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del personale di optare per l'ente locale di appartenenza, nel termine di tre mesi dall'entrata in vigore della legge. Al personale ATA trasferito la legge riconosce a fini giuridici ed economici l'anzianità maturata presso l'ente locale dal quale il personale proviene ed il mantenimento della sede dell'ente locale di provenienza nella fase di prima applicazione della legge, qualora vi sia la disponibilità del posto;
da un ente ad un altro (cfr. articolo 52 della legge n. 312 dell'11 luglio 1980);
che va dai 3 ai 12 milioni annui a seconda dei casi. Per giunta l'importo di tale compenso incideva sul montante pensionabile per cui riduce il monte pensione del dipendente;
di VI livello nelle qualifiche statali della scuola, prevede la costituzione di uno specifico profilo amministrativo «con compiti di responsabilità e di coordinamento di aree e settori organizzativi e di vicariato» che i dipendenti di VI livello della Provincia già possedevano. Lo stesso dicasi per i dipendenti provinciali che godevano delle qualifiche D1 e D2 (ex VII livello), D3 e D4 (ex VIII livello). Il Dipartimento per il servizio nel territorio, Direzione Generale per l'organizzazione dei servizi nel territorio, Ufficio XI presso il Ministero della pubblica istruzione, rispondendo alle lamentele del personale scolastico ATA dipendente degli enti locali, relative alla mancata ricostruzione della carriera dei medesimi alla luce della anzianità maturata presso l'ente locale di provenienza, ha affermato che l'inquadramento di tale personale è stato disposto considerando solo la posizione economica maturata e non anche l'anzianità di servizio;
positivo contributo alla riduzione della disoccupazione, riassumendo del personale licenziato -:
i dipendenti ATA degli istituti scolastici italiani presso gli enti locali (personale amministrativo, tecnico ed ausiliario disciplinato dagli articoli 542 e seguenti del testo unico in materia di istruzione scolastica, approvato con decreto legislativo 16 aprile 1997 n. 297) sono stati trasferiti alle dipendenze dello Stato in data 1o gennaio 2000, in virtù della norma ex articolo 8, 2o comma della legge 3 maggio 1999 n. 124 contenente disposizioni urgenti in materia di personale scolastico;
con tale trasferimento detti dipendenti degli enti locali (si tratta di circa ottantamila persone in Italia) hanno subito evidenti e gravi penalizzazioni della loro posizione giuridica ed economica dal momento che esso è stato disciplinato dall'accordo tra Aran e rappresentanti delle organizzazioni sindacali del 20 luglio 2000 (recepito dal decreto del Ministero della pubblica istruzione del 5 aprile 2001), il quale ha violato palesemente la disciplina prevista dalla menzionata norma ex articolo 8, 2o comma della legge n. 124 del 1999 e, più in generale, ha violato i principi che regolano i trasferimenti dei dipendenti pubblici;
pertanto i predetti dipendenti scolastici si sono costituiti in 75 comitati con sede in molte città italiane, per far rispettare il contenuto della menzionata norma della legge n. 124 del 1999 e per mettere in evidenza le gravi penalizzazioni che hanno subito con il menzionato trasferimento;
l'articolo 8, 2o comma della legge n. 124 del 1999 prevede che il personale scolastico ATA dipendente degli enti locali venga trasferito a partire dal 1o gennaio 2000 nei ruoli del personale ATA statale alle dipendenze del Ministero della pubblica istruzione e che venga inquadrato nelle qualifiche funzionali e nei profili professionali corrispondenti per svolgere i compiti relativi a detti profili. Per le qualifiche e i profili che non trovino corrispondenza nei ruoli del personale ATA statale detta legge prevede la facoltà
il decreto ministeriale n. 184 del 23 luglio 1999 prevede, all'articolo 3, che al personale scolastico ATA trasferito dagli enti locali allo Stato venga corrisposto provvisoriamente, a decorrere dal 1o gennaio 2000, lo stipendio conseguito presso l'ente di provenienza e che, con successivo decreto del Ministero della pubblica istruzione, siano definiti i criteri per inquadrare detto personale nello Stato, in modo da allineare la retribuzione, i trattamenti accessori e la posizione giuridica e previdenziale dei medesimi a quella del comparto statale della scuola;
