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PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di un'informativa urgente del Governo in ordine al progetto Airbus A400M.
Dopo l'intervento del ministro della difesa, onorevole Martino, potrà intervenire un oratore per ciascun gruppo ed un oratore per ciascuna delle componenti del gruppo misto.
Ha facoltà di parlare il ministro della difesa, onorevole Martino.
ANTONIO MARTINO, Ministro della difesa. Signor Presidente, onorevoli colleghe e onorevoli colleghi, desidero, innanzitutto, richiamare la vostra attenzione sulla richiesta, qui formulata nella giornata di ieri, per una informativa del ministro della difesa sul programma A400M.
Nel motivare tale richiesta, l'onorevole Violante ha richiamato la risoluzione del 25 settembre scorso, relativa alle forme di comunicazione dell'indirizzo politico governativo. Ebbene, credo necessario precisare che la materia oggetto della odierna comunicazione non rientra nelle fattispecie contemplate dalla risoluzione richiamata. In realtà, il Governo, non destinando la trattazione del programma in Parlamento, non ha certamente voluto eludere alcun dovere istituzionale né tantomeno evitare un confronto parlamentare.
Credo che in più occasioni il Governo ed il ministro della difesa nella sua funzione istituzionale abbiano dimostrato la loro attenzione a mantenere un rapporto di massima fiducia con il Parlamento. In tal senso non mi pare superfluo ricordare che martedì 23, di fronte alle Commissioni riunite esteri e difesa di Camera e Senato, ebbi già a rispondere ad un quesito sull'A400M, formulato dall'onorevole Minniti, esprimendo i miei dubbi sul programma. Ed, ancora, che ieri pomeriggio era previsto lo svolgimento di una interrogazione a risposta immediata in Commissione difesa, posta dall'onorevole Minniti e rinviata all'ultimo momento per le modifiche alle attività parlamentari conseguenti al voto di fiducia.
Dunque, da un lato, nessun obbligo del Governo di riferire in Parlamento, dall'altro, nessuna volontà del Governo di sottrarre al Parlamento una questione che, in realtà, non rappresenta un atto dovuto (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza nazionale, del CCD-CDU Biancofiore e della Lega nord Padania).
Veniamo al progetto A400M, noto anche come Future Large Aircraft (FLA), con una breve premessa sul suo sviluppo temporale. Il progetto è stato avviato con lo scopo di realizzare un velivolo da trasporto militare europeo in grado di sostituire le linee a medio-lungo raggio dei paesi partecipanti. Il programma si è sviluppato in fasi successive.
Lo studio di fattibilità, realizzato dall'ottobre 1993 al giugno 1995, ha portato all'elaborazione di un documento di compendio dei requisiti tecnico-operativi da parte dei capi di stato maggiore dell'aeronautica
di otto paesi (Belgio, Francia, Germania, Gran Bretagna, Italia, Portogallo, Spagna e Turchia).
La successiva dichiarazione di intenti, di carattere non vincolante, è stata firmata il 27 luglio del 2000 dai paesi partecipanti. In essa è stata prevista l'acquisizione di 225 velivoli, di cui 16 per l'Italia.
Il Memorandum of understanding, è stato firmato da parte di Belgio, Francia, Gran Bretagna, Spagna e Turchia il 19 giugno 2001, a pieno titolo, e dalla Germania, con riserva di approvazione parlamentare e di rinegoziazione dei costi con l'industria. Quest'ultimo impegno non è stato assunto dall'Italia e dal Portogallo.
Dal punto di vista tecnico, il programma prevede la realizzazione di un quadrimotore a turbo elica. I costi unitari, previsti per l'Italia, sono stati stimati pari a 114,4 milioni di euro.
La gestione del programma è affidata alla Airbus Military Company e vede la partecipazione di Aerospaziale (Francia), Alenia (Italia), BAE (Gran Bretagna), DASA (Germania), Casa (Spagna), TAI (Turchia), Flabel (Belgio) ed il consorzio Airbus Industries.
Dal punto di vista programmatico, il finanziamento delle attività di sviluppo e l'avvio della produzione erano previste a carico del Ministero delle attività produttive, mentre l'acquisizione dei 16 velivoli, da collocare nel medio-lungo termine, sarebbe ricaduta sul bilancio della difesa.
In realtà, tale programmazione non è compatibile con la legislazione vigente, non essendo possibile il diretto finanziamento, da parte del Ministero delle attività produttive, di consorzi multinazionali ma solo di aziende nazionali. In tale ottica, la Difesa si sarebbe dovuta far carico, sin dal suo avvio, del finanziamento del programma.
È in questa situazione che sono intervenute le mie valutazioni, che hanno tenuto, fin dall'inizio, in assoluta priorità la volontà di proseguire nella direzione del rafforzamento della politica estera e di sicurezza comune dell'Unione europea, di cui la politica europea di sicurezza e di difesa rappresenta la componente più recente ed innovativa.
Tale volontà si esplicita, naturalmente, non solo nelle ben chiare prese di posizione politiche, in campo internazionale e nazionale, ma anche nelle conseguenti scelte operative. Sappiamo che il futuro dell'Europa si gioca proprio su queste scelte, che devono essere anche coraggiose, ma sempre coerenti e giuste, per essere condivise dal Parlamento e comprensibili all'opinione pubblica. Ciò proprio per evitare che l'esigenza di una difesa comune europea ne risulti screditata.
Dunque, non può essere accolta nessuna analisi della questione tendente a rappresentare un affievolimento, quando non, addirittura, un rigetto della politica europeista da parte di questo esecutivo.
Nei commenti espressi in questi giorni sull'A400M si evoca, infatti, l'europeismo: tale argomentazione sottolinea che il programma rappresenta un'iniziativa europea coerente con la necessità di creare un'industria europea della difesa. Al riguardo, vorrei ribadire che considero la difesa un bene pubblico europeo, un obiettivo, cioè, che non può essere perseguito con pari efficacia a livello nazionale. D'altro canto, come è ovvio, un'industria europea della difesa è funzionale al perseguimento di questo obiettivo. Per questo condivido appieno la posizione del ministro Ruggiero e, assieme a lui, mi propongo di assumere concrete iniziative che pongano il nostro paese al centro del rilancio europeo del settore.
È proprio nell'ottica europeista che questo ministro, fin dal suo insediamento, si è chiesto se il programma A400M fosse veramente il più idoneo al sostegno dell'auspicata politica di integrazione europea o se, invece, non rivelandosi esso sufficientemente giustificato, contribuirebbe ad indebolire la visione europeistica della difesa, anziché rinforzarla.
