Allegato B
Seduta n. 179 del 18/7/2002


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GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:

DILIBERTO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
presso il tribunale di Gorizia, sia nel settore penale che in quello civile, si lamenta una consistente carenza dell'organico dei magistrati e del personale amministrativo;
tale carenza ha provocato notevoli scompensi soprattutto nelle attività che precedono l'iscrizione, la trattazione, l'istruzione e la definizione delle cause giudiziarie;
nel corso del corrente anno 2002, anche a seguito dell'entrata in vigore degli adempimenti garantistici, primo fra tutti il giusto processo, sono aumentati i relativi impegni burocratici al punto che il personale amministrativo addetto alla cancelleria andrebbe raddoppiato;
la particolare collocazione geografica del circondario di Gorizia, al confine con la Slovenia, con continuo transito di clandestini extracomunitari ed il conseguente indotto di natura penale, imporrebbe l'aumento dell'organico dei magistrati di quel tribunale e della relativa procura della Repubblica;
quanto al tribunale di Udine, c'è da segnalare che alla procura della Repubblica sono scoperti tutti i posti dei funzionari direttivi (dirigente della segreteria, direttore di cancelleria, funzionario di cancelleria);
con riferimento, poi, alla carenza dei mezzi materiali (aule ed uffici) si lamenta in particolare, in diverse sedi giudiziarie (prima fra tutte la sede del tribunale di Udine), la insufficienza degli spazi e la loro irrazionale dislocazione;
nel settore civile l'insediamento di un solo Goa (giudice onorario aggregato), istituito dalla legge per contribuire alla definizione dell'elevato numero di procedimenti in atto pendenti e che avrebbe dovuto comportare senz'altro un consistente alleggerimento del carico di lavoro dei giudici togati, non è sufficiente a smaltire le migliaia di processi pendenti -:
quali iniziative intenda assumere per affrontare il problema dell'inadeguatezza degli organici presso i tribunali di Gorizia ed Udine e per rimuovere la situazione di grave disagio nella quale operano il personale togato e quello amministrativo degli stessi tribunali nell'esercizio delle loro funzioni.
(4-03545)

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
a distanza di nove anni dal decreto legislativo che ne imponeva la costituzione, non è mai stato attivato il servizio di controllo interno, senza il quale non è tecnicamente possibile il monitoraggio e soprattutto la valutazione a consuntivo della spesa per il settore giustizia;
dalla mancata costituzione del servizio di controllo interno discende altresì l'impossibilità di conoscere con certezza le cause che originano la sottostima delle risorse a disposizione e gli errori di programmazione e gestione, nonché l'aumento dei residui;
le inadempienze inescusabili dei governi che si sono succeduti a far data dal decreto legislativo che prevedeva l'istituzione del servizio di controllo interno, non possono indurre il Governo ed il Ministro della giustizia a perpetuare l'inadempienza-:
se non ritenga di dovere senza indugio istituire il servizio di controllo interno


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non soltanto per adempienze ad un obbligo normativo, ma per poter controllare quantitativamente e qualitativamente la spesa della giustizia.
(4-03546)

RUSSO SPENA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il detenuto Carmelo Musumeci fino a pochi giorni fa era detenuto nel carcere di Sulmona, da qualche giorno è stato trasferito in Sardegna nel carcere di Badu e Carros (Nuoro);
da tempo il Musumeci chiedeva di essere trasferito vicino alla propria famiglia e alla sede universitaria di Firenze, dove è iscritto al primo anno di giurisprudenza, visto che in undici anni di detenzione non è mai stato trasferito vicino casa, e che, inoltre, ogni mese e mezzo deve recarsi a Firenze per gli esami universitari, con un costo enorme per l'amministrazione carceraria;
già quattro anni fa era stato detenuto in Sardegna, dove, per ovvie ragioni di lontananza, non aveva mai potuto usufruire di colloqui con i propri familiari -:
quali siano i motivi del trasferimento in Sardegna del Musumeci, considerato che, oltre al fattore umano (lontananza dai propri cari), comporta un costo enorme e spreco di uomini e mezzi per permettere al Musumeci di recarsi periodicamente a Firenze per sostenere gli esami universitari.
(4-03547)

