Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 180 del 19/7/2002
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(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 2972)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto sul complesso del provvedimento.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Santagata.

GIULIO SANTAGATA. Signor Presidente, vorrei brevemente ribadire che la cultura dell'emergenza è dura a morire e così è possibile che ci si trovi sempre più spesso ad affrontare i problemi partendo dai sintomi e non dalle cause.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PUBLIO FIORI (ore 16,08)

GIULIO SANTAGATA. Se questa cultura viene portata all'estremo limite ed è abbinata ad una subdola ansia da prestazione, possiamo avere preoccupanti disturbi. Mi riferisco ad un modo di legiferare che non è più decretazione d'urgenza, ma che chiamerei urgenza della decretazione. Un'urgenza così incontenibile che finisce per prendere la mano al Governo, che emenda se stesso, aggiunge, toglie, stralcia, a partire da testi sempre meno coerenti. Solo così si spiega perché oggi interveniamo per la quinta volta in un anno sul comparto farmaceutico.

PRESIDENTE. Mi scusi, collega...

GIULIO SANTAGATA. Già il documento di programmazione economico-finanziaria ci annuncia...

PRESIDENTE. I colleghi che intendano abbandonare l'aula lo facciano.

GIULIO SANTAGATA. Ribadivo che si tratta della quinta volta in un anno che interveniamo sul comparto farmaceutico e già il documento di programmazione economico-finanziaria ci annuncia il sesto intervento nell'ambito della legge finanziaria.
Non sarebbe opportuno - mi chiedo - soffermarsi, valutare gli effetti degli interventi precedenti e dare un minimo di certezze all'industria e di informazione al consumatore? Su questa parte rinvio all'intervento puntuale del collega Fioroni in sede discussione sulle linee generali.
Vorrei invece soffermarmi sugli interventi relativi al settore dell'automobile e alla siccità.

PRESIDENTE. Collega Santagata, le chiedo scusa, ma non posso consentire che lei parli in questa condizione. Colleghi, se non farete silenzio, i nostri lavori non riprenderanno. Non restituirò la parola all'onorevole Santagata, perché non è possibile andare avanti in questo modo. Prego i colleghi che sono nei pressi del banco del Governo... onorevole Marinello, la prego. Se volete, accomodatevi fuori. Prego, onorevole Santagata.

GIULIO SANTAGATA. La ringrazio, signor Presidente, non si preoccupi. Come dicevo, la crisi dell'auto mette in luce una serie di problemi che, in questi mesi, stanno emergendo in tutta la loro gravità. Innanzitutto, la crisi di fiducia dei consumatori. È di oggi la pubblicazione di un'indagine ISAE che rivela che la fiducia delle famiglie ha toccato il minimo storico


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degli ultimi cinque anni. In secondo luogo, una politica industriale che non riesce a promuovere settori innovativi e che porta il nostro paese ad essere eccessivamente legato ai destini di settori maturi. Ricordo che abbiamo inutilmente chiesto una maggiore selettività nella Tremonti-bis, ma non siamo stati ascoltati.
Da ultimo, vi è la crisi di un modello di mobilità e la sua ormai chiara insostenibilità ambientale e credo che il dibattito di questi giorni sulle infrastrutture dimostri l'inadeguatezza del Governo a far fronte a tale problema. Sono temi che richiederebbero interventi di carattere strutturale e che è difficile pensare trovino una reale soluzione con interventi di emergenza quali quelli che ci accingiamo a votare.
Noi della Margherita non siamo contrari alle iniziative tese a rilanciare il mercato dell'auto e a svecchiare il nostro parco automobilistico. Dobbiamo, tuttavia, sottolineare alcuni elementi irrinunciabili per una politica del settore automobilistico. Innanzitutto, l'indotto, a partire dall'esigenza di estendere le tutele e gli ammortizzatori sociali a questa parte dell'industria automobilistica, ma anche l'esigenza, ancora più forte, di una sua riqualificazione, della sua internazionalizzazione, della sua maggiore capacità di operare in rete.
In secondo luogo, la progressiva liberalizzazione del mercato dell'auto e i problemi che ci porrà. Ricordo a tutti la recente decisione della Commissione europea sulla liberalizzazione di questi mercati e sui concessionari.
Siamo all'emergenza anche per quanto riguarda l'acqua ed è francamente intollerabile che si voglia contrabbandare come calamità naturale quella che è, con tutta evidenza, una calamità politica. Le inadempienze delle regioni meridionali sul versante della programmazione della risorsa idrica sono macroscopiche: non abbiamo piani di bacino, la legge Galli non è applicata, non si è neppure avviato un tentativo di razionalizzare la miriade di enti che operano nel settore. Senza una minima programmazione l'uso del project financing rischia di complicare ulteriormente il quadro delle gestioni, con nuovi soggetti titolati ad imporre tariffe per ripagare i propri investimenti.
È giusto che non siano gli agricoltori a pagare tutto questo, ma non si dica che questi interventi sanano un problema che, per il sud, è di vitale importanza. Forse dà meno visibilità del ponte sullo stretto, certamente va affrontato a partire dall'organizzazione dell'esistente e, quindi, non si presta a grandi annunci, ma l'acqua deve diventare una priorità assoluta già dalla prossima legge finanziaria.
È ormai più di un anno che la destra è al Governo, forte di un'ampia maggioranza parlamentare; eppure, non siamo ancora riusciti ad entrare nel merito delle «grandi riforme» (così vengono chiamate). Continuiamo ad inondare il Parlamento ed il paese di annunci, di proclami, di previsioni. Ormai molti cominciano a dubitare dell'attendibilità di questo Governo, della sua affidabilità. Basti pensare al mondo dello sport dilettantistico che, dopo i grandi titoli sui giornali sportivi, è sparito da questo decreto-legge in una notte. Sorge il dubbio che la saggezza popolare abbia ancora una volta ragione: come si dice, il problema è nel manico (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-l'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rava. Ne ha facoltà.

LINO RAVA. Signor Presidente, innanzitutto il decreto-legge rappresenta benissimo le difficoltà e l'inaffidabilità del Governo. Altri colleghi parleranno del problema dei farmaci, di quello dei tributi, di quello dei giochi e via dicendo e credo dimostreranno la frattura netta che esiste, nella politica attuale, tra le affermazioni e la politica concreta, quella che si fa concretamente con gli atti.
Parlerò solo di agricoltura, di siccità e spero di rispettare i tempi che mi sono consentiti. Nella finanziaria il centrosinistra aveva proposto un provvedimento estremamente importante, cioè il credito di imposta per tutte le imprese agricole in


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tutto il territorio nazionale, partendo dal principio che l'agricoltura, proprio in funzione degli attuali scenari internazionali (l'allargamento ai PECO, l'attenuazione delle misure di mercato rispetto ai paesi meno avanzati), ha la necessità impellente di proseguire nel processo di innovazione e, quindi, negli investimenti.
Quel provvedimento era finalizzato a garantire questa possibilità e questo incentivo nei confronti degli investimenti. In quella sede il Governo, in sostanza, ha fatto propria questo tipo di proposta del centrosinistra - e di ciò ne abbiamo preso atto favorevolmente - ma vi è un piccolo particolare, riconosciuto l'altro giorno in Commissione dal sottosegretario: ha sbagliato, ancora una volta, i conti e non si è reso conto del necessario impegno di spesa che riteniamo opportuno ed indispensabile. Oggi, grazie a questo ragionamento, con la vostra politica state creando problemi ed enormi difficoltà di bilancio, dato che tutte le vostre previsioni sulla crescita, sugli effetti della legge Tremonti-bis, dell'emersione e del rientro dei capitali sono miseramente fallite. Di conseguenza, state cercando di correre ai ripari, da un lato, creando una riduzione strutturale del sistema di protezione sociale e una modifica strutturale dell'organizzazione della società e, dall'altro, colpendo il cuore - o, almeno, quello che doveva esserlo - della vostra politica: ricordiamo tutti le tre «i» e, se non vado errato, una di queste era proprio l'impresa.
Con la vostra proposta di modifica del credito di imposta, mettete un tetto ridicolo di 85 milioni di euro per il 2002. Prima il collega Nicola Rossi ha detto quale sia stato l'impatto nei primi sette mesi del 2002 e così, per sette mesi si è avuto un importo di 570 milioni di euro, per altri cinque mesi si avrebbe un importo di 85 milioni. Naturalmente, per fare tutto ciò, riducete in maniera drastica la platea dei beneficiari, come fate con il comma 3, e rendete burocraticamente complicatissimo quello che era nato come un processo di semplificazione del sistema a sostegno dell'impresa in generale e, in particolare, dell'agricoltura. State cambiando le regole in corsa, non tenendo conto delle esigenze di quelle imprese che, sulla base di una norma contenuta e definita nella legge finanziaria, hanno programmato i loro investimenti - e, magari, li hanno già parzialmente attuati -, creando una discontinuità e dei problemi enormi rispetto al mondo agricolo. Avete incassato il consenso in occasione della finanziaria approvando una buona norma che vi avevamo anche suggerito noi ma, al momento di pagare il conto, vi tirate indietro: non mi pare un modo serio e corretto di operare. Lo stesso ragionamento lo possiamo fare sul tema della siccità.
Dall'inizio della legislatura già in finanziaria avevamo segnalato con degli emendamenti questa necessità.
Ad aprile abbiamo presentato una proposta di legge, ma il Governo ha taciuto; in XIII Commissione (Agricoltura) è stata approvata, all'unanimità, una risoluzione sul problema della siccità, ma il Governo ha taciuto; e solo nel momento in cui la situazione è divenuta veramente insostenibile ci si è dati una scossa e si è dato l'annuncio di nuovi stanziamenti per 500 milioni di euro!
Tuttavia, quando abbiamo avuto sotto gli occhi il maxiemendamento, il quale avrebbe dovuto dare sostanza alle promesse del Vicepresidente del Consiglio Fini, ci siamo accorti che per l'emergenza ci sono solo 18 milioni di euro, dei quali 12,9 vengono presi dalla zootecnia. Ciò significa che, dopo essere passati da 840 miliardi di vecchie lire di stanziamento del 2001 ai 300 miliardi del 2002 (stando ai vostri provvedimenti), adesso ancora tagliamo la bellezza di 25 miliardi dai fondi per la BSE!
Avete preso altre risorse dal comparto dell'agricoltura: anzi, tutte le risorse contenute nel maxiemendamento sono state prese dal comparto dell'agricoltura! Oggi, pensate di concedere ad imprese già fortemente indebitate la possibilità di indebitarsi ulteriormente - questa è, sostanzialmente, la proposta che state facendo -


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prendendo i soldi, come dicevo, interamente dai fondi del Ministero delle politiche agricole.
Ma se è così, se, cioè, i fondi dovevano essere sottratti all'agricoltura, non ho proprio capito perché ci sia voluto l'intervento autorevolissimo del Vicepresidente del Consiglio! Dopo l'intervento del Vicepresidente del Consiglio, mi attendevo che il ministro dell'economia e delle finanze allentasse un po' i cordoni della borsa, ma così non è stato, purtroppo; e credo che di ciò si rammarichino tutti, soprattutto nel settore agricolo (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo)!

PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Giuseppe Drago, che aveva chiesto di parlare per dichiarazione di voto: si intende che vi abbia rinunciato.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ercole. Ne ha facoltà.

CESARE ERCOLE. Signor Presidente, dichiaro il voto favorevole del gruppo della Lega nord Padania sul provvedimento e, poiché abbiamo già avuto modo di illustrare stamani, in sede di dichiarazione di voto sulla questione di fiducia, le motivazioni che ci spingono a votare a favore, chiedo l'autorizzazione alla pubblicazione del testo della mia dichiarazione di voto in calce al resoconto stenografico della seduta odierna (Applausi dei deputati del gruppo della Lega nord Padania).

PRESIDENTE. La Presidenza l'autorizza.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Abbondanzieri. Ne ha facoltà.

MARISA ABBONDANZIERI. Signor Presidente, si è detto, in quest'aula, che il provvedimento è stato blindato a causa dell'ostruzionismo che avrebbe fatto o che si accingeva a fare l'opposizione.
In realtà, la blindatura era imposta, di fatto, da ragioni di tempo: avete adottato il decreto-legge il 5 luglio e l'avete pubblicato l'8 luglio! La maggioranza non poteva fare altro che blindare un provvedimento così complesso, considerato che, per l'imminenza della chiusura estiva delle Camere, vi erano soltanto 20 giorni a disposizione per approvare il disegno di legge di conversione.
Poco tengono, dunque, le considerazioni sulla più o meno evidente indisponibilità dell'opposizione, la quale, invece, era disposta a discutere, naturalmente se il provvedimento fosse rimasto nel solco della reale necessità e non avesse contenuto, al contrario, norme dirompenti.
Articolerò il mio intervento con riferimento particolare all'articolo 7 del decreto-legge.
Tale articolo prevede la trasformazione dell'ANAS in Spa. È sin troppo evidente che si tratta di un ennesimo colpo di coda della cosiddetta finanza creativa del ministro Tremonti. Un colpo di coda molto significativo ed anche molto preoccupante in termini di infrastrutture. Voi avete concepito gli strumenti sulle infrastrutture in un dibattito che si è svolto in nove mesi e in provvedimenti tra di loro i più diversi: la legge obiettivo, alcuni decreti-legge, gli ultimi due decreti-legge che sono giunti all'esame del Parlamento, il decreto-legge n. 63 e il decreto-legge di oggi, n. 138. Avete concepito come strumenti dell'operazione infrastrutture, oltre alla deregolamentazione, anche la costruzione delle società Infrastrutture Spa, Patrimonio Spa ed ANAS Spa, che da soggetto con personalità giuridica di diritto pubblico diviene soggetto di carattere privatistico.
Nessuno, per esempio, ci ha risposto né in Commissione né qui come agirebbe, come agirà tale soggetto nel settore degli espropri, ricordando che i soggetti titolari dell'esproprio sono soggetti di diritto pubblico. Quindi, un altro esempio di finanza creativa fuori dal bilancio dello Stato e dai suoi parametri di controllo. Vedremo nei prossimi mesi che cosa accadrà.
Avevamo presentato emendamenti che abbiamo tradotti negli ordini del giorno esaminati pochi minuti fa, abbiamo avuto almeno la soddisfazione di capire che gli emendamenti e gli ordini del giorno che avevamo proposto non erano un modo di fare ostruzionismo, ma rappresentavano


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una preoccupazione che ha riguardato anche la maggioranza. Questo non ci basta, ma sta a significare che il provvedimento era incompleto, che si poteva meglio articolare e si poteva meglio affrontare. Anche questo non ci è stato consentito, anche questo a prescindere dal merito, come spesso è avvenuto e avviene in questa Assemblea.
Colgo l'occasione per fare alcune domande; so che non mi si risponderà, ma almeno rimarranno agli atti le nostre e, anche in questo caso, le vostre preoccupazioni. Quale è il rapporto che l'ANAS Spa avrà con la costituenda Infrastrutture Spa, qual è l'equilibrio di precarietà che si determina sul ruolo di controllo e vigilanza oggi assolto dall'ente nei confronti delle concessionarie autostradali in un modello che configura la costituzione dell'ANAS Spa quale soggetto concorrente a svolgere le medesime funzioni? Qual è il peso che l'ANAS Spa avrà nella realizzazione delle grandi opere contenute nella legge obiettivo a scapito della manutenzione e delle attività di vigilanza e di intervento sulla rete viaria nazionale? Qual è l'organizzazione del lavoro che ne deriverà e quindi le conseguenze sui futuri assetti occupazionali? Inoltre, la soppressione già esplicita dei compiti previsti dalla lettera h), le attività cosiddette internazionali, e dalla lettera i), le attività di consulenza e progettazione per altri soggetti pubblici previsti dal decreto legislativo n. 143 del 1994. Che fine faranno? Noi pensiamo, ce lo auguriamo anzi, che magari alcune riserve verranno risolte al momento dell'emanazione dell'atto di concessione, ma su quell'atto di concessione non sarà espresso alcun parere, alcuna opinione da questo Parlamento. Era opportuno, invece, che il Parlamento su questa questione dicesse la sua opinione e correggesse eventuali previsioni che andavano fuori dalla necessaria attività di controllo.
Quali saranno i principi alla base dello statuto che sosterrà l'attività dei compiti assegnati? Qual è la realtà della dotazione del capitale sociale e, quindi, quali sono le risorse finanziarie e sui beni patrimoniali che saranno messe a disposizione per il funzionamento complessivo della società per azioni, tenendo conto che, oggi, l'ANAS ha introiti che derivano dalla pubblicità, dai pagamenti degli accessi sulla rete e dai trasferimenti dello Stato? Quali saranno i destini del pacchetto azionario che verrà costituito? Infine, quali saranno le questioni attinenti al personale? Con quest'ultimo, badate bene, non era necessario contrattare chissà quale prerogativa; andava data ampia rassicurazione nel momento in cui si procedeva alla trasformazione di un'azienda.
Noi vi poniamo queste domande, ve le abbiamo poste, vedremo se ci sarà occasione - la troveremo - per fare in modo che le norme contenute nell'articolo 7, relative alla trasformazione dell'ANAS in Società per azioni, possano essere migliorate nell'interesse del paese e nell'interesse dei lavoratori, ma, soprattutto, per far sì che l'ANAS non sfugga al controllo del Parlamento, visto che sarà uno dei bracci operativi per la realizzazione delle grandi opere, che già manifesta tutti i suoi limiti e tutto il suo spirito di propaganda.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Benvenuto. Ne ha facoltà.

GIORGIO BENVENUTO. Signor Presidente, non voteremo a favore di questo provvedimento perché è confuso, pasticciato, contraddittorio, incerto e inadeguato. È la testimonianza che il Governo ha perso la bussola, vaga di qua e di là con provvedimenti che vanno e vengono. La guida dell'esecutivo non è più sicura, non è, soprattutto, in sintonia con gli umori e i problemi del paese; ed ecco che sottopone il Parlamento a leggi e decreti che si rincorrono, si sovrappongono, confondono il paese per la loro indeterminatezza. E, per cortesia, quando continuate ad emanare decreti che rimettono in discussione leggi e decreti adottati in precedenza, non chiamate a confronto la passata legislatura, non comportatevi con infantile ripicca come quelli che dicono: ma voi avete fatto, nel passato, così. Guardate che noi


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avevamo fatto bene e voi ci state imitando male. Rendetevi conto che il Governo, se non ha ancora esaurito, certamente sta erodendo, profondamente, quella linea di credito concessagli, un anno fa, dagli elettori.
Il ministro dell'economia, famoso per la volubilità delle sue idee, oscurerà questa fama, anzi ne avrà una nuova e passerà agli onori della cronaca come il ministro che, nella storia della Repubblica, ha cambiato, continuamente, le carte in tavola, come il ministro dell'economia che ha cambiato, completamente e continuamente, i numeri dell'economia, che ha nascosto ed occultato i dati con una incapacità di controllare i conti pubblici e la spesa. In questi ultimi giorni abbiamo avuto testimonianza concreta di una situazione pesante dei conti pubblici; della cassa a cui mancano i soldi e della tendenza - sulla quale tornerò - del ministro ad andare alla ricerca affannosa di soldi: pochi maledetti e subito. Altro che etica fiscale!
Tutto avviene all'insegna dell'improvvisazione e di una politica sbagliata, nella quale si aprono buchi e voragini sempre più profonde. Vorrei fare alcuni esempi di queste contraddizioni, dei lati chiari e scuri presenti nel provvedimento. È importante, certo assumere decisioni per fronteggiare la crisi idrica: i soldi, però, ci sono, oppure mancano? Sono molto sospettoso: per quale motivo il ministro Maroni ha rinviato la riunione decisiva con le organizzazioni sindacali con la quale si sarebbero dovuti distribuire, ai pensionati con pensione inferiore al milione mensile, i mille miliardi avanzati? La riunione è stata aggiornata a settembre: ci sono problemi di cassa? Ci sono, per caso, soldi che appaiono e scompaiono o che vengono spostati disinvoltamente da una destinazione all'altra?
In riferimento alla crisi del settore auto, sono importanti i provvedimenti adottati, ma si tratta di mezze misure, modeste rispetto ai grandi problemi esistenti. Che cosa si fa per l'indotto? Che cosa si fa per questo settore di piccole e medie imprese? Non rifiuteremmo un decreto-legge che affrontasse tale problema, invece di avere tanti, inutili decreti-legge che guardano ad altri interessi e non tengono conto di come sorreggere questo settore, decisivo per la vita del nostro paese.
Anche sulla questione delle accise e dei trasporti si è intervenuto con alcune modifiche: le proroghe decise sono un risultato che non va disprezzato. È possibile, però, che da un anno si continui ad andare avanti di proroga in proroga? È possibile che il Governo non sia capace di affrontare i problemi in maniera finalmente strutturale, forte dei numeri che lo sostengono in Parlamento e forte - almeno così l'esecutivo sostiene - del consenso popolare che, invece, non ha?
Anche il credito di imposta, nel corso di questo dibattito molto affrettato, quasi impossibile, ha visto l'introduzione di alcune modifiche; anche in questo caso, non ci rendiamo conto che il modo con il quale è stato costruito il credito di imposta finirà per consegnare in ostaggio alla burocrazia una parte importante della nostra imprenditoria? È possibile che si sia così strabici da non vedere che se si utilizzano molto le imposte questo è un rischio, mentre, invece, imposte semplici, crediti di imposta semplici ed automatici, possono dare un risultato importante, come dimostrato dai risultati ottenuti nell'ultimo anno?
Questi sono i lati positivi e negativi del provvedimento. Questa è la cronica incapacità, insufficienza del Governo a misurarsi sugli aspetti e a misurarsi con una politica di medio e lungo periodo.
Inoltre, abbiamo evitato che, con questo decreto-legge, si aprisse una breccia che avrebbe intaccato sensibilmente la credibilità del nostro paese. Mi riferisco alla correzione di quella norma - inventata - che avrebbe permesso la realizzazione di aspetti transattivi; si trattava di una norma, voglio sottolineare, ad personam, in quanto riguardava poche centinaia di individui - tra i quali molti bancarottieri ed evasori fiscali - ai quali avrebbe assicurato la possibilità di trovare forme


