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PRESIDENTE. La ripartizione dei tempi
riservati alla discussione sulle linee generali del disegno di legge è pubblicata in calce al vigente calendario dei lavori (vedi resoconto stenografico della seduta del 30 maggio 2002).
Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle modifiche introdotte dal Senato.
Informo che il presidente del gruppo parlamentare Democratici di sinistra-l'Ulivo ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del regolamento.
Avverto che la I Commissione (Affari costituzionali) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore, onorevole Carrara, ha facoltà di svolgere la relazione.
NUCCIO CARRARA, Relatore. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il provvedimento in esame, che torna alla Camera in terza lettura, reca per oggetto la delega per la riforma dell'organizzazione del Governo, della Presidenza del Consiglio dei ministri, nonché di enti pubblici. Il Senato ha apportato alcune modifiche al testo licenziato dalla Camera, ma anche alcune aggiunte. Passo subito ad esaminare il testo articolo per articolo.
L'articolo 1, di cui si è ampiamente detto durante la prima lettura in questo ramo del Parlamento, reca delega al Governo per l'adozione dei decreti legislativi ai sensi della cosiddetta legge Bassanini 1. Le modifiche apportate dal Senato riguardano un richiamo alle province autonome di Trento e Bolzano, per aggiungerlo al richiamo alle regioni contenuto nel precedente testo, ed infine fa riferimento alla legge finanziaria per il 2002 - in particolare, all'articolo 28 -, che reca anch'essa delega al Governo per il riordino degli enti pubblici, delle agenzie e di altre amministrazioni dello Stato.
L'articolo 2 riguarda le procedure per la trasformazione e la soppressione di enti pubblici. Si tratta del frutto di un emendamento del Governo presentato al Senato e, pertanto, rappresenta un nuovo articolo. Esso richiama di nuovo l'articolo 28 della legge finanziaria e introduce un nuovo termine per l'emanazione di regolamenti di delegificazione. Inoltre, ai fini dell'attuazione di interventi di soppressione e trasformazione di enti pubblici e di agenzie, prevede che il ministro dell'economia e delle finanze si avvalga della cosiddetta «struttura interdisciplinare», che comunque non è stata ancora varata.
L'articolo 3 reca disposizioni transitorie per gli uffici di diretta collaborazione del ministro. In realtà, si tratta di dotare i viceministri di uffici propri; poche modifiche sono state introdotte dal Senato, in particolare per il numero dei componenti degli uffici: infatti, mentre nella precedente lettura si diceva che avrebbe dovuto
essere pari al triplo di quello previsto per le segreterie dei sottosegretari di Stato, adesso si dice che è riservato ai viceministri un contingente di personale fino al triplo. Si sottolinea poi che tale contingente, per la parte eccedente quello spettante ai sottosegretari di Stato, si intende compreso nel contingente complessivo del personale degli uffici di diretta collaborazione di ciascun ministro. Viene eliminato il diritto di ciascun viceministro di avvalersi del complesso degli uffici del ministro per l'esercizio delle funzioni delegate, come era stabilito nel precedente testo. Si sottolinea, inoltre, che il viceministro può nominare e non nomina tout court alcune figure della sua segreteria, quali il capo della segreteria, il segretario particolare, un responsabile della segreteria tecnica, un addetto stampa, ove occorra, un responsabile per gli affari internazionali ed altre figure.
L'articolo 4 è stato interamente introdotto dal Senato e, praticamente, sopprime la prevista ineleggibilità per l'elezione agli organi degli enti locali dei capi di gabinetto dei ministri.
L'articolo 5 rimane sostanzialmente invariato: il Senato preferisce utilizzare, con riferimento ai decreti legislativi, il termine «adottare» anziché « emanare».
L'articolo 6 riguarda la delega per il riordino di emolumenti di natura assistenziale: è praticamente identico a quello approvato dalla Camera, salvo l'uso del termine «adottare» al posto di «emanare».
L'articolo 7 rimane invariato con le osservazioni poc'anzi svolte e riguarda la delega per la riforma degli organi collegiali della pubblica istruzione di livello nazionale e periferico.
L'articolo 8 è stato introdotto dal Senato attraverso un emendamento del Governo e riguarda il fondo di perequazione dei magistrati amministrativi. Tale fondo, attualmente, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 400 del 1993, è costituito da quote degli emolumenti percepiti dai magistrati per la partecipazione a collegi arbitrali. Adesso, è anche alimentato da emolumenti indicati dal citato articolo 8, nonché dalle somme dovute a titolo di compenso per lo svolgimento di incarichi conferiti dal Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa. Il comma 1 attribuisce al segretario generale della giustizia amministrativa compiti di gestione del fondo perequativo e previdenziale. Il comma 2 stabilisce che le somme dovute sono versate al lordo delle ritenute fiscali e previdenziali alla competente struttura del segretariato generale della giustizia amministrativa, secondo modalità da definirsi con regolamento di contabilità adottato dal Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa. Il comma 3 reca norme riguardanti il riparto dei compensi tra i magistrati che hanno svolto incarichi extragiudiziari; questo riparto viene effettuato dal segretario generale sulla base dei criteri stabiliti dal consiglio di presidenza della giustizia amministrativa. Il comma 4 dispone, infine, che la parte residua del fondo sia periodicamente ripartita fra tutti i magistrati amministrativi.
