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PRESIDENTE. L'onorevole Cannella ha facoltà di PIETRO CANNELLA. Signor Presidente, signor sottosegretario, i colleghi La Russa, Gamba, Lisi, Alboni, Conte ed io sappiamo benissimo che non è compito del Governo intervenire o ingerirsi nelle dinamiche degli organismi sportivi come FIGC e FIFA. Sappiamo, altresì, che il Governo deve occuparsi quotidianamente di problemi e questioni ben più pressanti e gravosi di quelli oggetto della nostra interpellanza. Credo, però, che il parere dell'esecutivo in merito all'epilogo della nostra partecipazione ai mondiali di calcio ed in merito ai torti arbitrali subiti dalla nostra nazionale sia argomento di grande interesse per milioni di concittadini che seguono il calcio con passione.
visto l'assordante silenzio dei massimi dirigenti sportivi, si intendano, eventualmente, avviare per assicurare al nostro calcio un'adeguata tutela internazionale anche in termini di immagine e di rappresentatività reale.
ANTONIO BOCCIA. Ma se hanno sbagliato quattro gol!
PIETRO CANNELLA. Tuttavia, a tali quesiti aggiungiamo una considerazione: come è possibile intervenire per regolamentare, limitandola, la presenza di calciatori non comunitari in campo nel campionato italiano? Nella nostra nazionale il centrocampo è quasi interamente costituito da calciatori che in campionato stanno in panchina dietro altrettanti colleghi non comunitari. Sappiamo che il Governo nella legge Fini-Bossi già si pone il problema della presenza anche nello sport di calciatori non comunitari. Chiediamo, però, di sapere se il Governo non ritenga di intervenire ulteriormente per regolamentare la presenza contestuale in campo di calciatori stranieri. Solo con una regolamentazione seria, con limiti precisi all'impiego contemporaneo in campo di giocatori non comunitari, e con la valorizzazione dei vivai nazionali potremmo dare spazio ai tanti talenti locali che non trovano la possibilità di maturare. In tal modo, potremmo invertire la tendenza e dare, finalmente, al calcio italiano la prospettiva e le possibilità che la nostra tradizione normalmente gli riserva.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali, onorevole Pescante, ha facoltà di MARIO PESCANTE, Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali. Onorevole collega, credo sia doveroso fare una premessa. A coloro che hanno mostrato sorpresa per il fatto che il Parlamento si interessi dell'esito discusso e discutibile della partecipazione della squadra azzurra ai mondiali di calcio possiamo rispondere, come giustamente lei ha fatto notare, che un evento che ha coinvolto in modo così emozionale milioni e milioni di italiani non è sorprendente che trovi un'eco nelle aule del Parlamento.
PRESIDENTE. L'onorevole Cannella, cofirmatario dell'interpellanza, ha facoltà di PIETRO CANNELLA. Signor Presidente, signor sottosegretario, sono ampiamente soddisfatto della risposta fornita dal ministero e dal Governo. Con questa interpellanza, non abbiamo voluto soltanto ribadire la nostra visione di un'eliminazione improvvida della nazionale di calcio; abbiamo voluto prendere spunto da questo episodio per allargare lo spettro delle riflessioni sui malesseri dello sport italiano e del calcio in particolare. Sui destini del calcio, che è lo sport più seguito, intorno al quale, peraltro, si agitano interessi economici legittimi, si addensano nubi più che splendere il sole.
PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.
Non sfuggirà a nessuno che il danno di immagine al sistema Italia scaturito da un'eliminazione così contestata della nostra nazionale è un problema di rilevante e considerevole importanza per il quale è opportuno che il Governo si esprima. Dunque, non si tratta di un desiderio di visibilità da parte di deputati in cerca di una ribalta - come è stato frettolosamente detto da qualcuno - ma della responsabilità e della sensibilità di porre una questione a nostro avviso importante.
Premesso che i demeriti di una nazionale mediocre non sfuggono a noi come non sono sfuggiti agli sportivi italiani, occorre fare una riflessione ampia, seppur sintetica, sul calcio italiano. Troppi interessi economici, troppi calciatori stranieri e pochi vivai nazionali caratterizzano, ormai, il mondo del pallone nostrano. È più facile, conveniente e comodo per le società alla ricerca del puro profitto spendere poco nell'acquisto dei giovani calciatori stranieri piuttosto che investire sui vivai nei quali far crescere nuovi talenti italiani.