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di compensazione, di sanatoria, di transazione con il fisco per quello che allo stesso dovevano al di sopra dei 3 miliardi.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE FABIO MUSSI (ore 16,35)

GIORGIO BENVENUTO. Questa norma è stata modificata e corretta: abbiamo evitato che si creasse un grave vulnus nel nostro paese.
Abbiamo altresì evitato che in Italia fosse approvato, con un colpo di mano, un provvedimento che legalizzava, su tutto il territorio nazionale, le slot-machine; ciò non può trovare alcuna giustificazione, anche se molti parlamentari, il relatore ed il Governo avevano testardamente insistito in questa direzione. Parliamo con chiarezza: non è che un anno fa fu approvato un provvedimento non applicabile, come ha detto in sede di dichiarazione di voto un esponente di Alleanza nazionale. Non è così! Un anno fa eravamo tutti d'accordo sulla necessità di combattere il fenomeno della liberalizzazione dei videopoker e di quelle macchinette infernali.
Quella disposizione era molto chiara e stabiliva che i giochi davano solamente diritto ad una vincita che consisteva nella ripetizione del gioco: è una cosa semplicissima da attuare. È passato un anno e non avete avuto la capacità di adottare un regolamento attuativo. Per fare un figlio ci vogliono nove mesi: voi in un anno non siete stati capaci di adottare un regolamento applicativo e non perché la norma non sia applicabile, ma perché volete stabilire che le vincite non consistono nella ripetizione del gioco, ma si pagano con una moneta 20 volte maggiore della posta iniziale.
È, quindi, un colpo di mano rispetto a un dibattito serio e ad un'indagine svolta al Senato; è un colpo di mano che dimostra come da parte vostra vi sia la voglia di andare alla ricerca dei soldi e poco conta se essa finisce per contrastare con valori etici profondi.
Inoltre, avviandomi alla conclusione, vorrei ancora essere consapevole che abbiamo evitato il peggio; abbiamo vinto una battaglia e questa battaglia deve continuare, perché avvertiamo nella maggioranza una voglia di condono. È una voglia di condono riconfermata da molte dichiarazioni di autorevoli esponenti dei partiti che sostengono la maggioranza; è una voglia di condono quasi sollecitata.
Aggiungo che questo condono è sbagliato non solo perché è profondamente immorale e perché rappresenta un premio, ma anche perché è una soluzione economicamente sbagliata. Infatti, come dimostra la caduta dell'autotassazione, in attesa di un condono, la gente paga meno le tasse. Penso che questo Governo passerà alla storia parlamentare come il Governo dei condoni.
Per usare una vecchia frase del ministro Tremonti, sarà il Governo dell'una tantum per quanto riguarda la politica economica e il Governo dell'una pocum per quanto riguarda il pagamento. È un Governo che, anziché fare le riforme, le vuole sostituire con una raffica di sanatorie, compiendo una specie di disastro. Per questo motivo esprimeremo un voto contrario sul provvedimento in esame (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo, della Margherita, DL-l'Ulivo e Misto-Comunisti italiani).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Nicola Rossi. Ne ha facoltà.

NICOLA ROSSI. Signor Presidente, ho l'impressione che in politica molte volte accada di celare la verità. Tuttavia, credo che questo Governo ci stia abituando a qualcosa di assolutamente nuovo, ossia al fatto che si possa affermare il falso nel momento stesso in cui si offrono agli avversari, oltre che all'opinione pubblica, gli elementi per constatare che di falso si tratta. A tal riguardo, vorrei fare solo due piccoli esempi: è un po' come se qualcuno, nel momento stesso in cui grida con forza che piove, chiuda l'ombrello.
Che sta succedendo con questo decreto-legge? La prima cosa interessante è che il ministro dell'economia e delle finanze, nel


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momento in cui fu annunciato questo decreto-legge, disse con chiarezza che si rispondeva alla richiesta, avanzata negli ultimi tempi soprattutto dall'opposizione, di rendere cumulabile il credito di imposta per il Mezzogiorno con i benefici della legge Tremonti-bis.
Naturalmente, è bastato leggere il decreto-legge, per scoprire che il credito di imposta veniva ridotto dell'85 per cento rispetto al suo ammontare originario e che la somma delle due agevolazioni (credito di imposta e agevolazioni derivanti dalla legge Tremonti-bis) non comporta gli stessi benefici prodotti, fino a qualche tempo fa, dal solo il credito di imposta per il Mezzogiorno.
Che motivo c'era di mentire così spudoratamente al Parlamento, al paese e ai tanti imprenditori, che a questo punto stanno facendo i loro conti e stanno scoprendo che dovranno forzosamente cumulare il reddito di imposta per i nuovi investimenti con i benefici derivanti dalla legge Tremonti-bis, pur di ottenere qualcosa di simile a ciò che avrebbero ottenuto con il solo credito di imposta per le aree svantaggiate?
Un secondo esempio che voglio sottoporre all'attenzione di tutti riguarda la questione dell'acqua. In questo caso l'autore è il Presidente del Consiglio il quale, non più tardi di oggi, ha affermato che in realtà sul problema dell'acqua i ritardi sono in larga misura da attribuirsi ai governi della passata legislatura che hanno perso centinaia di miliardi di vecchie lire di fondi europei dedicati al settore idrico. Naturalmente, potrei rinviare al fatto che su iniziativa dell'opposizione, non della maggioranza, la Commissione bilancio avvierà da settembre un'indagine conoscitiva sull'uso dei fondi europei nel settore idrico. Capiremo subito se effettivamente tali soldi siano stati spesi o meno e come e se la responsabilità fosse, come è molto poco probabile, dei governi o, come è molto più probabile, delle regioni. Mi riferisco a due regioni in particolare: la regione Puglia e la regione Sicilia, saldamente governate ormai da anni dal centrodestra.
Il punto è che nel momento stesso in cui il Presidente del Consiglio affermava tali cose le agenzie di stampa battevano un'altra notizia che dice esattamente: fondi europei, al via il piano del Tesoro per evitare il taglio delle risorse.
Dunque, nel momento stesso in cui il Presidente del Consiglio si lamenta per fondi che non sarebbero stati spesi - proprio lui che qualche mese fa, invece, aveva citato il record ottenuto nel corso del 2001 per quanto riguarda l'utilizzo delle risorse dei fondi europei - il Tesoro si affanna a lanciare un piano speciale per evitare che i fondi europei vadano dispersi. Da questo punto di vista, trovo assolutamente sorprendente la figura di un Presidente del Consiglio che ha un controllo così saldo del suo Governo e della sua amministrazione da pronunciare parole assolutamente in contrasto con quello che i suoi ministri e le amministrazioni da essi governate stanno facendo.
Questi sono due soli esempi di quanto dicevo all'inizio: affermazioni non rispondenti al vero nel momento stesso in cui si offrono all'opinione pubblica gli elementi per contrastare quelle stesse affermazioni. Aggiungo un'altra considerazione che attiene sempre alla questione dell'acqua. Quando il Presidente del Consiglio si lamenta per quello che non sarebbe stato fatto negli anni passati forse dovrebbe ricordare che tre anni fa era stato immaginato di cedere l'acquedotto pugliese all'ENEL e, con questo, di avviare a soluzione il problema della rete idrica pugliese nella quale, come sapete, un litro su due va perduto. Ebbene, quel risultato non è stato ottenuto perché la giunta ed il presidente di centrodestra si opposero, con ciò facendo gli interessi di chi ha cuore che il problema dell'acqua non venga risolto perché i profitti che si possono lucrare in quella maniera sono particolarmente elevati.
Concludo dicendo che, qualche giorno fa, un settimanale parlando del ministro dell'economia lo chiamava «ministro Pinocchio». È una affermazione ingiusta e sbagliata perché quell'epiteto non va riferito al solo ministro dell'economia, che lo


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merita, ma all'intero Governo (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bolognesi. Ne ha facoltà.

