Allegato B
Seduta n. 100 del 19/2/2002


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INTERNO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere - premesso che:
nella giornata di martedì 12 febbraio 2002 la Commissione per il riconoscimento dello status di rifugiato si è trasferita in Puglia per le audizioni relative alle centinaia di profughi richiedenti asilo sbarcati a Gallipoli ed attualmente ospitati, per quanto si conosce, nei locali del Centro Orizzonte;
la Commissione, in poco più di 48 ore, ha svolto centinaia di interviste decidendo quali domande d'asilo accettare e quali rifiutare. Da notizie provenienti da associazione umanitarie da anni impegnate nella tutela dei richiedenti asilo risulta che siano state respinte le domande di 97 richiedenti asilo di etnia kurda provenienti dalla Turchia, di 46 richiedenti dallo Srilanka, di 2 richiedenti dal Bangladesh e di 2 richiedenti dall'Afghanistan;
il sottosegretario all'interno, onorevole Mantovano, ha affermato che «esaurita la fase della prima accoglienza (..) tutti coloro che non hanno titolo a vedersi riconosciuto lo status di rifugiati saranno espulsi e riaccompagnati nel Paese d'origine»;
lo stesso Presidente del Consiglio ha convocato alla Farnesina l'ambasciatore turco Utkan per auspicare, trovando su questo pieno consenso dell'ambasciatore, «un accordo di riammissione in Turchia delle persone illegalmente provenienti da quel Paese»;
il rimpatrio coatto dei richiedenti asilo non riconosciuti può solo essere disposto caso per caso, dietro verifica della situazione personale e di quella del Paese d'origine, nel rispetto di tutte le garanzie e del divieto di refoulement in Paesi in cui si rischiano persecuzioni;
il motivo per cui gli accordi con la Turchia non sono giunti fino ad ora a prevedere la riammissione coatta sta proprio negli scarsi standard di quel Paese in materia di diritti umani;
l'istituto dell'asilo è un diritto soggettivo fondamentale, sancito dalla nostra Costituzione e che il diritto dei richiedenti asilo che si vedano respingere tale domanda ad adire all'Autorità giudiziaria ordinaria per la tutela del proprio diritto fondamentale non può in alcun modo


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essere compresso od ostacolato. Pertanto non può essere ammesso in nessun caso che si verifichi un allontanamento coatto dello straniero dal territorio nazionale prima che all'interessato sia stata data la possibilità di appellarsi all'Autorità Giudiziaria contro la decisione negativa;
preoccupa il provvedimento che la questura di Lecce ha assunto nei confronti dei richiedenti asilo kurdi, respinti con un provvedimento di respingimento dal territorio nazionale;
l'articolo 8 della legge n. 40 del 1998 prevede lo sbrigativo respingimento, da parte della polizia di frontiera, degli stranieri «che si presentano ai valichi di frontiera senza avere i requisiti (...) per l'ingresso nel territorio dello Stato», mentre al comma 2/A si prevede un'eccezione, poiché il questore può disporre il respingimento con accompagnamento alla frontiera nei confronti degli stranieri che «sottraendosi ai controlli di frontiera, sono fermati all'ingresso o subito dopo». In ogni caso nell'articolo 8, comma 4 si stabilisce che «le disposizioni del comma (...) 2 (...) non si applicano nei casi previsti dalle disposizioni vigenti che disciplinano l'asilo politico, il riconoscimento dello status di rifugiato ovvero l'adozione di misure di protezione temporanea per motivi umanitari»;
lo sbrigativo respingimento si porrebbe in gravissima violazione del principio di non refoulement («non respingimento») sancito dall'articolo 33 della Convenzione di Ginevra, nonché dall'articolo 19 T.U. 286/98, che stabilisce il divieto assoluto di rimpatrio di una persona verso un territorio ove la sua vita e la sua sicurezza potrebbero essere in pericolo. In particolare la notissima situazione di persecuzione della minoranza kurda in Turchia ed in Irak configura senza dubbio tale situazione. Parimenti si verrebbe a violare l'articolo 3 della Convenzione europea sui diritti dell'uomo (protezione contro il rischio di essere sottoposto a trattamenti disumani o degradanti), vincolante per l'Italia -:
se non ritenga necessario intervenire affinché non si realizzino più violazioni delle garanzie nelle procedure di accoglimento delle istanze di asilo e nel trattamento delle persone a cui le istanze fossero eventualmente respinte, escludendone comunque un rimpatrio forzoso nei Paesi nei quali la loro sicurezza e incolumità non fosse garantita;
se - a fronte delle notizie circa il perdurante divieto di espressione della cultura, della lingua e dell'identità kurda in Turchia e negli altri Paesi che ospitano tale minoranza - non ritenga di disporre affinché, ferme restando le eventuali procedure individuali di asilo politico, sia attribuita ai kurdi che giungono in Italia, per decreto interministeriale o attraverso una raccomandazione della commissione centrale, una forma di protezione umanitaria automaticamente prorogabile finché permangano le condizioni di repressione.
(2-00247)
«Violante, Turco, Battaglia, Soda, Leoni, Bonito, Caldarola, Folena, Piglionica, Nicola Rossi, Rossiello, Rotundo, Sasso».

