigenze di servizio riscontrate in altre zone del Paese.
Per quanto concerne i mezzi in dotazione, si fa presente che, di recente sono state assegnate n. 11 autovetture Panda al Coordinamento regionale per la Lombardia, compatibilmente con gli stanziamenti di bilancio.
Pertanto, mentre si assicura l'attenzione dell'amministrazione verso la problematica evidenziata occorre, però, precisare che un congruo incremento degli organici potrà avvenire solo all'atto di nuove assunzioni, che avverranno mediante concorsi da espletarsi su base regionale.
Nel frattempo, l'impegno dell'amministrazione è diretto ad assicurare che la consistenza numerica dei presidi ricadenti nella Lombardia meridionale rimanga inalterata.
Il Ministro delle politiche agricole e forestali: Giovanni Alemanno.

DEODATO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
i comuni di Vermezzo (Milano) e di Zelo Surrigone (Milano) sono consorziati nell'Unione dei Navigli il cui presidente riveste la carica di consigliere nel comune di Vermezzo;
la legge n. 265 del 1999 e successivamente il decreto legislativo n. 267 del 2000 hanno modificato la disciplina per la nomina del Presidente nelle Unioni di comuni individuando lo stesso necessariamente tra i sindaci dei comuni aderenti;
la normativa vigente al momento della nomina dell'attuale presidente dell'Unione dei Navigli stabiliva che i sindaci dei comuni non potevano assumere ruoli direttivi (presidente, assessore, consigliere) nell'Unione stessa;


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il presidente dell'Unione dei Navigli ha più volte sollecitato gli enti sovraordinati (ministero dell'interno e regione) nonché l'Anci ad esprimersi in merito alla retroattività della nuova disciplina e, contestualmente, in merito alla definizione di termini di scadenza per l'approvazione dell'atto costitutivo e del nuovo statuto;
l'attuale Presidente è stato nominato nel pieno rispetto delle regole allora vigenti e che il nuovo atto costitutivo ed il nuovo statuto sono all'esame delle assemblee dei rispettivi comuni;
il Ministero dell'interno pur invitato in data 13 novembre 1999 e in data 9 dicembre 1999 a fornire una interpretazione della disciplina vigente in seguito alle modifiche apportate dalla legge n. 265 del 1999 e del decreto legislativo n. 267 del 2000 non si è mai pronunciato;
la regione Lombardia ha ufficialmente dichiarato che nella legge n. 265 del 1999 come nel decreto legislativo n. 267 del 2000 non è prevista la decadenza automatica e che non è contemplato un termine ordinatorio o perentorio per l'approvazione del nuovo atto costitutivo e del nuovo statuto dell'Unione dei Navigli;
la prefettura di Milano ha soltanto invitato i comuni di Vermezzo e di Zelo Surrigone a procedere con sollecitudine alla approvazione dell'atto costitutivo e dello statuto -:
se non ritenga opportuno fornire una chiara interpretazione della disciplina attualmente vigente per la nomina del presidente delle unioni di comuni, con particolare riferimento alla sua eventuale natura retroattiva anche in relazione alla presidenza dell'Unione dei navigli.
(4-01072)

Risposta. - In merito alla questione evidenziata, relativa alla nomina del presidente dell'unione dei Navigli, di cui fanno parte i comuni di Vermezzo (Milano) e di Zelo Surrigone (Milano), si deve tener conto che il presidente attualmente in carica, che è anche consigliere nel comune di Vermezzo, è stato eletto anteriormente all'entrata in vigore del T.U.E.L. (decreto legislativo n. 267/2000) che, all'articolo 32 comma 3, prevede che il Presidente dell'unione deve essere scelto tra i sindaci dei comuni interessati.
Il dipartimento affari interni e territoriali del Ministero interrogato, interpellato al riguardo, ha confermato che il presidente di tale unione sia tuttora legittimato a ricoprire la carica, sulla base del principio
tempus regit actum.
Infatti, la revisione della disciplina sulle unioni di comuni di cui alla legge n. 142 del 1990, attuata con la legge n. 265/1999 non ha certamente determinato l'illegittimità delle unioni costituitesi anteriormente, ai sensi della previgente legge n. 142/1990, né dei rispettivi organi, conformati a quel regime normativo.
Il mutamento normativo disposto dalla legge n. 265 del 1999, poi recepito nel Testo Unico, ha piuttosto determinato la necessità di un adeguamento delle presistenti unioni ai nuovi principi, immediatamente vincolanti per le unioni di nuova costituzione.
Tale adeguamento va attuato attraverso lo strumento statutario.
Ed infatti lo statuto dell'unione dei Navigli, approvato dal consiglio comunale di Vermezzo nella seduta del 28 febbraio 2002, all'articolo 31 prevede espressamente che il presidente eletto con la normativa prevista dall'articolo 26 della legge n. 142 del 1990, rimanga in carica fino al termine della legislatura.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Antonio D'Alì.

FASANO. - Al Ministro delle attività produttive. - Per sapere - premesso che:
nella risposta all'atto di sindacato ispettivo n. 4-00442 all'interrogante è stato precisato che, ai sensi del decreto legislativo n. 419 del 1999, l'esercizio della vigilanza sull'ACI da parte del Ministero competente, attiene ai soli atti contabili dell'attività dell'ente pubblico;


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in realtà, poiché nella materia sportiva dell'automobilismo nazionale, istituzionalmente in capo all'ACI, tale ente pubblico riveste la configurazione di federazione sportiva nazionale ed è membro del Coni, con riferimento ad esso - a norma dell'articolo 14, comma 1, del decreto legislativo n. 419 del 1999 - continuano a trovare applicazione le altre disposizioni di legge (il decreto legislativo n. 242 del 1999) e di regolamento (Statuto del Coni) che disciplinano l'organizzazione e il funzionamento - nella parte sportiva - degli enti pubblici nazionali;
il decreto legislativo n. 242 del 1999 che - in attuazione dell'articolo 11 della legge n. 59 del 1997 - ha disposto il riordino del Coni, ha previsto che faccia ad esso capo l'organizzazione sportiva nazionale, cui partecipano una pluralità di federazioni sportive - alcune delle quali hanno la natura di enti pubblici - sulle quali è riconosciuto al Coni un potere di supremazia;
anche il testo del nuovo statuto del Coni ha recepito tale principio di supremazia del Consiglio nazionale del Coni, che si traduce nel coordinamento dell'attività delle federazioni sportive nazionali, da attuare tramite la previsione di principi uniformi nella normativa statutaria di ciascuna federazione sportiva;
a differenza di quanto disposto per altre federazioni sportive, alle quali - a partire dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 242 del 1999 - è stata attribuita ex lege la personalità giuridica di diritto privato, l'articolo 18, comma 6, del citato decreto legislativo, ha disposto che è la federazione sportiva ACI conservasse natura pubblicistica;
a dispetto di ciò, l'ACI è rimasto comunque sottoposto al dovere di conformare la propria normativa statutaria alla nuova disciplina sportiva introdotta dalla riforma del Coni di cui al decreto legislativo n. 242 del 1999;
l'ACI ha sostenuto invece che il mantenimento della natura giuridica pubblica valesse quale deroga al dovere di recepimento nel proprio statuto delle disposizioni di cui al decreto legislativo n. 242 del 1999, a differenza di quanto invece applicabile alle altre federazioni sportive del Coni, la cui natura giuridica era diventata di diritto privato;
l'infondatezza di una tale interpretazione è stata attestata, ad avviso dell'interrogante, dal recepimento effettuato dalla federazione nazionale di tiro a segno (altro ente che, al pari dell'ACI, ha conservato natura pubblicistica) nel proprio statuto dei principi di cui al decreto legislativo n. 242 del 1999;
nel regolamento della CSAI, organismo interno all'ACI, è stata adottata una normativa giuridico-sportiva caratterizzata dalla totale assenza del rispetto del principio della rappresentanza democratica, e quindi contraria ai principi informatori stabiliti dal Coni per le federazioni sportive -:
quali motivi abbiano determinato il Ministro interrogato a decidere di non promuovere la revisione dello statuto dell'ACI secondo le disposizioni di cui all'articolo 13, comma 1, del decreto legislativo n. 419 del 1999, che doveva avvenire con le modalità stabilite per ogni ente dalle norme vigenti, individuate nelle disposizioni normative del decreto legislativo n. 242 del 1999 e nella legge n. 91 del 1981 che disciplinavano l'organizzazione dell'ACI nella materia sportiva;
quali motivi abbiano fatto venire meno il compito di controllare se nello statuto dell'ACI avessero continuato a trovare applicazione, ai sensi dell'articolo 14, comma 1, del decreto legislativo n. 419 del 1999, le disposizioni di cui al decreto legislativo n. 242 del 1999, alla legge n. 91 del 1981, allo statuto del Coni e alla carta olimpica;
se, in una prima fase, spettasse al Coni, ai sensi dell'articolo 5, commi 1 e 2, lettere b), c), d) e e) del decreto legislativo n. 242 del 1999 e dell'articolo 6, commi 1 e 4, lettere b), c), d) e e) dello statuto Coni;


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se, in una fase successiva, i risultati emersi dalla verifica del Coni sulla regolarità della normativa statutaria dell'ACI dovessero essere trasmessi al ministero vigilante, onde consentire allo stesso di promuovere, ai sensi dell'articolo 13, comma 1 e dell'articolo 14, comma 1, del decreto legislativo n. 419 del 1999, la revisione statutaria della normativa dell'ente pubblico secondo le modalità stabilite delle norme vigenti per l'ACI nella configurazione di federazione sportiva nazionale, membro del Coni.
(4-02718)

Risposta. - Nell'atto di sindacato ispettivo si contestano le modalità di esercizio del potere di vigilanza sull'ACI da parte del ministero delle attività produttive, con riferimento alla revisione statutaria prevista dal decreto legislativo n. 419 del 1999.
In particolare, si sostiene che il predetto ministero non avrebbe promosso la revisione dello statuto dell'ACI secondo le disposizioni dell'articolo 13, comma 1, del citato decreto n. 419 del 1999.
In realtà, in base a tale norma, le amministrazioni vigilanti «promuovono, con le modalità stabilite per ogni ente dalle norme vigenti, la revisione degli statuti» per adeguarli alle «norme generali» indicate nello stesso articolo. Norme generali che attengono ad aspetti di natura organizzativa e sono volte a garantire la coerenza degli statuti degli enti pubblici alla riforma in atto nella pubblica amministrazione.
Ed infatti, in assoluta coerenza con le norme generali di cui al citato articolo 13, l'ACI ha tempestivamente provveduto ad apportare le necessarie modifiche al proprio statuto, sottoponendole all'approvazione del ministero delle attività produttive, intervenuta con decreto del 23 gennaio 2001.
Con il provvedimento è stata dunque accertata, in linea con il dettato normativo, la conformità delle modifiche statutarie a quanto richiesto dal decreto legislativo n. 419 del 1999, che nulla ha a che vedere, diversamente da quanto evidenziato nell'interrogazione in esame, con altri aspetti - assolutamente non compresi né riferibili ai contenuti del citato articolo 13 -, quali il ruolo dell'ACI di federazione sportiva nazionale ed il rapporto con le disposizioni contenute nel decreto legislativo n. 242 del 1999 di riordino del CONI.
Con riferimento a tali aspetti si rendono comunque opportune ed utili alcune considerazioni.
Le disposizioni del decreto n. 242 del 1999 richiedono alle federazioni sportive nazionali, al fine di ottenere il riconoscimento da parte del CONI, di adeguare i propri statuti federali ai principi di rappresentanza e democrazia interna.
In occasione della revisione statutaria prevista dal decreto n. 419 del 1999, l'ACI, secondo quanto evidenziato nell'interrogazione in esame, avrebbe dovuto conformare il proprio statuto alle nuove norme introdotte in materia sportiva e riconoscere un potere di vigilanza del CONI sull'ente.
In realtà, premessa l'assoluta coerenza dello statuto dell'ACI a quei principi - come risulta dal fatto che tutti i suoi organi sono eletti dalla base associativa, o direttamente per suffragio universale o in secondo grado -, per altro verso non può negarsi che le norme del decreto legislativo n. 242 del 1999 devono trovare applicazione all'ACI in modi coerenti e compatibili con la sua natura giuridica e con le funzioni ed attività svolte dall'Ente.
Lo stesso decreto legislativo n. 242 del 1999, infatti, per quanto riguarda l'ACI, all'articolo 18, comma 6, afferma che «nulla è innovato quanto alla natura giuridica dell'Automobile Club d'Italia».
La disposizione va correttamente interpretata nel senso di sottrarre l'ACI alla disciplina prevista in via generale per le federazioni sportive private, non potendosi interpretare la suddetta formulazione come riferita alla mera ricognizione della natura pubblica dell'ACI, nel qual caso, infatti, saremmo di fronte ad una norma del tutto ovvia e ridondante.
Con la suddetta previsione il legislatore ha dimostrato di voler conservare la peculiarità organizzativa dell'ACI e delle altre organizzazioni pubbliche richiamate, in virtù della natura giuridica delle stesse.
L'ACI si distingue inoltre dalle altre Federazioni sportive non solo in quanto ente pubblico - cui è affidato lo svolgimento


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delle funzioni di Federazione dello sport automobilistico - ma anche sotto altri profili.
Accanto agli interessi sportivi, infatti, l'ACI, come previsto dall'articolo 4 del proprio Statuto, cura la realizzazione di tutti gli interessi connessi all'uso dell'automobile, quali l'assetto del territorio, il turismo automobilistico, l'istruzione automobilistica e l'educazione stradale, ogni forma di assistenza tecnica, stradale, economica, legale, tributaria, assicurativa diretta a facilitare l'uso degli autoveicoli, nonché lo studio dei problemi e delle attività rivolte allo sviluppo dell'automobilismo.
Da ciò deriva l'impossibilità di disciplinare l'ACI come una qualsiasi Federazione sportiva, in quanto tale sottoposta ai poteri di controllo e vigilanza da parte del CONI.
L'ACI e il CONI sono enti pubblici non economici di pari livello, ai sensi della legge n. 70 del 1975. Da ciò deriva l'assoluta parità giuridica tra i due soggetti e l'impossibilità per l'ACI di riconoscere al CONI il ruolo di autorità vigilante. Laddove fosse ammessa la presenza di tali poteri, peraltro mai esistiti nei confronti dell'ACI, essi rientrerebbero in un più ampio potere di vigilanza e dipendenza funzionale (con poteri di ispezione, commissariamento, eccetera) assolutamente non contemplati da nessuna disposizione normativa vigente.
Ed infatti, la suesposta interpretazione è stata confermata dallo stesso Consiglio Nazionale del CONI con delibera n. 1132 del 31 ottobre 2000.
Detta delibera, nel confermare la partecipazione al CONI delle Federazioni sportive nazionali aventi natura giuridica di enti pubblici e la piena vigenza dei rispettivi ordinamenti, ha riconosciuto alle stesse la conservazione delle prerogative di carattere istituzionale ed organizzativo, ivi compreso il conseguente potere di autoregolamentazione e ferma restando la titolarità del potere di vigilanza spettante alle autorità competenti in base alle norme vigenti.
L'ACI, quindi, è istituzionalmente indipendente dal CONI ed è soggetto unicamente al controllo del ministero delle attività produttive.
L'Ente, comunque, nel dicembre 1999 ha autonomamente recepito le linee del riordinamento in corso in campo sportivo ed in tal senso ha riformulato il regolamento della commissione sportiva automobilistica italiana (C.S.A.I) - proprio organismo tecnico attraverso cui esercita il potere sportivo riconosciuto dalla
Fédération Internationale de l'Automobile (F.I.A.) - per adeguarlo ai principi di rappresentatività, democraticità e partecipazione di cui al decreto legislativo n. 242 del 1999.
Detti criteri sono quindi rispettati in pieno dal Regolamento C.S.A.I., come risulta dal fatto che gli organismi direttivi della Commissione, attraverso i meccanismi di rappresentanza alla base della loro costituzione, vedono una partecipazione di atleti e tecnici sportivi in percentuale di gran lunga superiore al 30 per cento dei componenti stabilita dall'articolo 16, comma 2, del decreto legislativo n. 242 del 1999, espressamente richiamato dall'articolo 21, comma 1, del nuovo Statuto del CONI.
Non sembra, quindi, che possa parlarsi di scarsa democraticità e rappresentatività del regolamento C.S.A.I.
Sembra comunque utile sottolineare che la federazione sportiva automobilistica, in ogni caso, non è la C.S.A.I., ma l'ACI, la cui democraticità interna, come sopra detto, non può essere messa in discussione, tenuto anche conto che tutti i suoi organi sono elettivi.
Alla luce delle considerazioni fin qui svolte, emerge con chiarezza che l'ACI ha agito sin da subito nel pieno rispetto delle norme vigenti, adeguando il proprio statuto al decreto legislativo n. 419 del 1999 e disciplinando la materia sportiva in coerenza con i principi di democraticità e rappresentatività di cui al decreto legislativo n. 242 del 1999, con l'approvazione del nuovo Regolamento C.S.A.I.
Il Sottosegretario di Stato per le attività produttive: Stefano Stefani.


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FIORI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
sussiste una grave e cronica carenza d'organico negli uffici dell'organizzazione giudiziaria e della giustizia minorile;
il contratto di lavoro a tempo determinato di 1.850 lavoratori precari (ex lavoratori socialmente utili) del Ministero della giustizia scadrà il 31 dicembre 2002;
tale personale ha ormai assunto una comprovata esperienza e professionalità, avendo prestato servizio presso l'amministrazione giudiziaria dal 1996 -:
quali iniziative il Ministro interrogato intenda intraprendere al fine di garantire una prosecuzione di questi rapporti di lavoro, anche adottando modalità idonee ad introdurre la stabilizzazione dei lavoratori impiegati a tempo determinato.
(4-04082)

Risposta. - Si rappresenta che il Governo ha elaborato e presentato alla Camera dei deputati il disegno di legge recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2003 (Atto Camera 3200 bis).
Come è noto, l'articolo 21, comma 13 del disegno di legge citato autorizza, fra le altre amministrazioni, il ministero della giustizia ad avvalersi, sino al 31 dicembre 2003, del personale in servizio con contratti di lavoro a tempo determinato.
Il disegno di legge consente, pertanto, di prolungare seppur per un periodo circoscritto la proficua collaborazione prestata presso l'amministrazione giudiziaria dai lavoratori assunti con contratto a tempo determinato.
Gli auspici del ministero sono, ovviamente, nel senso di una approvazione dell'articolo citato nel testo attualmente previsto.
Il lasso di tempo costituito dalla proroga di un anno dei contratti a tempo determinato consentirà, inoltre, di studiare tempi e modalità con cui introdurre l'eventuale stabilizzazione di questi lavoratori, prospettiva senz'altro interessante, in quanto consentirebbe all'amministrazione di continuare ad avvalersi di personale con una buona esperienza professionale.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.