Questa tendenza, a nostro avviso dannosa, interessa ormai anche altri sport che scimmiottano il calcio come, ad esempio, il rugby. Basti pensare che nella partita della recente finale scudetto in campo erano presenti ben 19 giocatori stranieri.
Ecco perché chiediamo al Governo di accertare se vi siano stati motivi extrasportivi che hanno danneggiato la nazionale di calcio italiana e quali provvedimenti,
D'altra parte, credo che il calcio possa essere considerato il più grande partito trasversale del nostro paese.
Detto ciò, non possiamo che condividere l'opinione di coloro - e sono la stragrande maggioranza - che ritengono, così come espongono i firmatari dell'interpellanza, che la squadra italiana sia stata in effetti penalizzata da errori, anche clamorosi, degli arbitri: errori purtroppo sempre a nostro danno e sempre a senso unico.
Si domanda, pertanto, legittimamente se ciò sia da addebitare a giudici di gara (arbitri e assistenti) impreparati, inadeguati o addirittura - anche se ciò sicuramente non lo credo - a disegni diretti a favorire talune squadre a danno di altre. Si chiede anche se questo stato di cose possa essere ritenuto conseguenza dello scarso peso politico della federazione calcistica italiana nel contesto dei quadri dirigenziali degli organismi internazionali. Si domanda, quindi, al Governo quali iniziative si intendano assumere per assicurare al calcio italiano un'adeguata tutela e rappresentatività.
Ebbene, passata l'emotività del momento e riconosciuto - questo dobbiamo dirlo - che la squadra si è battuta con orgoglio, al limite però delle proprie possibilità, dovremo rispettare una buona norma, non scritta: una regola che impone di fronte ad una sconfitta sportiva, anche se ritenuta ingiusta, di accettare il verdetto, magari con rabbia. Questo forse può sembrare un discorso molto antico, quando si riteneva che arbitri e guardalinea fossero irrilevanti ai fini del risultato finale, ma in effetti dobbiamo riconoscere, nel nostro caso, che il quadro che ne fuoriesce è quantomeno sconcertante. Di favori, di mosse dietro le quinte, senza prove, non possiamo parlare, ma di incompetenza sì. È quindi lecito, come avete fatto, chiedere le ragioni e le giustificazioni di giudizi arbitrali che hanno penalizzato la nostra squadra.
Con riferimento a quanto abbia pesato, al riguardo, lo scarso peso politico della nostra dirigenza federale e su cosa si possa fare per tutelare in modo più adeguato il calcio italiano in campo internazionale, come giustamente lei ha fatto rilevare, si tratta di domande cui non può che rispondere la Federcalcio; il Governo non ha titolo per intervenire. Una delle caratteristiche del sistema sportivo italiano è la sua autonomia e questo Governo, come lei ben sa, ha più volte riaffermato l'autonomia dello sport italiano come un valore intoccabile. Tale autonomia si è dimostrata uno dei fattori, forse tra i principali, che hanno consentito e consentono all'Italia sportiva di cogliere tante vittorie in campo internazionale, così com'è avvenuto ai giochi olimpici di Sidney ed anche, recentemente, ai giochi olimpici invernali di Salt Lake City. Tale autonomia non può essere certo messa in discussione quando si perde, sostituendosi agli organi delle federazioni, che sono stati democraticamente eletti. Come lei sa, il Governo esercita sullo sport compiti di vigilanza, ma vigilanza di legittimità e non di merito. Per questo spetta al calcio italiano fornire una risposta alle domande poste dai firmatari dell'interpellanza, ma anche alle domande dell'opinione pubblica.
Spetta al calcio italiano decidere quali iniziative assumere per assicurare alle proprie squadre nazionali, ma anche - non dimentichiamolo - a quelle di club, un'adeguata tutela.
Spetta al calcio italiano, ai suoi organi statutari, decidere se i dirigenti democraticamente eletti siano in grado di rispondere alle aspettative.
Tuttavia, ciò premesso - e riferendomi ad una parte del suo intervento - non possiamo rinunciare ad un'analisi pacata e approfondita sull'attuale momento del calcio italiano, ma anche di altre discipline sportive - come lei ha, giustamente, rilevato - con specifico riferimento, passatemi il termine, alla dissennata politica che ha permesso alle squadre italiane del calcio, ma anche di altre discipline, di tesserare, al di fuori di ogni controllo, un numero sproporzionato e spropositato di atleti extracomunitari.