Interrogazione a risposta orale:

LUCIDI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
rispondendo ad un'interrogazione a risposta immediata, il 13 febbraio 2002, il Ministro delle comunicazioni, onorevole Maurizio Gasparri, ha riferito che è allo studio del suo dicastero la realizzazione di un «113» per i minori, ossia l'acquisizione di un numero telefonico di emergenza a tre cifre che permetterà la segnalazione da parte di bambini ed adolescenti di fatti di violenze o di gravi situazioni di disagio fisico e psichico;
la normativa in vigore nel nostro Paese contro le violenze e lo sfruttamento dei minori ha realizzato un adeguamento dell'organizzazione degli uffici di polizia, sia centrali che periferici, che ha messo in grado le forze di polizia di svolgere una


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efficace attività di prevenzione e di contrasto delle violenze contro l'infanzia;
in particolare, dopo la legge n. 66 del 1996, sono stati istituiti presso ogni questura gli «uffici minori», con specifiche funzioni di «pronto soccorso» verso i minori e le famiglie in difficoltà, esercitate in collaborazione con gli altri enti ed organismi che si occupano delle problematiche dell'infanzia nonché di recupero e risocializzazione;
la gestione dell'attività è affidata alla Direzione centrale della polizia criminale, che ha istituito una apposita sezione minori, anche per realizzare un monitoraggio delle fenomenologie delittuose;
secondo quanto stabilito dalla legge n. 269 del 1998, sono state istituite presso le squadre mobili delle questure, apposite sezioni specializzate nelle indagini concernenti lo sfruttamento sessuale dei minori e sono state date agli uffici minori competenze per la raccolta di informazioni sulle indagini in corso nello stesso ambito, raccolta raccordata con la sezione minori presso la Direzione centrale;
le responsabilità affidate hanno fatto sì che gli uffici minori acquisissero una specifica ed apprezzabile professionalità messa anche a disposizione delle scuole, degli enti locali, che ha portato anche a progetti condivisi con enti, organismi pubblici e del privato sociale per la realizzazione di interventi integrati contro la violenza e i maltrattamenti;
gli interscambi e le collaborazioni operate hanno fatto maturare, nel 2001, d'intesa con il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e con l'Unicef, il progetto: «Il poliziotto: un amico in più», al quale è seguito l'impegno con l'Unicef per la realizzazione di progetti comuni a tutela dell'infanzia;
l'acquisizione di dati sulle violenze ai minori, anche attraverso l'attività investigativa, consente alle forze di polizia di migliorare le proprie strategie di intervento per la prevenzione e il contrasto di questi gravi reati;
pertanto, l'iniziativa annunciata dal Ministro Gasparri suscita forti perplessità e preoccupazione perché tesa ad incidere sul livello di competenza maturato dagli operatori istituzionali in una positiva ottica di sinergia con le realtà che si occupano di infanzia, utile a garantire insieme all'attività di prevenzione e di recupero anche l'attività di repressione;
la diversa soluzione annunciata varrebbe a rallentare, se non ad ostacolare, la complessità di un lavoro in un settore delicato dove l'attività istituzionale garantisce insieme vittima e collettività, perché tutela la prima e reagisce prontamente contro chi commette reato -:
se il Ministro dell'interno sia a conoscenza dell'iniziativa annunciata dal Ministro delle comunicazioni;
se il Ministro dell'interno la condivida;
se il Ministro dell'interno non ritenga che la stessa rischi di ostacolare l'attività già in essere svolta dalle forze di polizia attraverso gli uffici minori, la sezione minori presso la Direzione centrale della polizia criminale e le sezioni specializzate per le indagini;
se il Ministro dell'interno non ritenga che, invece che distrarre risorse per la nuova iniziativa annunciata dal Ministro Gasparri, non si tratti invece di impegnarle per rafforzare la professionalità e l'azione delle forze di polizia già impegnate nella prevenzione e la repressione della violenza ai minori.
(3-00704)

Interrogazione a risposta in Commissione:

