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PRESIDENTE. Passiamo alla discussione del seguente documento:
Relazione della Giunta per le autorizzazioni sulla richiesta relativa all'applicabilità dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione, nell'ambito di un procedimento penale nei confronti del deputato Gianfranco Miccichè.
La Giunta propone di dichiarare che fatti per i quali è in corso il procedimento concernono opinioni espresse dal deputato Gianfranco Miccichè nell'esercizio delle sue funzioni, ai sensi del primo comma dell'articolo 68 della Costituzione.
Dichiaro aperta la discussione.
Ha facoltà di parlare il relatore, onorevole Milioto.
VINCENZO MILIOTO, Relatore. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la Giunta riferisce su una richiesta di deliberazione in materia di insindacabilità concernente
l'onorevole Gianfranco Miccichè con riferimento ad un procedimento penale pendente nei suoi confronti presso il tribunale di Roma in seguito ad una querela sporta dal dottor Giancarlo Caselli.
Il procedimento trae origine da un articolo apparso su Liberal del 17 settembre 1998, intitolato «Casellopoli», nel contesto del quale l'onorevole Micciché ebbe ad affermare - per come la cronista lo riporta - quanto segue: «Caselli è stato mandato in Sicilia per dare la spallata decisiva alla DC, ma qui si è trovato ad avere a che fare con Forza Italia. Che lui abbia fatto fino ad oggi solo politica è sotto gli occhi di tutti. Gli arresti eccellenti sono merito delle forze di polizia. I processi sono invece ai politici e servono a scrivere le verità pagate dei pentiti. La mafia dell'eroina, della prostituzione, degli affari, del riciclaggio sono i Musotto, i Contrada, gli Andreotti, i Giudice, i Dell'Utri? Se è così, allora Caselli ha fatto proprio del bene a Palermo. Altrimenti ha perso tempo denaro e la fiducia di chi lo aveva osannato». Per tali affermazioni l'onorevole Miccichè è stato querelato e, nell'udienza preliminare del 5 aprile 2001, rinviato a giudizio, insieme al direttore della testata e all'autrice dell'articolo Marianna Bartoccelli.
La Giunta ha esaminato il caso nella seduta del 2 agosto 2001.
Nel corso dell'esame è emerso che le parole attribuite all'onorevole Miccichè rientrano nel più ampio contesto di un articolo giornalistico volto a rivisitare criticamente l'operato del dottor Caselli quale procuratore capo della Repubblica presso il tribunale di Palermo. In tale ambito, la cronista raccoglie le opinioni di diversi esponenti politici e culturali del capoluogo siciliano. La maggior parte di queste concorda sul fatto che la presenza ed il lavoro a Palermo del dottor Caselli erano ispirati da motivazioni anche politiche.
Nell'articolo l'onorevole Miccichè si limita a condividere queste tesi e la parte del pezzo dedicata alle sue opinioni invero non appare ampia. Tali opinioni sono comunque da ricondurre interamente a un contesto politico-parlamentare, giacché le tematiche della giustizia, del modo in cui essa è amministrata e del ruolo di taluni magistrati sono ormai oggetto da diversi anni di un vastissimo dibattito in tutto il paese e soprattutto nelle sedi politico-parlamentari; prova ne sia la grande quantità di proposte di legge e di atti di sindacato ispettivo presentati in materia. In tale contesto appare di decisivo rilievo che nell'occasione si parlava dei rapporti tra l'amministrazione della giustizia, la lotta alla mafia e l'efficacia dello strumento delle collaborazioni dei cosiddetti pentiti e che l'onorevole Micciché interveniva non soltanto in qualità di parlamentare, ma anche di membro della Commissione d'inchiesta sulla mafia e sui fenomeni similari.
In seno alla Giunta si è pertanto ritenuto che l'onorevole Micciché abbia legittimamente esercitato il suo diritto di critica come parlamentare in ordine a questioni di indubbio rilievo pubblico, nel quadro di quelle attività che possono senz'altro definirsi prodromiche e/o conseguenti agli atti tipici del mandato parlamentare. Per questo, la Giunta stessa, a maggioranza, propone all'Assemblea di deliberare nel senso che i fatti oggetto del procedimento concernono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà.
PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il caso in esame ha una sua importanza ed è emblematico dell'atteggiamento che vorremmo tenere, nel corso della legislatura, su tali questioni. Nell'ambito del dibattito svolto nella Giunta per le autorizzazioni a procedere, abbiamo riflettuto con molta serietà sui termini della questione. Tuttavia, il gruppo parlamentare della Margherita, secondo un atteggiamento consolidato ed una prassi già in atto, si porrà dinanzi a questo voto rispettando gli orientamenti e la sensibilità di ciascun parlamentare, dunque senza precisi vincoli o indicazioni.
Credo, comunque, di non esprimere opinioni solo mie ritenendo di dover anticipare un voto contrario alla proposta di ritenere insindacabili le espressioni dell'onorevole Miccichè. Tali espressioni sono garbate, come in altre occasioni non è avvenuto, e tuttavia contengono non un'opinione, ma un'accusa molto precisa rivolta nei confronti di un organo dello Stato. Mi riferisco al capo della procura di Palermo che opera ed ha operato in condizioni assolutamente note di servizio per le istituzioni e di rischio personale per la vita. Si tratta, dunque, di un organo che merita particolare rispetto.
L'accusa è quella di non rispettare i compiti ed i doveri istituzionali, di non essere soggetto alla legge, ma di complottare dal punto di vista politico. Cari colleghi, sarei anche lieto che questo tema avesse un'attenzione pari alla sua importanza. Le espressioni del collega Miccichè ci dicono che il procuratore Caselli avrebbe svolto solo attività politica a Palermo e avrebbe svolto atti conseguenti alle verità scritte e pagate ai pentiti. Non si tratta, dunque, esattamente di un'opinione, ma di un'accusa poiché, come recita l'articolo 101 della Costituzione, che è alla base del nostro impianto istituzionale, i giudici sono soggetti soltanto alla legge. Dunque, accusare un organo dirigente di una procura così esposta di essere, invece, parte di un complotto politico che si svolge in vari atti significa esattamente muovere un'accusa che non può essere sottratta a quella che in gergo giuridico usa chiamarsi l'exceptio veritatis, ossia una comune ed ordinaria dimostrazione di quel che si afferma.
Non credo francamente che l'esercizio del mandato parlamentare debba essere considerato come licenza di accusare in modo non dimostrato e non dimostrabile - e, quindi, in modo irresponsabile - altri organi istituzionali, perché tutto ciò - e lo abbiamo visto negli anni novanta - determina lacerazioni del tessuto istituzionale e costituzionale che non giovano al paese.
Quindi, senza animosità - anzi, con il carico di riflessioni che questi temi naturalmente suscitano in tutti noi - ribadisco l'indicazione, la propensione e l'invito ad un voto contrario alla proposta di insindacabilità avanzata dalla Giunta; un voto che il paese non comprenderebbe, un voto che non qualifica e non onora l'esercizio dell'attività parlamentare, poiché questa non si identifica con l'assoluta licenza di denigrare, con accuse infamanti, altri organi dello Stato.
Credo di poter concludere ricordando che in questo senso va anche la giurisprudenza della Corte Costituzionale, la quale ritiene, ovviamente, che non tutte le opinioni espresse dai parlamentari, sia intra moenia sia extra moenia, siano soggette ad insindacabilità.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Sgarbi. Ne ha facoltà.
VITTORIO SGARBI. Signor Presidente, onorevoli colleghi e collega, pensavo di non tornare a occuparmi di questa incandescente materia, mentre l'Italia brucia per interventi disperanti di sindaci, assessori e restauratori che non hanno il sentimento della storia e il rispetto dei monumenti, ma conoscevo il pensiero dell'onorevole Mantini per aver letto un suo avviso su la Repubblica di questa mattina, in cui esponeva in parte il pensiero che qui ha meglio rappresentato. Ho trovato quella lettera a la Repubblica inquietante rispetto alla funzione parlamentare perché rendeva pubblica una diversa posizione dell'onorevole Mantini, come rivendicando un ruolo etico che egli avrebbe avuto rispetto ad una concessione meramente politica, e perfino moralmente discutibile, dei suoi colleghi.
In realtà, vorrei ricondurre la questione all'operato del dottor Caselli, in relazione ad innumerevoli querele che io stesso ho patito del corso degli anni, con numerose condanne - che poi si sono diversamente concluse per posizioni della Corte Costituzionale o della Cassazione - in merito alla possibilità di esprimere un pensiero su un'azione non meramente politica, ma anche politica, e che riguarda le capacità e i meriti non di un organo - come lei ha detto, onorevole Mantini - ma di un
uomo: l'organo è rappresentato da uomini, gli uomini, come noi, possono sbagliare.
