Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 171 dell'8/7/2002
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TESTO AGGIORNATO AL 15 LUGLIO 2002

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La seduta, sospesa alle 20,20, è ripresa alle 20,30.

Discussione della proposta di legge: Volontè ed altri: Disposizioni per il riconoscimento della funzione sociale svolta dagli oratori e dagli enti che svolgono attività similari e per la valorizzazione del loro ruolo (388) e dell'abbinata proposta di legge: Cento e Zanella (2773).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di legge d'iniziativa dei deputati Volontè ed altri: Disposizioni per il riconoscimento della funzione sociale svolta dagli oratori e dagli enti che svolgono attività similari e per la valorizzazione del loro ruolo; e dell'abbinata proposta di legge d'iniziativa dei deputati Cento e Zanella.
La ripartizione del tempo riservato alla discussione sulle linee generali è pubblicata in calce al vigente calendario dei lavori.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 388)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che il presidente del gruppo parlamentare dei Democratici di sinistra-l'Ulivo ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del regolamento.
Ha facoltà di parlare il relatore, onorevole Lucchese.

FRANCESCO PAOLO LUCCHESE, Relatore. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor sottosegretario, l'Assemblea è chiamata ad esaminare ed approvare il provvedimento recante disposizioni per il riconoscimento della funzione sociale svolta dagli oratori e dagli enti che svolgono attività similari e per la valorizzazione del loro ruolo.
Tale provvedimento va innanzitutto inquadrato nel contesto sociale in cui esso si colloca, e cioè un contesto sociale nel quale convivono il mondo giovanile e quello degli adulti. Adulti ed adolescenti, mondi legati tra loro da nodi di segreta complicità e, nello stesso tempo, separati dalle incomprensioni, dai silenzi, a volte anche dall'odio.


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Genitori ed educatori da una parte e, dall'altra, bambini, adolescenti e giovani pronti alla nascita sociale, che oscillano tra il bisogno di dipendenza è quello di autonomia; ragazzi instabili, volubili, inaffidabili, ribelli, talvolta sconcertanti, che indossano gli stessi jeans, si fanno gli stessi piercing e mangiano gli stessi hamburger; che hanno la loro stanza - quella dove amano barricarsi, quasi a voler sfuggire al mondo dei grandi che presto abiteranno - zeppa di poster dei loro eroi, dei loro profeti, dei loro capi; che camminano nel territorio adulto della famiglia, della scuola, dello Stato come dei clandestini, che si risvegliano solo quando si ritrovano tra di loro, supportati dalla forza del branco; ragazzi mutevoli perché devono scoprire chi sono e cosa vogliono essere, cosa vogliono diventare.
Ma rimane pur sempre il pericolo della loro solitudine: si può comunicare mantenendo il silenzio sulla propria identità e corporeità, impoverendo la qualità emotiva dello scambio.
Bisogna anche considerare in quale contesto economico e sociale stiamo vivendo. L'ultimo trentennio è stato caratterizzato da una crescita culturale: siamo passati dall'analfabetismo alla terza media o ad una cultura superiore. Un altro dato rilevante è l'avvento delle nuove tecnologie: che sia i giovani di Salaparuta che quelli di Tolmezzo usino Internet e le e-mail è una grande occasione di comunicazione - nella misura in cui ciò non li renda dipendenti - come anche una grande occasione di democrazia.
Ma bisogna anche confrontarsi con una rivoluzione economica, con un livello economico aumentato, al quale spesso non corrisponde un adeguato progresso sociale. Infatti, la devianza è un concetto sociologico, che presuppone un comportamento di violazioni continuative di divieti posti da norme legali e sociali e sottolinea il rapporto negativo dell'individuo con l'ambiente sociale e, in definitiva, per i giovani, si tratta della trasgressione delle regole della civile convivenza.
Alcune recenti indagini hanno appurato che il primo approccio all'alcool avviene attorno ai 12-13 anni, mentre il primo approccio agli stupefacenti, in particolare alla cannabis, verso i 14-15 anni di età, con uno spostamento sempre più verso l'età più giovani. Formare la personalità dei giovani non è mai stato facile, ma non lo è soprattutto nel tempo attuale, che registra preoccupanti spinte al disimpegno ed all'indifferenza. Spaventa il numero, sempre più elevato, di giovani che si tolgono la vita.
Rispetto ai nostri padri, che avevano un compito molto complicato, quello di sopravvivere, ai nostri figli abbiamo dato tutto, ma in questo modo abbiamo leso i loro anticorpi psicologici, non permettendo che essi si formino con le regole e con i «no». Non li educhiamo ad affrontare la dimensione del fabbricare, del costruire, e così rischiano di conoscere solo quella del costruito, diventando ospiti di un mondo già fatto. L'impegno di noi adulti deve essere, quindi, quello di dare ai giovani anche la creatività e la fantasia che a volte è dolorosa.
Costruire è faticoso, ma regala soddisfazione: costruire un rapporto d'amore è il senso stesso dell'amore. L'adolescenza prevede il gruppo, perché un adolescente da solo non ce la fa o crede di non farcela.
Nella società in cui viviamo, per venire incontro alla formazione e all'educazione dei nostri adolescenti e giovani, nonché per prevenire e contrastare il disagio giovanile, in mancanza di strutture educative adeguate, gli oratori e gli enti che svolgono attività similari possono continuare a rappresentare, come per il passato, un momento di aggregazione e di crescita sociale, nonché occasione di coinvolgimento degli adulti che si impegnano ad aiutare i minori nella delicata fase della loro crescita.
Negli oratori, infatti, i ragazzi possono crescere grazie alle esperienze di incontro che hanno con i coetanei, ma anche con i ragazzi più grandi e più piccoli, nonché con diverse figure adulte di riferimento; possono esprimere le proprie potenzialità, sviluppare la creatività, misurarsi con i propri limiti, confrontarsi con gli adulti, assumersi delle responsabilità.


