![]() |
![]() |
![]() |
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di legge, già approvata, in un testo unificato, dal Senato, d'iniziativa dei senatori: Eufemi ed altri; Stiffoni ed altri; Schifani ed altri: Istituzione di una Commissione parlamentare d'inchiesta concernente il «dossier Mitrokhin» e l'attività d'intelligence italiana.
La ripartizione dei tempi riservati le discussione sulle linee generali della proposta di legge e pubblicata nel calendario (vedi il resoconto stenografico della seduta del 19 aprile 2002).
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Informo che il presidente del gruppo parlamentare Democratici di sinistra-l'Ulivo ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare.
Avverto che la I Commissione (Affari costituzionali) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore, onorevole Cicchitto, ha facoltà di svolgere la relazione.
FABRIZIO CICCHITTO, Relatore. Signor Presidente, onorevoli colleghi, con la
presente proposta di legge si propone di istituire, ai sensi dell'articolo 82 della Costituzione, una Commissione parlamentare di inchiesta con il compito di accertare la veridicità delle informazioni contenute nel cosiddetto dossier Mitrokhin circa l'attività spionistica svolta dal KGB nel territorio nazionale e le eventuali implicazioni e responsabilità di natura politica o amministrativa.
La vicenda Mitrokhin è oggetto di interesse da parte del Parlamento a partire dall'autunno del 1999. Nel mese di settembre di quell'anno veniva pubblicato nel Regno Unito un libro dello storico Christopher Andrew scritto in collaborazione con l'ex archivista del KGB Vasilij Mitrokhin dal titolo L'archivio Mitrokhin, il KGB in Europa e in occidente, dove venivano descritte, in alcuni casi in modo assai dettagliato, la struttura e le attività di una vasta rete di collaboratori dei servizi informativi sovietici reclutati in occidente negli ambienti più disparati, dal giornalismo alla pubblica amministrazione, all'università, all'editoria, alla politica. Tale rete sarebbe stata operativa almeno fino agli anni della leadership di Gorbaciov. Per dieci anni l'archivista Mitrokhin aveva raccolto fascicoli del KGB e li aveva occultati. Nel 1992 li consegnava ai servizi inglesi che fino al 1995 li sottoponevano a valutazioni e li consideravano, sulla base di quelle valutazioni, del tutto veritieri.
Il 14 settembre 1999, il ministro degli interni inglese Straw affermava che il materiale fornito da Mitrokhin fu esaminato con molta cura sia dai servizi di informazione inglese che da quelli dei nostri alleati fino dal 1992. Da allora il Parlamento italiano si occupava della questione con la Commissione stragi e con il Comitato servizi. Da questi accertamenti risultava che le informazioni erano cominciate ad arrivare al SISMI a partire dal 3 aprile 1995 ed erano continuate fino al 18 maggio 1999. In tutto sono arrivati 261 fascicoli. Durante quel periodo la direzione del SISMI era, prima del generale Siracusa e poi dell'ammiraglio Battelli.
I governi di quel periodo sono stati: il Governo Dini, durante il quale sono giunti al SISMI 152 fascicoli; il Governo Prodi, durante il quale sono pervenuti al SISMI 84 fascicoli; il Governo D'Alema, durante il quale i servizi inglesi hanno fatto pervenire al SISMI 25 fascicoli. Si tratta, appunto, di 261 fascicoli in totale. I governi vennero informati dai servizi con una notevole sfasatura di tempi ed in modo sommario: il generale Siracusa informò il Governo Dini trascorsi sette mesi dal suo insediamento; nel maggio del 1996 si insediava il Governo Prodi e solo il 2 ottobre 1996 il generale Siracusa informava la Presidenza del Consiglio. Il 18 ottobre 1996 l'ammiraglio Battelli subentrava al generale Siracusa e, a sua volta, egli informava il Governo D'Alema solo otto mesi dopo il relativo insediamento.
Il SISMI non aveva mai ritenuto necessario informare l'autorità giudiziaria circa il contenuto delle informazioni presenti nei dossier, salvo che per alcuni dati relativi a depositi di armi e senza citare la fonte, e si pronunciava in generale contro tali segnalazioni. Né il CESIS né il SISDE venivano informati. Nel 1999, non appena la notizia del dossier veniva resa pubblica, l'autorità giudiziaria, segnatamente la procura di Roma, interveniva ed apriva un'indagine.
L'attuale proposta di legge rappresenta, dunque, lo sviluppo e la ripresa di un'iniziativa avviata nella precedente legislatura allo scopo di rendere disponibile al Parlamento, ed anche alla coscienza nazionale, informazioni relative ad un aspetto così importante della nostra storia, quale il ruolo svolto dai servizi segreti dell'Unione sovietica in Italia. Con la presente proposta di legge si intende pertanto rendere un servizio innanzitutto alla coscienza democratica della nazione: nessun paese, ed in particolar modo nessun paese democratico, può fare a meno della propria memoria storica, la quale, però, non è costituita solo da cose nobili e giuste, ma anche da punti oscuri, ed una democrazia matura deve saper fare i conti anche con questi. La legittimità di una democrazia, infatti, non deriva da elementi ideologici o fideistici, bensì dal pluralismo politico-culturale
e dal rispetto della verità. Sono i regimi ad aver paura del libero confronto sui fatti storici e sulla verità.
Questa è un'occasione per far luce anche su tale aspetto della vicenda politica del nostro paese e, quindi, per rispondere all'esigenza, affermata nel corso del dibattito parlamentare nella scorsa legislatura, di avere una conoscenza a 360 gradi. Come sappiamo, infatti, la guerra fredda è stata una vicenda seria, che ha avuto le sue vittime ed i suoi eroi e che ha comportato costi umani e politici. Era infatti in gioco il destino dell'Europa, della sua cultura e della sua storia, e l'Italia è stata, durante la guerra fredda, un paese di frontiera. Nessuno, crediamo, avrebbe difficoltà ad ammettere che, se oggi il comunismo è crollato nell'Europa dell'est, se oggi la Polonia, la Repubblica ceca e quella slovacca, la Romania e l'Ungheria, sono paesi democratici con sistemi parlamentari reali e non fittizi, che stanno addirittura per entrare nella comunità europea, ciò lo si debba anche al fatto che l'Italia è rimasta ferma al suo posto nell'ambito dell'emisfero geopolitico occidentale e democratico.
Sull'autenticità del dossier Mitrokhin non sembra vi possano essere più dubbi: il dossier riguarda tutto il mondo coinvolto nella guerra fredda e descrive una rete che si estende ben oltre il nostro paese. Di conseguenza, ci pare priva di senso l'ipotesi che un tale dossier, passato al setaccio dai servizi segreti inglesi per diversi anni e successivamente anche da parte dell'FBI, possa essere un falso. Assai diverso è, invece, il discorso che riguarda le responsabilità individuali: è possibile, infatti, che un colloquio o semplici conversazioni siano state presentate come ingaggi da esponenti dei servizi interessati a «mettersi un fiore all'occhiello».
Di fronte al moltiplicarsi di iniziative di carattere mediatico, editoriale, investigativo e giudiziario, il Parlamento non può rinunciare al proprio diritto-dovere di acquisire una propria autonoma conoscenza.
L'inchiesta parlamentare sui fatti relativi al dossier Mitrokhin non ha nulla a che vedere né con i mass media né con la ricerca storica né con le inchieste giudiziarie né con la propaganda. Il compito del Parlamento non è né quello di scrivere i libri di storia né quello di fare processi, bensì quello di rendere disponibile alla coscienza nazionale documenti e fatti nella loro veridicità. Siamo, quindi, perfettamente in continuità con ciò che il Parlamento ha fatto nel passato per accertare tutti gli aspetti più gravi e drammatici della vita nazionale.
In questo senso ricordiamo le Commissioni d'inchiesta su Fiumicino, su Sindona, sul caso Moro, sulla P2 e la Commissione parlamentare d'inchiesta sulle stragi. Nella passata legislatura, pur in presenza di rapporti politici assai tesi, l'esigenza di far luce anche su questo aspetto della nostra vita nazionale accomunò personalità e forze politiche di orientamento assai diverso e lontano. È auspicabile che avvenga la stessa cosa in questa legislatura.
In precedenza abbiamo ricordato l'iniziativa legislativa che si è svolta nell'altra legislatura. Nella qualità di relatore in un ramo del Parlamento, il senatore Manzella affermò: «È ancora aperta, per esempio, un'annosa questione sull'efficienza dei nostri servizi. Bisogna provvedere a risolverla, traendo da questa inchiesta elementi nuovi. Questa, allora, deve essere un'inchiesta non dell'Italia con la testa all'indietro, ma dell'Italia che ricostruisce i propri apparati di sicurezza e la fiducia dei cittadini in essi. Dobbiamo fare una cosa utile e non propagandistica».
Per parte sua, il relatore dell'altro ramo del Parlamento, onorevole Sinisi, affermava: «Svolgo la funzione di relatore del provvedimento in esame e, quindi, sono portatore della volontà collettiva di procedere in tale direzione. Di conseguenza, mi impegno affinché la Commissione di inchiesta nasca e nasca con tali presupposti, pur attraverso un cammino che ci vede di comune intesa anche sul metodo da seguire che deve essere sereno, assolutamente scevro da ogni ipotesi di tesi precostituite e finalizzato a recuperare nel tempo anche ciò che fino ad oggi non si è potuto realizzare».
Nel dibattito al Senato il senatore Elia affermava che partiamo dal presupposto che sia interesse di tutti dissipare ombre e fare chiarezza e che una verità pubblica sia meglio che nuotare sott'acqua.