MARIDA BOLOGNESI. Signor Presidente, mi associo alle considerazioni svolte da alcuni colleghi ribadendo la nostra preoccupazione, contrarietà ed ostilità ad un decreto-legge che cerca di racimolare soldi mettendo, in realtà, le mani nelle tasche degli italiani: quello che riuscirà ad ottenere il ministro Tremonti lo avrà sulla pelle delle persone. Mi spiego: si assiste ad una messa sotto tutela di vari comparti di interesse sociale ed economico. Vi sono interventi del Governo in tanti settori perché tutti questi vengono, in realtà, messi sotto la tutela del ministro dell'economia. Questo è grave sicuramente quando si parla del CONI e di altri interventi in campo economico e sociale, ma è gravissimo quando si parla di farmaci.
L'articolo 9, infatti, facendo sparire le categorie terapeutiche omogenee, come le avevamo introdotte nel 1998 - sto parlando di rimborsabilità dei farmaci -, crea un arretramento fortissimo sulla possibilità delle persone di ricorrere gratuitamente ai farmaci innovativi, che noi avevamo voluto come segno di civiltà, proprio perché oggi si invecchia e si convive con patologie importanti (tuttavia è chiaro che ciò è garantito da un sistema, che l'Organizzazione mondiale della sanità considera buono, proprio perché non discrimina secondo le condizioni socioeconomiche dei pazienti). I farmaci innovativi sono farmaci salvavita, farmaci per la lotta al cancro e ad altre patologie gravi; si tratta di farmaci soggetti a continuo miglioramento, che vengono introdotti sul mercato, ma che da domani, evidentemente, non potranno più essere gratuiti per tutti. Non so se sia chiara la gravità di questa misura.
Mentre ci si orienta verso un giusto monitoraggio ed un giusto contenimento della spesa farmaceutica, in realtà lo si fa non attraverso una maggiore responsabilizzazione dei cittadini e dei medici prescrittori, bensì imponendo una revisione del prontuario, sulla base di un cosiddetto criterio costo-beneficio; ma in realtà con il criterio della rimborsabilità del farmaco a costo minore, senza poi tener conto che il farmaco che costa meno certamente non è quello più recente e non è quello che magari ha un metodo d'azione che migliora la qualità della vita. È infatti diverso, per coloro che ne hanno bisogno, prendere una pillola ogni ora, oppure ogni tre ore, rispetto alla possibilità di assumere un farmaco una volta al giorno, con una qualità della vita, nel resto della giornata, simile a quella di tutti i cittadini non malati. Credo che tale aspetto dovrebbe essere tenuto in adeguato conto.
Inoltre, cosa vuol dire che si rimborsa il farmaco che costa meno? Se quello che costa meno presenta effetti collaterali maggiori di uno che costa un po' di più, ma che presenta minori effetti collaterali, allora ciò vuol dire che solo chi potrà pagarselo utilizzerà il farmaco con minori effetti collaterali. Ciò mi sembra rappresenti la rottura di un principio di giustizia e del diritto alla salute (garantito dalla Costituzione), che viene così calpestato.
Questi sono dunque gli aspetti problematici su cui riflettere. Peraltro, nella passata legislatura, ho sentito proprio in quest'aula tanti paladini della libertà di cura e della libertà terapeutica dei medici di famiglia, i quali devono prescrivere un farmaco in scienza e coscienza. Vorrei capire allora se, a partire da domani, nessuno sarà più libero di prescrivere per quel paziente, in quella determinata situazione, con quel problema patologico, il farmaco migliore per la sua salute.
Se siamo sul terreno del controllo della spesa, del suo monitoraggio e del risparmio, vorrei allora capire perché il sottosegretario, il quale ha accolto il mio ordine del giorno - e di questo lo ringrazio -, che rimette alcuni paletti per cercare almeno di limitare il danno di questa scelta scellerata del Governo, non abbia voluto accogliere l'idea delle confezioni ottimali (presente nell'originaria formulazione),


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quelle cioè che sono tarate su un ciclo terapeutico e che evitano così che si buttino via tante medicine che rimangono inutilizzate negli stipetti delle abitazioni. Se la linea guida è quella del contenimento della spesa e del risparmio, le confezioni ottimali (o «terapeutiche») rappresentano una misura indispensabile, mentre non lo è tagliare sui farmaci e sul diritto alla salute, mettendo la sanità sotto la tutela del ministro Tremonti (anche perché così i medici ovviamente non saranno più liberi di prescrivere secondo scienza e coscienza).
Credo che questo meccanismo scardini il servizio sanitario nazionale; esso rappresenta una prima stretta sulla sanità, perché si dice - e lo si dice nel DPEF - che chi ha problemi di salute, o pensa che potrebbe averne in vecchiaia, deve ricorrere ad una mutua, ad un'assicurazione privata per potersi pagare i farmaci salvavita e così via. In realtà noi sappiamo che le assicurazioni private e le mutue garantiscono sulla base di quanto, chi paga, è in grado di garantirsi. Pertanto, anche in questo caso salta il principio del diritto alla salute.
Credo che le gravissime ricadute dell'articolo 9 non siano state valutate neanche dai colleghi.
L'ordine del giorno accettato dal Governo sicuramente costituisce per noi, per l'associazione dei pazienti, per i medici, un punto di aggancio per tentare di capire dove limitare i danni, ma non garantirà più le categorie omogenee e i farmaci innovativi.
Si apprestano ad affermare che si riducono le tasse, prevedendo però che le medicine vanno pagate. Si tratta di un modo truffaldino - scusate il termine un po' forte - di dire: abbiamo onorato l'impegno, però, mettete le mani nel portafoglio perché la salute non è più garantita.
Abbiamo una cosa che funziona: il servizio sanitario nazionale, che ci invidia tutto il mondo. Credo che questa norma, insieme a quanto è contenuto nel DPEF e nella finanziaria, rompa quel patto di solidarietà ed universalità che garantisce il diritto alla salute per tutti.
Già questa disposizione che comincia a togliere i farmaci gratuiti a chi ne ha bisogno costituisce l'esempio calzante che si vuole rompere, chiudere con l'unica cosa che tutto il mondo ci invidia sotto il profilo della garanzia dei diritti, vale a dire il servizio sanitario nazionale.
Per tale motivo diamo, abbiamo dato e daremo un giudizio fortemente negativo sulla filosofia e sulla pratica che ispira questo decreto-legge. Esprimeremo un voto contrario, ci batteremo affinché almeno le norme, su cui il Governo si è impegnato qui in aula, siano garantite e rispettate in futuro e affinché la CUF nella valutazione del costo-beneficio prenda in considerazione il metodo di azione di un farmaco, il principio attivo, gli effetti collaterali nonché il fatto che i farmaci innovativi, che sono per lo più salvavita, non possono essere negati a nessuno in questo paese. Anzi, alle soglie di fragilità sociale, agli anziani, ai malati, dobbiamo garantire qualcosa di più.
Di ciò ci parlano le norme inclusive europee, di ciò ci parla un dibattito - al quale vorrei veder partecipare più colleghi - relativo alla solidarietà, alla giustizia sociale e al diritto alla vita. Anche il diritto ad essere curati è diritto alla vita.
Quindi, nell'annunciare il mio voto contrario su questo provvedimento, mi auguro che da qui ai prossimi mesi ci sia almeno una forte presa di coscienza da parte dei cittadini, delle regioni e che non vi sia una rincorsa a prevedere ticket ed altri balzelli sulla pelle delle persone per poi ottenere, in sostanza, qualche sgravio fiscale o qualche tassa in meno. La tassa più grossa che potete porre sui cittadini è quella sulla loro salute (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di Sinistra-l'Ulivo e Misto-Comunisti italiani)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Michele Ventura. Ne ha facoltà.


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MICHELE VENTURA. Signor Presidente, per la gioia dei colleghi superstiti e, soprattutto, per la sua, continuiamo ad intervenire.

PRESIDENTE. Onorevole Ventura, mi godo gli interventi!

GIANCARLO GIORGETTI. Tutto fra di voi fate!

MICHELE VENTURA. E lo facciamo perché, in questi giorni, è emersa una difficoltà molto evidente del Governo nel rapporto con la maggioranza e una discussione molto animata all'interno della stessa maggioranza.
Oggi, tutti i quotidiani danno conto del ruolo che hanno avuto i presidenti della Commissione finanze e della Commissione bilancio, soprattutto sulla vicenda dei videopoker, della quale ha parlato adesso e, più volte in questi giorni, l'onorevole Benvenuto.
Credo che, oltre al ruolo dei presidenti - anzi, ne sono certo per aver partecipato al dibattito svoltosi nelle Commissioni - vi sia stato un ruolo puntuale e determinato delle forze di opposizione.
Se si è evitata l'introduzione dei videopoker liberi e diffusi su tutto il territorio nazionale è perché è l'opposizione si è mossa con grande determinazione.
Tuttavia, al di là di ciò, ho ascoltato stamane l'onorevole Crosetto invitare al dialogo parlamentare. Ora, perché un dialogo si svolga, occorre la praticabilità del campo e il Governo non rende questo campo praticabile.
Signor Presidente, vorrei tornare brevemente sul fatto che questo decreto-legge è stato varato il 5 luglio. Abbiamo avuto tempi estremamente ristretti per il dibattito nelle Commissioni. Ribadisco che abbiamo potuto esaminare soltanto due articoli, ai quali sono state apportate modifiche, perché la nostra azione è servita anche al miglioramento del testo. Non è stato possibile esaminare il complesso del provvedimento né in Commissione, per problemi materiali legati ai tempi estremamente ristretti, né in aula, essendo stata posta la questione di fiducia.
Colleghi, vorrei che venisse considerato il fatto che non abbiamo potuto discutere di articoli, quali quelli relativi alla trasformazione del CONI e dell'ANAS e ad altre materie estremamente importanti. Allora, se un confronto parlamentare può esserci, bisogna fare in modo che vi siano le condizioni minime; altrimenti, si mostra una scarsissima sensibilità nei confronti della vita e del libero dibattito parlamentare. In questo caso, non si tratta soltanto di muovere una critica all'uso della decretazione d'urgenza, che pure costituisce un problema; infatti, non si è avuto a disposizione tempo sufficiente per l'esame del provvedimento, il che rappresenta un elemento ancor più grave, nella sostanza, perché impedisce il confronto di merito.
Signor Presidente, vorrei sottolineare due aspetti di merito. Quanto al primo, il mancato esame e l'insufficiente approfondimento non hanno consentito, ad esempio, di fare tutto ciò che sarebbe stato necessario sul capitolo della crisi dell'auto. È vero che sono stati introdotti alcuni miglioramenti e che era stata fornita una risposta alla crisi dell'auto nell'articolo, per come è stato proposto. Tuttavia, non vi è alcuna misura a favore dell'indotto. A questo proposito, vorrei riprendere quanto detto stamane dal collega Violante: siamo in presenza di un milione e mezzo di addetti, mentre i lavoratori della FIAT sono 100 mila. Non si è data alcuna risposta, benché avessimo presentato emendamenti in merito alla revisione dei meccanismi fiscali per le aziende dell'indotto. Abbiamo proposto finanziamenti ai distretti per l'innovazione di prodotto, perché si tratta di una questione rilevantissima che continueremo a porre anche in occasione di altre discussioni. Gli ammortizzatori sociali avrebbero dovuto riguardare anche i lavoratori dell'indotto, perché il settore è giunto ad una fase di crisi assai grave; il rischio è che le aziende vadano verso la chiusura o verso licenziamenti estremamente diffusi. Nel provvedimento, non abbiamo trovato una risposta su questo problema.
Infine, signor Presidente, vorrei ricordare che, con le modifiche apportate, si


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estendono le misure previste dalla legge Tremonti alle aree svantaggiate del nord. A questo proposito, vorrei ricordare che, almeno per il momento, la legge Tremonti è un fallimento pressoché totale: abbiamo avuto un picco negli investimenti nel 1999 e nel 2000; nel 2001 si è registrata una discesa; per il 2002 non si ha alcun dato apprezzabile per quanto riguarda gli investimenti, mentre ha tirato benissimo il credito di imposta, come è stato opportunamente sottolineato nei loro interventi dai colleghi del mio gruppo.
Noi siamo ancora in attesa di avere i dati, come era impegno del Governo, del risultato della legge Tremonti nei primi sei mesi. A giugno dovevamo avere la pubblicazione dei dati e dei risultati della legge Tremonti relativamente agli investimenti. Si tratta di una richiesta che rivolgiamo ulteriormente al Governo perché ciò avvenga.
Infine il Documento di programmazione economica e finanziaria ci consentirà di avere una discussione più approfondita e si vedrà allora che non solo non vi è stato il nuovo miracolo italiano promesso dall'onorevole Tremonti - al quale, tra l'altro, più nessuno crede -, ma siamo di fronte a un peggioramento di tutti gli indicatori economici e finanziari (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo e Misto-Comunisti italiani).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Battaglia. Ne ha facoltà.