purtroppo le garanzie previste dalla menzionata legge e dal predetto decreto ministeriale ai dipendenti scolastici ATA degli enti locali, trasferiti alle dipendenze dello Stato, non sono state riconosciute dall'accordo fra Aran e sindacati del 20 luglio 2000, recepito con decreto MPI del 5 aprile 2001, pubblicato in Gazzetta Ufficiale del 14 luglio 2001, di conseguenza i predetti dipendenti trasferiti sono stati inquadrati con decreti «temporizzati» che tolgono loro anni di anzianità reale maturata (e con declassamento dei VI e VIII livelli in qualifiche inferiori ancora una volta temporizzate) in quanto, come previsto dalla circolare MPI n. 210 del 23 luglio 2001, tali allineamenti si basano esclusivamente sul maturato economico del dipendente;
si fa presente, inoltre che, in numerosissime città, i dipendenti transitati, dopo due anni e due mesi, ancora non possiedono nemmeno tale decreto pur «temporizzato»;
quindi tra le garanzie non riconosciute spiccano il mancato riconoscimento del diritto di opzione per rimanere nell'ente di provenienza ed il mancato mantenimento della anzianità reale maturata dal dipendente presso l'ente locale. Anzi l'anzianità effettiva di servizio maturata dal dipendente degli enti locali viene ridotta in virtù del detto trasferimento presso lo Stato. Tali violazioni sono inammissibili perché un accordo sindacale riferito ad una categoria di lavoratori non può derogare dal contenuto di una legge che disciplina tale transito;
il diritto di opzione del dipendente pubblico, allorché si prospetti un passaggio da ente a ente, è riconosciuto per ogni tipo di trasferimento dei dipendenti pubblici in conformità al principio generale della libertà e volontarietà del transito del personale dipendente dallo Stato e dagli enti pubblici, garantito dall'articolo 7, 4o comma del decreto legislativo 31 marzo 1998 (attuativo del capo I della legge 15 marzo 1997 n. 59 che applica il decentramento amministrativo orientato dal criterio della sussidiarietà) e dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 14 dicembre 2000 n. 446, che disciplina i modi e le procedure per il trasferimento del personale dallo Stato agli enti locali;
l'inquadramento dei dipendenti ATA trasferiti avviene senza rispettare l'anzianità di servizio maturata da ciascuno, ma esclusivamente considerando la posizione economica maturata dal medesimo (articolo 3, 1o comma del decreto ministeriale 5 aprile 2001). Essi sono inquadrati, come afferma la norma, «nella progressione economica per posizioni stipendiali dalle corrispondenti qualifiche professionali del comparto scuola»;
la penalizzazione subita dai dipendenti degli enti locali cresce con il crescere dell'anzianità di servizio dei medesimi;
l'inquadramento operato solo considerando la posizione economica maturata dal dipendente si dovrebbe applicare esclusivamente per i passaggi dei dipendenti da una qualifica inferiore ad una superiore e non anche per un trasferimento
per rendere ancora più evidente la penalizzazione subita dai dipendenti scolastici ATA degli enti locali facciamo un esempio -:
il dipendente che, alla data del trasferimento allo Stato (1o gennaio 2000), aveva un'anzianità di 26 anni e 10 mesi presso l'ente locale avrebbe dovuto essere collocato, secondo la legge n. 124 del 1999 citata, nel gradone tra i 21 ed i 27 anni della scuola e passare, dopo un anno e due mesi, al gradone tra i 28 ed i 34 anni di anzianità. Invece l'inquadramento operato dal predetto accordo Aran-organizzazioni sindacali inquadra il medesimo in un gradone-scuola pari o immediatamente inferiore al suo maturato economico, che nulla ha a che vedere con la sua anzianità di servizio, con l'attribuzione di un assegno ad personam riassorbibile nei futuri miglioramenti, che, mentre pareggia lo stipendio goduto presso l'ente locale, pregiudica l'anzianità reale utile ai fini giuridici ed economici;
cioè l'accordo sindacale colloca il dipendente transitato a 21 anni di anzianità. Di conseguenza tale dipendente, prima di raggiungere il gradone conforme alla anzianità effettivamente maturata dallo stesso, deve attendere ben otto anni, invece che 1 anno e 2 mesi, come vorrebbe la sua anzianità;