In sostanza, l'istituzione di questa Commissione era già matura nella precedente legislatura e qualche operazione di dilazione nei lavori parlamentari ne ha impedito l'approvazione. Questa non è una buona ragione per non farlo in questa legislatura.
La proposta di legge, come è noto, è intitolata: Istituzione di una Commissione parlamentare d'inchiesta concernente il «dossier Mitrokhin» e l'attività d'intelligence italiana.
Con il comma 1 dell'articolo 1 si istituisce la Commissione parlamentare di inchiesta, con il compito di accertare la veridicità delle informazioni contenute nel cosiddetto dossier Mitrokhin sull'attività spionistica svolta dal KGB nel territorio nazionale e le eventuali implicazioni e responsabilità di natura politica o amministrativa.
Al comma 2 vi è una esemplificazione assai vasta dei compiti della Commissione articolata in molti punti, per fornire le indicazioni di fondo e le direttrici a questa indagine la quale deve essere a 360 gradi e, quindi, deve riguardare le persone citate nel dossier, il finanziamento dei partiti politici, tutti gli altri interventi realizzati, la congruità e i comportamenti dell'azione dei servizi nel nostro paese, l'identicità tra il testo giunto dall'Inghilterra e quello pubblicato in Italia e così via. Tale comma 2 offre un'ampia gamma di indicazioni.
Nel comma 3 dell'articolo 2 si stabilisce anche che la Commissione concluda i propri lavori entro 12 mesi dalla sua costituzione.
L'articolo 2 disciplina la composizione della Commissione e il suo funzionamento. La Commissione è composta da 20 senatori e da 20 deputati nominati, rispettivamente, dal Presidente del Senato della Repubblica e dal Presidente della Camera dei deputati, in modo da rispecchiare la consistenza proporzionale di ciascun gruppo parlamentare e, comunque, assicurando la presenza di un rappresentante per ciascun gruppo costituito in almeno un ramo del Parlamento.
L'ufficio di presidenza, composto dal presidente, da due vicepresidenti e da due segretari, è eletto a scrutinio segreto dalla Commissione tra i suoi componenti e il comma 3 dell'articolo 2 ne regola le modalità di elezione. Il comma 4 stabilisce che la Commissione approva un regolamento interno per il proprio funzionamento e il comma 5 fa riferimento alle spese di funzionamento della Commissione che sono, evidentemente, poste per metà a carico del bilancio interno del Senato della Repubblica e per l'altra metà a carico del bilancio interno della Camera dei deputati.
L'articolo 3 regola l'attività di indagine. Essendo una Commissione d'inchiesta, la Commissione procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le medesime limitazioni dell'autorità giudiziaria. Alla Commissione, limitatamente all'oggetto delle indagini di sua competenza, non può essere opposto il segreto di Stato né il segreto d'ufficio. Al comma 3 si afferma che la Commissione può avvalersi dell'opera di agenti e ufficiali di polizia giudiziaria e delle collaborazioni che ritenga necessarie. Può richiedere informazioni e documenti al SISMI, al SISDE e al CESIS. Al comma 4 si afferma che la Commissione può ottenere, anche in deroga a quanto stabilito dall'articolo 329 del codice di procedura penale, copie di atti o documenti relativi a procedimenti o inchieste in corso presso l'autorità giudiziaria o altri organi inquirenti. Al comma 5 si afferma che tutte le volte che lo ritenga opportuno la Commissione può riunirsi in seduta segreta. Al comma 6 si afferma che la Commissione, a maggioranza assoluta dei propri membri, decide quali atti e documenti possono essere divulgati.
L'articolo 4 regola l'obbligo del segreto per i componenti della Commissione, i funzionari e il personale addetto alla Commissione. L'articolo 5 regola l'entrata in vigore della Commissione.
Queste sono le valutazioni di fondo in riferimento all'articolato della proposta di legge che dobbiamo discutere ed approvare nel corso di questi lavori.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.
LEARCO SAPORITO, Sottosegretario di Stato per la funzione pubblica e il coordinamento dei servizi di informazione e sicurezza. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ringrazio il relatore che ha posto in evidenza, nella sua relazione, i limiti e gli obiettivi della Commissione. Il Governo - come si sa - è neutra le rispetto a queste cose perché si tratta di un'iniziativa parlamentare della passata legislatura e di questa legislatura.
Nel ringraziare il relatore, onorevole Cicchitto, voglio anch'io ribadire i limiti di cui ha parlato. Il Governo è contrario ad ogni allargamento, nella discussione che si svolgerà in quest'aula, dei compiti di accertamento dell'attività spionistica svolta da altri organismi di intelligence. Mi riferisco, in primo luogo, alla Commissione stragi ed al Comitato parlamentare di controllo dei servizi. Voglio anche ribadire che il Governo ritiene che la Commissione in parola, se verrà costituita nei termini menzionati dal relatore Cicchitto, non debba avere alcun fine strumentale di lotta politica o di ritorsione.
L'oggetto dell'indagine è quello precisato nelle norme: accertare la veridicità delle informazioni contenute nel dossier Mitrokhin per il territorio italiano e le connesse responsabilità ed implicazioni di carattere politico ed amministrativo. La durata stessa della Commissione, di 12 mesi, e la presentazione di una relazione finale al Parlamento, che potrà essere accompagnata da relazioni di minoranza, testimoniano la limitatezza degli obiettivi, per cui non vi è il timore che si apra una parentesi che non si chiuderà nei tempi brevi previsti dalla proposta di legge. La Commissione opererà senza i vincoli del segreto di Stato (ciò è importante e costituisce un elemento di chiarezza e di democraticità) e con gli stessi poteri dell'autorità giudiziaria.
Concludo chiedendo che finalmente questo ramo del Parlamento possa approvare, in via definitiva, le norme previste dalla proposta di legge facendo presente che la democrazia cresce anche col superamento delle luci e delle ombre delle vicende storiche del nostro paese. La Commissione di inchiesta potrà fare chiarezza su alcuni avvenimenti dicendo una parola definitiva anche su alcune preoccupazioni e su alcune ombre; in ogni caso, non semplicemente rafforzando o andando contro ad alcuni giudizi storici espressi da forze, movimenti e partiti politici della maggioranza e dell'opposizione degli anni recenti, nell'ambito di un giudizio storico che già inizia a formarsi. Quindi, non si tratta di strumentalità ma di togliere ombre e in questo modo, ovviamente, si aumenta il tasso di democrazia del nostro paese.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Sinisi. Ne ha facoltà.
GIANNICOLA SINISI. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, ho la ventura di ritornare in quest'aula ad occuparmi della vicenda relativa al cosiddetto dossier Mitrokhin - così come ha ricordato il relatore Cicchitto, che ho apprezzato per la sintesi e per l'efficacia della sua relazione nonché per la sobrietà con cui ha esposto gli argomenti che sostengono le ragioni di questa proposta di legge - e torno ad occuparmene con lo stesso spirito con cui me ne sono occupato nella scorsa legislatura ovvero con la volontà di accettare un confronto su un tema che, in definitiva, vuole, intende o si presume che voglia o intenda perseguire obiettivi di chiarezza e raggiungerne uno di verità: rispetto a questi intendimenti, non possiamo sottrarci ma intendiamo confrontarci ed aprire una discussione.
La questione al nostro esame riguarda, appunto, il cosiddetto dossier Mitrokhin ma vale la pena evocare per un attimo la storia pregressa di questa vicenda. L'archivista Mitrokhin del KGB della Lubianca raccolse questi dati informativi relativi a
note, a veline - se vogliamo usare un gergo assai diffuso anche nel nostro paese -, fino al 1984, ritenendo che questi potessero costituire un salvacondotto per la sua esistenza e profetizzando, dall'altra parte della cortina di ferro, degli sviluppi assai singolari, sviluppi che, poi, vi sono stati a distanza di cinque anni con la caduta del muro di Berlino.
Questa persona - indubbiamente di grande memoria e capacità, tanto da raccogliere questi documenti e custodirli, attraverso la sola sua memoria fotografica e visiva, ricostruiti all'interno di pezzi di carta e nascosti nel suo giardino di casa dentro delle bottiglie di latte - fugge da Mosca, arriva in Svezia ed ha un contatto con i servizi di informazione e di sicurezza americani che non gli danno un gran credito. Dopodiché, rimane in una condizione assai difficile, fino a quando i servizi di sicurezza inglesi non gli aprono una linea di credito, decidono di aprire un dialogo con lui e di sostenerne, in qualche misura, le ragioni.
Il materiale che lui porta ai servizi britannici è, quindi, quello che ha ricopiato mnemonicamente dagli archivi del KGB e su tutto ciò viene articolata un'attività dei servizi di informazione e di sicurezza britannici che, in un rapporto di collaborazione con i servizi di sicurezza dei paesi con i quali esisteva ed esiste una collaborazione con l'Italia, trasmettono i documenti, riesaminati e rivalutati, cioè il rapporto Impedian.
Questi documenti arrivano in Italia in più tranche, fino a quando (come unica data certa che assumiamo è quella dell'informativa che venne data dal Governo nel luglio del 1999) - probabilmente per una ormai annunciata discovery del contenuto di tutta quella documentazione, preannunziandosi ormai una conferenza stampa di presentazione del libro che racchiudeva, appunto, questi elementi - si ritenne che tale questione dovesse assumere una dimensione informativa, istituzionale ed anche pubblica.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, le vicende susseguenti non sono assai edificanti sotto il profilo della tutela della riservatezza, del rispetto del lavoro delle nostre istituzioni e anche dell'onorabilità delle persone che erano incluse in quelle veline. Si innescò una vicenda assai discutibile proprio per il modo con cui venne portata avanti, fino a giungere ad una discussione in Commissione stragi che portò a rendere interamente pubblico il contenuto di quegli atti.