AUGUSTO BATTAGLIA. Signor Presidente, credo di poter dire che l'articolo 9 di questo decreto-legge costituisca in materia sanitaria una sorta di tappa - una piccola tappa, indubbiamente - di un percorso sul quale questo Governo si è incamminato da tempo e che dovrà portare, secondo i programmi della maggioranza, a quello che noi definiamo lo smantellamento del servizio sanitario nazionale.
Ora non è uno slogan e nemmeno una frase fatta, ma credo che questa sia l'idea che pian piano sta prendendo corpo, si sta consolidando nell'opinione pubblica e nel paese, e che è conseguenza di una serie di atti, decisioni e soprattutto di programmi che il centrodestra sta proponendo agli italiani. Inoltre, credo si possa dire anche che questo percorso sia accompagnato da una sorta di agitazione di argomentazioni, con un polverone che ogni volta si innalza sui temi della sanità, a partire da quello sulla spesa sanitaria, come se questi 150 mila miliardi di lire che si spendono per il servizio sanitario nazionale fossero troppi: sono troppi; il paese non ce la può fare a reggere questo ritmo; in Italia si spende troppo per la sanità; la spesa fuori del controllo.
Ebbene, io credo che la prima considerazione che dobbiamo fare è che in Italia - ed è un dato certo e conosciuto - si spende per la sanità il 5,7, 5,8 per cento del prodotto interno lordo, mentre la media europea si attesta intorno al 7 per cento. Quindi, credo sia ingiustificato o quanto meno sospetto tutto questo allarmismo, perché sappiamo che, se vogliamo allineare l'organizzazione sanitaria del nostro paese a quella dell'Europa, dovremo ancora ulteriormente incrementare e non ridurre il fondo sanitario nazionale. Per fare cosa? Intanto, per innovare, perché il nostro è un sistema che ha bisogno di forti innovazioni sul piano tecnologico e organizzativo. In secondo luogo, dobbiamo potenziare i servizi in quelle aree del paese che sono ancora un po' indietro. Pensiamo ad alcune aree meridionali, non a tutto il meridione, che ha anche situazioni avanzate e di eccellenza. Tuttavia, indubbiamente, il sistema in quella parte del paese è più arretrato e, quindi, dobbiamo potenziare e indirizzare le risorse in una operazione di riequilibrio dei servizi che dobbiamo realizzare.
Vi sono da rafforzare, poi, i servizi sul territorio. Siamo ancora un paese in cui non in tutte le regioni è stato attuato quel processo di riorganizzazione che deve portare a una riduzione dei posti letto e a un rafforzamento dei servizi sul territorio, della specialistica, dei servizi di prevenzione, dei vari interventi, tra cui quello importante dei servizi domiciliari. Oggi


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abbiamo bisogno di una sanità che sappia curare a domicilio e che non porti il cittadino e il malato nella struttura ospedaliera se non quando è strettamente necessario.
Inoltre, abbiamo bisogno di una sanità che riconosca un diritto fondamentale: quello che quando uno è malato possa avere le medicine. Questo può sembrare lapalissiano, ma dopo una serie di misure di questo Governo - in particolare, dopo questo articolo 9 - tanto scontato non sarà. Un diritto, quello ai farmaci, che è contenuto nei livelli essenziali di assistenza e di cui i cittadini italiani dovrebbero aver diritto ovunque risiedono, in ogni situazione.
La collega Bolognesi ha parlato di questo, quindi mi esime dall'intervenire specificamente sugli aspetti tecnici relativi all'articolo 9. Credo che, anche in questo caso, si tenti di fare un polverone: la spesa farmaceutica non è fuori controllo, nel corso del 2001 vi sono stati alcuni sfondamenti e, semplicisticamente, si è affermato che ciò è avvenuto perché erano stati tolti i ticket, ma non è così. Si è sfondato laddove, in assenza dei ticket, non si sono attuati interventi di controllo della spesa farmaceutica. Dove non si è fatto, si è sfondato, ed anche consistentemente, ma è sbagliato ricondurre l'aumento della spesa farmaceutica soltanto ai ticket, perché la spesa farmaceutica si trasforma. Vi sono farmaci innovativi frutto della ricerca, essi non rappresentano un optional, ma le adeguate, moderne risposte che la scienza riesce a trovare per la soluzione di problemi sanitari, sui quali precedentemente non si poteva intervenire poiché i farmaci si dimostravano poco efficaci. Naturalmente, le responsabilità sono di tutti, noi non vogliamo sottovalutare l'esigenza di contenere, di controllare la spesa sanitaria. Bisogna dedicare attenzione a questo aspetto, soprattutto perché - noi che difendiamo il Servizio sanitario nazionale - siamo convinti che il Servizio sanitario nazionale si difende anche se ha una tenuta sul piano finanziario.
Anche noi abbiamo interesse al controllo della spesa sanitaria perché vogliamo difendere il servizio sanitario nazionale e lo difenderemmo dagli attacchi che, anche in questi giorni, si stanno sviluppando.
Il controllo si può attuare, ma non nella maniera proposta dal Governo. Sì può, per esempio, intervenire nel campo farmaceutico su tutta la catena di produzione del farmaco: dalla ricerca, alla produzione, alla distribuzione, alla prescrizione della medicina, infatti nessuno va in farmacia e compra il farmaco senza ricetta, vi è prima una fase di prescrizione. Se invece di assumere dei provvedimenti «all'ingrosso» - come fa il Governo - o dei provvedimenti «sommari», si verificasse la situazione effettiva della prescrizione e del consumo del farmaco nel nostro paese, ci renderemmo conto che vi sono regioni che hanno saputo effettuare maggiori controlli. Certamente, in questo senso spiccano le regioni del centrosinistra, ma non solo. La regione Friuli-Venezia Giulia, ad esempio, che non è governata da una maggioranza di centrosinistra, da questo punto di vista ottiene risultati adeguati, pregevoli. Invece, laddove questi controlli del sistema non vengono effettuati, abbiamo un superiore numero di ricette per abitante, un costo per ricetta maggiore rispetto ad altre regioni. Inoltre, guarda caso, i peggiori risultati da questo punto di vista si ottengono nelle regioni governate dal centrodestra.
Prima di colpire i malati, credo sarebbe compito del Governo e della maggioranza guardare in casa propria a come è gestita la sanità. Infatti, i modelli privatistici, liberisti - ove non è presente la mano dello Stato -, oltre a non dare risultati di qualità sul piano dei servizi, determinano più problemi sul piano del controllo della spesa.
Invece di ideare la confezione ottimale che consenta di avere il numero di medicine strettamente necessario per realizzare una terapia, invece di effettuare un migliore controllo sulle prescrizioni e di ottimizzare la distribuzione, ve la siete cavata imponendo quello che, oggettivamente, sarà un megaticket, perché di questo si tratta.


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Cosa succederà dopo l'approvazione dell'articolo 9? Accadrà che l'iperteso, che soffre di una malattia cronica, si recherà dal medico, ma quest'ultimo non sarà più nella condizione di individuare, per quel malato, la cura, il farmaco più adatto alle sue specifiche caratteristiche. Non siamo, infatti, tutti uguali e la stessa medicina non fa bene a tutti; uno stesso farmaco può risolvere problemi di salute per un cittadino, mentre può determinare in un altro effetti collaterali e problemi magari più gravi di quelli originari che intende curare. È nella capacità, nella coscienza, nella scienza del medico, nella sua libertà di cura, nella sua capacità di individuare un progetto personalizzato per quel malato che si individua una risposta moderna che garantisca più controllo, attraverso un sistema che si fonda sulla responsabilità del medico.
Voi volete togliere autonomia ai medici. L'articolo 9 è contro i medici; essi non avranno più libertà di cura e dovranno dire al malato che se intende curarsi gratis, dovrà accontentarsi di un certo farmaco, altrimenti dovrà andarlo a comprare. Il ticket, questa volta, non sarà di un euro o di due euro, come nella regione Lazio o nelle regioni governate dal centrodestra che hanno imposto i ticket sui farmaci, ma di cinque, di dieci, di venti o di trenta euro. Sarà una tassa pesantissima sulla malattia.

PRESIDENTE. Onorevole Battaglia!

AUGUSTO BATTAGLIA. È chiaro che l'articolo 9 sarà destinato a sollevare malcontento, ma non so se ciò preoccupa tanto il Governo, perché ho l'impressione che si voglia determinare una situazione...

PRESIDENTE. Onorevole Battaglia, concluda il suo intervento!

AUGUSTO BATTAGLIA. Concludo, signor Presidente. Si determinerà una situazione in cui il cittadino, a furia di pagare, verrà incentivato a tirarsi fuori dal servizio sanitario nazionale perché vi saranno le mutue e le assicurazioni, come il Governo ha previsto nel documento di programmazione economico-finanziaria. Ritengo che ciò sia molto grave (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Di Gioia. Ne ha facoltà.