L'articolo 9, rubricato «Delega per l'emanazione del testo unico delle disposizioni legislative vigenti concernenti la minoranza slovena della regione Friuli-Venezia Giulia», è rimasto praticamente invariato. L'articolo 10, rubricato «Delega per il riassetto e la codificazione in materia di beni culturali e ambientali, spettacolo, sport, proprietà letteraria e diritto d'autore», è stato abbondantemente rivisitato dal Senato; mi sforzerò di svolgere - spero con chiarezza e brevità - l'esame di questo articolo. Rimane ferma la delega al ministro dei beni e delle attività culturali a adottare decreti legislativi entro 18 mesi dall'entrata in vigore della presente legge: questa facoltà, però, viene limitata alla lettera a) che riguarda specificamente ed esclusivamente beni culturali ed ambientali.
Le altre lettere rimangono invariate. Il comma 2 introduce un riferimento esplicito agli articoli 117 e 118 della Costituzione affinché, a scanso di equivoci, non vi sia confusione tra i poteri dello Stato e quelli della regione. In particolare, l'articolo 118 della Costituzione prevede un
coordinamento tra le leggi dello Stato e quelle delle regioni per la tutela dei beni culturali.
La lettera c), che riguarda il miglioramento dell'efficacia degli interventi concernenti i beni e le attività culturali, subisce qualche piccola modifica che chiarisce meglio la portata della norma; al riguardo, si afferma che bisogna chiaramente indicare le politiche pubbliche di settore, anche ai fini di una significativa e trasparente impostazione del bilancio e si introduce il principio, più volte richiamato, dello snellimento e dell'abbreviazione dei procedimenti, adeguando le nuove procedure alla tecnologia informatica.
La lettera d), che riguarda i beni culturali ed ambientali, in ordine alla conservazione e alla protezione degli stessi, nonché ai servizi, portando avanti ciò che, ormai, nella legislazione è un principio ricorrente di apertura verso altri organi che non siano lo Stato, prevede che queste attività possano essere svolte da fondazioni, anche non abrogando strumenti che attualmente esistono e, comunque, nel rispetto di accordi internazionali. Si prevede, inoltre, che sia dato più spazio e sia garantita maggiore agibilità alle imprese artigiane che vogliano concorrere agli appalti pubblici in maniera da utilizzare la loro comprovata specializzazione ed esperienza, ove ovviamente esista. Si fa riferimento, inoltre, agli organi consultivi e si ristabilisce il principio, ormai ricorrente, della separazione delle funzioni fra amministrazione e politica, ponendo attenzione ai profili di incompatibilità.
La lettera e) riguarda la cinematografia, il teatro e la musica, mentre la lettera g), alla quale non si sono apportate sostanziali modifiche, riguarda la proprietà letteraria ed il diritto di autore. In questo caso si fa riferimento al rispetto dei principi dettati dalla cosiddetta prima legge Bassanini e si prevede un'armonizzazione della legislazione ai principi generali a cui si ispira l'Unione europea in materia di diritto d'autore e di diritti connessi.
Il comma 3 prevede che i decreti legislativi di cui al comma 1 indichino esplicitamente le disposizioni sostituite o abrogate, disponendo anche un richiamo all'applicazione dell'articolo 15 delle disposizioni sulla legge in generale, premesse al codice civile. Ciò significa che, laddove non si fosse esplicitamente indicata la legge da abrogare, rimarrebbe in vigore l'articolo 15 nel quale esplicitamente si afferma che le leggi non sono abrogate che da leggi posteriori per dichiarazione espressa del legislatore o per incompatibilità tra le nuove disposizioni e quelle precedenti o perché la nuova legge regola l'intera materia già regolamentata dalla legge anteriore. In ordine ai pareri, si aggiunge anche che debba essere sentita la Conferenza unificata ed il Consiglio di Stato oltre che, ovviamente, le Commissioni parlamentari competenti per materia.
L'articolo 11, introdotto dal Senato in seguito all'approvazione di un emendamento del Governo, riguarda l'ufficio per l'attività normativa ed amministrativa di semplificazione delle norme e delle procedure. Si tratta di un ufficio di nuova istituzione che sostituisce il nucleo per la semplificazione delle norme e delle procedure di cui all'articolo 3 della legge 8 marzo 1999, n. 50, al fine di semplificare l'organizzazione e di avere una spesa minore. Sono, comunque, fatti salvi i compiti del vecchio nucleo (rimane, quindi, invariata l'analisi dell'impatto sulla regolamentazione). Si fa, inoltre, riferimento alla predisposizione di sistemi informatici e all'assunzione di esperti che possono essere scelti anche fra soggetti esterni alle amministrazioni dello Stato.