Questo, certamente, non favorì e non ha favorito la discussione sul contenuto di quei documenti, ha complicato le cose e ci pone, oggi, nella condizione di non dover soltanto recuperare la veridicità di quei documenti, ma anche l'onorabilità di alcune persone, che sono state ingiustamente coinvolte per effetto di un meccanismo - assolutamente consueto per quanto riguarda l'attività dei servizi di informazione e di sicurezza - caratterizzato dall'esistenza di soggetti come involontari confidenti e taluni, addirittura, come vittime. Quindi, si tratta di un'acquisizione di informazioni, anche di natura documentale, volta a comprimere la libertà morale delle persone e, quindi, a non favorire alcuna forma di collaborazione, essendo inserita all'interno di un rapporto di mera costrizione.
Ritengo che anche ciò meriterebbe di essere approfondito assai più seriamente. Infatti, l'approccio che abbiamo avuto è anche di scarsa conoscenza del lavoro che normalmente viene svolto dai servizi di informazione e di sicurezza, i quali sono chiamati a raccogliere le informazioni purchessia, salvo verificarne l'autenticità, la veridicità, l'utilità e salvo, poi, enucleare, in collaborazione con la polizia giudiziaria, quegli elementi che assumono il valore di notizie di reato. Tutto ciò non è avvenuto.
Ma, passando all'esame della presente proposta e ai giorni nostri - signor Presidente, onorevoli colleghi -, devo sottolineare che questa iniziativa è assai bizzarra; in particolare, per quanto concerne la scelta dello strumento, vale a dire la Commissione parlamentare d'inchiesta.
In tutti i paesi del mondo e anche nel nostro - se il costituente Mortati non decise di lasciare ciò all'autodisciplina del
nostro Parlamento - si vuole che le Commissioni parlamentari d'inchiesta svolgano una funzione politica di controllo e, quindi, siano o debbano essere strumenti nelle mani dell'opposizione per realizzare quell'equilibrio di poteri, il cosiddetto checks and balances degli americani che, evidentemente, nel sistema maggioritario bipolare del nostro paese stenta a realizzarsi. In alcuni paesi europei - cito la Germania - è previsto proprio nella legge fondamentale che la Commissione parlamentare d'inchiesta costituisca un potere nelle mani della minoranza. Anche nella discussione della nostra Costituente e persino in alcuni statuti regionali italiani è previsto che la Commissione d'inchiesta sia un potere nelle mani della minoranza.
Dunque, una proposta di istituzione di una Commissione parlamentare d'inchiesta che, sostanzialmente, proviene dal Governo - tant'è che è stata auspicata dallo stesso Presidente del Consiglio - assume di per sé il carattere di una sorta di bizzarria istituzionale. Infatti, il Governo ha ben altri poteri per effettuale i controlli descritti minuziosamente nelle lettere da a) a q), del comma 2, dell'articolo 1, che descrivono l'oggetto della Commissione parlamentare d'inchiesta. Mi riferisco, in particolare, proprio a quegli strumenti previsti dalla legge n. 801 del 1977 di riforma dei servizi, come ad esempio il comitato interministeriale. D'altra parte, lo stesso strumento di coordinamento dei servizi di informazione e di sicurezza, vale a dire il CESIS, che opera alle strette dipendenze e in diretta collaborazione con la Presidenza del Consiglio dei ministri, costituirebbe lo strumento più idoneo affinché il Governo possa pervenire ad un'immediata e diretta conoscenza di tutte le questioni politico-amministrative che sono alla base della richiesta di cui oggi ci stiamo occupando.
Ribadisco, è davvero singolare che la maggioranza - che, oltre a questa, ha chiesto l'istituzione anche di altre Commissione d'inchiesta - proponga di assumere una funzione di controllo politico-parlamentare su una questione per la quale dispone di ben altri strumenti, certamente di sicura maggiore efficacia.
Anche noi, anche noi - ripeto -, vorremmo che il Governo approfondisse questi temi e ci mettesse a conoscenza dei risultati di queste attività di verifica interna, delle quali auspichiamo una maggiore conoscenza. Tuttavia riteniamo, e ritengo personalmente, che utilizzare il potere della Commissione parlamentare d'inchiesta significhi snaturare il rapporto fra maggioranza ed opposizione, riconducendo in una forma degenerativa del nostro ambito costituzionale una funzione importante come quella politica di controllo che la maggioranza richiama a sé, in maniera così spinta da scegliere anche alcune forme di funzionamento che testimoniano ciò.
Sarebbe stato diverso se si fosse voluta riconoscere una maggiore imparzialità a quest'organo, affidandogli la ricerca di una verifica storica e politica a tutto campo, anche attraverso modalità diverse di elezione dell'ufficio di presidenza. Anche in questo caso, ricompare la formula sbagliata di un organismo che elegge nel suo seno il presidente e i componenti dell'ufficio di presidenza; addirittura, è stata prevista la relazione di minoranza, anche se riconosco che si è fatta una concessione nei confronti di un emendamento proposto dall'opposizione, uno di quegli emendamenti che testimoniano la buona volontà piuttosto che l'oggettiva funzionalità del risultato. Dunque, si è prevista la relazione di minoranza, come se si potesse concepire una giustizia nella quale esistono una verità principale ed una verità minore di cui ci si possa accontentare.
Credo ciò sia profondamente sbagliato ed invito i colleghi a riflettere sull'errore che si sta consumando proprio in termini di distorsione di un importantissimo strumento politico di controllo come la Commissione parlamentare di inchiesta. Vorrei insistere su quello che diventerà un fastidioso precedente perché, certamente, non potrà che essere evocato nei medesimi termini anche quando dovessero mutare le maggioranze parlamentari. In tal modo,
non avremmo più uno strumento di bilanciamento dei poteri, non avremmo più uno strumento politico di controllo, ma avremmo semplicemente un rafforzamento delle posizioni della maggioranza parlamentare pro tempore che potrà utilizzare anche questo per sostenere una tesi o un'altra. Io sono certo, o comunque voglio sperare di poter essere legittimamente certo, del fatto che questo non accadrà, perché mi auguro - e vado oltre questo auspicio dicendo che noi ovviamente forniremo la nostra collaborazione affinché ciò non avvenga - che si potrà perseguire una verità oggettiva, la più possibile plausibile, la più possibile condivisa.
Insisto, dunque, affinché i colleghi prestino attenzione alla questione della deviazione, della deformazione, della degenerazione di uno strumento politico di controllo come la Commissione parlamentare di inchiesta: qualora non intendano apporvi rimedi di carattere normativo, vi apportino almeno rimedi di carattere culturale affinché la funzione rimanga intatta anche se gli strumenti debbono essere modificati.
Sulla questione di merito, è stato svolto un approfondimento in Commissione stragi, con l'affidamento dell'incarico al professor Zaslavsky, il quale ha condotto una ricerca assai approfondita che avrebbe potuto rappresentare un punto di riferimento importante; vorrei, tuttavia, ricordare che all'opposizione, come strumento generale di controllo politico, è affidata la presidenza - anche in questo caso per prassi parlamentare - del Comitato parlamentare di controllo sui servizi di informazione e di sicurezza. Sarebbe davvero interessante interrogarsi a tutto campo anche sul ruolo che questo Comitato parlamentare di controllo ha svolto nella precedente legislatura, visto che per un verso, ci siamo limitati alla disputa sulle competenze, chiedendoci se se ne dovesse occupare la Commissione stragi o se se ne dovesse occupare il Comitato parlamentare di controllo. Sta di fatto che, mentre la Commissione stragi ha prodotto il rapporto del professor Zaslavsky, non si ha notizia dell'attività svolta su questo tema dal Comitato parlamentare di controllo. Oltretutto, uno degli aspetti che si vuole porre come oggetto focale dell'attenzione della Commissione d'inchiesta è rappresentato dalle omissioni che eventualmente siano state compiute da coloro che, pur dovendo svolgere alcune attività, non le hanno svolte.
Aggiungo, signor Presidente, che trovo una seconda bizzarria in questa vicenda: il pericolo di riproporre oggi, a distanza di tredici anni dalla caduta del muro di Berlino, un clima di guerra fredda. Lo dico perché io credo che anche gli strumenti che noi oggi abbiamo a disposizione, dopo la caduta del muro di Berlino, siano assai diversi. Noi abbiamo assistito, qualche giorno fa, ad un incontro particolarmente familiare fra il nostro Presidente del Consiglio ed il Capo della Repubblica russa. Credo che il presidente Putin, che ha avuto a lungo la responsabilità proprio del KGB, sia il migliore collaboratore che possa avere il Governo per ottenere ogni forma di collaborazione che provenga direttamente da quei servizi e da quegli archivi e non già attraverso delle bottiglie di latte tenute in giardino da un archivista che le ha tenute a memoria prima di poterle portare in Svezia e poi, senza passare da Washington, a Londra. Certamente oggi il Governo, avendo questa possibilità, questa familiarità e questa funzione, avrebbe potuto attingere direttamente a quelle fonti e portare qui il risultato di una collaborazione ufficiale tra governi, in un clima e in un equilibrio politico mondiale totalmente diversi da quelli nei quali si sono consumati i fatti che si presume possano essere oggetto di interesse da parte di questo Parlamento. Quel clima politico e quell'equilibrio politico mondiale sono totalmente mutati e oggi, in qualche misura, non soltanto rivanghiamo quegli eventi, ma stiamo correndo il rischio di indulgere in una sorta di nostalgia del passato, utilizzando addirittura gli strumenti che avremmo potuto adoperare se la situazione politica mondiale fosse ancora la stessa. In questo senso, voglio dire che un'inchiesta così
organizzata e così fatta avrebbe avuto un senso prima del 1989; oggi, ha un significato politico assai diverso e forse sta anche in questo il disinteresse dei servizi segreti americani rispetto a questa vicenda, proprio nella comprensione che è cambiato il mondo e forse sarebbe bene che cambiassimo un po' anche noi.