Interrogativi che si sono posti ancora più recentemente sulla base dell'evoluzione della situazione internazionale, che comporta, oggi, dopo i fatti dell'11 settembre, l'esigenza di una rideterminazione
delle priorità della Difesa. Al riguardo, le valutazioni tecnico-operative del nostro strumento aeronautico, fatte alla luce del mutato scenario geopolitico di riferimento, in cui il terrorismo internazionale si è imposto come una delle minacce più insidiose alla sicurezza pubblica, hanno confermato che il settore del trasporto aereo non richiede quegli interventi urgenti che risultano, invece, necessari in altri campi, quali, per esempio, la difesa aerea.
D'altra parte, per gli aspetti della cooperazione internazionale, è evidente che l'integrazione operativa ed industriale con i partner europei deve essere ricercata su programmi in grado di mettere a fattor comune esperienza e capacità, di eliminare inutili sovrapposizioni, di abbattere i costi delle produzioni.
Dal punto di vista dell'industria europea, è vero che il programma è uno di quelli che agevolano il suo processo di riorganizzazione e razionalizzazione, tuttavia, le strategie industriali nel settore militare, non dipendono esclusivamente dalla sua realizzazione, come dimostra, nel corso degli anni, la partecipazione dell'Italia ad importanti programmi europei quali quelli dei veicoli Tornado ed Euro Fighter 2000, degli elicotteri NH 90 ed EH 101, dei sistemi missilistici IRIS-T, Meteor e FSAF, della Fregata Orizzonte e di altri ancora.
Un'altra argomentazione molto usata a favore dell'A400M è che la partecipazione al progetto avvantaggerebbe anche industrie italiane. Ancora una volta, tuttavia, il quesito è quello relativo alla giustificazione dell'obiettivo: infatti, se il prodotto non fosse valido, l'operazione si tradurrebbe in una sovvenzione surrettizia all'industria italiana. È quest'ultima che deve essere al servizio delle Forze armate, non il contrario (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza nazionale - Il deputato Armani grida: «Bravo»).
In questo quadro, al momento di assumere la decisione definitiva sulla partecipazione nazionale al programma, il ministro della difesa ha, innanzitutto, preso in considerazione le valutazioni tecnico-operative espresse dal vertice militare, in data 11 giugno 2001. Tali valutazioni si espressero in termini di bassa priorità da attribuire al programma dal punto di vista dell'esigenza operativa a fronte della già sufficiente disponibilità di una rinnovata linea di trasporto aereo e della incompatibilità del suo finanziamento con le risorse disponibili in bilancio, in relazione agli impegnativi e numerosi progetti in corso di attuazione.
È sulla base di queste valutazioni che ritengo necessaria la rinuncia al programma A400M. Tali valutazioni attengono, dunque, all'intero complesso degli aspetti politici, operativi e tecnici, che il programma richiama nel più ampio quadro delle esigenze nazionali di difesa e sicurezza e della loro compatibilità con le risorse che il paese è in grado di destinare alla difesa.
Giova, inoltre, ricordare, a conferma della volontà di questo ministro di contribuzione al percorso di integrazione europea, anche nella linea del trasporto aereo, che in un mio incontro lunedì, 22 ottobre scorso, ho riproposto al responsabile degli esteri e della sicurezza dell'Unione europea, Javier Solana, la disponibilità a sostenere l'eventuale progetto, di cui si era già parlato a Bruxelles, relativo alla costituzione di un pool di velivoli A400M, direttamente acquisiti dall'Unione europea per le esigenze dei paesi membri, a similitudine di quanto avviene in ambito NATO per gli aerei Awacs.
In conclusione, credo di poter ribadire che le valutazioni negative della Difesa - maturate nel tempo, già prima dell'insediamento di questo esecutivo - pongono la rinuncia alla prosecuzione del programma A400M come una giusta risposta complessiva al sostegno dei più generali interessi nazionali.
Infine, quanto al Governo, smentisco che la riunione destinata a formalizzare la decisione finale, di cui alcuni organi di stampa hanno parlato, abbia mai avuto luogo ed annuncio che la decisione stessa verrà assunta dal Consiglio dei ministri prima della riunione, a Bonn, del 16 novembre prossimo, data - che, peraltro, deve essere ancora confermata - in cui è
previsto il formale avvio del programma in occasione del Celebration day dell'Organismo congiunto per la cooperazione internazionale (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza nazionale, del CCD-CDU Biancofiore, della Lega nord Padania e Misto-Nuovo PSI).
PRESIDENTE. La ringrazio, ministro Martino.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Minniti. Ne ha facoltà.
MARCO MINNITI. Signor Presidente, signor ministro, onorevoli colleghi, ho ascoltato con grande attenzione le sue argomentazioni - d'altronde, sa che sono solito farlo -, tuttavia, vorrei dire con grande franchezza che non mi ha convinto.
Vorrei argomentare questa mia non convinzione con pacatezza e, tuttavia, vorrei che fosse chiaro che non abbiamo di fronte una scelta qualsiasi: d'altro canto, la presenza del Governo in aula in così larghe schiere non è usuale e, quindi, è del tutto evidente che anche l'esecutivo considera tale scelta particolarmente importante.
Ho posizioni del tutto opposte alle sue, per ragioni che cercherò rapidamente di spiegare.
Il programma dell'A400M non è un programma qualsiasi. Lei, signor ministro, ha dimenticato di ricordare una cosa: che il programma A400M è il primo e, al momento, l'unico programma di cooperazione dell'industria della difesa europeo; è l'unico programma cui partecipano tutti i paesi europei, dal Regno Unito al piccolo Lussemburgo. Dunque, qualora l'Italia uscisse da questo programma, si avrebbe un programma europeo senza l'Italia. Senza la sola Italia! E ciò rappresenta una gravissima responsabilità sulla quale riflettere.
Non è un caso che noi abbiamo avuto - cari signori del Governo - un preoccupante segnale di allarme da parte delle cancellerie internazionali. Stamane, il ministro degli esteri francese, Védrine, ha chiesto al Governo italiano di ripensarci, anche nel rush finale.
Ho letto un editoriale del Financial Times - che sicuramente non è un giornale simpatizzante dell'opposizione italiana - che richiama il Presidente del Consiglio e l'intero gabinetto ad una politica di coerenza e di responsabilità verso l'Europa e verso l'industria di sicurezza e difesa.
Infatti, la cosa vera - cari colleghi - è che ci troviamo di fronte ad una scelta che è direttamente contraddittoria alla costruzione di un'Europa comune della sicurezza e della difesa. Lei, signor ministro, mi insegna che non vi è politica di sicurezza e difesa se non vi è una comune politica industriale della difesa.
Dunque, se l'Italia esce dal principale impegno industriale europeo in questo campo, dà un segnale di non impegno sulla partita più importante, che ritengo stia a cuore all'intero Parlamento italiano, maggioranza e opposizione.