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Pertanto, negli oratori i giovani non vanno solo per trascorrere un po' di tempo libero per giocare a pallone. Gli oratori non sono solo uno spazio a cui si accede perché si è iscritti o si partecipa ad una iniziativa, ma sono anche i luoghi dove i giovani vivono momenti molto importanti della loro vita, perché scoprono cos'è la dimensione comunitaria, conoscono la solidarietà, sviluppano le loro capacità culturali, intraprendono un cammino di fede, ma con esso anche un cammino sociale che implica rispetto degli altri e sviluppo del senso civico. Gli oratori, allora, rappresentano non solo una comunità che educa e che forma, ma anche una comunità che cura.
Da ciò la necessità di un riconoscimento legislativo più ampio e forte che affidi agli oratori e agli enti che svolgono attività similari compiti istituzionali nell'ambito del ruolo e dell'azione che essi di fatto svolgono. Si tratta di una presa d'atto dell'importante ruolo svolto storicamente nei settori più diversi, che non si limita ad attività esclusivamente religiose.
Il loro ruolo sociale assume maggiore valenza soprattutto in presenza dei grandi cambiamenti che stanno attraversando la società sia a causa delle pressioni migratorie che determinano problemi complessi, che vanno oltre la generosa accoglienza delle comunità locali, sia a causa dei forti cambiamenti determinati dalla innovazione tecnologica. Gli oratori, anche rispetto a questi fenomeni, se adeguatamente sostenuti, possono svolgere un ruolo decisivo per ridurre le aree del disagio sociale e per aiutare i più deboli, che spesso restano esclusi e marginalizzati dal cambiamento e dal progresso, favorendo l'integrazione degli stranieri di prima e seconda generazione, valorizzando le capacità degli individui, diffondendo il volontariato virtuale, aiutando i più deboli, sostenendo le famiglie nel progetto educativo.
Su questi temi e sulla valorizzazione di queste strutture si è aperto un grande dibattito nel paese e non sono mancate autorevoli voci: Giovanni Paolo II, il 18 gennaio 2001, richiamando l'attenzione degli amministratori locali sull'educazione dei ragazzi, ha fatto esplicito riferimento agli oratori, così come durante lo svolgimento degli stati generali della città di Milano dall'11 al 13 febbraio 1998, il cardinale Carlo Maria Martini ha richiamato l'attenzione degli operatori sociali a favore delle famiglie ed in particolare dei più piccoli nel contesto educativo degli oratori.
Le proposte di legge nn. 338 e 2773 prevedevano un coinvolgimento delle regioni per la realizzazione di programmi ed azioni per il sostegno e la valorizzazione degli oratori; l'articolo 117, quarto comma, così come modificato, assegna alla potestà legislativa delle regioni l'assistenza sociale e la formazione professionale, mentre l'articolo 119, primo comma, riconosce alle regioni e agli altri enti locali piena autonomia finanziaria. Pertanto, l'eventuale piano regionale per la programmazione delle attività sociali da affidare agli oratori, nonché l'erogazione agli oratori stessi di contributi finanziari potranno essere oggetto di apposite leggi regionali (si tratta del parere espresso dalla I Commissione Affari costituzionali, in prima istanza).
È da notare che diverse regioni hanno già approvato leggi in materia: in particolare, l'Abruzzo, la Calabria, la Lombardia, il Veneto e il Friuli-Venezia Giulia.
La Commissione il 9 aprile 2002 ha nominato un Comitato ristretto, ai sensi dell'articolo 79, comma 9, del regolamento. Il Comitato ha svolto alcune audizioni informali di rappresentanti dei seguenti soggetti: la Conferenza episcopale italiana, la Conferenza italiana dei Superiori Maggiori, il Forum oratori italiani, le Chiese rappresentate dalla Tavola valdese, l'Unione italiana delle chiese cristiane avventiste del settimo giorno, le Assemblee di Dio in Italia, l'Unione delle comunità ebraiche italiane, l'Unione cristiana evangelica battista d'Italia, la Chiesa evangelica luterana in Italia e l'Azione cattolica italiana.
Il 13 marzo 2002 la prima Commissione (Affari costituzionali) ha espresso sulla proposta di legge n. 388 parere favorevole con la condizione che venissero


