Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 30 del 3/8/2001
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Seguito della discussione del disegno di legge: Delega al Governo per la riforma del diritto societario (1137); e dell'abbinata proposta di legge: Fassino ed altri (969) (ore 9,51).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge: Delega al Governo per la riforma del diritto societario; e dell'abbinata proposta di legge d'iniziativa dei deputati Fassino ed altri.

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 1137)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Avverto che la Presidenza ha disposto la ripresa televisiva diretta delle dichiarazioni di voto finale. Sono previsti dieci minuti per ciascun gruppo ed un tempo aggiuntivo per il gruppo misto. Gli interventi si svolgeranno in ordine crescente in relazione alla consistenza numerica dei gruppi, iniziando dalle componenti del gruppo misto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Signor Presidente, colleghi deputati, oggi viene scritta una brutta pagina, una pagina nera nella lunga storia del Parlamento e, ahimè, nella breve storia del Governo di centrodestra.
La riforma del diritto societario era matura da molti anni ed era stata preparata dai Governi dell'Ulivo e del centrosinistra, attraverso la commissione Mirone e sulla base di un'ampia consultazione di tutti i soggetti interessati. Per questo motivo era stata unanimemente riconosciuta l'urgenza per questo disegno di legge, con il quale lo stesso Governo Berlusconi aveva ripresentato integralmente e in modo identico il testo della commissione Mirone.
Questa originaria e apparente unanimità è stata completamente travolta e stravolta dalla maggioranza di centrodestra e dal suo Governo su due questioni fondamentali.
Con una vera e propria truffa parlamentare si è tramutato questo disegno di legge in una aggressione quasi di sapore vendicativo nei confronti del sistema della cooperazione e, al tempo stesso, in una sanatoria per legge dei processi pendenti per falso in bilancio: processi che, ahimè, riguardano anche il Presidente del Consiglio dei ministri.
Per quanto riguarda il sistema della cooperazione, si è imposta una palese violazione degli articoli 45 e 2 della Costituzione, calpestando valori fondamentali


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che riguardano la funzione sociale e la solidarietà economica nel sistema della cooperazione.
Per quanto riguarda la questione del falso in bilancio, si sono introdotte innovazioni gravissime in materia penale, in modo da vanificare i processi pendenti, compresi quelli riguardanti il Presidente del Consiglio e in modo da portare l'Italia totalmente fuori, rispetto ad un quadro europeo in questa materia, che deve tutelare sia i cittadini sia il sistema delle imprese.
Personalmente - lo ripeto - auguro al Presidente Berlusconi di poter dimostrare la propria innocenza nel merito dei processi che lo riguardano e non di conquistarsi un'impunità imposta per legge, attraverso la prescrizione dei reati imposta in modo fraudolento dalla maggioranza di centrodestra che lo sostiene.
Noi Verdi e - se mi permettono i colleghi - noi Socialisti siamo sempre stati garantisti, a favore della cultura delle garanzie e della legalità. Ma, il garantismo non è sinonimo di impunità, tanto più di un'impunità che riguarderebbe anche e prima di tutto il Presidente del Consiglio in relazione ai processi che lo riguardano personalmente.
Siamo di fronte ad un gigantesco conflitto di interessi, non sul piano economico generale - di quello parleremo in un altro momento - ma per la diretta incidenza di queste norme, che la maggioranza di centrodestra sta per approvare con il nostro voto contrario, sui processi in corso per falso in bilancio. Questo è inaccettabile ed è bene che l'opinione pubblica lo sappia. Su questo punto - mi dispiace dirlo - questa non è la Casa delle libertà, ma la «casa delle impunità» e questo è inaccettabile!
L'articolo 11 contiene norme di carattere criminogeno, che coprono il crimine e che tendono ad incentivarlo. Si tratta di norme che ci portano fuori dal quadro europeo, che disincentivano ad allargare lo stesso mercato borsistico (leggetevi Il Sole 24 Ore di questi giorni, che insistentemente getta l'allarme su questo punto). In tal modo, si spingono le imprese a restare fuori dalla quotazione in borsa, perché questa sarà, con queste norme, una garanzia per l'illegalità e per l'impunità.
State per approvare norme che, anziché incentivare e tutelare la trasparenza sul piano economico-finanziario, spingono a violare impunemente la trasparenza e la correttezza economico-finanziaria.
Nell'XI legislatura dai banchi di Alleanza nazionale si sventolavano le manette e dai banchi della Lega nord Padania si faceva penzolare un cappio da forca. Noi eravamo in totale disaccordo con questi metodi e con la volgare ondata di giustizialismo di allora, ma oggi le posizioni di Alleanza nazionale, di Forza Italia e della Lega nord Padania sono irriconoscibili nel senso opposto. C'è anche chi confonde il garantismo con l'impunità, ma su questa strada - ve lo ripeto - ci troverete sempre contro. Ci troverete contro in nome degli interessi del paese e anche del sistema economico del nostro paese, in nome della credibilità dell'Italia in Europa e in nome di un'autentica cultura delle garanzie e della legalità, che noi riaffermiamo con forza rispetto, da una parte, a un giustizialismo privo di senso e, oggi, a uno pseudogarantismo che diventa sinonimo di un'impunità imposta per legge.
Questa, Presidente, è una pagina nera per la storia del Parlamento, è una pagina nera per il neonato Governo di centrodestra (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Verdi-l'Ulivo, dei Democratici di sinistra-l'Ulivo, della Margherita, DL-l'Ulivo, di Rifondazione comunista, Misto-Comunisti italiani, Misto-socialisti democratici italiani e Misto-Minoranze linguistiche - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Buemi. Ne ha facoltà.