Ovviamente ai dirigenti che rimanessero privi di lavoro verrà attribuito un altro incarico e il personale dirigenziale sarà invece mantenuto nella posizione giuridica preesistente.
L'articolo 12, introdotto al Senato su proposta del Governo, riguarda il trasferimento di uffici all'agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici. Gli uffici in questione sono quelli della biblioteca e della documentazione, già assegnati ai sensi dell'articolo 10, comma 6, del decreto legislativo 30 luglio 1999, nell'ambito dell'ufficio per il sistema informativo
unico, presso il dipartimento per l'innovazione e le tecnologie della Presidenza del Consiglio dei ministri. In sostanza qui rimarrebbero soltanto i due uffici dell'informatica e della telematica e quello delle telecomunicazioni.
L'articolo 13, sempre introdotto al Senato su proposta del Governo, reca la delega per il riordino delle disposizioni in tema di parità e pari opportunità.
Il Governo è delegato ad adottare, entro 18 mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi per il riordino delle disposizioni in tema di parità e pari opportunità che si dovranno attenere ai seguenti criteri: in primo luogo, razionalizzazione degli organismi titolari di competenze generali in materia di pari opportunità tra uomo e donna che operano a livello nazionale, con accorpamento di funzioni e riduzione dei componenti; in secondo luogo, ricondurre alla Presidenza del Consiglio dei ministri la funzione di coordinamento delle attività svolte da tutti gli organismi titolari di competenze generali in materia di pari opportunità.
Vorrei ricordare che tali organismi sono diversi e collocati presso diversi ministeri. Con tale norma si intende ricondurre il coordinamento alla Presidenza del Consiglio per una maggiore efficienza dell'azione normativa
L'articolo 14 prevede interventi correttivi all'organizzazione del settore della ricerca in agricoltura. Tale articolo contiene soltanto una modifica che riguarda il consiglio scientifico degli istituti di ricerca. Tale consiglio scientifico...
PRESIDENTE. Onorevole Carrara, le restano 20 secondi di tempo a disposizione.
NUCCIO CARRARA, Relatore. ...è stato incrementato nel numero, essendo la composizione passata da 5 a 7 unità. Una di queste unità di nomina del ministro verrà designata dalla Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano. Credo di essere stato esauriente.
PRESIDENTE. Sì, onorevole Carrara, è stato nel tempo assegnato. La ringrazio.
Ha facoltà di parlare il sottosegretario di Stato per la funzione pubblica e il coordinamento dei servizi di informazione e sicurezza, senatore Saporito.
LEARCO SAPORITO, Sottosegretario di Stato per la funzione pubblica e il coordinamento dei servizi di informazione e sicurezza. Signor Presidente, intervengo brevemente ringraziando il relatore che ha sintetizzato le modifiche apportate al Senato, che non sono significative, non innovando l'impianto che era stato approvato da questo ramo del Parlamento.
Vorrei inoltre aggiungere che si tratta della seconda legge che, nella strategia del Governo, attiene alla riqualificazione della pubblica amministrazione. Con la legge sulla dirigenza, approvata la settimana scorsa in via definitiva dalla Camera dei deputati, si sono dettate norme sull'ordinamento della dirigenza e del personale. La delega oggetto di questo disegno di legge attiene invece all'organizzazione.
Vorrei ricordare che si tratta di utilizzare gli stessi criteri direttivi contenuti nella legge n. 59 del 1997. Non si sconvolge quindi l'ispirazione dell'organizzazione del Governo e degli enti pubblici, ma si aggiornano, alla luce dell'esperienza svolta con la prima attuazione della cosiddetta legge Bassanini, quelle normative che allora furono frutto di un'intuizione e che, dopo un'analisi, richiedono una serie di modifiche ed integrazioni che, pur lasciando inalterata la precedente ispirazione ed i criteri direttivi contenuti nella legge Bassanini, sono richieste dalla realtà che questo nostro paese ci offre e dalla necessità di governare l'ordinamento amministrativo del nostro paese.
Sono state ricordati dal relatore sia i principali aspetti problematici sia le modifiche più significative. Vorrei soffermarmi semplicemente su quelle contenute nelle articoli 10, 11 e 13.
L'articolo 10 integra l'intuizione della Commissione cultura, scienza e istruzione della Camera dei deputati, contenuta nel parere inviato alla Commissione competente
di merito (la Commissione affari costituzionali): esso rappresenta la sostanza dell'intuizione e dei suggerimenti espressi dalla VII Commissione della Camera. La stessa cosa è avvenuta al Senato: quelle indicazioni sono state oggetto di attenzione di un parere forte, rafforzato della Commissione istruzione del Senato e, quindi, sono state fatte proprie dal Senato stesso.
