Allegato B
Seduta n. 146 del 16/5/2002


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INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA

AMICI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro delle politiche agricole e forestali. - Per sapere - premesso che:
gli studi effettuati dal Governo italiano, nel quadro della convenzione sui mutamenti climatici sottoscritta dal nostro Paese, hanno documentato l'evoluzione in atto nei fattori del clima ed i rischi connessi con i processi di innalzamento delle temperature medie e dei livelli medi delle acque marine;
questi studi forniscono al Governo elementi certi per intervenire, in forme inedite ed innovative, nell'opera di controllo dei fenomeni indotti dai processi in atto;
i mutamenti climatici di fondo influiscono sulla virulenza degli eventi meteorologici a terra; aggravano progressivamente i dissesti territoriali ed idrogeologici; accentuano eventi di subsidenza e di retrocessione delle linee di costa;
le falde acquifere vengono inquinate dalla penetrazione delle acque marine;
da quanto sopra mensionato derivano minacce di compromissione delle attività agricole, di alterazione delle zone umide, di sommersione dei terreni protetti da interventi di bonifica, di precarizzazione della accoglienza turistica sugli arenali, di decadimento della qualità della vita in generale e di mutazione dello stato della salute e della sicurezza delle popolazioni;
le nuove acquisizioni tecniche e culturali, le trasformazioni economiche ed urbanistiche, gli interventi dell'uomo (singoli e collettivi) e l'inesorabile passare del tempo hanno invecchiato la bonifica pontina e le sue opere;
le carenze ed i guasti che si sono conseguiti stanno accelerando il processo rovinoso;
allagamenti, salinizzazione dei laghi costieri, riduzione della duna quaternaria e del verde e l'inquinamento delle falde e dei corsi d'acqua sono i mali più evidenti;
a differenza del passato non occorre espellere l'acqua al più presto ma utilizzarla in tutte le potenzialità;
i canali debbono essere ripuliti, ampliati, collegati e resi navigabili -:
quali provvedimenti intendano intraprendere e se non ritengano urgente avviare una concertazione tra Enti locali, Istituti scientifici ed Università, Organizzazioni produttive e sanitarie, Strutture pubbliche della Protezione Civile e della sicurezza ambientale, allo scopo di predisporre un progetto integrato di governo del territorio pontino e l'espletamento e l'aggiornamento delle specifiche politiche da essi perseguite.
(4-02004)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame all'oggetto, si rappresenta che i mutamenti climatici, registratisi negli ultimi anni, evidenziano un progressivo e costante avanzamento dei fenomeni di cambiamento meteorologico che di fatto


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comportano una degenerazione ambientale causando dissesti territoriali (si pensi alla desertificazione) ed idrogeologici (frane, alluvioni, ecc.) che avranno, inevitabilmente, un effetto fortemente negativo sugli ecosistemi terrestri.
Da anni ed a livello mondiale molti Stati si sono prodigati alla ricerca di soluzioni per la tutela dell'ambiente e per uno sviluppo sostenibile. Tra le possibili soluzioni si è giunti al protocollo di Kyoto, che prevede un impegno, da parte degli Stati che vi hanno aderito, alla riduzione progressiva dei gas nocivi causa dell'effetto serra.
Anche a livello nazionale l'attenzione all'ambiente è cresciuta e si è in parte introdotto il principio del chi inquina paga e chi non inquina viene premiato.
Sul piano del principio della cooperazione, poi, già esiste in Italia una fattiva collaborazione tra organismi appartenenti a diverse Amministrazioni, quali le ARPA e le ASL, che interagiscono per la verifica delle situazioni a rischio.
Inoltre, la collaborazione con le Università è significativamente adottata dalle Autorità di Bacino, sia a livello nazionale, interregionale che regionale per lo studio capillare del territorio e la verifica di ipotesi di soluzioni per situazioni di criticità.
In particolare, per quanto riguarda il territorio, Pontino, si rappresenta che l'area in questione rientra nelle competenze dell'Autorità di bacino regionale del Lazio.
Tale Autorità, al fine di giungere alla identificazione delle diverse tipologie di squilibri presenti nel territorio, ha avviato molteplici attività di studio nel campo della difesa del suolo, dell'uso e gestione delle acque e dell'analisi di particolari ambiti specifici. Inoltre, sta sviluppando un complesso sistema informativo territoriale per un capillare monitoraggio.
Per il territorio pontino, l'Autorità di Bacino, ha avviato lo «Studio idrogeologico per la gestione delle acque sotterranee» e lo «Studio delle aree metropolitane e qualità delle acque nell'area di Latina». Inoltre, lo «Studio del sistemi interconnessi a servizio di comprensori a scolo meccanico» avrà come comprensori di riferimento quelli relativi al sistema di bonifica Pontino e di Fondi.
In particolare, quest'ultimo studio avrà come scopo, attraverso la schematizzazione idraulica ed idrogeomorfologica dei comprensori, l'individuazione delle portate massime e le condizioni di deflusso nella rete dei collettori di bonifica esistenti. Lo studio valuterà lo stato di funzionalità del sistema interconnesso degli impianti a sollevamento meccanico. Mediante l'uso di idonee procedure di analisi modellistica, verranno verificate e simulate, per appositi scenari, i comportamenti della rete idraulica ed individuate le situazioni di maggiore squilibrio e le condizioni di rischio idraulico che si vengono a determinare. Il tutto dovrà convergere in un modello di gestione attraverso il quale valutare le differenti opzioni d'intervento ed identificare le azioni strutturali e non strutturali da pianificare a salvaguardia dei territorio.
Con lo studio per la gestione delle acque sotterranee nell'area pontina, l'autorità di Bacino tende ad individuare le aree soggette a sovrasfruttamento e le aree strategiche ai fini dell'approvvigionamento potabile e soggette a possibile degrado quantitativo e qualitativo. Con tale studio verranno valutati eventuali fenomeni di risalita del cuneo salino. Dall'analisi delle fonti e delle forme di inquinamento e dallo stato di modalità di propagazione degli inquinanti si procederà alla individuazione delle aree critiche e vulnerabili. Il progetto terrà conto ed integrerà le risultanze delle attività di studio sul comprensorio sotteso dal canale delle acque medie in corso di redazione da parte del consorzio di bonifica della piana Pontina.
Sulla base delle elaborazioni svolte l'Autorità di Bacino perverrà alla definizione delle opzioni di intervento ed alla pianificazione delle azioni di salvaguardia e controllo dell'acquifero.
Infine, lo studio delle aree metropolitane e qualità delle acque ha come obiettivo quello di verificare la compatibilità dell'uso del territorio attuale e delle sue evoluzioni in funzione delle previsioni di sviluppo territoriale ai fini della tutela della risorsa


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idrica, della salvaguardia idraulica dei collettori interferenti con il tessuto urbano, della valorizzazione e conservazione delle aree marginali ed intercluse. Attraverso analisi delle situazioni di criticità delle risorse idriche superficiali e sotterranee e delle situazioni di disservizio ed inefficienza del sistema di deflusso superficiale verranno studiate e programmate le azioni necessarie alla tutela, riqualificazione e valorizzazione degli ambiti oggetto di studio.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio: Altero Matteoli.

BENEDETTI VALENTINI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
è diventato grave e insostenibile, più che altrove, in Terni, il fenomeno delle vendite abusive da parte di extracomunitari, con particolare riguardo a prodotti contraffatti o illegalmente riprodotti, tra i quali primeggiano e dilagano i compact disc, le musicassette, gli articoli musicali in genere;
ogni giorno, dinanzi al centro commerciale «Il Pianeta», ed altri supermercati, decine di abusivi extracomunitari vendono apertamente e impunemente la loro merce; altri analoghi abusivi agiscono in permanenza lungo il centralissimo Corso Tacito, luogo dove tutti gli abusivi comunque si riversano nella domenica, nei periodi estivi anche di notte, sciorinando la mercanzia sulle panchine, sul fondo stradale e in altri supporti di fortuna;
numerosi esercizi commerciali, particolarmente attinenti agli articoli musicali, localizzati nelle zone dove agiscono gli abusivi, stanno lamentando una anomala contrazione delle loro vendite anche del 30 o 40 o 50 per cento; l'area danneggiata si va estendendo; le forme e i generi di vendita sono sempre gli stessi, facendo chiaramente pensare che vi sia una organizzazione di rifornimento e sfruttamento;
a Terni città che pure vanta di essere riuscita a garantire assistenza sanitaria gratuita a tutti i cittadini extracomunitari, anche clandestini, senza obbligo di identificazione, vi è un clima di esasperazione tra i commercianti, i quali chiedono che la forza pubblica competente (questura, ufficio stranieri, polizia postale, guardia di finanza, vigili urbani per i vari profili e attribuzioni) riceva disposizioni e sia attrezzata in maniera da prevenire, contrastare e reprimere efficacemente il fenomeno;
si denuncia altresì - e certo meriterebbe accertamento - la circostanza che molti di questi venditori abusivi siano extracomunitari muniti di regolare permesso di soggiorno ottenuto per dichiarati motivi di lavoro ufficiale, sempre in una città che pure eroga cospicui finanziamenti ad associazioni di immigrati extracomunitari;
tutti questi fenomeni rischiano di superare il limite di guardia nell'approssimarsi del periodo natalizio e delle relative potenziali vendite;
se, nel quadro generale degli interventi compiuti nel territorio nazionale, non ritenga, in relazione alla situazione così pesante determinatasi in Terni, di attivare immediatamente tutte le misure più rigorose e penetranti per debellare il fenomeno dei venditori abusivi ed impone il rispetto delle leggi vigenti, impartendo le disposizioni, apprestando i mezzi e stimolando le responsabilizzazioni più necessarie affinché i cittadini di Terni vedano finalmente conseguiti quei risultati concreti e durevoli cui hanno diritto.
(4-01319)

Risposta. - Rispondendo all'interrogazione in esame, si fa presente che l'abusivismo nel commercio ambulante e nella vendita al dettaglio di articoli di vario genere costituisce un fenomeno che tende ad evidenziarsi in misura maggiore in alcuni periodi dell'anno e che interessa, con diversa incidenza, l'intero territorio nazionale.


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Le attività illecite in questione vengono esercitate per lo più da stranieri extracomunitari in posizione irregolare, ma non sono infrequenti i casi di operatori nazionali che, pur muniti di autorizzazione per il commercio ambulante, di fatto operano in posti fissi.
Il fenomeno è oggetto di viva attenzione da parte delle forze dell'ordine, non solo in considerazione del danno che arreca ai titolari delle specifiche licenze e all'erario, ma anche per la possibilità che nella rete distributiva venga inserita merce proveniente da rapine e da furti, oltre a quella con marchi falsificati o contraffatti.
Per arginare tali forme di abusivismo sono state diramate apposite direttive alle autorità provinciali di pubblica sicurezza che sono state invitate a predisporre piani coordinati di intervento in sede di Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica con il coinvolgimento dei Corpi di polizia municipale, specie nelle zone a più alta concentrazione del fenomeno, nonché, nelle zone rivierasche, delle Capitanerie di porto.
Si soggiunge inoltre, che al fine di colmare una lacuna registrata nell'applicazione della normativa vigente, il disegno di legge governativo in materia di immigrazione all'esame del Parlamento, prevede (articolo 18) la revoca del permesso di soggiorno e la espulsione dello straniero a seguito di condanna irrevocabile per i reati di produzione, smercio o distribuzione di prodotti falsi, contraffatti o in violazione delle norme di tutela del diritto d'autore.
Per quanto riguarda, in particolare, il contrasto del commercio abusivo nella città di Terni, si assicura che oltre ai controlli ed agli interventi eseguiti dalle Forze dell'ordine nell'ambito delle Consuete attività di controllo del territorio, vengono svolti con grande frequenza servizi mirati nello specifico settore.
Tra l'altro, la guardia di finanza sta conducendo, in quella provincia, sotto la direzione dell'Autorità giudiziaria, una indagine a largo raggio per individuare una rete di contraffazione di
compact disc ed i canali di approvvigionamento dei venditori abusivi locali.
Nello specifico campo della vendita abusiva dei
compact disc l'attività di contrasto è stata particolarmente intensificata nell'ultimo periodo, specie in relazione al festival di Sanremo.
Sono stati stabiliti servizi dedicati, svolti a rotazione, ogni giorno, da una diversa forza di polizia, in modo da assicurare la permanenza dei controlli.
I risultati conseguiti finora confortano tale impegno. Dal novembre 2001 ad oggi, le sole forze di polizia dello Stato hanno sequestrato nel complesso oltre 20 mila
compact disc, riprodotti abusivamente e 5 autovetture usate per il loro trasporto, sono state denunciate all'autorità giudiziaria 30 persone e si è proceduto all'espulsione di 14 extracomunitari. A tali cifre vanno aggiunti gli oltre 1.700 compact disc sequestrati, nello stesso periodo, dal Corpo di polizia municipale.
Si tratta di dati largamente superiori a quelli del periodo precedente, ove si consideri, ad esempio, che nell'anno 2000 il numero dei supporti illegalmente riprodotti e sequestrati dalle forze di polizia dello Stato a Terni non superò le 2-3 mila unità, con la denuncia all'autorità giudiziaria di un numero assai inferiore di persone.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alfredo Mantovano.

BRIGUGLIO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
con l'articolo 1, comma 4, del decreto legislativo 21 marzo 2000 n. 146, recante «Adeguamento delle strutture dell'amministrazione penitenziaria e dell'ufficio centrale per la giustizia minorile nonché istituzione del ruolo direttivo ordinario e speciale del corpo di polizia penitenziaria a norma dell'articolo 12 della legge 28 luglio 1999, n. 266», il Provveditorato regionale dell'amministrazione penitenziaria per la Sicilia orientale, con sede in Messina è stato soppresso e le relative attribuzioni assorbite dal provveditorato di Palermo, trasformato in provveditorato unico a competenza regionale;


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come evidenziato ripetutamente anche dal personale interessato e dalle organizzazioni sindacali del comparto, la norma che ha previsto la soppressione del provveditorato di Messina non ha tenuto nel debito conto l'estensione e la conformazione territoriale della Sicilia, il numero delle strutture periferiche esistenti, l'entità e la tipologia della popolazione detenuta, nonché la consistenza numerica e la professionalità del personale dipendente;
l'accorpamento del provveditorato di Messina al provveditorato di Palermo, con conseguente accentramento delle funzioni in un unico provveditorato, comporta un incremento dei carichi di lavoro e ingenera forti perplessità sull'effettivo raggiungimento degli obiettivi di efficienza e di contenimento della spesa, posti a fondamento della riorganizzazione;
le lacune della previsione legislativa di soppressione del provveditorato di Messina sono supportate da incontrovertibili elementi quali quello che, da quando esistono articolazioni periferiche intermedie dell'amministrazione penitenziaria, la sede di Messina è sempre stata individuata come suo indefettibile organo decentrato fin dal 1966, quale sede di uno dei soli nove ispettorati distrettuali allora esistenti sull'intero territorio nazionale (insieme a quelli di Milano, Torino, Padova, Firenze, Roma, Napoli, Palermo e Cagliari) e dal 1991, quale sede di uno dei 17 provveditorati regionali della riforma del 1990;
la regione Sicilia, infatti, non ha mai dunque costituito, fino ad oggi, una circoscrizione territoriale unica e le competenze attribuite agli organi periferici dell'amministrazione penitenziaria, anche quando non esistevano ancora sedi come Bari, Bologna e Catanzaro, sono sempre state ripartite, nell'ambito della stessa regione, tra Palermo e Messina;
inoltre, per estensione del territorio (oltre 10.000 i chilometri quadrati di superficie), per numero di abitanti (superiore ai 2.000.000), per numero di istituti e servizi (15 le strutture dipendenti), per numero di detenuti ed internati (circa 3.000 quelli attualmente presenti), per numero di circoscrizioni giudiziarie (2 i distretti di Corte d'appello), oltre che per l'entità complessiva delle risorse gestite, tra due provveditorati siciliani non esisteva, d'altra parte, alcuna apprezzabile differenza;
non ci sono motivazioni plausibili perché il decreto legislativo n. 146 del 21 maggio 2000 abbia elevato il provveditorato di Palermo a sede di livello dirigenziale generale (articolo 1, comma 2), sopprimendo invece, senza darne spiegazione, quello di Messina (articolo 1, comma 4),
è palese, fra l'altro, la contraddizione con i criteri d'individuazione degli uffici dirigenziali enunciati nello stesso secondo comma dell'articolo 1 del decreto legislativo citato che fanno ancora una volta riferimento all'estensione del territorio, al numero delle presenze di detenuti e internati, nonché all'entità delle risorse gestite: parametri questi rispetto ai quali il provveditorato di Messina vanta senz'altro titoli maggiori (documentati attraverso i rilevamenti mensili effettuati dal Servizio per l'informatica e la statistica del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria) di quelli che possono essere attribuiti non solo a sedi individuate come di semplice livello dirigenziale (Ancona, Genova, Perugia e Potenza), ma anche ad altre, riconosciute addirittura come livello generale, e come tali inserite nella Tabella 2B allegata al decreto di riordino (quali ad esempio quelle di Cagliari, Catanzaro e Pescara);
pertanto è fuori da ogni logica, che il provveditorato di Messina risulti l'unico, tra i 17 precedentemente funzionanti, ad essere stato soppresso;
l'unificazione dei provveditorati di Messina e di Palermo finirà per produrre inevitabilmente, a causa delle pari dimensioni delle due strutture periferiche, degli effetti dirompenti, la cui incidenza negativa non è assolutamente paragonabile a quella che deriverebbe all'unificazione di altri; basti pensare che il numero dei


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detenuti ad elevato indice di sicurezza che verrebbero a concentrarsi nella regione Sicilia toccherebbe la soglia delle 1.398 unità e cioè 292 in più di quante ne sono oggi complessivamente ristrette (1.106) nell'intera Italia Settentrionale (regione Piemonte, Valle D'Aosta, Liguria, Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige e Veneto) e 89 in più di quante ve ne siano ristrette (1.309) nell'intera Italia centrale (regioni Emilia Romagna, Marche, Toscana, Umbria e Lazio);
in una tale prospettiva, voler mantenere ferma l'unificazione dei provveditorati di Messina e di Palermo, significherebbe far prevalere ad ogni costo, sulla concreta realtà operativa, un principio di carattere esclusivamente formale, certamente non imperativo (quello, cioè, della pretesa, corrispondenza tra territorio regionale e territorio provveditoriale), dimenticando che un tale principio non solo non è mai stato seguito in passato, e ben a ragione, dall'amministrazione penitenziaria, ma che una tale incongrua soluzione non è nemmeno imposta, e sembra anzi essere esclusa, dal dettato normativo dell'articolo 12 della legge n. 266/99;
gli elementi sopra descritti dovrebbero portare nel prossimo futuro a un riesame della questione e a una possibile revisione del disposto legislativo che ha determinato la soppressione del provveditorato di Messina;
in atto appare comunque opportuno e razionale almeno mantenere la struttura di Messina, sia pure in posizione di dipendenza funzionale dal provveditorato regionale di Palermo, al fine di garantire a quest'ultimo una preziosa attività di supporto tecnico ed operativo, tenuto conto della professionalità e dell'esperienza acquisita negli anni dagli uffici aventi sede in Messina e dal personale addetto ai medesimi;
il mantenimento in posizione subordinata della struttura di Messina andrebbe incontro alle esigenze del personale che presta servizio presso detta struttura la cui professionalità specifica non deve andare perduta come accadrebbe inevitabilmente in caso di mobilità esterna verso altre amministrazioni, ferma restando la grave penalizzazione che detti lavoratori sarebbero costretti a subire in termini retributivi, sociali e familiari a causa del trasferimento della sede di servizio;
peraltro, con decreto del Capo del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria del 23 novembre 2000 si è già provveduto a far continuare l'attività dell'area traduzioni e piantonamento della struttura di Messina, mantenendo competenze e personale in organico, quale sede staccata alle dipendenze del provveditorato regionale per la Sicilia orientale con sede in Messina «è struttura già collaudata e fornita, tra l'altro di centrale operativa regionale e che risulta la meno distante fisicamente rispetto alla sede palermitana»;
tale ultimo provvedimento avvalora, sia pure per uno specifico servizio, la tesi che è oltremodo opportuno mantenere per intero la sede di Messina sia pure alle dipendenze del provveditorato regionale di Palermo;
inopinatamente il provveditore regionale di Palermo, anticipando i tempi, ha fatto, invece, sapere a tutti gli istituti penitenziari della Sicilia orientale che a partire dall'11 giugno 2001 deve essere spedita al provveditorato di Palermo e che il provveditorato di Messina entro il 30 giugno 2001 deve considerarsi definitivamente chiuso;
tale improvvisa accelerazione dei tempi in concomitanza con l'insediamento del nuovo Governo e di un nuovo titolare al dicastero della Giustizia, appare non giustificabile;
appare opportuno sospendere tale provvedimento di chiusura definitiva della struttura coincidente al provveditorato di Messina -:
se intenda assumere le iniziative necessarie perché sia rivisto il disposto di cui all'articolo 1, comma 4, del decreto legislativo 21 marzo 2000 n. 146 che ha


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previsto la soppressione del provveditorato dell'amministrazione penitenziaria per la Sicilia orientale, con sede in Messina e il suo accorpamento al provveditorato di Palermo;
se intenda altresì, per l'immediato, assumere i provvedimenti necessari perché la struttura dell'ex provveditorato di Messina sia mantenuta pienamente funzionante sia pure alle dipendenze e a supporto del nuovo provveditorato regionale unico di Palermo.
(4-00267)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, si rappresenta che la soppressione del provveditorato regionale della Sicilia orientale, con sede a Messina, è stata prevista dall'articolo 1, comma 4, del decreto legislativo 21 maggio 2000, n. 146 recante «Adeguamento delle strutture dell'amministrazione penitenziaria e dell'ufficio centrale per la giustizia minorile con l'integrazione delle relative dotazioni organiche. Istituzione del ruolo direttivo ordinario e del ruolo direttivo speciale del Corpo di polizia penitenziaria. Attuazione dell'articolo 12 della legge 28 luglio 1999, n. 266», e rientra in un più generale progetto di costituzione di sedi di dirigenza generale regionale.
Pertanto, le relative competenze sono state assorbite dal Provveditorato per la Sicilia occidentale, con sede a Palermo.
L'amministrazione penitenziaria, al fine di rendere operativa tale disposizione, che necessita di adeguati tempi tecnici, ha provveduto ad emanare un provvedimento con il quale si è disposto che il provveditorato per la Sicilia orientale avrebbe garantito la continuità ed il completamento delle attività di ordinaria amministrazione nell'ambito della propria circoscrizione territoriale, fino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 1, comma 4, secondo periodo, del decreto legislativo n. 146 del 2000 e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2000.
Successivamente, con altro provvedimento a firma del capo del dipartimento del 21 dicembre 2000, si è disposto che il personale in servizio a qualsiasi titolo alla data del 31 dicembre 2000 presso il provveditorato della Sicilia orientale fosse assunto in forza, ai soli fini amministrativi, dal provveditorato di Palermo e che il provveditorato di Messina fosse provvisoriamente denominato «provveditorato Regionale dell'amministrazione penitenziaria per la Sicilia di Palermo - sede operativa di Messina».
L'ufficio centrale del bilancio presso il ministero della giustizia, in sede di esame di tali provvedimenti, non ha apposto il proprio visto di controllo muovendo, fra l'altro, il rilievo che «non si rinviene nel corpo normativo in essere alcuna disposizione che consenta l'istituzione di sedi provvisorie». Pertanto si sta attualmente procedendo alla totale chiusura della sede di Messina.
Le problematiche legate alla soppressione del provveditorato di Messina, sono state inoltre affrontate nel corso di un incontro con i rappresentanti delle organizzazioni sindacali avvenuto in data 13 dicembre 2000 ed è naturalmente prevalsa la necessità di venire incontro alle esigenze del personale accogliendone le richieste.
Con provvedimento del 19 luglio 2001 è stato disposto il trasferimento d'ufficio delle unità appartenenti al «comparto ministeri», mentre per quanto concerne il personale di polizia penitenziaria sono attualmente in corso le procedure per la valutazione delle aspirazioni di sede.
Infatti, alcuni operatori, sebbene più volte invitati ad indicare sedi di servizio istituzionali diverse da quelle in precedenza segnalate (non accoglibili), non hanno modificato le scelte operate.
Pertanto la competente direzione generale del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria sta predisponendo, per tali unità, provvedimenti di assegnazione presso le sedi di istituto ove prestavano servizio prima di essere impiegati presso l'ex provveditorato di Messina.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.