ENRICO BUEMI. Signor Presidente, colleghi, nel preannunciare il voto contrario dei Socialisti democratici italiani su questo provvedimento di riforma del diritto societario, desidero evidenziare che la nostra contrarietà non deriva dal fatto che


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esso avrà effetti sulle posizioni processuali di illustri esponenti del Governo, cosa peraltro sgradevole, in quanto la delega di riforma ad essi viene affidata.
I Socialisti sono contrari perché, così come viene configurato, questo provvedimento è profondamente sbagliato e le ragioni stanno nei contenuti che sono il risultato di un percorso legislativo che, fin dall'inizio, era evidente, in quanto la finalità era strumentale alla posizione processuale del Presidente del Consiglio e di altri illustri imputati.
I Socialisti, pur ritenendo generoso il grande lavoro degli altri colleghi dell'opposizione, non sono intervenuti su questo provvedimento con emendamenti perché era chiara, fin dall'inizio, la blindatura della redazione del testo, blindatura che aveva avuto segni evidenti ed inequivocabili nell'assunzione delle responsabilità di relatori da parte dei due presidenti delle Commissioni competenti, onorevoli La Malfa e Pecorella. Quindi, tutta la discussione si è svolta senza un'autentica dialettica democratica, perché era evidente l'imperativo proveniente dalla Presidenza del Consiglio, che ha trasformato tutti i componenti della maggioranza in meri esecutori di ordini per i quali non era ammessa possibilità di dissenso - e di questo ne abbiamo avuto percezione -, pena la perdita della possibilità di essere candidati.
Tale situazione ha bloccato ogni confronto di merito. Questa rigida direttiva ha portato la maggioranza del Parlamento a ritrovarsi sull'argomento in condizioni di sovranità limitata. Nell'intenzione del Governo l'obiettivo da perseguire con questo provvedimento non è stato quello della riforma della regolamentazione del diritto societario - tra l'altro trattato in maniera parziale e contraddittoria -, bensì quello di risolvere i problemi contingenti relativi al falso in bilancio delle società non quotate, su cui vi sono evidenti interessi soggettivi del massimo esponente del Governo. In questo quadro le proposte di sensate modifiche della minoranza sono state inutili poiché non era interesse del Governo, in questa fase, affrontare il problema più generale della riforma del diritto societario, ma solo ed esclusivamente quello di derubricare il falso in bilancio delle società non quotate.
Non deve distrarre neanche l'interesse sull'intervento legislativo nel settore delle società cooperative, intervento teso a porre in discussione un elemento diversivo di grande peso politico, sul quale è stata polarizzata la discussione dell'Assemblea e del paese: un ragionamento equilibrato, non vendicativo né ricattatorio avrebbe dovuto far maturare il convincimento dello stralcio dei contenuti dell'articolo 5, per la loro specificità e la loro complessità ed articolazione. Tale proposta, accettata, peraltro, per ciò che riguarda le banche di credito cooperativo, non è stata accolta per il resto della cooperazione perché si è voluto mantenere una spada di Damocle sulle imprese cooperative, con il tentativo maldestro di coprire l'obiettivo vero di questo provvedimento: togliere alcune castagne dal fuoco ancora calde, ed altre magari in corso di cottura, per il Governo, per chi governa oggi il paese.
Signor Presidente, è chiaro a tutti che questo è un momento nero ed umiliante per la Camera ed è per questo che i Socialisti democratici italiani si dissociano dall'approvare il provvedimento e quindi, esprimeranno, un voto contrario (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Socialisti democratici italiani, dei Democratici di Sinistra-l'Ulivo, della Margherita, DL-l'Ulivo, di Rifondazione comunista, Misto-Comunisti italiani, Misto-Verdi-l'Ulivo e Misto-Minoranze linguistiche - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rizzo. Ne ha facoltà.

MARCO RIZZO. Signor Presidente, colleghi, signori del Governo, vorrei esprimere il parere dei Comunisti italiani su questa vicenda che segna una pagina importante e, purtroppo, molto negativa per il Parlamento italiano e per il nostro paese. Credo sia utile spiegare agli italiani quali siano le motivazioni del contendere. Noi ci troviamo di fronte ad un provvedimento,