FISTAROL. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la casa di cura Pio XII di Misurina (comune di Auronzo di Cadore) m. 1.756 sul livello del mare - istituzione sanitaria per l'età pediatrica, unico centro in Italia per la cura dell'asma infantile - accoglie da decenni i bambini in età dell'obbligo scolastico obbligati a interrompere per lunghi periodi la frequenza scolastica nei luoghi di residenza e a permanere per lunghi periodi in alta quota;
non esiste nella località di Misurina una scuola media, né statale né privata, e che non sussiste, considerata la condizione sanitaria dei bambini, alcuna possibilità di trasportarli alla scuola media più vicina (Istituto comprensivo di Auronzo di Cadore), distante 26 chilometri di strade di montagna;
presso la casa di cura Pio XII - proprio in considerazione delle condizioni sopra richiamate - è stato istituito dallo scorso anno 2001, un plesso di scuola elementare statale dipendente dall'Istituto comprensivo di Auronzo di Cadore;
si configura la necessità di regolarizzare la condizione formativa dei bambini in età di frequentare la scuola media, per i quali, da più di venti anni, non esistono in loco che corsi di preparazione agli esami di idoneità e di licenza media regolati dalle disposizioni della CM 348/67, che equiparano la condizione dei bambini frequentanti a quella di privatisti;
la casa di cura Pio XII, ha richiesto, già in data 16 novembre 2001, l'istituzione di una sezione di scuola media statale, ed ha espresso parere favorevole ad accoglierla nella sua sede di Misurina, ponendo a disposizione le opportune strutture;


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parimenti, il comune di Auronzo di Cadore ha, in data 14 dicembre 2001, espresso analogo parere favorevole e - con deliberazione della giunta in data 10 giugno 2002 - ha approvato una convenzione per la disciplina degli oneri derivanti dal riconoscimento statale di una sezione di scuola media presso la casa di cura Pio XII di Misurina;
il dirigente scolastico dell'Istituto comprensivo di Auronzo di Cadore ha - con nota del 15 gennaio 2002 inviata al Centro per i servizi amministrativi (ex provveditorato agli studi) di Belluno, competente per territorio - richiesto formalmente la trasformazione dei corsi di preparazione agli esami di idoneità e di licenza media funzionanti presso la casa di cura Pio XII di Misurina, in sezione di scuola media statale con decorrenza dal 1 settembre 2002;
tale richiesta è stata trasmessa per competenza dal Centro per i servizi amministrativi di Belluno all'ufficio scolastico regionale del Veneto, corredata di parere favorevole, in data 15 gennaio 2002;
solo l'istituzione di una sezione di scuola media statale verrebbe ad assicurare ai bambini ricoverati nella casa di cura Pio XII il diritto allo studio e la possibilità di corretto assolvimento dell'obbligo scolastico;
di tale servizio potrebbero fruire anche i bambini in età di obbligo scolastico residenti a Misurina, che attualmente sono costretti a frequentare ogni giorno l'Istituto comprensivo di Auronzo di Cadore che, come si è richiamato sopra, dista 26 chilometri di strada di montagna -:
per quale motivo i competenti uffici provinciali e regionali, cui spetta provvedere all'istruttoria relativa alla richiesta istituzione di scuola media statale non abbiano dato alcun seguito alle richieste presentate, intervenendo soltanto nel mese di luglio 2002, inoltrato, con l'invio di un ispettore presso l'Istituto comprensivo di Auronzo;
con quali motivazioni e giustificazioni sia stata rifiutata dall'ufficio scolastico regionale del Veneto la richiesta istituzione della sezione di scuola media statale presso la casa di cura Pio XII di Misurina;
se tale decisione non configuri il disconoscimento di fatto del diritto allo studio dell'obbligo scolastico per i numerosi bambini in età di frequenza alla scuola media costretti a lunghe degenze presso la suddetta casa di cura, proprio in un momento in cui il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca va propagandando all'opinione pubblica le prospettive del diritto all'istruzione per tutti e l'importanza delle cosiddette scuole ospedaliere.
(4-03883)

Risposta. - In data 10 luglio 2002 è stato conferito al dirigente tecnico Alberto Cocco l'incarico di accertare l'esistenza presso la casa di cura «Pio XII» di Misurina dei presupposti per la trasformazione dei corsi di frequenza agli esami di idoneità e di licenza media in sezione di scuola media, dipendente dall'istituto comprensivo di Auronzo di Cadore.
Nella relazione presentata dal dirigente suddetto viene espresso parere favorevole per quanto attiene alla struttura dell'edificio dove si svolgono i corsi ed agli impegni presi dall'istituto Pio XII e dell'ente locale.
Sono stati però rilevati sia dal dirigente dell'istituto comprensivo che dal rappresentante legale del «Pio XII» sia lo scarso numero di alunni che hanno frequentato nei decorsi anni i corsi preparatori e degli iscritti per il corrente anno scolastico nonché la sensibile variazione che il numero dei frequentanti subisce nel corso dell'anno.
Lo stesso dottor Cocco ha comunque rappresentato l'opportunità di arricchire l'organico previsto dalla normativa per i corsi preparatori, ampliando l'area delle educazioni, naturalmente in modo conforme al piano dell'offerta formativa elaborato dall'istituto comprensivo di Auronzo di Cadore.
Per i motivi sopra indicati l'amministrazione non ha potuto autorizzare l'istituzione


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di una sezione di scuola media a tempo normale.
Il Sottosegretario di Stato per l'istruzione, per l'università e per la ricerca: Valentina Aprea.

FONTANINI e BALLAMAN. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
in data 25 gennaio 2002 nella Prefettura di Udine si è svolto alla presenza del Prefetto, dottor Rosario Salanitri, un incontro tra il sindaco di Rive D'Arcano ed i cittadini di quel centro interessati ad un esproprio di terreni che l'amministrazione comunale ha destinato a zona industriale;
tale incontro era stato deciso dal Prefetto in quanto nel comune si erano verificate tensioni, riportate anche dalla stampa locale, tra l'amministrazione comunale ed i cittadini, sfociate in numerose denunce ed esposti presentati da parte di questi ultimi alla competente Procura della Repubblica e al TAR del Friuli-Venezia Giulia;
il verbale di tale incontro è stato reso noto il 14 gennaio 2002, solo dopo ripetute richieste di consegna avanzate dai proprietari agricoli 21 giorni dopo l'avvenuta riunione;
da tale documento, sottoscritto dal Prefetto, non risulterebbero alcuni passaggi relativi ad una proposta di accordo bonario che sarebbe stata avanzata dal sindaco e al suo esito;
questo verbale era ritenuto molto importante dai cittadini di Rive D'Arcano nel prosieguo della loro «battaglia» giudiziaria nei confronti dell'Amministrazione -:
se il Ministro interrogato non ritenga opportuno attivarsi al fine di verificare e valutare quanto nelle premesse ed adottare, se necessario, gli opportuni provvedimenti.
(4-02165)

Risposta. - Il 25 gennaio 2002 presso l'ufficio territoriale del governo di Udine si è tenuta una riunione, indetta dal prefetto di Udine, volta a dirimere la vertenza sorta tra il comune di Rive D'Arcano e i cittadini a seguito dell'avvio delle procedure di espropriazione di alcuni terreni destinati dall'amministrazione alla realizzazione di un insediamento industriale. Gli interessati infatti avevano contestato la scelta del sito e, dopo aver respinto l'accordo proposto dal sindaco, per evitare la procedura di esproprio, avevano presentato esposto alla procura presso il tribunale di Udine nonché ricorso al T.A.R. del Friuli-Venezia Giulia.
L'incontro, cui hanno partecipato il sindaco di Rive D'Arcano e parte degli interessati, dopo aver registrato momenti di forte tensione, è terminato con una nuova proposta di accordo sottoscritta dal primo cittadino e subito consegnata ai presenti.
Per inciso, nel corso della riunione al prefetto è stata recapitata una lettera, a lui indirizzata, contenente una proposta dell'amministrazione comunale nei confronti dei proprietari terrieri, il cui contenuto il prefetto non ha ritenuto di esternare in quanto superato dagli eventi.
Il verbale della riunione nel quale è stato trascritto il testo della proposta firmata dal sindaco e controfirmata dal prefetto, non è stato reso noto con immediatezza, attesa la necessità di curarne approfonditamente il testo, al fine di mettere in rilievo i punti salienti della discussione, evitando i toni polemici.
Per quanto riguarda l'ulteriore corso della procedura espropriativa si è a conoscenza del fatto che il sindaco, a seguito di ulteriori incontri, ha proposto di realizzare solo il primo lotto del programma di insediamento artigianale, nonché di apportare una variante al piano particolareggiato. Non si conosce la posizione dei proprietari interessati all'esproprio.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Antonio D'Alì.

FRANCI, MICHELE VENTURA, CHITI e NANNICINI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
la legge n. 65 del 6 marzo 1987 contiene misure urgenti per la costruzione


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e l'ammodernamento degli impianti sportivi;
la stessa legge prevede tre tipologie d'intervento e l'articolo 2, comma 1, lettera c) attiva contributi per impianti ed attività sportive e ricreative a favore degli enti locali;
in base all'articolo 8, comma 2, della legge 92 del 1998 si è proceduto con appositi decreti dirigenziali, in data 25 febbraio 2000, alla revoca dei finanziamenti a quegli enti che non avevano provveduto all'attivazione dei contributi statali di cui alla lettera c);
tale revoca rende disponibili per la regione Toscana 13.531.170,76 euro;
in base a tali disponibilità la regione Toscana ha provveduto ad emanare un nuovo bando per l'utilizzo di tali somme;
con apposita verifica la regione Toscana ha provveduto ad attribuire agli enti locali le somme resesi disponibili;
a distanza di un anno nessun provvedimento è stato ad oggi assunto dall'ufficio impiantistica del ministero per i beni ed attività culturali -:
quali iniziative intenda assumere per rispondere positivamente ad un lavoro di progettazione già svolto negli enti locali ed il cui finanziamento contribuirebbe a qualificare importanti strutture ricreative e sportive nelle province toscane interessate.
(4-02041)

Risposta. - Il segretariato generale del Ministero per i beni e le attività culturali ha reso noto che, in data 20 e 21 giugno 2002 sono stati emanati i decreti di autorizzazione relativi agli interventi previsti dalla regione Toscana a sostegno dell'impiantistica sportiva, da realizzare nei comuni del proprio ambito territoriale.
L'adozione dei predetti provvedimenti è stata subordinata alla definizione di talune problematiche, quali il ricorso al TAR avverso alcuni programmi regionali, che ne aveva comportato la sospensione dell'efficacia, nonché alla verifica dell'applicabilità della legge n. 65 del 1987, in relazione al disposto dell'articolo 157 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112.
È stata, altresì, verificata la compatibilità delle norme che riservano alla Cassa Depositi e Prestiti ed all'istituto per il credito sportivo la titolarità esclusiva per la stipula dei contratti di mutuo, in rapporto ai principi di libera concorrenza posti dall'ordinamento nazionale e dalla normativa comunitaria, nonché il mantenimento dell'iscrizione in bilancio degli stanziamenti necessari per la copertura dell'onere finanziario a carico dello Stato per l'ammortamento dei mutui.
Si segnala, infine, che si è, anche, provveduto alla ricognizione delle disponibilità finanziarie da reinvestire sulla base del nuovo tasso di interesse, determinato con decreto ministeriale del 27 marzo 2002.
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Mario Pescante.

GIORDANO, MASCIA, ALFONSO GIANNI e VENDOLA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
è in corso la raccolta di firme per l'indizione di 6 referendum popolari per l'abrogazione dell'elettrodotto coattivo; per il divieto di residui tossici negli alimenti; per l'abrogazione delle procedure e degli incentivi per l'incenerimento dei rifiuti; per estendere a tutti i lavoratori subordinati la tutela dell'articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori contro il licenziamento ingiustificato; per consentire a tutti i lavoratori subordinati l'esercizio dei diritti democratici nei luoghi di lavoro; per la scuola pubblica come unica garanzia del diritto allo studio per tutte e per tutti;
la raccolta delle firme si concluderà presumibilmente tra il 10 ed il 12 agosto 2002 -:
se il Ministro non intenda attivarsi per tempo presso le segreterie comunali


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affinché, nella fase conclusiva della campagna referendaria, che comporterà una imponente mole di lavoro dovuta alle richieste di certificazioni, gli uffici predisposti siano messi nelle condizioni di espletare l'impegno che verrà loro richiesto;
se non reputi che un intervento preventivo presso le segreterie comunali sarebbe opportuno per rispondere alla duplice esigenza di permettere agli operatori comunali interessati l'organizzazione delle proprie ferie estive, sapendo anticipatamente gli eventuali impegni lavorativi e, nello stesso tempo, di poter rispondere alle esigenze derivanti dalla campagna referendaria.
(4-03069)

Risposta. - In merito alla raccolta di firme per l'indizione di 6 referendum popolari, si ritiene opportuno premettere, in via generale, che la legge 25 maggio 1970, n. 352, recante «Norme sui referendum previsti dalla Costituzione e sulla iniziativa legislativa del popolo», nel titolo II relativo al «referendum previsto dall'articolo 75 della Costituzione», definisce in maniera rigorosa e serrata la tempistica entro cui può essere esercitata validamente l'iniziativa referendaria.
Difatti l'articolo 28, comma 1, prevede che «salvo il disposto dell'articolo 31, il deposito presso la cancelleria della Corte di Cassazione di tutti i fogli contenenti le firme e dei certificati elettorali dei sottoscrittori deve essere effettuato entro tre mesi dalla data del timbro apposto sui fogli medesimi a norma dell'articolo 7, ultimo comma».
Il successivo articolo 32, comma 1, stabilisce che, salvo il disposto dell'articolo precedente, le richieste del
referendum devono essere depositate in ciascun anno dal 1o gennaio al 30 settembre.
In coerenza con il sistema delineato, la legge prevede termini ugualmente concisi per l'espletamento delle procedure rimesse ai pubblici ufficiali che intervengono in tale fase procedimentale.
Tanto premesso, pur nella considerazione che i servizi erogati dagli uffici pubblici non possono essere interrotti durante il periodo estivo, al fine di escludere ogni possibile interferenza delle ferie estive con i procedimenti in corso di raccolta delle firme, ai fini dell'iniziativa referendaria, il ministero dell'interno, nell'ottica di garantire la piena attuazione del diritto di elettorato attivo costituzionalmente tutelato, ha diramato attraverso gli uffici territoriali del Governo apposita circolare in data 18 luglio 2002, diretta a sensibilizzare le amministrazioni comunali affinché le stesse, nell'ambito della loro autonomia organizzativa, potessero stabilire tempestivamente le misure più opportune ed efficaci per assicurare che gli adempimenti, rimessi in tale fase procedimentale agli uffici comunali, fossero espletati con la massima rapidità ed efficienza, senza essere in alcun modo penalizzati dalla ridotta presenza in servizio del personale per le concomitanti ferie estive.
Si soggiunge, per completezza, che non risultano pervenute, da parte degli uffici territoriali del governo, segnalazioni in ordine ad eventuali disservizi o problemi inerenti la fase procedurale della raccolta delle firme.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Antonio D'Alì.

GIORDANO e DEIANA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nella notte tra il 12 e il 13 giugno 2002 su tutte le serrande degli esercenti che hanno pubblicato la propria inserzione pubblicitaria sul depliant della festa di Liberazione a Parco Nemerense, II Municipio, di competenza del Commissariato Vescovio in via Acherusio, sono state fatte le seguenti scritte a caratteri cubitali: «sponsor di assassini»;
inoltre nella stessa notte altre scritte sono state fatte alla sede del partito di Rifondazione Comunista di Via Tolero 9;
questi episodi di violenza e di intimidazione politico mafiosi sono ricorrenti nei quartieri del II Municipio da parte dei soliti «ignoti», ma molto spesso noti, in


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quanto in qualche occasione hanno avuto la premura di scrivere la loro identità e le loro sedi;
il Commissariato di Vescovio, investito dalla questione, ha dichiarato che è privo del 1 dirigente e che la scarsità di organico non gli permette di controllare la suddetta situazione -:
se non ritenga che il livello di organizzazione criminale di questa struttura presupponga un grado di pericolosità di gran lunga superiore a quella finora messa in atto;
che tipo di iniziative intende intraprendere nell'immediato anche a copertura dello svolgimento regolare e democratico della festa di Liberazione;
che azioni intende mettere in moto per debellare e reprimere queste pericolose e organizzate attività di recrudescenza di violenze eversive.
(4-03199)

Risposta. - Si comunica che le scritte comparse, nella notte del 13 giugno 2002, sulle saracinesche di alcuni negozi limitrofi al parco e sul muro perimetrale di un edificio, dove è ubicata la sede circoscrizionale del Partito della Rifondazione Comunista, verosimilmente sono state vergate da giovani attivisti di estrema destra, i quali hanno voluto così fare riferimento alla morte, avvenuta nel giugno del 1979, di un militante del Fronte della Gioventù.
A seguito di tale episodio criminoso, sono stati rafforzati i servizi di vigilanza e di controllo, che hanno consentito il regolare svolgimento, dal 14 al 23 giugno 2002, della «Festa di Liberazione».
Si soggiunge che, nel precitato periodo, la direzione del commissariato di pubblica sicurezza «Vescovio» è stata affidata temporaneamente al dirigente del Commissariato sezionale coordinato di Porta del Popolo, a seguito del trasferimento dell'allora dirigente ad altro incarico.
Il commissariato «Vescovio» è attualmente diretto da un vice questore aggiunto della polizia di Stato. Alla data del 30 settembre 2002 vi prestano servizio quindici ispettori, sei sovrintendenti e trentasette tra assistenti ed agenti, con una forza effettiva superiore di tre unità a quella prevista in organico.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alfredo Mantovano.

GIUDICE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la scuola media statale «Ignazio Florio» di Palermo sta procedendo alle iscrizioni per l'anno scolastico 2002-2003 con distribuzione di appositi moduli;
in tali moduli è richiesto come documento da allegare la ricevuta di versamento di euro 50,00 da effettuarsi sul conto corrente postale intestato alla stessa scuola;
la riconferma di iscrizione non sarà ritenuta valida in assenza del suddetto versamento;
la scuola dell'obbligo non prevede, per la validità dell'iscrizione all'anno scolastico, alcun obbligo di versamento -:
se la scuola media «Ignazio Florio» sia legittimata ad imporre tale versamento come condizione per validità dell'iscrizione alla scuola dell'obbligo.
(4-03423)

Risposta. - Al riguardo si precisa che il consiglio d'istituto di detta scuola media in data 29 aprile 2002 ha deliberato di richiedere un contributo volontario alle famiglie, da effettuarsi entro il mese di settembre, al fine di programmare le attività, quali visite guidate, viaggi di istruzione, attività sportive da realizzare in corso d'anno per tutti gli allievi, atteso che in passato soltanto gruppi di alunni avevano potuto partecipare a dette iniziative in quanto per realizzare le stesse si richiedeva ai genitori la quota di partecipazione.
Nel foglio distribuito ai genitori è chiarito che si tratta di un contributo volontario e dal medesimo foglio emerge anche che il mancato versamento del contributo determina soltanto la esclusione dalle attività cui il contributo è destinato.


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Nello stesso foglio è stato altresì precisato che per le famiglie la cui situazione economica non sia superiore a 30 milioni annui di vecchie lire è previsto il rimborso della somma versata alla scuola su delibera del consiglio d'istituto.
Si fa presente infine che, secondo quanto riferito dal dirigente scolastico la scelta operata dalla scuola ha trovato nel maggior numero dei casi piena accettazione da parte delle famiglie.
Il Sottosegretario di Stato per l'istruzione, per l'università e per la ricerca: Valentina Aprea.

LA GRUA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
presso il liceo socio-psico-pedagogico «Giuseppe Mazzini» di Vittoria (Ragusa) si è venuta a creare una pesante situazione a seguita del grave contrasto insorto tra il preside Filippo Lo Monaco ed il corpo insegnante;
i sindacati rappresentativi dei docenti, preso atto dell'assoluta insostenibilità della situazione, hanno proclamato uno sciopero degli insegnanti, con corteo cittadino e comizio conclusivo nella piazza principale della città, per manifestare pubblicamente il dissenso dei professori verso i metodi di gestione adottati da tale preside, definiti dai sindacati «poco rassicuranti e sbagliati sia nella forma che nella sostanza»;
il clima di tensione venutosi a creare tra il preside Lo Monaco ed i docenti oltre che danneggiare l'immagine di una scuola che, nel passato, come istituto magistrale, ha costituito per la città di Vittoria un vero e proprio punto di riferimento culturale, didattico e pedagogico, impedisce agli studenti di potere studiare serenamente in quanto frastornati da quella che ormai è diventata una vera e propria «guerra» tra preside e docenti -:
quali iniziative intenda intraprendere affinché cessino le ostilità fra il preside ed i docenti del liceo socio-psico-palco-pedagogico «Giuseppe Mazzini» di Vittoria (Ragusa) e per eliminare la grave situazione di incompatibilità ambientale con il dirigente scolastico in questione.
(4-02872)

Risposta. - Il direttore generale regionale per la Sicilia in data 2 marzo 2002 ha disposto una visita ispettiva presso il liceo socio-psico-pedagogico «G. Mazzini», dalla quale è risultata, all'interno dello stesso, l'esistenza di un clima molto conflittuale sanabile con il trasferimento in altra sede del dirigente.
Nei mesi successivi, perdurando lo stato di tensione è stato inviato nella scuola un dirigente con funzioni tecniche che si è reso disponibile per interventi necessari ed urgenti nelle operazioni connesse alla chiusura dell'anno scolastico che si sono comunque svolte regolarmente.
Con provvedimento del 12 luglio 2002, relativo ai movimenti dei dirigenti scolastici della regione, con decorrenza dall'anno scolastico 2002/2003, al preside del citato liceo «Mazzini» è stata assegnata una nuova sede di titolarità, la scuola media «Marconi» di Vittoria, con il passaggio verticale dal settore formativo «istituti secondari superiori» a quello «scuole elementari e medie».
Nel caso in specie, si è operato derogando dalla vigente normativa che prevede la conferma dell'incarico rivestito nel precedente anno scolastico, sempre comunque nel rispetto delle garanzie previste dal contratto collettivo nazionale di lavoro per il personale dell'area V della dirigenza scolastica e dal decreto legislativo n. 165/2001.
Il Sottosegretario di Stato per l'istruzione, per l'università e per la ricerca: Valentina Aprea.