Infine, aggiungo nel merito della questione alcune osservazioni che spero possano essere di aiuto al relatore per le riflessioni che andrà a fare. Noi non abbiamo presentato emendamenti e vogliamo rimarcare il fatto che la scelta di questo strumento è stata una scelta della maggioranza, a cui, appunto, affidiamo interamente il compito di servirsi di tutti gli strumenti che ritiene di utilizzare, non condividendo, in principio, lo strumento medesimo. Ciò nondimeno, vi sono alcune questioni sulle quali è necessario che ciò che si scrive di fatto non tradisca ciò che si intende fare: questa obiettività, che è stata annunziata e della quale sono disponibilissimo a riconoscere gli intenti, ha poi un po' tradito la penna degli estensori nel momento in cui sono andati a scrivere le norme. Ribadisco qui tutto quello che ho detto sull'organismo e sulla sua funzione, ma voglio aggiungere che alcune espressioni qui utilizzate non convincono sulla totale estraneità rispetto a qualsiasi verità precostituita. Cito ad esempio la lettera b) del comma 2 dell'articolo 1, dove si dice che il compito è di accertare «se le informazioni sulle persone citate nel dossier Mitrokhin erano già note e se le persone erano conosciute da chi prese la decisione di non procedere». Si tratta di un evidente assunto del fatto che ci fu qualcuno che decise di non procedere. Se dovessimo ragionare in termini processualpenalistici, credo che questa sarebbe una domanda suggestiva - in altre parole, una domanda che suggerisce la risposta - e perciò stesso un giudice della Repubblica non la ammetterebbe in quanto tale. Quindi, faccio presente che una Commissione parlamentare d'inchiesta non può porre delle questioni in maniera suggestiva, non può suggerire risposte: invece, sia nella lettera b), che ha colpito particolarmente la mia attenzione, sia nelle lettere successive, in qualche modo si tradisce questo stile, che sono certo non fosse nelle intenzioni dei proponenti, ma che certamente non è in linea con quanto è stato detto anche oggi dal relatore.
Signor Presidente, noi ci auguriamo che non vi sia alcuna relazione di minoranza, che nelle scelte di merito che verranno compiute verrà ribadita la scelta dello strumento in esame come inappropriata ed inopportuna e che, in qualche modo, si cerchi di sanare questo vulnus del nostro sistema istituzionale riconducendolo nelle mani dello spirito che dovrebbe animarci, ovvero lo spirito della ricerca della verità pur che sia e quale che essa sia. Bisogna cercare di ricostruire un sistema di funzionamento della Commissione che dia una visione istituzionale della stessa e non di parte.
Credo che questa mia preghiera, questa mia richiesta - che noi sosterremo in ogni luogo ed in ogni sede con assoluta tenacia - potrà in qualche modo restituire questo importantissimo istituto della nostra vita politica, parlamentare e democratica alle sue funzioni originarie. Inoltre, ci impegneremo affinché vi possano essere dei momenti di sintesi, ma certamente non ci sottrarremo dal denunciare e dall'evitare in ogni modo e con ogni strumento quelle che possono essere deviazioni anche dalle migliori intenzioni.
Noi confidiamo che questo strumento riprenda vita nel nostro paese nel modo migliore, ovverossia che ritorni ad essere partecipe di quell'equilibrio di poteri che stanno a descrivere la perfezione di un sistema democratico nato solo da cinquant'anni nel nostro paese. In questa occasione potevamo dare insieme un contributo affinché tale sistema si evolvesse.
La Commissione parlamentare di inchiesta non può essere quella descritta in questa proposta di legge e mi auguro che la si possa invece riconoscere anche, o almeno, attraverso l'approccio che ciascuno di noi avrà nella discussione relativa alla vita di questa Commissione d'inchiesta.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Saponara. Ne ha facoltà.
MICHELE SAPONARA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, condivido pienamente la relazione dell'onorevole Cicchitto e, naturalmente, la proposta di legge che prevede l'istituzione di una Commissione parlamentare d'inchiesta concernente il dossier Mitrokhin e l'attività di intelligence italiana. Essa è pienamente legittima, ai sensi dell'articolo 82 della Costituzione, secondo cui la Camera può disporre inchieste su materie di pubblico interesse. È di interesse pubblico, infatti, accertare la verità sulla rete spionistica del KGB e sulle eventuali attività svolte in Italia attraverso il reclutamento di personaggi della politica, del giornalismo, della cultura, della pubblica amministrazione e dell'imprenditoria, che avrebbero collaborato con una potenza nemica per interferire in delicate scelte politiche, militari ed industriali del nostro paese. Inoltre, occorre accertare il motivo delle eventuali anomalie delle procedure con cui il Parlamento è venuto in possesso della documentazione relativa a quel dossier, atteso che il Governo ne aveva la disponibilità fin dal 1995 e non un solo Governo, bensì tre: il Governo Dini, il Governo Prodi e, da ultimo, il Governo D'Alema. Inoltre, occorre conoscere i risultati delle azioni di controspionaggio conseguiti dal servizio per le informazioni e la sicurezza militare, al fine di accertare eventuali responsabilità dell'esecutivo, in relazione al rispetto della Costituzione e delle leggi vigenti in materia di sicurezza.
Che l'istituzione della Commissione di cui innanzi fosse legittima, opportuna o addirittura necessaria, risulta dalla posizione assunta nei suoi confronti dalle varie forze politiche nella passata legislatura.
L'istituzione della Commissione fu richiesta nella precedente legislatura dalle forze del centrodestra, allora opposizione ed ora maggioranza. Cade, pertanto, l'obiezione secondo cui le Commissioni di inchiesta sarebbero appannaggio delle opposizioni; noi, infatti, allora eravamo opposizione.
Favorevoli alla istituzione della Commissione di inchiesta concernente il dossier Mitrokhin erano: i Democratici di sinistra, con l'intervento addirittura dell'onorevole Veltroni, allora segretario del partito dei DS, i Popolari (della parte politica, quindi, di cui faceva e fa parte l'onorevole Sinisi), Forza Italia, Alleanza nazionale, il CCD-CDU, la Lega nord Padania ed i Comunisti italiani. Contrari alla sua istituzione erano Lamberto Dini, chissà perché poi (forse perché presiedeva il Governo che dall'inizio ebbe i messaggi, le note inviate dall'autorità britannica, ma non tutti i diari), e Rifondazione comunista.
In questa legislatura, le posizioni sono in parte cambiate.
Al Senato, il senatore Mancino, popolare allora (ora fa parte del gruppo della Margherita, mi pare) si è preoccupato che il Parlamento, impegnato nei lavori della suddetta Commissione, non trascurasse altri impegni. Il senatore Brutti ritiene che il dossier non contenga verità storiche e che lo stesso abbia scatenato una tempesta politica e mediatica degna di miglior causa; ritiene, inoltre, imprudente la scelta del ricorso all'articolo 82 della Costituzione perché si presterebbe ad utilizzazioni strumentali; ciò è il Leitmotiv anche delle altre opposizioni e da ultimo dell'onorevole Sinisi. Da questa posizione al Senato si discosta il senatore Dalla Chiesa secondo cui non possono mai esservi motivi pregiudiziali per chiedere di non istituire una Commissione di inchiesta su un fatto che sembra rilevante ad una quota significativa del Parlamento (io dico, ad una quota significativa del paese che quella parte politica del Parlamento ha eletto); aggiunge, inoltre, che a suo giudizio, il fatto che la Commissione di inchiesta sia di pubblico interesse deve essere un principio da osservare in ogni momento.
Alla Camera, a parte l'onorevole Boato che ha preannunziato in Commissione la sua astensione (non essendo contrario all'istituzione di una Commissione d'inchiesta volta a fare chiarezza su alcune vicende della vita politica italiana), vi è stata e vi è decisa opposizione da parte delle
altre forze dell'opposizione e mi riferisco agli interventi degli onorevoli Bielli, Caldarola e Sabattini.
Nell'opporsi alla nostra iniziativa, segnatamente al progetto di legge in discussione, la irridono e ci irridono, chiamandoci addirittura necrofili e ritenendo, inoltre, che questa Commissione voglia strumentalizzare il dossier e gli accertamenti che ne conseguiranno solo per individuare nel comunismo l'avversario da abbattere.