Per questo le sue parole - le chiedo scusa, signor ministro - sono evidentemente in contraddizione. Non si può dire che siamo interessati alla politica di sicurezza e difesa e poi uscire fuori dall'unico programma comune dell'industria della difesa europea.
Non ci sono argomentazioni di merito che tengano. Le voglio fare un esempio, quello del Regno Unito.
Chiedo scusa, vorrei argomentare in maniera pacata, sono questioni molto interessanti; consentitemi di dire con chiarezza ciò che penso; non lo facciamo in termini offensivi, vorremmo essere ascoltati perché stiamo parlando degli interessi del paese.
Voglio citare l'esempio del Regno Unito. Lei sa che il Regno Unito ha una posizione, tra virgolette, particolare in Europa. È in Europa ma è il principale punto di riferimento per quanto riguarda il rapporto con gli Stati Uniti d'America. In questo momento, non a caso, è infatti direttamente impegnato nell'intervento in Afghanistan.
Dunque, lei si deve chiedere: perché il Regno Unito, che ha acquistato come l'Italia il C130J e lo ha fatto prima dell'Italia, che non ha esigenze strettamente operative - come non sono strettamente operative
le esigenze dell'Italia - decide di partecipare a quel programma e di investirci per comprare 25 velivoli? E perché il Regno Unito fa la scelta - chiedo scusa dell'argomentazione tecnica - di partecipare, per la prima volta, ad un programma missilistico importantissimo come quello del missile Meteor (che voi sapete essere un missile di particolare rilevanza), rompendo la tradizionale collaborazione con la Raiton americana? Perché il Regno Unito decide di partecipare, attraverso quelle scelte di politica industriale, alla costruzione di una politica della difesa e sicurezza comune europea? Perché il Regno Unito sì e l'Italia no? Perché soltanto l'Italia ha questa posizione eccentrica? Ci stiamo assumendo una gravissima responsabilità.
BEPPE PISANU, Ministro per l'attuazione del programma di governo. Ma perché l'Italia...
MARCO MINNITI. Chiedo scusa, ministro, non mi interrompa.
La seconda questione riguarda la politica industriale. Signor ministro, il paese deve sviluppare una politica tale da rendere l'Italia un «sistema paese», che consenta all'industria italiana, qualunque essa sia - nel campo dell'automobile, della comunicazione, dell'industria difesa -, di essere forte fuori da questo paese. Questo si chiama «sistema paese».
Non è un sostegno alle imprese; è il «sistema paese». Noi assistiamo ad un fatto un po' strano: in alcuni campi c'è attenzione, in altri campi non c'è attenzione. Vorrei ricordare, con grande chiarezza, che, in questi anni, le industrie nazionali del settore hanno fatto una scelta di integrazione con l'industria europea, come era giusto. Con la scelta che stiamo facendo spiazziamo l'industria italiana, ricollocandola in un panorama di isolamento internazionale, e ci assumiamo la responsabilità di costruire le ragioni di una crisi di quelle aziende, ponendo un serio problema di sviluppo imprenditoriale e di tenuta occupazionale.
Il terzo punto riguarda la politica estera del nostro paese. Mi sorprende e mi addolora, se sono vere le affermazioni della stampa, che il ministro degli esteri Ruggiero sia stato tenuto fuori dalle scelte che si sono fatte. Avrei preferito che il ministro Ruggiero fosse qui. Probabilmente, egli è impegnato in missioni internazionali; tuttavia, non è di piccolo conto il fatto che il ministro degli esteri non sia coinvolto in questa scelta. E tuttavia, c'è un punto fondamentale. Io penso che questa scelta concreta rompa una regola aurea della politica estera italiana: essere amici leali degli Stati Uniti, insieme all'Europa, tuttavia. Noi stiamo rompendo questa regola aurea attraverso una serie di scelte che rischiano di portare l'Italia in una posizione eccentrica rispetto all'Europa e di produrre un nuovo e difficile isolamento.
Concludo con l'ultima argomentazione. Signor ministro, lei ha parlato dei finanziamenti e del budget della difesa. La legge finanziaria deve ancora essere votata. C'è un problema di questo tipo? Il Governo ponga la questione come una priorità e se ne discuta nella legge finanziaria.
Le chiedo scusa, caro signor ministro, tuttavia, non sfugge ad alcuno che, nella legge finanziaria da voi presentata, la funzione difesa abbia soltanto un leggerissimo aumento, quasi impercettibile. Ma c'è di più. Signor ministro, non so se l'hanno informata. L'altro giorno, quest'Assemblea o, meglio, la maggioranza ha bocciato un mio ordine del giorno che confermava una scelta storica di questo Parlamento: utilizzare i finanziamenti derivanti dalla vendita degli immobili della difesa nella funzione difesa.
FILIPPO ASCIERTO. Ce n'è uno mio identico!
MARCO MINNITI. Il Parlamento ha deciso di bocciare quell'ordine del giorno, con mia somma sorpresa.
Ritengo, infine, che la scelta che si sta facendo sia un danno al «sistema paese» ed una ferita all'Europa. Se mi è consentito, vorrei rivolgere un estremo appello al Governo. E lo faccio dai banchi dell'opposizione. Il Governo ci ripensi, rifletta
attentamente sulle scelte che si stanno facendo.
Il problema non è quello di un programma né quello di un aereo. Ci troviamo di fronte ad un'enorme questione politica: in un momento così delicato, a causa delle scelte di questo Governo, noi ci rinchiudiamo sempre di più in una lacerante tensione interna e ci allontaniamo dall'Europa. L'Italia è sempre più sola! L'Italia è sempre più sola! Non gioisco di tutto ciò.
Siamo fortemente preoccupati perché so perfettamente che questo isolamento non è un bene per l'Italia, non è un bene per l'opposizione, non è un bene per la maggioranza, non è un bene per il paese. E allora se questo è dato, assumetevi tutte le responsabilità. Ripensateci e cambiate questo orientamento (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo, della Margherita, DL-l'Ulivo, Misto-Comunisti italiani e Misto-Socialisti democratici italiani).
SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, vorrei tranquillizzare l'onorevole Minniti, che ringrazio per il suo intervento appassionato, di cui abbiamo preso assoluta buona nota. Eravamo qui per il voto precedente e siamo rimasti qui, come avete potuto notare, perché questo è un argomento cui attribuiamo importanza.
Vorrei rassicurarvi su un aspetto: le notizie che i giornali, forse non del tutto obbiettivi, danno sulla nostra politica in Europa sono destituite di realtà: io, insieme al ministro degli esteri Ruggiero, sono protagonista di tutti gli incontri europei; c'è un clima di grande considerazione, cordialità ed amicizia nei confronti di molti Capi di Stato e Primi ministri, anche appartenenti a formazioni socialdemocratiche.