L'articolo 11 - su questo ho sentito qualche critica - sopprime il nucleo per la semplificazione delle norme e delle procedure previsto presso la Presidenza del Consiglio. Anche questa, se si vuole, è un'operazione di semplificazione e di accorpamento: si sostituisce il nucleo costituito presso palazzo Chigi e si istituisce un ufficio con due servizi presso il Dipartimento della funzione pubblica, con uffici di supporto in materia di semplificazione delle norme e delle procedure. Per mantenere la continuità di visione e di decisione in materia di semplificazione delle norme e delle procedure, rispetto al nucleo di semplificazione soppresso, a fini di collaborazione nelle suddette attività, sono nominati 18 esperti nell'ambito del personale del precedente nucleo di semplificazione.
L'articolo 13 - e ho concluso, signor Presidente - come è stato ricordato dal relatore, riguarda disposizioni in tema di parità e pari opportunità. Il Governo, con questo articolo, chiede la delega, stabilisce la durata e l'oggetto della competenza normativa che vuole esercitare, ma anche i vincoli a cui vuole attenersi nell'esercizio della delega stessa, nell'osservanza di precise direttive contenute in questo articolo.
So che vi sono dei dubbi, oggetto della questione pregiudiziale presentata dai colleghi Bressa ed altri. Non sta a me decidere, domani quest'Assemblea discuterà la pregiudiziale, ma devo dire soltanto - come è stato già detto in I Commissione - che con questo articolo non si tocca la sostanza, non si snaturano la normativa, gli atti e i provvedimenti in materia di pari opportunità, poiché l'oggetto è molto più limitato: si tratta innanzitutto, di creare un punto di coordinamento presso la Presidenza del Consiglio dei ministri. Mi sembra una cosa giustissima: la questione delle pari opportunità tra uomo e donna ha assunto, nelle iniziative legislative ed anche nell'attenzione del Governo e del Parlamento, un'importanza tale che è giusto prevedere un momento di raccordo a livello centrale, dato che alla Presidenza del Consiglio dei ministri, secondo la Costituzione, spetta il coordinamento degli affari più significativi della nostra società. In secondo luogo, non si vogliono togliere persone o cose: si vogliono semplicemente semplificare, accorpare, ridurre gli organismi che, ormai in numero pletorico, si occupano delle medesime cose. Mi sembra sia corretto che, in un provvedimento che propone la semplificazione, l'accorpamento ed anche la soppressione di organismi che possono essere contenuti in un numero più limitato, si faccia ordine, riducendo tali organismi ad un numero tale che possa giustificare il compito da portare avanti.
Queste erano le osservazioni che mi riservavo di fare, chiedendo a quest'Assemblea un dibattito, pronto ad ascoltare tutte le indicazioni che emergeranno, ma auspicando che, dopo tanti mesi di discussione fra i due rami del Parlamento, questa legge possa essere approvata.
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Cima. Ne ha facoltà.
LAURA CIMA. La ringrazio, signor Presidente. Con il mio intervento non entrerò nel merito dell'affermazione che il Governo ha fatto poc'anzi: vale a dire che questo disegno di legge non sarebbe altro che un ammodernamento della legge n. 59 del 1997, senza cambiarne assolutamente lo spirito. Né tanto meno entrerò nel merito di alcuni articoli particolarmente delicati, come l'ex articolo 7, diventato articolo 10 (Delega per il riassetto e la codificazione in materia di beni culturali e ambientali, spettacolo, sport, proprietà letteraria e diritto d'autore) o l'articolo 11, che sopprime il nucleo per la semplificazione delle norme, perché, anche per il poco tempo che abbiamo, rimando l'espressione
della posizione del nostro gruppo alla fase dell'esame degli articoli e delle relative proposte emendative che abbiamo presentato, in modo che il dibattito sia anche più concreto.
Voglio soffermarmi, in particolare, sull'articolo 13 che il nostro gruppo ha criticato nel momento in cui lo stesso è stato introdotto - in modo inopportuno rispetto al contenuto del provvedimento - durante l'esame al Senato e sul quale ha presentato una pregiudiziale che precedentemente il rappresentante del Governo ed alcuni colleghi hanno citato.
L'articolo 13 è assolutamente fuori luogo, sbagliato nello spirito e addirittura viziato rispetto alle prescrizioni di cui all'articolo 76 della Costituzione in materia di esercizio della delega legislativa, alle quali il Governo dovrebbe attenersi, per un motivo molto semplice: il provvedimento al nostro esame ha come oggetto una riforma organizzativa dell'amministrazione, al suo più alto livello, ossia del Governo, della Presidenza del Consiglio dei ministri nonché di enti pubblici.