Paventano, inoltre (oltre a Bielli, a Caldarola e a Sabattini si è associato questa mattina anche il collega Sinisi), il rischio che la battaglia politica degeneri, vanificando così l'intenzione a suo tempo manifestata dal Presidente del Consiglio di non alimentare il contrasto ideologico. Comunque, il congresso del PDS e l'ammissione dei finanziamenti ottenuti dall'Unione sovietica (si veda il libro di Cervetti sull'oro di Mosca) hanno chiarito la loro opposizione. A dire la verità questa opposizione, soprattutto la veemenza e il sarcasmo delle argomentazioni portate a suo sostegno, mi hanno sorpreso. Sono una persona semplice e tranquilla. Ho sempre apprezzato la tranquillità e la semplicità del collega Caldarola: questa volta però egli mi ha veramente meravigliato e mi dispiace che non sia presente. Mi ha ricordato un sentimento di paura e non soltanto un senso di fastidio, come quello che provò l'onorevole D'Alema allorché citò in giudizio Forattini per la nota vignetta in cui veniva raffigurato nell'atto di sbianchettare una pagina del dossier Mitrokhin. Cosa dovete temere, onorevoli colleghi, se avete, come dite, tutte le carte in regola?
MARCO BOATO. Onorevole Saponara, lei sa che quella accusa nei confronti dell'onorevole D'Alema è risultata falsa.
MICHELE SAPONARA. Lo so onorevole Boato; vi fu tuttavia un senso di fastidio.
MARCO BOATO. Si trattava però di una cosa falsa!
MICHELE SAPONARA. O pensate che la Commissione composta da una maggioranza di centrodestra possa stravolgere le carte e quindi la verità? Evidentemente, scusate, non avete fiducia dell'onestà intellettuale ed istituzionale di chi la presiederà - figura che sceglieremo tutti - e non avete fiducia nella capacità di vigilare dei componenti dell'opposizione.
Io ho invece piena fiducia nell'onestà intellettuale di tutti coloro che saranno i componenti della Commissione, i quali, lungi dall'alimentare scontri ideologici, cercheranno di trovare insieme la verità, così come autorizzati dall'articolo 82 della nostra Costituzione. Accolgo di buon grado l'invito dell'onorevole Sinisi: noi possiamo creare un clima culturale e di onestà intellettuale che, prescindendo dalle norme e dallo strumento, rappresentato dalla Commissione in questione, potrà aiutare tutti a raggiungere la verità, senza la necessità di predisporre una relazione di minoranza.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Bielli. Ne ha facoltà.
VALTER BIELLI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentanti del Governo, nel riflettere sulle considerazioni da sviluppare in questo mio intervento, ciò che mi è apparso paradossale è stata la motivazione per la quale si richiede l'istituzione di tale Commissione di inchiesta. Essa va ben al di là dei propositi enunciati, anche con toni che ho apprezzato nell'intervento del relatore, ma che appare comunque una mossa di tipo propagandistico, che può essere intesa come una sorta di ritorsione politica, più figlia di un passato che non esiste più che un contributo serio per il presente. Soprattutto chi proviene dalla storia socialista, ma anche chi conosce la storia, forse si ricorderà, come ha avuto modo di ribadire un nostro collega, che la sinistra, in passato, si divise sull'idea, allora sicuramente paradossale, del comunismo in un paese solo.
I risultati sono praticamente sotto gli occhi di tutti: sicuramente tutti noi dovremmo ricordare che quel periodo non è
solamente alle nostre spalle, bensì è lontano anni luce. In Italia invece sembra quasi anacronisticamente continuare la lotta al comunismo in un paese solo.
Quello che mi è apparso paradossale è questo approccio ad un problema e ad un tema che per molti versi è fuori dal tempo. Altra cosa sarebbe stato un approccio teso ad un'indagine che avrebbe potuto svilupparsi in un arco temporale anche limitato, ma che avrebbe potuto riguardare la presenza, il ruolo, la funzione e la capacità di influenza non di una sola rete spionistica, ma delle reti spionistiche nel nostro paese. Non mi si dica che in tal modo si sarebbe annacquato tutto, che si sarebbe perso tempo! Si sarebbe potuto, se lo si voleva, apportare un contributo serio alla riflessione, volto ad appurare i fatti, gli accadimenti utili per comprendere, se non la storia del paese, almeno molti avvenimenti politici di casa nostra.
Noi non abbiamo preclusioni ideologiche alla costituzione di una Commissione che faccia chiarezza sulla presenza del KGB in Italia. Noi ci opponiamo in maniera seria, ma non ostruzionistica; denunciamo la parzialità e la strumentalità di questa Commissione per le modalità con le quali la si sta portando avanti. Ripeto: parzialità e strumentalità, colleghi.
Credo che questo vostro atteggiamento comporterà, in qualche modo, anche problemi seri. Voglio provare a fare un esempio. Per ciò che è scritto nel testo di questa proposta di legge, la Commissione appare volta, soprattutto, a compiere un'indagine sull'intelligence italiana, poiché essa dovrebbe verificare le circostanze e i modi di acquisizione del dossier Mitrokhin - su cui credo che già altri siano intervenuti e sarebbe bene ritornarci su - ma dovrà determinare, nei limiti del possibile, la corrispondenza - così è scritto nel vostro testo - dei documenti acquisiti dal SISMI con i documenti originari. Se le cose stanno così - e così è scritto nel testo, anche se il relatore ha proposto un approccio diverso - l'inchiesta rischia di occuparsi dell'intelligence italiana di ieri e di oggi, del suo atteggiamento verso il KGB. Ma se così è - e la cosa è chiara: si guardi a tal proposito, ad esempio, il punto e) del comma 2 dell'articolo 1 della proposta di legge - il tutto merita grande attenzione.
Tuttavia, in questo quadro vi sono anche altri aspetti. Permettetemi di fare una riflessione personale, come componente della Commissione parlamentare di inchiesta sul terrorismo in Italia e sulle cause della mancata individuazione dei responsabili delle stragi, che aveva avuto modo di esaminare la questione, prima che esplodesse e di guardare, pertanto, tali questioni con animo non pregiudiziale. Io, che ho avuto questa possibilità, devo dire con molta nettezza che, quando alla Commissione è pervenuto il cosiddetto dossier Mitrokhin, lo abbiamo guardato, lo abbiamo valutato e ci siamo trovati di fronte al fatto che molte di quelle cose le conoscevamo di più e meglio: infatti, la Commissione si era attivata attraverso un proprio consulente, il quale aveva fornito due relazioni sulla questione, molto più documentate del dossier Mitrokhin, perché, ad esempio, accanto ai finanziamenti riportavano i nomi ed il riscontro e non si faceva riferimento a presunti agenti, ma a fatti precisi. Di fronte a quelle relazioni, abbiamo ritenuto di doverle rendere pubbliche per rendere edotta l'opinione pubblica di quanto stava accadendo. Voglio dire che, proprio per chi ha seguito quella questione in maniera seria e responsabile, la richiesta di una Commissione parlamentare di inchiesta appare almeno sovrabbondante rispetto alle ragioni per cui l'avete proposta.
Il dossier, inviato «a puntate» dal servizio segreto inglese tra il 1996 e il 1998 e che riguardava le passate attività del KGB in Italia, non contiene - è vero quello che il senatore Brutti ha detto al Senato - novità storiche. Le 161 schede appaiono monche ed approssimative. Se novità è quella dei finanziamenti al PCI, si sappia che erano noti e che fu Enrico Berlinguer ad interromperli.
Per quanto riguarda i nomi, se non erro, alla fine sono solamente sei quelli su cui dovremmo concentrare veramente l'attenzione, su cui bisogna riflettere. Ma
anche qui, si può pensare di essere di fronte ad una cosa seria quando si indicano, tra gli altri, Giuliano Zincone e Jas Gawronski fra le persone cosiddette «coltivate»? Il portavoce di Berlusconi sarebbe stato tra le possibili spie! Vi pare una cosa credibile?
La sinistra tutta ha interesse che si indaghi sul ruolo delle reti spionistiche, su come hanno agito, anche dentro i partiti, che influenza ha avuto quest'opera di infiltrazione sulle scelte politiche, sui passaggi topici della storia del nostro paese. A mio avviso, credo che, come Democratici di sinistra, non abbiamo nulla da temere; anzi, vorremmo un'indagine a tutto campo seria ed approfondita, appunto per conoscere di più e meglio. Ma voi volete un'indagine approfondita su tutto? Negare la possibilità alla Commissione di indagare a tutto campo non è un limite, è una scelta finalizzata a farne non uno strumento di collaborazione, anche tra le forze politiche, ma a determinare condizioni politiche non di confronto e di vero approfondimento ma di scontro. Volete farne - e rischiate di farne - uno strumento di propaganda e di parte, che va in una sola direzione. Questo - permettete colleghi - non serve a nessuno, tanto meno al paese.
A tutti i colleghi, al relatore, al rappresentante del Governo ma soprattutto al ministro Frattini, che oggi non è in aula, credo a causa di impegni, ma che è sempre stato presente in Commissione (a lui devo dare atto sicuramente di essere uno di quei ministri che, quando può, è sempre presente), vorrei ricordare che della questione Mitrokhin si è già occupato il Comitato parlamentare per i servizi di informazione e sicurezza e per il segreto di Stato. Tale Comitato, in data 9 febbraio 2000, sotto la presidenza Frattini, all'unanimità, ha presentato una relazione della quale vorrei proporvi qualche passaggio significativo. So bene che ciò che allora è stato scritto e che ora brevemente citerò non impedirà l'istituzione della Commissione d'indagine, ma evidenzia, in ogni caso, le incongruità tra il presidente del Comitato dei servizi ed il ministro che, sebbene siano la stessa persona, assumono posizioni diverse, con ruoli diversi. Ritengo che su ciò si possa riflettere e provare ad appuntare qualche critica.