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soppressi, come è stato accennato, gli articoli 3, 4 e 5 della proposta stessa ovvero che fossero riformulati in modo tale da garantire il rispetto delle competenze costituzionalmente spettanti alle regioni ed agli enti locali.
Rilevava, infatti, la I Commissione che gli articoli sopra citati incidevano su materie, quali l'assistenza sociale e la formazione professionale, che in base all'articolo 117, quarto comma, della Costituzione, rientrano nella potestà legislativa esclusiva delle regioni.
A seguito dei sopra citati rilievi della I Commissione, ho presentato alla Commissione il 30 maggio 2002 un nuovo testo della proposta di legge, nel quale non comparivano più gli articoli in questione, testo che la Commissione ha adottato in pari data come testo base per la prosecuzione dei propri lavori.
Pertanto, il 13 giugno 2002 la Commissione esaminava gli emendamenti presentati a tale ultimo testo e lo inviava alle Commissioni I, V, VII e al Comitato per le questioni regionali per l'espressione del parere di loro competenza.
Il 19 giugno la VII Commissione ha espresso parere favorevole sul testo da ultimo citato. Anche la I Commissione nonché la Commissione V (Bilancio) esprimevano, rispettivamente il 26 e il 25 giugno 2002, parere favorevole.
L'articolo 1, comma 1, della presente proposta di legge, in conformità alla disciplina dettata dalla legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali, definisce l'apporto a tale sistema degli oratori e degli enti che svolgono attività similari (mi riferisco all'articolo 1, commi 4 e 5 della legge n. 328 del 2000).
La presente proposta di legge mira anche a rispondere alle sollecitazioni contenute nella legge 28 agosto 1997, n. 285, recante disposizioni per la promozione di diritti e di opportunità per l'infanzia e l'adolescenza, in attuazione dei principi della Convenzione sui diritti del fanciullo, resa esecutiva con la legge 27 maggio 1991, n. 176. Le attività di oratorio o le attività similari sono svolte dalle parrocchie e dagli istituti religiosi cattolici nonché dalle altre confessioni religiose con le quali lo Stato ha stipulato un'intesa.
Il comma 2 dello stesso articolo 1 finalizza le attività di cui al comma 1 allo sviluppo, alla realizzazione individuale ed alla socializzazione dei minori, degli adolescenti e dei giovani di qualsiasi nazionalità, alla diffusione dello sport, della solidarietà, della promozione sociale e culturale, al contrasto dell'emarginazione sociale, della discriminazione razziale, del disagio e della devianza in ambito minorile.
L'articolo 2 prevede la possibilità per lo Stato di concedere in comodato, ai soggetti di cui al comma 1 dell'articolo 1, beni mobili ed immobili, senza oneri a carico dello Stato, per la realizzazione delle finalità di cui alla presente legge.
All'approvazione della presente legge si spera possano seguire le leggi regionali in materia.
Per una crescita equilibrata dei ragazzi che debbono inserirsi a pieno titolo in una società moderna ed avanzata, sempre più piena di insidie, ma certamente migliore, questa legge deve rappresentare un patto educativo nel quale possano essere coinvolti tutti i giovani nei loro momenti formativi ed affettivi, integrando l'impegno della famiglia e della scuola.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

COSIMO VENTUCCI, Sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, il Governo concorda con la relazione dell'onorevole Lucchese e con quella scritta degli onorevoli Cento e Zanella, che fanno tornare alla memoria a soggetti come me, prodotto prebellico, la frequentazione degli oratori parrocchiali quale luogo di incontro, di formazione, di educazione e di cultura del rispetto verso gli altri. Si tratta di una fucina di buoni sentimenti necessari per avviare i giovani nell'agone politico e sociale che spesso dimentica di essere composto da soggetti che sono stati giovani animati di buone intenzioni.


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Si tratta di proposte di legge di iniziativa parlamentare che hanno il consenso del Governo il quale, per la parte normativa, si rimette alla valutazione dell'Assemblea.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Mosella. Ne ha facoltà.

DONATO RENATO MOSELLA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor sottosegretario, desidero fare alcune riflessioni sulle ragioni per le quali oggi è così importante intervenire a livello legislativo per valorizzare la funzione sociale degli oratori.
Nel nostro paese le condizioni dell'infanzia e dell'adolescenza - lo abbiamo sentito - sono connotate da un grande bisogno di formazione. A tal proposito è eloquente la relazione consegnataci nel 2001 dall'Osservatorio nazionale dell'infanzia. Se non siamo ancora all'emergenza - anzi, rispetto ad altri paesi europei, viviamo una situazione addirittura migliore -, è però innegabile che la nostra società incontra sempre maggiori difficoltà educative. Al cuore del problema vi è di certo l'incapacità o l'impossibilità della famiglia e della scuola di assolvere ai propri compiti educativi, come per il passato. Ma appunto i tempi cambiano; e, pur se è necessario trovare i modi per ridare efficacia educativa alla famiglia e alla scuola, sarebbe limitativo pensare che nel contesto attuale l'istanza formativa possa esaurirsi in quei due ambiti. Come avverte l'Osservatorio nazionale dell'infanzia, la formazione giovanile passa oggi attraverso una pluralità di luoghi e di sedi formali e informali e necessariamente deve poter fare affidamento su una molteplicità di soggetti e di interventi; meglio ancora se ciò avviene nel quadro di una strategia organica.
Occorre guardare ai problemi educativi con una sensibilità ed un'attenzione olistiche, mettendo in atto una politica specifica. Educare è un mestiere difficile, che oggi è diventato ancora più complesso; serve un progetto educativo ed occorre la continuità dell'azione educativa. Non ci si può accorgere dei problemi dell'infanzia e dell'adolescenza solo quando accade il fatto di cronaca. Una reale politica di tutela del bambino e dell'adolescente non può essere attuata solo limitandosi ad affrontare situazioni patologiche: essa non deve prendere in considerazione solo situazioni di disagio o di devianza, bensì deve farsi carico soprattutto della normalità, ovvero deve assicurare al soggetto, che non presenta particolari problemi, lo sviluppo armonico della propria identità personale e sociale.
Per un corretto e autentico processo educativo entrano in gioco in gioco elementi sottili: non si tratta soltanto di un problema di diritti del fanciullo e di leggi che li riconoscano. Per usare ancora le parole dell'Osservatorio nazionale dell'infanzia, vi sono bisogni formativi che possono essere appagati soltanto da un reale e fecondo incontro tra chi si affaccia alla vita ed un altro individuo (adulto educatore), capace di ripiegarsi su di lui, di coglierne le richieste di aiuto, di lasciarsi coinvolgere in un cammino comune e capace, infine, di dare risposte in qualche modo esaustive alle domande non verbalizzate del ragazzo; da qui, l'esperienza degli oratori. L'attenzione educativa, l'attenzione alla centralità della persona e la proposta pedagogica, ancorata ad un progetto di crescita globale, sono tutti elementi che da sempre caratterizzano l'esperienza degli oratori. Quando si parla di oratori, i più pensano ad una tradizione nata con don Bosco, nell'ottocento; pochi ricordano che l'esperienza degli oratori è ancora più antica, poiché nasce nel XVI secolo con san Filippo Neri, il quale nel suo oratorio coniugava la catechesi con l'istruzione civile e il gioco. Da questo lungo solco nasce l'oratorio moderno, nel quale l'educazione alla fede si coniuga con l'esperienza ludica, sportiva e sociale nonché con un impegno civile, tutto giocato nell'immersione all'interno della comunità locale di riferimento, in virtù del quale adolescenti e giovani sono destinatari e protagonisti al tempo stesso dell'azione sociale. È bene soffermarsi qualche istante su questi ultimi due aspetti,