L'organo o il pezzo di Stato, come si ritiene Caselli, dovrebbe agire in una specie di imperturbabilità da critiche e da errori, come se la sua funzione lo esimesse dalla possibilità umana di sbagliare, come se il procuratore di Palermo, in quanto combatte la mafia, fosse vicino a Dio e, per ciò stesso, infallibile.
Vero è - e l'onorevole Micciché l'ha detto per exempla - che l'onorevole Caselli è un uomo molto fallace, che ha compiuto - individualmente, come persona, non come organo - molti errori e a quelli, così come all'interno di ogni partito nei dissensi delle parti, è consentito esprimere il proprio non consenso, il proprio disappunto, la propria critica, perfino l'osservazione inaudita che Caselli abbia agito per opportunità o per intendimento politico.
I rapporti tra il dottor Caselli e l'onorevole Violante a Torino, e la militanza del dottor Caselli nell'ambito della sinistra sono cosa dichiarata per libertà di coscienza e autonomia della persona, anche di un giudice di essere di parte.
Purtroppo, salvo il risparmio della galera per il senatore Andreotti - e non capisco perché, viste le accuse che gli erano state rivolte -, vi è stata una forma di collusione tra Caselli e Andreotti, in quanto il dottor Caselli non ha inteso chiedere l'arresto (una cosa stupefacente, dal momento che, se Andreotti, nel teorema Caselliano, Scarpinato, Natoli ed altri, era il capo della mafia, non arrestarlo era un atto di collusione con lui), viceversa, come lei sa bene, onorevole Mantini, militando in un partito che tiene in sé una parte della vecchia Democrazia cristiana, Caselli ha voluto in carcere, per due anni e sei mesi, Calogero Mannino, risultato innocente in base ad una sentenza di un tribunale dello Stato.
Dunque, mi chiedo: un uomo che, per caso, non come organo, ma nella sua individualità, arriva a tenere in carcere, a sequestrare un innocente per due anni e sei mesi, non può essere criticato? Dunque, la parola di chi lo critica è più grave della volontà che porta all'arresto di Calogero Mannino senza che nessuno chieda a Caselli di pagare per il suo errore? Questo è il punto che emerge dal testo di Miccichè.
La sentenza di Bruxelles, che mi ricorda l'onorevole Mancuso, ha indicato i numerosi errori del signor Caselli come persona; ha indicato che la procura di Palermo ha insistito, con un'azione che possiamo non chiamare politica, ma guarda caso indirizzata nei confronti del senatore Andreotti, di Calogero Mannino, dell'onorevole Musotto, oggi di Dell'Utri, con un orientamento politico che la parte più onesta della sinistra, talvolta essa stessa sfiorata ma mai toccata da quelle indagini, ha riconosciuto nelle persone dell'onorevole Macaluso e dell'onorevole Colajanni, i quali hanno visto - come Gherardo Chiaromonte, che lei forse ricorderà - con qualche preoccupazione l'interventismo politico - mi sia consentito dirlo, in questa sede - del dottor Caselli, cioè stabilire che c'era un fronte di collusione tra la DC e la mafia che ha portato alle conseguenze giudiziarie sopra indicate.
Proprio l'onorevole Mastella, che presiede quest'Assemblea, ebbe a presentare, in Commissione antimafia, una mozione di minoranza per individuare, rispetto all'ipotesi di Violante che la DC e la mafia fossero la stessa cosa, una parte di collusione individuale, personale; dunque, non che la DC fosse il partito della mafia ma che alcuni democristiani potevano essere collusi con la mafia. Ciò sistemò un teorema di Violante che il dottor Caselli ha interpretato alla lettera.
Per questo le chiedo di modificare la sua intenzione di voto contrario alla volontà della Giunta, perché tale volontà corrisponde a principi di democrazia, di libertà della critica e ad errori oggettivi e riconosciuti a Bruxelles del dottor Caselli, in particolare ad arresti che hanno tenuto in carcere per anni persone innocenti, da Contrada a Musotto, a Calogero Mannino (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia, di Alleanza Nazionale e del CCD-CDU Biancofiore).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.
MARCO BOATO. Signor Presidente, colleghi, nonostante il grande applauso che ha ricevuto, non credo che Vittorio Sgarbi abbia dato un grandissimo aiuto, in questo caso, a risolvere il problema; infatti, il modo assai politicizzato con cui ha affrontato la questione, a mio avviso non aiuta.