Vorrei leggervi alcuni passi della relazione del Comitato per i servizi. In essa si elencano i compiti di quel Comitato: accertare, in concreto, le modalità mediante le quali i servizi di informazione e sicurezza avessero informato - secondo quanto riferì l'onorevole Mattarella - le autorità politiche competenti, in merito alla documentazione ricevuta, rassegnando a queste ultime le proprie valutazioni in proposito (in qualche modo, la Commissione fa queste cose); approfondire, attraverso gli opportuni supporti documentali, in quali termini fosse avvenuta la trasmissione o la richiesta di elementi e contributi tra organismi di informazione, con particolare riguardo al ruolo del Sisde, per la sua competenza per la sua sicurezza interna, e del Cesis per le funzioni di coordinamento, questione su cui il Comitato, presieduto da Frattini, ha lavorato.
Nella pagina successiva si legge che il comitato è dell'avviso che, in linea generale, i nominativi contenuti nelle schede, predisposte sulla base delle indicazioni del Mitrokhin, non costituiscono, in quanto tali, per il Comitato medesimo, motivo di interesse, se non perché essi contribuiscono a fornire indici utili a valutare la conformità dell'operato degli organismi informativi ai rispettivi fini istituzionali, secondo le linee sopra evidenziate.
Mi scuso per questo atteggiamento forse un po' troppo didattico, ma vorrei invitare i colleghi a leggere questo documento. Vorrei citare la nota conclusiva che, in qualche modo, dovrebbe chiarire il ragionamento fin qui fatto che recita che: in esito alla rassegna dei fatti e delle circostanze sin qui svolte, il Comitato ritiene di poter affermare, in primo luogo, come la verifica delle modalità attraverso cui i servizi di informazione e sicurezza hanno gestito, nell'ambito dei propri compiti di istituti, i contributi informativi della fonte Impedian, non abbia evidenziato violazione, ai fini della legge n. 801 del 1977.
Ho voluto citare tutto ciò al fine di evidenziare un aspetto molto semplice e, per alcuni versi, anche molto serio. Abbiamo già lavorato su tale questione; abbiamo già fornito una serie di risposte: perché riproporle? Se vogliamo proporre nuovamente questi temi, allora cerchiamo di andare oltre la questione su cui già che ci siamo espressi. Ma - lo ripeto - rischiamo di istituire una Commissione che vuole indagare solamente sulla nostra intelligence. Questo giova a qualcuno? Giova, oggi, a questo Governo e alla sua maggioranza impostare, in questo modo, il dibattito politico e una riflessione su fatti così significative ed importanti? A me - lo affermo tranquillamente - pare di no, nel senso che, al di là dei propositi enunciati dal relatore Cicchitto, la Commissione rischia di essere altro.
Reputo, dunque, necessario riflettere sui rischi cui andiamo incontro. Perché non agire - come proponiamo - con uno spettro a 360 gradi? Se non vogliamo arrivare fino a 360 gradi, almeno raggiungiamo i 180 oppure discutiamo fin dove si possa arrivare, ma non limitiamoci ad uno spettro addirittura inferiore a 90 gradi! Ma perché, perché dovremmo fare questo? Se vogliamo parlare di ruolo dei servizi di intelligence, dei servizi segreti, dobbiamo sapere che esiste un intreccio tra i servizi di tutti i paesi, che va in qualche modo dipanato. I servizi sono tali perché conoscono i fatti degli altri: i nostri conoscono i servizi degli altri e svolgono con questi, a volte, anche operazioni comuni (perché, spesso, hanno fini comuni); in altre occasioni, sanno cosa succede nell'altro campo, perché è questo il loro compito. Se vogliamo fare un'operazione seria, o allarghiamo lo spettro d'indagine fino a 360 gradi o, altrimenti, rischiamo di fare un'operazione monca!
Mi si permetta una riflessione politica. La guerra fredda c'è stata ed è stata anche gravida di conseguenze: ha significato la divisione del mondo in due blocchi, lo statu quo. Yalta ha diviso il mondo in due blocchi. Est ed ovest, per alcuni versi, si sono combattuti e, per altri, hanno utilizzato un'altra strategia: sia l'occidente che l'oriente, durante la guerra fredda, hanno adottato l'atteggiamento politico di lasciare le cose, nei propri campi di influenza, così come stavano, per impedire che vi fossero cambiamenti di sorta. Vi è stato un periodo, nella nostra storia, fino quasi alla caduta del muro di Berlino (anche se, per alcuni versi, la guerra fredda, politicamente, era finita già prima), nel quale, dal punto di vista politico, tanto ad est quanto ad ovest, bisognava impedire che si affermassero spinte che avrebbero potuto collocare diversamente alcuni paesi (come l'Italia).
Orbene, sul piano politico, chi si è mosso contro l'instabilità che si poteva determinare nel nostro paese? Non voglio fare un discorso retrospettivo, ma voglio soltanto dare un'indicazione: Moro che apre al PCI diventa senz'altro un elemento negativo rispetto alle necessità dello statu quo, ma analogo discorso vale anche per il Berlinguer che si stacca sempre più da Mosca, che vuole essere autonomo e che parla di eurocomunismo! Non a caso, sono avvenuti i tragici eventi che tutti conosciamo: mi riferisco, ovviamente, al sequestro e all'uccisione di Moro, ma anche all'episodio che (anche se non gli costò la vita) vide protagonista Berlinguer in Bulgaria (a proposito del quale, personalmente, desidererei sapere di più).
Queste cose non servono a tutti noi se ci guardiamo l'un l'altro con animo sereno, collega Saponara? Non merita cercare di capire che qui nessuno ha alcunché da nascondere e che tutti noi abbiamo da aprire? Se vi è bisogno di aprire archivi, di aprire possibilità, di aprire la conoscenza dei fatti, perché non facciamo di questa Commissione un organo che vada oltre quello che avete chiesto, anche discutendo di vedere, nel tempo, di approfondire questo terreno di iniziativa?
Quando si fanno nomi è sempre antipatico, ma io voglio farne uno perché compare nella relazione del Comitato parlamentare per i servizi di informazione e sicurezza e per il segreto di Stato. In tale atto, si parla di spie, si fanno i nomi di infiltrati e si indica Giorgio Conforto.
Quest'ultimo viene indicato, nel dossier Mitrokhin, come la più longeva e pericolosa spia sovietica in Italia, che avrebbe lavorato per il KGB dagli anni '30 agli anni '80. Ebbene, chi è a conoscenza delle sue vicende sa che Giorgio Conforto ha avuto rapporti, invece, durante il ventennio, anche con i fascisti (e anche con Mussolini).
Quindi, Giorgio Conforto risulta essere una spia almeno doppia. Se così non fosse, come si spiegherebbe, ad esempio, che proprio in casa di sua figlia siano stati arrestati due brigatisti rossi, la Faranda e Morucci? Fu compiuta un'inchiesta, ma vennero divulgati tutti i nomi meno quelli di Giuliana Conforto e di suo padre. Perché? Credo che sarebbe bene riflettere su queste vicende.
Ancora, ho accennato, in precedenza, alla storia dei partiti. Ricollegandomi, ora, a quanto ho già detto, vorrei sapere quante infiltrazioni siano avvenute, nella vita politica nazionale, all'interno dei partiti, delle organizzazioni politiche e dei sindacati. E allora, senza fare nomi, da qualche parte, in alcuni documenti, viene detto. Per esempio, l'onorevole Cicchitto ha affermato in un suo articolo (mi pare su Il Giornale o su Il Foglio) - anche Guzzanti ha detto queste cose nel suo intervento svolto al Senato - che sicuramente il partito socialista era un partito all'interno del quale hanno agito molti infiltrati.
Ma qui noi abbiamo una cosiddetta fonte Marte che diventa poi fonte Urano; un alto dirigente di un partito socialista, che dal 1972 al 1978 risulta essere un informatore dei nostri servizi, dà informazioni sull'est e dà informazioni anche sul nostro paese. Si stanno facendo delle chiacchiere su questa fonte, si fanno anche dei nomi; perché non vogliamo appurare se la cosa sia vera o non vera? Perché non vogliamo tentare di capire se, nella storia dei partiti, i servizi e gli infiltrati abbiano agito al punto tale da condizionarne anche l'autonomia? Non è questa un'operazione di chiarezza? Perché non la si vuole fare?
E ancora, io sono fra coloro che vogliono sapere quali furono i rapporti tra Rauti e la CIA e aggiungo, tra Rauti, la CIA e l'organizzazione del Movimento sociale. Perché dobbiamo far pensare che, in qualche modo, tutto il Movimento sociale fosse a conoscenza di alcune cose? Vorrei sapere perché un personaggio come Delle Chiaie sia stato l'organizzatore della corrente di Almirante quando Almirante vinse contro Michelini e perchè risulta essere agente della CIA e successivamente, anche agente di altri servizi segreti stranieri; e Bertoli, che è accusato di strage e risulta essere un uomo dei nostri servizi, non si capisce bene che cosa sia andato a fare in Israele.
Sono questioni secondarie? Sono proprie di chi ha la mania di voler diluire tutto o rappresentano il tentativo di voler discutere in maniera seria della storia di questo paese? Per esempio, vorrei discutere molto di più anche del rapporto fra la P2 ed i servizi; vorrei sapere di più anche su una P2 che, a mio parere, non ha cessato di esistere. Vorrei sapere di più su molte altre questioni. Proprio per questo, da parte nostra, non esiste un atteggiamento ostruzionistico, ma un «no» a questo tipo di Commissione, che ci sembra viziata da parzialità e, per alcuni versi, da furore ideologico.