BULGARELLI e CENTO. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il 3 luglio 2001 il Provveditorato agli Studi di Roma ha pubblicato i trasferimenti


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e i passaggi dei docenti relativamente a tutte le classi di concorso della scuola secondaria superiore e il 18 dicembre 2001 lo stesso Provveditorato ha annullato e rettificato detti trasferimenti con decreto prot. n. 70473 emanato in seguito a ricorsi proposti da alcuni docenti esclusi dai movimenti di luglio perché privi dei requisiti richiesti dall'ordinanza ministeriale 23/01 sulla mobilità;
il Provveditorato di Roma e il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, che in una prima fase (note 30 maggio 2001 e 12 giugno 2001 rispettivamente) avevano deciso l'esclusione di detti docenti, in ottemperanza dell'ordinanza ministeriale citata e del Contratto collettivo decentrato nazionale sulla mobilità, nel mese di dicembre 2001 modificavano totalmente la propria posizione, peraltro senza motivarlo, allargando l'ordinanza del giudice del lavoro a tutti i docenti che si trovavano nelle stesse condizioni dei ricorrenti;
più di 300 docenti, con molti anni di servizio, si vedono annullare o rettificare il trasferimento o il passaggio legittimamente ottenuto, con prevedibili ricadute negative sulla continuità didattica di migliaia di studenti e gravi danni sulla propria vita economica e professionale, le province interessate sono ben 15;
si evidenziano casi di persone che avevano ottenuto il trasferimento o il passaggio da altre città (Milano, Bari, Salerno, Cremona e molte altre) ed hanno già provveduto al relativo trasloco di abitazione e spostamento della propria famiglia, e che oggi, in seguito al nuovo decreto, si vedono costrette a ritornare nella sede di provenienza, innescando così una reazione a catena con ulteriori spostamenti dei docenti insediatisi sulle cattedre lasciate libere dai trasferiti;
tale situazione coinvolge inoltre centinaia di vincitori del concorso a cattedre e di docenti inseriti nelle graduatorie permanenti, i quali ad agosto avevano scelto cattedre libere che oggi rischiano di perdere, in quanto su quelle stesse cattedre sono stati disposti nuovi passaggi o trasferimenti, pertanto l'effetto domino determinerà avvicendamenti a catena, con gravi ripercussioni sul regolare funzionamento della didattica e del servizio scolastico nel suo complesso;
si tratta di un provvedimento che non ha precedenti nella storia della scuola italiana; preso in pieno anno scolastico, nel quale eventuali errori e/o ritardi dell'amministrazione vengono fatti ricadere sui docenti, sugli studenti e sulle loro famiglie;
al fine di tutelare i diritti e gli interessi delle persone danneggiate si è costituito un comitato «comitato docenti anullati/rettificati» che ha già ricevuto l'adesione di molti docenti coinvolti;
il Provveditorato di Roma non ha dato alcuna comunicazione agli interessati, limitandosi ad affiggere all'albo del Provveditorato il testo del decreto con i relativi elenchi dei nominativi e ad inviare alle scuole una circolare che, secondo i docenti del comitato, è assolutamente criptica, provocando ulteriore confusione, anche per l'accavallamento con le successive domande di mobilità, che quest'anno sono scadute con grande anticipo rispetto allo scorso anno;
numerosi ricorsi sono stati già inviati alle competenti autorità giudiziarie, anche per ottenere un risarcimento dei danni materiali che si dovessero determinare a causa dell'applicazione del decreto provveditoriale di dicembre -:
quali siano le intenzioni del Ministro interrogato per porre rimedio ai notevoli disagi arrecati agli insegnanti e alle loro famiglie, nonché ai notevoli problemi organizzativi che l'applicazione del provvedimento in discussione comporterebbe;
se sia possibile ristabilire tempestivamente la situazione preesistente alla pubblicazione del decreto del 18 dicembre 2001, concedendo ai docenti esclusi a giugno la precedenza assoluta sui movimenti relativi all'anno scolastico 2002-2003;


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se, in caso contrario, in una prospettiva di contenimento dei danni, sia possibile predisporre un provvedimento che preveda quanto richiesto dal comitato degli insegnanti, ovvero l'utilizzo delle cattedre attualmente esistenti e vacanti, l'assegnazione dei docenti colpiti da annullamento o rettifica alla cattedra più vicina nell'ambito del comune rispetto a quella già attribuita con i movimenti del 3 luglio 2001 inerenti l'anno scolastico 2001-2002, infine, il mantenimento del passaggio di cattedra o di ruolo ottenuto, con assegnazione di una cattedra provvisoria, che consenta a breve una sistemazione definitiva nella classe di concorso richiesta.
(4-02329)

Risposta. - In ordine alla interrogazione in esame si ritiene opportuno precisare, preliminarmente, che le procedure di mobilità del personale docente della provincia di Roma relative all'anno scolastico 2001/2002 sono state oggetto di impugnative giurisdizionali sfociate nell'emissione di provvedimenti cautelari da parte del giudice ordinario.
Il vizio dedotto ed accolto in sede giudiziaria attiene alla mancata partecipazione alle procedure di mobilità, ed in particolare, alla fase di passaggi di cattedre e di ruolo di gran parte dei docenti che avevano conseguito il titolo di abilitazione nelle ultime sessioni riservate.
Ciò in quanto alla data del termine di presentazione delle domande di mobilità fissata al 1o giugno 2001 non era stato possibile per eccezionali e concomitanti carichi di lavoro convalidare e pubblicare all'albo i risultati di una parte delle classi di concorso per le quali l'
iter procedimentale dei concorsi a cattedre non si era ancora concluso con esclusione quindi di detti docenti dalle procedure medesime.
Il problema aperto dalle decisioni cautelari assunte dai giudici è stato oggetto di attenta analisi al cui esito si è unanimemente convenuto non conveniente la resistenza in fase contenziosa che avrebbe comportato un trascinamento delle controversie in tempi eccessivamente lunghi ed effetti irreparabili.
Peraltro, ad anno scolastico ormai in fase di avvio e con i docenti già assegnati alle rispettive scuole e classi, non sussistevano le condizioni per dare immediata e totale esecuzione alle ordinanze cautelari.
È stato quindi deciso, su conforme parere dell'avvocatura generale dello Stato di non limitarsi ad un intervento di esecuzione dei singoli contenziosi pendenti nelle varie sedi ma di rinnovare le procedure di mobilità con la partecipazione di tutti i soggetti aventi titolo, indipendentemente dal fatto che gli stessi avessero o meno attivato procedimenti giudiziari riferibili alla loro posizione.
Il comportamento seguito dall'amministrazione si è quindi esclusivamente ispirato al principio di tutelare quei docenti che sono stati pretermessi dalle operazioni per motivi agli stessi non imputabili ed alla necessità di ripristinare un quadro completo di trasparenza e di certezza del diritto nei riguardi di tutti i docenti concorrenti.
Infatti dalla rielaborazione dell'intero movimento della scuola secondaria superiore sono conseguiti 334 nuovi trasferimenti e passaggi, 198 rettifiche e 85 annullamenti (con decorrenza giuridica 1o settembre 2001 e copertura della sede dal 1o settembre 2002), realizzando l'assegnazione di un posto di titolarità a tutto il personale coinvolto e ripristinando in termini giuridici le posizioni di ciascun docente «ora per allora» anche se con inevitabili effetti negativi nei confronti di quei docenti che si erano avvantaggiati dalla mancata partecipazione alla procedura di tutti gli altri docenti aventi diritto.
A seguito del rinnovo delle operazioni le situazioni che si sono create sono le seguenti:
a) 18 docenti provenienti da altre province e trasferiti in quella di Roma, a causa dell'annullamento del trasferimento, dovrebbero rientrare nella provincia di provenienza a decorrere dal prossimo anno scolastico;
b) il prossimo 1o settembre 2002, 8 docenti il cui passaggio nella scuola secondaria superiore è stato annullato e che quindi dovrebbero ritornare nella precedente


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sede di titolarità, non ritroverebbero più il loro posto nel frattempo assegnato ad altro docente nel corso delle operazioni di mobilità;
c) su circa 200 sedi della scuola secondaria superiore si è determinata, per il corrente anno scolastico, una situazione di doppia titolarità (di coloro che avevano avuto l'assegnazione senza averne diritto e di coloro ai quali tale diritto è stato riconosciuto dopo le operazioni di mobilità).

Va precisato che la doppia titolarità è solo formale insistendovi sia il docente immesso in ruolo nell'agosto 2001 (con decorrenza giuridica 2000) sia il docente (che in effetti presta servizio altrove) che ha partecipato alla reiterata operazione di mobilità e che aveva espresso una opzione per le sedi destinate nel frattempo al docente immesso in ruolo.
La doppia titolarità, riguarda esclusivamente la concomitante preferenza per la medesima sede e non ha incidenza sull'entità dei posti di organico che non ha subito alcuna alterazione dalle operazioni di cui si tratta.
A fronte della situazione descritta si ritiene che le situazioni di disagio venutesi a creare possano trovare sul piano tecnico amministrativo soluzioni, o quanto meno attenuazioni, diversificate rispetto alle differenti posizioni di ciascun docente. L'amministrazione, in altri termini, si adopererà per gestire nel modo migliore le situazioni al fine di ridurre al minimo gli inconvenienti per gli interessati.
L'amministrazione pertanto si riserva di individuare, per ognuna delle tipologie di situazioni indicate, i provvedimenti più idonei per normalizzare le situazioni medesime peraltro gran parte di queste si risolveranno con l'applicazione delle norme e delle procedure di mobilità le quali stabiliscono principi e criteri volti ad individuare, al livello di ogni singola istituzione, il docente perdente posto per destinarlo nella sede di preferenza dallo stesso indicata.
L'amministrazione, come già accennato, ha provveduto al ripristino della legalità con l'esecuzione delle ordinanze dei giudici dei lavoro di Roma facendo partecipare i docenti danneggiati alle procedure di mobilità dell'anno 2001/2002 e che però per essi avranno effetto dal 2002/2003, e nello stesso tempo venendo incontro anche alle esigenze dei docenti già trasferiti.
Si ritiene anche che i fisiologici pensionamenti non potranno che rendere più agevole la normalizzazione della situazione generale.
Ovviamente non si reputa possibile, come richiesto dall'interrogante, procedere ad emanare provvedimenti generalizzati di carattere eccezionale in quanto, come risulta da quanto esposto ciò verrebbe a ledere le situazioni giuridiche consolidate e riconosciute con provvedimento dell'amministrazione.
Il Sottosegretario di Stato per l'istruzione, per l'università e per la ricerca: Valentina Aprea.

BURTONE. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
l'Autorità portuale di Catania dal gennaio del 2000 ha avuto trasferite dalla Capitaneria di porto di Catania delle aree demaniali sulle quali ricade il complesso dell'Ente Fiera e spazi limitrofi;
una parte di questi spazi, in atto adibiti a campo di calcio, è inutilizzata e non occupata a fini pubblici-economici;
nei giorni scorsi l'Autorità portuale di Catania avrebbe sottoscritto una convenzione con il comune per l'utilizzazione di detta area a parcheggio per manifestazioni e spettacoli previsti in prospiciente area demaniale sul litorale della Plaja;
la diversa utilizzazione sottrae l'area al naturale utilizzo per fini economici di pubblica utilità in assenza di alcuna autorizzazione preventiva o prescrizione per il cambio di destinazione;
il comune di Catania non ha precisato o chiarito attraverso quale organismo gestirà questi parcheggi;


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in ogni caso la fruibilità dell'area è sottratta alla naturale destinazione economica -:
se quanto sopra denunziato corrisponda alle norme di legge sulla gestione delle aree demaniali e sulla corretta utilizzazione di beni di interesse pubblico.
(4-00432)

Risposta. - In riferimento alle problematiche evidenziate dall'interrogante con l'atto ispettivo cui si risponde, si fa presente che questo ministero con proprio decreto in data 25 gennaio 2000 ha esteso la circoscrizione territoriale dell'autorità portuale di Catania ricomprendendo tutte le aree demaniali marittime e gli antistanti specchi acquei nei quali è previsto l'ampliamento delle strutture portuali, secondo il vigente Piano regolatore portuale (articolo 5, comma 1, della legge 84 del 1994).
Tale ampliamento è in linea anche con quanto richiesto dal ministero dell'economia e delle finanze, con nota n. 0005420 del 9 maggio 2000 (necessità di estendere il demanio marittimo, attualmente limitato a poche aree per effetto della competenza regionale in materia, al fine di accrescere le risorse finanziarie necessarie per il raggiungimento delle finalità istituzionali dell'autorità portuale).
Circa il corretto uso delle aree demaniali interessate dall'ampliamento l'autorità portuale riferisce che l'area demaniale marittima non ha come «vincolo di destinazione d'uso» l'utilizzazione della stessa quale campo da calcio. Infatti, il predetto impianto sportivo non risulta essere stato assunto in consistenza tra le pertinenze demaniali marittime di cui al Registro Mod. 23 - D.
Tale impianto risultava gestito dall'autorità marittima quale organo periferico della regione Sicilia, assessorato territorio ed ambiente.
Nel corso della predetta gestione amministrativa, ricadendo la predetta area demaniale nell'ambito dei P.R.P. di un porto statale sin dal 1978, pertanto non «trasferita» alla regione Sicilia, è insorto un contenzioso con un soggetto privato che ha occupato abusivamente la predetta area demaniale sin dal 1994.
Nel maggio 2001 l'autorità portuale ha avanzato formale istanza di dissequestro e restituzione dell'area demaniale in oggetto alla competente Autorità giudiziaria affinché venisse consentita l'assegnazione del predetto sito secondo i requisiti di produttività di cui al Codice della navigazione ed alla legge n. 84 del 1994.
In data 7 giugno 2001, ritenute fondamentali le motivazioni rappresentate nella citata istanza, la Procura della Repubblica di Catania dissequestrava l'area demaniale di che trattasi riconsegnandola all'Autorità portuale.
L'area demaniale in oggetto ricade nell'ambito dei cosiddetti Patti Territoriali - Catania Sud - progetto di sviluppo del quale l'autorità portuale risulta essere uno dei soggetti sottoscrittori.
Nell'ambito dei lavori di esecuzione delle strutture previste nel citato progetto di sviluppo, alcuni ritardi tecnici hanno indotto la provincia regionale di Catania ed il comune di Catania a coinvolgere l'autorità portuale al fine di elaborare un piano congiunto d'intervento allo scopo di evitare la paralisi degli accessi al litorale di
Playa - ad alta frequentazione estiva ai fini balneari - e cercare di evitare ingenti danni economici agli operatori del settore turistico balneare. A seguito di alcuni incontri e sopralluoghi con i rappresentanti delle citate categorie, si è verificato che la sussistenza dei cantieri per l'espletamento dei citati lavori hanno ridotto la disponibilità di spazi per i parcheggi, scoraggiando gli utenti a frequentare gli stabilimenti balneari del citato litorale.
In relazione a ciò, anche a seguito dell'interessamento della locale prefettura e previa determinazione favorevole del comitato portuale (nel corso della seduta del 31 maggio 2001), l'ente ha provveduto ad autorizzare il comune di Catania affinché si individuasse un'area ove allocare i parcheggi al fine di fronteggiare la problematica sopra citata almeno fino al termine della stagione balneare.
Si evidenzia, infine, che l'azione amministrativa condotta dall'autorità portuale in


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sinergia con l'amministrazione provinciale e l'amministrazione civica, ha consentito di adottare le misure ritenute più opportune per il soddisfacimento di un interesse pubblico, quale la più agevole fruizione di un litorale balneare meta tradizionale della popolazione catanese, e di salvaguardare l'economia di un settore che, per adesso, lega la propria produttività alla solo stagione balneare.
Il Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e per i trasporti: Paolo Mammola.

CENTO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
dall'inizio di ottobre a Roma nel carcere di Rebibbia è in corso uno sciopero della fame da parte di 15 detenuti affetti da Aids in fase terminale, per protestare contro la mancata concessione dei benefìci di cui all'articolo 47-quater nonché degli articoli 146 e 147 del codice penale sul differimento della pena per i malati di Aids conclamata;
i detenuti protestano per la carenza delle condizioni di igiene e delle apparecchiature di fornitura di ossigeno nel reparto del penitenziario ove sono reclusi, lamentando l'inidoneità della struttura carceraria alla detenzione dei malati della sindrome di immunodeficienza acquisita -:
se nel carcere di Rebibbia di Roma siano assicurate adeguate condizioni sanitarie per i reclusi affetti da malattie gravi come l'Aids e perché non siano state applicate nei confronti dei quindici detenuti malati di Rebibbia i benefìci di legge richiamati.
(4-01001)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, si rappresenta che agli atti della direzione della casa circondariale di Roma Rebibbia N.C., soltanto 8 detenuti, tra i dodici che hanno posto in essere la manifestazione di protesta citata dall'interrogante, risulta abbiano presentato istanze per ottenere i benefici previsti dagli articoli 47-quater dell'ordinamento penitenziario e 146 e 147 del codice penale, essendo malati di aids conclamata.
Si evidenza, peraltro, che a prescindere dalle istanze presentate dai singoli detenuti, la suddetta direzione, qualora accerti la presenza di un detenuto con uno stato di salute incompatibile con il regime carcerario, ne segnala il caso all'autorità giudiziaria competente, alla quale soltanto spetta concedere i benefici in parola. In soli due casi, fra quelli prima citati, la competente autorità giudiziaria ha finora disposto il differimento della pena.
La manifestazione di protesta prima citata, svoltasi nei giorni 4 e 5 ottobre 2001, è consistita nell'astensione dal vitto dell'amministrazione e nel rifiuto di assumere la terapia farmacologica.
Contrariamente a quanto affermato nell'atto di sindacato ispettivo, la situazione igienica della sezione in cui sono ristretti i detenuti affetti da aids non può essere definita carente, perché, recentemente, sono stati realizzati lavori di ristrutturazione e, comunque, le pulizie sono regolarmente effettuate da due detenuti lavoranti.
È vero che le stanze di degenza sono prive delle apparecchiature di fornitura di ossigeno, tuttavia, all'interno della sezione vi sono tre infermerie dotate, ciascuna, di bombola d'ossigeno.
Pertanto, si ritiene che presso l'istituto di Rebibbia siano assicurate ai detenuti affetti da malattie di sindrome di immunodeficienza acquisita adeguate condizioni sanitarie: gli stessi sono costantemente seguiti da una competente équipe sanitaria, coadiuvata da specialisti infettivologi dell'ospedale Spallanzani e da psicologi del Sert.
Per migliorare la vita intramurale dei detenuti malati ristretti nella sezione malattie infettive, si sta inoltre cercando di favorire la loro partecipazione alle attività trattamentali dell'istituto (frequenza della biblioteca centrale, passeggio presso cosiddetta area verde e partecipazione agli spettacoli teatrali organizzati dalla direzione).
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.