Devo dire, certo di non essere lontano dalla realtà, che in questo momento noi abbiamo ottime relazioni praticamente con tutti i primi ministri dei 15 paesi che compongono l'Unione europea. Abbiamo relazioni anche con altri paesi che fanno parte della NATO e molte altre, anche fuori da questi due organismi europei e internazionali.
Il ministro Martino ha espresso in televisione e qui poco fa un suo convincimento che si è determinato dopo avere consultato i responsabili delle varie forze armate interessate a questo aereo. Come lei sa - è stato spiegato anche qui -, abbiamo già degli aerei da trasporto, soprattutto per trasporto di truppe. Riteniamo che gli aerei di cui siamo dotati siano addirittura superiori per capacità, per esempio, per il fatto di poter atterrare su piste assolutamente più brevi di quelle previste per l'A400M, e quindi dall'interno delle Forze armate è venuta una risposta per cui «questo aereo non ci serve». Questa risposta non è stata data a noi, ma al precedente ministro della difesa, in una data precedente all'entrata in carica di questo Governo. Questa è l'opinione del ministro della difesa, che si è formata attraverso la consultazione dei responsabili delle forze della difesa, che hanno dato questo risultato; è chiaro che questo tema ha altre implicazioni, che non riguardano soltanto la difesa.
Tuttavia, siamo preoccupati della difesa comune, a cui annettiamo molta importanza. Io, per primo, ho stigmatizzato il comportamento dell'Europa nella recente vicenda della guerra contro il terrorismo, quando ciascun paese europeo si è recato a Washington a trattare l'apporto che era in grado di dare all'alleato americano, e ciascuno l'ha fatto singolarmente per sé: sappiamo bene che ogni singolo paese d'Europa, anche quello che dispone delle Forze armate più efficienti, nulla può da solo e che soltanto l'unione dei vari paesi e il trattare come Europa le questioni del mondo, può darci un ruolo politico e una importanza sul piano internazionale.
Proprio sulla base di questo, noi abbiamo deciso questa mattina, dopo aver sentito in Consiglio dei ministri la relazione molto convincente del ministro Martino
- direi anche più esplicita di quella che ha fatto in quest'aula parlamentare -, di mettere questo argomento all'ordine del giorno di un Consiglio dei ministri espressamente dedicato a questo argomento.
Voglio smentire, come ha già fatto il ministro Martino, che il ministro degli esteri sia stato tenuto fuori da una decisione a questo riguardo, giacché questa decisione non c'è stata assolutamente, come nemmeno una sua discussione preparatoria. Devo anche dire che la notizia, che ho letto questa mattina su un giornale, in cui si dava per scontata una riunione tra il ministro della difesa, il ministro dell'economia e il sottoscritto in data 10 ottobre, è da smentire, perché in quella data ero a Bruxelles proprio insieme al ministro degli esteri. Quindi, non è stata assunta alcuna decisione, non c'è stata una riunione preparatoria della decisione, ma tutto è ancora da discutere e da decidere. Io garantisco all'onorevole Minniti che le appassionate parole da lui svolte su questo tema saranno tenute in grande evidenza al momento di assumere quella decisione (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza nazionale, del CCD-CDU Biancofiore e della Lega nord Padania).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Letta. Ne ha facoltà.
Sono stato un po' più largo, come sono solito fare, per i tempi. Tuttavia, prego i colleghi di saper utilizzare il tempo previsto dal regolamento, ossia cinque minuti.
ENRICO LETTA. Signor Presidente, rinuncio per protesta a questo intervento, per le modalità con le quali il Governo ha seguito questa discussione, attraverso un intervento del Presidente del Consiglio che cambia e smentisce l'intervento poco fa svolto dal Ministro della difesa, avendo quest'ultimo argomentato la contrarietà a questo progetto ed essendo il Presidente del Consiglio intervenuto a metà del dibattito, con il rispetto delle forze di opposizione, che è noto a tutti. Rinuncio a questo intervento e formulo anche a lei, signor Presidente, una protesta abbastanza vibrata per il modo con il quale questo dibattito è stato gestito (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-l'Ulivo e dei Democratici di sinistra-l'Ulivo).
PRESIDENTE. Onorevole Letta, lei può protestare per qualunque cosa ma, se conoscesse meglio il regolamento, saprebbe che il Governo può intervenire in qualsiasi momento; trattandosi poi del Presidente del Consiglio dei ministri, si è trattato di un atto di riguardo nei confronti del Parlamento e mi dispiace che la sua sensibilità non l'abbia colto (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza nazionale).
RINO PISCITELLO. È stato un atto di maleducazione!
PRESIDENTE. Mi dispiace ma le proteste debbono avere un fondamento...
PIERO FASSINO. E ce l'hanno!
PIERGIORGIO MASSIDDA. Siete dei provocatori! Non avete argomenti!
PRESIDENTE. ...tanto regolamentare quanto politico.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Lavagnini. Ne ha facoltà.
ROBERTO LAVAGNINI. Signor Presidente, onorevole ministro della difesa, non so da cosa l'onorevole Letta abbia arguito che il Presidente del Consiglio dei ministri ha smentito il ministro della difesa. Io non ho assolutamente avuto quest'impressione.
Innanzitutto, devo dire che richiedere la presenza del Governo in aula per rispondere su un programma di acquisizione che non c'è, è assolutamente inusuale e singolare.
Il Governo è tenuto a richiedere il parere alla Commissione difesa sui progetti che vuole acquisire.
Onorevole Violante, credo che lei non sia stato informato in modo puntuale e compiuto dai suoi colleghi che si sono interessati al progetto A400M. Alcune settimane fa l'onorevole Minniti ha asserito
che il passato Governo aveva presentato alla Commissione difesa un programma di acquisizione per l'A400M. Abbiamo verificato gli atti della Commissione e non esiste assolutamente nulla. Non esiste neppure il programma d'acquisizione in leasing dell'F16, per il quale, tre volte, avevo chiesto personalmente all'onorevole Mattarella che venisse a rispondere in Commissione, cosa che non è mai avvenuta (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e della Lega nord Padania). Siamo venuti a conoscenza dell'acquisizione dell'F16 attraverso le interviste che l'onorevole Minniti rilasciava ai giornali.
Quando si è trattato di porre in essere il programma Eurofighter - un programma molto, ma molto più importante di quello riguardante l'A400M -, il programma è passato in Commissione con il nostro voto poiché la vostra maggioranza era divisa: Rifondazione comunista e i Verdi avrebbero votato contro (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia). In tale occasione, non ci siamo lasciati indurre a criticare la Francia perché non ha partecipato al progetto EFA. Quando si è trattato di porre in cantiere un'unità maggiore della marina, il progetto è passato grazie ai nostri voti, mentre Rifondazione comunista e i Verdi erano contrari. Nella finanziaria del 1999, avete tagliato del 75 per cento le spese per la ricerca tecnologica e scientifica della difesa; non è attraverso misure di questo genere che si aiuta l'industria nazionale degli armamenti.