Io sono per accogliere - lo dico anche ai colleghi del centrosinistra - la proposta della Giunta di dichiarare l'insindacabilità, ma non per i motivi che abbiamo ascoltato poco fa, e devo dire - in contraddizione con l'amico e collega Mantini - neanche per ciò che ha affermato l'onorevole Mantini, il quale ha richiamato il secondo comma dell'articolo 101 della Costituzione, in base al quale i giudici sono soggetti soltanto alla legge. Si dà il caso che il dottor Caselli fosse un procuratore della Repubblica, dunque un magistrato della pubblica accusa e non un giudice. La Costituzione dispone che i giudici sono soggetti soltanto alla legge.
Tuttavia, non credo che in quest'aula si debba parlare di ciò. Noi dobbiamo semplicemente riesaminare il testo sottoposto alla nostra attenzione e dobbiamo prescindere, in questa sede, dalle simpatie o antipatie politiche o di schieramento che il collega Micciché può avere in quest'aula (sappiamo tutti che è un autorevole esponente del gruppo di Forza Italia), dobbiamo prescindere dalle simpatie o antipatie politiche che un magistrato di grande rilevanza e di grande autorevolezza come il dottor Caselli può avere in quest'aula e dagli schieramenti che si possono formare nei suoi confronti. Dobbiamo, dunque, valutare se nelle dichiarazioni che sono state riportate sul settimanale Liberal del 17 settembre 1998 vi sia l'espressione di un pensiero politico, di una critica politica, di un giudizio politico proprio dell'attività parlamentare o se, invece, vi sia disprezzo, dileggio, insulto o aggressione.
Chiunque legga queste frasi può non condividerle o condividerle; ovviamente, le opinioni in quest'aula sono drasticamente diversificate, ma non c'è ombra di dubbio che queste siano l'espressione - discutibile quanto si vuole, discutibilissima - di un pensiero politico espresso da un parlamentare, che oltretutto era membro anche della Commissione d'inchiesta sulla mafia, nell'esercizio delle sue funzioni. E tali funzioni si esercitano non solo in quest'aula, ma anche attraverso i quotidiani ed il dibattito politico.
Per questo motivo, con assoluta serenità e pacatezza, credo che la proposta di dichiarare l'insindacabilità sia fondata, e solo per questi motivi; non sono altrettanto fondati tutti gli altri giudizi che sono stati espressi. Abbiamo fatto quasi un processo a Caselli o a Miccichè in quest'aula: non lo dobbiamo fare noi, in quest'aula, questo processo; dobbiamo verificare se sia applicabile il primo comma dell'articolo 68 della Costituzione. A me pare palesemente applicabile, per cui invito a votare, in accordo con la proposta della Giunta, per l'insindacabilità (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Verdi-l'Ulivo).
ANTONIO BOCCIA. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANTONIO BOCCIA. Signor Presidente, vorrei richiamare la sua attenzione su un precedente abbastanza grave verificatosi questa mattina in aula con l'intervento del Governo, da parte dell'onorevole Sgarbi, su una questione molto delicata che è affidata al voto dell'Assemblea. È un precedente; ovviamente, non intendo mettere in discussione né il merito né la possibilità che l'onorevole Sgarbi, in quanto membro del Governo, parli anche dal banco dell'Assemblea. Non si tratta, dunque, di una censura che riguardi i contenuti: anche noi nutriamo dubbi e perplessità ed abbiamo lasciato libertà di coscienza. Non si tratta neanche di un problema che riguardi il suo diritto di esprimere un'opinione. Si crea, tuttavia, un precedente che dà continuità a quello che accadeva nella scorsa legislatura: noi stiamo imparando a fare
l'opposizione, ma credo sia tempo che anche la maggioranza impari a fare la maggioranza (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-l'Ulivo e dei Democratici di Sinistra-l'Ulivo). Un esponente del Governo non può intervenire in una materia così delicata, parlare dal banco dell'Assemblea e creare un precedente. Fra poco, magari, avremo l'opportunità di ascoltare il sottosegretario Taormina difendere in quest'aula, da semplice deputato, qualche altro dei suoi assistiti. Continua un modo di fare che a noi pare abbastanza sconveniente; vorrei, quindi, segnalare a lei, ma soprattutto ai membri del Governo, l'opportunità di non ripetere situazioni di questo genere (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-l'Ulivo e dei Democratici di Sinistra-l'Ulivo).