LELLO DI GIOIA. Signor Presidente, i Socialisti democratici italiani esprimeranno un voto contrario sul provvedimento in esame per due ordini di motivi.
Il primo è di metodo, mentre il secondo è di merito. Per quanto riguarda il metodo - lo hanno già sottolineato moltissimi colleghi negli interventi che si sono sviluppati in questi giorni - crediamo che un provvedimento di tale natura avrebbe avuto bisogno di una discussione ampia e approfondita al fine di definire alcuni aspetti importanti di una normativa che agisce in tutti i settori della nostra economia. Oltre tutto è emerso anche il problema, sollevato attraverso la presentazione delle questioni pregiudiziali al provvedimento in esame, di una chiara, evidente ed esplicita incostituzionalità. Riteniamo che non sia stata presa in debita considerazione: questo provvedimento d'urgenza era ed è in contrasto con l'articolo 77 della nostra Costituzione.
Si pone, quindi, una questione di metodo, ma anche una di merito.
Si tratta di un provvedimento che, oggettivamente, come tutti gli altri posti alla nostra attenzione in quest'ultimo periodo, è fortemente pasticciato. Pur definendosi omnibus, contiene praticamente tutto ed il contrario di tutto. Sono state inserite norme che, alla fine, sono state modificate (mi ci soffermerò successivamente), mentre sono emerse varie questione, come, per esempio, il problema della riforma del CONI e della realizzazione della società ANAS Spa, che credo implicassero la necessità, il dovere politico, da parte di questo Governo, di discuterne all'interno di questa Assemblea; questioni di tale portata hanno l'obbligo di essere discusse all'interno di questa Assemblea al


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fine di determinare poi le scelte che incideranno nei futuri assetti e nelle decisioni che dovranno essere assunte.
Questo non è avvenuto perché credo non vi sia da parte di questo Governo una seria considerazione nei confronti delle istituzioni, ma soprattutto, da parte di questo Governo, non vi è una scelta di politica economica, industriale, sociale e infrastrutturale.
Credo che, da parte di questo Governo, al di là delle considerazioni che vengono sistematicamente fatte sui caratteri della sua politica, se si tratti cioè di una politica liberista o di una politica privatistica, si possa tranquillamente affermare con chiarezza che mai come in questa occasione non vi è nessuna scelta. Noi avremmo sicuramente, se avessimo di fronte una scelta chiara di politica economica, industriale e sociale, la possibilità di affrontare un dibattito forte, sereno, attraverso quelli che possono essere gli strumenti parlamentari, ma ben sapendo che di fronte abbiamo appunto una scelta politica chiara.
Oggi ci ritroviamo di fronte ad un Governo che fa di tutto e di più, confondendo alcune situazioni e facendo in modo che comunque non vi sia chiaramente una definizione delle politiche relative a questo paese.
Come non considerare gli ultimi dati ISTAT in nostro possesso che definiscono con chiarezza quale sia l'aumento della povertà all'interno del quadro di riferimento nazionale, con una diminuzione nelle aree del centro nord, ma con un aumento sostanziale nelle aree del Mezzogiorno d'Italia, che è passato dal 23,6 per cento al 24,3 per cento, con un dato assoluto rappresentato dal 9,7 per cento relativamente alle famiglie? Cosa significa ciò? Significa che queste politiche e gli elementi contenuti in questo provvedimento, come d'altronde sottolineavano i colleghi precedentemente intervenuti, hanno determinato e determineranno ulteriori influenze sulle fasce più povere della nostra società.
Qui viene in rilievo realmente il problema della sanità e delle questioni farmaceutiche, nonché le questioni riguardanti l'irrigazione e l'agricoltura, nonostante in questi giorni vi siano una serie di impegni per quanto riguarda l'irrigazione del Mezzogiorno e l'agricoltura di questa parte d'Italia.
Anche qui vi sono delle responsabilità oggettive e soggettive di questo Governo, perché non è possibile pensare e dire che le responsabilità, per quanto riguarda le difficoltà idriche esistenti nel Mezzogiorno d'Italia, sono da addebitarsi ai precedenti governi di centrosinistra. Non è così: lo sottolineava, con estrema puntualità, l'onorevole Nicola Rossi, quando si è soffermato sull'analisi delle difficoltà della regione Puglia che non ha previsto, negli anni passati, gli interventi, non soltanto sulle reti infrastrutturali del recupero idrico, ma anche sui cosiddetti ambiti ottimali delle acque riguardanti la cosiddetta legge Galli.
Si tratta di responsabilità oggettive e soggettive di governi di centrodestra, come vi sono responsabilità oggettive e soggettive di questi governi regionali per la questione della sanità. Una questione, quest'ultima, assai spinosa che sicuramente determina che non vi sia la garanzia del diritto alla salute, in particolare nei confronti di coloro che hanno maggiori difficoltà per accedere all'utilizzo dei farmaci innovativi per potersi curare.
Come diceva l'onorevole Benvenuto, certamente questi provvedimenti finalizzati a risolvere i problemi dell'auto sono importanti, ma limitativi: la crisi dell'auto non è semplicemente la crisi della FIAT, ma è anche la crisi dell'indotto, di tutto quello che avviene intorno alla più grande industria italiana che produce reddito per la nostra economia nazionale. Non c'è stato alcun intervento per garantire i lavoratori dell'indotto! Che cosa accadrà, a settembre, nelle aree del Mezzogiorno d'Italia, a Pomigliano d'Arco, a Napoli, dove risiedono gli stabilimenti della FIAT? Che cosa accadrà a questi lavoratori? Quali saranno gli aspetti negativi che una crisi di tali dimensioni determinerà (Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale)...


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PRESIDENTE. L'onorevole Di Gioia ha ancora un minuto e venti secondi a sua disposizione.

LELLO DI GIOIA. La ringrazio, signor Presidente.

PRESIDENTE. Non è obbligatorio utilizzarli, però è un diritto (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale).

LELLO DI GIOIA. Sicuramente non è obbligatorio, ma credo che...

PRESIDENTE. Onorevole Di Gioia, stavo rispondendo ad una richiesta che proveniva da questi banchi...

LELLO DI GIOIA. Presumo che anche i colleghi del centrodestra, se su questo decreto-legge vi fosse stato un dibattito serio e se non fosse stata posta la questione di fiducia, avrebbero voluto discuterne in modo più approfondito: sicuramente esistono una grande tensione ed un grande malumore nella maggioranza di centrodestra.
Vi è, quindi, una serie di forti contraddizioni che ci induce a ribadire con fermezza, con convinzione e con estrema puntualità il nostro voto contrario su questo disegno di legge, che penalizza soprattutto le fasce più deboli della società ed incide negativamente sul Mezzogiorno d'Italia.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pistone. Ne ha facoltà.

GABRIELLA PISTONE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, come ho già avuto modo di dire più volte nei precedenti interventi, noi siamo fortemente contrari a questo decreto-legge, prima di tutto, per l'uso dello strumento della decretazione d'urgenza (abbiamo visto più volte violare, in un certo senso, la Costituzione) e poi per il merito: non solo per i contenuti, ma anche per il senso politico di questo provvedimento, che mira sostanzialmente a risolvere alcune situazioni, non con una visione di insieme e, quindi, in maniera strutturale, ma con misure episodiche che oltretutto, per alcuni versi, sono assolutamente dannose.
Ho già ha avuto modo di esprimere non solo le convinzioni, ma anche altri eventuali sospetti che sono vivi in noi, e li ribadisco, affinché rimangano agli atti. Sicuramente tutti eravamo e siamo interessati alla risoluzione del problema della siccità e, infatti, lo abbiamo più volte sollevato; ma avevamo immaginato provvedimenti assolutamente più idonei a risolvere questo problema o comunque a iniziare a risolverlo, piuttosto che un decreto-legge omnibus come questo.
Vi era, ad esempio, il provvedimento sulle infrastrutture, il cosiddetto «provvedimento Lunardi», ma in quel caso non si è voluta inserire neanche una parola. Come verranno finanziati i 200 milioni di euro di spesa, previsti in questo decreto-legge e annunciati in televisione? Lo chiediamo e lo chiederemo nuovamente nelle Commissioni di competenza. Non vorrei, come ha già detto prima di me l'onorevole Benvenuto, che questi soldi venissero stornati da altre misure che il Governo aveva in mente, come quella di rassicurare un certo numero di pensionati circa l'aumento delle loro indennità.
Non vorrei che questi soldi fossero usati e venisse fatto il solito gioco delle tre carte, ovvero ricorrendo agli effetti-annuncio e poi, nella sostanza, non dando seguito alle promesse (ma, da questo punto di vista, le bugie hanno le gambe corte).
Per quanto riguarda il settore dell'auto, anche in questo caso non c'è assolutamente una visione strategica perché si prendono alcune misure tampone che riguardano una grande azienda come la FIAT ma non il futuro di migliaia di aziende dell'indotto FIAT che non vengono assolutamente interessate da questo provvedimento. Abbiamo sollecitato e chiesto al Governo di dare risposte in questo senso ma lo stesso su questi problemi è stato muto.
Le varie proroghe sono sicuramente un sintomo di un'incapacità o di una mancanza