Ora state cercando di montare in modo strumentale un caso che non esiste o, meglio, esiste perché avete preso degli impegni che noi non intendiamo ratificare, non ne abbiamo bisogno. Avete infatti ordinato un certo numero di C130J che sono più competitivi e soddisfano pienamente le esigenze della nostra aeronautica.
Tutti i paesi partecipanti al progetto A400M stanno rivedendo e diminuendo i quantitativi che hanno ordinato originariamente e non capiamo perché si stia montando un caso che non esiste. Se avete sbagliato i vostri impegni senza informare il Parlamento, non cercate di addossare i vostri errori alla nostra coalizione (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza nazionale e della Lega nord Padania).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Deiana. Ne ha facoltà.
ELETTRA DEIANA. Signor Presidente, vorrei sottolineare un aspetto e chiarire cos'è in gioco, in realtà, con questa discussione nelle scelte che il Governo proporrà e adotterà. Si tratta di una scelta produttiva qualsiasi o di una complessiva ridefinizione strategica relativa alla difesa e alle scelte che riguardano i modi e gli indirizzi delle alleanze militari?
Vorrei, in primo luogo, far osservare che la scelta di uscire dal progetto A400M è coerente con una politica filostatunitense, nel campo delle forniture, che l'aeronautica militare italiana da sempre persegue, sia pure con alcune eccezioni. Politica che, anche recentemente, ha visto preferire, per la sostituzione degli aerei cisterna, dei velivoli della Boeing piuttosto che velivoli dell'Airbus industria.
Nonostante le smentite ufficiali che, anche adesso il ministro Martino ha fatto, il disimpegno dell'Italia dal programma A400M non risponde ad esigenze puramente tecniche.
Il ministro Martino ha ribadito, anche oggi, che la difesa europea non è in discussione e che il problema inerisce soltanto all'efficacia, alla convenienza e all'economicità del progetto.
Gli esponenti del centrosinistra, anche l'onorevole Minniti, hanno ribadito la stretta connessione tra la strategia di difesa, la strategia di sicurezza, cioè tra le politiche complessive della difesa e le scelte di produzione degli armamenti e dei dispositivi militari. Credo vi sia del vero nella sottolineatura della connessione. Non c'è dubbio! Credo, d'altra parte, che il dibattito sia aperto. Il dibattito - l'ho più volte sottolineato nei miei interventi, anche qui in aula - è aperto sulle strategie della difesa, alla luce delle dinamiche - già in incubazione - che si sono sviluppate, in seguito alla vicenda dall'aggressione alle torri di New York.
Reputo necessario che il Parlamento sviluppi una discussione di interpretazione sulle dinamiche che si sono aperte nelle strategie militari che coinvolgono il nostro paese e che non possono essere ridotte a questioni tecniche o di convenienza economica.
Gli Stati Uniti stanno portando avanti una strategia di difesa o di guerra a geometria variabile, utilizzando, secondo convenienze tattiche unilateralmente decise, il ruolo della NATO, alleanze bilaterali con singoli paesi, in particolare la Gran Bretagna.
Ieri, sul Corriere della Sera, è apparsa una significativa intervista del senatore Cossiga, che di queste cose se ne intende, il quale sostiene che la NATO abbia concluso il suo ruolo storico. Addirittura, viene detto, le basi NATO dovrebbero essere buttate al mare.
È una tesi che può sembrare provocatoria, ma corrisponde ad uno sviluppo della complessiva dinamica internazionale e dei problemi legati al famoso nuovo concetto strategico della NATO; si tratta di problemi relativi al complessivo controllo che gli Stati Uniti e l'occidente devono esercitare per mantenere il loro ruolo militare, politico ed economico e di complessive strategie da condurre su scala mondiale che richiedono una capacità di alleanze di strategie multipolari e multidirezionate.
Credo che per l'Italia si ponga il problema del centro di gravità della propria strategia di difesa.
Mi sembra che l'intenzione del Governo Berlusconi sia quella di imprimere un segno nella direzione di un primato dell'interlocuzione con gli Stati Uniti d'America. Rifondazione comunista, lo sapete bene, è contraria a qualsiasi strategia di difesa imperniata sul ricorso alla guerra, agli armamenti e sulle spese militari.
Sono particolarmente scandalizzata, sia personalmente che come deputato di Rifondazione comunista, della richiesta che l'onorevole Minniti ha formulato, in sede di Commissione difesa, di incremento delle spese militari della difesa per accelerare i tempi di realizzazione della riforma dell'esercito, per l'anticipazione della data di messa a regime della riforma stessa, rispetto a quella del 2021.
L'Europa può guadagnarsi un ruolo importante proprio nel campo della difesa e della sicurezza mondiale, sviluppando diplomazia, pace, cooperazione e solidarietà tra le popolazioni e gli Stati. Siamo stati e siamo contro il nuovo concetto strategico della NATO, contro un modello di difesa europea fondato su un'idea del controllo, del protettorato e della gendarmeria dell'occidente rispetto al resto del mondo, ma siamo allo stesso modo contrari ad una strategia di rapporti privilegiati - che poi significa rapporti subordinati - dell'Italia - nei confronti degli Stati Uniti d'America.
Crediamo pertanto sia necessaria una discussione politica sulle strategia della difesa in ordine alle dinamiche che si sono sviluppate nel mondo, nei rapporti fra Occidente e resto del mondo, in particolar modo con l'esplodere della questione terroristica e delle modalità inusitate in cui si configurano le risposte di guerra da parte del mondo occidentale.
Per quanto riguarda le questioni relative alla produzione, vorrei brevemente formulare un'osservazione sul fatto che non si può non tenere in conto, anche per ciò che riguarda gli interessi dell'Italia, che lo sviluppo del velivolo europeo A400M potrebbe avere importanti ricadute per l'industria aeronautica italiana ed europea, in quanto dovrebbero essere progettati e realizzati elementi, come motori di nuova concezione, fondamentali anche per lo sviluppo di analoghi velivoli civili.
C'è quindi un aspetto di questa vicenda che ha anche incidenze sulle questioni dello sviluppo dell'economia italiana e che dovrebbero anche essere tenute in considerazione nell'ambito di un quadro di discussione più ampio volto a mettere in evidenza i nodi strategici che ho prima cercato di individuare.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Bricolo. Ne ha facoltà.