LETTIERI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la Folgore S.R.L. di Policoro (Matera) è un istituto di vigilanza che ha alle sue dipendenze n. 40 vigilantes;


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da anni tale istituto non riesce a mantenere fede al pagamento delle spettanze contrattuali, come previsto dal CCNL;
negli ultimi mesi la situazione è peggiorata, difatti i lavoratori avanzano 4 mensilità compresa la 13esima;
alcuni lavoratori, con esattezza 9, hanno scelto di non voler più subire passivamente questa situazione e, iscrivendosi alla UIL-TUCS, hanno dato vita all'interno dell'Azienda ad un altro sindacato;
oltre alle spettanze, hanno sollevato tutta una serie di problematiche, tra cui l'inosservanza delle norme di sicurezza e la mancata dotazione di attrezzature idonee a poter svolgere il lavoro di vigilanza;
risulta all'interrogante che l'Azienda, invece di preoccuparsi di risolvere i problemi, avrebbe dato atto a una campagna denigratoria, di minacce e di ricatti psicologici fino al licenziamento del rappresentante sindacale aziendale e al trasferimento dell'altro rappresentante subentrato a una postazione isolata con turnazione notturna;
risulta inoltre che la stessa Azienda, in data 10 ottobre 2001, alla presenza del Prefetto di Matera, avrebbe proposto e siglato un accordo con scadenze precise per il rientro dallo stato debitorio nei confronti dei lavoratori, dandosi date e somme ben precise che non avrebbe affatto mantenuto fino al totale mancato rispetto dell'accordo;
risulta inoltre all'interrogante che la stessa Azienda sembrerebbe anche avere una scopertura contributiva con l'INPS;
la Prefettura e la Questura di Matera sono perfettamente a conoscenza di tutte le vicende nei minimi particolari per aver ricevuto anche delle note scritte;
il Ministero con 7-8 missive del Sindacato è stato puntualmente informato;
ad oggi nulla è stato fatto e i lavoratori non solo continuano a non percepire le proprie spettanze, ma vengono anche trattati senza alcun rispetto, dando, alla luce di questi fatti, la sensazione che contro questa Azienda, nulla si possa -:
quali provvedimenti abbia adottato per rimuovere la situazione su esposta o per revocare alla società Folgore l'autorizzazione dell'esercizio dell'attività di vigilanza.
(4-02129)

Risposta. - Si comunica, preliminarmente, che l'istituto di vigilanza privata «Folgore srl» è autorizzato all'espletamento di servizi di vigilanza privata urbana e campestre nei comuni di Colobraro, Montalbano Jonico, Policoro, Rotondella, Scazano Jonico, Tursi, Valsinni e per l'abitato di Pisticci. L'istituto è inoltre autorizzato al servizio di scorta valori per tutto il territorio provinciale e per il trasporto valori per conto della Banca Popolare della Murgia, della Cassa Rurale di Policoro e delle esattorie dei comuni di Policoro e Tursi.
La questura di Matera, nell'esercizio dei suoi compiti di controllo sull'attività degli istituti di vigilanza privata operanti nella provincia, ha riscontrato, negli ultimi due anni, varie irregolarità nella gestione dell'istituto in questione, in relazione alle quali ha effettuato quattro segnalazioni alla competente autorità giudiziaria.
In un caso (novembre 2000) la segnalazione è stata eseguita per l'inosservanza di prescrizioni contenute nell'autorizzazione prefettizia, illecito sanzionato a titolo di contravvenzione; in altri due casi, le segnalazioni sono state eseguite per lo svolgimento di attività di vigilanza privata in comuni non ricompresi nello stesso titolo autorizzatorio (rispettivamente nei mesi di luglio e ottobre 2001), illecito pure punito a titolo contravvenzionale; infine, nel quarto caso (luglio 2001), la segnalazione ha avuto per oggetto il reato di falso ideologico in atto pubblico, in relazione ad attestazioni mendaci contenute nei registri aziendali.
In relazione a tale ultima denuncia, il titolare dell'impresa è stato rinviato a giudizio; il dibattimento è stato previsto per il mese di novembre 2002.


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Per le stesse irregolarità, a seguito delle segnalazioni della questura, il prefetto di Matera ha emesso tre provvedimenti di diffida nei confronti dello stesso amministratore.
Lo stesso prefetto ha comunque riferito che le irregolarità non risultano reiterate.
Per quanto concerne la situazione debitoria dell'impresa nei confronti dell'INPS, lo stesso istituto ha fatto sapere che, ai primi di settembre 2002, l'importo dei contributi non versati corrispondeva ad oltre 1 milione e 225 mila euro, ai quali vanno aggiunte altre somme, non ancora quantificate, dovute per legge a titolo di sanzione. Tale debito, comunque, non si riflette negativamente sul diritto dei lavoratori alle prestazioni assicurative, che, in base a noti principi del diritto previdenziale, matura a prescindere dall'effettivo versamento dei contributi assicurativi da parte del datore di lavoro.
Quanto alla situazione debitoria nei confronti dei lavoratori, si informa che il 18 giugno 2002 è stato sottoscritto, con una parte delle rappresentanze sindacali, un nuovo accordo con il personale per il pagamento delle mensilità arretrate e correnti.
La rappresentanza sindacale della UIL non ha condiviso il piano di pagamento delle mensilità arretrate e, perciò, non ha sottoscritto l'accordo, continuando la vertenza.
In relazione al licenziamento, cui l'interrogazione fa riferimento, di un rappresentante sindacale aziendale, si è appreso che la relativa procedura, effettivamente avviata anche per una seconda guardia giurata, non è stata portata a conclusione, sicché i due dipendenti risultano tuttora in servizio.
Tanto premesso, si comunica che è in corso il procedimento per la revoca dell'autorizzazione all'esercizio dell'attività di vigilanza privata nei confronti del titolare dell'istituto in questione.
Il procedimento è stato avviato dal prefetto di Matera nel mese di agosto 2002, con la prescritta comunicazione all'interessato, in relazione ad una sentenza definitiva di condanna a pena detentiva emessa nei confronti di quest'ultimo dal tribunale di Matera per omissioni contributive commesse in passato, fino al mese di settembre 1995.
Il procedimento prevede il diritto dell'interessato ad accedere agli atti che lo riguardano e di proporre, nei termini prescritti, memorie difensive, a seguito delle quali il prefetto adotterà la decisione di sua competenza.
Alcune organizzazioni sindacali del personale hanno comunque rappresentato alla prefettura vive preoccupazioni per la possibile perdita di posti di lavoro nel caso in cui il procedimento si concludesse con la revoca della licenza.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alfredo Mantovano.

LEZZA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
i Signori Eusebio D'Errico (nato il 24 gennaio 1955), Francesco Romano (nato l'11 giugno 1950), Biagio Fina (nato il 7 ottobre 1950), Luciano Abbamonte (7 gennaio 1958), Martino Fischetti (20 dicembre 1961), Ciro Scarafile (23 ottobre 1955) sono sei lavoratori socialmente utili del provveditorato agli studi di Taranto dislocati presso scuole pubbliche con mansioni di collaboratori scolastici;
come previsto dall'ordinanza ministeriale n. 153 del maggio 2000 chi aveva svolto 24 mesi di lavoro nello stesso profilo poteva presentare domanda di concorso presso il provveditorato agli studi di Taranto;
i predetti lavoratori hanno presentato la domanda tre volte, ma la stessa è stata sempre respinta con la motivazione che non si poteva riconoscere il loro servizio svolto all'interno degli istituti;
precedentemente all'ordinanza ministeriale n. 153 del maggio 2000 è stato emanato il decreto legislativo n. 81 del 28


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aprile 2000 che, all'articolo 12, prevede che il 30 per cento delle assunzioni del profilo collaboratori scolastici erano riservate ai lavoratori socialmente utili -:
quali motivazioni, di organizzazione e di economicità, abbiano potuto determinare la grave esclusione dei lavoratori socialmente utili di cui alla premessa e se non si ritenga opportuno e doveroso un nuovo decreto interministeriale sulla stabilizzazione dei lavoratori socialmente utili impegnati nel comparto scuole, con l'inserimento della clausola del 30 per cento dei posti nella pubblica amministrazione.
(4-02826)

Risposta. - Si risponde su delega della Presidenza del Consiglio dei ministri all'interrogazione parlamentare indicata in oggetto riguardante il mancato accoglimento da parte del provveditorato agli studi di Taranto delle istanze prodotte da alcuni lavoratori socialmente utili per l'ammissione ai concorsi per soli titoli di cui all'ordinanza ministeriale n. 153 del 30 maggio 2000.
L'articolo 554 del decreto legislativo n. 297/1994, recante il testo unico in materia di istruzione, stabilisce che le assunzioni nei ruoli dei collaboratori scolastici (quarta qualifica) sono effettuate mediante concorsi provinciali per titoli, indetti annualmente nei limiti delle vacanze dell'organico, sulla base di una ordinanza del ministro dell'istruzione, università e ricerca, la quale indica tra l'altro i titoli ed i criteri di valutazione.
Ai predetti concorsi è ammesso il personale amministrativo, tecnico ed ausiliario non di ruolo, con almeno due anni di servizio senza demerito prestato con qualifiche corrispondenti a quelle dei ruoli per i quali i concorsi sono indetti.
L'ordinanza ministeriale n. 153 del 30 maggio 2000, richiamata dall'interrogante, detta disposizioni in ordine alla indizione ed allo svolgimento per l'anno scolastico 1999/2000 dei concorsi per titoli di cui all'articolo 554 citato.
L'articolo 5 della predetta ordinanza ministeriale stabilisce che per l'ammissione ai concorsi per soli titoli i candidati non inclusi nelle graduatorie provinciali permanenti devono possedere, unitamente ai requisiti previsti quale presupposto imprescindibile per la conservazione della qualifica di personale ATA, una anzianità di almeno due anni (ventiquattro mesi) di servizio prestato in scuole statali, alle dipendenze dello Stato o degli enti locali tenuti per legge a fornire personale alle istituzioni scolastiche.
Per quanto riguarda il personale utilizzato in lavori socialmente utili (LSU), occorre far riferimento al decreto legislativo n. 468 del 1o dicembre 1997 il quale definisce la nozione di «lavoratori socialmente utili» specificando che trattasi di attività che hanno come oggetto la realizzazione di fornitura di servizi di utilità collettiva nell'ambito di progetti promossi dai soggetti pubblici.
Lo stesso decreto legislativo n. 468/1997, all'articolo 8, ed il successivo decreto legislativo n. 81/2000 stabiliscono espressamente che l'utilizzazione del personale nei lavori socialmente utili non determina l'instaurazione di un rapporto di lavoro di tipo subordinato, né comporta la sospensione o la cancellazione dalle liste di collocamento o di mobilità.
Peraltro, il successivo terzo comma del precitato articolo 8 del decreto legislativo n. 468/1997 prevede, a fronte di una indiscutibile attività lavorativa svolta, non la corresponsione di una retribuzione, ma l'erogazione di un assegno mensile da parte dell'INPS, previa certificazione sulle presenze dei lavoratori socialmente utili rilasciata dal soggetto promotore dell'intervento che la norma correttamente individua «nell'ente utilizzatore» e non nell'«ente datore di lavoro».
È evidente, quindi, che il servizio svolto dal personale al quale fa riferimento l'interrogante utilizzato in lavori socialmente utili nelle scuole statali per mansioni rientranti nella competenza dei collaboratori scolastici, poiché non reso in virtù di un rapporto di lavoro intervenuto con l'amministrazione statale o quella locale, non può essere preso in considerazione ai fini della partecipazione al concorso per soli


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titoli previsto dall'articolo 554 del decreto legislativo n. 297/1994 per la quarta qualifica funzionale.
Nemmeno la successiva stabilizzazione occupazionale di tali soggetti, prevista dal decreto legislativo n. 81 del 28 febbraio 2000 e disciplinata dal decreto ministeriale n. 65 del 20 aprile 2001, intervenuta a decorrere dal 1o luglio 2001, consente agli interessati di far valere l'attività lavorativa svolta ai fini dell'ammissione alla procedura concorsuale per l'accesso ai ruoli del personale ATA.
Infatti, l'assunzione da parte dei soggetti imprenditoriali, previa stipula con i dirigenti scolastici del contratto di affidamento dei servizi dei lavoratori impegnati in attività socialmente utili, riconducibili a funzioni ausiliarie nell'ambito del personale ATA, ha comportato l'instaurazione di un rapporto di lavoro subordinato di natura esclusivamente privatistica al quale l'amministrazione è assolutamente estranea.
Il Sottosegretario di Stato per l'istruzione, per l'università e per la ricerca: Valentina Aprea.

LUCIDI e LEONI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
in una dichiarazione dell'assessore ai servizi sociali del comune di Roma, Raffaella Milano, viene denunciata la volontà del Governo italiano di cancellare, nei fatti, il piano nazionale asilo, che era stato varato nel 2001 insieme all'Anci e all'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, annullando tutte le iniziative realizzate dai comuni italiani che avevano portato alla creazione di oltre 2.200 posti per le persone richiedenti asilo politico;
una circolare inviata dal Ministero dell'interno alle prefetture italiane, infatti, ha disposto di procedere alla graduale riduzione dei posti di accoglienza per giungere entro la fine del 2002 a mantenerne il 30 per cento di quelli oggi esistenti;
il piano nazionale asilo è stato, fino ad oggi, finanziato con i fondi dell'8 per mille, ed ha visto la realizzazione, in pochi mesi, di 63 progetti di accoglienza decentrata che hanno viste coinvolte oltre 100 amministrazioni comunali;
il piano in questione ha significato un importante segnale di civiltà del nostro paese e ha rappresentato, considerata l'assenza di una legge organica in materia di diritto di asilo, una soddisfacente risposta alla necessità di fornire un'accoglienza e un graduale inserimento sociale a persone giunte in Italia perché in fuga da persecuzioni, guerre e violazioni di diritti umani;
esso rappresenta infatti, un modello di intervento che si basa sui princìpi dell'accoglienza decentrata, sul coinvolgimento attivo dei rifugiati, sulla concezione stessa dell'accoglienza come sistema complessivo attivo della persona e di tutela dei suoi diritti, coinvolgendo amministrazioni centrali dello Stato, enti locali, associazioni del privato sociale, associazioni di stranieri;
è assolutamente paradossale che in un momento in cui migliaia di persone approdano nel nostro paese per sfuggire alle purtroppo numerose guerre ed alle persecuzioni, si decida di «cancellare» senza alternative un progetto che prevedeva non solo l'accoglienza di profughi, ma anche la loro assistenza e l'inserimento sociale;
nei prossimi mesi, dunque, migliaia di rifugiati, e fra loro molte donne e bambini, verranno completamente abbandonati a loro stessi e privati di ogni assistenza;
per gli enti locali tutto ciò si tramuterà in un'ulteriore emergenza da gestire, sia in termini umanitari che di ordine pubblico, perché bisognerà offrire sostegno a persone che, per la legge italiana, non possono né lavorare né integrarsi prima della concessione definitiva dello status di rifugiati politici (e spesso ci vuole anche più di un anno) e che rischiano di


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avere come unica alternativa quella di accamparsi per strada;
va inoltre tenuto in considerazione il fatto che l'accoglienza a coloro che richiedono asilo non può essere considerata come una scelta puramente discrezionale di un paese: l'Italia è infatti tenuta a prestare assistenza e a fornire protezione ai profughi, garantendo loro una dignitosa accoglienza -:
se il Ministro interrogato non ritenga assolutamente necessario dover fornire ai comuni risorse adatte a fronteggiare l'emergenza;
se non ritenga, inoltre, di dovere nel contempo avviare tutti gli interventi necessari al rifinanziamento del piano nazionale asilo, al fine di evitare che la rete di accoglienza creata nel corso dell'ultimo anno nel paese venga totalmente cancellata.
(4-02720)

Risposta. - Si evidenzia che il programma nazionale asilo, istituito con protocollo di intesa tra il ministero dell'interno, l'ANCI e l'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, e sostenuto dalle maggiori organizzazioni umanitarie di volontariato presenti in Italia (Caritas, Consiglio italiano per i rifugiati e Consorzio italiano di solidarietà) e da molte associazioni locali, è operativo dal giugno del 2001.
Il Programma in questione è stato finanziato dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, attingendo dal fondo dell'otto per mille dell'IRPEF ed è cofinanziato dalla Commissione europea a carico del fondo europeo per i rifugiati. Le risorse utilizzabili nell'ambito di esso sono state di 20 miliardi di lire per l'anno 2001 e di circa 6 milioni e 600 mila euro per l'anno 2002.
La minore disponibilità di risorse per l'anno in corso ha determinato una contrazione delle attività previste nell'ambito del programma ed ha costretto il ministero dell'interno a fornire indicazioni ai prefetti affinché le convenzioni con i comuni interessati prevedessero, sino al 31 dicembre 2002, una progressiva riduzione degli interventi a favore dei richiedenti asilo e dei rifugiati, nonché delle presenze dei medesimi nelle strutture di accoglienza.
Per rimediare a questa situazione contingente è intervenuta la nuova normativa in materia di immigrazione di asilo, la legge n. 189 del 2002, che ha previsto, tra l'altro, all'articolo 32, l'istituzione del fondo nazionale per le politiche e i servizi di asilo, riavviando così la rete di solidarietà e di accoglienza creata dal Programma nazionale asilo.
D'altra parte, l'istituzione del sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati, che si avvale delle risorse finanziarie di tale fondo nazionale, si muove nella logica delineata dalle conclusioni del vertice di Siviglia del 21 e 22 giugno 2002 ovvero quella di garantire, conformemente alla Convenzione di Ginevra del 1951, una protezione rapida ed efficace dei richiedenti asilo, evitando contemporaneamente ogni possibile abuso.
Il sistema delineato dalla nuova normativa intende assicurare stabilità e sostegno agli interventi straordinari già realizzati da molti comuni e, anche attraverso l'attivazione di un servizio centrale di coordinamento, persegue obiettivi di razionalizzazione con una continua e attenta attività di informazione, promozione, consulenza, monitoraggio e supporto tecnico nei confronti degli enti locali interessati.
Il fondo comprenderà le risorse già iscritte per il 2002 sull'apposito capitolo dello stato di previsione del ministero dell'interno pari a 5,16 milioni di euro, oltre alle assegnazioni annuali del fondo europeo per i rifugiati, comprese quelle attribuite per gli anni 2000, 2001 e 2002 e in via di accreditamento al fondo di rotazione del ministero dell'economia e delle finanze, nonché ai contributi e alle donazioni eventuali di privati, enti o organizzazioni, anche internazionali, e da altri organismi dell'Unione europea.
L'attuale dotazione finanziaria, quindi, è già in grado di garantire appieno la prima applicazione della nuova normativa, anche in considerazione del fatto che un consistente numero di richiedenti asilo sarà prevedibilmente accolto, sia pure per brevi periodi, nei centri di identificazione o nei


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centri di permanenza temporanea e assistenza, finanziati, gli uni e gli altri, con risorse distinte.
In conclusione, gli strumenti normativi e finanziari previsti dalla legge recentemente entrata in vigore consentono di pianificare e programmare la realizzazione degli interventi necessari per garantire i diritti dei richiedenti asilo, superando, in tal modo, le ristrettezze del passato.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alfredo Mantovano.

