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e trovano legittimazione le ispezioni pretese in Iraq (ed il rinnovo dell'embargo) parla esplicitamente della necessità di eliminare le armi di distruzione di massa non solo in Iraq, ma in tutto il Medio Oriente;
numerose sedi internazionali; quindi la mancata prosecuzione degli interventi finanziati avrebbe indubitabili effetti negativi in termine di immagine del nostro Paese -:
una delle ragioni che stanno inducendo gli Stati Uniti d'America ad insistere perentoriamente per l'avvio delle operazioni militari contro l'Iraq, oltre all'asserita produzione di armi di distruzione di massa, è costituita dal fermo convincimento del Presidente USA George Bush del rapporto fra il governo di Saddam Hussein ed il terrorista Osama Bin Laden;
fra i 133 deputati e i 71 senatori statunitensi che hanno votato contro la guerra, figura di spicco particolare pare essere Maurice Hinchley il quale, in punto rapporto Saddam Hussein-Osama Bin Laden, ha dichiarato al quotidiano francese L'Humanité di lunedì 4 novembre 2002, alla pagina 14, quanto segue: «Ora, non si può raggruppare tutti gli oppositori della guerra nel movimento per la pace, perché numerosi oppositori rifiutano questa guerra soltanto perché considerano che questa amministrazione menta e si prenda gioco di loro. Essi hanno compreso che c'era qualcosa d'illogico, d'irrazionale in questa guerra che è promossa da Bush come una guerra contro il terrorismo, contro Al Qaeda e la sua setta, mentre, per Osama Bin Laden, Saddam Hussein è un apostata. I due personaggi hanno ideologie diametralmente opposte, ma l'amministrazione Bush fa come se fossero copie conformi»;
il pensiero del parlamentare americano ha trovato non soltanto autorevoli conferme in talune dichiarazioni di governi europei (Germania), ma di giudici di numerosi Paesi europei che, specializzati nelle indagini contro il terrorismo, hanno rilevato che non sono mai emersi neppure semplici indizzi a conferma di collegamenti fra Saddam Hussein ed Osama Bin Laden;
poiché si ipotizza, pur se a determinate condizioni, una partecipazione italiana alle operazioni militari contro l'Iraq, è doveroso verificare scrupolosamente il fondamento dell'accusa, reiteratamente lanciata del Presidente degli Stati Uniti d'America, di collusione fra il governo iracheno ed Al Qaeda, soprattutto alla luce delle forti perplessità che magistrati, governi europei e parlamentari americani stanno sempre più manifestando -:
se, attraverso il lavoro del nostro intelligence risulti qualche collegamento fra Al Qaeda ed il governo iracheno o se, invece, non risulti provata l'assoluta inconciliabilità, religiosa ed ideologica, fra Osama Bin Laden ed il presidente Saddam Hussein.
(3-01550)
la risoluzione n. 687 dell'Organizzazione delle Nazioni Unite, su cui si basano
nessuno ha in realtà mai preteso di estendere le visite degli ispettori agli altri Paesi del Medio Oriente, Israele compreso, sicchè l'applicazione della predetta risoluzione si appalesa come punitiva nei confronti dell'Iraq e comunque non rispettosa della filosofia complessiva che la ispira;
è noto che Israele dispone di un numero cospicuo di bombe atomiche e dunque deve essere avviata una politica ispirata alla piena e completa applicazione della risoluzione n. 687 dell'ONU -:
se, al fine di promuovere un effettivo disarmo per una duratura pace nell'area mediorientale, l'Italia non ritenga di dover richiedere, agli organismi esecutivi dell'Organizzazione delle Nazioni Unite, l'applicazione integrale della risoluzione n. 687 nella parte in cui prevede l'eliminazione delle armi di distruzione di massa in tutti i Paesi, nessuno escluso, del Medio Oriente.