FISTAROL, GIACHETTI, STRADIOTTO e COLASIO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
l'11 giugno 2002 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 135 il decreto-legge n. 107 del 2002, predisposto di concerto tra il Ministero della giustizia e quello dell'istruzione, con esso si sono voluti, tra l'altro, prorogare i consigli degli ordini in carica, al fine di garantire, nelle future elezioni, una adeguata rappresentanza come previsto dal decreto-legge n. 328 del 2001;
il 31 maggio 2002 il capo dell'ufficio legislativo del Ministero della giustizia inoltrava un parere, riguardante l'emanando decreto-legge n. 107, all'ufficio legislativo del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
il parere esprimeva, tra l'altro, il «concerto condizionato» a che il testo definitivo del decreto-legge prevedesse la proroga dei consigli provinciali, regionali e nazionali degli ordini in «composizione comunque vigente». Nella seduta del 6 giugno 2002 il Governo emanava il decreto-legge n. 107, inserendo all'articolo 4 il richiamato parere del Ministero della giustizia;
a seguito dell'entrata in vigore del decreto-legge n. 107 e su direttiva del Ministero della giustizia taluni ordini professionali in fase elettorale per il rinnovo dei consigli, sospendevano le elezioni in corso (ad esempio Ordine degli ingegneri di Roma - Allegati 2 e 3) altri invece portavano a termine le stesse eleggendo il nuovo consiglio (ad esempio Ordine degli ingegneri di Avellino - Allegati 4 e 5). Si è venuta a creare, in definitiva, una situazione di disparità;
la posizione del Governo che con l'emanazione del decreto-legge n. 107 del 2002 ha introdotto norme che disattendono l'articolo 48 della Costituzione. Gli atti conseguenti alle indicazioni del Ministero della giustizia hanno infatti prodotto da un lato l'annullamento dell'espressione di voto e dall'altro l'alienazione del diritto di voto;
se, ed attraverso quali atti, il Governo intenda ristabilire il dettato Costituzionale; nella fattispecie se, come e quando il Ministero della giustizia darà indirizzo ai consigli provinciali, regionali e nazionali degli ordini di portare a termine le elezioni sospese;
con quali regole ed attraverso quali meccanismi il Ministero della giustizia intenda


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riequilibrare la disparità che si è di fatto determinata tra gli ordini che hanno proseguito le elezioni per il rinnovo dei Consigli e quelli che - invece - le hanno sospese.
(4-03549)

OSVALDO NAPOLI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
presso il ministro della giustizia, servizi di giustizia minorile, prestano opera circa 1.850 lavoratori a tempo determinato;
gli interessi sono pervenuti a beneficiare di contratto a tempo determinato dopo anni di servizio precario svolto con l'unico corrispettivo del sussidio di disoccupazione integrato in piccole misure da intervento dell'Inps;
il contratto a tempo determinato degli interessati è previsto a scadenza con il 31 dicembre 2002;
le prestazioni assicurate dagli interessati sono indispensabili per consentire il funzionamento dei servizi cui sono addetti, servizi di particolare importanza per i contenuti stessi del lavoro svolto -:
quali misure il Governo intenda assumere per trasformare il contratto a tempo determinato degli interessati in contratto di prestazioni permanenti e quali metodologie e iter procedurali intenda il Governo attivare a tale fine ed entro quale tempo;
se il Governo non intenda fornire un'attenzione puntuale e tempestiva in ordine al problema sopraindicato onde definire la sistemazione del personale interessato prima della scadenza del contratto a tempo determinato di cui gli interessati in atto fruiscono.
(4-03561)

CENTO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
gli agenti di polizia penitenziaria presso la casa circondariale di Viterbo (Mammagialla) hanno contestato proprio in questi giorni al direttore del carcere l'installazione, a loro insaputa e peraltro senza una valida ragione, di telecamere nascoste all'interno degli ascensori della caserma dove alloggiano, decisione presa a quanto pare dallo stesso loro comandante di reparto e autorizzata dal direttore stesso -:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti e se questi corrispondano al vero;
in caso affermativo, quali provvedimenti intenda intraprendere atti a chiarire le responsabilità di questo atto lesivo del diritto alla libertà personale e in evidente violazione della legge sulla privacy a danno di persone controllate nel loro tempo libero o comunque anche durante l'espletamento del proprio lavoro all'interno della caserma stessa.
(4-03562)