ALBERTO GIORGETTI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il problema della sicurezza e di una efficace lotta contro il crimine spinge a trovare mezzi di difesa sempre più pensanti che alla fine favoriscono modi di attacco sempre più potenti e pericolosi da parte della criminalità;


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proprio per questo è stato dato il via, nel 1992, al progetto security qube system (S.Q.S.), una valigia il cui contenuto, indipendentemente dall'abilità, dal tempo a disposizione, dai metodi ed attrezzi impiegati in un tentativo di furto, viene irreversibilmente «distrutto»;
il sistema S.Q.S. garantisce la validità del concetto per cui il criminale non può accedere al contenuto della valigia senza provocarne la distruzione;
il succitato sistema protegge i valori senza la necessità di impiegare armi o furgoni blindati, permette di utilizzare automezzi non blindati per il servizio di trasporto valori, rende ad esempio inutilizzabili anche le banconote contenute in buste di plastica sigillate sotto vuoto, può integrare l'unità global system for mobile communications (G.S.M.) per la localizzazione del contenitore in caso di furto, è adatto per il trasporto dei cassetti Bancomat precaricati di valuta;
la funzionalità del sistema è garantita da numerose certificazioni ottenute, tanto da essere utilizzato quotidianamente in altri Paesi dell'Europa, come la Norvegia e, soprattutto, la Svizzera;
la circolare ministeriale del Dipartimento della pubblica sicurezza direzione affari generali (Servizio polizia amministrativa e sociale divisione I, sezione II) protocollo n. 559/C.26111.10089D(7)2 del 22 giugno 2000, avente ad oggetto la regolamentazione dei servizi di trasporto valori, favorisce l'utilizzo del sistema S.Q.S. quando parla di utilizzo di sistemi ad alta tecnologia, citando «il sistema di difesa passiva definito "HDS", recentemente immesso sul mercato e già sperimentato con successo in altri Paesi europei, tendente ad eliminare l'appetibilità del bene trasportato, annullandone - quando trattasi di carta moneta - il valore intrinseco in caso di manomissione o forzatura delle apparecchiature che lo contengono»;
la medesima circolare, al punto C), farebbe rientrare l'utilizzo della valigia con sistema S.Q.S. nel trasporto valori per somme da un miliardo a tre miliardi di lire;
il potenziale risparmio di uomini e mezzi che deriverebbe dall'utilizzo della valigia con sistema S.Q.S., ci sarebbe solo se si permettesse di trasportare più della cifra prevista dal punto C) della circolare di cui sopra che altrimenti sarebbe compromesso -:
quali provvedimenti urgenti si intendano adottare per prevedere che per l'utilizzo di sistemi ad alta tecnologia si possa trasportare più della cifra consentita dalla succitata circolare.
(5-00643)

Interrogazione a risposta scritta:

VENDOLA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nella giornata di martedì 12 febbraio 2002 la Commissione centrale per il riconoscimento dello status di rifugiato si è trasferita in Puglia per le audizioni relative alle centinaia di richiedenti asilo sbarcati a Gallipoli ed attualmente ospitati, per quanto si conosce, nei locali del Centro Orizzonte;
subito dopo lo sbarco, il sottosegretario all'interno Mantovano affermò il 31 gennaio 2002 che «esaurita la fase della prima accoglienza (...) tutti coloro che non hanno titolo a vedersi riconosciuto lo status di rifugiati saranno espulsi e riaccompagnati nel paese d'origine». Il giorno dopo il presidente del Consiglio dei ministri, onorevole Berlusconi convocava alla Farnesina l'ambasciatore turco Utkan per auspicare, trovando su questo il pieno accordo dell'ambasciatore, «un accordo di riammissione in Turchia delle persone illegalmente provenienti dal quel paese»;
il Governo non può ignorare che il rimpatrio coatto dei richiedenti asilo non riconosciuti non può essere deciso in via generale, ma può solo essere disposto caso per caso, dietro verifica della situazione personale e di quella del paese di origine, nel rispetto di tutte le garanzie (ivi