Siamo interessati alla verità, siamo interessati alla ricerca della verità; i nostri emendamenti sono tesi a migliorare questa Commissione e a renderla diversa rispetto a come ci è stata proposta. È per questo che diciamo «no» a questa Commissione, che non solo nasce male, ma rischia di non dare un contributo di serietà al fine di capire che cosa è accaduto in questo paese.
Per quanto ci riguarda, all'interno della Commissione, faremo di tutto, con spirito serio e responsabile, per far sì che non vengano infangati nomi, persone, storie, perché sarebbe estremamente sbagliato e negativo. Lotteremo in Commissione per far sì che lo spirito di serietà prevalga sulla faziosità e, per quanto ci riguarda - lo dico con molta serenità e molta serietà -, se la Commissione nascerà così come è stata proposta, faremo di tutto per opporci; se la Commissione, invece, nascerà
con uno spirito diverso, avrete la nostra collaborazione, perché la verità non è qualcosa che può far paura a qualcuno. Quindi, noi vi diciamo: aiutateci ad appurare la verità!
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.
MARCO BOATO. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, colleghi della I Commissione in modo particolare, che sono quelli presenti. Nel merito dell'indagine che viene proposta sulla vicenda del dossier Mitrokhin, non esiste alcuna ostilità da parte del gruppo dei Verdi.
Il collega Saponara, che ha avuto la curiosità di effettuare una ricognizione sul modo in cui le varie forze politiche hanno votato nella precedente e nell'attuale legislatura, scorrendo il dossier di questa legislatura, potrà notare che al Senato, sia pure con molti rilievi critici (e alcuni li farò anch'io adesso), il collega Turroni, se non ricordo male (se non ho visto male anch'io questo dossier), ha annunciato il voto favorevole. Rimangono, tuttavia, forti perplessità, che intendo illustrare nel corso del dibattito sulle linee generali che reputo la sede più opportuna, per quanto riguarda il metodo e anche per diversi altri profili.
L'ho già detto nel corso del dibattito in Commissione in sede referente e questo tema è stato toccato, poco fa, anche dall'ottimo intervento svolto dal collega Sinisi, che condivido pienamente: storicamente le Commissioni di inchiesta sono state e sono uno strumento utilizzato, non dico esclusivamente, ma prevalentemente dai gruppi di opposizione, ovviamente con proposte che quasi sempre (ho usato il «prevalentemente» prima ed uso il «quasi» adesso per correttezza storica) sono state accettate dalla maggioranza pro tempore. Ma non sempre. Tutti ricordiamo le alterne vicende della proposta di istituzione di una Commissione di inchiesta sul sistema della corruzione (alla quale, peraltro, sono sempre stato favorevole) nel corso della scorsa e della presente legislatura; non molti ricordano, ma io lo ricordo, l'ostruzionismo attuato dalla maggioranza dell'epoca (parliamo di varie legislature fa) sulla istituzione di una Commissione d'inchiesta sui fondi neri dell'IRI; forse il presidente Biondi ricorda questa vicenda che si trascinò per un'intera legislatura per arrivare a non istituire quella Commissione d'inchiesta. Fosse stata istituita allora, forse ci saremmo risparmiati alcune drammatiche vicende successive che hanno attraversato il sistema politico italiano.
PRESIDENTE. Forse.
MARCO BOATO. Ma per ricordare una fase più recente, per non dire recentissima, nel corso della presente legislatura le forze del centrosinistra hanno presentato, sia alla Camera sia al Senato, una proposta di istituzione di una Commissione di inchiesta sui fatti connessi al G8 di Genova del luglio scorso e tale proposta è stata rifiutata, sia alla Camera sia al Senato. Poi, come tutti ricordano, abbiamo dato vita ad un'indagine conoscitiva che però agisce con ben altri poteri e con ben altri limiti rispetto alle Commissioni di inchiesta. Ma, lo ripeto, in linea generale lo strumento della Commissione di inchiesta è utilizzato prevalentemente dai gruppi di opposizione e, quasi sempre, è stato possibile utilizzarlo in quanto accettato anche dalle maggioranze pro tempore, al punto che - il collega Sinisi ha ricordato alcuni statuti regionali ma io ricordo i lavori della Commissione bicamerale nella scorsa legislatura -, quando, nel 1997, nel corso dei lavori della Commissione bicamerale inserimmo nel progetto di revisione della seconda parte della Costituzione - poi rimasto arenato in questa aula nel corso dell'anno successivo, il 1998 - il riferimento al potere di iniziativa per l'istituzione delle Commissioni di inchiesta, stabilimmo un quorum particolarmente non elevato in quanto tale potere veniva inserito nell'ambito del cosiddetto statuto delle opposizioni, tanto più in un sistema, ormai dal 1994, di tipo maggioritario.
All'inizio di questa legislatura, si è verificato, invece, un fatto anomalo, in
parte corretto, oggi, dal rappresentante del Governo nel suo intervento. Tuttavia, la risonanza esterna che potrà avere l'intervento odierno del rappresentante del Governo, che pure è persona che conosco bene e che stimo, è sicuramente un po' inferiore a quella che ebbe, all'inizio della legislatura, l'intervento del neopresidente del Consiglio.
Il Presidente del Consiglio, in una Assemblea di tutti i parlamentari della neocostituita maggioranza, dopo avere illustrato, del tutto legittimamente, il programma di Governo, annunciò anche (e questo, a mio parere, è meno corretto) la volontà di promuovere l'istituzione di ben tre Commissioni di inchiesta: una Commissione di inchiesta sul caso Telekom Serbia; una su Tangentopoli, anche se non ha mai usato questa espressione ma ha sempre parlato di sistema della corruzione, ed una sul dossier Mitrokhin.
Ciò mi parve sbagliato allora: non ne feci oggetto di polemiche pubbliche, ma, lo ripeto, mi parve sbagliato che il Presidente del Consiglio avesse affrontato il tema dell'istituzione di tre Commissioni di inchiesta, in quanto l'istituzione di questi organi - anche se non per obbligo costituzionale, ma per prassi storica quasi costante - rappresenta materia di iniziativa prevalente delle opposizioni e, comunque, anche quando riguarda l'iniziativa legittima della maggioranza, di competenza parlamentare e non governativa. Si tratta di quelli che nei manuali di diritto parlamentare si chiamano gli interna corporis del Parlamento, che non sono rappresentati di certo dal solo bilancio della Camera. Anche tale materia viene attribuita dalla Costituzione, all'articolo 82, alle Camere.
Quella impostazione faceva emergere esplicitamente, anche nel modo in cui venne prospettata, la volontà di utilizzare le tre Commissioni di inchiesta come uno strumento di rivalsa nei confronti del centrosinistra, divenuto, dopo le elezioni del 13 maggio 2001, opposizione. Ciò mi parve sbagliato, tanto più all'inizio della legislatura e tanto più quando si affermava - poi abbiamo visto che non è stato così e che, purtroppo, pressoché quotidianamente non è così - di voler impostare il rapporto tra maggioranza ed opposizione nell'ambito di una costante correttezza di rapporti, escludendo forzature indebite nell'ambito della reciproca ed auspicabile legittimazione tra le forze che governano - o che sostengono il Governo - e le forze che si oppongono, entrambe funzioni costituzionali assolutamente imprescindibili in un sistema democratico.
Esiste un secondo problema, che è stato sottovalutato oppure citato forse con qualche ironia dal collega Saponara che in genere è sempre, anche oggi lo è stato, pacatissimo e molto rispettoso di tutti. Se non ho capito male il riferimento, si parlava dell'attuale Vicepresidente del Senato Dini. Si tratta di una questione che voglio affrontare, perché l'ho già affrontata in Commissione e mi sta a cuore sul piano della correttezza istituzionale e costituzionale: mi riferisco all'eccessiva proliferazione delle Commissioni bicamerali in generale, e delle Commissioni di inchiesta bicamerali in particolare. Anche questo è un tema che il Presidente Biondi ricorderà aver attraversato queste aule già in lontane legislature: non è, quindi, il riferimento alla commissione in oggetto, una questione che pongo soltanto oggi. Con la proliferazione delle Commissioni di inchiesta, e più in generale delle Commissioni bicamerali, si rischia di configurare una sorta di terza Camera, condizionando fortemente il lavoro parlamentare di Camera e Senato. Noi tutti ci accorgeremo, quando tutte queste Commissioni in itinere saranno istituite, di quanto ciò inciderà sull'ordinato svolgimento dei lavori...
PRESIDENTE. Onorevole Boato, deve concludere il suo intervento perché ha già superato di due minuti il tempo a sua disposizione.
MARCO BOATO. Signor Presidente, non sapevo di avere un tempo così limitato a disposizione...
PRESIDENTE. Lei aveva otto minuti; ne sono trascorsi dieci e, pertanto, la invito a concludere.
MARCO BOATO. Signor Presidente, mi ero appuntato altri argomenti da affrontare, ma se lei ha un po' di pazienza cercherò, sintetizzandoli, di concludere.
PRESIDENTE. Prego, onorevole Boato.
MARCO BOATO. Avevo affrontato il tema della proliferazione delle Commissioni bicamerali anche quando si è discusso, in Assemblea ed in Commissione, circa l'istituzione della Commissione d'inchiesta sul caso Telekom-Serbia; a quel proposito avevo espresso non il rifiuto per quella indagine, bensì l'opportunità di inserirla come un capitolo specifico della istituenda Commissione sul sistema della corruzione sotto il profilo non solo interno ma anche internazionale.