MARAN. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nei giorni scorsi ad Aurisina (Trieste) i titolari di due esercizi commerciali sono stati multati dai carabinieri della locale compagnia ai sensi dell'articolo 18 del regio decreto del 6 maggio 1940, n. 635, per avere affisso sui loro negozi tabelle bilingui su cui la scritta in lingua slovena era a sinistra e della stessa grandezza di quella in lingua italiana, contravvenendo così alla disposizione normativa che prevede che: «nelle insegne, mostre, tabelle, vetrine esterne o interne, di esercizi soggetti a autorizzazione di polizia, sia fatto uso della lingua italiana. È altresì consentito l'uso di altre lingue, purché a quella italiana sia dato il primo posto e con caratteri più appariscenti»;
la norma è anacronistica in un mondo contemporaneo globalizzato in cui la pluralità linguistica è un dato di fatto e insieme una risorsa culturale sempre più condivisa;
l'uso pubblico della lingua slovena nelle zone del Friuli Venezia Giulia dove la minoranza slovena è storicamente presente, è diffuso e consolidato nonché tutelato dalla legge -:
se non ritenga opportuno intervenire a livello governativo e legislativo per porre rimedio in tempi brevi a una norma superata dai tempi e che rischia come in questo caso, trovando puntuale applicazione di far fare un passo indietro all'Europa dell'integrazione.
(4-03342)

Risposta. - L'episodio segnalato dall'interrogante concerne una infrazione all'articolo 18 del regio decreto 6 maggio 1940 n. 635 sollevata nel corso di un controllo a pubblici esercizi effettuato da personale dell'Arma dei carabinieri.
Il fatto ha suscitato vivo clamore, in particolare presso gli appartenenti alla minoranza slovena, che hanno interpretato l'accadimento come un segnale di discriminazione, non privo di connotazioni politiche.
Motivo per il quale il prefetto di Trieste ha ritenuto opportuno ricevere i rappresentanti delle associazioni della minoranza slovena per rassicurarli circa l'assoluta mancanza di risvolti politici connotanti l'iniziativa dei militari dell'Arma.
Nel corso dell'incontro, la delegazione ha espresso le proprie riserve circa la vigenza della norma sopra citata ed ha altresì sottolineato la necessità che si proceda quanto prima ad una rapida attuazione della legge n. 38/2001 concernente «Norme a tutela della minoranza linguistica slovena».
Com'è noto, infatti, le disposizioni aventi immediato carattere precettivo della citata legge n. 38/2001 già trovano immediata attuazione mentre le altre potranno riceverla non appena ultimati i lavori del comitato paritetico recentemente insediatosi presso la regione Friuli-Venezia Giulia.
Per quanto concerne infine l'applicazione della disposizione contenuta nel regio decreto 6 maggio 1940 n. 635, norma mai espressamente abrogata, si evidenzia che il pubblico ministero, incaricato dell'inchiesta, ha formulato richiesta di archiviazione.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Antonio D'Alì.

MARINELLO. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
nella scorsa legislatura il sottosegretario all'università e ricerca scientifica Luciano Guerzoni, in aperto contrasto con la normativa europea, ha deliberato lo stanziamento di un'ingente somma di denaro,


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oltre un miliardo di lire, per riconoscere, di fatto, lauree in stomatologia senza valore legale in Italia, oltre che non riconosciute in Europa;
l'università di Fiume, in Istria (Croazia), ha introdotto un corso di laurea in stomatologia non conforme per ordinamento alle regole dell'Unione Europea, frequentato, in stragrande maggioranza da cittadini italiani che mirano al riconoscimento del titolo nel nostro Paese;
di recente, il sottosegretario Guerzoni ha sottoscritto un accordo con la conferenza dei rettori delle università in base al quale il Ministero stanzierà la somma di dieci milioni di lire per ogni laureato in stomatologia a Fiume da inserire in sovrannumero nei nostri corsi di laurea in odontoiatria a partire dall'anno successivo al primo;
siamo di fronte a un vero e proprio business, frutto di un accordo economico fra il ministero e gli atenei italiani, che va a danno degli odontoiatri italiani tutti e in particolare di quelli laureati in medicina e chirurgia che sono oggi in attesa di ottenere, ai sensi della normativa comunitaria, il riconoscimento del loro diritto all'esercizio della professione, pur avendo un titolo pienamente riconosciuto a livello nazionale, ma non europeo;
sembra che la Croazia si stia adoperando per trovare un accordo in ambito comunitario per il riconoscimento delle lauree in stomatologia;
oltre all'evidente uso disinvolto di danaro pubblico è necessario impedire che le lauree ottenute in paesi extracomunitari con formazioni dubbie ed incerte possano venire riconosciute nel nostro Paese e soprattutto in ambiti sanitari così delicati per la salute dei cittadini;
se non sia necessario accertare il fatto riportato in premessa e le eventuali responsabilità che ne derivano;
quali iniziative intenda adottare per impedire il riconoscimento delle lauree conseguite presso l'università di Fiume.
(4-00078)

Risposta. - Come è certamente noto all'interrogante, la questione del riconoscimento del diploma di laurea in stomatologia conseguito da cittadini italiani presso l'università di Rijeka (Fiume), in Croazia è stata affrontata fin dall'inizio con particolare rigore dal minstero dell'istruzione, dell'università e della ricerca.
Peraltro, per cercare di concludere le annose vicende relative al predetto riconoscimento, che hanno investito oltre il ministero interrogato, anche quelli degli affari esteri, della salute e delle politiche comunitarie, nonché l'ordine dei medici e numerose università, il Parlamento ha impegnato il Governo a trovare una soluzione alla problematica, soprattutto in considerazione del contenuto degli accordi di Osimo, sottoscritti da Italia e Iugoslavia sul riconoscimento dei diplomi e dei titoli accademici (si veda l'ordine del giorno 9.4932.8, approvato nella seduta Camera n. 760 del 27 dicembre 2000, nonché gli ordini del giorno 0.4732.9.12 e 4732.11.12 approvati dalla Commissione igiene e sanità del Senato).
In adesione alla volontà espressa dal Parlamento, presso il ministero dell'istruzione, dell'università e ricerca, è stata costituita una Commissione, alla quale hanno partecipato rappresentanti dei ministeri in precedenza ricordati, con il compito di stabilire le modalità di accesso dei laureati in stomatologia alla professione di odontoiatra. A conclusione dei lavori, si è ritenuto di affidare ad un solo ateneo la procedura di riconoscimento dei titoli al fine di assicurare la definizione di omogenei criteri di valutazione dei percorsi didattici teorico-pratici e degli esami sostenuti dagli interessati. Considerato che i medesimi risultano in maggioranza residenti a Trieste o nelle zone limitrofe, è stato chiesto al rettore dell'Università di Trieste di ammettere ad un corso di laurea di odontoiatria e protesi dentaria i predetti laureati, previa valutazione dei relativi
curricula.


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Il rettore, acquisito il parere del consiglio di corso di laurea, ha manifestato la propria disponibilità. Conseguentemente, il ministero ha emanato un provvedimento con il quale si autorizza la predetta università ad iscrivere in soprannumero, al di fuori quindi della programmazione nazionale, a decorrere dal corrente anno accademico 2002-03, i predetti laureati e, al contempo, si dispone l'erogazione di un contributo di funzionamento per fare fronte ai maggiori oneri derivanti dall'organizzazione del predetto corso di laurea.
Come è evidente da quanto rappresentato, in adesione alle specifiche richieste del Parlamento sono state adottate misure atte ad offrire agli interessati l'opportunità di conseguire un regolare titolo, a conclusione di un corso di studi finalizzato a colmare i debiti formativi rilevati dai titoli rilasciati dall'università di Rijeka.
Il titolo potrà essere conseguito sotto il diretto controllo dell'università di Trieste, che potrà effettuare una omogenea valutazione delle capacità acquisite dai laureati in questione.
Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca: Letizia Moratti.

MASCIA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
in esecuzione di provvedimenti di espulsione disposti dalla questura di Lecce, con aerei di linea in partenza dallo scalo di Brindisi, il giorno 11 aprile sono stati rimpatriati 105 cittadini cingalesi che erano arrivati sulle coste siciliane;
sbarcati intorno al 15 marzo scorso in luoghi diversi (Siracusa, Siderno, Avola e altre località) i cingalesi in un primo momento sono stati concentrati nel centro di attesa richiedenti asilo «Lorizzonte» (località Badessa provincia di Lecce);
i cingalesi sono stati successivamente trasferiti nel centro di accoglienza «Regina Pacis» di San Foca di Melendugno (Lecce) dove i medici hanno riscontrato che alcuni di essi erano affetti da varicella;
a 131 dei 207 cingalesi giunti a Lecce, non vengono riconosciute dalla Commissione centrale per il riconoscimento dello status di rifugiato le richieste di asilo politico e lo status di rifugiati;
il medico responsabile del «Regina Pacis» di San Foca di Melendugno, ha reso davanti al giudice una dichiarazione secondo la quale la maggior parte dei cingalesi era affetta da varicella o aveva comunque contratto la malattia sconsigliandone il rimpatrio;
non risulta che ai 105 cingalesi condotti all'aeroporto di Brindisi per essereespulsi sia mai stato notificato alcun provvedimento;
alcuni avvocati del Cir, rappresentanti del Social forum locale e militanti del Prc sono intervenuti a sostegno del gruppo di cingalesi senza ottenere risposte soddisfacenti da parte delle istituzioni;
all'aeroporto di Brindisi è stato impedito al medico in turno presso il presidio della Croce Rossa di visitare i cingalesi, nonostante alcuni di loro avessero denunciato di star male e avessero richiesto tale visita;
l'unica visita ammessa dopo diverse ore è stata effettuata dal medico della Polizia che ha dovuto riconoscere per 6 di loro un avanzato stato di malattia e disporne il trasferimento in ospedale;
l'avvocato Rosaria Lofaro ci informa che almeno 18 dei suoi assistiti risultavano affetti da malattia infettiva, la varicella;
un addetto dell'ASL di Lecce l'11 aprile 2002 si è appositamente recato al «Regina Pacis» di San Foca di Melendugno per visitare i profughi;
l'avvocato Rosaria Lofaro ci ha informato che per il 12 aprile 2002 è stata fissata un'udienza sullo «status libertatis» e per il 15 luglio 2002 un'udienza contro i dinieghi della «Commissione centrale per il riconoscimento dello status di rifugiato»;


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oltre al ricorso civile contro la detenzione illegale dei 131 cingalesi, l'avvocato Rosaria Lofaro ha presentato una denuncia penale, in nome e per conto loro, contro il modo di procedere ad espulsioni di massa e per violazione del diritto di difesa -:
se quanto esposto risulti vero;
se non ritenga una grave violazione dei diritti umani e un atto illegale ai sensi delle leggi italiane vigenti, aver proceduto all'espulsione di persone colpite in età adulta da una malattia esantematica, la varicella, ad alto rischio di contagio;
se risulti vero che il giudice non abbia confermato l'espulsione e che agli interessati non sia stato notificato nessun provvedimento;
se entro le 48 ore dal trattenimento sia stato emanato il provvedimento di convalida;
se risulti vero che le forze di polizia siano venute a conoscenza in via non ufficiale della decisione della Commissione centrale per il riconoscimento dello status di rifugiato agendo conseguentemente ma senza alcun mandato preciso;
come sia potuto accadere che, invece di ottenere l'isolamento per le cure necessarie, siano stati indistintamente invitati a salire su un pullman per portarsi dal centro di attesa per richiedenti asilo «Lorizzonte» al «Regina Pacis» di San Foca di Melendugno;
se non ritenga che in questa incredibile vicenda forze dell'ordine, prefetto e questore si siano palleggiati le competenze e le responsabilità con il solo scopo di impedire a queste persone di tentare tutte le vie legali per ottenere il riconoscimento dello status di rifugiati politici;
se durante le audizioni della «Commissione centrale per il riconoscimento dello status di rifugiato» sui casi del gruppo di profughi cingalesi sia stata sempre ammessa la presenza del legale appositamente nominato dalle famiglie.
(4-02687)

Risposta. - Si evidenzia che i cittadini cingalesi rimpatriati l'11 aprile 2002 con volo charter Brindisi-Colombo erano in totale 109 e facevano parte di un gruppo di 207 accompagnati a Lecce da personale delle questure di Siracusa (il 17 marzo 2002) e Reggio Calabria (il 23 ed il 25 marzo 2002), in quanto destinatari di provvedimenti di respingimento e di trattenimento emessi ai sensi del decreto legislativo n. 286 del 1998.
Nei giorni 3, 4 e 5 aprile 2002, l'allora, commissione centrale per il riconoscimento dello
status di rifugiato, (ora commissione, nazionale per il diritto di asilo) in sessione straordinaria a Lecce, ha effettuato le audizioni prescritte, con l'eccezione di un solo cittadino cingalese, non ascoltato in quanto affetto da varicella, secondo la diagnosi dei sanitari del centro di accoglienza «L'orizzonte».
Si precisa che la normativa vigente, e in particolare il decreto del presidente della repubblica 15 maggio 1990, n. 136, non prevede la presenza di legali in assistenza ai richiedenti asilo nel corso delle audizioni della, commissione, né tale aspetto è regolamentato dalla nuova legge n. 189/2002, in materia di immigrazione e asilo.
Per completezza di informazione si fa presente che la proposta di direttiva del Consiglio europeo, recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello
status di rifugiato, ancora in corso di elaborazione, prevede l'assistenza legale in tutte le fasi del procedimento.
Il 6 aprile 2002 detta, Commissione ha comunicato le decisioni assunte: a 47 cingalesi è stato riconosciuto lo
status di rifugiato, a 131 è stato negato. Questi ultimi non hanno dimostrato, neppure in via indiziaria, di avere i requisiti indicati dalla Convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951, e d'altra parte, com'è noto, in relazione all'articolo 10, comma 3 della Costituzione, non è stata emanata alcuna normativa per l'individuazione dell'autorità istituzionale competente in ordine al riconoscimento del diritto di asilo, nonché delle relative modalità e condizioni.


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Lo
status di rifugiato è stato negato anche ad altri 29 cingalesi, ai quali, però, sono stati riconosciuti i presupposti per un permesso di soggiorno per motivi umanitari e, perciò, ne è stata fatta «raccomandazione» al questore.
Pertanto il pefetto di Lecce, come prescritto dalla legge, ha emesso provvedimenti di espulsione con accompagnamento nei confronti dei 131 cittadini cingalesi e gli stessi sono stati trattenuti presso il Centro di Permanenza Temporanea
Regina Pacis, ai sensi dell'articolo 14 del decreto legislativo n. 286/1998.
Nel pomeriggio dello stesso 6 aprile 2002, personale della, questura di Lecce si è recato presso il, centro per notificare agli interessati i provvedimenti adottati nei loro confronti, ma questi si sono rifiutati di sottoscrivere il verbale e di ricevere copia dei provvedimenti di espulsione e di trattenimento, peraltro tradotti anche nella loro lingua.
Tali atti sono stati acquisiti, nei giorni seguenti, dai loro difensori.
L'adozione dei provvedimenti espulsivi non pregiudica infatti l'eventuale proposizione di impugnative in sede giurisdizionale anche avverso i provvedimenti di diniego del riconoscimento dello status di rifugiato.
Il pomeriggio del 10 aprile 2002, il responsabile sanitario del Centro
Regina Pacis ha comunicato che 17 cittadini cingalesi risultavano affetti da varicella. Queste persone, che avrebbero dovuto essere rimpatriate il giorno successivo, sono state perciò trattenute nel centro per le cure necessarie.
L'11 aprile 2002 i restanti 115 cittadini cingalesi, giunti presso l'aeroporto di Brindisi sono stati visitati dal medico del servizio sanitario dello scalo e dal medico della Polizia di Stato responsabile sanitario del volo, che hanno riscontrato affetti da varicella altri sei cingalesi, disponendone il ricovero in ospedale.
Dell'originario gruppo di 131 cittadini cingalesi, ne sono, stati quindi imbarcati 109, cioè quelli che, sottoposti a visita medica nel centro ove erano trattenuti e successivamente in aeroporto, erano risultati in buone condizioni di salute. Gli altri cingalesi affetti da varicella sono stati sottoposti alle terapie necessarie.
Per completezza di informazione si precisa, infine, che effettivamente - come segnalato dal senatore Malabarba - il provvedimento di trattenimento dei cingalesi presso il centro di permanenza temporanea non è stato convalidato dall'autorità giudiziaria, ma il motivo attiene unicamente alla avvenuta decorrenza del termine massimo di quarantotto ore, successiva alla comunicazione del questore, previsto dall'articolo 14, comma 4, del decreto legislativo n. 286 del 1998; nel merito, il giudice non ha contestato la legittimità del provvedimento di espulsione con accompagnamento alla frontiera degli stessi cingalesi, che costituiva il presupposto di fatto e di diritto della misura del trattenimento.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alfredo Mantovano.

MESSA. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. - Per sapere:
se non ritengano opportuno dare immediate disposizioni affinché anche gli appartenenti alle forze dell'ordine indossino le cinture di sicurezza quando, impegnati in compiti d'istituto, utilizzino le macchine di servizio;
se non ritengano che tale prescrizione, oltre a garantire una maggiore sicurezza al personale stesso, rappresenti un messaggio positivo per l'utenza stradale.
(4-03092)

Risposta. - Si comunica che il ministero dell'interno ha da tempo impartito apposite direttive al fine di sensibilizzare il personale delle forze di polizia e dei corpi di polizia municipale ai fini di una corretta applicazione dell'articolo 172 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (codice della strada), che impone l'uso delle cinture di sicurezza anche a detto personale durante l'espletamento dei propri compiti di istituto, salvo che si tratti di «un servizio di emergenza».


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Gli operatori, pertanto, sono stati invitati ad un più rigoroso rispetto delle disposizioni in esame a tutela della loro incolumità fisica, anche in considerazione del messaggio altamente educativo ed emulativo presso i cittadini, derivante dall'uso delle cinture di sicurezza da parte delle forze dell'ordine.
Peraltro, l'estrema varietà dei servizi e la diversificazione delle tecniche operative non consentono di definire aprioristicamente le attività per le quali il dispositivo in questione deve essere utilizzato.
È stata, pertanto, rimessa alla prudente valutazione dei singoli operatori la verifica, di volta in volta, della sussistenza della situazione di emergenza, evitando, comunque, di ritenere che ogni servizio di polizia possa avere tale configurazione.
In particolare, è stato più volte ribadito che l'esenzione dall'obbligo in parola può sussistere solo in presenza di uno stato di pericolo concreto e attuale, come nelle attività che impongono al personale la rapida salita o discesa dal veicolo, ovvero allorché si debba fronteggiare un'aggressione diretta ed immediata.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alfredo Mantovano.

MESSA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere:
quali iniziative intenda assumere per tutelare i cittadini dalla sempre maggiore invadenza delle campagne promozionali di Direct Marketing telefonico e di Spamming;
se sia a conoscenza che soprattutto i messaggi di Spam penalizzano e comportano costi ingiustificati ai possessori di computer;
se sia possibile individuare soluzioni normative atte a vietare l'inoltro di e-mail di natura commerciale a quanti non abbiano in precedenza dato il proprio assenso al loro invio.
(4-03108)

Risposta. - Nel far presente che si risponde per incarico della Presidenza del Consiglio dei ministri, si ritiene opportuno rammentare che è compito del Garante per la protezione dei dati personali controllare se il trattamento dei dati medesimi avviene nel rispetto della normativa vigente.
Ciò premesso, si significa che l'autorità predetta è intervenuta più volte su segnalazione di cittadini che lamentavano l'invio non richiesto di messaggi di pubblicità commerciale a mezzo posta elettronica o di «messaggini» telefonici.
In base alla normativa nazionale, infatti, l'uso della posta elettronica o di altri mezzi automatizzati di chiamata a fini di commercializzazione di prodotti è consentito solo con il consenso dell'interessato, anche nel caso in cui l'indirizzo di posta elettronica sia apparentemente «disponibile» in rete o sia stato fornito dall'abbonato per altre finalità.
Nei confronti del fenomeno del cosiddetto «
spamming» anche recentemente l'autorità ha disposto a carico di sette società, operanti su internet, il blocco del trattamento dei dati personali contenuti nelle loro banche dati in quanto le stesse avevano violato le norme in materia di protezione dei dati personali e a tutela del consumatore utilizzando in maniera indebita - senza il consenso informato degli interessati - i loro indirizzi di posta elettronica e altri dati per inviare comunicazioni di tipo commerciale o promozionale.
A completamento di informazione si significa che, come è noto, è stata approvata una nuova direttiva comunitaria (n. 2002/58/CE) in materia di tutela della riservatezza nelle comunicazioni elettroniche che dovrà essere recepita entro il 31 ottobre 2003 e che prevede il principio della necessità del preventivo consenso del consumatore (cosiddetto
opt-in) per l'invio dei messaggi pubblicitari tramite posta elettronica; nelle more, il Garante suddetto sta mettendo a punto un «decalogo» di regole da rispettare per l'invio di messaggi commerciali, anche in vista dell'approvazione del codice deontologico in materia di trattamento di dati personali previsto dall'articolo 20 del decreto legislativo n. 467/2001.
Il Ministro delle comunicazioni: Maurizio Gasparri.