FEDERICO BRICOLO. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, ringrazio il ministro, a nome del gruppo
della Lega nord Padania, sia per l'esposizione sia per lo zelo mostrato nell'informare il Parlamento in ordine alla richiesta formulata dalla sinistra.
Siamo stati sicuramente colpiti favorevolmente dalle considerazioni da lei formulate, in particolar modo perché lei ha ribadito come sia importante comunque perseguire un'interazione tra i diversi paesi comunitari volta ad acquisire un sistema di difesa in grado di esprimersi autonomamente nello scenario mondiale.
È chiaro che in questo caso, come al solito, la sinistra sta cercando di strumentalizzare qualsiasi azione di questo Governo, soprattutto per quanto riguarda la politica estera. Ricordiamoci, al riguardo, l'accoglienza che la sinistra ha concertato e pianificato nei confronti del vertice di Genova, in occasione del quale quest'ultima intendeva mostrare all'opinione pubblica internazionale - era questo il suo intento - possibili e varie discrepanze nell'azione del Governo nella politica estera.
Non dobbiamo cogliere queste strumentalizzazioni, dobbiamo andare avanti con le nostre linee programmatiche. Il mio invito alla sinistra è di farsi un esame di coscienza, perché, oggi, nella foga, sembrava di sentire l'onorevole Minniti, un portavoce dei Democratici di sinistra-l'Ulivo, interventista, a favore di un esercito sempre più operativo, sempre più terribile, sempre più organizzato, quando, invece, possiamo vedere, dagli interventi in aula, che anche all'interno del loro gruppo, essi si interrompono a vicenda e si contestano.
Pertanto, noi deputati della Lega nord, diciamo di andare avanti su questa strada, di perseguire sempre e comunque un'azione che vada a coinvolgere tutti i paesi europei e che possa portare ad una difesa comune. La ringraziamo per essere venuto in aula a riferire.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Buemi. Ne ha facoltà.
ENRICO BUEMI. Signor Presidente, signor ministro, colleghi deputati, a nome dei socialisti democratici italiani vorrei esprimere alcune considerazioni pronunciandomi, comunque, in piena sintonia e accordo con le argomentazioni che ha sviluppato poc'anzi l'onorevole Minniti. Tuttavia, vi è una politica delle parole e una politica dei fatti. E i fatti sono che l'Italia si disimpegna da una collaborazione industriale e militare europea e si orienta su acquisti e collaborazioni diverse rispetto ai propri partner europei. Sono scelte che minano le politiche generali, economiche e strategiche, che in questi anni abbiamo costruito tutti insieme.
Il processo di integrazione economica ed industriale deve avere un punto di riferimento prioritario nell'Europa. In particolare, i settori delle produzioni strategiche e militari devono alimentare e sostenere una capacità autonoma dell'Europa e ciò non deve essere visto come un indebolimento dei legami con gli Stati Uniti d'America, anzi, come è noto, le migliori amicizie sono quelle non subalterne e non condizionate da visioni di parte. Pertanto, l'accordo Alenia-Airbus, per la produzione di un nuovo modello del velivolo da trasporto militare A400M, è necessario per costruire, nei fatti, una dimensione europea, anche in questo settore. Non si possono sottovalutare, fra l'altro, i mutamenti di rapporti e di equilibri che si vanno ridisegnando nel mondo, a seguito di quanto è accaduto l'11 settembre, e i ritardi che si accentueranno nel campo delle tecnologie applicate al comparto sicurezza e militare, per gli investimenti che gli Stati Uniti faranno in futuro. Bisogna tenere conto di questo crescendo di squilibri, se si vuole essere veramente liberi.
Signor ministro, l'Europa non può non avere una sua capacità autonoma di ricerca, di applicazione e di produzione in settori strategici, e quello aeronautico continua ad esserlo. Spero che l'intervento del Presidente del Consiglio sia veritiero rispetto ad una decisione ancora da prendere e sulla quale richiamo il senso di responsabilità complessivo del Governo.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Armani. Ne ha facoltà.
PIETRO ARMANI. La ringrazio, signor Presidente. Non ripeterò le argomentazioni
che il collega Lavagnini ha già esposto, per dimostrare che non c'è alcuna contraddizione fra quello che il Presidente del Consiglio ha dichiarato e quanto ha affermato il collega, ministro della difesa, onorevole Martino. Non c'è contraddizione perché il Presidente del Consiglio - secondo me, molto opportunamente - ha ricordato l'esigenza che il Consiglio dei ministri avvii un approfondito esame di tutti i problemi e i programmi ed anche di tutto l'impegno finanziario che, nel settore della difesa, è necessario al nostro paese, di fronte alle emergenze scaturite dagli attentati dell'11 settembre. Quindi, è perfettamente giustificata la posizione del Presidente del Consiglio, che non contrasta assolutamente con quella del ministro Martino.
Ho apprezzato molto questo paludarsi dell'onorevole Minniti intorno alla bandiera azzurra, diciamo, dell'Europa.
Vorrei ricordare, innanzitutto, che questo programma è un programma come tanti altri ai quali l'Italia partecipa, talvolta anche in misura più consistente. È sufficiente ricordare il programma missilistico METEOR, nell'ambito del quale l'Italia ha un peso consistente e al quale non hanno aderito alcuni paesi europei come, ad esempio, la Francia.
Onorevole Minniti, mi consenta, sono stato, per undici anni, vicepresidente dell'IRI e, quindi, conosco l'industria italiana della difesa, forse, meglio di lei che è un giovane parlamentare. La mia esperienza dimostra che il programma METEOR, dal punto di vista tecnologico, è molto più avanzato e qualificato del programma A400M che prevede la costruzione di oltre duecento aerei - l'Italia prevedeva di acquistarne solo 16. Nell'ambito del programma A400M, l'Alenia dovrebbe avere, sostanzialmente, una funzione di battilastra. Onorevole Minniti, lei sa che il grosso della nostra partecipazione al programma A400M riguarda, essenzialmente, una parte della fusoliera. Sì, certamente, c'è qualche aspetto motoristico che interessa l'industria di Torino, ma il grosso della commessa riguarda la fusoliera. Tra la fusoliera della A400M, quella del C130 o degli aerei civili della Boeing, dal punto di vista della tecnologia aeronautica, non vi è una grande differenza: si tratta, in tutti i casi, di fibre di carbonio. Non esiste, dunque, una grossa differenza tecnologica. Il programma METEOR o quello della fregata «Orizzonte», invece, hanno per l'Italia un contenuto e un interesse, certamente, maggiore.