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ad una vicenda che colpisce sostanzialmente due aspetti: la normativa del falso in bilancio e la regolamentazione delle cooperative nel nostro paese.
Per quanto riguarda il falso in bilancio, bisogna spiegare agli italiani che il Governo Berlusconi sta attuando una normativa che di fatto diminuisce le pene per il falso in bilancio, in termini chiaramente indirizzati. Questi termini servono esclusivamente a far sì che i processi in cui Berlusconi è inquisito e in cui gli amici di Berlusconi sono inquisiti vedano la prescrizione; ed io credo sia utile per gli italiani sapere quali siano questi processi e quali gli effetti del provvedimento che sta per essere approvato oggi dal Parlamento.
Andiamo per ordine. Nel processo All Iberian il falso in bilancio è contestato a Silvio Berlusconi quale presidente del consiglio di amministrazione sino al 24 gennaio 1994. Con la normativa attuale, in base all'articolo 2621 del codice civile, il falso in bilancio in questo processo vedrebbe la prescrizione il 24 gennaio 2004. Con la proposta che viene fatta dalla maggioranza e che vuole essere tramutata in legge quest'oggi, la prescrizione arriverebbe il 24 gennaio 1999, quindi, sarebbe già prescritta, o al massimo il 24 luglio 2001, cioè, anche in questo caso, sarebbe già prescritta.
Prendiamo in considerazione un altro processo, il cosiddetto processo SME. Il falso in bilancio, anche qui, è contestato a Silvio Berlusconi, quale presidente del consiglio di amministrazione sino al 1989. Con l'attuale normativa, la prescrizione si avrebbe al 30 giugno 2004. Con la proposta della maggioranza, con la proposta del Governo Berlusconi, la prescrizione si avrebbe al 30 dicembre 1996: quindi, anche in questo caso, vi sarebbe già prescrizione.
Altro processo, altra storia: processo per il Milan società per azioni. Il falso in bilancio è contestato a Silvio Berlusconi, quale presidente del consiglio di amministrazione fino al 30 giugno 1993. Con l'attuale normativa, la prescrizione, nel migliore dei casi, si avrebbe il 30 giugno 2003. Con l'attuale proposta della maggioranza, nel migliore dei casi, la prescrizione, anche qui, sarebbe già avvenuta il 30 dicembre 2000.
Questi sono i dati che il paese deve conoscere. Il nostro paese, per la prima volta nel mondo, in Europa, attua una legislazione che tende a ridurre, e addirittura a prescrivere, a cancellare, i reati per chi governa. Questa è una vicenda, dal punto di vista non solo politico ma anche morale, che deve far riflettere gli italiani sulle promesse fatte in campagna elettorale: tutto a tutti. In realtà, viene dato tutto a pochi, tutto a quelli che governano.
La seconda parte di questo provvedimento legislativo riguarda la cooperazione. Tutti gli italiani sanno che nel nostro paese il mondo della cooperazione ha segnato e segna tuttora una parte importante del mercato del lavoro e del mondo del lavoro: milioni di lavoratori, fatturati prodotti, una grande avanzata per la costruzione del nostro paese. Ebbene, negli articoli della Costituzione la cooperazione viene inserita con carattere mutualistico, cioè senza fini di lucro, e qui, con una sorta di elemento vendicativo, il Governo di centrodestra vuole cancellare la cooperazione, tant'è che avremmo un rovesciamento radicale dell'atteggiamento dello Stato nei confronti della cooperazione. Infatti, da una parte, la Costituzione impegna lo Stato a favorire lo sviluppo della cooperazione a base mutualistica, senza fini di speculazione privata, mentre l'articolo 5 di questo disegno di legge sul diritto societario, così come volete voi, signori del Governo, incentiva la trasformazione delle cooperative in società lucrative: in altre parole, si trasformano le cooperative in società per azioni; quindi, si cancella l'esperienza del mondo cooperativo italiano. Si tratta di un errore profondo, grave, che, purtroppo, probabilmente porterà sulla strada centinaia e centinaia di migliaia di lavoratori.
Questo è il vostro Governo, signori del centrodestra, un Governo in cui Berlusconi non pensa agli interessi del paese, agli interessi di tutti, ma pensa esclusivamente agli interessi suoi!


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Vorrei ricordare, inoltre che siamo arrivati alla fine dei lavori parlamentari prima della pausa estiva. In campagna elettorale, e anche dopo, il Presidente Berlusconi ci aveva detto che avrebbe risolto la vicenda del conflitto di interessi prima della pausa estiva, prima delle ferie. Come Comunisti italiani, come Ulivo, vorremmo sapere dal Governo, dal Vicepresidente Fini: Berlusconi non fa le ferie? Oppure, Berlusconi non vuole risolvere il conflitto di interessi e continua a cancellare tutto quello che ha detto, perché un conto è la propaganda, rabbonire l'elettorato italiano, mentre il resto sono i fatti.
Sempre sul conflitto di interessi, vorrei ricordare una vicenda che risulta essere vergognosa nei confronti dell'Italia, dell'Europa e del mondo. Da nessuna parte vi è un caso di conflitto di interessi così come è presente in Italia. In America, il Vicepresidente Cheney, quando si è candidato con i repubblicani, possedeva 6 milioni di dollari, corrispondenti a 12 miliardi di lire: poca roba in confronto al patrimonio di Berlusconi, eppure Cheney poteva essere coinvolto nel cosiddetto conflitto di interessi. Ebbene, sapete cosa ha fatto il Vicepresidente degli Stati Uniti? Ha immediatamente dismesso le azioni che riguardavano le sue proprietà. Così dettano la legge ed il senso morale e civile negli Stati Uniti d'America.
Noi vi chiediamo quando e come vogliate risolvere il conflitto di interessi. Ci avete raccontato che lo avreste fatto prima delle ferie, ma così non è stato. Volete continuare? Noi come Comunisti italiani ve lo ricorderemo e battaglieremo sempre su questo. Ci sono anche dei riferimenti storici, e non voglio citare il già tante volte ricordato Quintino Sella del 1863.