L'articolo 13 chiama in causa una serie di leggi nazionali che hanno disciplinato la nascita di alcuni organismi in materia di pari opportunità. Una delle più importanti è quella che istituisce la commissione pari opportunità presso la Presidenza del Consiglio - presieduta dalla dottoressa Marina Piazza -, di cui faccio parte. Tale commissione - proprio nello spirito con cui è stata fondata e nello spirito costitutivo della legge - dovrebbe garantire la rappresentazione di tutte le istanze provenienti dalla società e dalle forze politiche, senza divisioni tra posizioni governative o d'opposizione. Questo è il senso della citata legge, istitutiva di un organismo che ha sempre funzionato proprio perché al suo interno le donne, al di là della loro appartenenza a partiti, ai diversi settori del mondo imprenditoriale e sindacale, alle associazioni rappresentative (addirittura, sono presenti cinque donne nominate per particolari meriti storico-culturali nel paese), hanno sempre lavorato per suggerire alle forze politiche, alle associazioni, al Governo, alle forze sindacali ed imprenditoriali il modo per migliorare la situazione delle donne in Italia, in tema di parità e pari opportunità. Questo organismo, inoltre - in base a tale legge - non decade alla conclusione della legislatura; esso ha una vita autonoma, funge da raccordo con la società. È un organismo che svolge funzioni consultive rispetto alla Presidenza del Consiglio.
Presso i ministeri sono nati, in questo senso, altri organismi. La legge n. 125 del 1981 ha istituito il comitato per le pari opportunità presso il Ministero del lavoro, presieduto dal ministro del lavoro. La legge n. 215 del 1992 ha istituito un comitato analogo presso il Ministero delle attività produttive.
Ci troviamo in una situazione in cui non è stato preparato alcunché. Non vi è stata, infatti, alcuna consultazione da parte di chi, nel Governo, ha proposto l'articolo 13. Inoltre, nonostante in Commissione sia stata presentata la richiesta di audire questi organismi, questa è stata negata, ed in modo inspiegabile, considerato che non vi era una particolare urgenza; è passato molto tempo, infatti, da quando questi organismi hanno chiesto di essere auditi alla presentazione del provvedimento in aula. Non vi era alcuna fretta di concludere l'esame del provvedimento se si volevano fare le cose in modo sensato.
Quindi, muovo una critica severa anzitutto dal punto di vista dell'opportunità costituzionale circa il fatto di ricomprendere in un provvedimento di questo tipo la possibilità per il Governo di cambiare leggi vigenti che, tra le altre cose, hanno determinato la nascita di organismi e della stessa politica per le pari opportunità (ad esempio, hanno determinato molte azioni positive e, in particolare, hanno favorito l'imprenditoria femminile, normalmente con successo).
Attraverso gli interrogativi che seguono, pongo però anche un problema di metodo. Come si pensa di fare le riforme in un momento in cui le donne, che pure si propongono come soggetti vivi della società, non hanno il giusto riconoscimento nelle istituzioni elettive e nei governi (purtroppo,
le ultime elezioni amministrative hanno nuovamente confermato questo dato drammatico)? Come si pensa di razionalizzare organismi titolari di competenze generali in materia di parità e di pari opportunità tra uomo e donna che operano a livello nazionale che sono nati in uno specifico contesto storico, che hanno avuto una certa evoluzione e dietro i quali vi sono precise motivazioni culturali e politiche? Sicuramente, tali organismi vanno aggiornati e meglio coordinati (questo nessuno lo nega); ma come può pensare di farlo il Governo d'autorità, senza neanche sentirli, senza conoscerne la storia e senza capire bene, quindi, che senso abbia intervenire? Come si rifletterà l'iniziativa su tutti quegli organismi che, sulla base dell'ordinamento precedente, si sono riorganizzati a livello locale, ancora di più con il federalismo? Anche a livello locale si pretende di imporre alle regioni di cambiare tutto l'ordinamento delle pari opportunità?
Inoltre, siccome la ministra Prestigiacomo non ha fatto mistero di essere l'ispiratrice di questa richiesta di delega, gli altri ministri cui fa capo una competenza specifica in materia - il ministro del lavoro, il quale addirittura presiede un comitato, ed il ministro delle attività produttive (ma non si tratta degli unici casi) - perché dovrebbero cedere prerogative istituite con legge...
PRESIDENTE. Onorevole Cima...
LAURA CIMA. ...ad un altro ministro che non è sicuramente più importante (se non altro perché è senza portafoglio)?
Non mi dilungo, infine, sull'opportunità di prevedere una riforma condizionata dai vincoli di cui al comma 2 del citato articolo 13, ai sensi del quale i predetti decreti legislativi non possono determinare maggiori spese. In sostanza, siamo di fronte ad una riforma che, non stanziando alcunché, certamente non può migliorare la situazione dei menzionati organismi e, quindi, non può farli lavorare meglio; al contrario, accorpandoli e riducendoli, riduce non solo le spese ma, con esse, la ricchezza attuale. Le donne sono molto allarmate, negli organismi e nella società.
Per i motivi fin qui esposti, noi chiediamo che questo articolo 13 venga stralciato. Grazie, Presidente.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.
RICCARDO MARONE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, noi abbiamo più volte censurato la previsione di provvedimenti contenenti una pluralità di deleghe.