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per così dire laici dell'impegno oratoriano: quello ludico-sportivo e quello dell'impegno civile. Con riferimento al primo, sin dagli inizi del secolo scorso gli oratori hanno molto contribuito a far nascere, in Italia, lo sport di massa: intere generazioni di campioni, soprattutto del calcio, sono nati nei campetti degli oratori e non costituisce una forzatura ricordare che, mentre lo sport ufficiale insisteva sulla selezione giovanile (allontanando da sé i meno bravi), gli oratori sono stati in prima fila nel consentire a qualsiasi ragazzo, per quanto poco dotato, di giocare e divertirsi con lo sport.
Il gioco e divertimento che, tra l'altro, consentivano al soggetto di crescere in quel contesto educativo che la pratica sportiva è capace di assicurare quando non è impostata sulla ricerca esasperata del risultato.
Il cosiddetto sport per tutti che, oggi, gonfia le statistiche nazionali della pratica sportiva, con 10 milioni di praticanti, ha un grandissimo debito di riconoscenza verso gli oratori, che hanno saputo avvicinare allo sport intere generazioni di italiani.
La funzione sportiva degli oratori è ancora oggi ragguardevole; cifre alla mano, in una singola associazione, come il Centro sportivo italiano, convergono poco meno di 2.500 società sportive, espressione di un oratorio, di un istituto religioso o di una parrocchia. Probabilmente, tali realtà potrebbero essere anche più numerose se soltanto gli oratori fossero in grado di adeguare i loro impianti, le loro attrezzature alle caratteristiche anche di maggiore efficienza e di qualità che oggi, nella società moderna, sono indispensabili.
Infine, l'impegno civile. È un fatto altrettanto innegabile che negli oratori sia cresciuto un grandissimo numero di volontari, poi confluiti in tante associazioni sia laiche sia religiose. Nel contesto degli oratori tanti giovani hanno imparato a camminare lungo la strada della corresponsabilità, della solidarietà, del servizio al territorio.
È bene ricordare che l'attuale progetto culturale della Chiesa italiana proietta ancor più la parrocchia su questo orizzonte. Essa, con l'insieme delle sue opere - fra le quali è in prima fila l'oratorio -, è tenuta ad operare come una comunità radicata sul territorio per mettersi al servizio di questo attraverso un laicato appositamente preparato, anche mediante percorsi formativi specificamente pensati per i giovani. Viene, quindi, ribadita quella funzione dell'oratorio parrocchiale quale soggetto sociale ed educativo, così come previsto nell'articolo 1 della proposta di legge in discussione.
La dimensione educativa dell'oratorio merita tutta la nostra attenzione anche a motivo dei numeri che caratterizzano la realtà oratoriana in Italia. Oggi, in Italia, esistono circa 6 mila oratori; si tratta, dunque, di una rete significativa, anche se difformemente distribuita sul territorio nazionale con una larga preponderanza nel nord del paese. Le statistiche ci confermano che le complesse situazioni sociali odierne hanno sempre più indirizzato gli oratori a farsi carico di interventi in molteplici ambiti sociali, andando ad incidere anche in settori che travalicano le dimensioni più propriamente religiose.
A tal proposito, mi sento di condividere un'affermazione resa dal segretario generale della Conferenza episcopale italiana, monsignor Giuseppe Betori, proprio nel corso di un'audizione informale relativa alla proposta di legge oggi in discussione. Credo non sia retorico affermare - ha detto monsignor Betori - che la capillare presenza sul territorio delle realtà oratoriane, sia direttamente parrocchiali sia connesse con istituti religiosi, costituisce un valido sostegno all'azione educativa delle famiglie, un prezioso sussidio nella formazione di cittadini consapevoli e motivati e, di conseguenza, un efficace baluardo nei confronti dei rischi della devianza minorile.
Indicazioni globali, quanto mai precise, sull'opera svolta dagli oratori sono state fornite nel corso di un'altra audizione informale dal presidente del Forum oratori italiani (FOI), don Massimiliano Sabbadini. Ritengo utile citarle sinteticamente, per richiamare l'attenzione dell'Assemblea