PRESIDENTE. Onorevole Rizzo, si avvii a concludere.

MARCO RIZZO. Su un libro relativo alla nobiltà del nostro paese, sono andato a cercare la storia della famiglia Ruspoli. Si raccontavano le vicende di un nobile che aveva ricoperto la carica di sindaco di Roma. Nel 1890, quando stavano avanzando i lavori di arginamento del Tevere attuati mediante la costruzione di massicci muraglioni, Emanuele Ruspoli, uomo integro e di onestà esemplare, proprietario di una vasta parte di quella zona, peraltro in piena espansione, nei primi mesi di attuazione del piano regolatore, dopo aver venduto i suoi terreni a pochi centesimi il metro quadrato, disse che se non lo avesse fatto, avrebbe rischiato di non poter decidere per il meglio, essendo presente un suo interesse privato. Ruspoli era un uomo che apparteneva alla nobiltà nera; noi stiamo invece parlando di Silvio Berlusconi che, evidentemente, nobile non è e fa politica solo per i suoi interessi (Applausi dei deputati dei gruppi misto-Comunisti italiani, dei Democratici di sinistra-l'Ulivo e della Margherita, DL-l'Ulivo - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pisapia. Ne ha facoltà.

GIULIANO PISAPIA. Signor Presidente, Rifondazione comunista voterà con profonda convinzione contro questo provvedimento, la cui finalità iniziale, tesa a dare sviluppo all'economia, creare maggiore occupazione, sburocratizzare il nostro diritto societario, è stata totalmente stravolta dal Governo e dalla maggioranza di centrodestra che propone ed impone al paese ed al Parlamento un testo che, di fatto, elimina i controlli sulle società, azzera le responsabilità degli amministratori disonesti che con il loro comportamento danneggiano gravemente i soci di minoranza, i creditori, i lavoratori e la nostra economia.
Una riforma su una materia così delicata avrebbe dovuto sancire la possibilità di far leva su una maggiore flessibilità e libertà di impresa, ma solo se quest'ultima fosse stata accompagnata da un rafforzamento della trasparenza, dall'evidenza delle responsabilità, che non sono compatibili con il conflitto di interessi, dalla chiarezza delle regole e dal rigore della loro applicazione.
Questo disegno di legge è inaccettabile e vergognoso sotto ogni profilo in quanto crea una situazione di totale impunità per


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il passato e per il futuro di tutti coloro che hanno tratto profitti ingenti, hanno creato fondi neri, hanno costituito società con fondi costituiti da denaro riciclato. Il disegno di legge è inaccettabile sotto il profilo morale, giuridico e politico. È incredibile che di fronte ai tanti problemi della nostra giustizia civile e penale, in presenza di milioni di processi arretrati, di fronte a cittadini che aspettano decenni per veder riconosciuto un loro diritto o il risarcimento del danno subito e che spesso attendono in carcere di vedersi riconosciuta la loro innocenza, il Governo e la maggioranza di centrodestra, anziché intervenire per rendere più efficiente, celere, giusta, più al servizio dei cittadini, più garantista per gli imputati e le vittime dei reati l'amministrazione della giustizia, portando a termine il processo riformatore degli ultimi anni propongano, anzi impongano al Parlamento ed al paese un solo provvedimento riguardante la giustizia, teso a creare meno trasparenza nel controllo delle società, meno responsabilità penali, civili e amministrative per gli imprenditori disonesti nonché l'amnistia di fatto per il passato e l'impunità per il futuro per chi ha danneggiato o danneggerà in futuro la nostra economia e la concorrenza, per chi provocherà licenziamenti, maggiore disoccupazione, per chi farà dell'Italia il paradiso dell'illecito societario e delle scorrerie finanziarie. Il testo che la maggioranza si accinge ad approvare con il voto fortemente contrario di Rifondazione comunista - che pure aveva fatto numerose proposte migliorative - finirà per creare ancora maggiori disuguaglianze tra i cittadini e per dare un colpo mortale alla credibilità del nostro paese, permetterà - con una delega al Governo a maglie larghe - al Presidente del Consiglio di incidere profondamente sui processi che lo riguardano, diminuendo sensibilmente le pene per reati di particolare rilevanza, limitando - se non impedendo - gli strumenti di indagine, dichiarando per legge la prescrizione di reati di cui lo stesso Presidente del Consiglio è imputato.
Si tratta di un'aperta violazione delle regole principali di uno Stato di diritto, di un evidente conflitto di interessi, di un'abrogazione di fatto del principio della divisione dei poteri che è il cardine di ogni ordinamento democratico.
Garantismo - signor Presidente, onorevoli colleghi e cittadini tutti - garantismo vero e non garantismo a senso unico e strumentale - significa porre le regole affinché un giudice imparziale, al di sopra delle parti, nel contraddittorio delle parti, possa giudicare se un imputato è innocente o colpevole. Il garantismo vero non ha nulla a che vedere, anzi contrasta profondamente con il tentativo di far approvare, come avviene con tale provvedimento dalla attuale maggioranza, una legge che delega, al Capo del Governo, di farsi giudice dei suoi processi, eliminando controlli e regole, che non permetterà più di distinguere tra onesti e disonesti, colpevoli e innocenti.
Vorrei svolgere un ultima considerazione. Con tale provvedimento si incide profondamente, in maniera negativa anche - e ancora una volta - su uno dei principi cardine della Costituzione: sull'articolo 45 relativo alla cooperazione (che si pone fra le parti più nobili del nostro ordinamento) e con il quale si riconosce la funzione sociale delle cooperative a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata.
Ebbene, con il testo che il centrodestra approverà, il lavoro solidaristico, non a fini di speculazione privata, la funzione sociale, la solidarietà, la mutualità, alcuni valori fondanti della Repubblica, nata dalla Resistenza, vengono umiliati.
Noi, siamo per la solidarietà contro l'egoismo ed il profitto.
Voi, invece, siete per il profitto personale contro l'utilità sociale e tanto più per il profitto illecito.
Per concludere, siamo, con tale provvedimento, ad una giustizia ancora più debole con i forti e ancora più forte con i deboli. Questo è quanto il Governo e maggioranza stanno facendo giorno dopo giorno, da Genova con il G8 e con le violenze contro le centinaia di migliaia di