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MIGLIORI e CATANOSO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nella notte di lunedì 21 gennaio 2002 la sede dell'associazione studentesca universitaria vicina ad Alleanza nazionale, azione universitaria, di Pisa è stata devastata dalla «visita» di alcuni ignoti che, forzando la pesante saracinesca, si sono introdotti nei locali, causando ingenti danni: sono stati strappati manifesti appesi alle pareti e libri contenuti nella biblioteca, sfasciate sedie, distrutta una macchina da scrivere, sparsa immondizia, appositamente portata dai «visitatori». La sede, ubicata in un fondo precedentemente adibito a garage, era stata già oggetto di attenzioni: sulla saracinesca campeggia una scritta «fascisti carogne infami» con tanto di stella rossa a cinque punte e falce martello, segno evidente che tale luogo è stato individuato come sede di una associazione politica. Questa è solo l'ultima di una lunga serie di azioni intimidatorie e violente consumate ai danni dei giovani di azione universitaria messe in atto vari esponenti, universitari e non, della sinistra estrema. Puntualmente, sono state presentate alla procura della Repubblica di Pisa una decina di denunce per aggressioni fisiche e verbali che alcuni ragazzi hanno sistematicamente ricevuto quando si sono recati, ad esempio, alla mensa universitaria, aggressioni che hanno richiesto più di una volta non solo l'intervento del personale della mensa ma anche delle stesse forze dell'ordine;
risulta inoltre agli interroganti che nel mese di giugno 2001 ad un noto esponente di azione universitaria sia stato sottratto il motorino parcheggiato sotto casa, motorino che è stato trovato la sera stessa dalle forze dell'ordine e dai vigili del fuoco in fiamme davanti alla facoltà di scienze, motorino che aveva ancora il blocca-sterzo inserito e la catena che lo chiudeva ancora intatta, segno evidente che non era stato usato per compiere nessuno spostamento ma appositamente prelevato per darlo alle fiamme. Sconcerta il fatto che il proprietario del motorino, che presentò denuncia per la scomparsa la mattina immediatamente successiva, sia stato messo, incidentalmente, a conoscenza dell'avvenuto dopo oltre un mese da parte delle forze dell'ordine;
anche l'episodio della devastazione della sede di azione universitaria si inscrive in questo contesto di minacce e violenze reiterate: non è un caso che dalla sede siano stati rubati cinque pesanti scatoloni contenenti circa duemila copie dell'ultimo numero del giornale Aula, organo ufficiale dell'associazione universitaria, con l'evidente intento di colpire il mezzo di diffusione politica del gruppo, mentre, non è stata toccata una raccolta di volumi sulla storia dell'università degli studi di Pisa, editi dall'università stessa, del valore commerciale di circa seicentomila lire, risultando quindi evidente che la determinazione ad introdursi nei locali non è stata certamente dettata dall'intenzione di sottrarre cose di valore;
a giudizio degli interroganti colpisce, purtroppo, l'inerzia delle forze dell'ordine e della magistratura, nel perseguire questi fatti che hanno assunto il connotato di una continua e sistematica persecuzione politica e che, come già detto, sono stati puntualmente oggetto di denuncia presso le autorità competenti. La grave tendenza a minimizzare questi episodi appare chiara leggendo sulla stampa locale del quotidiano La Nazione nel quale si sostiene che, secondo la Digos tale intrusione è con ogni probabilità legata all'azione di uno o più «barboni» che avrebbero consumato cibo o passato la notte nella sede -:
se, ed in che modo, a seguito delle numerose denunce presentate, si stia procedendo da parte delle autorità competenti;
se ed in base a quali elementi la questura di Pisa, in merito alla devastazione della sede di azione universitaria, non faccia menzione o escluda la possibilità che si tratti di un atto di violenza politica, visti i precedenti e le modalità;
se non si ritenga che ci sia stato da parte delle autorità di polizia un atteggiamento


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negligente nella prevenzione dei vari atti di violenza che si sono fino ad oggi perpetrati.
(4-02604)

Risposta. - Si comunica che nella notte del 22 gennaio 2002, ignoti, dopo essersi introdotti nella sede dell'associazione studentesca «Azione Universitaria» a Pisa, hanno messo a soqquadro il locale, cospargendo il pavimento di rifiuti ed abbandonando due siringhe ancora integre.
Nella circostanza, sono stati danneggiati anche alcuni manifesti di propaganda politica affissi sulle pareti.
Nel corso del sopralluogo effettuato dalla polizia scientifica, è stato rilevato che la saracinesca del locale non presentava alcun segno di effrazione o qualche scalfittura che comprovasse lo scasso.
Il responsabile della sede, al termine di un sommario inventario, ha riscontrato la sottrazione di 2.500 copie della rivista «Aula», pubblicata con il contributo dell'Università di Pisa e distribuita periodicamente nel circuito universitario dagli aderenti alla precitata associazione.
Prima ancora della formalizzazione della querela, la questura ha avviato immediate indagini d'intesa con l'autorità giudiziaria, subito informata dei fatti, ma gli elementi sinora acquisiti non consentono al momento di formulare univoche ipotesi investigative.
Quanto agli ulteriori episodi di violenza politica evocati nell'interrogazione, si segnala che nella serata del 20 marzo 2001, all'interno della mensa dell'università, alcuni studenti sono stati minacciati ed apostrofati con l'appellativo di «fascisti» da due coetanei, datisi alla fuga prima del sopraggiungere di un equipaggio della polizia di Stato.
I responsabili, identificati il giorno successivo, non sono stati denunciati all'autorità giudiziaria per difetto di querela. Gli stessi sono, comunque, noti per il loro attivismo politico nell'ambito dei circoli antagonisti pisani.
Il successivo 11 giugno 2002, nei pressi del locale dipartimento universitario di matematica, è stato dato alle fiamme un ciclomotore, parcheggiato e chiuso con bloccasterzo e catena, rubato nella stessa giornata in un'altra zona della città ad una giovane aderente al movimento studentesco «Azione Universitaria».
Gli episodi di violenza in questione sono stati approfonditi in sede di comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica di Pisa, che ha disposto, d'intesa con tutti i partiti ed i movimenti politici della provincia, un potenziamento dei servizi di vigilanza e di controllo del territorio, soprattutto nelle ore notturne al fine di impedire atti vandalici o anche valenza politica.
L'opera svolta dalle forze di polizia per la prevenzione di episodi di intolleranza politica è, pertanto, ferma e costante, al fine di garantire che ogni attività politica si possa svolgere nella massima tranquillità.
Ciò, tra l'altro, ha consentito l'individuazione di un sodalizio anarco-ambientalista, denominato «Il Silvestre», i cui militanti, responsabili nel passato di atti di intimidazione nei confronti di ricercatori che conducono esperimenti su animali, sono stati tra i principali artefici delle contestazioni contro gli O.G.M. (organismi geneticamente modificati) e la «Globalizzazione» e si sono particolarmente evidenziati per l'aspra contestazione al Polo Scientifico di San Cataldo, ove ha sede il C.N.R. , e per l'esaltazione dei danneggiamenti di Genova ad opera dei «Black Blockers» durante il vertice del G8 del luglio 2001.
Il 29 marzo 2002 tre giovani aderenti al suddetto movimento sono stati fermati dalle forze di polizia mentre, nel centro del capoluogo, affiggevano manifesti inneggianti all'omicidio del professor Marco Biagi ed alla lotta armata.
Inoltre, due simpatizzanti sono stati arrestati, nella notte tra il 15 e il 16 aprile 2002, nell'atto di distribuire volantini che esprimevano la solidarietà ai «compagni anarchici» denunciati ed esaltavano la «resistenza generale».
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alfredo Mantovano.


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ANGELA NAPOLI, PALMA, VENDOLA, LUMIA e CEREMIGNA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la Commissione parlamentare antimafia, nel corso della scorsa legislatura, approvava con un voto unanime la relazione sul cosiddetto «caso Messina»;
i giudizi che la suddetta relazione conteneva, in ordine alla gravità della penetrazione mafiosa nel territorio della cosiddetta «provincia babba», erano netti e inequivocabili;
altrettanto netto e inequivocabile era il giudizio sul degrado degli uffici giudiziari nel capoluogo peloritano;
del «caso Messina» si sono poi occupati, ciascuno per i profili di sua competenza, il Ministero dell'interno, il Ministero della giustizia, il Consiglio superiore della magistratura;
nei giorni scorsi a Messina si è insediato un nuovo questore, il dottor Cristoforo La Corte;
il neo-questore, intervistato il 4 luglio 2002 dall'agenzia Img-Press, rilasciava una serie di dichiarazioni che appaiono imprudenti;
in particolare, desta stupore la rivendicazione che a Messina non esista alcun «caso» e che la magistratura «abbia fatto bene il proprio lavoro in questi anni»;
in questo quadro di superficiale rimozione o di non conoscenza di fatti e atti che pure hanno determinato un autentico sisma ai vertici istituzionali di Messina - dall'arresto dei giudici Giovanni Lembo e Marcello Mondello alle dimissioni del Magnifico Rettore Cuzzocrea al trasferimento del procuratore della Repubblica Antonino Zumbo - si colloca poi la straordinaria dichiarazione del questore di non conoscere un boss del calibro di Michelangelo Alfano: pur essendo anche il dottor La Corte nato a Bagheria, come l'Alfano, e pur investito dell'attuale delicato compito, il neo-questore esibisce le proprie carenze conoscitive -:
quale giudizio si dia della vicenda;
se si ritenga di intervenire con scelte che evitino alla città di Messina di regredire nelle sabbie mobili di una mafiosità nascosta dalla retorica della «provincia babba».
(4-03447)

Risposta. - Si comunica che il questore di Messina, dottor Cristoforo La Corte, ha fatto avere una nota di chiarimenti in relazione all'intervista pubblicata nel mese di luglio 2002 dall'agenzia giornalistica Img-Press.
Nella nota il dottor La Corte sostiene che le sue affermazioni sono state presentate dall'intervistatore in modo parziale, arbitrario e del tutto equivoco, ingenerando così nei lettori la erronea impressione di un disimpegno verso la lotta alla mafia e di un disconoscimento dello stesso lavoro svolto dalla Commissione parlamentare antimafia.
Al riguardo, si rappresenta, invece, che il programma esposto dal questore prevede un forte impegno nella lotta alla mafia ed al crimine organizzato, e l'intensificazione dell'attività di
intelligence.
In tale contesto, tra i primi provvedimenti adottati dal dottor La Corte vi è la costituzione, presso la questura, di un ufficio con compiti di raccolta dei dati sui fenomeni criminosi commessi sul territorio, per affinare ed aggiornare le strategie di intervento.
Il questore, ritenendo deliberata la distorsione delle sue dichiarazioni da parte dell'articolista, ha sottoposto l'intera vicenda all'attenzione della procura distrettuale antimafia di Messina il 27 luglio 2002.
Il Ministro dell'interno: Beppe Pisanu.

ANGELA NAPOLI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
più volte, da ultimo in data 24 maggio 2002, è stato ribadito l'impegno del Ministero per l'avvio delle procedure del


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corso-concorso riservato a 1.500 dirigenti scolastici incaricati -:
quali siano i motivi reali che stanno bloccando, a tutt'oggi, l'indizione del concorso in questione, pur essendo necessaria la copertura, dell'almeno 50 per cento delle istituzioni vacanti.
(4-04009)

Risposta. - Si fa presente che, a norma dell'articolo 35 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, l'avvio di procedure di reclutamento è subordinato alla previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata ai sensi dell'articolo 39, comma 3, della legge 27 dicembre 1997, n. 449.
Il Consiglio dei Ministri ha approvato in data 4 ottobre 2002 il decreto presidenziale che autorizza il ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca interrogato ad avviare le procedure di reclutamento relative al suindicato corso concorso riservato ai presidi per complessivi 1.500 posti.
Non appena sarà formalizzato il suddetto decreto del Presidente della Repubblica si procederà a definire tempestivamente le procedure per l'indizione del corso concorso in parola.
Il Sottosegretario di Stato per l'istruzione, per l'università e per la ricerca: Valentina Aprea.

OSVALDO NAPOLI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
in queste ultime settimane è stato riaperto il traforo del Monte Bianco al transito del traffico pesante;
continuano a susseguirsi sia in territorio francese, e in particolare nel territorio italiano della Valle d'Aosta, iniziative e manifestazioni di protesta contro il transito di automezzi pesanti attraverso il traforo e relative arterie di accesso;
tali manifestazioni sono accompagnate da azioni volte ad impedire il transito degli automezzi interessati come ad esempio le occupazioni delle strade di accesso con mezzi e materiali di ingombro vari;
il blocco o la insufficiente attivazione del transito pesante attraverso il traforo del Monte Bianco comporta e provoca inevitabilmente e direttamente un ulteriore aggravio del flusso di traffico pesante attraverso il traforo autostradale del Frejus e le strade della Valle di Susa in quanto questa costituisce l'unica alternativa reale al percorso della Valle d'Aosta per i collegamenti con la Francia e l'Europa nord occidentale;
tale situazione viene a costituire danni e disagi profondamente maggiori per la Valle di Susa e i suoi abitanti che giornalmente vedono passare sulle loro teste oltre 6.600 mezzi pesanti e milioni di tonnellate di merci, il 60 per cento delle quali non è destinato né alla Valle né all'area torinese ed è totalmente estraneo alla suddetta zona;
tale situazione costituisce pertanto una penalizzazione oggettiva ed inaccettabile a danno della Valle di Susa e dei suoi abitanti i quali si trovano a dover sopportare anche il carico di traffico ripartibile e incanalabile attraverso la Valle d'Aosta;
la politica di tutela ambientale non può essere intesa, condivisa ed attuata con metodi e fini strumentali e il diritto di fruire della integrità ambientale e di conseguenti condizioni di vita qualificata è un diritto oggettivo che va riconosciuto a tutti i cittadini senza distinzione di Valli e ogni violazione di questo principio di equità viene a configurare una discriminazione ingiusta, illegittima e inaccettabile a danno di chi la subisce e nella fattispecie a danno della Valle di Susa e dei suoi abitanti che non vengono tutelati al pari dei concittadini valdostani nei loro diritti di qualità di ambiente e di vita e nel conseguente diritto/dovere di ripartire equamente i sacrifici che si devono sostenere per il bene generale del Paese e lo sviluppo della sua economia -:
se non ritenga che il diritto alla tutela dell'ambiente naturale e di fruire di


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condizioni ambientali di vita a livello migliore possibile non debba essere riconosciuto e garantito in modo paritario per tutti i cittadini del nostro Paese;
se non ritenga che la situazione che si sta ingenerando in Valle d'Aosta per impedire, ostacolare e comunque ridurre in termini di grande rilevanza il flusso di traffico pesante attraverso il traforo del Monte Bianco e relative arterie di accesso con la conseguenza di riversare tale mancato transito sul traforo del Frejus e la Valle di Susa con tutte le conseguenze negative in termini ambientali, non venga a costituire una situazione di grave penalizzazione a danno della medesima Valle di Susa e dei suoi abitanti con conseguente ingiusta ed inaccettabile discriminazione a loro danno rispetto ai cittadini della Valle d'Aosta;
se non ritenga che i sacrifici che la comunità civile deve sopportare per il bene generale del Paese e del suo sviluppo non debbano essere ripartiti fra tutti i cittadini in termini più equi possibile ad evitare il formarsi di situazioni di privilegio e di danni oggettivamene discriminanti e in quanto tali ingiusti ed inaccettabili;
quali misure il Governo ed il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti intendano adottare ed assumere per garantire, in termini di urgenza e in modo continuativo, un giusto riparto di distribuzione del traffico pesante tra i trafori del Monte Bianco e del Freius, quindi della Valle d'Aosta e della Valle di Susa, onde evitare il formarsi e il perpetrarsi di ogni situazione di ingiusto danno e di ingiusta discriminazione per i relativi territori ed abitanti per le conseguenze ambientali legate a tale tipo di traffico.
(4-03315)

Risposta. - L'ente nazionale per le strade, interessato al riguardo, fa presente che a seguito del tragico evento del marzo 1999, i lavori di ripristino del Traforo del Monte Bianco, condotti nel corso di tre anni circa, hanno avuto come obiettivo prioritario il ripristino del Traforo stesso in condizioni massime di sicurezza e di protezione dell'ambiente.
Attualmente, riferisce l'ANAS, il Traforo del Monte Bianco risponde a tutti i requisiti tecnici per lo sviluppo delle funzioni per cui è stato ristrutturato e progettato. Pertanto, il 25 giugno 2002 è stato riaperto completamente al traffico pesante in regime di senso unico alternato, come previsto nell'accordo del 15 febbraio 2002 siglato con il Governo francese.
Nell'ambito di tale accordo si prevedeva, peraltro, che la circolazione alternata dei mezzi pesanti sarebbe stata oggetto di un'attenta valutazione periodica svolta congiuntamente dai due Stati. Ciò in considerazione delle inevitabili ricadute negative sulla fluidità della circolazione e sui tassi di inquinamento sia lungo gli itinerari di accesso al tunnel che nei valichi alternativi, quali il Traforo del Frejus. Tale valico ha, di fatto, assorbito la maggior parte di traffico di confine con la Francia.
L'ente stradale fa conoscere che l'eliminazione del senso unico alternato nel Traforo del Monte Bianco, oltre a rispondere alle condivisibili attese della popolazione della Val di Susa e della Maurienne, si allineerebbe ad una precisa indicazione del citato accordo siglato a Livorno nel febbraio 2002.
In tale accordo veniva fissato come obiettivo una ripartizione del traffico pesante tra il Monte Bianco e il Frejus in maniera tale che venisse assicurato per ogni tunnel almeno il 30 per cento del traffico totale dei mezzi pesanti.
Nella riunione di Parigi del 16 settembre 2002 il Ministro francese De Robien e il Ministro Lunardi hanno preso atto della circostanza che il traffico pesante, nel tunnel del Monte Bianco, transitante ancora a senso unico alternato, si è attestato attorno ad una quota del 10 per cento del totale transitante sia sullo stesso tunnel che su quello del Frejus.
Tale quota era invece previsto dovesse salire, come già detto, almeno al 30 per cento. Inoltre, a causa dell'alternanza dei


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passaggi dei mezzi pesanti si generano ingiustificate file di attesa che producono inquinamento.
I due Ministri si sono, quindi, detti disponibili ad autorizzare il ripristino del transito regolare entro l'autunno in corso introducendo, ove occorra, una eventuale limitazione del numero massimo dei mezzi che possono transitare, stabilendo un valore inferiore a 200 mezzi l'ora.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Ugo Martinat.