Vorrei aggiungere - sono economista come il collega Martino - che nel mondo, purtroppo, le risorse sono scarse e quindi dobbiamo compiere delle scelte. La scarsità delle risorse - mi auguro che la difesa italiana possa accrescerle - anche a seguito delle riflessioni del Consiglio dei ministri, pone, evidentemente, un problema di scelte e, quindi, scegliamo ciò che, attualmente è a nostra disposizione: i C130. Dobbiamo difendere, infatti, il nostro paese oggi, e non tra dieci anni, mentre l'aereo A400M sarà operativo solo allora. Forse, tra dieci anni, i C130 saranno vecchi; a quel punto li venderemo e compreremo, magari, gli A400M.
Ritengo che il discorso «siamo contro l'Europa» non sia vero. Siamo una parte importante della difesa europea, e dobbiamo compiere una riflessione approfondita sugli impegni dell'Italia nel campo della difesa. Credo che il Presidente del Consiglio lo abbia espresso con molta chiarezza.
Signori colleghi, si fa una politica estera solo se si dispone di uno strumento militare adeguato. Ha perfettamente ragione, dunque, il collega Martino quando sostiene che l'industria italiana deve essere al servizio della nostra difesa e non viceversa. Perché questo è il vero problema e, francamente, signor Presidente, onorevoli colleghi, l'esperienza acquisita all'IRI dimostra che molte volte la difesa è stata ancella dell'industria italiana e, certamente, con risultati non particolarmente esaltanti. In questo momento - purtroppo drammatico - occorre affrontare tali problemi con una certa rapidità e fare una riflessione seria al fine di disporre di uno strumento militare adeguato e di attuare una politica estera adeguata alla nostra funzione di potenza regionale con un ruolo importante nel Mediterraneo. I soldi risparmiati da una parte, potremmo utilizzarli per accelerare il programma della seconda nave portaelicotteri il quale, a
mio avviso, è particolarmente necessario, specialmente in questo momento in cui dobbiamo proiettarci verso il Mediterraneo orientale (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole La Malfa. Ne ha facoltà.
GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, anzitutto credo di dover rivolgere un ringraziamento al Governo, per la tempestività con la quale ha accolto la richiesta dell'onorevole Violante di riferire su questi problemi, al ministro ed anche al Presidente del Consiglio, il quale è intervenuto per dare chiarimenti politici. Non capisco perché, dal momento che erano a disposizione del Parlamento elementi per una discussione politica, qualche collega o qualche gruppo di colleghi abbia deciso che vi fosse un motivo addirittura di protesta.
Dalle parole del ministro Martino abbiamo avuto la conferma di un'impostazione di fondo della politica del Governo, vale a dire che la scelta europeista non è in discussione ed anzi è ribadita: le parole del Presidente del Consiglio l'hanno rafforzata in maniera netta ed hanno rassicurato - almeno, lo spero - l'onorevole Minniti, il quale si era posto il quesito se vi fosse un'attenuazione dell'impegno europeo. Il ministro Martino, però, ha affermato, naturalmente, che non possiamo sacrificare a tale impegno la valutazione dei costi economici di un progetto industriale; che la scelta europea non può essere tale da far sì che si ometta l'analisi dei costi e dei benefici di un programma di questo genere. Poi, ha svolto un ragionamento ed ha concluso che se i costi non sono coerenti con le nostre necessità e con le nostre esigenze, la valutazione delle forze armate e del ministro della difesa è chiara e definitiva su questo punto.
Allora, chiederei al ministro di volere cortesemente trasmettere al Parlamento - se vuole può inviarli alle Commissioni difesa ed esteri, decida il Governo la forma - gli elementi di valutazione economica concernenti quel progetto, perché noi - l'onorevole Minniti, i colleghi e ciascuno di noi - dobbiamo poter giudicare se il sillogismo da lui sviluppato (che il nostro europeismo non può essere tale da portare ad una scelta irrazionale sul piano degli strumenti e dei costi) sia corretto. Se questa è la posizione del Governo - ed io debbo ritenere che lo sia perché, in base a quel poco che ho compreso del diritto costituzionale, quando parla un ministro, parla il Governo - il Governo ci fornisca gli elementi per farci un'idea sulle ragioni che hanno indotto l'Italia ad uscire dal programma. Considero, infatti, questa decisione già presa. Se così non fosse, il ministro non avrebbe parlato in quest'aula nei termini in cui lo ha fatto, per di più alla presenza del Presidente del Consiglio.
D'altra parte, voglio dire all'onorevole Minniti e ai colleghi - credo di avere titoli di una qualche importanza in materia di europeismo - che se l'Italia si ritira da un programma economico di difesa comune, non per questo esce dall'Europa.
Sul piano della rottura dell'unità europea, ritengo molto più grave che un paese come la Francia abbia promosso un incontro di tre paesi su quindici a poche ore dallo svolgimento di un Consiglio europeo (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza nazionale)! Queste riunioni a due, a tre o a quattro possono avvenire tutti i giorni, secondo le necessità, ma è molto grave, dal punto di vista degli effetti politici che tali azioni determinano nell'opinione pubblica e sul piano internazionale, che, mezz'ora prima della riunione di un organo collegiale dell'Europa, si indica una riunione che può dare l'impressione dell'esistenza di un direttorio. Il ministro Vedrine, citato dall'onorevole Minniti, il quale ci richiama all'europeismo, richiami prima di tutto il suo Governo, il suo Presidente della Repubblica (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza nazionale). E forse lo richiamerà, perché è aperto, in Francia, il problema di chi abbia deciso quella riunione e se vi fosse unità tra Presidenza della Repubblica e Governo sull'iniziativa.
Quindi, onorevoli colleghi, abbiamo bisogno dei predetti elementi di valutazione, che il Governo avrà la cortesia di fornire al Parlamento, ed abbiamo la necessità di affermare sempre una posizione europea dell'Italia; ma questa deve essere parte di
una posizione di tutti i paesi europei, perché non si può richiamare soltanto l'Italia su tale punto.
Onorevole Minniti, non credo che l'Italia sia isolata nel quadro internazionale. In ogni caso, debbo dire con grande chiarezza che nessuna parte di questo Parlamento che abbia interesse alla condizione dell'Italia può augurarsi, far sì o contribuire a far sì che l'Italia rimanga isolata. Il dibattito che si è svolto stamani su un altro tema per molti aspetti è inteso, per così dire, a rendere più difficile la condizione del nostro paese nel mondo. E questo va segnalato (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).