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CENTO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la notte tra giovedì 15 e venerdì 16 novembre 2001 il traffico sul tratto ferroviario Bologna-Verona all'altezza di San Giovanni in Persiceto in provincia di Bologna si è paralizzato;
un incendio che ha messo fuori uso il contatore elettrico che alimenta i servizi di sicurezza della stazione di San Giovanni in Persiceto sarebbe la causa del totale black-out verificatosi (dalla gestione dei segnali luminosi ai semafori fino agli scambi automatici);
questo black-out ha bloccato pertanto il passaggio di tutto il traffico ferroviario proveniente da nord a sud. Quattro convogli, un merci e tre treni a lunga percorrenza, hanno subìto uno stop forzato, procurando paura e disagi ai passeggeri -:
quali provvedimenti intenda intraprendere per far luce sulla reale causa dell'incendio che ha provocato il guasto alla centralina della stazione di Persiceto che poteva, in altre circostanze, provocare l'ennesimo disastro ferroviario e minacciare seriamente la salute dei passeggeri sui treni che percorrevano detta tratta ferroviaria.
(4-01422)

Risposta. - In merito all'interrogazione in esame, ferrovie dello Stato S.p.a ha riferito che il giorno 16 novembre 2001, alle ore 0.01, nella stazione di S. Giovanni in Persiceto si è verificato un guasto ai dispositivi di alimentazione dell'impianto, che ha interessato contemporaneamente sia la rete Enel sia quella di riserva.
Il personale di rete ferroviaria italiana (RFI), dopo aver ispezionato le apparecchiature di sicurezza delle ferrovie dello Stato, e verificato che l'anormalità Enel non aveva provocato danni, ripristinava, alle ore 1.48, la centralina ferroviaria che riprendeva ad erogare l'energia necessaria per il regolare funzionamento dell'impianto e per la circolazione dei treni.
Il guasto, che ha determinato il fuori servizio di tutti i dispositivi di alimentazione, assicura Ferrovie dello Stato, seppure rilevante, non ha avuto alcuna ripercussione sulla sicurezza della circolazione dei treni e dei viaggiatori. Infatti, negli apparati di stazione, ogni degrado del sistema comporta la tempestiva disposizione al rosso dei segnali interessati, eventualmente disposti a via libera. Conseguentemente, riferisce ancora Ferrovie dello Stato, vengono posti in essere, da parte del personale di stazione, regimi di circolazione compatibili con il degrado stesso, secondo la normativa vigente, che possono avere ripercussioni solo sulla regolarità della circolazione dei treni e mai sulla sicurezza della medesima.
Il Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e per i trasporti: Paolo Mammola.

GIULIO CONTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
la città di Senigallia e in generale tutte le città site lungo la costa delle Marche, attraversano un periodo storico di evidente e visibile peggioramento dell'ordine pubblico caratterizzato dal dilagare della prostituzione straniera e minorile, maschile e femminile, dalla messa in schiavitù e alla compravendita all'asta di tante ragazze, dal commercio clandestino delle armi da guerra, dal traffico internazionale e locale e dal conseguente spaccio di ogni tipo di droga, dall'usura e dalla estorsione, dall'aumento di furti e rapine, dall'insediamento di bande delinquenziali organizzate straniere e italiane nella regione;
la sovrappopolazione estiva, che arriva a decuplicare le presenze dei cittadini residente per motivi turistici;
nelle nostre zone è nota la proficua collaborazione fra le forze di polizia e l'arma dei Carabinieri che ha contribuito in modo sostanziale a difendere e garantire l'ordine pubblico sia con una valida azione di prevenzione che con una


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altrettanto efficiente azione di repressione, delle quali la popolazione tutta è riconoscente -:
se risponda al vero che il Commissariato di polizia di Senigallia sarà soppresso ed il personale collocato ed impiegato, almeno parzialmente, altrove come da notizie diffuse dalla stampa locale, da emittenti radio-televisive, dal consigliere comunale di Senigallia, Massimo Bello di Alleanza Nazionale che ha sollevato il problema, dal consiglio comunale della città e da alcuni sindacati di polizia con comunicati ufficiali resi pubblici -:
se risponda al vero che nelle Marche anche alcune caserme dell'arma dei carabinieri dovrebbero essere smantellate;
se non crede che simili, per ora paventate, decisioni favorirebbero un aumento del fenomeno della criminalità;
se i Ministri competenti ed interrogati non ritengano opportuno intervenire e pronunciarsi pubblicamente per smentire (o confermare) il progetto che tanto allarme e timori ha sollevato fra la popolazione residente e comunque, per informare gli enti locali interessati se esistano progetti di riorganizzazione della presenza delle forze di polizia e dei carabinieri sul territorio delle Marche.
(4-02312)

Risposta. - Rispondendo all'interrogazione in esame, si fa presente che la notizia relativa alla soppressione del commissariato della polizia di Stato di Senigallia e di alcune stazioni dei carabinieri nella regione Marche è, allo stato, priva di fondamento.
In realtà, presso il ministero dell'interno, è in corso di elaborazione un piano di razionalizzazione dei presidi della polizia di Stato e dell'Arma dei carabinieri su tutto il territorio nazionale.
Si tratta di un progetto di ampio respiro, che si propone di ottimizzare la distribuzione del personale e dei presidi territoriali, per la prima volta anche a livello dei piccoli comuni, nonché di recuperare operatori da destinare al controllo del territorio, superando le disarmonie e le sovrapposizioni esistenti, secondo una logica di integrazione e non di separatezza delle forze dell'ordine. Si punta, per questa via, ad elevare gli
standard qualitativi dei servizi di ordine e sicurezza pubblica in ogni area del Paese.
L'elaborazione tiene conto dell'andamento tendenziale della criminalità, dei rapporti tra la forza organica degli operatori deputati al controllo del territorio e la rispettiva popolazione, e tra quest'ultima ed il totale dei delitti commessi.
È inoltre prevista una fase di sperimentazione preventiva delle linee del possibile riordino, da avviare in una regione ove è maggiormente avvertita l'esigenza di ottimizzare le risorse.
Solo dopo una attenta analisi dei risultati raggiunti in tale fase potranno essere individuati i criteri di intervento
standard per l'avvio concreto, su tutto il territorio nazionale, del piano di razionalizzazione in parola, che comunque richiederà tempi adeguati e cadenzati, nonché il coinvolgimento dei comitati provinciali per l'Ordine e la sicurezza pubblica ai quali, com'è noto, partecipano anche le realtà locali.
Allo stato è dunque da considerare arbitraria qualunque anticipazione o indiscrezione relativa a situazioni locali singolarmente considerate.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alfredo Mantovano.

COSENTINO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il dottor Jovinelli ha prestato servizio presso l'Ufficio registro atti privati di Napoli dal 6 dicembre 1974 a tutt'oggi, prima come funzionario addetto alla valutazione e, poi, dal 30 settembre 1999 come Direttore reggente dell'ufficio;
il dottor Jovinelli ha diretto con successo, sebbene in reggenza, l'Ufficio del registro atti privati di Napoli, apportandovi significativi miglioramenti di produttività;


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il dottor Jovinelli verrebbe trasferito presso un ufficio periferico, come l'ufficio locale di Santa Maria Capua Vetere;
al dottor Jovinelli verrebbero affidati compiti non adatti ad un funzionario estremamente preparato e ferrato nel proprio lavoro;
non sussistono tracce di valutazione comparative effettuate tra i possibili destinatari dell'incarico, degli estremi dei provvedimenti di valutazione operati dalla Direzione regionale;
non vi è stata alcuna audizione del dottor Jovinelli;
il dottor Jovinelli è dotato di specifica professionalità e capacità manageriali;
il dottor Jovinelli ha raggiunto ottimi risultati ed ha incrementato la produttività dell'ufficio affidato alla sua direzione -:
se non ritenga di ottenere dei chiarimenti circa il provvedimento di trasferimento del dottor Jovinelli dall'Ufficio registro atti privati di Napoli all'ufficio locale di Santa Maria Capua Vetere.
(4-00736)

Risposta. - In merito alla problematica prospettata dall'interrogante, l'agenzia delle entrate - interessata al riguardo - ha preliminarmente fatto presente che, in conformità ai dati conoscitivi ed alle valutazioni fornite dalla competente Direzione regionale delle entrate, il dottor Iovinelli (appartenente all'area professionale C3) ha prestato servizio, a decorrere dal mese di dicembre 1974, presso l'ufficio del registro atti privati di Napoli, quale addetto al reparto valutazioni - in riferimento al quale, come riferito dall'agenzia delle entrate, è in corso un'indagine amministrativa su questioni di «congruità» di un atto di un familiare del suddetto funzionario - assumendone poi la direzione a decorrere dal mese di novembre 1993.
Inoltre, dopo un breve periodo di reggenza temporanea del predetto ufficio del registro, il funzionario di che trattasi ne ha assunto la direzione, a decorrere dal mese di settembre 1999.
Tale incarico è stato dallo stesso ricoperto fino al 6 settembre 2001, quando la direzione dell'ufficio del registro atti privati di Napoli è stata affidata ad altro funzionario, già proposto per l'incarico di capo area controllo del 2o Ufficio circoscrizionale di Napoli, di prossima attivazione.
A seguito di ciò, il dottor Iovinelli è stato assegnato all'ufficio delle entrate di Santa Maria Capua Vetere a decorrere dal 7 settembre 2001. Tale trasferimento, peraltro giustificato dal lungo periodo di permanenza nell'ufficio di Napoli dapprima come funzionario e poi come direttore, è stato disposto nel contesto di un ampio processo di movimentazione del personale dirigente nella regione Campania, in vista dell'imminente attivazione di alcuni uffici locali, volto a garantire l'ottimizzazione delle risorse ed, al tempo stesso, a favorire lo sviluppo della professionalità dei dirigenti medesimi.
La medesima Agenzia ha peraltro evidenziato che, tenuto conto della specifica professionalità posseduta dal dottor Iovinelli ed allo scopo di consentirne un proficuo utilizzo, si è ritenuto di trasferire lo stesso all'ufficio di Santa Maria Capua Vetere; ufficio, questo, che presenta carenza di professionalità in materia di imposta di
registro, giacché al momento della sua attivazione sono state ivi assegnate soltanto 6 unità provenienti da tale settore.
Pertanto, nella nuova sede di assegnazione il suddetto funzionario potrà fornire al personale attualmente in servizio nonché a quello che sarà in prosieguo ivi destinato, ogni utile supporto, elemento o suggerimento sia dal punto di vista formale che operativo, anche al fine di offrire una migliore assistenza ai contribuenti del distretto.
La predetta agenzia ha inoltre precisato che l'affidamento della titolarità dell'ufficio del registro atti privati di Napoli ad altro funzionario (di area C3), già in servizio presso l'ufficio contenzioso tributario della locale direzione regionale delle entrate, è stato disposto sulla base di una valutazione comparativa effettuata tra i possibili destinatari di futuri incarichi dirigenziali, in relazione alle capacità manageriali, alle


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pregresse esperienze, nonché alla circostanza che il suddetto funzionario risulta vincitore del concorso a 163 posti di dirigente.
Il Ministro dell'economia e delle finanze: Giulio Tremonti.

DELMASTRO DELLE VEDOVE e MEROI. - Al Ministro dell'ambiente e tutela del territorio. - Per sapere - premesso che:
una squadra di ricercatori dell'Università della Tuscia (Viterbo), coordinati dal dottor Bartolomeo Schirone, ha recentemente scoperto quella che dovrebbe essere la più antica faggeta d'Europa;
dislocata su un centinaio di ettari e situata nella Val Cervara, la faggeta, che si trova nel parco nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise, è composta da alberi di circa cinquecento anni di età;
la faggeta in questione già nel secolo scorso ha rischiato di essere distrutta da indiscriminanti tagli forestali, e venne salvata grazie alle battaglie provvidenziali dal botanico abruzzese Loreto Grande;
la faggeta costituisce un patrimonio botanico di eccezionale rilevanza e dunque deve essere tutelata e debitamente conservata -:
quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere per garantire adeguata conservazione e tutela alla faggeta plurisecolare recentemente scoperta nella Val Cervara.
(4-01707)

Risposta. - Gli interroganti richiedono di conoscere quali iniziative il ministero dell'ambiente e della tutela del territorio intenda assumere per garantire la conservazione della faggeta secolare sita nella Val Cervara.
Si deve premettere che, secondo la «legge quadro» sulle aree protette (legge n. 394 del 1991), il regolamento ed il piano del parco, la cui redazione compete all'ente parco, possono stabilire appositi vincoli all'esercizio delle attività agro/silvo/pastorali.
L'imposizione di tali vincoli, secondo quanto disposto dall'articolo 15 della legge quadro, può dare luogo alla concessione di compensi e di indennizzi.
Pertanto, la vigente normativa, attraverso i sopra citati strumenti di pianificazione ed indennizzo, consente di evitare l'esercizio di determinate attività, tipo il taglio degli alberi ad uso industriale.
Per quanto riguarda la faggeta sita nella Val Cervara, gli indennizzi corrisposti dall'ente parco grazie ai contributi ricevuti dal ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, hanno consentito, a tutt'oggi, di garantire la salvaguardia e la conservazione dell'area.
Si deve tuttavia registrare, nel caso del parco nazionale di Abruzzo, Lazio e Molise, una situazione caratterizzata dall'assenza degli strumenti di pianificazione previsti dalla legge quadro, atteso che l'ente parco non ha provveduto a predisporre il regolamento ed il piano del parco, i quali costituiscono atti indispensabili per la regolamentazione degli interventi da operare nell'area protetta.
Di conseguenza, sarà cura del ministero dell'ambiente e della tutela del territorio procedere ad un esame complessivo della delicata situazione amministrativa e contabile in cui versa il Parco e garantire, anche con riferimento alla faggeta della Val Cervara, la migliore tutela dell'area nel rispetto dei principi stabiliti dalla legge quadro.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio: Altero Matteoli.

DI GIOIA. - Al Ministro delle politiche agricole e forestali. - Per sapere - premesso che:
la grave siccità che si è determinata nel corso di tutta la stagione ha compromesso in maniera grave i raccolti degli agricoltori in tutta le Capitanata;
questa situazione non fa che aggravare, in maniera ulteriore, la già difficile


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realtà in cui sono costretti ad operare gli agricoltori dell'intera zona;
a questo si aggiunge la preoccupazione per il rischio che corrono i raccolti del prossimo anno creando una situazione di giustificato allarme per il futuro agricolo della stessa Capitanata -:
se e come il Governo intenda intervenire concretamente per sostenere gli agricoltori della Capitanata affinché un così importante settore per l'economia dell'area non rischi di soccombere a causa delle avversità climatiche e per la mancata cantierizzazione delle indispensabili opere idriche già predisposte dal commissario straordinario.
(4-02550)

Risposta. - In merito alla grave siccità che nel 2001 ha colpito i territori agricoli della provincia di Foggia, oggetto dell'interrogazione, si fa presente che il ministero, sulla base delle proposte documentate della regione Puglia, ha emesso i seguenti decreti di declaratoria:
provincia di Foggia, decreto del 21 settembre 2001, pubblicato sulla
Gazzetta Ufficiale n. 225 del 27 settembre 2001;
provincia di Foggia, decreto integrativo del 4 dicembre 2001, pubblicato sulla
Gazzetta Ufficiale n. 294 del 19 dicembre 2001;
provincia di Foggia, decreto del 4 febbraio 2002, pubblicato sulla
Gazzetta Ufficiale n. 43 del 20 febbraio 2002;
provincia di Foggia, decreto integrativo del 15 febbraio 2002, pubblicato sulla
Gazzetta Ufficiale n. 58 del 9 marzo 2002.

A favore delle aziende agricole dove, a seguito di verifica da parte degli organi competenti, risulti un incidenza del danno non inferiore al 35 per cento sulla produzione lorda vendibile possono essere concesse le seguenti provvidenze:
1. erogazione di contributi e di prestiti quinquennali per la ricostituzione dei capitali di conduzione non reintegrati per effetto della perdita della produzione;
2. erogazione di prestiti quinquennali di esercizio per le necessità di conduzione aziendale nell'anno in cui si è verificato l'evento e per il consolidamento della passività;
3. proroga delle rate delle operazioni di credito in scadenza nell'anno in cui si è verificato l'evento calamitoso.

Nell'ambito del territorio danneggiato sono previsti anche interventi a favore delle cooperative agricole e delle associazioni dei produttori che abbiano subito danni economici di particolare gravità per i ridotti conferimenti dei prodotti da parte dei soci o per la minore attività di commercializzazione.
Per consentire all'imprenditore di rimuovere con immediatezza i danni e favorire la rapida ripresa produttiva ed economica della propria azienda, è previsto anche l'erogazione del credito di soccorso prima dell'istruttoria regionale che si svolgerà nei dodici mesi successivi per la definizione del concorso pubblico negli interessi.
Il Ministro delle politiche agricole e forestali: Giovanni Alemanno.

FIORONI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
nell'ambito di un processo di rinnovamento organico del territorio della Tuscia, l'Arma dei carabinieri ha deciso la soppressione di alcuni comandi di stazione dei carabinieri;
tra questi, a quanto risulta, sarebbe compresa anche stazione di Barbarano Romano, già ripiegata presso il Comando di Veiano a causa della mancata ristrutturazione di parte dei locali della caserma;
siffatta situazione si protrae da molto tempo, sin dal 1997, e sino ad ora l'attuale amministrazione non ha proceduto all'ammodernamento dei locali -:
se la chiusura della stazione dei carabinieri di Barbarano Romano sia da inserire nel provvedimento di riordinamento


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o, sia da attribuire alla mancata ristrutturazione delle condizioni igienico sanitarie della caserma.
(4-02030)

Risposta. - Rispondendo all'interrogazione, in esame, si rappresenta che la stazione dei carabinieri di Barbarano Romano è, dal 13 marzo 2000, ripiegata presso quella limitrofa ubicata nel comune di Vejano per consistenti lavori di ristrutturazione dell'immobile.
Per quanto concerne la soppressione, paventata nell'atto di sindacato ispettivo parlamentare, di alcune stazioni dell'Arma nella provincia di Viterbo, si comunica che presso il ministero dell'interno, è in corso di elaborazione un piano di razionalizzazione dei presidi della polizia di Stato e dell'Arma dei carabinieri su tutto il territorio nazionale.
Si tratta di un progetto di ampio respiro, che si propone di ottimizzare la distribuzione del personale e dei presidi territoriali, per la prima volta anche a livello dei piccoli comuni, nonché di recuperare operatori da destinare al controllo del territorio, superando le disarmonie e le sovrapposizioni esistenti, secondo una logica di integrazione e non di separatezza delle forze dell'ordine. Si punta, per questa via, ad elevare gli
standard qualitativi dei servizi di ordine e sicurezza pubblica in ogni area del Paese.
L'elaborazione tiene conto dell'andamento tendenziale della criminalità, dei rapporti tra la forza organica degli operatori deputati al controllo del territorio e la rispettiva popolazione, e tra quest'ultima ed il totale dei delitti commessi.
È inoltre prevista una fase di sperimentazione preventiva delle linee del possibile riordino, da avviare in una regione ove è maggiormente avvertita l'esigenza di ottimizzare le risorse.
Solo dopo una attenta analisi dei risultati raggiunti in tale fase potranno essere individuati i criteri di intervento
standard per l'avvio concreto, su tutto il territorio nazionale, del piano di razionalizzazione in parola, che comunque richiederà tempi adeguati e cadenzati, nonché il coinvolgimento dei comitati provinciali per l'ordine e la sicurezza pubblica ai quali, com'è noto, partecipano anche le realtà locali.
Allo stato è dunque da considerare arbitraria qualunque anticipazione o indiscrezione relativa a situazioni locali singolarmente considerate.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alfredo Mantovano.

GAZZARA, STAGNO D'ALCONTRES, NARO, D'ALIA, GERMANÀ e CRIMI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per gli affari regionali. - Per sapere - premesso che:
il Ministro per gli affari regionali ha dato notizia che entro un anno in Sicilia sarà creato un centro di ricerca scientifica di livello mondiale che si porrà come obiettivo la prevenzione dei rischi ambientali in tutto il bacino del Mediterraneo;
tale polo scientifico avrà due pilastri portanti: uno a Catania, per ciò che riguarda la sismologia e la vulcanologia; l'altro a Palermo per ciò che attiene la ricerca sulle acque (sia quelle potabili sia quelle marine) e il clima;
il Ministro fra l'altro intende interessare il costituendo centro anche per ricerche sulle previsioni marine a beneficio della riorganizzazione e opportuna regolamentazione del traffico delle navi che attraversano il Mediterraneo;
la città di Messina, capoluogo provinciale di un territorio noto nel mondo, purtroppo, per la sismicità, sede di una università storicamente importante che può contare su docenti, ricercatori e strutture in grado di contribuire alle finalità del progetto sede di un porto che rappresenta un passaggio obbligato per le navi in transito lungo l'omonimo «Stretto», non può essere esclusa da quel polo scientifico programmato e dovrebbe invece esservi quasi naturalmente inserita quale terza sede insieme con Palermo e Catania -:
se, alla luce di quanto sopra, non si ritenga di dovere includere Messina tra le sedi del costituendo centro scientifico.
(4-00629)


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Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in oggetto, si comunica che il centro multidisciplinare di cui si parla fa parte di un più ampio progetto per lo studio dei rischi ambientali nell'ambito dell'area mediterranea.
Si tratta di un progetto ancora nella fase di progettazione generale la cui realizzazione è subordinata alla disponibilità dei finanziamenti necessari.
La struttura del centro e la sua articolazione territoriale sono ancora in fase di progettazione; solo incidentalmente si è fatto fino ad ora riferimento a Palermo e a Catania dove sono attualmente ubicate 2 sezioni dell'istituto nazionale di geofisica e vulcanologia che è l'ente di ricerca di riferimento per il progetto in discussione. Non vi è alcun dubbio che una volta accertata la disponibilità dei finanziamenti necessari per la realizzazione del progetto, in sede di progettazione esecutiva non potrà essere trascurata la posizione strategica della città di Messina ai fini della articolazione territoriale nelle attività di progetto.
Il Ministro per gli affari regionali: Enrico La Loggia.