PRESIDENTE. Vorrei dire all'onorevole Boccia, e a quanti la pensano come lui, che in questo caso non c'è il Governo, non perché non ci sia, naturalmente; in questo caso, l'esame della materia di insindacabilità non tocca il rapporto dialettico tra Governo e Parlamento, ma riguarda le funzioni dei singoli rappresentanti del Parlamento. Vedo cenni di benevolenza, rispetto a queste mie parole, da parte dell'onorevole Siniscalchi. Quindi, soltanto in questa circostanza, l'onorevole Sgarbi è rientrato nella sua funzione di deputato appartenente a quest'Assemblea: non è un fatto straordinario. Laddove ci fosse stata un'interrogazione parlamentare rivolta ad atti del Governo e l'onorevole Sgarbi avesse chiesto di parlare, la Presidenza non avrebbe potuto concedere la parola né, evidentemente, ci potevano essere atti surrogatori nella sua richiesta di intervento. Ma si tratta della materia di insindacabilità, per cui l'onorevole Sgarbi ha avuto il diritto di parlare come rappresentante dell'Assemblea: questa è la ragione per cui, onorevole Boccia, non siamo in presenza di un fatto eccezionale ma di un fatto normale che, forse, si è verificato come fatto eccezionale in questa circostanza. Questa è l'unica ragione.
È iscritto a parlare l'onorevole Bielli. Ne ha facoltà.
VALTER BIELLI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, credo che criticare le sentenze sia un fatto normale e che sia giusta la critica da parte del semplice cittadino ed anche, ovviamente, da parte dei parlamentari. Da questo punto di vista, ritengo che la cosiddetta libertà di critica sia d'obbligo. Essa è un fatto di democrazia e, come tale, credo che non ci siano, da parte di nessuno, ombre su un questo tema.
Tuttavia, vorrei provare a far riflettere i colleghi su una questione che non è più la libertà di critica, ma qualcosa che mi pare alquanto diverso. A proposito di cultura garantista, sa bene Vittorio Sgarbi quanto abbiamo dibattuto in quest'aula, quanto le opinioni siano state diverse, ma anche, a volte, comuni. Sono rimasto sorpreso, Vittorio, di questa tua enfasi su una cultura garantista, che ti riconosco, quando poi, tu, da sottosegretario appena nominato, la prima cosa che hai detto - tu, garantista - è stata che avresti voluto portare in tribunale il ministro per i beni culturali. La cultura garantista non va a intermittenza, Vittorio, non va soltanto quando interessa a te, in quanto riguarda anche i comportamenti e le parole che devi utilizzare nei confronti degli altri. Allora, devi comprendere anche tu, quando parli di cultura garantista, cosa significa (Applausi di deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo).
Di pari passo, c'è un problema più grande che riguarda il merito della questione che oggi è stata posta, la quale è molto delicata e non semplice, in cui mi sembrano giuste le obiezioni, le critiche e anche forse le riserve che molti di noi possono avere per votare in un verso o nell'altro. Infatti, come si fa a dire che, rispetto ai fatti accaduti in Sicilia, rispetto a quanto accaduto, alle vicende del tribunale, a quelle della procura, un parlamentare non può intervenire? È ovvio che ha il dovere di intervenire. Ma quale è il punto? Lo richiamo proprio a tutti i colleghi. Soprattutto un parlamentare, rispetto
ad un organo autonomo, può dire a chi esercita questa funzione che è lo strumento per un complotto politico? Cosa c'è di più infamante di dire a chi esercita questa funzione che, in qualche modo, è lo strumento di un complotto politico? È solo critica, o è altro? È molto altro. È l'attacco più pesante che possa essere fatto a chi, in piena autonomia, deve esercitare una funzione. Ecco perché io credo allora che, su questa questione, ci sia veramente da riflettere, da pensarci tutti con grande attenzione. Per quanto mi riguarda, voterò contro l'opinione espressa dalla Giunta. Tuttavia, mi pare - lo dico con l'onestà intellettuale che credo mi sia stata riconosciuta anche nei cinque anni precedenti - che sia d'obbligo che tutti i parlamentari debbano comunque votare con libertà di coscienza, sapendo che la questione non è così semplice come è stata presentata ma merita veramente un approfondimento.
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione.
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