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su come, tra le attività degli oratori, accanto a quelle più propriamente religiose se ne annoverano molte a carattere marcatamente sociale: la prevenzione del disagio minorile, attraverso proposte di aggregazione, di impegno e di svago, attraverso l'accompagnamento e l'eventuale sostegno a singoli e a famiglie; la formazione ad un senso civico consapevole e responsabile, attraverso varie forme di partecipazione e di corresponsabilità; l'educazione alla convivenza civile, rispettosa degli individui, dei gruppi e delle istituzioni; l'animazione dell'extrascuola (doposcuola organizzati, percorsi di apprendimento personalizzati, attività integrativa dell'offerta scolastica, progetti di sostegno); la socializzazione quotidiana anche informale, ad esempio attraverso attività di piccoli bar, con spazi e gioco libero per ragazzi; le esperienze di aggregazione in tempi continuativi e prolungati (organizzazione di vacanze insieme, estate ragazzi, campi estivi, invernali, giornalieri e residenziali).
Inoltre, occorre citare: la formazione dell'esperienza culturale e multiculturale, attraverso scambi internazionali e progetti di solidarietà all'estero; l'integrazione tra giovani stranieri o della seconda generazione e autoctoni; l'avvio delle giovani generazioni a varie forme di volontariato e di impegno sociale; l'educativa di strada, vale a dire l'attenzione ai giovani dei gruppi informali e alle agenzie ed istituzioni educative del territorio di riferimento; la promozione e la pratica dello sport di base per tutti; la proposta di attività culturali, teatrali, musicali, ludiche ed espressive in genere.
Onorevoli colleghi, credo di aver sufficientemente delineato i motivi per cui questa proposta di legge ci interessa e, per noi, merita di essere valutata positivamente. Non si tratta, come pure è giusto, di rendere un riconoscimento agli oratori per la funzione educativa e sociale svolta in passato, quanto di aiutarli a mantenere viva ed efficace questa funzione oggi, in questo tempo, al servizio di tutta la società italiana.
Credo, altresì, di aver fornito elementi di riflessione bastevoli ad evidenziare come l'azione degli oratori non sia soltanto una questione di catechesi, che, in quanto tale, riguarderebbe soltanto la Chiesa italiana e la comunità che essa esprime. L'oratorio è oggi un polo di educazione giovanile e di impegno sociale a tutto campo che apre, anzi, spalanca le porte a tutti, ma veramente a tutti: è uno dei pochi funzionanti e, dunque, è ancor più prezioso; in quanto tale, va tutelato ed incoraggiato anche da parte di chi, in quest'aula, non condivide l'orizzonte della fede cristiana.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Mario Pepe. Ne ha facoltà.

MARIO PEPE. Signor Presidente, colleghi, intervenendo nel corso della discussione sulle linee generali, desidero sottolineare il grande interesse con cui la mia parte politica ha seguito la proposta di legge, recante disposizioni per il riconoscimento della funzione sociale degli oratori parrocchiali, che sta per diventare legge dello Stato. Non possiamo, infatti, dimenticare il ruolo svolto nel passato dagli oratori parrocchiali, che sono stati veri e propri baluardi contro il degrado morale e la desolazione delle borgate in cui vivevano i nostri adolescenti. Non possiamo dimenticare il contributo che essi hanno dato alla riduzione dell'emarginazione, delle pulsioni verso paradisi artificiali, delle tensioni alla violenza ed alla microcriminalità di quei giovani.
Colleghi, le profonde trasformazioni della nostra società hanno inciso profondamente sulla crescita morale, sociale e caratteriale dei ragazzi e dei giovani. Le necessità economiche crescenti e il ruolo sempre più incisivo e professionale delle donne, richiedendo l'impegno lavorativo di entrambi i coniugi, hanno creato un vuoto per i figli che, spesso e molto precocemente, si trovano ad affrontare da soli, talora impreparati, i molti problemi della società avanzata. Ciò, non di rado, provoca negli adolescenti incomprensione e scarsa capacità comunicativa, nella ricerca precoce