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manifestanti pacifici. Con la controriforma del diritto societario, che approverete fra poco, siamo di fronte ad una china pericolosa per chi ancora crede nei principi di uguaglianza e di libertà, per chi ancora crede nel diritto di manifestare il proprio pensiero e le proprie posizioni ed opinioni politiche. Questi ed altri - che nel tempo a disposizione non mi permette di ricordare - sono i motivi della nostra opposizione e del nostro voto contrario. La nostra opposizione è stata e sarà totale nel paese e in Parlamento (Applausi dei deputati dei gruppi di Rifondazione comunista e Misto-Comunisti italiani).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare le dichiarazioni di voto l'onorevole Lussana. Ne ha facoltà.

CAROLINA LUSSANA. Signor Presidente, signori rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, la Lega nord Padania esprimerà voto favorevole sulla presente delega al Governo, in cui si delineano i principi e criteri direttivi a cui si ispireranno le nuove norme in materia di diritto societario.
Sono principalmente tre le parole d'ordine: semplificazione dei processi formativi, di gestione, trasformazione e liquidazione delle società; ammodernamento, con l'introduzione di nuovi modelli, anche a livello di organismi interni, per favorire la nascita, la crescita e la competitività delle imprese; chiarezza, con la precisa individuazione di compiti e di responsabilità negli organi sociali. È una riforma che, da tanto tempo, il settore sta attendendo e che ci avvicinerà agli altri paesi più avanzati al mondo.
Per tale urgente necessità, abbiamo lavorato molto, anche giorno e notte, e riteniamo - come maggioranza - di aver lavorato bene, nonostante il forte ostruzionismo delle opposizioni, le quali non hanno risparmiato nulla, neanche i colpi bassi; tutto, però, si giustifica se solo immaginiamo la loro rabbia per essere stati incapaci di varare una sola riforma degna di questo nome in cinque anni di Governo (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega nord Padania e di Forza Italia).
Come Lega nord Padania abbiamo dato un contributo importante nel delineare i principi generali, soprattutto nella riforma del settore della cooperazione, dove è necessario intervenire per introdurre ordine e chiarezza, definendo la cooperazione costituzionalmente riconosciuta e riservando l'applicazione di disposizioni fiscali di carattere agevolativo.
È netta la distinzione, dunque, tra cooperazione con finalità mutualistiche e cooperazione a carattere imprenditoriale: per quest'ultima saranno previsti procedimenti semplificati per la trasformazione in società lucrative.
Dalla riforma delle cooperative sono stati esclusi i consorzi agrari e, su reiterate richieste della Lega nord Padania, la cooperazione bancaria: banche popolari, banche di credito cooperativo, in quanto soggetti già disciplinati da specifica normativa vigente che preserva il ruolo localistico da esse svolto.
Per quanto riguarda gli aspetti penalistici della riforma, essi derivano dalla esigenza di allineare il nostro paese alla normativa vigente nella maggior parte degli Stati moderni, europei e non, dando pieno riconoscimento a principi ormai ampiamente condivisi anche dal centrosinistra, come emerso nel dibattito in corso, in particolare negli interventi dell'onorevole Finocchiaro, dell'onorevole Pisapia, dell'onorevole Bonito ed altri.
Quali sono tali principi? La necessità di addivenire ad un diritto penale minimo; il principio di sussidiarietà che esclude il ricorso alla sanzione penale laddove rimedi alternativi appaiono sufficienti a garantire un'efficace tutela del bene giuridico; il principio di offensività, nel cui rispetto si prevede che debbano essere perseguiti penalmente soltanto fatti concretamente offensivi dell'interesse protetto, con benefici che si potranno ravvisare, oltre che per la maggiore determinatezza e precisione, nella liquidazione di ciò che è effettivamente e penalmente sanzionato, in termini di economia processuale e di decongestione dei tribunali.
L'eccesso di panpenalismo era già stato denunciato nell'esame del testo Mirone e