GHIGLIA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
non solo i cittadini indifesi, ma gli stessi appartenenti alle Forze dell'ordine sono molto spesso costretti a subire aggressioni cui hanno difficoltà a reagire per mancanza di validi strumenti di difesa personale e del cittadino;
alcuni comuni italiani hanno già dotato il proprio corpo dei Vigili Urbani di bombolette contenenti una sostanza derivata dal peperoncino, il cui getto genera fastidio e bruciore tali da immobilizzare l'aggressore;
proprio in questi giorni su alcuni quotidiani nazionali viene pubblicizzata la vendita di uno spray antiaggressione che può essere utilizzato liberamente da tutti i cittadini e distribuito legalmente nei supermercati, ipermercati, farmacie e tabaccherie;
tale iniziativa rappresenta un valido e calibrato strumento di autodifesa, di cui è legalmente riconosciuta la vendita sul territorio nazionale;
le Forze dell'ordine di alcuni paesi stranieri, ad esempio gli Stati Uniti, adottano come strumento dissuasivo armi elettriche -:
se il Ministro interrogato non ritenga opportuno dotare il personale delle Forze dell'ordine di bombolette spray antiaggressione e adottare, anche in via sperimentale nelle città in cui è più alto il tasso della cosiddetta microcriminalità, le armi elettriche summenzionate.
(4-02291)

Risposta. - Rispondendo all'interrogazione in esame, si fa presente che esistono vari tipi di spray utilizzabili come strumenti antiaggressione, confezionati in bombolette.
Si tratta di prodotti dalle caratteristiche assai diverse e, perciò, soggetti a discipline differenziate.
Alcuni di essi, poiché contengono sostanze chimiche incapacitanti quali il CS (orthochlorobenzalmalononitrile) ed il CN (cloracetofenone), sono inclusi nel novero dei materiali di armamento e perciò ne sono preclusi ai privati sia la detenzione che il porto. Le eccezioni ammesse dalla legge sono, in definitiva, circoscritte a coloro che producono, commercializzano, trasportano o comunque fanno usi professionali di tali sostanze.
Altri prodotti, a base di
capsicum, invece, non sono stati ritenuti idonei a recare offesa alle persone e perciò non sono considerati armi, neppure comuni, e non soggiacciono alla relativa disciplina. Si tratta di un tipo di penna e di un portachiavi spray, che sono stati classificati come «non armi» dalla Commissione consultiva centrale per il controllo delle armi, con pronunce del febbraio 1997 e del maggio 1998.
Di tali oggetti sono perciò ammessi sia la vendita a privati, che il porto.
Tuttavia, sulla effettiva pericolosità di tali strumenti sono in corso ulteriori verifiche ed approfondimenti, che potrebbero portare a conclusioni diverse da quelle


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assunte negli anni scorsi dalla citata Commissione consultiva, e quindi, eventualmente, ad un regime normativo diverso in ordine alla loro detenzione e porto da parte di soggetti privati.
Quanto, invece, agli oggetti capaci di «sparare» scariche elettriche, si fa presente che nel giugno 1998 e nel novembre 1992 la stessa Commissione ha esaminato taluni strumenti di tal genere, nonché altri in grado di emettere onde elettromagnetiche ad effetto sonoro e luminoso.
Nell'occasione, la Commissione ha classificato tali strumenti come «armi comuni», in quanto in possesso di requisiti di funzionamento e di impiego propri dell'offesa alla persona. Conseguentemente essi sono soggetti alla disciplina generale concernente tale tipo di armi.
Più in generale, si rappresenta che sono stati costituiti gruppi di lavoro per il riassetto organizzativo dei reparti mobili della polizia di Stato, i quali dovranno anche riesaminare le dotazioni protettive e di contrasto da utilizzare nei servizi di ordine pubblico, nel quadro delle disposizioni generali poste al riguardo dal decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 1991, n. 359.
In tale sede verrà quindi valutata l'opportunità di dotare la polizia di Stato di strumenti di difesa più moderni ed efficaci, facendo tesoro anche delle esperienze maturate al riguardo dalle forze di polizia di altri Paesi.
Con riferimento, infine, alla dotazione di bombolette
spray antiaggressione da parte dei corpi di polizia municipale, si osserva che una possibilità in tal senso potrebbe ammettersi solo con riguardo a quegli agenti chimici, di cui si è detto, non riconosciuti come «armi» dalla competente Commissione consultiva centrale.
Per gli altri, invece, costituirebbe un fattore sicuramente impeditivo il decreto ministeriale 4 marzo 1987, n. 145 (recante la regolamentazione generale in materia di armamento della polizia municipale), il quale, stabilendo in modo tassativo quali possano essere le armi in dotazione ai vigili urbani, non contempla l'impiego di tali strumenti.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alfredo Mantovano.

GIACCO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nella città di Osimo sono presenti una compagnia dell'Arma dei carabinieri e un commissariato di pubblica sicurezza che operano su un territorio a sud di Ancona comprendente tra l'altro i comuni della Riviera del Conero, con una presenza turistica notevole, alla città di Loreto, meta continua di pellegrinaggi, ed una presenza di attività industriali e commerciali molto elevata, tanto da costituire un distretto industriale;
tale territorio è abitato da più di 80.000 cittadini ed in questi anni grazie alla presenza dei carabinieri si è potuto prevenire atti di criminalità e rassicurare la popolazione -:
se il Ministro dell'interno intenda sopprimere la compagnia dei carabinieri.
(4-02276)

Risposta. - Rispondendo all'interrogazione in esame, si rappresenta che la notizia relativa alla soppressione della compagnia dei carabinieri di Osimo è, allo stato attuale, priva di fondamento.
In realtà, presso il ministero dell'interno, è in corso di elaborazione un piano di razionalizzazione dei presidi della polizia di Stato e dell'arma dei carabinieri su tutto il territorio nazionale.
Si tratta di un progetto di ampio respiro, che si propone di ottimizzare la distribuzione del personale e dei presidi territoriali, per la prima volta anche a livello dei piccoli comuni, nonché di recuperare operatori da destinare al controllo del territorio, superando le disarmonie e le sovrapposizioni esistenti, secondo una logica di integrazione e non di separatezza delle forze dell'ordine. Si punta, per questa via, ad elevare gli
standard qualitativi dei servizi di ordine e sicurezza pubblica in ogni area del Paese.


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L'elaborazione tiene conto dell'andamento tendenziale della criminalità, dei rapporti tra la forza organica degli operatori deputati al controllo del territorio e la rispettiva popolazione, e tra quest'ultima ed il totale dei delitti commessi.
È inoltre prevista una fase di sperimentazione preventiva delle linee del possibile riordino, da avviare in una regione ove è maggiormente avvertita l'esigenza di ottimizzare le risorse.
Solo dopo una attenta analisi dei risultati raggiunti in tale fase potranno essere individuati i criteri di intervento
standard per l'avvio concreto, su tutto il territorio nazionale, del piano di razionalizzazione in parola, che comunque richiederà tempi adeguati e cadenzati, nonché il coinvolgimento dei comitati provinciali per l'ordine e la sicurezza pubblica ai quali, com'è noto, partecipano anche le realtà locali.
Allo stato è dunque da considerare arbitraria qualunque anticipazione o indiscrezione relativa a situazioni locali singolarmente considerate.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alfredo Mantovano.

GIACHETTI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
da notizie apprese dagli organi di informazione in data 25 settembre 2001 il Ministro interrogato ha comunicato che sono stati fermati a Roma cinque uomini di probabile nazionalità afgana;
sembrerebbe che tali persone avessero una cartina della città di Roma con evidenziati dei punti ritenuti sensibili per eventuali atti terroristici;
il quotidiano Il Corriere della sera, riferisce che tra i cinque punti segnati nella cartina sequestrata sembrerebbe essere evidenziato un luogo non precisato vicino a Ponte Sisto, nei pressi della scuola ebraica e non molto lontano dalla Sinagoga;
è stata pubblicata in data 19 settembre 2001 un'interrogazione riguardante le misure di sicurezza a protezione della scuola ebraica;
in data 13 settembre 2001 è stata inviata dall'interrogante al Prefetto di Roma una lettera dove si chiedeva di intervenire affinché venissero adottate misure di protezione presso la scuola ebraica, non solo nelle ore diurne ma nell'intero arco della giornata. Altresì si richiedeva di valutare l'opportunità di interdire la sosta e la fermata in Via della Renella strada che costeggia un'ala dell'istituto scolastico, dove peraltro nella mattinata odierna, da notizie assunte, sembrerebbe sia stata trovata una borsa sospetta sotto una delle automobili in sosta -:
quali iniziative, a seguito anche degli episodi evidenziati in premessa, il Governo intenda assumere al fine di garantire la massima sicurezza ai circa mille bambini che frequentano la scuola ebraica.
(4-00778)

Risposta. - Rispondendo all'interrogazione in esame, si fa presente che il 25 settembre 2001 militari del Nucleo operativo dell'Arma dei carabinieri hanno fermato cinque extracomunitari, i quali si aggiravano, privi di documenti ed in possesso di una mappa relativa a luoghi della Capitale con indicazioni in lingua tedesca, da seguire in caso di arresto.
Al termine degli opportuni controlli, in mancanza di elementi penalmente rilevanti a loro carico, gli stessi sono stati accompagnati presso l'ufficio immigrazione della questura di Roma, per i provvedimenti di espulsione.
Il 26 settembre 2001 i cinque stranieri hanno prodotto istanza per l'ottenimento dello
status di «rifugiato politico», che veniva rigettata il 2 ottobre 2001 dalla commissione centrale per il riconoscimento dello status per i rifugiati politici.
Il successivo 25 ottobre, allo scadere dei termini di legge per il loro trattenimento presso il centro di Ponte Galeria e nell'impossibilità di rimpatriarli nel paese di origine a causa dei noti eventi bellici, gli stessi venivano rilasciati.


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Relativamente alle misure di protezione adottate a seguito dei noti attentati terroristici dell'11 settembre 2001, il comitato per l'ordine e la sicurezza pubblica, pur ritenendo congruo il dispositivo per la tutela della scuola ebraica in lungotevere Sanzio, ha interessato il comando della polizia municipale per l'estensione ad un raggio di 25 metri del limite dell'area interdetta alla sosta dei veicoli per ricomprendere i perimetri esterni di tutti gli edifici scolastici ebraici di lungotevere Sanzio, di via Renella e di via Filipperi, disponendo anche la costante presenza di un mezzo per la immediata rimozione forzata.
La questura ha ulteriormente potenziato i dispositivi di sicurezza a tutela degli obiettivi ebraici con la presenza fissa di proprio personale presso l'istituto «Pitigliani», il «Centro culturale ebraico», nonché presso la comunità ebraica in Roma.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alfredo Mantovano.

GIBELLI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
nel comune di Cremona, in un palazzo in via Massarotti, attiguo al centro islamico, è situata una «madrasa», scuola islamica, finalizzata allo studio del corano e della lingua araba;
la scuola è frequentata da bambini di sesso maschile, di età compresa tra i sette e gli undici anni;
le «madrase», sono note, come centri di formazione e di indottrinamento religioso;
questi seminari sparsi in tutto il mondo, ed in particolar modo al confine tra l'Afghanistan e il Pakistan, hanno contribuito alla preparazione pseudo «culturale» dei terroristi militanti nelle associazioni criminali impegnate nella «Jihad», guerra santa islamica;
l'Italia, come tutto il resto del mondo occidentale, è impegnata in una delicata, preoccupante ed estenuante guerra al terrorismo, a causa dei noti fatti che hanno sconvolto il mondo dopo l'attentato dell'11 settembre al World Trade Center di New York;
una politica non attenta ha contribuito al brulicare del fondamentalismo religioso islamico;
il comma secondo dell'articolo 34 della Costituzione, stabilisce che: «l'istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita»;
i bambini che frequentano la scuola di via Massarotti, non ricevono altro insegnamento se non quello che viene impartito dagli insegnanti scelti dai responsabili della moschea;
i bambini che frequentano la scuola vengono in questo modo esclusi dalle attività scolastiche dei loro coetanei di nazionalità italiana;
gli enti e i privati, secondo, quanto disposto dal terzo comma dell'articolo 33 della costituzione, hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato;
il quarto comma dell'articolo 33 della Costituzione dispone che: «La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali» -:
se la scuola citata in premessa abbia presentato la prescritta richiesta di autorizzazione o se, in alternativa da parte della scuola stessa sia stata avviata la procedura per la pianificazione, ai sensi del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297;
se i Ministri interrogati non ravvisino contrasti costituzionali con gli articoli 33 e 34 della Costituzione citati nelle premesse e, in tal caso, quali provvedimenti intendano prendere per risolvere la situazione denunciata.
(4-02026)


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Risposta. - In ordine alla interrogazione parlamentare in oggetto, alla quale si risponde su delega della Presidenza del Consiglio dei ministri, si fa presente che questo Ministero ignorava l'esistenza di una scuola islamica in Cremona.
Secondo quanto comunicato dall'ufficio scolastico regionale per la Lombardia dell'esistenza di detta scuola si è avuta conoscenza solo quando una allieva, frequentante il IV circolo di Cremona, nel corrente anno scolastico, dopo pochi giorni dall'inizio delle lezioni non si è più presentata a scuola per essere avviata a frequentare la filiale cremonese della scuola
Fagr Il Islam di Milano presso il centro culturale islamico di via Massarotti, 4.
Sono stati quindi effettuati accertamenti e la vicenda è stata segnalata al sindaco di Cremona che ha iniziato a prendere contatti con i responsabili del centro culturale islamico di Cremona e di Milano.
Sono in corso attività da parte delle competenti autorità locali per valutare la gestione della problematica, fermo restando il principio del rispetto dell'obbligo scolastico cui sono tenuti tutti i minori entro i quindici anni nel nostro paese.
Il Sottosegretario di Stato per l'istruzione, per l'università e per la ricerca: Valentina Aprea.

LOSURDO. - Al Ministro delle politiche agricole e forestali. - Per sapere - premesso che:
in data 12 ottobre 2001 è apparsa sul quotidiano La Repubblica una inserzione del liquidatore giudiziale dei beni Federconsorsi, volta a promuovere e sollecitare dichiarazioni di interesse all'acquisto dei beni e crediti della Federconsorzi ancora esistenti, entro il 15 novembre scorso;
nel primo lotto offerto si trovano «i crediti in contenzioso nei confronti del Ministero delle politiche agricole e forestali (circa 576 miliardi di lire)»;
tra i suddetti si annoverano quelli del Consorzio agrario provinciale di Catania e Messina (per circa 36 miliardi attualizzati negli interessi ad oggi), derivanti dall'espletamento da parte del Consorzio in questione del servizio di gestione degli ammassi obbligatori di alcuni prodotti agricoli;
la liquidazione concordatizia, che regge oggi il suddetto Consorzio, ritiene che tali crediti non siano di spettanza della Federconsorzi - e quindi della sua liquidazione - ma tuttora del Consorzio agrario di Catania e Messina, in quanto il corrispettivo pattuito con atto di cessione del 6 ottobre 1982 per lire 2.947.361.968 (capitale più gli interessi maturati alla data suddetta), pure in presenza di una nota contabile (n. 127) rilasciata da parte della Federconsorzi e attestante la cessione del credito non è stato mai corrisposto. Infatti la Federconsorzi non ha mai accreditato l'importo nell'ambito del conto corrente n. 311 che intercorreva tra le parti;
tale mancato accredito è avvalorato dagli estratti del conto 311 (peraltro predisposti dalla stessa Federconsorzi) dai quali si è potuto evincere, come afferma il commissario liquidatore del Consorzio, che contrariamente a quanto attestato sulla nota contabile 127, né in data 6 ottobre 1982 né mai in altra precedente o successiva data è stata accreditata al Consorzio agrario la somma in argomento;
forte dei controlli effettuati, il commissario liquidatore del Consorzio agrario di Catania e Messina ha attivato tutte le azioni legali per il giuridico accertamento di tutto quanto precede (azioni che a tutt'oggi pendono innanzi al tribunale civile di Roma n. 26917/98 R.G. e n. 60748/92 R.G.);
in analoghe situazioni si trovano anche altri Consorzi, in bonis e in liquidazione -:
se il Ministro, in attesa delle decisioni del tribunale di Roma, non voglia intervenire, adottando le iniziative di propria competenza perché venga scongiurato il danno grave ed irreparabile che il


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Consorzio in oggetto subirebbe dal perfezionamento della cessione del credito in contenzioso da parte della Federconsorzi.
(4-01671)

Risposta. - In merito, infatti, il ministero ha interessato l'Avvocatura generale dello Stato affinché fossero fornite indicazioni sulle cautele da porre in essere al fine di evitare che l'eventuale vendita a terzi del credito vantato dal Consorzio Agrario di Catania e Messina o da altri soggetti, di cui è attualmente titolare la liquidazione concordatizia della Federconsorzi, potesse recare pregiudizio ad eventuali azioni di recupero scaturenti dall'esito del contenzioso tuttora pendente.
L'Avvocatura ha fornito assicurazioni sulla possibilità che l'amministrazione possa opporsi all'eventuale notifica della vendita dei crediti da parte della citata liquidazione nonché sulla opponibilità in compensazione nei confronti dei terzi acquirenti dei crediti sorti in epoca anteriore all'eventuale cessione.
Il Consorzio agrario di Catania e Messina, in esecuzione del disposto della legge n. 410 del 1999, ha già ottenuto la liquidazione della parte di credito di cui era titolare; per poter ottenere la liquidazione della rimanente parte occorrerà che il giudizio in corso, intentato dallo stesso Consorzio alla liquidazione, si concluda con una sentenza che accerti la nullità
ex tunc dell'atto di cessione parziale intervenuto a suo tempo.
Per completezza, infine, si precisa che attualmente non risultano aperti analoghi contenziosi fra altri Consorzi agrari e la liquidazione.
Il Ministro delle politiche agricole e forestali: Giovanni Alemanno.

LUCCHESE. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere se non ritenga di impartire le opportune disposizioni affinché squadre di poliziotti o carabinieri in divisa siano dislocate nelle principali strade in cui si trovano centri commerciali delle varie città, nonché nelle stazioni di metropolitane, per dare sicurezza ai cittadini e scoraggiare le azioni della microcriminalità.
(4-01749)

Risposta. - Si rappresenta che nei piani di controllo coordinato del territorio, predisposti dalle autorità provinciali di pubblica sicurezza in ambito provinciale e nei maggiori centri urbani, è previsto anche l'impiego quotidiano di 3.067 pattuglie automontate e di 250 appiedate (cosiddetto poliziotto di quartiere), con personale in uniforme ed in abiti civili.
Queste ultime operano nelle aree urbane più a rischio, quali i luoghi ove si radunano i tossicodipendenti o si concentrano gli esercizi pubblici, gli alberghi, gli uffici postali e simili, e ricercano il «contatto» con i cittadini con particolare preferenza per quelli maggiormente esposti quali, ad esempio, i direttori di uffici postali e di banche ed i titolari di gioiellerie, farmacie e tabaccherie.
Inoltre, nelle stesse provvedono ad un'azione di controllo per la repressione della microcriminalità ed all'acquisizione di notizie circa l'ambiente socio-criminale per la prevenzione dei reati.
Al fine di un migliore coordinamento degli operatori di tutte le Forze dell'Ordine, vengono utilizzate idonee tecnologie quali l'interconnessione tra le sale operative della polizia di Stato e dell'Arma dei carabinieri, l'impiego di telecamere intelligenti, che consentono da postazioni fisse o mobili di identificare e segnalare automaticamente l'appartenenza di un veicolo ad una determinata lista di auto, ed il ricorso alla video sorveglianza nei punti delle aree metropolitane considerate a rischio.
Significativi sono i risultati dell'attività di prevenzione svolta dalle forze di polizia nel luglio/dicembre 2001 con 18.062.071 persone identificate nel corso dell'attuazione di posti di controllo e 11.990.706 automezzi controllati (rispettivamente + 9,99 per cento e + 5,66 per cento rispetto allo stesso semestre del 2000, che aveva


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fatto registrare 16.421.708 persone identificate e 11.348.605 automezzi controllati).
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alfredo Mantovano.