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di un'autonomia difficile da raggiungere.
Un tempo, la famiglia patriarcale, con la figura dei nonni e di qualche vecchia zia zitella, che non si era sposata, riusciva a supplire all'assenza temporanea dei genitori; poi, la famiglia si è trasformata in bipolare, talora in unipolare, creando nuovi vuoti in cui l'adolescente si è trovato solo. È aumentato, di conseguenza, il numero dei ragazzi mutevoli, labili e silenziosi, in cui la solitudine ha costituito terreno fertile anche per devianze caratteriali, rendendoli facile preda dell'alcol e delle droghe, con il fenomeno dilagante e preoccupante delle patologie ad essi correlate. Mi riferisco all'AIDS, alle epatiti e alle malattie infettive sempre più frequenti in giovanissima età. Dati attendibili riferiscono che il primo contatto con l'alcol e con gli stupefacenti avviene a 12 anni; così, un fenomeno che prima era diffuso in Europa, è in aumento anche in Italia: mi riferisco al numero dei giovani che, disperati e soli, si tolgono la vita.
Le risorse economiche sempre disponibili nelle mani dei giovani e dei giovanissimi non hanno facilitato la loro crescita costruttiva ed il loro inserimento nella società, che li ha disabituati alle difficoltà naturali che formano e irrobustiscono il carattere degli adolescenti.
In questa cornice, la scuola ha certamente svolto un ruolo positivo, ma strutturalmente finalizzato alla formazione culturale, mentre pochissimo spazio è stato riservato ad altre attività formative ed educative, compreso lo sport che non trova spazi adeguati.
Ne emerge un quadro di sostanziale carenza di strutture educative e formative tese a prevenire e a contrastare il crescente disagio giovanile. Gli oratori parrocchiali e gli enti che svolgono attività similari in questo contesto possono rappresentare quell'anello educativo e formativo tra la famiglia e i giovani rispetto ai problemi suddetti, mentre la scuola può costituire un luogo proficuo di aggregazione, di crescita, di incontro, di utile confronto e di seria competizione. Da ciò emerge la necessità di un riconoscimento legislativo chiaro e deciso che affidi agli oratori parrocchiali e agli enti che svolgono attività similari compiti istituzionali nell'ambito del ruolo e delle azioni che esse svolgono.
Tornando alla proposta di legge in esame, questa interviene in materia di servizi sociali nella logica della legge 8 novembre 2000, n. 328, di cui vengono richiamati espressamente i principi generali: in particolare, all'articolo 4, comma 1, vi è il riferimento a quella legge, in base alla quale lo Stato, le regioni e gli enti locali riconoscono e agevolano il ruolo degli enti operanti nei servizi sociali, tra i quali gli enti riconosciuti dalle confessioni religiose con i quali lo Stato ha stipulato patti, accordi o intese.
Il provvedimento intende anche dare concreta risposta agli spunti presenti nella legge 28 agosto 1997, n. 285, recante «disposizioni per la promozione di diritti e di opportunità per l'infanzia e l'adolescenza». Questa, fra l'altro, disegna un complesso sistema di relazioni fra i diversi livelli istituzionali e gli attori privati chiamati a collaborare per la realizzazione di un contesto sociale in cui i bambini e gli adolescenti possano beneficiare di una migliore qualità della vita secondo i principi della Convenzione sui diritti del fanciullo. Tuttavia, occorre rendere compatibili - ne parlavo prima con il relatore Lucchese - le disposizioni dell'articolo 1 con il nuovo titolo V della Costituzione, in particolare, con il ruolo delle regioni e degli enti locali: in questo senso ho presentato un emendamento che aggiunge queste parole alla fine dell'articolo 1: «fermo restando le competenze delle regioni e degli enti locali in materia». L'articolo 2, infine, potenzia la possibilità per lo Stato di fornire in comodato beni mobili e immobili per l'esercizio di attività previste dall'articolo 1.
A questo punto desidero avviarmi alla conclusione con l'augurio che questa legge rafforzi e valorizzi nelle loro funzioni, dotandoli di nuovi mezzi, gli oratori e gli enti similari, per far sì che possano potenziare le loro attività al servizio del


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giovane e continuare ad essere ad essere una preziosa risorsa per il nostro paese.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Di Serio D'Antona. Ne ha facoltà.

OLGA DI SERIO D'ANTONA. Signor Presidente, il tema che siamo chiamati a discutere questa sera è certamente di grande rilevanza. L'educazione dei giovani è uno dei fatti più importanti e rilevanti, perché una società che non sa prendersi cura dei propri giovani è una società che non ha futuro. In questo senso, riconosciamo l'importanza di questa proposta di legge che parla di «disposizioni per il riconoscimento della funzione sociale svolta dagli oratori parrocchiali e per la valorizzazione del loro ruolo» (su questo tema mi soffermerò più tardi), anche perché, purtroppo, la cronaca e i fatti che leggiamo sulla stampa portano alla ribalta il disagio crescente dei nostri giovani, che spesso non viene capito nelle sue origini e che purtroppo si evidenzia di frequente con fatti estremamente drammatici.
Il lavoro della Commissione ha dato i suoi frutti, anche perché questa proposta di legge affronta un tema che è uno dei contenuti della legge n. 328 del 2000, la legge di riforma dell'assistenza, alla quale la precedente legislatura ha dedicato grande impegno: questa è stata una legge molto discussa e costruita anche con la partecipazione del mondo delle associazioni.
Questa ed altre leggi approvate nella precedenza legislatura, hanno avuto come tema centrale l'educazione dei giovani e l'attenzione all'infanzia. Il comma 1 dell'articolo 4 parla di enti riconosciuti e delle confessioni religiose con le quali lo Stato ha stipulato patti. Dalla discussione in Commissione è scaturito un dibattito che ha portato ad estendere, anche alle altre confessioni religiose, quello che, inizialmente, era un provvedimento di legge che riguardava soltanto gli oratori parrocchiali. La realtà del nostro paese vede una prevalenza ed un'azione molto penetrante ed importante degli oratori parrocchiali nell'educazione e nella formazione dei ragazzi: si tratta di luoghi dove i giovani possono incontrarsi. Noi ne riconosciamo l'alto valore educativo e l'altissimo valore sociale.
La legge n. 328 del 2000 parla anche di agevolare e di promuovere l'azione, non soltanto delle realtà di cui si fanno carico e di cui sono promotrici le confessioni religiose - che pure sono importanti -, ma anche l'azione di un'ulteriore pluralità di soggetti. Infatti, la legge n. 328 del 2000 parla di organismi non lucrativi di utilità sociale, di organismi della cooperazione, delle associazioni e degli enti di promozione sociale, delle fondazioni, degli enti di patronato, di organizzazioni di volontariato e di enti riconosciuti. Vi è, quindi, l'azione di una pluralità di soggetti che sono meno presenti nel nostro territorio. Noi riconosciamo l'altissimo valore degli oratori che - come diceva un collega prima di me - sono oltre 6 mila nel nostro paese, però riteniamo anche che sia importante sostenere e promuovere l'attività di altri soggetti - di diverse confessioni religiose, ma anche laici - che pure svolgono un'attività importante. Visitando varie realtà dell'agire sociale ho avuto occasione di vedere, ad esempio, lo ZEN di Palermo dove vi sono realtà molto particolari; vi sono ragazzi che non escono da quel perimetro. In quel luogo ho visto agire dei volontari straordinari che, senza nessun interesse personale, si fanno carico di istruire e di formare dei ragazzi che non andrebbero a scuola, che non raggiungerebbero un oratorio. Credo che anche queste realtà, seppur meno presenti, debbano essere promosse e sostenute, debbano costituire un grande valore all'interno della società. Anche la legge n. 328 del 2000 è stata approvata prima della riforma del titolo V della Costituzione. La Costituzione riformata prevede che siano le regioni ad avere autorità nella scelta, nella programmazione e nella promozione di questo genere di servizi, di realtà.
Abbiamo visto come sia stato determinante il parere della Commissione Affari costituzionali che ha portato all'abolizione degli articoli 3, 4 e 5. Quindi, questa legge