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compreso il ricorso alla magistratura ordinaria e amministrativa) e comunque del divieto di refoulement in paesi in cui si rischino persecuzioni (Turchia e Iraq, ad esempio); né che il motivo per cui gli accordi con la Turchia non sono giunti finora a prevedere la riammissione coatta sta proprio negli scarsi standard di quel paese in materia di diritti umani;
ai quasi cinquecento cittadini stranieri sbarcati dalla nave turca Engin è stato riservato un trattamento inusuale. A tutti è stato chiesto se volevano fermarsi e chiedere asilo in Italia. A coloro che hanno risposto di no, o che siano stati considerati non meritevoli di accedere alla procedura di asilo (anche in base a criteri opinabili: un cittadino turco, figlio di un genitore turco e uno kurdo, si è visto negare la possibilità di chiedere asilo solo perché turcofono e non kurdofono), è stata immediatamente notificata l'intimazione a lasciare il territorio nazionale. Viceversa, a coloro che hanno risposto di sì non è stato dato, fino ad oggi, alcun permesso di soggiorno provvisorio, come accade di solito. Gli uni e gli altri sono stati trattenuti sotto stretta sorveglianza, evidentemente in attesa dell'arrivo della Commissione centrale;
già nell'estate 2001 la Commissione si trasferì in Puglia per l'audizione dei reduci da un altro grande sbarco. Quei profughi hanno riferito di colloqui non superiori a cinque-dieci minuti a testa (necessariamente sommari per l'impossibilità di raccogliere in pochi giorni idee, memorie e prove delle persecuzioni subite) su sei o sette tavoli operanti contemporaneamente, e quindi con la fisica impossibilità del rappresentante Acnur di seguirli tutti. L'esito fu il rigetto di una parte non irrilevante delle istanze. Gli interessati furono trasferiti nel centro di permanenza temporanea «Regina Pacis» di San Foca, da dove dodici di loro furono poi prelevati dalla polizia, nonostante avessero presentato ricorso, e rimpatriati in Turchia via Malpensa. Uno dei dodici è poi rientrato fortunosamente in Italia ed ha ottenuto un riesame della sua posizione, poiché portava ancora i segni delle torture subite all'arrivo, mentre una delegazione di giuristi italiani, recatasi in seguito a Istanbul per altre ragioni, ha saputo dai legali turchi che un altro dei dodici è in carcere e vi resterà a lungo, essendo stato precedentemente condannato per reati politici. Tutti gli altri erano stati comunque detenuti e spesso maltrattati all'arrivo, e poi liberati solo dietro il pagamento di una forte penale da parte delle loro famiglie;
quanto sopra corrisponde del resto a quanto verificato da una missione della tedesca Pro Asyl, in seguito alla quale lo scorso anno diverse Corti tedesche e lo stesso Governo dovettero rivedere, rispettivamente, molte decisioni prese e l'orientamento generale al rimpatrio in Turchia dei rifugiati non riconosciuti;
tutto sembra convergere ora verso una ripetizione su più vasta scala della stessa procedura sommaria di audizione e dell'altrettanto sommario rimpatrio, quantomeno dei kurdi di origine turca, se non anche (in caso di un accordo di riammissione con la Turchia che lo preveda) dei kurdi di origine irakena, per i quali un rimpatrio diretto non può darsi per ragioni logistiche;
da alcuni mesi la Commissione si è orientata (forse anche per un problema di aggravio di lavoro in sede di rinnovo) a non associare come avveniva un tempo per quasi tutti i kurdi, la richiesta di protezione «umanitaria» al rigetto dell'istanza di asilo. Questo orientamento, insieme al moltiplicarsi dei rigetti spesso non motivati se non attraverso formule riprodotte in fotocopia, sta producendo una situazione drammatica: il solo servizio asilo dell'associazione Azad denuncia a Roma una ventina di casi di rifugiati kurdo-turchi non riconosciuti, di fatto clandestini. Circa un mese fa alcuni di loro hanno effettuato uno sciopero della fame, chiedendo un riesame (anche in base a nuove prove delle persecuzioni subite), per il quale sembra che non ci sia molta disponibilità da parte della Commissione -:
se il Ministro interrogato non ritenga di dover spiegare le dichiarazioni citate del


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sottosegretario Mantovano e del presidente Berlusconi, che viceversa, se confermate, configurerebbero una grave violazione delle garanzie previste dalla convenzione di Ginevra e della legge italiana;
se il Ministro interrogato non ritenga necessario vigilare ed eventualmente intervenire affinché non si realizzino violazioni delle medesime garanzie nell'esame delle richieste di asilo in corso in Puglia e nel successivo trattamento delle persone le cui istanze fossero eventualmente respinte, escludendone comunque un rimpatrio forzoso nei paesi nei quali la loro sicurezza e incolumità non è garantita;
se, a fronte delle notizie circa il perdurante divieto di espressione della cultura, della lingua dell'identità kurda in Turchia e negli altri paesi che ospitano minoranze kurde, il Ministro interrogato non ritenga di disporre affinché, ferme restando le eventuali procedure individuali di asilo politico, sia attribuita ai kurdi che giungono in Italia, per decreto interministeriale o attraverso una raccomandazione della Commissione centrale, una forma di protezione umanitaria automaticamente prorogabile finché permangano le condizioni di repressione.
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