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condiviso dall'allora maggioranza che adesso grida allo scandalo. Quale sarebbe questo scandalo? Il non considerare reato lo sbaglio, ovvero il mero errore? Una errata rappresentazione della realtà compiuta senza alcuna intenzione di ingannare, senza aver comportato alcun danno concreto ai soci o ai creditori? O ancora, avere previsto per la configurazione del reato l'esistenza del dolo specifico, ovvero l'intenzione e la volontà di ingannare per conseguire un ingiusto profitto? O ancora, l'avere reintrodotto una distinzione, sotto il profilo delle sanzioni, che restano comunque penali, nel caso in cui vi sia stata la presenza di un danno concreto?
Vorrei ricordare, citandolo, ciò che ha detto un onorevole collega: «Per quanto riguarda il reato di falso in bilancio, credo che tale legge delega consenta finalmente di uscire da una situazione di indeterminatezza e di ambiguità, causa di non pochi problemi giuridici e politici negli ultimi anni in Italia. Mi sembra che la formulazione così definita consenta la determinazione del reato, l'individuazione della tipologia precisa, una considerazione attenta al dolo o al danno eventualmente prodotto e subito».
E ancora: «Il cosiddetto danno in concreto credo sia evidente, se però si vuole precisare ulteriormente non ho problemi, dal momento che è un punto rilevante del problema.»
Sono parole di un esponente della Casa delle Libertà? No, onorevoli colleghi! Sono dell'onorevole Fassino, allora ministro guardasigilli.
Allora, è pur vero che questo disegno di legge, così come emendato dalla Commissione, è diverso dal testo Mirone. Questa però è una conseguenza dello svolgimento dei lavori e le modifiche concernono questioni affrontate e lasciate aperte nella scorsa legislatura.
Un accenno, infine, sulla perseguibilità a querela. Essa fa sì che nelle società non quotate i soci e i terzi che possono essere astrattamente danneggiati dalla condotta illecita non debbano subire un danno ulteriore, rappresentato dall'intervento della magistratura e dallo svolgimento di un processo. Si tratta di un riconoscimento doveroso della facoltà di decidere e valutare l'eventualità di un'azione penale.
Quindi, il nostro sarà un voto a favore, poiché riteniamo che la riforma del diritto societario che oggi approviamo non sia volta a coprire atteggiamenti miserevoli delle nostre imprese - così come definiti dall'onorevole Finocchiaro -, bensì una riforma necessaria per garantire parità competitive alle nostre imprese rispetto a quelle estere e l'applicazione di sanzioni penali conformi a quelle applicate nelle altre nazioni europee, per evitare che pene troppo elevate scoraggino gli investimenti nel nostro paese ovvero che sanzioni troppo miti richiamino i corsari del capitalismo internazionale (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega nord Padania e di Forza Italia).
Infine, vorrei fare alcune considerazioni prettamente politiche. Nella discussione su questo importante provvedimento è mancato il confronto costruttivo con l'opposizione. Infatti, dispiace dover constatare per l'ennesima volta che l'Ulivo non si sia voluto confrontare nel merito del provvedimento, ma abbia prediletto atteggiamenti pregiudiziali e ideologici. È stato troppo facile evidenziare, come già sottolineato, l'incoerenza del centrosinistra sui temi del diritto societario rispetto alle posizioni espresse da suoi autorevoli esponenti sullo stesso argomento nella scorsa legislatura. È risultato evidente a tutti l'approccio anacronistico e lontano dalle reali esigenze del mercato della produzione che ha caratterizzato gli interventi dell'opposizione.
La sinistra si è inoltre schierata in difesa di interessi corporativistici e di centri di potere finanziari - quali le holding cooperative - che nulla hanno a che vedere con gli interessi diffusi del mondo produttivo e con le finalità mutualistiche e solidaristiche che, in quest'aula, la sinistra ha voluto sostenere in modo ipocrita (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega nord Padania, di Forza Italia e di Alleanza nazionale - Commenti


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dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo e della Margherita, DL-l'Ulivo).
Nella riforma della disciplina dei bilanci, l'opposizione ha sostenuto tesi irrealistiche e lontane dall'impostazione pragmatica e moderna che viene invocata nella società civile. L'Ulivo non ha saputo andare oltre il cliché giustizialista e populista che da tempo lo caratterizza, puntando al discredito personale dei membri della maggioranza (Applausi dei deputati del gruppo della Lega nord Padania): una maggioranza - lo vogliamo ricordare - eletta democraticamente, che ha tutto il diritto di governare secondo il mandato ottenuto su programmi precisi da parte dei cittadini e che, proprio per questo, non può essere oggetto di attacchi che hanno come unico obiettivo la delegittimazione (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega nord Padania, di Forza Italia, di Alleanza nazionale e del CCD-CDU Biancofiore - Congratulazioni)

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Volontè. Ne ha facoltà.