LUSSANA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
in data 28 febbraio 2000, alla procura della Repubblica presso il tribunale di Ancona è pervenuto un esposto-querela con contestuale richiesta di sequestro preventivo di bene immobile, a firma della signora Nazzarena Ongari, residente in Rimini, via Nazario Sauro n. 57;
le motivazioni del predetto atto depositato si rinvengono nel compimento di una serie di atti impropri imputati al giudice delegato del tribunale di Bologna, dottor Massimo Ferro, autore, in data 4 agosto 1989, della sentenza di fallimento della società «Piccinini Sas» di proprietà del signor Dino Piccinini, imprenditore e marito della citata signora Ongari;
l'inizio della vicenda, all'origine della contestata sentenza, deve essere fatta risalire agli anni 1980/1981 quando il signor Piccinini cominciò a manifestare gravi sintomi di malattia mentale in modo tale da consapevolizzare subito la consorte, signora Ongari, dell'assoluta necessità di ottenere l'interdizione del marito, anche per evitare che quest'ultimo potesse nuocere a se stesso ed ai propri interessi;


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i vari professionisti, incaricati dalla signora Ongari di farle ottenere l'urgente interdizione del marito, non adempirono a tale dovere; il perdurare della sua mancata interdizione, contro ogni logica e in spregio all'evidenza dei fatti, permise la svendita dei suoi ingenti beni con compromessi provocati ad arte da taluni soggetti interessati;
le immaginabili, sopraggiunte difficoltà economiche del Piccinini indussero a chiedere un concordato preventivo, accolto con parere favorevole del pubblico ministero, ma nonostante questo, nelle more procedurali del concordato, approfittando evidentemente della sua infermità mentale, il Piccinini fu ancora indotto a trasformare la «Piccinini Srl» in «Piccinini Sas» con ulteriore enorme danno in quanto proprio a causa della responsabilità illimitata si ritrovò spossessato di tutti i suoi averi;
le motivazioni alla base della predetta trasformazione sfuggono infatti ancor oggi ad ogni tentativo di comprensione benché sia nota l'assoluta contestabilità della dichiarazione di inammissibilità resa dal tribunale di Bologna in ordine alla legittima richiesta di annullamento della delibera di trasformazione societaria in quanto avvenuta in una situazione di infermità mentale del Piccinini;
il tribunale volle far valere la mancata presentazione della richiesta di annullamento della delibera entro 3 mesi dall'emanazione di questa, quando però al Piccinini ed ai suoi familiari era risultato pressoché impossibile anticipare i tempi perché drammaticamente coinvolti dal deteriorarsi della sua salute mentale, per sopravvenute psicosi maniaco-depressive e continui ricoveri e visite negli ospedali psichiatrici;
in più, indotta dal grave stato del marito, la signora Ongari fu costretta a dare garanzia su tutti gli atti inconsapevolmente promossi dal consorte, gestendo le conseguenze di fideiussioni prestate a favore della Srl nel disperato tentativo di salvataggio della considerevole attività patrimoniale ed arrivando così a subire una serie di azioni legali confluite in una procedura di esecuzione immobiliare su tutti i suoi beni personali;
avvenuta la dichiarazione di fallimento dell'azienda Piccinini da parte del tribunale di Bologna, la curatrice fallimentare, Maria Rita Scuccimarra, continuò però nel proprio operato ignorando le plateali condizioni psichiche del titolare e, questo, nonostante dovesse richiedere la presenza della forza pubblica ogni qual volta si recasse per motivi d'ufficio presso l'azienda Piccinini e malgrado fosse a conoscenza dei ricoveri dell'imprenditore fallito alla clinica psichiatrica;
inoltre, in qualità di co-autore, al tribunale di Bologna, della sentenza del 9 maggio 1991 di fallimento anche della «Juby Sas», sorta come comunione tra coniugi ex articolo 177 e seguenti codice civile, il dottor Ferro, già da due anni in veste di giudice delegato, ed il curatore, dottor Sartori, non solo continuarono a loro volta a disconoscere i ricoveri ospedalieri del Piccinini, nel frattempo, seppur assai tardivamente, riconosciuto dal medesimo tribunale come totalmente incapace di intendere e volere con sentenza di interdizione, ma essi seguitarono ad imputargli le assenze, dovute ai ripetuti ricoveri in ambiente psichiatrico, come mancata collaborazione e comportamento strafottente;
nello specifico, il dottor Ferro ed il dottor Sartori hanno agito come se la «Juby Sas» fosse una vera e propria società, applicando al fallimento le norme ed i principi propri della materia societaria, e non della comunione, come in realtà avrebbero dovuto fare;
con il predetto, ultimo fallimento invece, la comunione legale dei beni doveva ritenersi sciolta ex articolo 191 codice civile, residuando una comproprietà del bene in capo alla signora Ongari tra l'altro immotivatamente impossibilitata, insieme ai suoi legali ed ai tutori dell'interdetto, ad accedere ai fascicoli dei fallimenti malgrado varie istanze scritte, non accolte dai giudici e dagli uffici;


