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I)
trovano al volante -, è solitamente sottopagato e costretto ad orari di lavoro assolutamente al di sopra delle norme sulla sicurezza nella circolazione;
punto 6 espressamente indica: «lavoratore distaccato o comandato ai sensi delle vigenti disposizioni in materia di lavoro» e stabilisce che questi deve essere munito della «copia autentica della lettera di distacco o comando»;
l'utilizzo di autisti extracomunitari, privi di regolari permessi di soggiorno, dipendenti di società anch'esse extracomunitarie, sembrerebbe in progressivo e preoccupante aumento da parte di un numero sempre maggiore di aziende di trasporto, al punto che sembrerebbero notarsi i primi segnali di reazione tra le imprese, che, scegliendo di rispettare la normativa, non accettano quel tipo di concorrenza;
in particolare, si tratterebbe di personale che, oltre ad essere impunemente sfruttato, talvolta privo di regolare patente di guida - il che comporta la nullità delle assicurazioni riferite ai mezzi su cui si
i primi casi eclatanti si sono riscontrati in Austria ed in Germania e, nonostante che il Parlamento Europeo abbia elaborato una proposta di regolamento per l'adozione di un «patentino» professionale, che obbligatoriamente dovranno possedere anche gli autisti provenienti da Paesi terzi impiegati da imprese di autotrasporto comunitarie, tale regolamento ancora attende di essere approvato definitivamente;
decisamente più avanti sarebbe la Germania che ha introdotto una nuova legge in materia, all'inizio del 2002, che si basa sul pieno coinvolgimento dei committenti in caso di utilizzo, da parte dei vettori, di conducenti irregolari. I committenti, infatti, sono tenuti a verificare che l'impresa, con cui hanno stipulato il contratto di trasporto, impieghi autisti in possesso del permesso di lavoro previsto dalla legge del Land in cui l'impresa stessa ha sede;
altri Stati, come l'Austria e la Francia, pur non avendo ancora una normativa specifica sulla materia, avrebbero intensificato i controlli sul possesso, da parte di questi autisti, di regolari permessi di soggiorno, patenti di guida e patentini Adr;
in Italia il problema esiste e le irregolarità che emergono sono in parte segnalate dalle associazioni di categoria agli ispettorati del lavoro. Purtroppo, non avendo una normativa più adeguata alla situazione, se il mezzo è straniero viene emesso un verbale che rileva l'irregolarità, ma, di fatto, il mezzo può continuare a circolare ed il conducente, anche in caso di ritiro della patente, può richiedere un duplicato denunciandone lo smarrimento;
a ciò si aggiungerebbe il fatto che spesso i trasportatori italiani concludono artificiosi contratti di collaborazione con aziende che hanno sede in Stati non membri dell'Unione europea, per farsi fornire autisti, il che viene giustificato con una presunta mancanza di lavoratori all'interno della stessa;
l'utilizzo di autisti extracomunitari, provenienti in particolare dalla Romania e dall'Ungheria, alla guida di autoveicoli di proprietà di imprese italiane, contrasta con la normativa vigente;
la materia, oggetto di regolamentazione alquanto frazionata, ha trovato una disciplina più organica a partire dalla legge n. 454 del 1997, riguardante la ristrutturazione di aziende di autotrasporto (nazionali), e dal decreto legislativo 85 del 1998, afferente imprese iscritte all'albo nazionale di trasporto;
l'articolo 12 del decreto ministeriale n. 212 del 1998 recita testualmente: «durante la guida di qualsiasi veicolo destinato al trasporto di cose per conto terzi, i conducenti devono recare con se documentazione idonea a dimostrare il titolo in base al quale prestano servizio presso l'impresa di trasporto»;
la norma è stata posta in essere allo scopo di evitare «lavoro nero», che, tra l'altro, potrebbe creare anche gravissimi problemi alla sicurezza della circolazione. Malgrado ciò, il fenomeno dell'utilizzazione di lavoratori extracomunitari quali autisti è stato variamente aggirato da alcune imprese, mediante l'utilizzo del cosiddetto «distacco»;
il distacco, in verità, è già previsto dal decreto ministeriale 22 maggio 1998, n. 212, avente ad oggetto il regolamento dei criteri e delle modalità per la dimostrazione del possesso dei requisiti per la conversione delle autorizzazioni all'impresa di autotrasporto, che, all'articolo 5, comma 1, fa espresso riferimento a «personale distaccato»;
la successiva deliberazione del 23 luglio 1998 del ministero dei trasporti e della navigazione, nel fissare i criteri atti a dimostrare il titolo in base al quale i conducenti dei veicoli destinati al trasporto di cose per conto terzi prestino servizio presso l'impresa di trasporto, al