MANTOVANI e TITTI DE SIMONE. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
è entrata in vigore, in Germania, il 12 agosto 2000 una legge per il risarcimento per coloro che furono costretti a prestare lavoro coatto in quel paese durante l'ultimo conflitto mondiale;
il governo tedesco ha designato l'«International Organization for Migration (IOM)» ad essere competente per l'esame delle istanze, per i richiedenti italiani;
alla data attuale, i cittadini italiani che hanno presentato istanza nei tempi previsti (entro l'11 agosto 2001) non hanno ricevuto alcuna risposta -:
quali iniziative intenda assumere al fine di sollecitare il governo tedesco a garantire che il risarcimento sia corrisposto al più presto, anche in considerazione dell'età dei richiedenti.
(4-02545)

Risposta. - Il 14 luglio 2000 il Parlamento tedesco ha approvato la legge istitutiva della Fondazione «Memoria, Responsabilità e Futuro» per gli indennizzi a favore dei lavoratori forzati in Germania durante l'ultimo conflitto mondiale. La legge tedesca del luglio 2000 non è frutto di un negoziato internazionale, ma corrisponde ad un'autonoma decisione del Governo e del Parlamento tedeschi (con il sostegno degli ambienti industriali) di compensare, ancorché simbolicamente, il lavoro forzato e coatto prestato all'industria tedesca durante la guerra.
Sin dall'inizio la legittimità degli
ex Internati militari italiani (IMI) ad ottenere l'indennizzo è stata posta in dubbio da parte tedesca, poiché la legge esclude espressamente che di essa possano beneficiare gli ex prigionieri di guerra.
La questione è stata seguita dal ministero degli affari esteri con la massima attenzione sin dalla fase preparatoria della legge tedesca, sia per il doveroso rispetto ed assistenza nei confronti di tale gruppo di connazionali sopravvissuti a trattamenti ingiusti ed inumani, sia per la rilevanza che il tema potrebbe assumere nell'ambito dei rapporti bilaterali con la Germania. A tal fine il ministero degli affari esteri si mantiene in stretto contatto con l'OIM (Organizzazione internazionale per le migrazioni) - che è stata incaricata dalla Fondazione tedesca di istruire le domande dei cittadini italiani - con altri dicasteri interessati, con le Associazioni di deportati e reduci e con singoli cittadini. Nel novembre 2000 una delegazione Esteri-Difesa ha illustrato alle autorità tedesche una memoria storico-giuridica sullo
status speciale degli IMI. Il ministero degli affari esteri ha altresì incaricato l'Ambasciata d'Italia a Berlino e quelle accreditate nei Paesi rappresentati nel Consiglio d'amministrazione (Kuratorium) della Fondazione di effettuare una sensibilizzazione a vasto raggio degli ambienti politici e della stessa Fondazione al fine di rappresentare l'ingiustizia che avrebbe comportato una esclusione degli IMI dai benefici della legge.
Il Governo tedesco ha quindi deciso di incaricare un esperto giuridico, il professor Tomuschat, di approfondire la questione e fornire un parere sull'ammissibilità degli IMI alla provvidenze della legge. Il 3 agosto 2001 il professor Tomuschat ha indicato che gli IMI debbono essere giuridicamente considerati quali prigionieri di guerra, anche se non furono trattati come tali, e ritenuti quindi, in linea generale, esclusi da benefici. Tale tesi è stata fatta propria dal Governo tedesco con un comunicato dell'11 agosto successivo. Il Kuratorium della Fondazione ha formalizzato tale esclusione l'11 ottobre 2001. Il termine per la presentazione delle domande di indennizzo è spirato il 31 dicembre 2001.
Da parte italiana si è deplorato con molta forza e con molta franchezza un giudizio che riteniamo ingiusto e non corredato dai fatti. È stata pertanto rappresentata alla parte tedesca la necessità di


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sviluppare, in spirito amichevole e collaborativo, ulteriori approfondimenti, anche al di là del quadro previsto dalla legge tedesca, al fine di individuare iniziative congiunte atte a fornire il dovuto riconoscimento delle sofferenze patite dagli IMI. Una concertazione interministeriale (Presidenza del Consiglio dei ministri, ministero della difesa, ministero dell'interno, ministero dell'economia e finanze) con la partecipazione delle Associazioni di categoria, promossa dal Ministero degli affari esteri, è attualmente in corso, al fine di individuare iniziative da proporre alla controparte in occasione dei prossimi incontri politici bilaterali.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Roberto Antonione.

MARRAS e VITALI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
a decorrere dal 9 marzo 2001 i Fogli degli annunzi legali delle province sono stati aboliti, dall'entrata in vigore della legge 24 novembre 2000, n. 340, articolo 31, comma 1, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale-Serie Generale n. 275 del 24 novembre 2000;
per tutti quei casi in cui le disposizioni vigenti prevedevano la pubblicazione nel F.A.L. come unica forma di pubblicità legale, in virtù del comma 3 dell'articolo 31 della citata legge, si dovrà effettuare la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale - Parte II;
l'articolo 490 del codice di procedura penale intitolato «Pubblicità degli avvisi» dispone che: «Quando la legge dispone che di un atto esecutivo sia data pubblica notizia, un avviso contenente tutti i dati, che possono interessare il pubblico, deve essere affisso per tre giorni continui nell'albo dell'ufficio giudiziario davanti al quale si svolge il procedimento esecutivo.
In caso d'espropriazione immobiliare il medesimo avviso è inserito nel Foglio degli annunzi legali della provincia in cui ha sede lo stesso ufficio giudiziario.
Il giudice può anche disporre che l'avviso sia inserito una o più volte in determinati giornali e, quando occorre, che sia divulgato con le forme della pubblicità commerciale»;
l'articolo 570 del codice di procedura penale intitolato «Avviso della vendita» dispone che «Dell'ordine di vendita è dato dal cancelliere, a norma dell'articolo 490, pubblico avviso contenente l'indicazione del debitore, degli estremi previsti nell'articolo 555 e del valore dell'immobile determinato a norma dell'articolo 568, con l'avvertimento che maggiori informazioni possono essere fornite dalla cancelleria del tribunale»;
coerentemente con le finalità complessive della legge n. 340 del 2000, le disposizioni dell'articolo 31 sono rivolte alla semplificazione degli strumenti di pubblicità legale, ossia alla eliminazione di forme di pubblicità meramente ripetitive di altre aventi lo stesso scopo e pari efficacia;
per realizzare l'obiettivo dell'unicità delle forme di pubblicità legale, la legge n. 340 del 2000 pone come regola generale quella della pubblicazione degli annunzi legali nella Gazzetta Ufficiale in tutti i casi in cui sia prevista la pubblicazione nel F.A.L. quale unica forma di pubblicità;
la norma del citato comma 3 dell'articolo 31 con lo strumento della Gazzetta Ufficiale, al posto dei soppressi F.A.L., è anche finalizzata a dare, in forma semplificata, non ripetitiva e trasparente, su tutto il territorio nazionale, pubblicità alle vendite immobiliari gestite dai Tribunali per sottrarle all'oscuro sottobosco di manovre di occultamento nelle quali si aprono gli spazi di intervento di spregiudicati speculatori e riciclatori ai danni degli esecutati, finalizzate all'acquisizione dei beni esecutati al minimo prezzo -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza del fatto che l'articolo 31, comma 1 e comma 3, legge n. 340 del 2000 ha trovato applicazione solo nella pars destruens con l'abolizione dei F.A.L. e non


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nella pars costruens con la pubblicità in Gazzetta Ufficiale, Parte II nonostante che ogni Gazzetta Ufficiale, ancora alla data odierna rechi in frontespizio in caratteri cubitali sotto il titolo «Comunicazione importante» le prescrizioni dell'articolo 31, comma 1 e comma 3, legge n. 340 del 2000 mentre in realtà in moltissimi uffici giudiziari della Repubblica non avviene la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale delle espropriazioni immobiliari;
se intenda verificare quale contributo all'applicazione della legge vigente è stato dato dall'Ufficio di Gabinetto, ufficio pubblicazioni leggi e decreti interpellato al riguardo dal direttore generale dell'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato;
se intenda richiamare all'osservanza dell'articolo 31, comma 1 e comma 3, legge n. 340 del 2000 gli uffici giudiziari della Repubblica;
se in tale richiamo intenda includere la doverosa constatazione della illegittimità e conseguente nullità di tutte quelle parti di procedura nelle quali sia mancata la pubblicità prevista dalla legge e le parti personalmente o a mezzo dei procuratori costituiti lo abbiano rilevato in sede giudiziaria.
(4-01479)

Risposta. - Come è noto l'articolo 31, comma 1 della legge 24 novembre 2000 n. 340 ha previsto l'abolizione del FAL. Con il comma 3o del medesimo articolo è stato inoltre stabilito che in tutti i casi in cui le disposizioni previgenti prevedevano la pubblicazione nel FAL, come unica forma di pubblicità legale, la pubblicazione deve essere effettuata sulla Gazzetta Ufficiale.
Ne deriva che quest'ultima forma di pubblicità è inderogabilmente richiesta
ope legis nei casi in cui la precedente pubblicazione nel soppresso FAL era l'unica richiesta.
Nei casi in cui la pubblicità sul FAL era aggiuntiva ad altre forme indicate dalle relative disposizioni di legge, non occorre invece procedere - alla pubblicità sostitutiva nella
Gazzetta Ufficiale prescritta dal 3o comma dell'articolo 31 sopracitato, concentrandosi tale pubblicità nella forma o nelle forme precedentemente concorrenti con il FAL e attualmente rimaste in vita. Quest'ultima situazione si verifica nei casi di cui agli articoli 490 e 570 del codice di procedura civile, che si riferiscono il primo alla pubblicità degli avvisi prescritta in via generale per l'espropriazione forzata e il secondo all'avviso che - a norma del predetto articolo 490 - deve essere dato nelle vendite immobiliari.
Infatti per le procedure di espropriazione forzata, anche dopo il venir meno della pubblicità sul FAL, continuano ad essere applicabili altre forme di pubblicità: quella obbligatoria dell'avviso da affiggere all'Albo degli uffici giudiziari e quella eventuale, consistente nell'avviso su giornali o nella divulgazione della vendita con le forme della pubblicità immobiliare, che il giudice dell'esecuzione ha la facoltà di disporre con propria autonoma e insindacabile determinazione, trattandosi di un atto del processo civile di esecuzione.
L'eventuale mancata pubblicazione nella
Gazzetta Ufficiale delle vendite disposte nelle procedure di espropriazione forzata immobiliare dal giudice dell'esecuzione - lamentata nell'interrogazione - dipende evidentemente dal fatto che l'inserimento nel FAL dell'avviso dell'espropriazione non era l'unica forma di pubblicazione disposta dall'articolo 490 (richiamato dall'articolo 570) c.p.c.. Va, comunque, ribadito che in relazione ai casi segnalati, non sussiste per il giudice dell'esecuzione alcun obbligo di legge a disporre nel senso voluto dagli onorevoli interroganti e che, peraltro, eventuali illegittimità o nullità che si vogliano fare derivare dal mancato accoglimento da parte del giudice dell'esecuzione delle richieste di procedere alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, formulate dalle parti o dai loro difensori, costituiscono fatti interni dei singoli processi che attengono all'esercizio della giurisdizione e che possono trovare all'occorrenza rimedio esclusivamente attraverso il ricorso ai mezzi di difesa previsti dalla legge processuale.
L'Ufficio pubblicazione leggi e decreti - ora ufficio III nell'ambito dell'ufficio del Capo del dipartimento per gli affari di


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giustizia - istituzionalmente preposto a provvedere, in applicazione della normativa vigente, alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica degli atti, trasmessi dalle amministrazioni pubbliche o dalle persone interessate, per i quali le leggi o i regolamenti dello Stato prescrivono l'obbligo di tale forma di pubblicità, in seguito alla entrata in vigore dell'articolo 31 della legge 24 novembre 2000, n. 340, ha contribuito principalmente, tenuto conto degli incontri e dei contatti avuti con alcuni dirigenti responsabili dell'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, alla formulazione di una serie di note riguardanti la materia in questione, trasmesse, prima e dopo l'entrata in vigore della legge n. 340/2001, al direttore generale dell'Istituto medesimo e al ministero dell'interno.
Tali note, da una parte esplicative dell'articolo 31 della legge n. 340/2000 e dall'altra aventi carattere meramente operativo, sono state formulate alla luce della
ratio complessiva della predetta legge, rivolta alla semplificazione degli strumenti di pubblicità legale ed alla eliminazione di forme di pubblicità ripetitive di altre.
In particolare, con le suddette note è stato richiamato quanto previsto dal suddetto articolo 31, in base al quale sorge l'obbligo di pubblicazione nella
Gazzetta Ufficiale degli annunzi legali nei casi in cui «disposizioni vigenti prevedono la pubblicazione nel FAL della provincia come unica forma di pubblicità» (articolo 31, comma 3).
Di conseguenza, si è ritenuto che detto obbligo non sussista riguardo agli atti o avvisi per i quali erano previste dalla normativa previgente, oltre alla pubblicazione nel FAL provinciale, altre forme di pubblicità, come quelle, ad esempio, dell'affissione all'albo pretorio del comune ovvero all'albo dell'Ufficio giudiziario.
Tale orientamento interpretativo è conforme, fra l'altro, alle disposizioni in materia contenute nella circolare del ministero dell'interno, del 27 febbraio 2001, indirizzata a tutte le prefetture, e al provvedimento del Presidente della sezione fallimentare del tribunale di Milano, del 22 febbraio 2001, con il quale è stato disposto che la cancelleria della sezione II civile non dovrà più effettuare alcuna richiesta di pubblicazione nel FAL ovvero nella
Gazzetta Ufficiale, fra l'altro, degli avvisi di vendita all'incanto di beni immobili, dei quali deve essere data pubblicazione, mediante affissione all'albo dell'ufficio giudiziario davanti al quale si svolge l'incanto.
Con le note sopra indicate, inoltre, è stato invitato l'Istituto Poligrafico non solo a seguire il predetto orientamento interpretativo, ma anche ad assumere tutte le iniziative necessarie per rendere concretamente attuabile la citata normativa; in particolare, mediante l'emanazione di adeguate istruzioni, al fine di precisare che per la pubblicazione degli atti o avvisi in parola, nelle more dell'emanazione del regolamento previsto dall'articolo 31, comma 4, della citata legge n. 340/2000, si dovesse provvedere direttamente alla loro trasmissione, da parte delle Autorità o delle persone interessate, all'Istituto Poligrafico medesimo.
Ciò in modo da consentire al detto Istituto di procedere alla relativa pubblicazione nella parte seconda della
Gazzetta Ufficiale, applicando le stesse modalità e condizioni (es. gratuità o meno dell'inserzione) previste in passato per la pubblicazione nel FAL provinciale, nonché osservando gli stessi criteri che sono stati poi stabiliti e resi noti dall'Istituto Poligrafico, mediante comunicati riportati nella stessa Gazzetta Ufficiale ovvero nel sito internet dell'Istituto stesso.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.

MONTECCHI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la settimana scorsa nel consiglio comunale di Reggio il capogruppo consiliare della Lega Nord, Gabriele Fossa, aveva annunciato l'arrivo in città di «volontari verdi», intesi come nuovi vigilantes contro il crimine;
il giorno 23 febbraio 2002, un gruppo di «volontari verdi», guidati dalla coordinatrice


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e responsabile dei «volontari verdi di Bergamo», Laura Brembilla, ha setacciato i giardini pubblici di Reggio in cerca di persone sospette;
lo stesso presidente provinciale di Forza Italia, Liborio Cataliotti ha rilasciato una dichiarazione il giorno 24 febbraio in cui definisce l'iniziativa della lega «privata» e «assolutamente non condivisibile»;
non è assolutamente chiaro cosa i suddetti «volontari verdi» intendano per opera di «dissuasione attiva», né in base a quali criteri e, secondo quali garanzie per i cittadini, vengano individuate le persone «sospette» o «losche» -:
se sia a conoscenza dei fatti riportati e delle iniziative previste nelle prossime settimane;
se non ritenga che tale attività, oltre a determinare un pericoloso effetto confusionale tra i cittadini circa compiti e doveri delle forze dell'ordine, possa intralciare le attività di controllo del territorio e repressione del crimine da parte degli organi istituzionalmente preposti, mettendo a repentaglio l'incolumità dei cittadini;
se non ritenga che tale attività, incidendo su una funzione pubblica, che è tale al fine di garantire i cittadini anche da possibili abusi, possa determinare la grave conseguenza di delegittimare le forze dell'ordine presenti sul territorio;
se non ritenga che tale attività da parte di organizzazioni private, prive della competenza e preparazione necessaria a garantire la sicurezza dei cittadini, non solo non garantisca tale sicurezza, ma anzi la possa pericolosamente pregiudicare;
se non ritenga che lo svolgimento di indagini private, o la segnalazione di persone «presunte» sospette da parte di private organizzazioni, non incardinate in alcuna struttura istituzionale e prive di qualunque forma di controllo sulla conformità a diritto del loro operato, non sia lesiva di fondamentali principi costituzionali quali la libertà individuale dei cittadini;
quali provvedimenti intenda prendere, considerato che nell'intenzione del responsabile organizzativo delle Ronde, tale iniziativa proseguirà nelle prossime settimane estendendosi alle zone periferiche della città.
(4-02300)

Risposta. - Si fa presente che la sezione di Reggio Emilia della Lega Nord ha organizzato in quella città, nell'ultimo periodo, due iniziative, rispettivamente il 23 febbraio ed il 9 marzo 2002 per presentare la «Associazione Volontari Verdi».
Le iniziative hanno avuto caratteristiche e svolgimento analoghi. In entrambe le circostanze è stato collocato, in una delle piazze centrali, un banchetto, sono stati distribuiti volantini ai passanti e sono state raccolte adesioni all'associazione.
Ad un piccolo gruppo di militanti locali si sono aggiunti, nell'una e nell'altra occasione, alcuni simpatizzanti della Lega Nord provenienti da Bergamo, da Milano e da altre città del Nord, per un totale di 10-15 persone.
Nel corso delle due iniziative, gli stessi militanti hanno indossato delle pettorine con la scritta «Volontari Verdi», hanno raggiunto a piedi i vicini giardini pubblici e, successivamente, la stazione ferroviaria ed altre vie del centro cittadino, simbolicamente «presidiando» per un paio di ore il territorio allo scopo, da essi dichiarato, di «segnalare alle Forze di Polizia eventuali movimenti o persone sospette».
Nel corso dell'iniziativa del 9 marzo 2002 il gruppo di «Volontari Verdi» ha avuto un breve diverbio, senza conseguenze, con alcuni passanti allorché ha avvicinato un gruppo di extracomunitari che esponevano merce in vendita.
Al momento non sono state preannunciate altre analoghe manifestazioni.
Nei due casi di cui si parla, le modalità di svolgimento e la breve durata delle iniziative non hanno provocato intralci alle attività di controllo del territorio da parte delle Forze dell'ordine, né risulta che gli


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aderenti all'associazione «Volontari Verdi» svolgano o abbiano svolto attività investigative.
Lo scopo che tale organizzazione dichiara di voler perseguire è quello della sensibilizzazione dei cittadini sui temi della sicurezza in generale, collaborando con le istituzioni nella lotta contro l'immigrazione illegale, contro lo spaccio di stupefacenti, contro la prostituzione ed altri reati.
A questo riguardo, si fa presente che il dipartimento della pubblica sicurezza, nel luglio del 1995, ha diramato una dettagliata direttiva, precisando i limiti entro i quali possono muoversi le associazioni di volontariato che si propongono scopi di tale natura.
In nessun caso, è stato chiarito, è consentito a privati di svolgere in forma organizzata attività che comunque si sovrappongono o che riproducono atti o funzioni tipiche delle forze di polizia o di altre pubbliche autorità.
Ove ciò si verificasse si verrebbe a concretare il reato di usurpazione di pubbliche funzioni, previsto e punito dall'articolo 347 del codice penale.
Sono consentite, invece, quelle attività di segnalazione e denuncia di reati, di prestazione di soccorso alle vittime e di cooperazione con le istituzioni che la legge consente, ed in taluni casi impone alla generalità dei cittadini (cfr. gli artt. 593 e 652 codice penale), sempre, comunque, con carattere di occasionalità ed eventualità.
Nelle occasioni di cui si parla, anche alla luce dell'interpretazione fornita da tale circolare, non sono state riscontrate violazioni di norme di legge da parte di aderenti all'associazione «Volontari Verdi».
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alfredo Mantovano.

ANGELA NAPOLI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
nel corso degli anni accademici precedenti, vuoi per la mancanza di una adeguata legge nel merito, vuoi per l'emanazione di diversificate sentenze da parte degli organi di giustizia, il Parlamento ha emanato provvedimenti di sanatoria per gli studenti non ammessi alla frequenza delle facoltà universitarie a numero chiuso;
va ricordato che nel frattempo molti studenti sono stati sollecitati da legali ed enti di consulenza vari a presentare annualmente ricorsi dietro, a volte, onerose ricompense;
la legge n. 264 del 2 agosto 1999, recante norme in materia di accessi ai corsi universitari ha regolamentato il tutto e, ad avviso dell'interrogante, non dovrebbe dare atto ad ulteriori richieste di sanatorie;
nei giorni scorsi l'interrogante è venuta a conoscenza che la «Consulcesi» di Roma sta facendo distribuire volantini invitando gli studenti che non hanno superato il test di ammissione, alle facoltà a numero programmato -:
se non ritenga di intervenire urgentemente al fine di non consentire speculazione alcuna, tantomeno false attese per eventuali sanatorie e soprattutto ingiustizie che queste ultime hanno creato tra gli aspiranti.
(4-00882)

Risposta. - Com'è noto, la legge n. 264/99 ha disciplinato in modo conclusivo l'accesso alle facoltà universitarie cosiddette a numero chiuso, disponendo, peraltro, all'articolo 5, una sanatoria in favore degli studenti «comunque ammessi dagli Atenei alla frequenza dei corsi dell'a.a 1998-1999 entro il 31 marzo 1999».
Con la legge in questione, nella quale sono stati recepiti gli orientamenti e le osservazioni emerse dalle pronunce sia dei Tar che della Corte costituzionale, si è voluto pertanto porre un punto fermo in merito all'accesso ai corsi predetti, sebbene, in seguito alla situazione di notevole incertezza ed al nuovo contenzioso venutosi a creare relativamente all'a.a 1999-2000, su iniziativa parlamentare, nonostante il parere contrario del Governo, è intervenuta la legge n. 133 del 27 marzo 2001, disponendo


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un'ulteriore sanatoria in favore degli iscritti all'a.a 1999-2000.
In ogni caso, a decorrere dall'a.a 2000/2001, la legge n. 264/99 ha ricevuto definitiva e regolare applicazione; questo Ministero infatti ha avuto più volte modo di chiarire, anche in risposta ad analoghi atti di sindacato ispettivo, che non vi sono spazi per ulteriori sanatorie né, tanto meno, i presupposti giuridici e normativi perché si verifichi un contenzioso analogo a quello degli anni precedenti.
Circa infine eventuali operazioni speculative, cui fa esplicito riferimento l'Onorevole interrogante, dirette ad alimentare il
business dei ricorsi (che peraltro, relativamente al corrente anno accademico, risultano presentati in numero piuttosto esiguo), questo dicastero non ne è venuto, per il momento, direttamente a conoscenza.
Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca: Letizia Moratti.

