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PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, onorevole Carrara.
NUCCIO CARRARA, Relatore. Signor Presidente, in definitiva, gli interventi rispecchiano ciò che era stato sostenuto in occasione dell'esame della questione sospensiva, per cui non ritengo che quelli svolti dall'opposizione in quest'aula abbiano introdotto elementi di grande novità, al punto da mettere in crisi il provvedimento; ovviamente, mi dichiaro personalmente disponibile ad un'ulteriore collaborazione con le opposizioni, come è già avvenuto in Commissione.
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.
FRANCO FRATTINI, Ministro per la funzione pubblica e il coordinamento dei servizi di informazione e sicurezza. Signor Presidente, ringraziando vivamente il relatore ed i colleghi della maggioranza che sono intervenuti nel dibattito, aggiungo che ho, altresì, preso atto ed annotato con attenzione le considerazioni svolte dai deputati dell'opposizione. Credo sia indispensabile che il Governo lasci agli atti di questa discussione, su un provvedimento che giudica importante, qualche considerazione generale.
Ho preso qualche appunto, ascoltando i colleghi che sono intervenuti, e voglio sottolineare, subito, in una discussione in cui si critica l'impostazione e il provvedimento del Governo di una presunta mancanza di una visione di sistema o, peggio, della mancanza di una cultura della riforma della pubblica amministrazione, in una discussione in cui, in altri termini, qualche collega dell'opposizione - in realtà, un collega soltanto, per fortuna - ha ritenuto di impostare il centro della sua critica contrapponendo quella che, a suo
avviso, è la cultura dell'amministrazione con quella che, sempre a suo avviso, sarebbe la nostra non cultura della riforma e del sistema, che anch'io conosco ed ho studiato - non so se l'onorevole Bressa abbia studiato giurisprudenza - gli scritti del professor Paladin e, certamente, non penserei di proporre al Parlamento una proposta di delega, che tutto il Governo e l'intera maggioranza convintamente condividono, se non vi fosse, dietro questa proposta di delega, una visione di sistema, vale a dire proprio quella che - per usare le parole dell'onorevole Bressa - definisco una visione sistematica diversa, rispetto a quella dell'opposizione, di come riordinare la pubblica amministrazione.
Ecco, sinteticamente, quali sono gli aspetti - per dare l'idea, a chi non ci credesse, che qualcuno di noi ha pensato a lungo a quale fosse la visione complessiva - che non condivido nella visione sistemica che ha ispirato la riforma della pubblica amministrazione pensata ed attuata dalla sinistra - e voglio aprire e chiudere una parentesi - con il contributo costruttivo dell'opposizione di allora e di chi ora sta parlando - all'epoca seduto ai banchi dell'opposizione -, sempre nello spirito di considerare le riforme di una pubblica amministrazione moderna come questione che deve riguardare tutto il Parlamento, non solo uno schieramento. Avrei voluto vedere altrettanta convinta disponibilità ad una critica costruttiva!
Vedete, questa non è la nostra proposta di riforma dell'amministrazione; è una riflessione che si ispira a criteri che in parte divergono da quelli dell'attuale opposizione, ma che dovrebbero portare, se applicati correttamente, a migliorare una pubblica amministrazione che è di tutti, non è di questa maggioranza, non è di questo Governo.
Dunque, in primo luogo, non ho condiviso e non condivido una visione ipernormativa nel percorso di riforma attuato fino ad oggi, la stratificazione di norme a cascata, dalle leggi, ai regolamenti, ai decreti organizzativi. Questo è aspetto che ha creato qualche impasse regolamentare.
Non condivido e non ho condiviso l'aver moltiplicato, nel tessuto delle pubbliche amministrazioni, strutture, enti ed organismi di vario genere. Ciò ha comportato un effetto conseguente che è davanti agli occhi di tutti, vale a dire la diluizione, il rallentamento dei processi decisionali quando, invece, noi avremmo voluto, e nei principi ispiratori della delega vi era l'accelerazione dei percorsi decisionali. Come mai, nell'attuazione delle deleghe, quei percorsi decisionali si sono allungati? Come mai si sono creati enti intermedi, si sono moltiplicate le agenzie? Ecco un punto sul quale la nostra non condivisione è netta.
Da ultimo, soltanto per citare i principali aspetti di critica di sistema all'attuazione della riforma voluta dalla precedente maggioranza, vorrei menzionare l'assai timida declinazione orizzontale della sussidiarietà: parlando ad addetti ai lavori, non ho bisogno di spiegare di cosa si tratti. Il principio della sussidiarietà orizzontale è stato introdotto nella legge n. 59 del 1997 grazie ad un emendamento dell'attuale maggioranza, allora all'opposizione. Ritengo che esso sia stato troppo scarsamente realizzato: ecco un altro buon motivo per cambiare e per migliorare. Non si tratta di sostituire quel principio con un altro. Si tratta di tradurre il principio, da noi condiviso, della macchina pubblica che fa di meno e lo fa meglio in modo migliore di come abbia fatto l'attuale opposizione.