In particolare, qui alla Camera, in prima lettura, avevamo censurato anche questo provvedimento che oggi ritorna al nostro esame. In questo caso, la censura non proveniva solo dall'opposizione, ma anche dal Comitato per la legislazione, il quale aveva rilevato l'esistenza, nel disegno di legge, di norme totalmente disomogenee e senza alcuna unitarietà.
Inoltre, abbiamo più volte rilevato che, se l'articolo 72 della Costituzione prevede che l'esame dei provvedimenti legislativi vada fatto attraverso Commissioni, è ovvio che essa vuole che l'approfondimento istruttorio venga fatto nelle Commissioni competenti per materia. Spesso si verifica, invece, che una Commissione, in questo caso la I (Affari costituzionali), si occupi di materie che nulla hanno a che vedere con la sua competenza.
Il Governo intitola il provvedimento: «Delega per la riforma dell'organizzazione del Governo» ma, in realtà, in esso si parla tantissimo di altre cose e molto poco di riforma dell'organizzazione del Governo. Nonostante le critiche fatte in sede di Comitato per la legislazione, già nel corso dell'esame degli emendamenti e della discussione presso questo ramo del Parlamento, il provvedimento legislativo aumentò di due, tre articoli nella sua stesura finale, prevedendo ulteriori norme. Nel ritornare in questa Assemblea, dopo l'esame svoltosi in Senato, verifichiamo addirittura che il provvedimento, originariamente formato da cinque articoli, è diventato di ben 14 articoli, e che è stata prevista una serie di ulteriori normative e, come sempre, anche di ulteriori deleghe -
non dimentichiamo che contemporaneamente stiamo discutendo in Commissione affari costituzionali la cosiddetta legge di semplificazione, che prevede altre nove delega al Governo - in tutta una serie di altre materie. Credo che questo uso eccessivo della delega legislativa, specialmente in un sistema maggioritario, espropri il Parlamento della sua funzione, e lo espropria tanto più se andiamo poi a verificare il contenuto delle deleghe che vengono date. Ci accorgiamo così che nelle norme proposte dal Governo noi abbiamo più che altro una definizione degli oggetti, senza però che venga soddisfatto il requisito fondamentale previsto dall'articolo 76, cioè l'individuazione dei criteri e dei principi generali.
La gran parte di queste norme, invece, è del tutto generica e dà facoltà al Governo di disciplinare la materia nella maniera più dettagliata possibile senza aver avuto criteri e principi generali dal Parlamento. Credo che, probabilmente, questo argomento potrà essere finalmente motivo di approfondimento da parte della Corte costituzionale, che invece, sotto profilo dell'articolo 76, è sempre stata un po' avara. La giurisprudenza della Corte costituzionale, infatti, non è particolarmente rilevante su questo punto, perché nel passato non si è fatto un uso eccessivo di delega legislativa; invece, oggi come oggi, credo che il problema si ponga in tutta la sua rilevanza ed importanza. Non c'è stato questo abuso perché nei manuali si leggeva giustamente che la delega legislativa poteva essere concessa in quelle materie in cui era necessaria la conoscenza degli argomenti da parte delle burocrazie ministeriali, dicendosi, in altre parole, che il Parlamento dà gli indirizzi, i criteri e i principi generali, di natura generale e politica, poi in quelle materie, in cui serve la conoscenza tecnica degli argomenti e delle questioni, è indispensabile che intervengano le burocrazie ministeriali e, quindi, il Governo. Tutto questo, oramai, è completamente stravolto; in realtà, oramai, il potere legislativo si sta trasferendo al Governo e noi, in queste aule, ci limitiamo ad approvare generiche deleghe, abbastanza vuote di contenuto.
Premesso questo, vorrei dire anche che l'inclusione di alcune materie in alcuni articoli al Senato lascia un po' sorpresi, sia perché non si vede che cosa c'entrino con l'organizzazione del Governo sia perché alcune di queste materie, certamente, pongono problemi di contraddittorietà nella politica del Governo.
Prendo ad esempio l'articolo 4, così come inserito nel testo modificato dal Senato della Repubblica, nel quale il Governo prevede ipotesi di ineleggibilità e di incompatibilità, mostrandosi particolarmente sensibile al tema del conflitto di interessi (cosa che in questa Assemblea abbiamo verificato fosse tutt'altro che vera). Ho letto la scheda preparata e devo dire che in essa vengono dette cose assolutamente pacifiche in dottrina. Infatti, si dice: le cause di ineleggibilità sopra previste sono ispirate al criterio di impedire che un candidato, avvalendosi delle sue funzioni, possa esercitare un'influenza sugli elettori nell'esercizio del proprio diritto di voto. Le stesse condizioni soggettive del candidato potrebbero, una volta che sia stato eletto, influire in maniera determinante sulla funzione che è chiamato a svolgere.