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si compone ora di due articoli: il primo sancisce e riconosce la funzione sociale svolta dagli oratori e prevede la concessione di beni demaniali a questi soggetti senza oneri per lo Stato.
Noi riconosciamo che ciò sia importante ed utile; tuttavia, con un nostro emendamento, prevediamo l'estensione delle disposizioni di questo provvedimento ai soggetti previsti dall'articolo 1, comma 4, dalla legge n. 328 del 2000. Si tratta - lo ripeto - di organismi non lucrativi di utilità sociale, degli organismi della cooperazione, delle associazioni e degli enti di promozione sociale, delle fondazioni e degli enti di patronato, delle organizzazioni di volontariato e degli enti riconosciuti.
Noi, pertanto, auspichiamo un miglioramento del provvedimento in esame perché riteniamo che tali soggetti, seppur numericamente modesti, possano arricchire il contesto sociale nel quale i nostri giovani si muovono, offrendo una pluralità di interventi, e che le regioni, conosciute le realtà organizzate del loro territorio, possano individuare le vere esigenze dei ragazzi, stipulando accordi in tal senso e promuovendo detti soggetti.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Zanella, alla quale ricordo che ha a disposizione sette minuti di tempo. Ne ha facoltà.

LUANA ZANELLA. Signor Presidente, la legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali, la n. 328 del 2000, prevede all'articolo 1 comma 4 che lo Stato, le regioni e gli enti locali riconoscono e agevolano il ruolo degli organismi non lucrativi di utilità sociale, degli organismi della cooperazione, delle associazioni e degli enti di promozione sociali, delle fondazioni e degli enti di patronato, delle organizzazioni di volontariato, degli enti riconosciuti delle confessioni religiose con le quali lo Stato ha stipulato patti, accordi o intese operanti nel settore nella programmazione e nella gestione del sistema integrato di interventi e servizi sociali.
Una delle novità più importanti delle politiche sociali degli ultimi anni, che hanno trovato un quadro organico e articolato di riferimento normativo nella legge n. 328, consiste nel fatto che le strategie di azione e di intervento si rivolgono al complesso della cittadinanza ed alla cittadinanza, come parte attiva, protagonista della strategia stessa, fanno riferimento.
Il nuovo welfare, fortemente ancorato alla dimensione locale partecipativa, non si limita, come in passato, ad occuparsi prevalentemente, se non esclusivamente, dei soggetti cosiddetti deboli, in grave o gravissimo stato di necessità, di emarginazione e di esclusione. No! Si rivolge alla comunità nel suo insieme, a partire dalla considerazione basilare che tutte e tutti, ciascuna e ciascuno, possiamo, nel corso della vita, attraversare momenti di grave difficoltà, personale o familiare, e fa conto sul fatto che la comunità ha la capacità di esprimere, a fronte delle contraddizioni, delle lacerazioni dei bisogni che l'attraversano, risorse inaspettate e che difficilmente l'ente pubblico può essere in grado di supplire.
La comunità, tuttavia, da una parte, non deve sostituire il pubblico che non può declinare le proprie responsabilità istituzionali e, dall'altra, deve essere messa nelle condizioni di funzionare. Pensiamo alle famiglie sempre più filiformi, agli stili di vita e di lavoro che tendono a sviluppare fenomeni di solitudine, di isolamento, di individualismo esasperato e autoemarginazione. Pensiamo anche a cosa significa per le famiglie, per i bambini la tanta agognata e perseguita flessibilità e mobilità lavorativa o l'inseguimento acritico di modelli consumistici, spesso fini a se stessi. Questi devono poter trovare una politica capace di promuovere, sviluppare e consolidare le nuove forme di solidarietà, affinché non registri un cedimento la tenuta, spesso esile, della trama del tessuto sociale.
Sono realmente tanti gli esempi che si possono citare e che ormai fanno parte di una tradizione, oggetto di una letteratura specifica e non: i gruppi informali di auto-aiuto, la banca del tempo, il vicinato attivo.