LUCA VOLONTÈ. Signor Presidente, onorevoli colleghi, onorevoli rappresentanti del Governo, il perseguimento degli obiettivi contenuti nel cosiddetto «pacchetto dei cento giorni» non poteva avere un suo sviluppo normale se prima non avessimo proceduto all'adeguamento della nostra legislazione anche in materia economica. Fornire, dunque, alle imprese un quadro normativo entro cui potersi muovere significa favorirne anche la crescita e la competitività. Questo ci appare il modo più corretto per intraprendere un nuovo percorso di Governo.
Il progetto di legge Mirone aveva incontrato, nella passata legislatura, un notevole consenso. Era un testo che ricalcava largamente quello che oggi ci accingiamo a votare e ad approvare, salvo che per due punti. Nonostante il disegno di legge sia infatti composto da 11 articoli, le critiche della minoranza si sono indirizzate verso gli unici due punti innovativi: la delega in materia di cooperazione e il regime penale delle società.
Nel primo caso, non si è fatto altro che distinguere in maniera netta l'area della cooperazione avente diritto a fruire dei benefici e dei privilegi conseguenti all'adozione di una certa forma giuridica e quell'area che, camuffandosi giuridicamente, ma non economicamente, riesce ad ottenere i benefici ricordati. La maggioranza - lo ricordo - è stata guidata dall'intento di identificare le realtà cooperative che meritano la promozione e il sostegno previsto dall'articolo 45 della Costituzione, non da altri scopi o obiettivi di penalizzazione verso cooperazione di altra natura.
Criticare, dunque, la modifica introdotta sul testo Mirone - che punta a sanare un'ingiustizia che, per anni, ha determinato un danno economico non indifferente - mi sembra, a dir poco, sospetto. È, invece, significativo apportare tale modifica la quale limita la distorsione del mercato che, in questi anni - anche nel mondo della cooperazione, anche rispetto ad una certa cooperazione - si è attuata in materia economica.
Piuttosto, è opportuno chiedersi perché, nella passata legislatura, chi stava al governo abbia redatto il testo Mirone. A voler essere maliziosi, dovremmo proprio pensare che l'obiettivo fosse esattamente opposto a quello che noi perseguiamo, ossia il salvataggio di alcune società cooperative che, non essendo più tali, volevano mantenere alcuni benefici di legge.
Aggiungo, inoltre, che nel vecchio testo Mirone, presentato dalla passata maggioranza, era già prevista la distinzione tra forme cooperative costituzionalmente riconosciute e non riconosciute. Il vostro è soltanto il tentativo di non far discendere, da quella distinzione, una differenziazione legislativa, coinvolgendo nel calderone della cooperazione anche chi, nei fatti, è lontanissimo da quello spirito mutualistico che intendiamo proteggere.
Quanto alla battaglia sulla questione sollevata dalla sinistra, ossia quella relativa al falso in bilancio, riteniamo che la scelta di un diritto penale leggero sia non


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solo un'apertura ma sia anche giusta. Abbiamo visto, in questi anni, un aumento della pressione e dell'evasione fiscale. Da decenni constatiamo che l'aumento delle pene non ha procurato una diminuzione dei casi di falso in bilancio, ma il loro aumento e, a volte, anche con la copertura da parte delle società di revisione. Innalzare la bandiera del giustizialismo, avendo come obiettivo unico l'allentamento del nemico, è anacronistico. Il paese aveva già registrato che la via giudiziaria al potere non avrebbe portato nulla di buono. Si è risvegliato, con le ultime elezioni, da un lungo torpore. Il falso in bilancio è stato utilizzato, specularmente all'illecito finanziamento, in una serie di indagini giudiziarie e politicamente finalizzate. Ciò è accaduto nel nostro paese e anche grazie all'approvazione di tale norma ciò non potrà più accadere.
In Spagna, l'assimilazione del falso in bilancio al reato di danno e non di pericolo è stata introdotta già nel 1995. La falsità di bilancio, similmente a quanto vogliamo oggi introdurre, deve essere idonea a provocare pregiudizio alla società, ai soci o a un terzo.
In Francia, è in fase di definizione un progetto di riforma del diritto societario che affronta anche il diritto penale di impresa, assicurando alla sanzione penale un ruolo di extrema ratio, eliminando le fattispecie di pericolo presunto o basate sulla mera colpa.
In Germania, la legge circoscrive la fattispecie al fatto doloso, senza contare che, nel loro ordinamento, il pubblico ministero può non esercitare l'azione penale in presenza di fatti di minima rilevanza.
Ad oltre cinquant'anni dalla definizione del diritto societario, non cogliere quest'occasione per un aggiornamento ed uno snellimento della materia - in un periodo di cambiamenti che coinvolgono sia la dimensione nazionale sia internazionale - significa condannare le nostre aziende e la nostra società ad una posizione di subalternità rispetto ad altri competitor europei. E questo non possiamo più permettercelo; non possiamo permetterlo se vogliamo puntare, realmente, al rilancio economico del nostro paese.
I nostri ringraziamenti vanno non solo al Governo, al sottosegretario Vietti, al presidente della IV Commissione, onorevole La Malfa e al presidente Pecorella, vanno anche a tutti quegli interventi pacati e nel merito che, in questi giorni, hanno dato un grosso contributo anche nel dibattito parlamentare, per migliorare, sotto questi aspetti, il provvedimento in esame.
Riteniamo il paese debba sapere che il nostro lavoro è finalizzato ad imporre, non regole giustizialiste, ma giuste per il mercato e per la società. Questo abbiamo ritenuto di fare e questo siamo certi di aver fatto e riteniamo che il Governo possa, nel prosieguo della elaborazione dei decreti, coinvolgere, in questo giusto processo iniziato con tale provvedimento, tutte quelle forme di cooperazione, i consigli, i provvedimenti e le osservazioni che, dall'opposizione e dal mondo sociale, potranno venire, affinché questo provvedimento - che riporta, anche in campo economico, le regole del mercato - possa diventare il più condiviso anche dalle forze politiche e non solo dalle forze economiche che, pensiamo e siamo certi, abbiamo riportato nella competizione, nella correttezza delle regole in ambito europeo (Applausi dei deputati dei gruppi del CCD-CDU Bianco fiore, di Forza Italia, e di Alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pinza. Ne ha facoltà.