Non intendo assolutamente azzardare giudizi tecnici, rientrando nel numero di 50 milioni di italiani che, com'è noto, svolgono funzioni di direttore tecnico e di allenatore della nostra nazionale ma, pur non azzardando tali giudizi, occorre riflettere se la presenza sproporzionata e spropositata di atleti extracomunitari nei nostri campionati e, in particolare, nel campionato di calcio, non sia una delle cause della diminuita competitività della nostra squadra ai campionati mondiali. E devo sottolineare che, con un certo rammarico, ho dovuto verificare in questi giorni che, tra le varie analisi critiche dei vari processi e delle varie trasmissioni televisive, questo argomento non è stato mai sollevato.
Il dato è incontestabile: la presenza nei nostri campionati di un numero esagerato di atleti extracomunitari che - badate bene - si sommano a quelli comunitari che, a seguito della sentenza Bosman, godono di una libera circolazione, come lei giustamente ha affermato, sicuramente non favorisce né in senso qualitativo né in senso quantitativo la crescita dei nostri giocatori nelle squadre nazionali. Infatti, ormai, il numero degli atleti italiani che viene schierato in campo nei vari campionati è sempre più esiguo.
Riflettiamo su questi dati. Nel calcio italiano, nel 1994, vi erano 57 stranieri in serie A e 7 in serie B; nella stagione agonistica 2001-2002, i 57 stranieri, tra comunitari ed extracomunitari, sono passati a 221 in serie A e a 107 in serie B. Tale tendenza - come lei ha rilevato - si registra anche in altri sport. Ad esempio, nel basket gli stranieri sono oltre 400; vi sono squadre di basket che, ormai, scendono in campo esclusivamente con atleti stranieri. Lei ha giustamente ricordato lo scandalo di una finale del campionato italiano di rugby, disputata da due piccole eccellenti cittadine del nord che, su 30 atleti in campo, hanno schierato 19 stranieri.
Per tornare al calcio, mentre in alcuni paesi vi è un limite sia al tesseramento sia all'ingresso in campo di giocatori extracomunitari - ad esempio, in Francia e in Germania il limite è di 5 giocatori extracomunitari, in Gran Bretagna e in Spagna è di 3 e quest'ultima ridurrà il numero a 2 giocatori entro il 2003 -, in Italia non vi è alcun limite dopo l'abbattimento della distinzione tra atleti comunitari ed extracomunitari. È qui che il Governo intende intervenire. È di questo che il Governo ha intenzione di interessarsi, senza violare alcuna autonomia, ritenendo che questa situazione penalizzi lo sport italiano sia a livello di base per i nostri vivai - come lei ha fatto rilevare - sia, se mi consente, a livello di vertice nelle massime rappresentative nazionali.
Come dicevo, questo argomento è stato sorprendentemente trascurato da coloro - e sono tantissimi - che hanno aperto un dibattito sulle cause della nostra eliminazione ai mondiali di calcio. È arrivato il momento di affrontare questo argomento; d'altra parte, l'attuale Governo se ne è occupato sin dal settembre 2001, quindi, in tempi insospettabili, con un disegno di legge che è poi confluito nella proposta di legge sull'immigrazione, all'articolo 21 dove di prevede un contingentamento totale degli atleti extracomunitari, una suddivisione fra le varie federazioni ed un'indicazione del numero massimo di atleti extracomunitari da utilizzare per ciascuna stagione calcistica.
Al termine dell'iter parlamentare che voi conoscete, dopo l'approvazione del Senato, si provvederà con un decreto del Ministero per i beni e le attività culturali, che ha anche competenza sullo sport, su proposta del CONI e delle federazioni. Procederemo con gradualità. Procederemo senza rivoluzioni ma con determinazione. Questo è l'intento, nell'ambito delle nostre competenze e delle competenze di Governo, per dare una risposta concreta ed adeguata e per garantire una migliore tutela al patrimonio atletico italiano e alle squadre azzurre che lo rappresentano nelle competizioni internazionali.
Per questo motivo, abbiamo ritenuto opportuno intervenire in questo senso. Signor sottosegretario, come lei ha già detto benissimo, riteniamo che il provvedimento di qualche tempo fa, adottato dall'allora onorevole Veltroni per liberalizzare l'impiego dei calciatori stranieri ed extracomunitari nelle squadre italiane, sia stato improvvido e deleterio ed abbia, sicuramente, recato nocumento al calcio italiano. Ecco perché abbiamo invocato un'inversione di tendenza, come peraltro fanno altri paesi europei.
Ci riteniamo, quindi, soddisfatti. Per parte nostra, continueremo la battaglia per lo sport italiano e per la valorizzazione dei nostri atleti.