ONNIS. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
l'edilizia scolastica della Sardegna versa più che mai in precarie condizioni: la maggior parte dei caseggiati esistenti sono fatiscenti, mancano di laboratori e di palestre, la scarsa disponibilità di strutture costringe docenti e studenti a defatiganti doppi turni;
la situazione, oramai inveterata, non consente di realizzare un'efficace opera di istruzione;
nonostante il recente, condivisibile, intervento della regione sarda mediante lo stanziamento di 400 miliardi di lire, permane l'indilazionabile necessità di un ben più cospicuo impegno finanziario da parte dello Stato che possa consentire di risolvere una situazione divenuta oramai endemica;
la realizzazione di nuove strutture, congiuntamente alla ristrutturazione e all'adeguamento di quelle già esistenti, garantirebbe agli studenti una più seria e più moderna istruzione e porrebbe, altresì, un freno al fenomeno dell'abbandono e della dispersione scolastica;
se non ritenga di intervenire, in coincidenza con l'inizio dell'anno scolastico, disponendo un apposito ed urgente sostegno finanziario onde porre rimedio a tale disagevole situazione e soddisfare le legittime aspettative che il mondo della scuola rivendica.
(4-00916)

Risposta. - Si risponde su delega della Presidenza del Consiglio dei Ministri, facendo presente che il ministero dell'istruzione, università e ricerca non partecipa direttamente all'attivazione di opere di edilizia scolastica sul territorio, essendone riservata la programmazione alle rispettive regioni e la loro concreta attuazione (realizzazione, fornitura, manutenzione ordinaria e straordinaria) ai singoli enti locali - amministrazioni comunali e provinciali - puntualmente obbligati.
Ciò nonostante esso vi ha spesso fattivamente contribuito attraverso l'attivazione di appositi finanziamenti, sotto forma di mutui accendibili presso la Cassa depositi e prestiti a totale ammortamento a carico dello Stato.
In tale sede, in base a precedenti leggi speciali (448/1986, 430/1991 e 431/1996, sono già stati attribuiti alla regione Sardegna circa 480 miliardi di lire.
La recente legge 11 gennaio 1996, n. 23 (legge-quadro sull'edilizia scolastica) ha poi consentito l'attivazione di piani triennali di programmazione, articolati in singoli piani annuali ed, a tutt'oggi - a conclusione del secondo triennio di programmazione 1999/2001 - sono stati complessivamente assegnati altri 150 miliardi di lire circa, il che ha reso possibile l'avvio di circa 500 iniziative edilizie, la maggior parte delle quali dirette, secondo gli indirizzi previsti dai rispettivi decreti ministeriali di riparto, all'adeguamento e messa a norma delle strutture oltre che al soddisfacimento del fabbisogno immediato di aule, ai completamenti funzionali, alla costruzione di palestre ed alla eliminazione dei fitti onerosi e dei doppi turni.
In particolare ai sensi della citata legge n. 23 del 1996 sono stati attribuiti, per il I triennio 1996/1998: 25.700.000.000 di lire circa con decreto ministeriale 18 aprile 1996, 28.000.000.000 di lire circa con decreto


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ministeriale 8 giugno 1998, 33.150.000.000 di lire circa con decreto ministeriale 18 marzo 1999, e per il II triennio 1999/2001: 17.000.000.000 di lire circa con decreto ministeriale 6 settembre 1999, 17.700.000.000 di lire circa con decreto ministeriale 6 aprile 2000, 27.560.000.000 di lire circa con decreto ministeriale 23 aprile 2001.
Ciò premesso - nel ricordare che il disegno di legge per la riforma degli ordinamenti scolastici prevede, tra l'altro, un apposito piano programmatico di interventi finanziari, tra i quali anche quelli diretti all'adeguamento delle strutture - si evidenzia che, mentre la legge 23 dicembre 2001, n. 448 ha previsto, per l'anno 2004, un finanziamento di più di 300 milioni di euro (equivalente a circa 610 miliardi delle vecchie lire) per l'avvio del terzo triennio, il disegno di legge finanziaria prevede, per gli stessi fini, una somma di circa 10 milioni di euro (quasi 200 miliardi di lire) per l'anno 2003.
Il Sottosegretario di Stato per l'istruzione, per l'università e per la ricerca: Valentina Aprea.

ONNIS. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la strada statale n. 128, che, lungo la dorsale sarda collega i comuni di Monastir e di Sorgono, rappresenta una delle principali arterie dell'isola ed è percorsa ogni giorno da migliaia di autoveicoli;
la inadeguatezza e la pericolosità della sede stradale, peraltro, pongono in serio pericolo l'incolumità di tutti coloro che quotidianamente la percorrono, chiamati ad affrontare una serie di pericoli ed insidie disseminati lungo tutta la dorsale;
particolarmente pericoloso è il tratto che collega i comuni di Monastir e Senorbì, lungo il quale si verificano frequentemente sinistri mortali: soltanto negli ultimi due mesi si contano quattro morti e decine di feriti, ed è di pochi giorni fa la notizia di un'altra tragica morte in corrispondenza di quella che oramai viene nominata la «curva-trappola», all'altezza del chilometro 15,900;
più volte la popolazione locale e gli enti esponenziali hanno denunciato la insidiosità di tale via di comunicazione, tanto da essere diventata un pericolo incombente per chi quotidianamente la percorre, ed il 6 luglio 2002 la popolazione locale, capeggiata dai sindaci dei vari comuni, ha dato vita ad una silenziosa manifestazione per ribadire la necessità di un urgente ed indifferibile intervento di ampliamento ed adeguamento;
a tutt'oggi, peraltro, nonostante la realizzazione di un progetto esecutivo per la realizzazione delle opere necessarie e l'ulteriore milione di euro iscritto a bilancio per l'anno 2002, non è stato ancora dato avvio ai lavori;
l'esecuzione delle opere di ampliamento ed adeguamento si prospetta quanto mai urgente e necessario se si vuole interrompere la terribile catena di sinistri, che talvolta le cronache neppure registrano tanto è la regolarità con la quale si verificano;
la realizzazione dei lavori, oltre a ridurre sensibilmente le distanze tra i vari comuni, favorendo in tal modo lo sviluppo economico e sociale, consentirebbe di evitare il «tratto-trappola» che congiunge Monastir a Senorbì, lungo il quale si verificano la maggior parte di incidenti mortali -:
se non ritenga di assumere, con la sollecitudine che la situazione prospetta, le iniziative più idonee onde consentire la celere esecuzione dei lavori di ampliamento della strada statale n. 128, così come previsti nel progetto esecutivo delle opere e garantire la sicurezza di tutti coloro che vi transitano.
(4-03425)

Risposta. - L'Ente Nazionale per le Strade, interessato al riguardo, ha inteso premettere che la strada statale n. 128 «Centrale Sarda» rientra nel patrimonio statale da trasferire alla regione Sardegna,


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pur risultando ancora in gestione al compartimento ANAS di Cagliari fino alla definizione delle procedure di regionalizzazione.
Inerentemente agli interventi sulla strada in argomento, l'ente fa conoscere che su incarico della regione è stato redatto un progetto preliminare di adeguamento del tratto compreso tra Monastir e Bivio Serri, la cui spesa ammonterebbe a circa 179 miliardi di lire.
Detto progetto risulta inserito nel piano risorse aree depresse di cui alle delibere Cipe nn. 4/1999, 14/2000 e 138/2000.
L'ente stradale riferisce, infine, che la predisposizione del progetto definitivo avverrà a cura della regione Sardegna.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Ugo Martinat.

PASETTO. - Al Ministro delle comunicazioni, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
da quanto più volte denunciato dai cittadini del VII Municipio di Roma, e personalmente constatato dall'interrogante, le condizioni logistiche e funzionali dell'Ufficio Postale Roma 71 di Via del Campo n. 46 nel quartiere Alessandrino, sono ormai da lungo tempo al collasso;
la tipologia dei clienti, per la stragrande maggioranza anziani, e il loro elevato numero, aumentato dalla mancanza di collegamenti pubblici in grado di disperdere gli utenti tra gli altri uffici postali, non permettono il normale funzionamento dell'ufficio che, nelle ore di punta, non riesce a garantire la normale erogazione dei servizi;
tale situazione determina una condizione di forte disagio sia per i cittadini-utenti che per i lavoratori i quali sono molto spesso chiamati a dover giustificare mancanze non a loro direttamente imputabili, ma piuttosto determinate da una struttura insufficiente a soddisfare il suo bacino di utenza. Per tali ragioni è importante valutare la possibilità di un ampliamento strutturale dell'ufficio postale in quanto questo determinerebbe un vantaggio non solo per i cittadini-utenti, ma anche per Poste Italiane spa che con l'attuale stato di fatto vede ridotte le possibilità di vendita dei nuovi prodotti, specialmente quelli di Bancoposta, che proprio a causa delle grandi attese non risultano convenienti e competitivi con quelli bancari -:
quali azioni intenda assumere nei confronti di Poste Italiane affinché i gravi disagi evidenziati vengano superati.
(4-03362)

Risposta. - Si ritiene opportuno precisare che, a seguito della trasformazione dell'ente Poste Italiane in società per azioni, il Governo non ha il potere di intervenire sulla gestione aziendale che, com'è noto, rientra nella competenza specifica degli organi statutari della società.
Tuttavia, allo scopo di poter disporre di elementi di valutazione in merito a quanto rappresentato dall'interrogante, si è provveduto ad interessare la predetta società Poste la quale, nel comunicare che l'ufficio postale Roma 71 opera con turno unico mediante l'apertura di n. 8 sportelli per le operazioni di bancoposta e di n. 2 sportelli per i servizi postali, ha precisato che la lamentata incapacità dell'ufficio stesso di «garantire la normale erogazione dei servizi» non trova conferma nei risultati dei monitoraggi anche recentemente effettuati dalla società per verificarne il grado di efficienza.
Ed, invero, lo scopo di tali controlli è quello di adeguare la qualità ed i tempi di esecuzione dei servizi offerti alle variazioni dei flussi di traffico, in modo da poter eventualmente modificare l'organizzazione dei servizi in base alla consistenza della domanda, per cui, ad esempio per venire incontro alle esigenze della particolare categoria dei pensionati il medesimo ufficio - aderendo all'iniziativa «il pomeriggio del pensionato» - rimane aperto anche durante il turno pomeridiano nella prima settimana di ogni mese, periodo di scadenza del pagamento delle pensioni.


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Ulteriori iniziative, ha proseguito Poste Italiane, non sono al momento, previste, sia in considerazione della percentuale della clientela (83 per cento servita in un arco di tempo di circa sette minuti - risultato ritenuto soddisfacente - sia perché il pagamento dei ratei di pensione agli interessati, è normalmente completato durante l'orario di apertura al pubblico.
A completamento d'informazione, la ripetuta società ha fatto presente che la clientela dell'ufficio in parola potrà prossimamente trarre beneficio dall'attivazione di un nuovo ufficio postale - denominata Roma 168 distante circa 1,5 chilometri - la cui sede è attualmente sottoposta ad interventi di ristrutturazione sulla durata dei quali la società non è stata, al momento, in grado di fornire previsioni attendibili.
Il Ministro delle comunicazioni: Maurizio Gasparri.

PECORARO SCANIO. - Al Ministro delle politiche agricole e forestali, al Ministro della salute, al Ministro delle attività produttive. - Per sapere - premesso che:
la Guardia di Finanza il 25 settembre 2002 ha sequestrato nel porto di Bari un quantitativo di 24.000 kg di triplo concentrato di pomodoro avariato proveniente dalla Grecia e destinato ad aziende conserviere campane;
la Guardia di Finanza il 26 settembre 2002 ha sequestrato, sempre nel porto di Bari, un quantitativo di 48.850 kg di triplo concentrato di pomodoro avariato proveniente dalla Grecia e destinato ad aziende conserviere campane;
in entrambi i casi tali carichi avevano ricevuto dalle autorità greche prima dell'imbarco i certificati di idoneità igienico-sanitaria;
in entrambi i casi la società mittente è stata la greca «Ladas s.a. Agricultural Products Processing s.a» con sede a Farsala Volos;
l'assessore all'agricoltura e foreste della provincia di Salerno, Antonio di Vece, ha inviato una lettera al Ministro delle politiche agricole e forestali e a parlamentari europei e nazionali, riportando la preoccupazione dei consumatori e delle aziende del salernitano chiedendo l'accertamento delle responsabilità nel rilascio dei certificati di idoneità igienico-sanitaria e delle possibili interferenze esterne di gruppi malavitosi -:
quali iniziative diplomatiche il Governo intenda adottare affinché siano forniti chiarimenti dalle autorità greche circa l'emissione dei certificati di idoneità igienico-sanitaria e, più in generale, quali iniziative si intendano adottare in sede europea affinché i Paesi comunitari impediscano che pratiche fraudolente pericolose dal punto di vista sanitario approfittino della libera circolazione delle merci nell'Unione europea.
(4-04156)

Risposta. - Il caso specifico oggetto dell'interrogazione riguarda un carico di concentrato di pomodoro, in pessime condizioni di conservazione, proveniente dalla Grecia e destinato ad aziende conserviere campane.
Tale fenomeno è determinato essenzialmente dalla possibilità per gli operatori del settore di approvvigionarsi di materie prime ottenute in Paesi i cui costi di produzione sono sensibilmente più bassi rispetto a quelli registrati in Italia.
Al riguardo, trattandosi di commercio tra paesi della comunità, valgono le regole del mercato interno che prevedono l'espletamento di controlli sugli aspetti di carattere igienico-sanitario.
Pertanto, la problematica è stata tempestivamente portata a conoscenza del ministero della salute.
Per quanto di competenza, l'amministrazione, in sede comunitaria, ha prontamente richiamato l'attenzione della Commissione europea su tali gravi episodi, al fine di sensibilizzare le competenti autorità greche ad assicurare controlli più accurati sul rispetto delle caratteristiche qualitative richieste nell'ambito del regime di aiuto per i prodotti finiti a base di pomodoro.


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Nel contempo, a livello nazionale sono stati intensificati i controlli da parte dell'ispettorato centrale repressione frodi, attraverso verifiche, sia ispettive che analitiche, finalizzate all'accertamento del possesso dei requisiti merceologici stabiliti dalla vigente normativa per la commercializzazione di tali prodotti.
Ovviamente, tale attività ha interessato prevalentemente quelle zone del territorio nazionale dove il settore della trasformazione del pomodoro assume una primaria importanza sia dal punto di vista economico che sociale.
Del resto, che il fenomeno meriti una particolare attenzione da parte di tutti gli organismi preposti ai controlli lo si evince dalla constatazione delle difficoltà di reperimento del prodotto nel corrente anno, a causa delle avverse condizioni climatiche verificatesi durante la trascorsa stagione estiva, che hanno determinato una forte diminuzione della materia prima pomodori da destinare all'industria di trasformazione.
L'ispettorato centrale repressione frodi, quindi, da un lato, attraverso gli uffici periferici di Salerno e Portici, ha intensificato i controlli su tale tipologia di prodotto, dall'altro, ha sensibilizzato le autorità doganali affinché queste ultime segnalino tempestivamente l'introduzione sul territorio nazionale di tutte le partite di concentrati di pomodoro importate da Paesi extracomunitari.
In conclusione, si assicura l'impegno dell'amministrazione ad intraprendere e portare avanti una serie di iniziative volte per un verso a tutelare i produttori di conserve nazionali e per l'altro ad assicurare il consumatore circa la presenza sul mercato di prodotto conforme alle attuali disposizioni normative.
Il Ministro delle politiche agricole e forestali: Giovanni Alemanno.

PORCU. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la squadra nautica della Polizia di Stato di Palau (Sassari), in forza presso il posto fisso di Polizia di Palau, è composta da otto unità: un ispettore capo comandante di unità d'altura, un sovrintendente capo comandante costiero, quattro assistenti di prima - un Comandante di unità d'altura, un comandante costiero e due motoristi navali - e, infine, due agenti anch'essi con qualifica di motorista navale;
la giurisdizione di Palau comprende numerosi porti di notevole grandezza ed importanza fra i quali i porti di La Maddalena, Palau, con collegamenti prevalentemente estivi da e per Genova, da e per Napoli, da e per Porto Vecchio (Corsica), Santa Teresa di Gallura con servizi fissi da e per Bonifacio (Corsica), Liscia di Vacca, Poltu Quatu, Cala Bitta, Cannigione, Cala Capra, Isola dei Gabbiani, Porto Massimo e Porto Raphael;
tali porti, soprattutto durante il periodo estivo e turistico, ospitano numerose imbarcazioni da diporto provenienti da tutte le parti d'Italia e del mondo;
nella prospiciente isola di Santo Stafano ha sede la base appoggio dei sommergibili della marina militare degli Stati Uniti d'America con tutte le conseguenze del caso relativi ai ben noti eventi susseguitisi all'11 settembre 2001 e con servizi di sorveglianza svolti anche dalla squadra nautica della Polizia di Stato di Palau con turni di 24 ore al giorno nelle acque antistanti la base;
tale servizio di sorveglianza rientra nelle mansioni quotidiane invernali svolte dalla Polizia di Stato (P.S. 432) che durante il periodo estivo deve inoltre provvedere alle scorte armate delle autorità italiane (Presidente della Repubblica) e internazionali soggiornanti nella zona;
la squadra nautica della Polizia di Stato di Palau ha in dotazione solamente due natanti, un classe Nelson del 1974 (appunto la P.S. 432) e un gommone tipo Blob (P.S. 649) del 1995 che per numero e anzianità di servizio risultano oggettivamente insufficienti ai gravosi compiti loro assegnati -:


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quali iniziative necessarie ed urgenti intende adottare al fine di rinforzare la squadra nautica della Polizia di Stato di Palau, attualmente costretta a due soli natanti in condizioni non ottimali, non solo per agevolare il lavoro del personale della Polizia di Stato interessato, ma soprattutto a tutela della sicurezza di tutti i cittadini della giurisdizione;
se non ritenga indilazionabile un intervento volto alla assegnazione alla squadra nautica della Polizia di Stato di Palau di almeno una imbarcazione della recente classe squalo, peraltro è già in forza presso tutte le altre squadre nautiche della Polizia di Stato della Sardegna (Cagliari, Oristano, Porto Torres e Olbia), considerate le esigenze illustrate in premessa relative non solo ai servizi d'onore e di scorta ma soprattutto alla sorveglianza e sicurezza di un bacino nautico fra i più importanti e strategici del mediterraneo.
(4-02797)

Risposta. - Si fa presente che la questura di Sassari, per il controllo delle coste provinciali, si avvale delle squadre nautiche di Olbia, Palau e Porto Torres, con una dotazione di otto unità navali che effettivamente, come gran parte della flottiglia della polizia di Stato, risentono dei segni del tempo.
Tuttavia, recependo le richieste dell'autorità di pubblica sicurezza di Sassari, il dipartimento della pubblica sicurezza del ministero dell'interno ha recentemente disposto la sostituzione delle due unità navali in dotazione alla squadra nautica di Palau, con altrettante imbarcazioni ritenute più moderne.
In particolare, è stata assegnata, in data 4 giugno 2002, una unità navale d'altura della classe «
Intermarine», nonché, il 14 giugno 2002, un grosso battello pneumatico della classe «Centauro» motorizzato con due potenti propulsori fuoribordo da 250 HP.
Si soggiunge che presso l'ufficio di pubblica sicurezza in argomento prestano servizio otto appartenenti alla polizia di Stato, di cui un ispettore, un sovrintendente e sei unità del ruolo degli assistenti ed agenti.
Le pochissime unità navali della classe «Squalo», imbarcazioni d'altura di grosso tonnellaggio, recentemente acquisite, sono state assegnate alle squadre nautiche schierate sul basso Adriatico, sullo Jonio e sul Canale di Sicilia per la repressione del fenomeno dell'immigrazione clandestina.
In tal modo il dipartimento della pubblica sicurezza ha inteso, in questo particolare momento storico, privilegiare l'attività connessa al contrasto di tale fenomeno, rispetto ai pur importanti servizi attinenti il controllo del territorio marittimo, ai servizi di scorta e d'onore.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alfredo Mantovano.