applicando il predetto accordo si verifica il paradosso che due dipendenti di pari anzianità (26 anni e 10 mesi) che hanno sempre lavorato nella scuola con le stesse mansioni, ma l'uno da sempre alle dipendenze dello Stato e l'altro alle dipendenze dell'ente locale e trasferito il 1o gennaio 2000 allo Stato, sono considerati con diversa anzianità di servizio per cui percepiscono stipendi diversi;
infatti il dipendente scolastico statale, avendo maturato un'anzianità di servizio (al 1o gennaio 2000) di 26 anni e 10 mesi, transita nel gradone tra i 28 ed i 34 anni dopo un anno e due mesi;
invece il dipendente scolastico degli enti locali viene considerato con un'anzianità di soli 21 anni, per cui egli «passa nel gradone tra i 28 ed i 34 anni di anzianità dopo otto anni;
la disparità di trattamento tra dipendenti scolastici statali e dipendenti scolastici degli enti locali, sotto il profilo della diversa anzianità attribuita e, di conseguenza, sotto il profilo economico, si rileva nell'esempio citato, dopo 1 anno e 2 mesi; ma sono numerosissimi i casi, soprattutto tra i più «anziani» e tra i collaboratori scolastici, dove tale disparità risulta evidente già alla data del transito, e cioè dal 1o gennaio 2000;
i responsabili amministrativi dipendenti degli enti locali erano inquadrati nell'area D o, in altre regioni, in area D2 (ex 7o livello) o in area D3 o D4 (ex 8o livello) mentre, con il trasferimento alle dipendenze dello Stato, detti responsabili amministrativi sono stati inquadrati nell'area C prevista dal contratto collettivo nazionale della scuola per cui hanno subito, dal 1o gennaio 2000 al 31 agosto 2000, un declassamento. Tale declassamento è stato sanato dal 1o settembre 2000, poiché, tramite concorso, i suddetti responsabili amministrativi degli enti locali sono stati inseriti in area D dello Stato ed è stata loro attribuita la qualifica di direttore generale dei servizi amministrativi;
i responsabili amministrativi degli enti locali già possedevano, alla data del passaggio, la qualifica che lo Stato ha loro attribuito dal 1o settembre 2000 e tramite concorso, in quanto erano inquadrati nell'ente locale con la qualifica di Funzionari-Direttori di Unità Operativa Complessa, e che quindi, nel momento del transito, pure essi andavano inquadrati nella nuova area D della scuola con la loro totale anzianità e senza la sommissione ad un concorso;
tutti i dipendenti scolastici ATA trasferiti allo Stato, però, hanno perso il cosiddetto «compenso incentivante» che percepivano dall'ente locale di provenienza. Si tratta di una perdita consistente,
tale compenso, di carattere fisso e non accessorio, faceva recuperare ai dipendenti scolastici ATA degli enti locali il mancato aumento retributivo legato al crescere dell'anzianità di servizio che era stato bloccato a decorrere dal 31 dicembre 1985. È pur vero che i dipendenti transitati godono dal 1o gennaio 2000 del Compenso Individuale Accessorio previsto dal CCNL Scuola (da lire 76.000 a 81.000 mensili a seconda delle qualifiche, con esclusione dei Direttori Generali dei Servizi Amministrativi), ma è altrettanto vero che tale compenso non copre che in minima parte il «compenso incentivante» perduto. Pertanto gli ex dipendenti dagli enti locali dovrebbero recuperare la differenza tra il «compenso incentivante» dell'ente locale e il Compenso Individuale Accessorio statale, e mantenerlo come «assegno ad personam non riassorbibile e non rivalutabile», come previsto dall'articolo 3 commi 57/59 della legge 24 dicembre 1993 n. 537.
Si badi che non è mai accaduto in passato che un trasferimento del personale da ente pubblico allo Stato penalizzasse in modo così grave i dipendenti trasferiti;
i numerosi comitati degli ex dipendenti scolastici ATA degli enti locali chiedono vivamente di essere trattati come i dipendenti dello Stato che, in virtù della norma ex articolo 7, 4o comma del decreto legislativo 31 marzo 1998 n. 112 attuativa del capo primo della legge 15 marzo 1997 n. 59 sul decentramento amministrativo, alla luce del principio di sussidiarietà sono trasferiti presso gli enti locali.