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Con il collega Cento ho presentato una proposta di legge per contribuire fattivamente al dibattito parlamentare, nel momento in cui si intende predisporre uno dei tasselli - ne mancano purtroppo più di uno - determinanti per dare corpo e concretizzare la legge n. 328 del 2000. Il testo scaturito dal lavoro della Commissione, se da una parte accoglie le proposte emendative e si avvicina, per aspetti importanti, di più probabilmente allo spirito e alla lettera dell'articolo 4 della legge-quadro, rischia, se non viene ulteriormente emendato e opportunamente implementato attraverso le proposte che abbiamo presentato, la deriva dell'inefficacia, della genericità e della mera intenzionalità. Ricordiamo che a norma dell'articolo 22, comma 1, lettera c), della legge n. 328, ripreso integralmente all'interno del piano nazionale 2001- 2003, al punto intitolato «Consolidare e rafforzare le risposte per l'infanzia e l'adolescenza», gli interventi per la promozione dell'infanzia e dell'adolescenza, quelli a sostegno dei minori in situazione di disagio, rientrano nei livelli essenziali delle prestazioni sociali, secondo le finalità previste dalla legge n. 285 del 1997, in coerenza con la Convenzione Onu sui diritti del fanciullo.
L'articolo 3, comma 1, della legge n. 285, come è noto, prevede che vi sia un piano territoriale di intervento per l'infanzia e l'adolescenza: uno strumento che deve essere naturalmente coerente e connesso con gli altri strumenti strategici di programmazione locale, previsti dalla legge n. 328, ovvero il piano di zona, la carta dei servizi e quant'altro.
Attori di questo piano devono essere quelli istituzionali e quelli della società civile. Il sistema territoriale ha negli oratori parrocchiali uno dei ruoli centrali per l'aggregazione e la socializzazione dei giovani e delle giovani, nonché dei giovanissimi.
Si tratta spesso dell'unica realtà operante in situazioni di grande marginalità, disagio economico, sociale e culturale. Realtà in cui - questo è molto importante - la sollecitudine ed il desiderio di agire utilmente e positivamente per la propria comunità trova espressione.
Per questo riteniamo indispensabile che le regioni si impegnino nell'individuazione delle forme e dei modi per consentire agli enti religiosi che operano sul territorio per la promozione di socialità giovanile e infantile, per l'educazione e la formazione, per la prevenzione ed il contrasto del disagio e dell'emarginazione, di agire in modo coordinato, programmato e verificabile.
Si tratta, in conclusione, di costruire una rete integrata in grado di monitorare il territorio, di attivare lo scambio di conoscenze, di concertare, coprogrammare, sottoponendosi anche a verifiche per la ricalibratura dell'azione.
Per questo è impensabile che, a fronte di tale pretesa, non si faccia in modo di fornire garanzie, certezze, supporti e risorse ai soggetti, non solo agli oratori parrocchiali, che sono già operanti sul territorio e che producono autonomamente attività di utilità sociale collettiva. Perché il motto di Don Milani «sortirne insieme», possa avere ovunque nel paese una traduzione pratica e non episodica, né accidentale.

PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Valpiana, iscritta a parlare: s'intende che vi abbia rinunziato.
È iscritta a parlare l'onorevole Castellani. Ne ha facoltà.

CARLA CASTELLANI. Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghe e colleghi, la proposta di legge oggi in discussione, inerente alla valorizzazione sociale degli oratori, è un provvedimento importante nella sua valenza etico-sociale, perché permette di riconoscere la specificità dell'attività degli oratori e delle attività similari valorizzandone la funzione sociale ed educativa e li annovera a pieno titolo tra i soggetti abilitati dallo Stato ad agire nel campo degli interventi a favore dei giovani e a sostegno delle famiglie.
Con questo provvedimento, infatti, viene data giusta e concreta rilevanza al


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disposto del comma 4 dell'articolo 1 della legge n. 328 del 2000, ai sensi del quale lo Stato, le regioni e gli enti locali riconoscono ed agevolano il ruolo degli enti e delle confessioni religiose con le quali lo Stato ha stipulato accordi o intese, al fine di realizzare un sistema integrato di interventi e di servizi sociali.
È un provvedimento doveroso ed opportuno anche da parte di questo Parlamento, considerando che gli oratori e le altre realtà parrocchiali hanno da sempre rappresentato, con la loro peculiare azione svolta nella società, un riferimento importante come momento aggregativo di formazione e di crescita culturale e sociale, soprattutto in presenza di grandi cambiamenti che hanno attraversato e più ancora oggi attraversano la nostra società.
Credo nessuno possa negare come le istituzioni ecclesiastiche e confessionali, attraverso l'attività degli oratori o attività similari, si siano sempre mosse facendosi carico di interventi in molteplici ambiti sociali a favore di bambini, adolescenti, giovani o famiglie, soprattutto le più svantaggiate ed esposte, quindi, a rischio di devianza e di emarginazione, svolgendo perciò un ruolo decisivo nel ridurre le aree del disagio sociale del nostro paese. Ma altrettanto doverosamente va loro riconosciuto anche un ruolo insostituibile nel far vivere a tanti giovani, oggi come ieri, momenti decisivi per la loro crescita culturale e umanistica, facendo loro scoprire cosa è la comunità umana, i valori di riferimento, la solidarietà, il volontariato e, perché no, facendo loro intraprendere un cammino di fede nello spirito della dottrina sociale della Chiesa, favorendo un prezioso sostegno nella formazione di cittadini consapevoli e responsabili, in grado di leggere il mondo attraverso la riflessione ed il dialogo aperto a tutti, senza discriminazioni di razza o di religione, realizzando così un baluardo nei confronti dei rischi dell'emarginazione, sia sociale che etnica, e della devianza minorile.
Inoltre, la presente proposta di legge intende anche rispondere ai contenuti della legge n. 285 del 1997, recante disposizioni per la promozione dei diritti e delle opportunità per l'infanzia e adolescenza, in particolare nella parte in cui auspica il coinvolgimento degli enti locali, delle istituzioni pubbliche e private, sviluppando così sul territorio, nel rispetto delle competenze di ciascuno, una rete di interventi che rispettino la sensibilità culturale di tutti.
Pertanto, Alleanza nazionale è favorevole a questo provvedimento, ritenendo che l'attenzione alla dimensione culturale, umanistica e sociale nell'educazione dei giovani rappresenti un'esigenza inderogabile ed un preciso dovere, nella convinzione profonda che l'azione integrata e convergente dei diversi soggetti della società civile in favore del complesso mondo giovanile non possa che costituire una preziosa occasione di crescita per tutti.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

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