REALACCI, PINOTTI, PISA, CENTO, MANTINI e LION. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
durante il G8 di Genova la polizia italiana ha sparato contro i manifestanti oltre 6.000 candelotti lacrimogeni, prodotti in Italia dalla Simad spa con sede a Carsoli, composti da ortoclorobenzolmalonitrile e recanti la scritta «cartuccia 40 mm a caricamento lacrimogeno al CS, STA -1-98»;
il gas scaturisce dalla cartuccia e si diffonde sottoforma di nebbia o fumo di particelle sospese, la cui efficacia deriva dalla proprietà irritante, molto forte, per la pelle e per le mucose, nonché dalla capacità, anche se si impiegano dosi minime, di causare congiuntivite istantanea con blefarospasmo, irritazione e dolore, sintomi accentuati in presenza di condizioni meteoclimatiche di caldo-umido;
il CS micronizzato e mescolato con un antiagglomerante o trattato con idrorepellenti a base di silicone può rimanere attivo per giorni e settimane se polverizzato al suolo;
il CS sulla base di studi effettuati da ricercatori dell'università di Pisa, dell'università di Genova e dell'Istituto scientifico tumori di Genova, è risultato capace di indurre in cellule di mammifero coltivate


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in vitro, e in più sistemi cellulari differenti ampiamente utilizzati nella moderna sperimentazione sulla mutagenicità/genotossicità:
effetti mutageni (a carico dei geni);
effetti clastogeni (a carico della struttura dei cromosomi);
effetti aneugenici (a carico del numero dei cromosomi);
effetti genotossici (a carico delle substrutture cromosomiche);
la documentazione di un'estesa serie di effetti mutageni genotossici positivi in vitro permette di classificare il CS quale sostanza mutagena in vitro, sostanza intrinsecamente dotata di mutagenicità, capace di indurre nel materiale genetico effetti genotossici/mutageni;
una sostanza del tipo del CS sarebbe classificata dalla Commissione europea (Direttiva sulle sostanze pericolose 675/148/CEE) nella classe 3: «Sostanze che presentano risultati positivi rilevanti in più saggi di mutagenicità, per le quali non siano disponibili dati rilevanti in vivo. Sostanze di questo tipo rappresentano un pericolo per l'uomo a causa dei loro possibili effetti mutageni»;
la Direttiva europea 2001/41/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 giugno 2001 stabilisce, allo scopo di migliorare la protezione della salute e della sicurezza dei consumatori, di non permettere - per l'esposizione della popolazione - l'esistenza sul mercato delle sostanze classificate come cancerogene, mutagene e tossiche per la riproduzione;
il Parlamento europeo (European Parliament Directorate General for Reserch - Stoa: Scientific and Technological Options Assessment) commissionò nel luglio 2000 uno studio specifico sull'uso di gas lacrimogeni, che informava sull'esistenza di una vasta bibliografia sugli effetti del CS;
sempre secondo i dati dello Stoa, il CS può causare ad alti livelli di esposizione, polmoniti, edema polmonare, disfunzioni respiratorie, gravi gastroenteriti ed ulcere perforanti;
l'Italia ha ratificato nel 1925 il protocollo di Ginevra contro l'uso di sostanze soffocanti o gas e nel 1969 ottanta paesi hanno votato per la messa al bando di gas lacrimogeni in caso di guerra;
l'uso di sostanze dannose quali i gas tossici non sarebbe proibito in caso di operazioni pacifiche, secondo la Convenzione sulle armi chimiche -:
quale organo istituzionale abbia autorizzato l'uso di gas CS a Genova, in occasione delle giornate di manifestazioni durante il G8;
se lo stesso fosse a conoscenza degli effetti di tale gas e delle Convenzioni contro l'uso di tali sostanze;
se il Ministro fosse a conoscenza dell'uso di gas CS e sugli effetti da questo prodotti;
se gli operatori dell'ordine pubblico siano a conoscenza dei rischi cui è sottoposta la loro salute in caso di utilizzo di gas contenenti CS e da quanti anni tali gas sono in uso;
se i manifestanti al G8 e i cittadini di Genova residenti nelle aree in cui si sono tenute le manifestazioni in cui sono stati sparati i lacrimogeni contenenti CS siano stati avvertiti dei rischi per la loro salute e messi al corrente delle eventuali misure igienico-sanitarie necessarie per scongiurare eventuali danni conseguenti all'esposizione a tale gas;
se non si ritenga alla luce di quanto esposto di vietare l'uso di gas tossici - in particolare CS - durante dimostrazioni di piazza.
(4-03548)

Risposta. - Si comunica che l'impiego di una miscela di gas comunemente nota come «CS» negli artifici sfollagente in dotazione alle forze di polizia del nostro Paese è espressamente previsto dall'articolo 12 del decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 1991, n. 359, che stabilisce i criteri per la determinazione dell'armamento


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in dotazione all'Amministrazione della pubblica sicurezza e al personale della polizia di Stato che espleta funzioni di polizia.
Il CS, la cui denominazione chimica è «Orto-Clorobenzaldeide-Malonitrile» (OBCM), tecnicamente non è un gas ma una polvere cristallina, che viene miscelata in percentuale variabile dal 7 al 20 per cento con altre sostanze per ottenere un composto impiegato per produrre artifici lacrimogeni destinati non solo alle forze di polizia italiane, ma anche a quelle di vari Paesi europei ed extraeuropei, tra i quali gli Stati Uniti.
Per quanto riguarda il nostro Paese, gli artifici sfollagente contenenti tale composto vengono acquisiti dalle amministrazioni che li hanno in dotazione solo dopo essere stati sottoposti a test preventivi, sulla base dei quali vengono corredati di complete schede tecniche e di sicurezza, recanti la composizione, le proprietà fisiche e tossicologiche, nonché le precauzioni d'uso richieste dal prodotto.
Il CS è un composto classificato tra le sostanze tossiche ed irritanti dal decreto legislativo 3 febbraio 1997, n. 52, che ha dato attuazione alla Direttiva 92/93/CE sulla classificazione delle sostanze pericolose, e dal decreto legislativo 16 luglio 1998, n. 285, che ha dato attuazione ad alcune direttive comunitarie in tema di preparati pericolosi.
La miscela ha forti caratteristiche irritanti per gli occhi, per le vie respiratorie e per la pelle.
Secondo un rapporto del
Department of the Army statunitense del 1976, il CS, nella miscela utilizzata attualmente in Italia negli artifici lacrimogeni, non è un agente chimico ad effetto persistente e non è richiesta alcuna particolare decontaminazione dell'area nella quale è stato utilizzato; sono ritenute sufficienti le normali procedure per la decontaminazione personale (lavaggio della persona, cambio di indumenti, ed altre).
Esistono anche altre miscele a base di CS, con concentrazioni ben maggiori del principio attivo (CS1 e CS2), capaci di effetti più forti e persistenti, ma non vengono né prodotte in Italia, né utilizzate per artifici anti-sommossa dalle forze di polizia italiane.
Di recente, la direzione centrale di sanità del dipartimento della pubblica sicurezza del ministero interrogato ha condotto un ulteriore studio sugli effetti del CS, con particolare riguardo agli impieghi come componente di cartucce lacrimogene, basandosi sulle acquisizioni di tutti i più noti ed autorevoli istituti di ricerca scientifica e tossicologica internazionale, con risultati rassicuranti.
Per quanto riguarda, in particolare, la tossicità sull'uomo, sono note alcune sperimentazioni effettuate nel Regno Unito, che non avrebbero documentato effetti significativi neppure in caso di esposizioni ripetute, salva la forte irritazione agli occhi e alle vie respiratorie progressivamente scomparsa con l'allontanamento dall'ambiente contaminato con l'agente chimico.
Gli effetti del
gas sono, infatti, reversibili e tendono ad attenuarsi cessando l'esposizione, fino a scomparire dopo circa 20 minuti dall'assunzione.
In un rapporto recentemente pubblicato nel Regno Unito dal
Committee on toxicity, mutagenicity and carcinogenicity of chemicals in food, consumer, products and the environment del 1999, reperibile tramite internet, relativamente agli effetti sull'uomo, si afferma che il CS «è un potente irritante, particolarmente per cute ed occhi; viene rapidamente idrolizzato e quindi l'esposizione dei tessuti al CS è transitoria. L'esperienza nell'uso indica che è un irritante cutaneo ed è disponibile solo qualche casistica clinica di sensibilizzazione cutanea. Non vi è alcuna preoccupazione relativamente a mutagenicità, teratogenicità o cancerogenicità del Cs stesso».
Gli ulteriori effetti patogeni cui fa riferimento l'interrogazione, riportati nel rapporto STOA del 2000, commissionato dal Parlamento europeo, presuppongono in ogni caso esposizioni a dosi particolarmente elevate, come riferisce lo stesso rapporto.
Lo stesso Ministero della salute, con una circolare del 12 ottobre 2001, emanata in occasione dell'emergenza dovuta al rischio di attentati biologici, chimico-tossici e


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nucleari successivi a quello dell'11 settembre 2001 alle Twin Towers, ha classificato il CS nella categoria degli agenti irritanti, evidenziando che il meccanismo d'azione consiste in un danno transitorio alle terminazioni sensoriali periferiche dell'organismo umano.
Non risultano fenomeni di «tossicità cumulativa», cioè di accumulo di sostanza tossica a seguito di ripetute esposizioni, né particolari effetti cronici, con la eccezione di fenomeni di sensibilizzazione allergica, rappresentati da dermatite da contatto, rilevati in lavoratori addetti alla produzione industriale di tale gas.
Come si è cennato, non sussiste, al momento, alcun riscontro scientifico in merito al rischio di effetti mutageni sull'uomo, cioè di alterazioni del patrimonio genetico delle cellule, e neppure che si tratti di sostanza cancerogena.
Al contrario, il CS è classificato come sostanza non cancerogena dall'
American Conference of Governmental Industrial Hygienists (ACGIH), prestigioso istituto di ricerca statunitense a livello universitario. L'istituto superiore di sanità ha fatto sapere che questo dato è confermato da uno studio di cancerogenesi per via inalatoria, condotto somministrando il principio attivo in forma di aerosol a ratti e topi, nel quale non è emersa alcuna evidenza di attività cancerogena negli animali sottoposti a concentrazioni ditale gas.
Sull'impiego di tale sostanza risultano alcune raccomandazioni del
National Institute for Occupational Safety and Health, altro istituto di ricerca statunitense di massima autorevolezza, relative alle cautele necessarie nelle fasi di produzione e trasformazione industriale del prodotto, quali l'utilizzo di maschere antigas, di occhiali ed altri indumenti protettivi per tutelare i lavoratori esposti a forti concentrazioni del principio attivo.
Il citato istituto non ha formulato raccomandazioni in merito all'impiego del CS come agente di dissuasione ed antisommossa; tuttavia è praticamente impossibile ipotizzare, in tali condizioni di impiego, situazioni di rischio comparabili con quelle prese in esame relativamente ai cicli produttivi industriali e che hanno suggerito l'adozione delle misure di sicurezza cui si è fatto cenno.
In definitiva, le disposizioni che consentono l'uso di tale
gas da parte delle forze dell'ordine corrispondono alle risultanze della più autorevole letteratura scientifica internazionale.
Perciò, allo stato delle conoscenze, nelle concentrazioni utilizzate per gli artifici lacrimogeni, l'impiego del CS è del tutto compatibile anche con le previsioni della Convenzione di Parigi del 13 gennaio 1993 in tema di «Proibizione dello sviluppo, produzione, immagazzinamento ed uso di armi chimiche e sulla loro distruzione», ratificata dall'Italia con la legge 18 novembre 1995, n. 496, che prevede la possibilità di utilizzare, per il controllo dell'ordine pubblico, composti chimici idonei a produrre rapidamente nell'essere umano irritazione sensoria o effetti inabilitanti di breve durata.
Ciò premesso, pur non emergendo elementi inconfutabili per rivedere la possibilità di impiego di miscele di gas CS quali artifici lacrimogeni per esigenze di ordine pubblico, il ministero dell'interno si appresta a riconsiderare ugualmente tale possibilità, sulla base di eventuali ulteriori e più aggiornate risultanze scientifiche.
Sono stati, infatti, costituiti appositi gruppi di lavoro per il riassetto organizzativo dei reparti mobili della polizia di Stato, i quali dovranno anche riesaminare le dotazioni protettive e di contrasto da utilizzare nei servizi di ordine pubblico, nel quadro delle disposizioni generali poste al riguardo dal decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 1991, n. 359 già citato, allo scopo di individuare, ove possibile, ritrovati sempre più adeguati a garantire la massima sicurezza sia degli operatori di polizia che dei cittadini.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alfredo Mantovano.


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ROTUNDO, SASSO e RUGGHIA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
Prete Vincenzo Domenico, ragazzo portatore di handicap, compirà diciotto anni il 26 agosto 2002 ed a causa della raggiunta maggiore età non potrà essere iscritto al prossimo anno scolastico, dopo aver frequentato, quest'anno, la seconda classe della scuola media statale di Parabita (Lecce);
infatti una recente sentenza della Corte costituzionale, precisamente la n. 226 del 2001, ha stabilito che lo Stato ha il dovere di assicurare il servizio scolastico ai portatori di handicap sino all'età di diciotto anni se hanno frequentato la scuola dell'obbligo per almeno otto anni;
l'interruzione della frequenza scolastica è un fatto enormemente negativo con conseguenze gravi sul processo di integrazione di Prete -:
se e quali iniziative intenda adottare il Governo per far fronte a situazioni quale quella sopra descritta e per consentire adeguate soluzioni che diano continuità al percorso di integrazione scolastica anche dopo che il portatore di handicap abbia compiuto i diciotto anni di età, evitando di scaricare il peso esclusivamente sulla famiglia.
(4-03229)

Risposta. - Si fa presente così come richiamato anche dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 226 del 2001 alla quale fa riferimento l'interrogante, che il nostro ordinamento, ed in particolare le norme contenute nel decreto legislativo n. 297/1994 (testo unico in materia di istruzione), disciplina in modo più complesso le modalità con le quali si attua il percorso scolastico di istruzione obbligatoria degli allievi portatori di handicap.
Tra le disposizioni volte ad agevolare detto percorso scolastico degli allievi portatori di
handicap si ricordano gli articoli n. 110 e n. 316 del succitato decreto che consentono a detti allievi il completamento della scuola dell'obbligo anche fino al compimento del diciottesimo anno di età, in deroga alle norme generali che prevedono l'assolvimento di detto obbligo entro il quindicesimo anno di età, e gli articoli n. 182 e n. 316 che consentono ai medesimi allievi una terza ripetenza in singole classi, in deroga alla norma generale che stabilisce che una stessa classe può essere frequentata soltanto per due anni salvo che non sia necessario completare il periodo d'istruzione obbligatoria.
Come peraltro esplicitato dalla medesima Corte costituzionale nel periodo successivo a quello durante il quale la frequenza è obbligatoria, anche per gli allievi portatori di
handicap l'istruzione viene a configurarsi come un diritto, che può essere esercitato al di fuori della scuola dell'obbligo mediante la frequenza di corsi per adulti finalizzati al conseguimento del diploma, ove non è esclusa la presenza di docenti di sostegno nel caso di frequenza di allievi disabili.
Anche nel caso in questione, pertanto, la frequenza di corsi per l'educazione degli adulti che sono presenti sul territorio può dare soluzione alle esigenze rappresentate.
Il Sottosegretario di Stato per l'istruzione, per l'università e per la ricerca: Valentina Aprea.

RUGGERI. - Al Ministro delle politiche agricole e forestali. - Per sapere - premesso che:
la dotazione finanziaria del provvedimento di rottamazione delle macchineagricole, inizialmente prevista in 10 miliardi di lire e successivamente incrementata a 30 miliardi, a cui si sono aggiunti residui pregressi, ha ottenuto uno straordinario successo stante la vetustà del parco meccanico-agricolo nazionale e la necessità di un suo ammodernamento, e l'80 per cento dei fondi disponibili è stato sufficiente ad esaudire le domande, in ordine cronologico, dei primi 4 giorni di operatività del provvedimento;


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le domande pervenute successivamente al 21 maggio 2002 sono all'esame del ministero delle politiche agricole, che deve provvedere all'assegnazione della restante quota del 20 per cento;
nonostante la collaborazione delle organizzazioni professionali agricole, dei contoterzisti, degli industriali del settore e delle Enima, per la mancanza di personale del ministero, le procedure di definizione delle domande procedono con estrema lentezza;
tale situazione determina una serie di difficoltà in ordine agli acquisti, alla fatturazione e ai connessi adempimenti finanziari e burocratici;
la legge finanziaria presentata dal Governo prevede una dotazione per il prossimo anno solamente di 5 milioni di euro, del tutto insufficiente a finanziare le domande pregresse, a fronte di una grande spinta alla innovazione e sostituzione del vecchio macchinario in uso -:
quali iniziative intenda adottare per definire le numerosissime domande che ormai da 6 mesi sono senza risposta sia in senso negativo che positivo, onde consentire agli interessati di reiterare le istanze sui fondi previsti nelle prossime assegnazioni e se il Governo ritenga di individuare nuove risorse aggiuntive per compensare la forte domanda prevista dal settore agromeccanico.
(4-04111)

Risposta. - Si precisa, preliminarmente, che le risorse finanziarie disponibili per la realizzazione della rottamazione delle macchina agricole per l'anno 2002 sono state di 40 miliardi di lire e che tale importo ha trovato utilizzazione per 30 miliardi in 5 mesi e 16 giorni e non nei primi quattro giorni di operatività.
L'amministrazione, in particolare, ha posto in essere tutte le misure atte a rendere operative le disposizioni del decreto del 1o agosto 2001, con il quale è stata regolamentata la materia.
Raggiunta l'utilizzazione dell'80 per cento della somma di 40 miliardi di lire e data tale comunicazione attraverso le organizzazioni professionali, contoterzisti e industriali del settore, gli operatori, nell'arco di una settimana, hanno avanzato ulteriori richieste per un ammontare pari a 40 miliardi di contributo.
Tale evenienza ha comportato il rapido superamento delle risorse finanziarie disponibili, ivi comprese quelle derivanti dai residui di stanziamento dell'anno 2001, pari ad 11 miliardi.
Pertanto, si può dire che l'amministrazione ha autorizzato pratiche per complessivi 51 miliardi di contributo, seppur non sia stato possibile soddisfare altrettante richieste per un ammontare di circa 19 miliardi.
Ad oggi, tutte le procedure previste dal decreto del 1o agosto 2001 sono state espletate dall'amministrazione; infatti, non esistono arretrati in termini di istruttoria e di emissioni di autorizzazioni.
Gli operatori che hanno richiesto la rottamazione e che non hanno avuto risposta positiva sanno che ciò non è stato possibile in quanto le risorse finanziarie disponibili non sono state sufficienti a coprire tutte le domande.
Infine, pur non essendo stato possibile ottenere, in sede di predisposizione della legge finanziaria, un aumento dello stanziamento previsto per l'anno 2003, da 5 a 35 milioni di euro, si fa presente che il disegno di legge finanziaria per l'anno 2003 contiene la previsione di 175 milioni di euro da destinare al credito d'imposta.
Tale tipo di intervento consente il finanziamento di investimenti che permettono l'acquisto di nuove macchine agricole.
Il Ministro delle politiche agricole e forestali: Giovanni Alemanno.

RUSSO SPENA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
l'ispettore della Digos di Roma Sandro Nervalli il 15 febbraio 1999 si presentava nell'aula del tribunale di Civitavecchia in seguito ad una querela da lui formulata nei confronti di due giornalisti


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autori del libro «Un mistero di Stato» sulla scomparsa di Davide Cervia;
nella circostanza l'ispettore Nervalli arrivava sul posto con un'auto targata RM2K4465, condotta da altro dipendente della Digos; al termine dell'udienza su tale auto saliva anche l'avvocato difensore del Nervalli;
l'automobile in oggetto non risulta iscritta al PRA, come da risposta pervenuta il 16 marzo 1999 dal direttore del ministero dei trasporti che specificava che l'ufficio non era autorizzato a fornire le generalità dell'intestatario e che della richiesta del Comitato per la verità su Davide Cervia era stato comunque informato «l'organo intestatario di detta autovettura» -:
se il 15 febbraio 1999 l'ispettore Nervalli fosse in servizio e se fosse autorizzato ad utilizzare un'auto di servizio ed un agente-autista per scopi privati.
(4-01897)

Risposta. - Si fa presente che l'Ispettore superiore sostituto ufficiale di pubblica sicurezza Sandro Nervalli, in servizio presso la Digos della questura di Roma, si è recato il 15 febbraio 1999 presso il tribunale di Civitavecchia al fine di presenziare, quale parte lesa, alla prima udienza dibattimentale del procedimento penale instaurato nei confronti della moglie del sottufficiale della Marina Militare Davide Cervia, scomparso il 13 settembre 1990.
Il procedimento penale era stato avviato a seguito della querela sporta dal signor Nervalli per diffamazione, in quanto era stato indicato come principale artefice del depistaggio delle indagini, sul conto dello scomparso, nel libro menzionato nell'atto di sindacato ispettivo parlamentare.
Da verifiche svolte dalla questura di Roma è emerso che il Nervalli aveva richiesto al funzionario responsabile presso la Digos l'autorizzazione a fruire di un'autovettura di servizio, per potersi dedicare, unitamente ad altro agente, alle attività investigative programmate, ritenute improrogabili, non appena conclusi gli oneri processuali.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alfredo Mantovano.