Quando poi, sempre nel dossier predisposto dal servizio studi, viene data la definizione di «ineleggibilità» si dice che questa può essere causata da situazioni di influenza sugli elettori, conflitti di funzioni, conflitto di interesse. In quest'aula tutti la pensiamo in questo modo, tranne il Presidente del Consiglio e il ministro della funzione pubblica. Non vorrei che i redattori di questa scheda tecnica, che hanno scritto una cosa assolutamente pacifica in dottrina, la pensassero diversamente dal Presidente del Consiglio. In questi giorni abbiamo visto quanto ciò sia particolarmente grave, tanto che illustri giornalisti sono stati sanzionati, addirittura, con l'esclusione dalle televisioni pubbliche. Tuttavia, mi sembra certamente paradossale che, sia nell'articolo 2 della cosiddetta legge Frattini sul conflitto di
interessi sia in questo disegno di legge, il Governo sia così sensibile al tema del conflitto di interessi e dell'ineleggibilità, con riferimento a tutti i soggetti: i dirigenti dello Stato, il capo della polizia, gli ispettori generali, i dipendenti civili che svolgono funzioni di direttore generale e così via. È paradossale come il Governo si preoccupi che tutte le categorie possibili ed immaginabili possano, in qualche maniera, influenzare il voto degli elettori e la funzione da loro svolta, mentre, poi, si sostiene che altri soggetti, nonostante alcune evidenti situazioni di conflitto di interessi, non hanno alcuna possibilità di influenzare il voto degli elettori o la funzione che svolgeranno. Veramente, siamo di fronte ad un paradosso.
Ciò detto vorrei sottolineare anche altri aspetti che mi sembrano evidenziare, quanto meno, una produzione legislativa disordinata. Al Senato viene introdotto un articolo (l'articolo 11) che disciplina la semplificazione amministrativa. Se non ricordo male, c'è un disegno di legge, già approvato dal Senato, in discussione, in questo momento, alla Camera, che si occupa, esattamente, di questo tema. Dunque, se si intende porre in atto una semplificazione amministrativa, uno dei principi fondamentali da seguire è la riunificazione delle materie in modo tale che chi le consulterà potrà ben comprenderle e procedere alla semplificazione dei procedimenti. Vorrei capire quale sia la ratio che sta dietro l'approvazione al Senato della legge di semplificazione amministrativa del 2001 e dietro l'inclusione, in questo disegno di legge, di una norma che, guarda caso, va a modificare la legge di semplificazione del 1999. Certamente la sedes materiae era un'altra. Se in sede di approvazione della legge di semplificazione il Senato non aveva potuto approvare tale norma, avrebbe potuto approvarla questo ramo del Parlamento, ma si preferisce inserirla in un disegno di legge riguardante tutt'altro argomento. Mi sembra che, alla fine, questo provvedimento sia un po' una sorta di treno a cui vengono agganciati vagoni che riguardano tutte le materie, come accade, ad esempio, per i giudici amministrativi. Nel testo al nostro esame, infatti, viene prevista una norma che disciplina, per i giudici amministrativi, le modalità di divisione degli introiti da arbitrati. Mi sembra un tema fondamentale e certamente pertinente all'organizzazione del Governo! Io dubito addirittura che si tratti di materia legislativa e mi chiedo se non basterebbe, invece, una norma regolamentare. Anche in questa occasione assistiamo, continuamente, a provvedimenti di rilegificazione sulla base della tesi, peraltro esposta la settimana scorsa in Commissione, che il procedimento legislativo è più rapido del procedimento delegificato. Se questo fosse vero, sarebbe un paradosso del nostro ordinamento. In ogni caso, certamente, la velocità dei tempi di approvazione non può modificare la natura del provvedimento o giustificare una rilegificazione di materie già delegificate, come, lo ripeto, è stato dichiarato in Commissione, la scorsa settimana, a proposito di un altro provvedimento.
Non mi soffermo sull'inserimento, che giudico inopportuno, dell'articolo in materia di pari opportunità (la collega Cima ha già svolto a tal proposito un approfondito esame, e di ciò parleremo in Assemblea), scaturito da una mancanza totale di dialogo e di approfondimento con le opposizioni.
Ritengo si debba porre poi attenzione all'articolo 10 del provvedimento - articolo 7 nel testo approvato dalla Camera - recante la delega in materia ambientale. Non mi sembra che in questa materia ci siano idee chiare e, soprattutto, concordanza nelle stesse forze di governo. A tal riguardo, il testo, a mio avviso estremamente generico ed assai poco chiaro, è stato infatti oggetto di continue modifiche: è stato variato in Commissione affari costituzionali per poi essere nuovamente cambiato al Senato, ed oggi torna alla Camera completamente trasformato. Mi domando allora quale sia l'esatto contenuto di questa delega. Tra l'altro, il fatto di concedere una delega al Governo in materia di beni culturali e ambientali in un momento in cui lo stesso è lacerato -
o è stato lacerato - da un conflitto insanabile vertente proprio sulla concezione della tutela da dare a tali beni (conflitto che ha portato al licenziamento di un sottosegretario), ci preoccupa in modo sensibile. Non credo che il Presidente Berlusconi abbia potuto accusare il sottosegretario di comunismo, come fa con chiunque dissenta dalla sua opinione, perché credo che questa sia un'accusa che l'onorevole Sgarbi non si possa certo meritare.