ANGELA NAPOLI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la circolare ministeriale n. 174 del 14 dicembre 2001 ha fissato al 20 gennaio 2002 il termine ultimo per l'iscrizione alle classi delle scuole di ogni ordine e grado per l'anno scolastico 2002-2003;
in data 23 gennaio 2002, quindi ad avvenuta scadenza del termine previsto per le iscrizioni, è stata data la notizia ufficiale della creazione di due nuove Istituzioni scolastiche nella provincia di Reggio Calabria, per l'anno scolastico 2002-2003 -:
se non ritenga necessario ed urgente intervenire per far slittare l'avvio delle citate nuove istituzioni all'anno scolastico 2003-2004;
se non ritenga di dover fare predispone un controllo adeguato sulle iscrizioni per le nuove istituzioni;
se non valuti che la decisione, fuori termine, operata dal direttore regionale scolastico calabrese andrà a ledere la situazione degli organici, predisposti in base alla scadenza del 20 gennaio 2002, delle altre istituzioni scolastiche reggine;
se non ritenga che simili decisioni, assunte peraltro, ad avviso dell'interrogante, in difformità delle normative vigenti non ledano la possibilità di competere tra le singole istituzioni autonome della provincia in questione.
(4-01955)

Risposta. - Si fa presente che il direttore generale dell'ufficio scolastico regionale per la Calabria, di concerto con la regione - assessorato all'istruzione - ha dato seguito alle richieste presentate dai dirigenti scolastici dell'Istituto professionale alberghiero di Locri e dall'Istituto magistrale di Polistena d'intesa con gli enti locali, istituendo nel comune di Condofuri una sezione staccata dell'Istituto professionale Alberghiero di Locri e nel comune di Cinquefrondi una sezione staccata del liceo psicopedagogico ad indirizzo musicale dipendente dall'Istituto magistrale di Polistena, nella necessità di venire incontro alle esigenza formative espresse dal territorio, trattandosi di corsi di alta specificità professionale.
I provvedimenti adottati risultano conformi a quanto chiarito con circolare del 25 maggio 2001 ed alla vigente normativa concernente le dotazioni organiche del personale docente delle scuole di ogni ordine e grado, atteso che gli allievi non sono stati sottratti ad altre scuole ma erano già in carico alle istituzioni scolastiche sulle quali sono state attivate le sezioni staccate.
Quanto alle iscrizioni, premesso che il termine di presentazione delle domande di iscrizione fissato dalla circolare ministeriale n. 174 del 14 dicembre 2001 ha carattere ordinatorio e non perentorio, dalle risultanze dei controlli effettuati presso le nuove istituzioni in merito alle iscrizioni medesime è risultato che presso la sede coordinata di Condofuri sono iscritti n. 60 allievi di cui n. 3 portatori di
handicap e presso la sezione di Cinquefrondi n. 18 allievi di cui n. 2 portatori di handicap.
Il Sottosegretario di Stato per l'istruzione, per l'università e per la ricerca: Valentina Aprea.


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NICOTRA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
con sentenza della Corte Costituzionale n. 439/94, ribadita con altra sentenza n. 347/97, venne dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'articolo 1 commi 1 e 2 quinquies del decreto-legge 19 settembre 1992, convertito in legge il 14 novembre 1992, legge n. 438;
che conseguentemente era dovere dello Stato provvedere al pagamento, in favore di quel personale docente che era andato in pensione in forza della predetta legge n. 438, dei quattro mesi di pensione non corrisposti (cioè periodo 1 settembre 1993 - 31 dicembre 1993);
nonostante formali e ripetute assicurazioni il ministro della pubblica istruzione in carica il 9 novembre 1997, comunicava letteralmente agli interessati «che quest'amministrazione, nonostante ogni migliore determinazione non può ancora procedere alla corresponsione dei quattro ratei di pensione spettante ai docenti in quiescenza dal 1 settembre 1993, in quanto non è stato adottato ancora il provvedimento legislativo di copertura finanziaria»;
il Ministro del Tesoro pro-tempore palleggiava a sua volta la responsabilità al collega della PI perchè non gli aveva formulato la richiesta;
sono decorsi diversi anni e nulla gli interessati (docenti pensionati) hanno visto dei quattro mesi ormai chiamati «di rapina» -:
se non intendano sanare con urgenza questa grave situazione corrispondendo quanto dovuto ai docenti «rapinati».
(4-00992)

Risposta. - Com'è già noto già in passato questo ministero è intervenuto più volte presso il ministero del tesoro per trovare soluzioni atte a risolvere la questione riguardante l'applicazione delle sentenze della Corte costituzionale n. 439/94 e n. 347/97 che hanno dichiarato costituzionalmente illegittime le disposizioni contenute rispettivamente nell'articolo 1 commi 1 e 2 quinques del decreto-legge n. 384/92, convertito con modificazioni dalla legge n. 438/92, e nell'articolo 13 comma 5 lettera b) della legge n. 724/94, che prevedevano il conferimento del trattamento pensionistico in data successiva a quella di cessazione dal servizio del personale delle scuole per dimissioni anticipate.
Per l'applicazione delle succitate sentenze il ministero del tesoro ha ravvisato la necessità di un apposito provvedimento legislativo che recasse la copertura dell'onere conseguente.
Recentemente, il dipartimento della Ragioneria generale dello Stato - Ispettorato generale per la spesa sociale in merito alla questione rappresentata, nel confermare che per l'attuazione delle sentenze in parola si rendono necessari il rispetto delle modalità e l'adozione delle procedure indicate dall'articolo 11-
ter della legge 468/1978 e successive modifiche ed integrazioni, ai fini della necessaria copertura finanziaria derivante dalla sentenza in argomento, ha anche chiarito che trattandosi di materia pensionistica compete al ministero del lavoro e delle politiche sociali attivare una specifica iniziativa legislativa.
Questo ministero, pertanto, si sta ora attivando presso il suddetto dicastero affinché siano assunte iniziative che possano portare ad una definitiva soluzione della vicenda.
Il Sottosegretario di Stato per l'istruzione, per l'università e per la ricerca: Valentina Aprea.

RANIERI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il giornalista Denny Pearl del Wall Street Journal è stato rapito da gruppi terroristici che minacciano di assassinarlo -:
se nel quadro dell'impegno internazionale teso ad ottenere il rilascio di


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Denny Pearl il Governo italiano si stia adoperando - di intesa con gli alleati - per contribuire alla salvezza del giornalista americano.
(4-02075)

Risposta. - Il rapimento del giornalista americano Daniel Pearl è stato costantemente oggetto di attenzione nelle consultazioni fra i Capi-missione dell'Unione europea accreditati a Islamabad.
Durante tutta la fase del rapimento non è tuttavia mai emersa alcuna concreta possibilità di adoperarsi per contribuire alla salvezza del giornalista americano, che avrebbe potuto essere assicurata soltanto dagli sforzi della polizia pakistana, che a quanto risulta, ha fatto tutto il possibile per individuare i sequestratori.
L'Ambasciata in Islamabad, nei contatti a vari livelli con le Autorità pakistane, ha più volte espresso la preoccupazione del governo italiano per una sollecita soluzione del caso, ricevendo l'assicurazione che il Pakistan stava facendo tutto quanto era in suo potere. La posizione è del resto plausibile, considerando che la vicenda ha costituito per il governo del generale Musharraf grave motivo d'imbarazzo nei riguardi degli Stati Uniti, indipendentemente dalle pressioni esercitate anche dagli altri alleati.
Il principale accusato del rapimento di
Pearl è Sheikh Omar Saeed, cittadino britannico. Al momento non si registrano progressi nelle indagini tali da far luce sulle motivazioni e sugli ambienti nei quali è maturato il disegno criminoso.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Mario Baccini.

REALACCI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
l'ecosistema di Molentargius comprende un sistema di zone umide e terre emerse di grande valore ambientale di rilievo internazionale che da tempo ha suscitato l'interesse della comunità scientifica;
il quadro normativo è rappresentato dal piano regolatore che prevede, sia nei piani di Cagliari che Quartu la zona di Is Arenas inquadrata come zona agricola, dalla Dichiarazione di notevole interesse pubblico della zona, a decorrere dal 12 marzo 1973, ai sensi della legge 29 giugno 1939 n. 1497, da parte della Commissione provinciale di Cagliari per la protezione delle bellezze naturali, dalla Dichiarazione di notevole interesse pubblico, a decorrere dal 24 marzo 1977, ai sensi della legge 29 giugno 1939, n. 1497, da parte del Ministro per i beni culturali ed ambientali di concerto con il Ministro per la marina mercantile e delle finanze, che impone un vincolo di inedificabilità ed inoltre dal Piano Territoriale Paesistico (PTP predisposto nel 1975 dal Soprintendente ai Monumenti e Gallerie di Cagliari il primo tentativo di tutela dello stagno per garantire «il godimento estetico» delle bellezze naturali e per la protezione della zona umida in quanto ecosistema di eccezionale interesse naturalistico), parzialmente modificato nel 1979 con l'esclusione del Poetto, con cui viene ribadito il vincolo di inedificabilità assoluta («divieto di edificazione») per la zona di Is Arenas (escluso il depuratore). Essendo il piano una legge della regione, tutti gli enti devono assumerla come riferimento normativo;
la Convenzione di Ramsar del 1971, recepita dall'Italia nel 1977 (decreto del Presidente della Repubblica 13 marzo 1976 n. 448), grazie alla quale Molentargius (1400 ettari) viene inserito tra le zone umide «di valore internazionale soprattutto come habitat degli uccelli acquatici» obbliga gli Stati contraenti ad adeguare i propri strumenti urbanistici al fine di consentire un'adeguata tutela delle zone umide;
la legge 8 agosto 1985, n. 431 (Galasso) ha previsto assoggettamento ope legis al vincolo paesaggistico le zone umide incluse negli elenchi di cui alla Convenzione di Ramsar;
il Piano di risanamento (1988) secondo quanto indicato nel bando di gara


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del ministero dell'ambiente (e secondo quanto stipulato con la regione Sardegna col protocollo d'intesa del 1989) promotore dell'appalto concorso per l'affidamento in concessione del programma concernente «la salvaguardia del litorale e delle retrostanti zone umide di interesse internazionale dell'area metropolitana di Cagliari», individua tra gli interventi da realizzare in via prioritaria «eliminazione dell'abusivismo della zona di Is Arenas e recupero del patrimonio naturalistico e culturale dell'intera area in cui è compresa la zona di intervento». L'area di intervento prevista assume come riferimento territoriale quella del P.T.P.;
la legge regionale 31 «Norme per l'istituzione e la gestione dei parchi, delle riserve e dei monumenti naturali, nonché delle aree di particolare rilevanza naturalistica e ambientale» individua anche la riserva naturale di Molentargius per una estensione di 1600 ettari. Le norme di salvaguardia all'articolo 26 vietano l'apertura di nuove strade;
la Zona di Protezione Speciale (ZPS) ai sensi dell'articolo 4 della Direttiva 79/409 CEE «Uccelli» ed il Sito di Interesse Comunitario (SIC), individuato e proposto nel 1997 dalla Regione Sarda in applicazione alla Direttiva 92/43 CEE «Habitat» coincidono con la zona Ramsar;
il Consiglio Regionale il 26 gennaio 1999 ha approvato la legge istitutiva del Parco Regionale Molentargius Saline, secondo la perimetrazione prevista nel PTP (pubblicata sul BAURAS nel marzo 1999);
esiste tuttora un quadro compromissorio e di trasformazione dell'ecosistema costituito da abusivismo, discariche, degrado delle infrastrutture idrauliche;
tra gli obiettivi del programma di risanamento c'era quello di eliminare le cause di compromissione del territorio e del ripristino delle condizioni di ordinaria naturalità;
è stato realizzato il previsto trasferimento delle risorse finanziarie alla regione Sarda con la quale era stato stipulato un protocollo d'intesa nel febbraio 1989;
vi sono gli impegni volti alla salvaguardia ambientale assunti dal ministero dell'ambiente verso le istituzioni internazionali;
è necessario concorrere alla formazione del Parco applicando in maniera rigorosa il complesso della normativa vigente -:
quali iniziative siano state assunte d'intesa con la regione Sardegna, per perseguire le cause di compromissione del territorio (abusivismo, discariche, degrado delle infrastrutture idrauliche).
(4-01326)

Risposta. - Si rappresenta che il decreto legislativo n. 112 del 1998 stabilisce, all'articolo 73, che «è conferita, previa intesa, alla regione Sardegna l'attuazione di tutti gli interventi necessari per la realizzazione del programma di salvaguardia del litorale e delle zone umide nell'area metropolitana di Cagliari, di cui all'articolo 17, comma 2, della legge 11 marzo 1988, n. 67. La regione Sardegna succede allo Stato nei rapporti concessori e convenzionati in atto e dispone delle relative risorse finanziarie».
Per la definizione e l'attuazione del predetto conferimento, è stata costituita una commissione mista Stato-Regione, insediatasi quale «Tavolo tecnico ministero Ambiente-Regione Sarda» in data 9 ottobre 2000 in Roma, presso la sede di questo ministero la quale ha concluso i lavori in data 16 gennaio 2002.
Con deliberazione n. 34/20 del 10 ottobre 2001 la giunta regionale ha approvato lo schema dell'«Atto di Intesa» da sottoscrivere con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio.
Nel frattempo, buona parte delle risorse finanziarie assegnate dall'articolo 17, legge 67/88, sono state già trasferite alla Regione Sardegna.
Con la materiale sottoscrizione e la successiva entrata in vigore della citata intesa, che dovrà tenere conto della conclusione dei lavori del predetto Tavolo tecnico, con il totale trasferimento delle risorse


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necessarie si completerà, a cura della Regione Sardegna, l'originario programma di salvaguardia del litorale e delle zone umide dell'area metropolitana di Cagliari, attualmente realizzato al 50 per cento.
Con riferimento ai profili specifici di salvaguardia delle aree protette interessate, si rappresenta che sono stati assoggettati, con esito positivo, a procedura di valutazione di incidenza, ai sensi dell'articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica 357/97, gli interventi di infrastrutturazione dell'area del Parco Regionale Molentargius-Saline e il progetto di salvaguardia del litorale Poetto.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio: Altero Matteoli.

REALACCI e GIACHETTI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la compromissione di tutte le componenti ambientali e la presenza di numerosi impianti industriali a rischio di incidente rilevante, furono le principali ragioni che portarono nel dicembre 1990 alla dichiarazione di area ad elevato rischio di crisi ambientale per i comuni di Siracusa, Augusta, Priolo, Melilli, Floridia e Solarino;
con decreto del Presidente della Repubblica del 17 gennaio 1995 fu approvato il Piano di risanamento e d'inquinamento della suddetta area;
a quasi 11 anni dalla dichiarazione di area ad elevato rischio di crisi ambientale ed a oltre 6 anni dall'approvazione del Piano, nessun intervento di competenza delle parti pubbliche, diretto a depotenziare i rischi o a risanare i guasti ambientali, è stato realizzato. Gli interventi posti a carico delle aziende industriali interessate sono stati invece tutti effettuati;
preso atto dei macroscopici ritardi dell'attuazione del piano, dovuti all'inesistente azione della regione siciliana, il Ministro dell'interno con ordinanza n. 3072 del 21 luglio 2000, commissariò la Regione Sicilia affidandone i compiti al Prefetto di Siracusa;
nel numero 43 del 25 novembre 2001 del settimanale l'Espresso è apparso un articolo, a firma Marco Lillo riferito alla Ved di Siracusa, dove fra l'altro è narrata la vicenda di Sebastiano Guzzardi "un operaio di 36 anni scopre che suo figlio ha una malformazione congenita dell'uretere che fa tornare i veleni del suo corpo nel rene, danneggiandolo. Dopo due operazioni è tornato alla normalità. Ora ha sette anni e conduce vita serena, anche se il rene è danneggiato e deve essere soggetto a controlli frequenti. Il suo caso non è isolato. Tre anni dopo, un collega di Guzzardi, Giovanni de Cillis si ritrova nella stessa situazione: suo figlio nasce con una malformazione all'uretere. Anche lui ha la febbre ed il reflusso urinario. Anche lui è operato a Vicenza. Il tarlo che ronza nella testa dei due papà diviene rombo un anno dopo. Nello stesso reparto della fabbrica, un caposquadra li chiama in disparte e confida: "Mio figlio ha un reflusso all'uretere". Un incubo, un serial killer senza volto. Non passa un anno ed un altro operaio ha una bambina che gli nasce con la febbre e problemi alle vie urinarie... . Il 14 maggio la Ved spedisce a Sebastiano una lettera minacciosa: "Poiché ravvisiamo in tali gratuite ed infondate osservazioni del signor Guzzardi un chiaro proposito diffamatorio stiamo valutando l'ipotesi di una denuncia penale a suo carico". Eppure la richiesta di comprare gli aspiratori per tutelare i polmoni dei dipendenti non era campata in aria. Dopo le indagini della procura, pochi giorni fa, gli aspiratori sono stati istallati. Eppure le sostanze usate per produrre la vetroresina potrebbero avere un legame con le malattie»;
negli undici anni trascorsi dalla richiamata dichiarazione di area a rischio la situazione ambientale dell'area in questione non sembra essere affatto migliorata


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come dimostrano i numerosi casi di allarme-emergenza per il superamento delle soglie per anidride solforosa, ossidi di azoto e ozono/idrocarburi che si verificano puntualmente con grave disagio per le popolazioni e, soprattutto, per l'abnorme numero di neonati malformati che nell'anno 2000 ha fatto registrare ad Augusta il terrificante livello del 5,6 per cento. Tale livello è sostanzialmente analogo a quanto registrato a Siracusa e comprovato dalle indagini e dagli studi condotti dalle strutture pubbliche sanitarie -:
quali azioni il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio abbia intenzione di intraprendere al fine di realizzare una veloce attuazione del Piano di risanamento;
se il Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio non ritenga opportuno istruire una commissione di inchiesta per esaminare la problematica delle malformazioni dei nati nell'area a rischio e per individuare i nessi casuali tra le lavorazioni, le sostanze presenti nell'area e le gravi conseguenze sanitarie registrate con riferimento anche a quanto riferito nell'articolo citato nelle premesse;
se ciascun Ministro, per la parte di propria competenza, non ritenga opportuno ed urgente avviare un'indagine sul rispetto delle norme di sicurezza e sanitarie in cui operavano ed operano i lavoratori dell'azienda Ved.
(4-01788)

Risposta. - Si riferisce che la Regione Siciliana il 25 maggio 1988, con nota n. 26358, ha presentato istanza per la dichiarazione di area ad elevato rischio di crisi ambientale del territorio della provincia di Siracusa, ricadente nei comuni di Augusta, Floridia, Melilli, Priolo Gargallo, Siracusa e Solarino e del territorio della provincia di Caltanissetta, costituito dai comuni di Gela, Butera e Niscemi.
Il Consiglio dei ministri, con deliberazione del 30 novembre 1990, ha dichiarato «aree ad elevato rischio di crisi ambientale» alcune zone ricadenti nelle province di Caltanissetta e Siracusa. I piani di disinquinamento e di risanamento di tali aree sono stati successivamente approvati mediante appositi decreti del Presidente della Repubblica.
In particolare, a seguito dell'emanazione del decreto del Presidente della Repubblica del 17 gennaio 1995, il ministero dell'ambiente ha provveduto a trasferire alla Regione Sicilia risorse pari a 100 miliardi di lire per il piano di risanamento da attuare nella provincia di Siracusa e pari a 40 miliardi di lire per il piano di risanamento da attuare nella provincia di Caltanissetta.
A causa della mancata attuazione di tali interventi di risanamento, i prefetti delle province di Caltanissetta e di Siracusa sono stati successivamente nominati, con ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3072 del 21 luglio 2000, «commissari delegati» per l'attuazione dei piani di risanamento.
A tali commissari sono state pertanto trasferite le risorse finanziarie erogate ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 17 gennaio 1995.
Peraltro, nel corso di una riunione recentemente tenutasi presso il ministero dell'ambiente, l'assessore all'ambiente ed al territorio della Regione Sicilia ha assunto l'impegno di esaminare i motivi del mancato utilizzo dei 140 miliardi trasferiti dal ministero dell'ambiente, già nel 1996, alla Regione Sicilia per l'attuazione del piano di risanamento.
Si deve inoltre rilevare che, già nel 1994, il ministero dell'ambiente aveva stipulato, con il Centro di ricerca di Ispra, un contratto, denominato progetto «Envireg», finalizzato alla realizzazione degli strumenti necessari ad attuare ed a monitorare tali piani di risanamento. Il contratto prevedeva, in particolare, la creazione di una rete centralizzata di sorveglianza dell'inquinamento ed di un centro per la prevenzione dell'inquinamento.
La Regione Sicilia, la quale avrebbe dovuto realizzare tali interventi, non ha tuttavia provveduto, fino ad oggi, ad acquisire la strumentazione necessaria.
Si deve peraltro segnalare che, nel corso degli ultimi mesi, si sono realizzate le


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premesse per alcuni importanti sviluppi ai fini dell'attuazione degli interventi di risanamento dell'area.
Nel mese di novembre del 2001 si è tenuta, a Palermo, una riunione tra i rappresentanti della Regione Sicilia, delle prefetture di Siracusa e Caltanissetta e del ministero dell'Ambiente, nel corso della quale si è stabilito di trasferire ai prefetti una cifra pari a circa 40 miliardi di lire da suddividere, in parti uguali, per gli interventi di risanamento della zona di Siracusa e di Caltanissetta.
Nel corso della stessa riunione, si è inoltre deciso di proseguire l'attuazione del «progetto Envireg», effettuando una serie di ricognizioni presso i siti in cui sono state installate le strumentazioni per il rilevamento e la prevenzione dell' inquinamento. Conseguentemente, nei giorni 14 e 15 gennaio 2002, si è svolta una prima ricognizione presso l'area industriale della zona di Augusta, Priolo e Melilli. Una seconda ricognizione si è poi svolta, nei giorni 11 e 12 febbraio 2002, presso l'area industriale di Gela.
In questo quadro, il ministero dell'ambiente e della tutela del territorio intende addivenire, in tempi rapidi alla conclusione di un Accordo di Programma con l'ARPA Siciliana, al fine di favorire un completo ed efficace utilizzo delle strumentazioni previste dal «progetto Envireg».
Tali strumentazioni, integrate nella rete regionale di monitoraggio, potranno infatti fornire dati ed informazioni estremamente utili per un maggior controllo del territorio e per l'individuazione di ulteriori iniziative tese alla tutela della salute dei cittadini e dei lavoratori.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio: Altero Matteoli.