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di volontà di affrontare i temi in maniera strutturale. Il credito di imposta più la legge Tremonti-bis, per le aree svantaggiate, sostanzialmente, si traducono in una diminuzione reale dell'aiuto. Per fortuna, da questo punto di vista, grazie alla nostra battaglia e al forte contributo dato dagli stessi presidenti delle due Commissioni bilancio e finanze, sono state evitati due problemi relativi alla liberalizzazione degli apparecchi per videogiochi. Ritengo che sussistano sicuramente dei preoccupanti segnali rispetto a queste intenzioni - che, per fortuna, non si sono tradotte in normativa - perché non vorremmo che fossero talmente radicate nella mente del Governo da riproporle nei prossimi mesi in qualche altro provvedimento, magari nella legge finanziaria.
Ritengo che da parte del Governo ci sia un atteggiamento assolutamente poco attento all'etica perché, francamente, alcune iniziative come quella relativa ai videopoker non rispondono ad alcuna ragione logica e di etica, mentre lo Stato deve essere il primo a considerarle. Per quanto riguarda la materia sanitaria - l'hanno già detto molto bene i miei colleghi - il segnale che viene dato con l'articolo 9 non è certamente positivo, anzi è fortemente negativo per due ordini di ragioni. Infatti, a mio avviso con questa norma e con il rimborso del farmaco a minor costo si introduce un criterio fortemente classista perché i farmaci non sono tutti uguali, dato che possono essere adatti per alcune persone e meno per altre. Per fortuna, con la ricerca farmaceutica - fino a quando riuscirà ad andare avanti - ci sono farmaci che vengono aggiornati anche ai fini di un minore impatto negativo sul paziente, migliorandone, quindi, il livello di recepimento dal punto di vista organico. Questo emendamento tende a dividere l'Italia e i suoi cittadini in due: quelli che potranno comprarsi i farmaci più aggiornati e più innovativi e quelli che, invece, potranno comprarsi quelli esistenti che non sempre sono i peggiori ma, a volte, per certe terapie possono essere già superati.
Credo che questi provvedimenti contengano sempre, nascosti, segnali ben precisi per dividere anziché unire la società; al contrario, i 150 mila miliardi di vecchie lire di spesa per il servizio sanitario nazionale non meritano un apprezzamento negativo; offrono, semmai, alla nostra società, un segnale di grande avanzamento, di grande livello nei servizi. Pertanto, ritengo che il progressivo smantellamento di tutto ciò e, certamente, il ritorno alle mutue private «la dicano lunga» sulle vostre intenzioni. È per tali motivi che non possiamo essere d'accordo, neppure su talune misure che potevano essere positive ma avrebbero richiesto un notevole approfondimento da noi cercato, sia in Commissione, sia in Assemblea. Abbiamo tentato, infatti, di stabilire, su certi argomenti, un confronto sereno, democratico, davvero teso a prendere le scelte migliori, nell'interesse non, come al solito, di pochi, bensì di tutta la società. Che si sia presa la strada opposta, lo ritengo fortemente sbagliato, nonché - lasciatemelo dire - fortemente demagogico da parte vostra. Certamente, la scelta effettuata non è riconducibile ad una politica di diritti universali, politica alla quale, francamente, il gruppo Misto-Comunisti italiani tiene moltissimo. Annuncio, perciò, il nostro voto contrario sul provvedimento (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Comunisti italiani e dei Democratici di sinistra-l'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marinello. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Signor Presidente, colleghi, il mio intervento mira ad evidenziare una (spero) dimenticanza contenuta nel provvedimento oggi in fase di votazione, oggetto, tra l'altro, di una votazione fiduciaria nel corso della quale io personalmente e i gruppi della maggioranza abbiamo espresso un voto favorevole. Ebbene, l'articolo 11, laddove si parla di contributi per gli investimenti in agricoltura - in particolare, si fa riferimento al credito di imposta -, contiene una grave lacuna,


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spero una dimenticanza, se non addirittura un refuso. Si parla di credito di imposta per le imprese agricole e si dimentica il settore della pesca; la circostanza è particolarmente strana, soprattutto in considerazione del fatto che all'articolo 10 il credito di imposta viene riconosciuto per le imprese di trasformazione dei prodotti della pesca (i prodotti ittici) e per l'acquacoltura. Ciò è molto, molto strano: si riconosce tale beneficio per l'impresa di trasformazione ma non per l'impresa armatoriale. La pesca costituisce un settore fondamentale e caratterizzante del sistema agroalimentare italiano, che ha particolare rilevanza economica e sociale in alcune regioni, specie le meridionali, tra le quali anche la Sicilia. Ricordo a me stesso che circa un terzo delle risorse ittiche vengono procurate dagli armatori e dalle marinerie della Sicilia.
Pertanto, il mio intervento mira ad evidenziare tale lacuna - sicuramente nata da una dimenticanza e da un refuso - ma, ad un tempo, vuole invitare il Governo ed il ministro interessato a prendere impegni concreti per rimediare, nel più breve tempo possibile, a tale grave dimenticanza (Applausi e congratulazioni dei deputati dei gruppi di Alleanza nazionale e di Forza Italia).

PRESIDENTE. Onorevole Marinello, in genere la Presidenza, prima di procedere alla votazione finale, chiede di essere autorizzata a procedere al coordinamento formale del testo approvato; non so, però, se quanto da lei evocato costituisca materia da coordinamento formale. Comunque, abbiamo ascoltato il suo intervento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Zanella. Ne ha facoltà.

LUANA ZANELLA. Signor Presidente, intervengo per dichiarare il voto contrario del gruppo dei Verdi per le ragioni che sono state già esposte in sede di dichiarazione di voto della fiducia dal collega Boato, perché, ancora una volta, viene praticamente impedita ogni possibilità di dibattito e di confronto, e la dichiarazione del collega Marinello lo dimostra, come anche il consenso che, con gli applausi, ha avuto da parte della maggioranza. È già grave l'utilizzazione dello strumento del decreto-legge per le modifiche normative proposte e, come è stato osservato, i presupposti di necessità ed urgenza, di cui all'articolo 77 della Costituzione, mancano completamente e non vengono rispettate le regole di specificità, di omogeneità, di limiti di contenuto dei decreti-legge. Ad aggravare il già fosco quadro delineato c'è la questione dei tempi perché la Costituzione, come è noto, prevede che un decreto-legge debba essere convertito in legge entro 60 giorni, un arco di tempo che si potrebbe definire congruo per un'analisi anche attenta, circostanziata, sul contenuto di un atto normativo. Ma se il decreto viene presentato a metà luglio con la consapevolezza che deve essere convertito in legge entro due settimane si commette un ulteriore ed inaccettabile scorrettezza nei confronti del Parlamento, il cui ruolo costituzionale viene completamente svuotato ancora una volta.
Appare inoltre singolare che il Governo legiferi su un determinato argomento e poi inspiegabilmente decida che le norme adottate pochi mesi prima debbano essere cambiate.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PIER FERDINANDO CASINI (ore 17,40)

LUANA ZANELLA. Questo succede con le modifiche alla Tremonti-bis e con le agevolazioni sul settore agricolo, dimenticando poi il settore della pesca, come abbiamo sentito or ora, quando ancora non è stata approvato in via definitiva il collegato alla finanziaria 2002 in materia di agricoltura.
Per non parlare della gravissima norma interpretativa sulla definizione di rifiuto all'articolo 14, che viene varata mentre la Commissione ambiente sta esaminando una legge delega per i testi unici ambientali.
L'articolo 4 del decreto-legge, che è oggetto di discussione, concernente l'interpretazione


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autentica della definizione di rifiuto pone alcuni rilevanti problemi sia di carattere interpretativo sia applicativo. La filosofia di questo articolo si basa sulla distinzione rifiuto-non rifiuto e sul tipo di operazione cui lo stesso è avviato distinguendo le operazioni di trattamento ovvero operazioni di recupero dalle operazioni di trattamento che non rientrano nell'allegato C.
L'avvio delle prime operazioni comporta che il materiale sia qualificato come rifiuto, l'avvio della seconda che esso non sia qualificabile come tale. Tale distinzione, in alcuni casi, potrebbe risultare pericolosissima e dare il via ad una gestione deregolamentata, libera dai vincoli procedurali e tecnici propri del regime dei rifiuti - risultando per alcuni sicuramente più economica - , determinando così una ingiusta disparità di trattamento tra operatori e penalizzando quelli che finora si sono conformati agli obblighi di legge. Quel che è peggio, si abbassa il grado di controllo e di tutela dell'intero sistema, creando una sorta di porti franchi ove quantitativi di materiali sfuggiti al regime dei rifiuti potrebbero venire in modo indiscriminato trasferiti e rientrare nel ciclo dello smaltimento illegale dei rifiuti, con le conseguenze che possiamo tutti immaginare.
È stato sottolineato da numerosi colleghi il problema dell'articolo 7 riguardante l'ANAS. Questo articolo prevede la trasformazione dell'ANAS da soggetto dotato di personalità giuridica di diritto pubblico in ANAS Spa; trasformazione giustificata per rispondere alle disposizioni sulla riduzione della spesa pubblica e dell'efficienza della pubblica amministrazione attraverso, notoriamente, le esternalizzazioni contenute già nel capo III della legge finanziaria 2002.
Sappiamo che con la legge obiettivo e i provvedimenti collegati e derivati il Governo ha già stravolto l'istituto della concessione che, secondo la legge Merloni, era uno speciale contratto d'appalto il cui corrispettivo non era dato da un prezzo ma dal diritto di gestire l'opera ritrasformandola in uno strumento di traslazione di poteri pubblici. Ma con l'ANAS Spa il Governo supera se stesso: la concessione, come logico, non promanerebbe, infatti, da un soggetto di diritto pubblico, ma da un soggetto di diritto privato cui, oltretutto, competerebbe l'emanazione di tutti gli atti relativi al procedimento espropriativo, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001.
Concludo con un cenno, soltanto un cenno, a quella che è veramente una svolta, ancora una volta confermata e che, con il DPEF, credo si consoliderà ulteriormente, della politica governativa in materia sanitaria e farmaceutica. Mi riferisco, ovviamente, all'articolo 9. Non ripeterò quanto è stato detto da molti colleghi che, insieme a me, hanno esaminato il provvedimento in Commissione affari sociali ma non posso fare a meno di sottolineare che, ancora una volta, vengono colpiti proprio gli strati più deboli, i malati cronici, i malati affetti da malattie rare, i malati di cancro. Infatti, il controllo ragionieristico sull'introduzione dei nuovi farmaci ha impedito, nell'ultimo periodo, che venissero introdotti farmaci innovativi e lo impedirà ulteriormente. La decisione di rimborsare i medicinali che costano di meno - per tagliare con l'accetta tutto un lungo ragionamento che sarebbe necessario fare - impedirà una cura appropriata, impedirà un rapporto di fiducia ed un rapporto veramente efficace (altro che rapporto prezzo-efficacia!), un rapporto di cura e di fiducia tra medico e paziente perché il medico non avrà gli strumenti per operare serenamente e il paziente, spesso, non avrà i soldi per comprare i farmaci più utili per il suo specifico caso (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Verdi-l'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Agostini. Ne ha facoltà.