ANTONIO MARTINO, Ministro della difesa. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANTONIO MARTINO, Ministro della difesa. Signor Presidente, data l'ora tarda, non avrei preso la parola; se lo faccio è soltanto per l'alta considerazione e il rispetto che ho per l'onorevole Minniti, perché sento di dovergli una risposta, anche se temo che non avrà conseguenze di sorta. Onorevole Minniti, io non voglio attribuirle l'errore di essere caduto in un malvezzo purtroppo abbastanza diffuso: ritenere che chi la pensa in modo diverso da me avrà intenzioni diverse dalle mie e, dal momento che le mie, per definizione, sono nobili, le sue non potranno che essere ignobili. Io non l'accuso di essere caduto nel processo alle intenzioni, però è vero che, per una profonda differenza di metodo tra la sua posizione e la mia, ella ha finito con il giustificare la divergenza di opinioni sulla base di una differenza nel tasso di europeismo che ci separerebbe. Questo non è bello, onorevole Minniti, perché significa sostenere che una discussione sui mezzi implichi una diversa valutazione dei fini.
I fini, glielo posso assicurare, sono gli stessi. Entrambi crediamo nell'Europa, io, se permette, per motivi familiari, anche da più anni di lei; entrambi crediamo che dell'Europa faccia parte la difesa; entrambi crediamo che della difesa sia componente importante l'industria europea della difesa.
Quello che ci separa è il metodo; lei, infatti, dopo aver ricordato che si tratta del primo ed unico progetto di industria europea della difesa, dopo aver detto, erroneamente, che ad esso partecipano tutti i paesi europei (in realtà vi partecipano meno della metà, soltanto sette), è pervenuto alla conclusione - ed è qui la differenza - che non ci siano argomentazioni di merito che tengano. Io su questo non concordo.
Io ritengo che, se questo aereo non serve alla difesa, non serve nemmeno all'Europa, e non lo si può giustificare dicendo che giova all'industria italiana (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza nazionale). L'aereo va valutato per i suoi meriti: se esso serve alla difesa, serve all'Europa, perché dà un buon nome all'industria europea della difesa; se non serve alla difesa, fa un disservizio all'Europa, perché discredita l'idea europea. Non lo si può difendere dicendo che avvantaggia l'industria italiana!
Lei ha ricordato che i francesi premono perché noi ci ripensiamo; non c'è necessità di ripensamento, perché - come ha visto - ancora non c'è una decisione. Che i francesi premano perché noi ci ripensiamo, onorevole Minniti, non è cosa che stupisce chiunque abbia avuto modo di scorrere le pagine immortali della Indagine sulla natura e sulle cause della ricchezza delle nazioni, nelle quali Adam Smith mette in guardia «dalla bassa rapacità e dallo spirito di monopolio di mercanti e manifattori, i quali non sono, né dovrebbero essere, i reggitori dell'umanità». È stato un interesse economico concreto e nazionale a spingere i francesi a quell'iniziativa, e lei lo sa bene.
Lei ha detto che l'aiuto all'industria italiana sarebbe utile all'Italia, perché contribuirebbe a creare il «sistema paese». Le confesso che, come economista povero, non povero economista, non riesco ad essere d'accordo con lei (Commenti del deputato Minniti). La sua argomentazione mi ricorda l'affermazione un po' ingenua di un dirigente della General Motors, il quale, lasciandosi andare, disse: tutto ciò che fa l'interesse della General Motors fa l'interesse anche degli Stati Uniti d'America. Io non credo che faccia l'interesse
dell'Italia sovvenzionare l'industria italiana per produrre qualcosa che non è utile alla difesa dell'Italia (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza nazionale).
Questa idea che le sovvenzioni servano, dal punto di vista economico, perché l'industria ne trae vantaggio, mi fa venire in mente un'immagine: ipotizzate di assoldare una squadra di disoccupati e di impiegarla a scavare buchi nei campi da tennis, e poi di occupare un'altra squadra di disoccupati a riempire i buchi che la prima squadra ha fatto. Avremmo accresciuto l'occupazione, ma il «buchismo» non porta prosperità! Spingere l'industria italiana a produrre qualcosa che non ha una sua giustificazione intrinseca è un modo per sprecare risorse, non per promuovere lo sviluppo dell'Italia!
Bene, onorevole Minniti, quell'aereo non serve all'aeronautica militare italiana e lei lo sa benissimo! Quell'aereo non serve alla difesa dell'Italia e lei lo sa benissimo! Le esigenze della nostra aeronautica non sono tutelate, al punto che il numero di ore di volo, oggi, è meno della metà di quanto fosse dieci anni orsono, e noi impieghiamo 4 mila miliardi per costruire un aereo che non ci serve quando non abbiamo neanche i soldi per far volare gli aerei che abbiamo oggi! (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza nazionale).
MARCO MINNITI. Sono pronto ad un confronto sul merito in Commissione, quando lei vorrà!
PIETRO ARMANI. Fallo parlare!
ANTONIO MARTINO, Ministro della difesa. Scusi la passione, onorevole Minniti, lei ha avuto più garbo ma non inferiore passione di quella che ho io in questo momento. Sono più meridionale di lei, anche se non credo che Reggio Calabria sia a nord di Messina, credo sia vero il contrario, in ogni caso mi reputo più meridionale di lei e lei vorrà perdonare il fatto che la passione abbia preso il sopravvento sulle buone maniere. Tuttavia, resto della mia opinione.
Considero questo progetto nocivo per l'Europa, lo considero nocivo per le nostre Forze armate, lo considero uno spreco di quattrini anche perché, dopo l'11 settembre, abbiamo scoperto che alcuni obiettivi che, correttamente, i governi di cui lei ha fatto parte avevano considerato di secondo momento, sono diventati urgenti. Il controllo dello spazio aereo prima dell'11 settembre, correttamente, veniva considerato un obiettivo non urgente perché nessuno pensava che sarebbero arrivati aerei nemici a bombardare il sacro suolo della patria. Ma oggi, dopo quanto è accaduto l'11 settembre, noi dobbiamo, immediatamente, investire tutte le risorse che abbiamo per il controllo dello spazio aereo. Un aereo da trasporto a questo non serve. L'aereo da trasporto, trasporta.
Noi abbiamo già ventidue C130J, acquistati da governi di centrosinistra. Dovremmo disfarci di quelli per procurarci questi, quando per il trasporto aereo ci sono alternative commerciali enormemente più convenienti? Acquistare degli aerei che, se va bene, verranno usati una volta ogni cinque anni, mi sembra del tutto privo di giustificazione economica. Noi dobbiamo investire in sistemi radar, dobbiamo investire in Awacs, in aerei da combattimento, in aerei da ricognizione, nella ricognizione marittima, in quello che viene chiamato air-borne early warning: queste sono le esigenze essenziali per la difesa dell'Italia. L'aereo da trasporto non serve a questo.
Questa divergenza di opinioni, malgrado la mia eccessiva passione, non è un fatto religioso, è un fatto pragmatico. Non imputo a lei eurodogmatismo, ma la prego: non imputi a me euroscetticismo (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza nazionale).
PRESIDENTE. È così esaurita l'informativa urgente del Governo in ordine al progetto Airbus A400M.
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