Cosa contrapponiamo noi, come visione sistematica, se al collega Bressa fa piacere? Abbiamo certamente la nostra visione culturale della pubblica amministrazione. In primo luogo, come ho già detto, pensiamo ad uno Stato che faccia meno di quello che fa, ma che lo faccia meglio; l'interesse per cui bisogna aver riguardo è quello dei destinatari del sistema delle amministrazioni: i cittadini. Al cittadino fa piacere uno Stato che si occupi di lui dalla culla alla tomba? Non credo. Allora, riduciamo il peso dell'invadenza amministrativa nel tessuto economico e sociale; ridiamo più fiato a ciò che dovrebbe essere, nella visione di un moderno Stato liberale, il rapporto virtuoso tra la mano
pubblica e le autonomie. Colleghi dell'opposizione, mi riferisco a tutte le autonomie, non soltanto a quelle territoriali: vi sono realtà spesso dimenticate, quali le autonomie sociali, i corpi intermedi, il «terzo settore», che, molto spesso, possono regolamentare interi ambiti della società meglio della mano pubblica. Questo è un primo caposaldo cui noi ispireremo l'azione di attuazione delle deleghe che stiamo chiedendo al Parlamento.
Quanto al secondo punto fondamentale, noi intendiamo concentrare i processi decisionali nelle pubbliche amministrazioni: vi sono casi in cui non si sa mai, alla fine, chi decida, chi si assuma la responsabilità, quando scada il termine per prendere una decisione, che cosa succeda se chi doveva decidere non lo ha fatto. Mi rivolgo con rispetto ai colleghi dell'opposizione: purtroppo, questo è stato il frutto della moltiplicazione di enti e di sovrastrutture amministrative, in una logica sbagliata per cui un concerto, un assenso, un nullaosta non si nega a nessuno. Tuttavia, così facendo si moltiplicano i percorsi decisionali. La nostra visione è nel senso dell'accelerazione. Perché? Ancora una volta, perché il cittadino vuole ottenere in fretta ciò che chiede: una risposta positiva o negativa non può perdersi nei marasmi di una conferenza di servizi che alla fine non decide mai. Questo è un altro punto della nostra visione di sistema. Ci avevate chiesto di spiegare ed io sto cercando di esporre alcuni argomenti.
Passiamo al tema del decentramento delle competenze sul territorio: sono convinto che esso sia stato affrontato, sia nel decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 e sia nelle successive manifestazioni attuative - chiamiamole così -, sulla base di una visione, ancora una volta, criticabile. Si è pensato, infatti, a come realizzare, nel modo più rapido possibile, il principio della devoluzione delle funzioni amministrative; non si è pensato, invece, al trasferimento delle risorse necessarie agli enti territoriali per esercitare le competenze amministrative: ancora oggi, a quattro anni dall'entrata in vigore della legge n. 59 del 1997, siamo in mezzo al guado. Non si è pensato a dare agli enti territoriali gli strumenti normativi indispensabili per prelevare le risorse dalle tasche dei cittadini, attuando compiutamente, e non con un timido inizio, ciò che genericamente chiamiamo federalismo fiscale.
Da allora si è avviato un percorso di decentramento delle funzioni e i colleghi dell'opposizione che sono stati al Governo fino all'inizio del 2001 sanno perfettamente che, solamente nel luglio del 2001, noi abbiamo definito la questione (che nel sistema generale può apparire marginale, ma dà l'idea del pasticcio che si era combinato) del trasferimento del personale dell'ANAS alle regioni, che è una goccia nel sistema del trasferimento di funzioni amministrative. Questo non lo si era fatto per la semplice ragione che le regioni le competenze sulla viabilità, senza le risorse ed il personale, non le avevano assunte e non le volevano assumere: infatti, non si era pensato che le riforme camminano sulle gambe delle persone, per cui, se diamo nuove competenze senza gli strumenti per poterle pagare, i destinatari di quelle competenze le rifiuteranno, cosa che è puntualmente accaduta.
La nostra idea è che anche su questo si debba fortemente innovare e accompagnare i meccanismi di trasferimento delle funzioni da un tavolo permanente di confronto con gli enti territoriali: non possiamo immaginare che una riforma di decentramento amministrativo venga calata dall'alto. A questo punto, dal momento che vi è il nuovo titolo V della parte II della Costituzione, il Governo, accogliendo le richieste delle regioni - vorrei dire, a pari condizioni, delle regioni amministrate dalla sinistra e di quelle amministrate dalla Casa delle libertà -, ha costituito una cabina di regia che è lo strumento virtuoso attraverso cui il decentramento si realizza senza traumi, senza immaginare un bel disegno a tavolino che poi, alla sperimentazione dei fatti, non funziona.
Queste sono le divergenze di fondo sulla visione del riordino che divide l'attuale maggioranza dall'attuale opposizione ed è questa la ragione per cui quello che
noi chiediamo non è un intervento minimalista né un intervento di totale stravolgimento. Come ha detto correttamente il relatore a quest'Assemblea, noi vogliamo interpretare quei principi della delega (che in larga parte condividevamo, perché abbiamo concorso a scriverli) in un modo che sia corrispondente alla ratio e alla filosofia originaria di quella delega.