ROTUNDO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
nel corso dell'anno 2001 l'intera area della provincia di Lecce è stata interessata da una siccità mai verificatasi nell'ultimo decennio;
la mancanza di pioggia ha provocato ingenti danni all'agricoltura, riducendo la produzione di uva, olive, tabacco, ortaggi e di altre tipiche culture dell'annata oltre a danneggiare seriamente il settore vivaistico e quello zootecnico;
gli operatori dei predetti comparti produttivi oltre al mancato guadagno dovuto al calo della produzione hanno sopportato maggiori e cospicui oneri finanziari per continuare a condurre le proprie aziende;
i danni causati dalla siccità hanno privato molte famiglie dell'unica fonte di reddito disponibile;
in alcuni casi, danni irrimediabili hanno provocato gravi conseguenze per la produzione futura e per l'equilibrio finanziario delle imprese, con un ulteriore calo dell'occupazione in un territorio già in grave e lunga crisi a causa di scarsi impulsi ed incentivi allo sviluppo dell'agricoltura;
ai danni di natura economica-finanziaria, si aggiungono quelli, forse ancora più gravi di natura ambientale, dovuti alla progressiva desertificazione del territorio provinciale;
è necessario ed urgente intervenire attraverso una politica di misure, di agevolazioni fiscali, di esonero dal pagamento dei contributi agricoli unificati, di sostegno al reddito delle famiglie;
il Consiglio provinciale di Lecce ha approvato un apposito ordine del giorno per richiedere interventi urgenti;
quali provvedimenti intenda adottare il Governo, anche in deroga alle disposizioni oggi in vigore, per intervenire con immediatezza a favore dei contadini, degli agricoltori, degli allevatori così gravemente danneggiati dalla siccità.
(4-02035)

Risposta. - In merito all'interrogazione in esame cui si risponde, concernente la siccità che nel 2001 ha colpito il territorio della provincia di Lecce, si fa presente che con decreto ministeriale del 15 febbraio


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2002, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 63 del 15 marzo 2002, è stato dichiarato lo stato di calamità.
Il Ministro delle politiche agricole e forestali: Giovanni Alemanno.

RUSSO SPENA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
a Porto Recanati (MC) ha sede un distaccamento della Polizia Stradale composto da 16 operatori, al comando, da tanti anni, del medesimo Ispettore;
ultimamente, la contestata gestione di detto Ispettore ha causato la presentazione di ben sette domande di trasferimento ad altra sede da parte di altrettanti poliziotti -:
se intenda intervenire in merito per riportare la necessaria serenità operativa all'interno del distaccamento interessato, adottando anche provvedimenti che possono apparire dolorosi ma indispensabili come l'avvicendamento degli Ispettori.
(4-01893)

Risposta. - Si fa presente che la gestione del personale del distaccamento della polizia stradale di Porto Recanati è stata valutata dal dirigente del compartimento Marche di quella specialità.
Al riguardo, non sono emersi provvedimenti disciplinari adottati dal responsabile della struttura e tutti gli operatori ivi in servizio, riconosciuta l'elevata preparazione del loro comandante, non hanno saputo riferire di specifici episodi di comportamenti autoritari dello stesso. Inoltre, tra le domande di trasferimento presentate, una
sola fa esplicito riferimento ad una mancanza di serenità nel reparto.
Il dipartimento della pubblica sicurezza del ministero dell'interno, pertanto, ha ritenuto eccessivo l'allontanamento del responsabile, per l'esiguità degli elementi acquisiti, invitando il dirigente del compartimento a seguire con particolare attenzione la situazione del reparto in parola.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alfredo Mantovano.

RUSSO SPENA, ALFONSO GIANNI e PISAPIA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
a seguito dell'approvazione della legge n. 89 del 24 marzo 2001 è stata introdotta nel nostro ordinamento la procedura davanti alle Corti di appello per il riconoscimento dell'equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo;
già prima dell'entrata in vigore della predetta legge era previsto per tali casi il ricorso ex articolo 6 paragrafo 1 della Convenzione europea dei diritti dell'Uomo innanzi alla Corte di Strasburgo;
detta procedura non prevedeva costi per la parte ricorrente né soccombenza in caso di dichiarazione di irricevibilità del ricorso qualsiasi fosse la natura del procedimento che aveva dato impulso al ricorso alla Corte di Strasburgo;
il procedimento davanti alla Corte di appello in Italia, previsto dalla legge n. 89 del 24 marzo 2001, costituisce una via obbligatoria al fine di poter successivamente adire la Corte europea ai sensi dell'articolo 35 della Convenzione europea dei diritti dell'Uomo, come è stato anche recentemente statuito dalla Corte europea dei diritti dell'Uomo, nel caso Brusco contro Italia;
il procedimento davanti alla Corte di appello in Italia, previsto dalla, legge n. 89 del 2001, non mantiene le stesse caratteristiche procedurali di quello davanti alla Corte europea dei diritti dell'Uomo a Strasburgo, sotto il profilo in generale della gratuità fiscale ed in particolare della non soccombenza alle spese nel caso di rigetto del ricorso;
l'onerosità del procedimento costituisce un serio ostacolo nel ricorso delle persone meno abbienti, ancorché non totalmente indigenti;


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tale considerazione diventa ancor più evidente nel caso di ricorso proposto per l'eccessiva durata di processi in materia di lavoro o previdenziale il cui regime fiscale è la totale esenzione per tutti i gradi di giudizio nonché per tutte le procedure da esso derivanti o connesse;
tanto ciò è vero che alcune Corti di appello hanno ricevuto, nel silenzio della legge n. 89 del 2001, i ricorsi relativi ai predetti procedimenti riconoscendo l'esenzione da diritti di cancelleria e bolli e che, solo a seguito della circolare n. 3809 del 25 ottobre 2001 emanata dal Ministero della giustizia Direzione generale degli affari civili e delle libere professioni - è stato ritenuto che il procedimento sia autonomo e distinto da quello principale e debba pertanto svolgersi nei modi stabiliti per i procedimenti civili da trattarsi in camera di consiglio;
tale interpretazione determina un grave impedimento al ricorso interno con conseguente impossibilità del ricorso innanzi alla Corte europea dei diritti dell'Uomo e dunque in violazione dell'articolo 34 della Convenzione europea dei diritti dell'Uomo che impone allo Stato di non ostacolare «con alcuna misura» l'esercizio effettivo del diritto di ricorso individuale alla Corte europea dei diritti dell'Uomo;
comunque l'interpretazione fornita con la circolare ministeriale appare errata in quanto non ha tenuto conto delle previsioni di cui alla legge n. 533 del 1973 che nel disciplinare la riforma del processo del lavoro ha previsto la gratuità di tutti gli atti e procedimenti, ancorché autonomi e distinti, purché risultassero comunque connessi al procedimento principale (procedure esecutive, fallimentari, concorsuali eccetera);
dunque, almeno per i ricorsi relativi alla eccessiva durata dei processi in materia di lavoro e previdenziale, il Ministero avrebbe dovuto operare una interpretazione analogica nel rispetto delle previsione di cui alla legge 533 del 1973 -:
quali misure voglia adottare al fine di rimuovere gli ostacoli introdotti dalla interpretazione fornita dalla circolare ministeriale n. 3809 del 25 ottobre 2001, al fine di ripristinare il rispetto dell'articolo 34 della Convenzione europea dei diritti dell'Uomo, la cui attuale palese violazione espone lo Stato italiano a sicure censure da parte del Consiglio d'Europa, al cui vaglio sono già sottoposte le questioni inerenti il rispetto del termine ragionevole di durata dei processi nel nostro paese.
(4-02088)

Risposta. - Con riferimento alla problematica sollevata dall'interrogante, si rappresenta che la medesima è stata superata con l'entrata in vigore del decreto-legge 11 marzo 2002, n. 28, recante modifiche all'articolo 9 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, relative al contributo unificato di iscrizione a ruolo dei procedimenti giurisdizionali civili, penali e amministrativi, nonché alla legge 24 marzo 2001, n. 89, in materia di equa riparazione.
L'articolo 2 del decreto-legge citato, infatti, modifica la legge 24 marzo 2001, n. 89 prevedendo l'espressa esenzione dei procedimenti in materia di equa riparazione dal pagamento del contributo unificato connessi alla salvaguardia dei diritti garantiti dalla Convenzione per la tutela dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.

SEDIOLI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio. - Per sapere - premesso che:
a seguito di ripetuti esposti avanzati dai cittadini del comune di Forlì, residenti nelle adiacenze dell'autostrada A14, intersecante le località di Roncadello, Bagnolo e Pievequinta e sulla base di indagini fonometriche, il sindaco con ordinanza del 16 gennaio 1992 ordinava alla Società Autostrade spa la messa in opera degli interventi necessari al contenimento delle emissioni acustiche prodotte dall'intenso traffico veicolare e a tutela della salute dei residenti nelle località sopra richiamate;


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attraverso l'intervento negoziale del Ministero dell'ambiente in data 26 agosto 1999, è stata sottoscritta una convenzione per l'installazione di barriere fonometriche finalizzata alla realizzazione di un primo intervento urgente di 1353 ml di barriera entro il termine di 1 anno;
il comune di Forlì, che ha predisposto un piano di risanamento su tutto il tratto autostradale che attraversa il territorio comunale, ha sollecitato il mantenimento degli impegni assunti nella convenzione e sottoscritti dalla Società Autostrade, in particolare per la realizzazione di un primo stralcio di barriere per le quali si era assicurato l'avvio delle procedure d'appalto;
a tutt'oggi tali impegni non sono stati assolti -:
quali iniziative intenda assumere il Ministro per sollecitare la Società Autostrade alla immediata realizzazione delle barriere fonoassorbenti previste nel primo stralcio e dare impulso al completamento di tutto il programma di risanamento del tratto autostradale dell'A14 che attraversa il territorio del comune di Forlì, al fine di tutelare la salute e riparare ai guasti ambientali provocati dai ritardi della Società Autostrade.
(4-01865)

Risposta. - In seguito alla richiesta di intervento avanzata dal comune di Forlì, documentata da rilievi fonometrici effettuati dalla competente ARPA, al fine di individuare possibili soluzioni al problema sopra evidenziato e tenuto conto della disponibilità manifestata dallo stesso comune a contribuire alla realizzazione delle opere di bonifica acustica, il ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, tramite il Servizio inquinamento atmosferico e rischi industriali, ha da tempo avviato un'intensa attività negoziale che ha portato alla stipula di una Convenzione, in data 26.08.99, tra Autostrade S.p.a. ed il comune di Forlì.
La realizzazione degli interventi previsti dalla Convenzione, sta subendo notevoli ritardi dovuti, ma solo in parte, alla necessità rappresentata dall'amministrazione comunale, di apportare alcune modifiche agli elaborati predisposti da Autostrade S.p.a., alla luce dell'adozione della zonizzazione acustica comunale e della revisione della normativa regionale in materia di inquinamento acustico.
Questo ministero, cui compete, tra l'altro, l'attività di controllo sui piani di contenimento ed abbattimento del rumore predisposti dalle società ed enti gestori delle infrastrutture di trasporto, e sulle scadenze per le attività di risanamento cui le società devono conformarsi, ha recentemente rappresentato alla società Autostrade la necessità di pervenire ad una soluzione in tempi brevi.
Con nota trasmessa in data 27.7.2001, la S.p.a. Autostrade ha comunicato che «ha provveduto a far eseguire le modifiche richieste e allo stato attuale, essendo stato appena ultimato il progetto definitivo, sta provvedendo ad avviare le procedure d'appalto dei lavori».
Inoltre, la Società Autostrade, ha comunicato di avere redatto lo studio integrativo per il completamento dell'azione di risanamento acustico su tutto il tratto autostradale che attraversa il territorio comunale di Forlì, corredato dai risultati del monitoraggio acustico, dalle caratteristiche tecniche delle opere (barriere antifoniche e di sicurezza e pavimentazione drenante-fonoassorbente) e dal costo stimato degli interventi.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio: Altero Matteoli.

SERENA. - Al Ministro delle comunicazioni. - Per sapere - premesso che:
tra i dipendenti dell'Azienda poste spa della provincia di Treviso c'è viva preoccupazione per alcuni progetti che sembra l'azienda abbia programmato e che vanno nella direzione della cessione all'esterno della società Poste spa di servizi che ne costituiscono un patrimonio storico: quello dei pacchi e quello della corrispondenza raccomandata, nonché la paventata chiusura di quegli uffici definiti non produttivi;


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se le cose stessero così, questo progetto avrebbe un solo esito: i cittadini, in particolare i pensionati, e le attività economiche della provincia di Treviso subirebbero le inefficienze e vedrebbero il servizio postale ridotto drasticamente nella quantità, ma soprattutto umiliato nella qualità che da sempre vede le Poste trevigiane con i suoi dipendenti ai vertici nazionali per la produttività;
nella provincia di Treviso gli uffici postali sono 190 e nel 1999 è stata accettata corrispondenza per 54 milioni di pezzi, mentre la quantità consegnata ammonta a 180 milioni di pezzi; per quanto concerne la qualità del servizio di recapito, ad esempio la posta prioritaria, ben il 95 per cento della posta viene consegnata entro 24 ore, la posta ordinaria viene recapitata per il 90 per cento entro i tre giorni prescritti e, sempre nel 1999, sono stati consegnati in 10 comuni 61.000 certificati elettorali;
la provincia di Treviso è in primo piano per la vendita di polizze vita e per la sottoscrizione di mutui e tra le prime a livello nazionale per la sottoscrizione di azioni e obbligazioni;
il Veneto, ed in modo particolare la provincia di Treviso, svolge una funzione di traino nell'azienda Poste spa; basti pensare che la capacità produttiva dei lavoratori del Veneto è tripla rispetto alla media nazionale, che le assenze per malattia sono inferiori non solo alla media nazionale ma soprattutto alla media richiesta dal piano di impresa che, come è noto, ha la funzione primaria di risanare e rilanciare l'azienda; a supporto di quanto detto va ricordato che i lavoratori veneti nel 1998 hanno prodotto un utile di 200 miliardi e sempre nel 1998 per la filiale di Treviso un utile di 11 miliardi;
lo sforzo prodotto dai lavoratori veneti in questi ultimi anni può risultare vano a causa della diversa capacità produttiva tra Nord e Sud (ad esempio, la regione Sicilia nel 1997 ha prodotto una perdita di esercizio di 500 miliardi su 793 a livello nazionale);
i risultati sopra menzionati sono stati raggiunti dai lavoratori nonostante la cronica mancanza di mezzi strumentali e che il numero dei dipendenti applicati è ampiamente inferiore alle necessità -:
se il Ministro interrogato non intenda attivarsi presso le Poste spa al fine di salvaguardare il servizio postale nella sua completezza a vantaggio degli utenti trevigiani, in particolare per gli abitanti delle zone pedemontane e montane.
(4-01094)

Risposta. - Al riguardo si ritiene necessario premettere che, a seguito della trasformazione dell'ente Poste Italiane in societa per azioni il Governo non ha il potere di sindacarne l'operato per la parte riguardante la gestione aziendale che, come è noto, rientra nella competenza propria degli organi statutari della società.
Ciò premesso, si significa che la società Poste - interessata in merito a quanto rappresentato dalla S.V. on.le - ha precisato che le iniziative di cui è cenno nell'atto parlamentare in esame non sono da considerare «cessioni all'esterno di servizi che costituiscono il patrimonio storico (delle Poste)» ma costituiscono realizzazioni di diversa natura che hanno riguardato non soltanto il Veneto e la provincia di Treviso in particolare, ma tutto il territorio nazionale.
In concreto si tratta dell'acquisizione del controllo, da parte di Poste Italiane, di alcune imprese azionarie specializzate, allo scopo di raggiungere l'obiettivo di rendere efficiente e remunerativo il servizio nei due settori del corriere espresso e dei pacchi.
Nel caso del corriere espresso, ha fatto presente la società, le quote di mercato evidenziate dalle specifiche analisi effettuate in tale settore, sono risultate, negli anni dal 1996 al 1998, decisamente insoddisfacenti e non rispondenti alla domanda potenziale del servizio.
La scelta aziendale operata in questo segmento del mercato ha, pertanto, contribuito ad espandere le consegne nelle 24 ore in tutto il territorio nazionale, nonché a ridurre i prezzi per alcune fasce di peso; nel contempo un vasto programma di formazione


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del personale ha permesso di utilizzare in modo adeguato il potenziale delle imprese controllate e di raggiungere standard qualitativi soddisfacenti.
Nel settore dei pacchi - che da tempo faceva registrare perdite consistenti conseguenti alle inadeguate condizioni operative - l'azienda ha messo in atto un'operazione di rilancio articolata in più fasi, volta al conseguimento di un diverso assetto che fosse in grado di garantire uno sviluppo delle inerenti lavorazioni.
La prima fase, ha proseguito la società, è stata attuata con l'acquisizione delle SDA (partecipata al 100 per cento) e attraverso di essa, di una quota del 20 per cento del gruppo Bartolini; successivamente sono state attuate varie ristrutturazioni, integrazioni ed accorpamenti che hanno portato alla istituzione di un'unica divisione pacchi e corriere espresso relativa alle attività concernenti invii voluminosi, il che consentirà a Poste italiane di operare in condizioni di competitività con gli altri operatori di caratura internazionale che, da tempo, si sono mossi per conquistare quote di mercato in Italia, in Europa e in tutti i paesi sviluppati.
Quanto alla chiusura degli uffici definiti «non produttivi» la medesima società ha precisato che nell'ambito della filiale di Treviso - in cui sono presenti 95 comuni - operano ben 190 uffici postali di cui 66 (35 per cento circa) fanno registrare perdite di esercizio, tuttavia, il progetto di razionalizzazione della rete degli uffici postali in atto su tutto il territorio nazionale, ha comportato, nel corso del 2001, la chiusura dei soli uffici di Fadalpe e di San Vito Valdobbiadene.
Dai dati a disposizione non risultano, invece, ha concluso la società Poste, carenze di rilievo per ciò che attiene le dotazioni di apparecchiature negli uffici della filiale in parola, mentre anche la dotazione organica degli addetti appare adeguata alle necessità operative degli uffici in relazione ai flussi di traffico registrati ed è conforme alla linea aziendale di dotare le proprie strutture di un numero di dipendenti non strettamente determinato ma correlato alle effettive necessità dei servizi da espletare.
Il Ministro delle comunicazioni: Maurizio Gasparri.

SERENA. - Al Ministro delle attività produttive. - Per sapere - premesso che:
da anticipazioni del Rapporto Osem (Osservatorio socio economico montelliano) relative all'anno in corso e ad un centinaio di aziende del comprensorio montebellunese si evince uno stato di grave crisi nel settore calzaturiero;
secondo il direttore dell'Osservatorio, signor Aldo Durante, al fenomeno della delocalizzazione produttiva si è affiancato un altro evento drammatico legato alla tragedia dell'11 settembre e alla guerra in Afghanistan, posto che, fino a poco tempo fa, USA e Canada, con una media del 14,5 per cento, rappresentavano per l'area il principale mercato delle esportazioni;
in particolare, versa in crisi profonda il settore degli stivali da moto, nicchia produttiva che negli ultimi anni aveva fatto registrare un più 48,70 per cento di produzione ed un più 5 per cento di fatturato e che aveva negli Stati Uniti il maggior mercato di destinazione;
tale crisi si sta traducendo nella continua chiusura di laboratori calzaturieri che fa seguito ad una progressiva riduzione di personale registratasi nell'ultimo decennio e dovuta alla delocalizzazione produttiva -:
quali misure straordinarie il ministro interrogato intenda assumere per fronteggiare tale emergenza.
(4-01334)

Risposta. - La crisi del settore calzaturiero è attribuibile all'andamento generale dell'economia, con una contrazione nei consumi in tutti i settori economici, soprattutto in quelli di beni non di prima necessità, a causa della grave crisi internazionale seguita ai gravi episodi che purtroppo ormai tutti conosciamo.