RUSSO SPENA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
una ragazza Rom rumena, madre di due figli di 4 e 2 anni, è l'ennesima vittima della politica di intolleranza a Brescia;
in ottemperanza alla legislazione vigente né lei né il marito possono lavorare. I miseri fondi destinati alla sopravvivenza sua e della famiglia, come sempre avviene in questi casi, non arrivano. Unico modo per sopravvivere è chiedere l'elemosina;
circa due settimane fa, la ragazza si trovava ad un semaforo a chiedere l'elemosina quando è stata fermata; le hanno tolto di mano e rotto il cartone su cui era scritta la richiesta di carità e le hanno intimato di andarsene; poco dopo, la ragazza si rimetteva al semaforo con un nuovo cartone, ma altri due agenti in moto le strappano di nuovo il cartone; a quel punto la ragazza decideva di andarsene;
sulla strada del ritorno a casa entrava in un bar per dissetarsi, all'uscita trovava un'auto della polizia con la portiera aperta. Le imponevano di salire in macchina; la portavano, quindi, alla caserma vicino via Milano; poi, dopo un viaggio di mezz'ora, la portavano fuori città in salita «in un posto che sembrava montagna» - così racconta la ragazza - (nel territorio del comune di Brescia c'è il monte Maddalena, alto circa 900 metri, inoltre da Brescia si possono raggiungere in breve tempo diverse località montagnose della Val Trompia) «mi hanno fatto scendere a forza, perché io avevo paura e non volevo lasciare l'auto, ai margini di un bosco e se ne sono andati dopo avermi detto: stai qui a chiedere l'elemosina, è qui il tuo semaforo; a nulla sono valse le mie lacrime»;


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questo episodio è stato portato a conoscenza dell'amministrazione comunale di Brescia, che si dichiara, per voce del responsabile ufficio stranieri e nomadi, dottore G. Valenti, estranea a questo e ad altri episodi. Volontari ed esponenti della società civile obiettano che l'amministrazione comunale dovrebbe rimarcare la sua distanza da simili atteggiamenti e dovrebbe aprire un'inchiesta per verificare chi fra i suoi dipendenti si è reso responsabile di tali episodi e disporre perché in futuro non debbano ripetersi. Ricordano che la polizia municipale di Brescia compare in due rapporti della Commissione europea per la difesa dei diritti dei Rom (ERRC) e del CERD - organismo dell'ONU. In tali rapporti viene, fra gli altri, citato un gravissimo caso di percosse e minacce risalente al 1998 ai danni di 3 giovani Rom ad opera di alcuni agenti della polizia municipale cittadina. Recentemente, in data 14 gennaio 2002, durante uno sgombero, roulotte e tutti i beni e documenti di proprietà dello stesso gruppo di Rom della ragazza sequestrata, venivano distrutti sotto la direzione della Polizia Municipale -:
quali precise disposizioni dirette alle amministrazioni pubbliche il Ministro intenda emanare per evitare che da comportamenti illegittimi derivi la negazione di diritti fondamentali, di cui sempre i Rom diventano le principali vittime sacrificali.
(4-03590)

Risposta. - Si comunica che alla questura di Brescia non sono state presentate denunce di episodi di violenza perpetrati da operatori della polizia Municipale di quel capoluogo in danno di persone appartenenti alla comunità rom.
Risulta, peraltro, che l'amministrazione comunale ha avviato un'inchiesta interna al fine di verificare la fondatezza dei fatti esposti nell'atto di sindacato ispettivo e di accertare le eventuali responsabilità.
In ordine alla problematica sollevata nell'ultimo punto dell'interrogazione, si precisa che per i membri del gruppo etnico dei
rom non vigono disposizioni diverse da quelle dettate per la generalità dei cittadini stranieri presenti sul territorio nazionale.
Pertanto, gli stessi, laddove non si trovino nelle condizioni formali e sostanziali previste per il rilascio del permesso di soggiorno ovvero versino in situazione di clandestinità, sono passibili di espulsione ai sensi della normativa vigente.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alfredo Mantovano.

VALPIANA. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
la circolare 24 ottobre 2000, n. 16, «Promozione e tutela all'allattamento al seno» mira a contrastare la dissuasione dell'allattamento materno fatta con qualsiasi mezzo nelle strutture sanitarie;
con la risoluzione Valpiana n. 7-00033 relativa all'allattamento al seno, approvata dalla commissione affari sociali il 18 ottobre 2001, la commissione stessa ha impegnato il Governo, tra le altre cose, a valutare l'opportunità di aumentare il periodo di astensione obbligatoria o di modificare il trattamento economico della lavoratrice nel periodo di astensione non obbligatoria al fine di permettere ad un maggior numero di donne di continuare l'allattamento al seno almeno fino a sei mesi di vita previsti dall'organizzazione mondiale della sanità;
nel progetto-obiettivo materno infantile, previsto dal piano sanitario 1998-2000, adottato con decreto ministeriale 24 aprile 2000, era previsto l'obiettivo di incrementare la percentuale di allattamento al seno, nonché la promozione dell'allattamento al seno oltre il terzo mese;
nel piano sanitario 2002-2004 non acquista alcun particolare rilievo la promozione dell'allattamento naturale al seno;
cosa intenda fare per promuovere l'allattamento al seno;
se intenda promuovere un miglioramento della normativa per incentivare l'allattamento al seno;
se risulti che tutte le regioni e le province autonome abbiano proceduto all'applicazione della circolare n. 16/2000 e quali controlli siano stati messi in atto per verificarlo;


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se siano stati raccolti i dati nazionali sull'allattamento al seno (allattamento immediato, a domanda, non misto, rooming-in, eccetera) e se abbia intenzione di renderli pubblici per una doverosa informazione.
(4-04040)

Risposta. - È acquisita la consapevolezza, confortata dall'evidenza scientifica, dell'importanza dell'allattamento materno per la salute del neonato e della mamma.
Il progetto obiettivo materno infantile (decreto ministeriale 24.4.2000), come tra l'altro sottolinea l'interrogante, già prevede l'obiettivo di incrementare l'allattamento al seno, nonché promuovere l'allattamento al seno oltre il terzo mese.
Inoltre, a fronte di una attitudine positiva delle donne verso l'allattamento materno, può riscontrarsi un non adeguato sostegno, sia in termini di informazione che di aiuto concreto, in caso di difficoltà, durante il percorso di nascita e, in particolare, alla nascita e in puerperio.
Consapevole di ciò, il ministero della salute ha stipulato una convenzione con l'Istituto superiore di sanità che riguarda un progetto sulla promozione dell'allattamento al seno.
Tale progetto si propone di rilanciare la pratica dell'allattamento al seno (incremento della percentuale di allattamento precoce al seno nonché di allattamento al seno al terzo, sesto e dodicesimo mese) con una campagna educativo-informativa con metodi e strumenti che recepiscano le raccomandazioni nazionali, rivolte in primo luogo alle neo mamme e alle future mamme e, inoltre, a tutti quei professionisti e servizi che, direttamente o indirettamente, sono coinvolti nell'assistenza alla gravidanza, al parto e al puerperio.
Inoltre, attraverso una indagine
ad hoc, è prevista la valutazione dell'impatto sulla popolazione target e dei risultati ottenuti.
L'ISTAT ha di recente pubblicato, nel proprio quaderno-Informazioni, n. 23-2002, «Il percorso della maternità: gravidanza, parto e allattamento al seno», i risultati dell'indagine multiscopo sulle famiglie «Condizioni di salute e ricorso ai servizi sanitari» anni 1999-2000.
Intervistando le donne che hanno avuto figli nei cinque anni precedenti la rilevazione, risulta che l'81 per cento (pari a poco meno di due milioni) ha allattato al seno il proprio bambino, in media per un periodo di 6,2 mesi. Il 27 per cento delle mamme ha allattato per più di 6 mesi mentre il 24 per cento delle donne ha interrotto dopo tre mesi. Le giovani fino a 24 anni e le madri di 40 anni e più (77 per cento) allattano al seno molto meno.
A livello territoriale le differenze sono nette. Nell'Italia insulare solo il 65 per cento delle donne ha allattato al seno il proprio bambino, ciò per effetto della bassissima propensione ad allattare che si rileva in Sicilia (60 per cento), mentre per le madri residenti in Sardegna si osserva una percentuale sostanzialmente analoga alla media nazionale (84 per cento).
Si osserva, rispetto al 1994, una crescita dell'allattamento al seno in Italia, con le sole eccezioni della Calabria e, in misura minore, della Sardegna, che comunque presenta una quota elevata di donne che allattano al seno
Allattano di più le donne che hanno un titolo di studio più elevato (84 per cento tra quante hanno conseguito un diploma o una laurea), rispetto a quelle che hanno conseguito al massimo la licenza elementare (72 per cento).
L'impegno lavorativo non influisce negativamente sulla propensione ad allattare al seno; anzi, le occupate (83 per cento) allattano di più delle casalinghe (78 per cento).
Le donne che hanno avuto un parto cesareo allattano i loro bambini meno spesso (76 per cento) di quanto non avviene alle donne che hanno avuto un parto spontaneo od operativo (83 per cento).
Tra le donne che hanno partecipato a corsi di preparazione al parto la pratica dell'allattamento è più diffusa (86 per cento) rispetto alle mamme che non li hanno frequentati.
Infine, solo il 58 per cento delle donne che hanno avuto figli nei cinque anni precedenti l'intervista ha allattato il proprio bambino, almeno per un periodo, in modo esclusivo, vale a dire solo con latte materno senza ricorrere all'integrazione con altri liquidi (inclusa l'acqua) o altri alimenti.
Anche in questo caso allattano di meno le giovanissime (52 per cento), le donne del


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Sud (soprattutto della Sicilia con il 38 per cento), le donne con titolo di studio basso (43 per cento) e quelle che non hanno seguito corsi di preparazione al parto (54 per cento).
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Antonio Guidi.

ZACCHERA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
soprattutto in questi giorni di acuta crisi internazionale appare evidente la necessità di contrastare il fenomeno del terrorismo, con particolare riguardo alla difesa di obiettivi sensibili e anche alla solidarietà con le potenziali vittime;
se il Governo non ritenga di dover istituire un fondo nazionale di solidarietà per le vittime di atti terroristici e per dotare potenziali obiettivi di attentati (monumenti, luoghi pubblici, Chiese eccetera), di attrezzature di controllo ambientale.
(4-00813)

Risposta. - Si rappresenta che, a seguito degli attentati terroristici dell'11 settembre 2001, sono stati potenziati su tutto il territorio nazionale i servizi di prevenzione e di intelligence a difesa dei possibili obiettivi di attacchi terroristici, nazionali e stranieri, in particolare statunitensi, inglesi e israeliani, tanto istituzionali, quanto commerciali o religiosi, facendo ricorso alle migliori tecnologie disponibili, in un quadro di stretta collaborazione internazionale.
Si è provveduto, altresì, sulla scorta delle decisioni assunte in sede di Comitato nazionale per l'ordine e la sicurezza pubblica - immediatamente dopo il verificarsi dei tragici eventi - a svolgere una mirata attività di monitoraggio antiterrorismo, intensificando il più possibile l'attività informativa e investigativa, dirette a rilevare qualsiasi elemento degno di attenzione e suscettibile di sviluppo.
Sono state inoltre impartite alle autorità provinciali di pubblica sicurezza specifiche direttive mirate all'immediato potenziamento delle misure di vigilanza predisposte a tutela delle rappresentanze diplomatiche e consolari, delle sedi delle compagnie aeree e marittime, nonché di ogni altro obiettivo a rischio.
È stata richiesta, contestualmente, l'adozione di particolari misure di vigilanza alle strutture di erogazione dei servizi di pubblica utilità, al fine di prevenire il compimento di azioni pregiudizievoli per l'incolumità pubblica.
Infine, è stata ulteriormente intensificata l'attività di vigilanza presso gli scali aeroportuali e portuali, in ambito ferroviario, lungo le arterie stradali e autostradali, assicurando particolare attenzione al controllo dei passeggeri in transito, dei bagagli e delle merci.
In sede di Comitato nazionale per l'ordine e la sicurezza pubblica, riunitosi nuovamente il 10 ottobre 2001, è stato esaminato il programma di utilizzazione di contingenti delle Forze Armate nei servizi di sorveglianza e controllo di obiettivi fissi conseguentemente adottato, ai sensi della legge 26 marzo 2001, n. 128, con decreto del 12 ottobre 2001.
Tale provvedimento ha consentito di impiegare 4.000 unità appartenenti alle forze armate che, su richiesta delle diverse prefetture, hanno svolto opera di vigilanza nelle strutture dislocate in posizione più decentrata, permettendo così di recuperare personale delle forze di polizia da impegnare prevalentemente nei centri urbani e, in generale, nei servizi di maggiore prossimità ai cittadini. Tale esigenza è stata successivamente assicurata con ulteriori decreti in data 8 novembre 2001 e 20 marzo 2002.
Attualmente è stato predisposto un nuovo provvedimento che verrà sottoposto all'esame di uno dei prossimi Consigli dei Ministri.
Per quanto invece concerne l'opportunità prospettata dall'interrogante di istituire un fondo nazionale di solidarietà per le vittime di atti terroristici, si precisa che l'attuale quadro normativo già prevede forme di sostegno economico in favore di cittadini italiani, stranieri e apolidi che abbiano subìto un'invalidità permanente, riportata in conseguenza di azioni terroristiche, a condizione che il soggetto leso non abbia concorso alla commissione degli atti


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medesimi (leggi n. 466/1980, n. 302/1990, modificata dalla legge n. 407 del 1997 e n. 407/1998).
Proprio di recente, per rispettare il principio di solidarietà cui si informa la concessione di tali provvidenze, ed al fine di una maggiore incisività delle misure adottate, il Governo, nella seduta del Consiglio dei Ministri del 25 luglio 2002, ha adottato un'apposita direttiva che consente, ove risulti di immediata evidenza la natura terroristica o eversiva dell'evento, di corrispondere una provvisionale fino al 90 per cento dell'elargizione prevista, in luogo della precedente percentuale del 20 per cento.
Infine, è in fase di predisposizione presso il ministero della giustizia un provvedimento organico di tutela generale delle vittime dei reati, che superando l'attuale sistema di garanzie riservato solo ad alcune tipologie penali permette all'Italia di adeguare la propria legislazione agli standard minimi di assistenza alle vittime di reati penali, così come previsto da una decisione quadro comunitaria approvata dal Consiglio europeo il 15 marzo 2001.
Nel dettaglio, tale provvedimento prevederà il rafforzamento dell'informazione alle vittime sui propri diritti affidata alle prefetture, alla polizia di Stato e ai magistrati; l'adeguamento del codice di procedura penale; la creazione di un fondo nazionale di assistenza e l'istituzione di una «Giornata della memoria delle vittime di eventi delittuosi».
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alfredo Mantovano.

ZANELLA. - Al Ministro della salute, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il 30 maggio 2002, in seguito a un controllo della polizia stradale in località Fortezza, in prossimità del valico italo-austriaco del Brennero, veniva fermato un camion con 56 cuccioli di cane di razza beagle provenienti, a quanto si è appreso dalla stampa, da un allevamento di Reggio Emilia e destinati ad un laboratorio tossicologico di Amburgo, in Germania, dove con tutta probabilità sarebbero stati sottoposti a vivisezione per esperimenti scientifici;
gli animali venivano trasportati in gabbie anguste, senza che sussistessero le condizioni igienico-sanitarie necessarie e senza che il conducente disponesse dell'autorizzazione prevista dalla legge per il trasporto di animali vivi;
in seguito alla denuncia per maltrattamenti presentata da un consigliere comunale della città di Bolzano, l'autorità giudiziaria disponeva il sequestro cautelativo degli animali affidando questi ultimi, in attesa del pronunciamento del giudice per le indagini preliminari, al locale canile municipale;
sempre dalla stampa si apprendeva che il giorno successivo la ditta Morini di San Polo d'Enza (Reggio Emilia), titolare dell'allevamento di provenienza dei cuccioli, inviava un proprio automezzo per recuperare gli animali ma il veterinario responsabile del canile, dopo aver sottoposto il mezzo ad un accurato esame teso a verificare l'idoneità al trasporto, non concedeva l'autorizzazione a causa dell'inadeguatezza dell'impianto di aerazione. Sempre secondo quanto appreso dagli organi di stampa in seguito alla vasta eco suscitata dagli avvenimenti nell'opinione pubblica e all'intervento di alcuni esponenti politici locali, i cuccioli sarebbero stati infine acquistati da privati;
la ditta Morini è titolare del più grande allevamento italiano di animali per vivisezione e da anni varie associazioni ambientaliste denunciano le condizioni in cui gli animali vengono custoditi. Anche in occasione del sequestro avvenuto il 30 maggio 2002 i cuccioli presentavano evidenti segni di malnutrizione e risultavano non sverminati. Secondo quanto denunciato dall'associazione animalista PeTA, l'episodio del 30 maggio non sarebbe isolato e anche nei giorni scorsi sarebbe stato sequestrato in Svizzera un automezzo della Morini con cuccioli beagle, il cui trasporto avveniva sempre in violazione delle norme igienico-sanitarie vigenti. Gli stabilimenti della Morini ospitano attualmente circa 700 cani di razza beagle, oltre a centinaia di altri animali destinati ad essere sottoposti a vivisezione o a esperimenti di tipo comportamentale, neurologico e/o di fisiologia o di tossicologia, che possono comportare gravi sofferenze e


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forte angoscia, e dopo vari sopralluoghi dei Nas e della guardia di finanza il consiglio comunale di Reggio Emilia ha annunciato nei giorni scorsi una variante al piano regolatore per destinare l'area che ospita attualmente l'allevamento della Morini ad area residenziale e verde pubblico;
in Italia, l'utilizzo degli animali a fini sperimentali è regolamentato dal decreto legislativo n. 116 del 27 gennaio 1992, che recepisce la direttiva CEE n. 86/609 e dalla legge n. 413 del 1993 «Norme sull'obiezione di coscienza alla sperimentazione animale» in virtù della quale, nel caso esistano metodi sostitutivi utilizzabili, è fatto obbligo di fornire agli studenti delle modalità d'insegnamento prive dell'utilizzo di animali -:
se non ritenga opportuno predisporre appropriate verifiche amministrative sul conto della ditta Morini e su tutti gli allevamenti di animali destinati ad esperimenti di qualsiasi tipo e natura presenti sul territorio nazionale, volte ad accertare l'esistenza dei permessi di esercizio, le condizioni igienico-sanitarie in cui versano gli animali e il rispetto della normativa vigente in tema di controlli sanitari e ambientali;
se non ritenga opportuno estendere tali accertamenti anche ai laboratori in cui viene praticata la sperimentazione animale, intensificando le azioni di sorveglianza degli animali stabulati, verificando in particolare l'esistenza delle necessarie autorizzazioni per gli esperimenti e la completezza della documentazione relativa agli animali stessi (provenienza, idoneità fisica, assistenza veterinaria, corretta compilazione ed aggiornamento dei registri).
(4-03301)

Risposta. - L'episodio dei 56 cuccioli di cane di razza beagle del maggio 2002 è perfettamente noto al ministero interrogato, che ha posto in essere numerosi e tempestivi interventi per la risoluzione del problema stesso.
La soluzione al problema è stata trovata anche grazie agli interventi qualificati delle autorità sanitarie, giudiziarie e politiche territoriali della provincia autonoma di Bolzano.
L'episodio ha avuto rapida e felice conclusione con soddisfazione da parte di tutti, tant'è che i 56 cuccioli, attualmente, vivono come animali da compagnia all'interno delle famiglie che li hanno richiesti e che li hanno acquistati.
La ditta Morini di S. Polo d'Elza (Reggio Emilia) dispone dell'autorizzazione prevista dagli articoli 10 e 11 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 116, ai fini della produzione di animali destinati alla sperimentazione, rilasciata dalle autorità territoriali in relazione alla specifica competenza loro attribuita in base ai citati articoli.
Tutte le autorità territoriali, nel rilasciare tale autorizzazione, devono inviare al Ministero della salute la relativa comunicazione.
Su questa base, gli stabilimenti produttori e i fornitori di cui agli articoli 10 e 11 del decreto legislativo n. 116/1992 sono iscritti in un apposito elenco nel quale sono indicate le singole specie di animali da esperimento allevate.
Il controllo delle condizioni igienico-sanitarie e del benessere degli animali rimane di competenza territoriale.
Circa l'auspicato controllo negli stabilimenti utilizzatori di cui all'articolo 12 del decreto legislativo n. 116/1992, si dà assicurazione all'interrogante che i controlli nel settore sono effettuati dagli uffici preposti con la massima attenzione e competenza in relazione ad una precisa programmazione degli interventi ispettivi.
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Cesare Cursi.