(3-01555)
si assiste da qualche tempo ad una notevole dilatazione dei tempi, già lunghi di incasso dei contributi spettanti alle Organizzazioni Non Governative (ONG) a valere sui programmi finanziati dal Ministero degli affari esteri;
risulta all'interrogante che siano attualmente in giacenza presso l'Ufficio VII della Direzione generale Cooperazione allo Sviluppo centinaia di rendiconti di spesa relativi a programmi promossi e affidati con considerevoli aspettative di incasso;
molti di questi rendiconti rientrano nell'ambito di applicazione della legge n. 426 del 1996, quindi potrebbero, ai sensi dell'articolo 10, comma 3 della predetta legge, essere liquidati dopo lo scadere dei sessanta giorni dalla presentazione, in attesa del completamento dell'analisi del rendiconto;
su questi rendiconti, da parte dell'Ufficio della Ragioneria di Stato presso il MAE, sono state presentate osservazioni, ad avviso dell'interrogante, capziose in ordine alla non ammissibilità della procedura di liquidazione ex legge n. 426 del 1996 che impongono agli Uffici il blocco dell'attività corrente per l'attività di risposta a questi rilievi;
il protrarsi del ritardo dei pagamenti aumenta il rischio, a causa dei meccanismi della contabilità pubblica, della perenzione dei fondi e quindi dell'avvio delle successive procedure di reiscrizione a bilancio di tali fondi;
tale procedura espletata dal Ministero dell'economia, peraltro già di per sé lunga, negli ultimi tempi si è ulteriormente dilungata raggiungendo livelli non più accettabili;
data l'insufficienza strutturale di personale amministrativo addetto all'esame dei rendiconti ed il notevole numero di rendiconti complessivamente in giacenza, questo circolo vizioso rischia di provocare la paralisi totale delle erogazioni di fondi e quindi l'ingenerarsi di una situazione di stress finanziario per tutte le ONG operanti nel settore;
è superfluo ricordare che, per evidenti motivi, la sopravvivenza stessa delle ONG è strettamente legata al regolare flusso di erogazioni da parte degli Enti finanziatori e proprio la ricerca di tale regolarità è stata principio ispiratore delle norme recate dalla legge n. 426 del 1996;
molti di questi progetti, in particolare gli affidati realizzati in base ad accordi bilaterali tra Stati, sono estremamente significativi per l'immagine della cooperazione allo sviluppo italiana ed alcuni di essi sono riconosciuti esempio efficace di interventi nella lotta alla povertà, anche in
se l'acuirsi del ritardo nelle erogazioni sia da ascriversi al peggioramento dell'attività di coordinamento tra i vari uffici ed amministrazioni ed all'insufficienza nell'organico del personale addetto all'esame delle rendicontazioni dei progetti o ad altre ragioni;
se il Governo intenda affrontare questo problema generale, sia attraverso un energico intervento che comprenda la piena applicazione della legge n. 426 del 1996, eliminando arbitrarie interpretazioni restrittive che nell'operatività risultano estremamente penalizzanti per le ONG, vanificando nei fatti lo spirito stesso della legge, sia adottando procedure amministrative più snelle, che permettano alla cooperazione allo sviluppo italiana, alle Organizzazioni Non Governative e a tutto il volontariato di mantenere e consolidare il ruolo e l'immagine così faticosamente costruiti nel tempo.
(3-01559)
la drammatica vicenda vissuta dal (Signor Di Tempo Egidio, cittadino italiano di anni 64, ex ufficiale ONU oggi in pensione, arrestato dalle autorità marocchine perché trovato in possesso di Hasish e condannato a scontare una pena di un anno e mezzo, in scadenza nel novembre 2002;
alla pena detentiva nel carcere marocchino si somma una ulteriore ammenda pecuniaria equivalente a circa 480 milioni di vecchie lire, cifra di ammontare cospicuo se rapportato alla pena comminata nel nostro Paese per un crimine analogo, ed improponibile per un detenuto che non percepisce reddito dal 1997;
il signor Di Tempo presenta condizioni di salute precarie, avendo un solo rene e soffrendo di una patologia grave quale un aneurisma dorsale all'aorta, condizioni che rendono ancora più penosa la detenzione nelle carceri marocchine;
se non sarà pagata l'ammenda di 480 milioni di vecchie lire il signor Di Tempo dovrà scontare un ulteriore anno di reclusione nelle carceri di Tangeri;
con un semplice atto notorio vidimato dal Consolato Generale d'Italia nostro concittadino avrebbe diritto ad una riduzione della pena di almeno sei mesi -:
se il Ministero degli esteri sia già stato interessato del caso e se intenda dare incarico al nostro Consolato generale in Marocco di intercedere secondo la procedura prevista dalle autorità marocchine per evitare il prolungarsi di una detenzione sproporzionata e rischiosa per la salute di un nostro connazionale.
(5-01383)