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i pochi documenti ottenuti mostrano comunque palesi irregolarità quale, ad esempio, quello con cui, in data 20 dicembre 1991, la curatrice, Scuccimarra, comunica di avere aggiudicato parte dei beni immobili per un valore complessivo di lire 2 miliardi e 175 milioni e comunica altresì sia di voler pagare lire 496.175.934 ad un creditore ipotecario di 1o grado (banca nazionale dell'agricoltura) a saldo, comprensivo di capitale ed interessi fino al 25 dicembre 1991, sia di voler pagare i professionisti; successivamente pur avuta conferma dell'avvenuto saldo di lire 496.175.934 con lettera del 31 gennaio 1995, la predetta Banca (Bna) risulta insinuata e pagata nel fallimento Juby per altri 84 milioni e 291.283 lire aggiunti ad ulteriori 19.209.800 milioni ed ancora per altri 171.013.000 milioni di lire nell'ambito di un'esecuzione immobiliare a carico della signora Ongari, fideiussore del marito, e cioè per complessive lire 770.960.017 a fronte di un iniziale debito di conto corrente pari a lire 240.000.000;
nonostante l'avvenuta estinzione del debito, per mezzo del fallimento dell'azienda Piccinini, con il benestare del giudice dottor Ferro, quest'ultimo, immemore di ciò non si è opposto a ulteriori richieste di pagamento ma ha, come detto, impedito ad altri ogni opposizione negando, di fatto, l'accesso alla documentazione, malgrado la chiusura del fallimento;
nello stato passivo del fallimento «Juby Sas», dichiarato nel maggio 1991, appare poi la voce servizio riscossione tributi per lire 16.244.216 come richiesta di pagamento tardiva datata 3 dicembre 1992 mentre appare già pagata il 17 novembre 1992 dalla Scuccimarra nel III riparto privilegiati, inducendo ad ipotizzare l'avvenuto compimento di una vera e propria simulazione di stato passivo con conseguente falso in atto pubblico, reato altresì ipotizzabile per la vendita dei beni, avvenuta sotto costo, indi l'inventario degli stessi ed anche la lentezza dei pagamenti, con distribuzione ritardata di somme ai creditori;
in relazione all'avvenuto spoglio del 50 per cento della proprietà di appartamento della signora Ongari, non solo non è stato fatto l'avviso alla comproprietaria né inoltrato il giudizio di divisione ma la somma ricavata dalla vendita, dell'immobile di Rimini, sito in via Sauro 57 (vendita avvenuta il 14 aprile 1994 per lire 228.000.000), è stata interamente distribuita ai creditori intervenuti e già saldati dagli altri fallimenti;
infine alla signora Ongari, accortasi della volontà di impedirle di far valere le proprie ragioni, è stato fatto un ultimo torto fissandole l'udienza di discussione della sua istanza di insinuazione al passivo, soltanto dopo la dichiarazione di chiusura del fallimento per distribuzione dell'attivo, malgrado la stessa Ongari avesse proposto la predetta istanza prima della ripartizione finale -:
se il Ministro non ritenga opportuno avviare immediatamente un'ispezione ministeriale presso il tribunale di Bologna affinché siano verificati i fatti esposti in premessa.
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