Colleghi, abbiamo trovato delle pubbliche amministrazioni davvero in mezzo al guado: ci sono state dimenticanze; ci sono state norme organizzative scritte male e confusamente; abbiamo trovato competenze che si incrociano e si sovrappongono. Abbiamo trovato dimenticanze di riferimenti normativi tanto gravi che oggi, per fare un solo esempio, ci siamo dovuti preoccupare della dotazione amministrativa di diretta collaborazione dei viceministri, perché si era istituita questa figura nel tessuto organizzativo di un ministero senza pensare che il viceministro per poter operare deve avere una struttura adeguata di diretta collaborazione. Si è adottato un grande trasferimento di funzioni tra il dipartimento delle politiche sociali della Presidenza del Consiglio ed il ministero del welfare e ci si è dimenticati - pensate un po'! - di dire con chiarezza che fine facesse la commissione per le adozioni internazionali: una dimenticanza, mi direte voi; un pasticcio, mi permetto di dire io, con grande rispetto. Allora è chiaro che su questi punti una correzione è indispensabile. Ci sono amministrazioni in cui i dirigenti ancora non sanno quale regime retributivo si applichi loro; ci sono ministeri in cui sono confluiti quattro sistemi retributivi diversi, perché non si è pensato di armonizzare il disegno generale con la traduzione concreta.
Nelle ultime settimane del Governo e del Parlamento della scorsa legislatura sono stati depositati decine di regolamenti organizzativi con il solo scopo di dire: «Ce ne andiamo senza lasciare nulla in sospeso». Si è lasciato molto in sospeso e si è lasciata in sospeso la possibilità di far partire i ministeri dal primo giorno della legislatura. Questa è una grave responsabilità, noi vogliamo dare un contributo ripensando ad alcuni aspetti di attuazione delle deleghe, innovando anche in qualcosa. Questo, ovviamente, ce l'hanno riconosciuto anche i colleghi più severi dell'opposizione.
Ebbene, tra le innovazioni vi è quella relativa all'articolo 7. Ho apprezzato, come sempre la competenza e la sobrietà dell'intervento dell'onorevole Acquarone. Voglio dire al professor Acquarone che il Governo, il sottoscritto o i colleghi direttamente competenti non mancheranno di dare delle risposte di merito riguardo la formulazione dell'articolo 7 e alcuni singolari aspetti. In particolare, mi ha colpito il riferimento relativo al riordino del sistema sanzionatorio, genericamente inteso e non specificamente dettagliato. Se posso permettermi di ricordarlo - a me stesso prima ancora che al professor Acquarone - nell'articolo 7 non troviamo soltanto la materia dei beni culturali ma ne troviamo altre sulle quali - faccio riferimento allo sport, la lettera d) dell'articolo 7 - il precedente Governo e la precedente maggioranza avevano (come tutti ricordano) operato esclusivamente con delega. Lo sport non rappresenta una materia sulla quale si può ora obiettare che la delega espropria il Parlamento, infatti ricordo a tutti i colleghi presenti nella scorsa legislatura che, attraverso una delega ed un decreto delegato, si è completamente rivisto l'ordinamento del CONI e di tutto il sistema degli organismi sportivi, con accuse di eccesso di delega che non hanno trovato risposta e che, probabilmente, erano fondate. Noi pensiamo di intervenire con delega solamente per l'adeguamento del sistema sportivo alle regole europee sul doping o limitatamente all'Istituto per il credito sportivo. Insomma, ho fatto l'esempio dello sport per dire che noi interveniamo con deleghe in materie estremamente meno ampie e delicate di quanto questo Parlamento non abbia visto nella scorsa legislatura, dove - concludo - una intera riforma fiscale è stata approvata con le deleghe e con i decreti delegati, quando l'ordinamento fiscale è per antonomasia l'ordinamento su cui i Parlamenti direttamente legiferano. Mi direte che è
stato dato un cattivo esempio; noi ci limiteremo nelle materie e nelle forme, ma che si debba pensare ad una preclusione preliminare al Governo di operare con le deleghe in una materia in cui ormai da molti anni si sta intervenendo con questo strumento, francamente è un po' troppo.
Concludo dicendo che sono e sarò disponibile, anche nel dibattito in aula, a valutare le proposte costruttive che l'opposizione vorrà fare. Le proposte costruttive, non le proposte che partono dall'assunto secondo cui vi è una parte di questo Parlamento che ha una cultura della riforma e una parte - questo Governo - che una cultura non ce l'ha. Quelle non sono proposte costruttive, sono accuse indimostrate e indimostrabili, ed io che ho l'onore di appartenere a questo Governo a rappresentare un settore ed un ambito che per l'esecutivo del presidente Berlusconi è una delle priorità, dico che noi rivendicheremo il diritto e la dignità di portare avanti una nostra tesi nella convinzione che questa sia giusta. Con i colleghi dell'opposizione avremo anche l'umiltà di affrontare norma per norma le modifiche migliorative che ci saranno proposte (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, Alleanza nazionale e CCD-CDU Biancofiore).
PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
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