Per quanto riguarda il dossier Mitrokhin, già nella scorsa legislatura il nostro gruppo al Senato aveva presentato una proposta di legge (l'atto Senato n. 4287) che affrontava positivamente la questione, collocandola in un ambito di indagine che riguardava anche gli altri servizi segreti stranieri operanti in Italia. Le proposte di legge che ho citato sinteticamente sono state tutte respinte. Per tale motivo, avere tralasciato addirittura in modo determinato l'aspetto relativo all'istituzione della Commissione d'inchiesta sul sistema della corruzione e aver puntato solo sulla predisposizione di una indagine su Telekom-Serbia e sul dossier Mitrokhin fa assumere un significato anomalo e particolare a tale proposta.
Sicuramente, il collega Cicchitto oggi ha svolto una relazione più corretta ed equilibrata di quanto avesse fatto in sede referente. In quella sede mi lamentai dell'impostazione che mi parve unilaterale; oggi gli do atto di aver adottato un atteggiamento - lo ripeto - più corretto ed equilibrato.
Signor Presidente, per concludere, anche se avrei voluto svolgere altre osservazioni, la ringrazio per la sua attenzione e per la sua pazienza. Vorrei confermare - collega Saponara, lei ha notato il nostro atteggiamento - che non ci opporremo (quale sarà poi il voto finale che esprimeremo, lo valuterò anche con i colleghi del gruppo) e che, sicuramente, non vi sarà da parte nostra un voto contrario rispetto a questa proposta di legge che prevede l'istituzione di una Commissione d'inchiesta parlamentare. Tuttavia, restano ferme, sia pure espresse in modo così sintetico, le forti riserve critiche, soprattutto di carattere istituzionale prima ancora che politico, che ho espresso in Commissione in sede referente e che ho ribadito sinteticamente oggi in Assemblea.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Luciano Dussin. Ne ha facoltà.
LUCIANO DUSSIN. Signor Presidente, la Lega nord Padania è favorevole all'istituzione della Commissione di inchiesta parlamentare concernente il dossier Mitrokhin. Riteniamo giusto verificare se i documenti contenuti nel dossier siano o meno attendibili e corretti e, in quest'ultimo caso, se siano o meno stati oggetto di manipolazioni di qualsiasi genere.
Questi documenti, recentemente diffusi, segnalano ingiustificabili intrecci e collaborazioni che hanno interessato politici, alti funzionari dello Stato, servizi segreti, giornalisti, imprenditoria, con il coinvolgimento di personale impiegato presso i nostri consolati e le nostre ambasciate, con paesi nemici. Se questi documenti fossero autentici, si dovrebbe iniziare una giusta revisione storica per rendere di dominio pubblico le eventuali responsabilità di chi avrebbe lavorato contro gli interessi e, soprattutto, contro la volontà dei nostri cittadini, peraltro, operando - come dicevo prima - a favore di un regime comunista che ha dimostrato il suo totale fallimento, mettendo in crisi tutte le economie dei paesi in cui è riuscito ad imporsi, con il risultato di aver affamato mezzo mondo. Pertanto, proprio per la gravità assoluta dei comportamenti indicati nel dossier Mitrokhin, che denunciano l'alto tradimento dei soggetti precedentemente indicati, riteniamo utile verificare fino in fondo l'attendibilità dei documenti in esso contenuti.
Ascoltavo prima qualcuno denunciare il rischio di una indagine giustificata da un
qualche furore ideologico. A noi non serve riaprire la questione comunista, anche perché in questi giorni registriamo che l'intera Europa sta bocciando la deriva comunista dei partiti socialdemocratici che governavano in gran parte dei paesi della stessa Unione europea.
Non serve, quindi, una Commissione d'inchiesta sul dossier Mitrokhin per ribadire ciò che i cittadini già sanno. A noi serve una Commissione per ristabilire la verità, le eventuali responsabilità di chi avrebbe lavorato, contro la volontà dei nostri cittadini, per ridurre il nostro paese ai livelli di povertà e di assenza di democrazia, sul modello esistente nei paesi dell'est Europa sotto il dominio del comunismo dittatoriale. È giusto, se emergeranno responsabilità, che i cittadini ne siano al più presto informati perché i traditori, se ci sono, devono essere smascherati al più presto.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Rizzo. Ne ha facoltà.
MARCO RIZZO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, stiamo parlando di una Commissione di inchiesta parlamentare che dovrebbe avere come obiettivo quello di conoscere la verità su un tema che ha caratteristiche prettamente storiche. Credo sia giusto poter conoscere la verità su pezzi della storia del nostro paese e del mondo intero. Bisogna capire - e credo che da questo punto di vista la politica debba avere il suo spazio - perché questa Commissione venga istituita adesso. A mio avviso vi è una volontà politica, se non di ritorsione, perlomeno di propaganda.
Stiamo parlando di una Commissione d'inchiesta che avrebbe come materia principale il cosiddetto dossier Mitrokhin.
Gli atti o i vari dossier del cosiddetto KGB, dopo la caduta del muro di Berlino e la fine dell'Unione sovietica, si potevano trovare nelle strade di Mosca in vendita sulle bancarelle. Non voglio dire che questa vicenda sia necessariamente solo questo, però, visto che stiamo parlando di una Commissione del Parlamento italiano, dobbiamo avere elementi probatori dal punto di vista della veridicità e dell'autenticità. Ho l'impressione che il documento in questione abbia un valore, per lo meno dal punto di vista probatorio, certamente molto discutibile, se non addirittura nullo.
Torno a ripetere che i temi nodali in un'inchiesta di questo genere devono essere la verifica della provenienza, dell'autenticità e dell'attendibilità. Se entriamo nel merito della stessa vicenda, ci rendiamo conto che il personaggio in questione, Mitrokhin, avrebbe avuto un periodo lungo per mettere da parte questa documentazione, un periodo di circa dieci anni. Vorrei svolgere un ragionamento di logica: in un servizio di sicurezza di qualunque paese, credo non sia facile scoprire chi un giorno o l'altro copia documenti riservati. Probabilmente, è molto più facile scoprire chi copia documenti per un periodo lungo dieci anni. È difficile che un archivista, così come era Mitrokhin, abbia accesso a tutte le sezioni dell'archivio presso il quale è impiegato; probabilmente può avere un accesso limitato. Tuttavia, anche pensando che il signor Mitrokhin avesse accesso a qualunque sezione dell'intero archivio del servizio di sicurezza sovietico, visto che si tratta di un documento di oltre 200 mila pagine, facendo un calcolo anche minimo, in dieci anni Mitrokhin avrebbe dovuto copiare circa 70-80 pagine al giorno. Non si capisce, dopo un lavoro così intenso, come avrebbe potuto svolgere qualunque altro lavoro. Addirittura si può pensare, nel caso in cui tutto ciò fosse vero, che Mitrokhin sia stato messo lì apposta solo per copiare, perché non avrebbe avuto il tempo di fare altro.
Francamente, ho l'impressione che ci troviamo di fronte ad una situazione paradossale. Non voglio addentrarmi, in questa sede, nella famosa storia delle 250 bottiglie nelle quali sarebbero state conservate le copie di questi documenti: tutto può essere verosimile, ma tutto può essere anche inverosimile. Devo dire che queste critiche all'autenticità della documentazione non sono solo mie: istituti storici di provata efficienza e competenza hanno
sostenuto che il valore probatorio di questi documenti è assai scarso, probabilmente molto prossimo al nulla.
Tra l'altro, vorrei dire che, dal punto di vista istituzionale, tutto questo dossier risulta già stato consegnato alla magistratura e alla Commissione stragi e lo stesso Comitato di controllo sui servizi segreti è stato investito del caso sin dall'inizio.
Ho l'impressione che, ripeto, l'istituzione di questa Commissione abbia il solo obiettivo di effettuare un battage propagandistico e sia, quindi, un elemento di scontro politico. Indipendentemente da ciò, i Comunisti italiani hanno presentato tre emendamenti, volti essenzialmente ad allargare l'indagine - se proprio si vuole, dal punto di vista perlomeno storico - a tutto quello che è successo durante la guerra fredda, in Italia e nel mondo, agli interventi degli Stati stranieri in Italia (collegamenti e finanziamenti non solo ai partiti ma anche alle correnti di partito, non solo ad un singolo partito ma ad un partito affinché li desse anche ad altri partiti, e secondo una funzione non solo univoca dei paesi dell'est nei confronti dell'Italia ma anche con una presenza massiccia di finanziamenti da parte dell'occidente e, in primo luogo, degli Stati Uniti d'America).
Da questo punto di vista, vorremmo che, se di storia si vuole parlare, ci fosse anche un'analisi storica su quello che è successo, di cui non si conosce ancora soluzione, relativamente alle cosiddette stragi di Stato, agli assassini politici, al sostegno al terrorismo, a tutti gli attentati e a tutta la parte nebulosa, però drammatica, della storia del nostro paese. Quindi, da questo punto di vista il nostro giudizio politico è chiaro perché siamo convinti di trovarci di fronte ad un'indagine che ha come unico scopo il confronto - o, meglio, lo scontro - politico, la propaganda politica e, visto che siamo in una sede di tipo istituzionale con un alto incarico, quello di una Commissione d'inchiesta, vorremmo cercare di contribuire alla ricerca della verità, perlomeno, se non della «verità», almeno di quella storica.
In questo caso, se la ricerca viene avviata, la si deve fare per intero e non per singoli spezzoni.
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
![]() |
![]() |
![]() |