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È noto che il mercato statunitense assorbe circa il 10 per cento delle nostre esportazioni e, di queste, l'8,8 per cento sono rappresentate da calzature e prodotti in pelle e cuoio. Si tratta di prodotti di lusso, legati al tradizionale
made in Italy.
Per quanto riguarda più direttamente il settore degli stivali da moto, è evidente il collegamento con il settore parallelo dei motocicli; questo comparto specifico degli stivali, dopo aver registrato, lo scorso anno, una crescita eccezionale, sta attualmente risentendo della crisi del settore calzaturiero più pesantemente di altri. Occorre però segnalare che la caduta dei flussi commerciali è iniziata ancora prima dei tragici eventi di settembre; infatti, a fronte di una crescita di circa il 30 per cento nei primi mesi del 2001, già nel mese di luglio 2001 c'è stata una controtendenza, fino a dimezzare il valore registrato qualche mese prima.
La crisi del settore calzaturiero sembrerebbe attribuibile all'andamento generale dell'economia, che sta attraversando un forte rallentamento, rallentamento aggravato dalla situazione di instabilità internazionale. Pertanto la crisi del settore calzaturiero è in effetti legata più al quadro congiunturale internazionale che a un declino dei pregi della nostra produzione e dovrebbe avere un carattere temporaneo.
Per passare all'altro aspetto che la crisi del settore di cui trattasi sta determinando, e cioè quello della chiusura di molti laboratori calzaturieri, questo si riconduce al processo di delocalizzazione produttiva. Nel premettere che tale fenomeno rappresenta un processo fisiologico in campo economico, processo nel cui ambito l'Italia appare già in ritardo rispetto agli altri paesi industrializzati nell'adeguarsi al mutare delle situazioni tradizionali, occorre distinguere due tipi di delocalizzazione, la prima legata al processo di sviluppo economico, la seconda praticamente forzata dalla necessità di sopravvivenza delle aziende italiane, che trovano più economico esportare intere fasi di produzione in paesi dove il costo del lavoro è indubbiamente più basso che non nel nostro paese.
Va sottolineato che tale tendenza rappresenta una scelta difficilmente reversibile e che comunque l'investimento all'estero dei produttori italiani consente il mantenimento di ingenti flussi commerciali con il paese d'origine.
Il Governo, con specifico riferimento soprattutto a quei procedimenti ed a quelle situazioni che derivano da una scelta obbligata per l'operatore di proseguire la propria attività anche delocalizzando la produzione, sta comunque studiando iniziative di sostegno per le piccole e medie imprese italiane, proprio per mantenere in ogni modo le importanti posizioni finora acquisite.
Il Viceministro delle attività produttive: Adolfo Urso.

SERENI. - Al Ministro delle comunicazioni. - Per sapere - premesso che:
il 12 febbraio 2002, nell'ambito dell'accordo sottoscritto a Perugia tra Poste italiane e regione dell'Umbria, è stato istituito un «Tavolo di confronto e progettazione» per l'individuazione e l'approfondimento dei campi di collaborazione e per l'esame delle questioni inerenti alla presenza e al ruolo di Poste italiane sul territorio regionale;
in quella sede l'amministratore delegato di Poste italiane, dottor Corrado Passera, aveva affermato chiaramente, dandone ampiamente notizia anche alla stampa, che alla prima riunione del Tavolo, prevista per il 26 febbraio 2002, Poste italiane avrebbe presentato il proprio progetto di ristrutturazione del centro postale di Scanzano in struttura per attività logistiche, fornendo al contempo rassicurazioni anche sulle unità di personale che nel Centro avrebbero trovato impiego;
preso atto che all'incontro del 26 febbraio 2002 Poste italiane non ha, contrariamente a quanto annunciato, presentato alcun progetto sul futuro del Centro, confermando di volersi semplicemente limitare al mantenimento dell'attuale stato di cose e ribadendo, tra l'altro, che i 48


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lavoratori in esubero saranno effettivamente interessati da mobilità;
considerato che tale comportamento di Poste italiane ha provocato reazioni di sconcerto da parte delle istituzioni e delle forze sociali interessate alla vicenda;
visto che, per le sue caratteristiche strutturali, il centro di Scanzano può continuare a svolgere in futuro, nell'ambito della politica aziendale di Poste italiane, un ruolo di primo piano sia nel contesto regionale che in quello nazionale, così come peraltro riconosciuto dallo stesso amministratore delegato;
vista inoltre l'ingente somma di denaro pubblico a suo tempo investita per la realizzazione del centro nonché il considerevole impatto ambientale provocato dalla collocazione della struttura in una piccola frazione del comune di Foligno -:
quale sia la valutazione del Governo nello specifico della vicenda e quali iniziative intenda assumere affinché da parte di Poste italiane spa sia assicurata l'ottimizzazione del considerevole investimento di risorse pubbliche attivate nel corso degli anni e quali iniziative intenda adottare affinché pur nell'attuazione della riorganizzazione sottoscritta dalle forze sindacali siano fornite dovute garanzie ai lavoratori impiegati nel Centro.
(4-02356)

Risposta. - Al riguardo si ritiene opportuno far presente che a seguito della trasformazione dell'ente Poste Italiane in società per azioni, il Governo non ha il potere di intervenire sulla gestione aziendale che, com'è noto, rientra nella competenza propria degli organi statutari della società.
Tuttavia, al fine di disporre di elementi di valutazione in merito a quanto rappresentato nell'atto parlamentare in esame, non si è mancato di interessare la medesima società Poste la quale ha riferito che, come in qualsiasi contesto produttivo, l'effettiva utilizzazione del Cenmat (Centro materiali) di Scanzano (Foligno) viene orientata in relazione alle necessità aziendali, tenuto conto dei costi relativi e delle opportunità offerte dai processi di automazione.
Il Centro in parola svolge alcune attività di particolare importanza tra le quali appare opportuno citare l'attività di supporto al
call center di Poste Italiane, struttura in fase di espansione anche per l'utilizzazione da parte di soggetti terzi che chiedono di avvalersi del servizio a beneficio della clientela o più in generale del proprio pubblico. Al riguardo, infatti, attraverso apposita casella postale, perviene a Scanzano tutta la documentazione cartacea, consistente in reclami, richieste di informazioni, risposte a questionari, moduli di promozione eccetera. Questi documenti vengono «letti» da uno scanner e quindi trasformati in files elettronici». I dati informativi, così trattati, sono poi trasmessi al call center di Roma per il prosieguo della lavorazione. La documentazione cartacea viene archiviata, sempre a cura del Cenmat, nei depositi del centro rimanendo a disposizione di Poste Italiane per eventuali consultazioni.
Anche la SDA
express courier si avvale del centro di Scanzano, per alcuni tipi di lavorazione quali, ad esempio, lo stoccaggio, la preparazione e la spedizione di carte magnetiche necessarie per alcuni servizi di postemat offerti dalla società Poste, nonché per la gestione logistica di terminali-lettori e la distribuzione del materiale di uno dei maggiori gruppi assicurativi italiani.
La società Poste ha voluto tuttavia precisare che la varietà e l'assortimento delle lavorazioni ed i conseguenti volumi di produzione sono fortemente influenzati in senso negativo sia dalla collocazione geografica del Centro, troppo distante da importanti arterie di collegamento e quindi difficilmente raggiungibile da mezzi di trasporto, sia dalle caratteristiche tecniche, realizzate in funzione delle diverse finalità per le quali era stato inizialmente concepito.
La struttura in parola, infatti, era utilizzata in passato come magazzino di deposito e smistamento della modulistica e del materiale cartaceo in genere. Pertanto l'unico tipo di collegamento richiesto, a carattere periodico ma senza scadenze fisse


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ed improrogabili, era con i CMP (Centri di meccanizzazione postale) per il rifornimento degli stampati. Attualmente tale attività, convertita in una più efficiente programmazione e gestione informatica delle richieste di materiale, consegna e riconsegna degli approvvigionamenti, va ad aggiungersi alla gestione e conservazione degli archivi per conto della società ed integra la serie di lavorazioni del centro.
Per quanto concerne il problema del personale, Poste Italiane s.p.a. ha comunicato che lo scorso 6 marzo è stato raggiunto un accordo con i rappresentanti delle organizzazioni sindacali in merito al processo di mobilità attualmente in corso presso il Cenmat.
Le parti, ha precisato la società, hanno convenuto che abbia regolare corso il processo di mobilità per 48 lavoratori del centro, ferma restando sino a tutto il prossimo mese di settembre la possibilità di richiamare personale attraverso lo scorrimento della graduatoria di mobilità per assicurare un livello di presenze in grado di permettere la piena operatività ed il corretto funzionamento dell'impianto.
Il Ministro delle comunicazioni: Maurizio Gasparri.

TAGLIALATELA e COLA. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio. - Per sapere - premesso che:
il vice presidente del consiglio comunale di Napoli - Di Dato Carlo - ha depositato, presso l'ufficio del difensore civico regionale della Campania - avvocato Fortunato Giuseppe - una denunzia di grave pericolo per la salute e ambiente all'interno dell'area ex Italsider di Bagnoli;
si riscontravano in tale area: presenza di amianto in siti non denunziati, impiego di manodopera cinese nello smantellamento di manufatti ad alto contenuto di amianto, presenza di ingenti quantità di amianto accumulate all'aperto e coperte da teloni bianchi, polverizzazione dell'amianto e conseguente espandimento nell'ambiente circostante e limitrofo l'area ex Italsider, non osservanza degli obblighi in materia di protezione dei lavoratori, non osservanza degli obblighi inerenti il trattamento di manufatti contenenti amianto, non osservanza circa le modalità provvisorie di stoccaggio dell'amianto, che i lavori di smantellamento della centrale termica sono stati iniziati dai lavoratori della Bagnoli spa senza le dovute protezioni del caso;
in conseguenza il difensore civico presso la regione Campania costituiva un comitato tecnico-scientifico per verificare l'oggetto della denunzia;
tale comitato tecnico-scientifico, acquisiti gli elementi necessari per le valutazioni richieste dal difensore civico regionale, concludeva sostenendo che: tutti i certificati di restituibilità sono relativi ad edifici di cui si autorizza la successiva demolizione, tali certificati sono relativi ad edifici e capannoni di cui non è possibile una puntuale identificazione, non esiste un certificato di restituibilità al suo normale indirizzo della zona ricadente all'interno dell'area ex Eternit comprendenti sia i piazzali che i terreni, non è chiara la data di presunto inizio dei lavori relativamente all'area ex Magazzino d'Ossigeno interessata ad un grosso intervento di bonifica del sottosuolo, non si evincono ad oggi le misure precauzionali adottate o da mettere in atto al fine di evitare la dispersione di amianto su tali aree, si evincono situazioni di rischio in merito a possibili dispersioni di fibre di amianto nell'ambiente circostante viste le precauzioni adottate (teloni di plastica appoggiati in malo modo sul terreno e con evidenti forature in più punti) -:
quali siano le attività che il Ministro dell'ambiente è intenzionato a compiere affinché sia sventata tale situazione di pericolo per la salute e l'ambiente.
(4-00515)

Risposta. - La A.S.L. Napoli 1, attraverso il proprio dipartimento di prevenzione, rappresentato dai Servizi SIML (Servizio Igiene e medicina del lavoro) e SISP


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(Servizio igiene e sanità pubblica), in coordinamento fra loro, ha svolto una continua attività di controllo e di vigilanza in materia di igiene e medicina del lavoro per la tutela dei lavoratori ed in materia di igiene ambientale, per la protezione dell'ambiente nell'area ex Italsider di Bagnoli.
In particolare, nella fase iniziale della bonifica nel periodo 95-96, attraverso interventi della Uopc (Unità operativa prevenzione collettiva), congiuntamente alla polizia di Stato di Bagnoli, sono state emesse ordinanze sindacali intese a provvedere allo immediato smaltimento dei materiali contenenti amianto presenti nell'area ex Eternit. A seguito di successivi accertamenti fu redatta una comunicazione giudiziaria alla procura competente - Sezione ecologica.
Come è risultato dall'attività di vigilanza per competenza svolta in particolare dal Settore rischi chimici del Siml, dalla Uoiml (Unità operativa igiene e medicina del lavoro) e dalla Uopc i materiali contenenti amianto, definiti con la sigla m.c.a. rinvenuti nell'area di Bagnoli sono da considerarsi appartenenti a due tipologie:
m.c.a. del tipo da costruzione edile in eternit;
m.c.a. del tipo materiali per protezione apparecchiature elettriche in cartone-amianto, materiali per guarnizioni (corde, trecce, calze e fasce di rivestimento dei tubi in gomma e dei tubi flessibili), materiali vari di uso meccanico e di coibentazione (tipo ferodi, coppelle e tessuti).

Tutti i suddetti materiali erano utilizzati nei vari impianti (centrale termoelettrica, altoforni, eccetera) e sono stati trovati anche nei vari magazzini ricambi.
Nell'area ex Eternit di circa 15.000 m.q. la presenza di materiale pericoloso espressa in m.c.a. è stata accertata in circa 6.000 tonnellate; in detta area, la bonifica del soprasuolo è terminata nel dicembre 2000.
La ASL NA 1, nel corso di ispezioni ha accertato la presenza di m.c.a. non denunciati negli anni 98-99 dalla Società Bagnoli S.p.A. In detta attività ispettiva, sono stati effettuati prelievi di campioni per le analisi, a seguito delle quali sono state impartite le relative prescrizioni con la sospensione dei lavori, l'obbligo di messa in sicurezza provvisorio, in attesa del piano lavori per la rimozione a cura di una ditta specializzata. Di tutto è stata redatta informativa trasmessa all'autorità giudiziaria.
Per quanto concerne l'impiego di manodopera cinese nello smantellamento di manufatti ad alto contenuto di amianto, segnalato dall'interrogante, è stato rappresentato che nello stabilimento di Bagnoli è in corso lo smontaggio degli impianti costituenti il «Treno nastri» e che la ditta esecutrice è
Angang Construction CompanY di nazionalità cinese. Al riguardo non risulta che il personale cinese sia direttamente coinvolto nelle operazioni per lo smontaggio e conseguente rimozione dei m.c.a. In proposito l'ASL NA 1 ha comunicato che, a seguito di segnalazione di ritrovamento di materiali sospetti contenenti amianto, sono iniziati accertamenti tuttora in corso. Il personale cinese è comunque informato sul rischio amianto ed una società italiana specializzata provvederà alla rimozione degli m.c.a.
Per ciò che riguarda le ingenti quantità di amianto accumulate all'aperto e coperte da teloni nell'area ex Eternit e in quella ex Italsider, sono stati presentati n. 2 piani di lavoro approvati dalla ASL NA 1 e i lavori di rimozione dei rifiuti sono al momento in corso.
Per quanto concerne la presenza di mca nel sottosuolo relativo al magazzino
ex ossigeno è stato segnalato che l'area in questione, in attesa dei lavori di bonifica, è stata messa in sicurezza con copertura di teloni e segnalata e recintata con la cartellonistica prevista.
Dalle analisi effettuate dalla competente ASL non è emerso comunque alcun rischio significativo di dispersione di fibre nell'aria.
Per ciò che riguarda la mancata osservanza degli obblighi in materia di protezione dei lavoratori sono state impartite, ad opera della ASL, le relative prescrizioni


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e comminate le sanzioni amministrative alle ditte interessate ai sensi del decreto legislativo 758/94.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio: Altero Matteoli.

GIACOMO ANGELO ROSARIO VENTURA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
in data 7 giugno 2001 è stata stipulata una convenzione quadro tra il ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, d'intesa con il ministero del lavoro e delle politiche sociali, e Consorzi di imprese e di società cooperative;
tale convenzione di affidamento del servizio di pulizia, e la relativa polizza fideiussoria, è stata inviata dal Consorzio nazionale dei servizi agli istituti scolastici in data 23 giugno 2001, ed è stata stipulata in base all'articolo 10, comma 1, lettera b) e comma 3 e dell'articolo 12, comma 6, del decreto legislativo 468/1997 e successive modifiche disposte dall'articolo 6, comma 1, del decreto legislativo 81/2000, e del decreto ministeriale n. 65 del 20 aprile 2001;
nel contratto il Consorzio nazionale dei servizi ha indicato le imprese tenute all'esecuzione dei servizi e gli istituti scolastici destinatari del servizio;
in considerazione di quanto previsto dagli allegati A-B-C-D-E del già citato contratto, molti lavoratori socialmente utili sono stati impiegati dagli enti locali, per periodi relativamente lunghi, nei progetti denominati «interventi di pulizia nelle scuole elementari e materne»;
tale rapporto è stato, in seguito, recepito e formalizzato dai Provveditori agli studi in maniera tale da attribuire ai lavoratori socialmente utili le mansioni e la qualifica dei collaboratori scolastici;
i lavoratori in oggetto all'atto della firma del contratto con le imprese indicate dal Consorzio nazionale dei servizi in qualità di soggetti tenuti all'esecuzione dei servizi, non hanno avuto il tempo sufficiente per poter vagliare nel modo più appropriato i contenuti del medesimo contratto, in quanto lo hanno dovuto sottoscrivere lo stesso giorno dell'avvenuta convocazione, in mancanza di ulteriore tempo per poter avanzare ulteriori richieste derivante da necessaria concertazione per determinare un contratto più aderente alla realtà e ai bisogni degli ex lavoratori socialmente utili, senza incidere sulla qualità del servizio da erogare;
siffatte modalità e circostanze con cui gli ex lavoratori socialmente utili sono stati indotti ad apporre la firma sul contratto destano sicuramente aspetti inquietanti e censurabili fors'anche sul piano giuridico, attesi i vizi della volontà che hanno presieduto alla firma del contratto da parte dei lavoratori interessati -:
se i Ministri interrogati non ritengano opportuno predisporre un'indagine per verificare se sia stata data piena esecuzione alla convenzione quadro;
se non ritengano altresì di attivarsi affinché nella Convenzione sia previsto un monte ore settimanale minimo pari a 36 ore, che consenta di diminuire la superficie da pulire in un'ora, oggi di circa 140 mq e che possa eventualmente essere trasfuso nei contratti in essere;
se ai lavoratori interessati possa essere riconosciuta la qualifica di collaboratori scolastici, avendo già assolto in modo egregio tali mansioni, al fine di valorizzare e impiegare al meglio queste risorse umane, che pur in un contesto non ideale, si sono rivelate preziose per l'erogazione di questo servizio nell'istruzione scolastica.
(4-01912)

Risposta. - Si premette che per la stabilizzazione dell'occupazione dei soggetti impegnati in progetti di lavori socialmente


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utili presso le istituzioni scolastiche la stessa legge 23.12.2000 n. 388 ha demandato al Governo l'attivazione di procedure di terziarizzazione e cioè l'emanazione di provvedimenti intesi a stabilizzare il rapporto di lavoro di detti lavoratori attraverso convenzioni con imprese esterne alla pubblica amministrazione, che si impegnano ad assumere stabilmente i lavoratori ed a corrispondere le relative retribuzioni.
L'affidamento esterno dei servizi di pulizia nelle istituzioni scolastiche, dove svolgevano le loro attività lavoratori impegnati in progetti socialmente utili presso gli istituti scolastici, è stato dettagliatamente disciplinato con decreto ministeriale n. 65 del 20 aprile 2001, emanato di concerto con il ministero del lavoro e della previdenza sociale e del tesoro del bilancio e della programmazione economica.
In applicazione di quanto previsto dall'articolo 3 di detto decreto è stata poi stipulata, in data 7 giugno 2001, una apposita convenzione tra il ministero medesimo, d'intesa con il ministero del lavoro, e le imprese ed i consorzi d'impresa e di società cooperative indicati dalle associazioni nazionali di rappresentanza aderenti alle associazioni nazionali di categoria firmatarie di contratti collettivi nazionali di lavoro del settore imprese di pulimento.
I consorzi d'impresa e le società cooperative individuate nella convenzione, dopo aver stipulato i contratti di affidamento dei servizi, hanno provveduto all'assunzione a tempo indeterminato, a far data dal 1o luglio 2001, di tutti i soggetti già impegnati in lavori socialmente utili presso le istituzioni scolastiche, stipulando con essi contratti che prevedono da parte dei lavoratori l'espletamento delle medesime mansioni che erano state a suo tempo indicate nelle delibere degli enti locali di assegnazione del personale medesimo alle istituzioni scolastiche.
Quanto al monte ore settimanali di lavoro si precisa che il medesimo articolo 3 del decreto ministeriale n. 65/2001 contiene previsioni che garantiscono un costo complessivo indifferenziato per addetto su tutto il territorio nazionale ed impongono alle imprese l'assunzione dei lavoratori di cui trattasi con contratto a tempo indeterminato per un totale complessivo ore/settimana non inferiore a 30 e con applicazione del contratto collettivo nazionale di lavoro del settore imprese di pulimento.
L'articolo n. 2 della convenzione ribadisce che gli addetti devono essere inquadrati al 2o livello del contratto collettivo nazionale delle imprese di pulimento siglato il 25 maggio 2001 ed assunti per un totale di ore lavorative individuali non inferiori a 30 settimanali; nell'allegato C sono stati quindi indicati i parametri per la definizione del monte ore annuo lordo tenendo conto della normativa contrattuale. Eventuali ore supplementari non possono che essere concesse dalla ditta datrice di lavoro.
Nell'allegato C è stato inoltre definito il parametro di produttività del servizio, espresso in metri quadri/ora di effettiva prestazione, che è stato fissato in 200 metri quadri all'ora, con possibili variazioni del 20 per cento in più o in meno in relazione alla distribuzione e distanza sul territorio di plessi, nonché sulla base della destinazione d'uso degli ambienti (scuole, uffici, laboratori, corridoi, palestre, cortili, aree verdi eccetera). Anche questo dato tiene conto della normativa contrattuale vigente in materia.
La medesima convenzione, in applicazione dello stesso articolo 3 del succitato decreto 65/2001, ha previsto l'elaborazione di un piano di ottimizzazione di utilizzo delle risorse umane assunte, approvato dal direttore generale regionale, con l'obiettivo di ottenere il miglior risultato sia in termini di qualità del servizio reso, sia in termini di rapporto costi/prestazioni dei contratti di affidamento dei servizi stipulati per il territorio di riferimento.
Per quanto su esposto si ritiene che, nel rispetto della legge n. 388/2000, sia stata data piena attuazione alla convenzione quadro e che ai lavoratori sia stato attribuito


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n trattamento economico, giuridico e previdenziale coerente con la normativa vigente.
Si fa infine presente che al citato personale addetto ai servizi di pulizia degli istituti scolastici non può essere riconosciuta dall'amministrazione alcuna qualifica, in quanto, come sopra evidenziato, si tratta di personale esterno, non inquadrato nei ruoli del personale statale, che dipende esclusivamente dalle imprese che hanno sottoscritto le convenzioni previste dal più volte citato decreto ministeriale n. 65/2001).
Il Sottosegretario di Stato per l'istruzione, per l'università e per la ricerca: Valentina Aprea.