tuttavia, la fattispecie del distacco del lavoratore, così come elaborata dalla dottrina e dalla giurisprudenza, viene fondata su due presupposti imprescindibili: la temporaneità e l'interesse del datore di lavoro distaccante;
la Suprema Corte di Cassazione, con sentenza del 17 marzo 1998, n. 2880, ha confermato un orientamento consolidato, secondo il quale è configurabile l'istituto del distacco del lavoratore presso altra azienda, qualora sia accertata la sussistenza, per la prestazione resa dal lavoratore a favore di terzi, dell'interesse del datore di lavoro distaccante, che perduri per l'intera durata del distacco. In caso contrario, si configura l'ipotesi dell'interposizione vietata di manodopera;
questo rappresenterebbe il punto focale della questione, in quanto l'articolo 2127 codice civile e la legge n. 1369 del 23 ottobre 1960 sanciscono espressamente il divieto di intermediazione e di interposizione del rapporto di lavoro;
la condizione del lavoratore distaccato è stata ulteriormente analizzata dal decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 72, e, per ultimo, dalla circolare del ministero del lavoro e della previdenza sociale n. 82 del 23 novembre 2000, che regolamenta e dà attuazione all'articolo 27 del decreto legislativo n. 285 del 1998;
nel decreto legislativo n. 72 del 2000, all'articolo 2, si definisce «lavoratore distaccato» il lavoratore abitualmente occupato in uno Stato membro dell'Unione europea diverso dall'Italia, il quale, per un periodo limitato, svolge il proprio lavoro in territorio nazionale italiano;
il comma 2 dello stesso articolo chiarisce che il periodo limitato deve essere di durata, sin dall'inizio, predeterminata o predeterminabile con riferimento ad un evento futuro e certo;
la successiva circolare n. 82 del 2000 del ministero del lavoro e della previdenza sociale, nel disciplinare il distacco di un lavoratore «da imprese stabilite in uno Stato non membro (della Comunità europea)» presso un'unità produttiva della medesima impresa e presso altra impresa appartenente allo stesso gruppo, ha ribadito la necessità della presenza dei seguenti requisiti: un «contratto di appalto» con la ditta estera da cui dipendano i lavoratori stranieri richiesti; che i lavoratori stranieri rientrino in: «qualifiche specializzate (derogabili solo in presenza di specifici accordi bilaterali)»; un'attenta verifica da parte delle direzioni provinciali del lavoro sull'esistenza della ditta estera e sulla dipendenza dalla medesima dei lavoratori stranieri, per i quali viene richiesta l'autorizzazione al lavoro; la necessità di acquisire «il parere della rappresentanza sindacale dell'azienda richiedente e delle organizzazioni sindacali di categoria dei lavoratori comparativamente più rappresentative a livello provinciale nel settore interessato»;
l'ulteriore circolare n. 78 del 6 agosto 2001 del ministero del lavoro e delle politiche sociali ha ancora una volta ribadito la necessità di procedere ad accurate verifiche atte ad accertare l'effettiva presenza dei lavoratori extracomunitari per i quali sia stata rilasciata l'autorizzazione, la reale esistenza dei requisiti relativi all'autonomia organizzativa dell'impresa appaltatrice, previsti dalla legge n. 369 del 1960, nonché l'individuazione del luogo dove si svolgeranno i lavori oggetto del contratto di appalto;
se tale è la normativa disciplinante la materia, è evidente che l'utilizzazione di autisti extracomunitari col meccanismo del «distacco» viene posto in essere in palese contrasto sia della norma giuslavoristica in quanto l'autista:
a) non è un lavoratore «specializzato»;
b) non viene inviato in Italia presso un luogo di lavoro ben individuato;
c) non vi rimane per un periodo limitato e, soprattutto, predeterminato;
d) non viene per prendere, né per erogare specifiche conoscenze;
sia, addirittura, della norma di polizia che regola i flussi dei lavoratori stranieri in Italia, in quanto l'autista extracomunitario è munito solo di un visto d'ingresso per motivi che non attengono allo svolgimento di un'attività lavorativa in Italia e, quindi, in palese contrasto con la norma contenuta nel testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero (decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286) -:
come si intenda intervenire per garantire sul territorio nazionale sia la sicurezza stradale, sia il rispetto delle più elementari regole di mercato - evitando così una sleale quanto dannosa e illegittima concorrenza - e per bandire la possibilità delle forme di sfruttamento e di evasione fiscale denunciate in premessa.
(2-00438)
«Bornacin, La Russa, Menia, Cannella, Landi di Chiavenna».
(23 luglio 2002)