MAURO AGOSTINI. Signor Presidente, a me non resta altro che ribadire il voto del gruppo dei Democratici di sinistra, partendo da un giudizio su questo provvedimento che è un provvedimento grave,


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confuso, raffazzonato, assolutamente in linea con quanto il Governo, per la verità, va facendo. Un Governo caratterizzato, ormai, da un affanno evidente sia nella maggioranza sia nell'attività stessa del Governo. A dire il vero questo provvedimento, che è un provvedimento grave, avrebbe potuto essere anche più grave se noi dell'opposizione, come già qualche collega ha fatto rilevare, non avessimo condotto la nostra battaglia, ferma, come l'abbiamo condotta. Abbiamo, cioè, con la nostra iniziativa, ridotto il danno; abbiamo impedito che passasse la norma odiosa sui videopoker, una norma odiosa perché contrasta con un sentire comune, diffuso nel paese, e non è un caso che questo sentire comune abbia influito anche su alcuni esponenti della maggioranza che hanno, giustamente, richiamato l'attenzione dell'Assemblea e delle Commissioni.
Abbiamo ottenuto anche che ci fosse una specificazione degli interventi in materia di emergenza idrica. Questo era forse l'unico settore in cui si giustificava l'adozione di un provvedimento nella forma del decreto-legge. Nell'originaria formulazione, tale decreto-legge, però, proprio dove ci sarebbe stato bisogno di maggiore chiarezza negli strumenti e nelle risorse, presentava un'assoluta indeterminatezza. Si sono compiuti alcuni passi in avanti, ma ciò è avvenuto con ritardo e confusione: le risorse messe a disposizione per questi interventi sono infatti raccattate qua e là dai settori più diversi, ed anche gli strumenti che vengono utilizzati sono stati praticamente ripresi, pari pari, da una proposta di legge dei Democratici di sinistra, che però è datata aprile 2002. Nel frattempo sono trascorsi quattro mesi, durante i quali il fenomeno della crisi idrica è diventato un'emergenza nazionale. In questo senso non si può non richiamare di nuovo l'attenzione sulle gravissime inadempienze dei governi di importantissime regioni meridionali.
Il terzo punto sul quale vorrei richiamare l'attenzione sono i crediti di imposta, che tornano ad essere utilizzabili anche nelle aree depresse del centro nord; anche in questo caso vi è però, da porta nostra, un giudizio molto pesante sulla discrezionalità, sulla fine degli automatismi, sul ritorno di una mediazione burocratica che poi, molto spesso, diventa mediazione politica.
Il quarto punto su cui intendo soffermarmi è lo sport. In questo settore sono accadute cose incredibili. Già il fatto che norme ad esso attinenti venissero introdotte in un decreto-legge omnibus rappresenta, di per sé, un elemento di grande singolarità. A singolarità è stata poi aggiunta altra singolarità; siamo infatti in presenza di un fenomeno particolare: la riforma delle società dilettantistiche è stata completamente abbandonata. Addirittura, in qualche commento giornalistico di questa mattina, alcuni esponenti del Governo hanno lasciato balenare un collegamento tra il fatto che noi, opposizione, ci siamo battuti contro l'introduzione dei videopoker, e tale vicenda, come a dire che questa era stata quasi una forma di ritorsione e creando un collegamento odioso tra la riforma delle società dilettantistiche e l'introduzione delle slot-machine nel nostro paese.
In secondo luogo, vi è la cosiddetta riforma del CONI. In questo caso si fa davvero fatica a seguire, anche da un punto di vista tecnico, le intenzioni del Governo. L'intenzione sarebbe quella di trasformare il CONI in una società per azioni. Quello che sarebbe interessante sapere è a quale modello ci si ispiri, perché in nessuna parte del mondo, a quanto è dato sapere, esiste un'organizzazione, appunto come un comitato olimpico, che si basi su un regime privatistico ordinario, come dovrebbe avvenire per il CONI. Si tratta di una trasformazione in società per azioni che, evidentemente, prelude alla volontà di cartolarizzare anche lo sport: forse Tremonti non ha finito ancora di stupirci e ci troveremo in presenza, nei prossimi mesi, di qualche altro strumento di finanza innovativa che prevede la cartolarizzazione di qualche atleta olimpico. Inoltre, quale futuro ci sarà per il personale di tali strutture? Quale regime e quale status giuridico verrà loro riconosciuto?


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Attraverso quali procedure si proseguirà lungo la strada della privatizzazione?
Assolutamente insufficienti sono anche le provvidenze contenute a favore del settore auto, ed assolutamente inesistenti quelle a favore dell'indotto di tale settore.
Vi è poi tutta la partita fiscale: il condono. Qui già si è aperto un varco grave; lo diceva prima Giorgio Benvenuto: abbiamo fatto fronte ad una prima spallata che il Governo e la maggioranza intendevano dare. Credo però che, purtroppo, da questo punto di vista, dovremmo aspettarci, nelle settimane e nei mesi prossimi, la volontà pervicace del Governo di andare nella direzione, appunto, dei condoni, di condoni ad ampio raggio.
Questa sarebbe, evidentemente, la risposta che il Governo italiano dà al Commissario Solbes, il quale ha più volte affermato con chiarezza che la riduzione delle imposte, laddove avvenga, deve essere finanziata attraverso provvedimenti strutturali di riduzione della spesa e non certo attraverso entrate una tantum e, tanto meno, secondo il modello italiano, attraverso i condoni.
Vi è, come dicevo, un affanno evidente nella maggioranza e nell'attività di Governo, che traspare anche da questo provvedimento tampone. Scende la fiducia delle famiglie, scende la fiducia dei consumatori, gli investimenti e i consumi ristagnano, scende la competitività del nostro paese e i conti sono fuori linea. A distanza di 13-14 mesi dall'insediamento di questo Governo, siamo in presenza, ormai in maniera inequivocabile, di un vero e proprio fallimento delle politiche seguite fino ad ora.
Soprattutto, a ciò si associa, purtroppo, una sfiducia di carattere più generale che proviene dai fenomeni presenti nelle borse di tutto il mondo. A tal proposito, siccome stanno per scadere i termini per l'esercizio della delega sul diritto societario, credo che sarebbe il caso che il Governo cominciasse seriamente a rimettere le mani sulla normativa in materia di falso in bilancio ed a farlo in maniera positiva, ossia cercando di ripristinare nel nostro paese alcuni presidi, soprattutto a difesa degli investitori e dei risparmiatori.
Con questo atteggiamento - con un'opposizione ferma, come quella che c'è stata in questi giorni nelle aule parlamentari e in Commissione, e anche molto argomentata e sul merito - vi aspettiamo al varco del DPEF e della legge finanziaria. Avremo lo stesso atteggiamento, ci misureremo, e vi sfideremo a dare una risposta ai problemi molto pesanti che si pongono di fronte all'Italia, in termini di competitività del nostro apparato produttivo e in termini di redistribuzione del reddito. Per la maggioranza che governa l'Italia è finita la stagione degli annunci e credo che adesso debba venire la stagione del redde rationem.
Il nostro compito, il compito dell'opposizione è quello di spingervi in questa direzione e di incalzarvi con le nostre proposte che saranno incentrate su due principi fondamentali: l'equità e l'efficienza. Mi riferisco all'efficienza dell'apparato produttivo, all'efficienza della crescita, all'apertura, finalmente, di una stagione di sviluppo dopo un anno di Governo della destra italiana, che sta assicurando all'Italia una delle peggiori performance in termini di crescita degli ultimi decenni; mi riferisco, però, anche alla necessità che vi siano una redistribuzione del reddito e un discorso sull'equità adeguato ai compiti di oggi. Noi rimarremo qui e sul DPEF e sulla legge finanziaria ci ispireremo a questo orientamento (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Grillo. Ne ha facoltà.

MASSIMO GRILLO. Signor Presidente, intervengo solo per avanzare una richiesta di approfondimento che rivolgo al Governo in relazione alle misure urgenti previste per le aree agricole danneggiate dall'eccezionale siccità verificatasi negli anni 2000 e seguenti. Da alcune segnalazioni che provengono dal territorio siciliano


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e dalle organizzazioni di categoria risulterebbe che, in base all'articolo 2, così come formulato, in riferimento alle imprese che dovrebbero beneficiare delle provvidenze per gli anni 1995-1999, se non si dovesse ricomprendere l'anno 2000, potrebbero rimanere escluse dai benefici diverse estensioni del territorio delle regioni del sud e, in particolar modo, della Sicilia occidentale.
Vorrei pregare il Governo di compiere verifiche in tale direzione e, eventualmente, di vedere come rimediare per assicurare la certezza dell'intervento su tutto il territorio del sud.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Leo. Ne ha facoltà.

MAURIZIO LEO. Signor Presidente, i colleghi del centrosinistra hanno svolto una serie di considerazioni in ordine alla disomogeneità delle tematiche trattate nel decreto-legge. Ebbene, vorrei richiamare la loro attenzione sui contenuti del provvedimento. Se esaminassimo bene le diverse disposizioni normative, riscontreremmo che il ministro Tremonti e il Governo Berlusconi hanno compiuto operazioni di ristrutturazione con riferimento a norme che non funzionavano. Vorrei procedere con ordine.
Innanzitutto, in materia di riscossione si è molto detto che, con la norma concernente le transazioni per quanto riguarda i soggetti iscritti al ruolo, si sia introdotta una sorta di condono. Nulla di più falso perché, in realtà, di nessun condono si parla. Quando un soggetto iscritto al ruolo è sottoposto ad una procedura concorsuale è quasi alla «canna del gas» e, quindi, non è pensabile che tale soggetto possa adempiere ai suoi obblighi tributari. Dunque, opportunamente, per fare entrare soldi nelle casse dell'erario ed evitare problemi si è detto che l'amministrazione finanziaria può fare transazioni. Su questo punto penso che l'intervento sia puntuale, come pure sui crediti di imposta.
Non dimentichiamoci che è invalso l'uso, soprattutto nella passata legislatura ad opera dei precedenti Governi, di introdurre una serie di crediti di imposta concessi ad libitum, senza tetti, senza plafond. Ciò ha creato ripercussioni negative sui conti pubblici. Dunque, l'intervenire attraverso alcune misure non ha fatto niente altro che porre sotto controllo uno strumento che creava enormi pregiudizi alle casse erariali.
Mi premeva segnalare tali punti ai colleghi per far capire che il provvedimento tutto è meno che un insieme disarticolato e disomogeneo. Si tratta di misure razionali che colmano le lacune e le incongruenze che ci portiamo dietro dalla precedente legislatura.

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto sul complesso del provvedimento.

GIANFRANCO BLASI, Relatore per la V Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIANFRANCO BLASI, Relatore per la V Commissione. Credo sia doveroso rivolgere alcuni ringraziamenti anche a nome dell'altro relatore, l'onorevole Gianfranco Conte, che con me ha condiviso in questi giorni l'esame del provvedimento. Vorrei ringraziare le Commissioni bilancio e finanze, gli uffici per la sapiente collaborazione ed il Governo, in particolar modo il sottosegretario Contento che, armato di pazienza, ha lavorato molto bene (Applausi).
Con questo provvedimento volevamo raggiungere un macroobiettivo e siamo certi di averlo centrato. Continuiamo nel processo di qualificazione della spesa pubblica.

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