È comunque indubbio che all'interno del Governo sussistono fratture insanabili nella concezione della tutela dei beni ambientali, in conseguenza soprattutto della legge Tremonti sulla svendita del patrimonio pubblico. Tra l'altro, nonostante la lettera del Presidente della Repubblica che ha appunto sollecitato il Governo a chiarire alcuni aspetti della normativa approvata, l'esecutivo, ad oggi, non si è preoccupato di fornire alcuna risposta, il che, non pensando ad un Governo poco corretto o «scostumato», lascia intendere che, evidentemente, allo stato non si sappia ancora come rispondere, quale tipo di tutela si voglia dare e come si intendano tutelare i beni ambientali. Il tema è sicuramente delicatissimo, anche se molti credono - e io sono tra questi - che si tratti di un falso problema poiché, in realtà, il trasferimento del patrimonio immobiliare pubblico dal bilancio dello Stato alla società Patrimonio Spa ha finalità del tutto diverse dalla vendita dello stesso, trattandosi solo di un'operazione di elusione del bilancio dello Stato. Ciò lo abbiamo detto in più sedi, evidenziando la gravità di un tale comportamento: pensiamo, infatti, che nel giro di dieci anni ciò creerà un forte deficit, determinando seri problemi. Se però nelle intenzioni del Governo ci fosse veramente la volontà di realizzare questa vendita del patrimonio - e quindi l'intento della legge approvata non fosse solo quello di eludere il bilancio dello Stato spostando gli oneri sulla società Patrimonio dello Stato Spa - ci chiediamo come oggi, in presenza di una così equivoca linea sui beni ambientali, l'esecutivo possa chiedere al Parlamento una delega così ampia in riferimento a tale settore. In questo senso ribadiamo il nostro parere contrario al provvedimento, come già fatto anche nel corso della precedente lettura, anche perché gli argomenti aggiunti nel testo dal Senato sono tutti peggiorativi in quanto non rientrano, come sedes materiae, nel provvedimento stesso.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Saponara. Ne ha facoltà.
MICHELE SAPONARA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, i deputati del gruppo di Forza Italia voteranno a favore del disegno di legge recante la delega per la riforma dell'organizzazione del Governo e della Presidenza del Consiglio dei ministri, nonché di enti pubblici, anche nella stesura modificata dal Senato, così come d'altronde avevano fatto in precedenza in quest'aula.
Com'è noto, il disegno di legge prevede il conferimento di deleghe concernenti la struttura del Governo, che modificano ed integrano i provvedimenti Bassanini in materia di accorpamento e fusione di ministeri, atteso che questi ultimi, nella prima fase applicativa, hanno messo in luce problemi organizzativi per la carenza di discipline di dettaglio e di modalità concrete con le quali trasferire funzionari ed attività.
Inoltre, con questo provvedimento si viene incontro all'esigenza di assicurare una maggiore graduazione temporale dell'attuazione della riforma nonché di adattare meglio le strutture del Governo alle funzioni tipiche di ciascun ministero e di adeguare l'ordinamento a quanto disposto dal decreto-legge n. 217 del 2001 che ha previsto il mantenimento dei Ministeri della salute e delle comunicazioni soppressi dal precedente Governo.
Il disegno di legge prevede, inoltre, una delega al Governo per l'emanazione di più decreti legislativi diretti a riorganizzare le strutture e i comandi delle aree tecnico-operative, tecnico-amministrative e tecnico-industriali della difesa, una delega per riordinare gli emolumenti per l'invalidità civile (con particolare riferimento ai ciechi
e ai sordomuti), una delega per la riforma degli organi collegiali della scuola ed una delega riguardante l'emanazione del testo unico delle disposizioni vigenti concernenti la minoranza slovena della regione Friuli-Venezia Giulia.
Tutte queste deleghe hanno l'obiettivo comune di razionalizzare l'organizzazione e l'attività del Governo e degli enti pubblici; il tutto finalizzato al miglioramento della coerenza normativa e dell'efficienza dell'azione pubblica. Per questo motivo, abbiamo chiesto e chiediamo nuovamente che il provvedimento venga approvato.
Il Senato ha apportato varie modifiche al provvedimento licenziato dalla Camera, accogliendo alcuni emendamenti presentati sia dal Governo sia dall'opposizione; il che, ovviamente, non solo ha consentito di ampliare il provvedimento e di migliorarne il contenuto, ma dimostra comunque che i provvedimenti presentati dal Governo e dalla maggioranza non sono blindati bensì capaci di recepire anche i suggerimenti dell'opposizione quando gli stessi sono validi e, comunque, migliorativi dei progetti di legge.
Infine, questo provvedimento costituisce la prova della volontà e della capacità di ammodernamento dello Stato, che è uno dei punti qualificanti del nostro programma di Governo.
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Saponara. È stata una chiusura fulminea.
Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali sulle modifiche introdotte dal Senato.
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