Infatti il trasferimento di tali dipendenti, che anno fatto il percorso inverso rispetto ai dipendenti scolastici ATA degli enti locali, è disciplinato dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 446 del 14 dicembre 2000 che ha attuato la predetta norma ex articolo 7, 4o comma del decreto legislativo n. 112 del 1998. Tale decreto garantisce:
a) la libertà e volontarietà del trasferimento, riconoscendo ai dipendenti statali il diritto di optare per l'ente a cui appartengono (articolo 1, 2o comma del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 446 del 2000);
b) la continuità del rapporto di lavoro;
c) la conservazione del trattamento economico fisso e continuativo acquisito (articolo 4, 1o comma);
d) il rispetto dell'anzianità maturata dal dipendente presso l'amministrazione di provenienza (articolo 6, 1o comma);
e) l'intero ammontare dell'ultimo «compenso incentivante percepito»;
f) la liquidazione del 30 per cento dell'indennità di buonuscita maturata;
di conseguenza i dipendenti scolastici ATA trasferiti presso lo Stato chiedono che venga rispettato il diritto di opzione previsto dalla legge n. 124 del 1999, per rimanere nell'ente di provenienza da loro esercitato tempestivamente ma senza essere considerato; di mantenere l'anzianità maturata presso l'ente locale di provenienza nel rispetto delle qualifiche di provenienza come prevede l'articolo 8, 2o comma della legge n. 124 del 1999; recuperare nella forma dell'assegno «ad personam non riassorbibile e non rivalutabile» il cosiddetto «compenso incentivante» di cui disponevano presso l'ente di provenienza, poiché, anche nel caso di riconoscimento dell'anzianità reale, tale inquadramento non copre la perdita economica subita; che il loro inquadramento nelle qualifiche ed i profili dello Stato valga a decorrere dal 1o gennaio 2000, perché essi già allora possedevano le qualifiche ed i profili che solo ora il Ministero della pubblica istruzione sta tentando di creare. Infatti l'accordo fra Aran e sindacati, per l'impossibilità di inserire i dipendenti provinciali
il summenzionato accordo Aran-organizzazioni sindacali del 20 luglio 2000 (Gazzetta Ufficiale 14 luglio 2001) non ha disciplinato, infatti, l'anzianità di servizio degli istanti;
il menzionato Dipartimento sostiene che se fosse stata riconosciuta dall'accordo tra Aran e sindacati l'anzianità maturata dai detti dipendenti ATA presso gli enti locali da cui essi provengono, lo Stato avrebbe dovuto impiegare risorse di cui al momento non dispone. Di conseguenza ha respinto la richiesta vivamente formulata dai dipendenti ATA;
quanto sostiene il Dipartimento non corrisponde alla completa realtà dei fatti, poiché nella quasi totalità dei casi, anche col riconoscimento dell'anzianità giuridica ed economica, il «passaggio» sarebbe risultato a «costo zero». Ovvio che, col passare egli anni, e col naturale accumulo di anzianità, ogni dipendente (da sempre statale o proveniente dall'ente locale) maturi anzianità di carriera e quindi miglioramenti economici -:
quali siano i motivi per cui il menzionato accordo tra Aran e organizzazioni sindacali non ha rispettato la disciplina e le garanzie previste dalla legge n. 124 del 1999 per i trasferimenti presso lo Stato dei dipendenti scolastici ATA provenienti dagli enti locali, determinando così gravi penalizzazioni nel trattamento economico e giuridico di essi e realizzando un'evidente disparità di trattamento con tutti gli altri dipendenti scolastici ATA.
(5-00814)
le associazioni di categoria dell'Artigianato hanno segnalato come la circolare n. 24 del 23 gennaio 2002 dell'INPS - facendo riferimento alla legge 28 dicembre 2001 n. 448 - esclude la possibilità di iscrivere per l'anno 2002 nelle liste di mobilità i lavoratori licenziati per giustificato motivo (connesso ad una riduzione del lavoro, trasformazione o cessata attività) da aziende con meno di 15 dipendenti;
conseguentemente, in caso di nuova assunzione di tali lavoratori, le ditte non possono utilizzare più gli incentivi previsti dalla legge n. 236 del 1993 per nuovi licenziati;
l'Inps mentre riconosce la possibilità di usufruire dei benefici predetti le imprese che hanno fatto assunzioni di lavoratori iscritti nelle liste di mobilità entro il 31 dicembre 2001, se le stesse assunzioni siano avvenute entro il medesimo termine, mentre non li riconosce per chi - pur essendosi iscritto entro tale data - sia stato assunto successivamente;
l'interpretazione data dell'Inps danneggia pesantemente questi lavoratori - creando tra l'altro una ingiusta discriminazione legata alla grandezza della impresa di provenienza - che si ripercuote in una loro minor possibilità di riassunzione, ma anche danneggia quelle imprese che, assumendoli, danno invece un
quale sia l'interpretazione ministeriale in merito all'anomalia segnalata, anche in merito alla legge 19 luglio 1993 n. 236 e sue modificazioni;
se, nel caso si ritenga che l'interpretazione dell'Inps non sia corretta, che iniziative siano state poste in essere nei confronti dell'Istituto per un suo diverso atteggiamento sul problema;
nel caso invece l'interpretazione Inps sia giudicata corretta, quale siano le volontà del Ministro interrogato per intervenire concretamente ed in quali tempi al fine di sanare questa poco comprensibile discriminazione tra lavoratori licenziati;
se non ritenga il Ministro interrogato di dover comunque intervenire al fine di riconoscere la possibilità di iscriversi nelle liste di mobilità anche per i dipendenti licenziati da aziende con meno di 15 dipendenti nel corso del 2002.
(4-02654)