ROBERTO PINZA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, stiamo chiudendo la prima sessione dei lavori di questa nuova Camera e, alla fine di una settimana importante, possiamo tirare qualche bilancio.
Quando l'onorevole Berlusconi formò il Governo e si insediò alla Presidenza del Consiglio, spiegò che avrebbe realizzato, nei primi cento giorni, la parte più qualificante del programma con il quale aveva convinto tanti italiani: elettori e cittadini


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che noi rispettiamo profondamente, anche se hanno fatto scelte diverse dalla nostre, che avevano diritto di pensare che le promesse sarebbero state mantenute. Si trattava, peraltro, di promesse di particolare importanza, che l'onorevole Berlusconi aveva consacrato formalmente: aveva sfoderato una stilografica, aveva firmato un patto ufficiale con gli italiani - non davanti ad un notaio, perché i notai hanno la brutta abitudine di conservare negli archivi gli atti rogati - ma in televisione, confidando, forse, in qualche vuoto di memoria.
Che cosa promise l'onorevole Berlusconi? Tante cose, ma soprattutto più ordine, meno tasse, un grande sviluppo economico. È passato appena un mese e mezzo dal suo insediamento e già il Governo arretra su tutta la linea. Mai abbiamo avuto così pesanti e luttuosi sconvolgimenti dell'ordine pubblico! Ci eravamo abituati ad anni di pace e tranquillità e, improvvisamente, ci siamo trovati in mezzo alla violenza e davanti all'incapacità di gestire l'ordine pubblico in modi efficienti, civili e democratici. Ne è uscita sconvolta l'opinione pubblica, ne pagano le conseguenze tutti: tanti giovani, tante famiglie, la stessa polizia, i cui vertici sono stati decapitati. L'unico che non paga è il ministro dell'interno: continua a restare al suo posto!
Attendiamo con fiducia il lavoro della Commissione parlamentare e della magistratura, ma intanto siamo costretti a registrare con preoccupazione che l'ordine pubblico è stato gestito nel peggiore dei modi.
Ci avevano promesso di ridurre le tasse: 1 punto per cento all'anno, 25 mila miliardi nel 2002 e così progressivamente, di anno in anno. Era un programma importante che aveva convinto molti. Questo ritornello, ripetuto fino alla noia in campagna elettorale, si è improvvisamente spento. Con un fogliettino di poche righe, il Governo ha informato gli italiani che non era vero nulla: che le tasse non sarebbero diminuite né nel 2001 né nel 2002 e che, forse, nel 2003, le avrebbe diminuite di appena mezzo punto. Il centrosinistra aveva fatto molto meglio senza tanta grancassa. Solo nel suo ultimo anno di Governo aveva diminuito le tasse di quasi 1 punto: molto più di quanto il Governo Berlusconi farà, per sua stessa ammissione, in due anni e mezzo!
Allora questo Governo ha inventato la storia del buco. Vi era un buco clamoroso nei conti che, ogni giorno, a seconda delle convenienze, aumentava in dimensione e gravità; poi, però, sono venuti gli esperti degli organismi internazionali, hanno ridimensionato tutto ed hanno spiegato che la situazione era normale e largamente gestibile. Sono passati poco più di quaranta giorni, ma il Governo dichiara, già oggi, che non manterrà - o, comunque, non mantiene - le parti più importanti delle sue promesse.
Oggi, con la riforma del diritto societario, tenta in quest'aula altre due operazioni, una peggiore dell'altra. Questo disegno di legge era ed è importante. Per due anni l'onorevole Mirone, il cui nome contrassegna il progetto, aveva interpellato con pazienza e rispetto tutta la società: associazioni professionali, magistrati, imprese, lavoratori, consumatori, università ed aveva redatto un progetto, appunto, che voleva rendere il nostro sistema migliore, più competitivo, più moderno e più giusto. Questo Governo l'aveva fatto proprio e lo aveva ripresentato così com'era: evidentemente, perché ne condivideva l'impostazione; ma poi ha cambiato rotta e, attraverso i suoi uomini nelle Commissioni, lo ha sfigurato. Attraverso l'onorevole La Malfa ha attaccato il movimento cooperativo con la motivazione che si intendeva colpire le cooperative false. Siamo d'accordo anche noi: se vi sono cooperative false, queste debbono essere buttate fuori dal mondo della cooperazione, ma questo non ha nulla a che fare con il desiderio di frantumare il mondo cooperativo fra cooperative piccolissime e protette, ma che contano poco, un grande mondo cooperativo abbandonato a se stesso, ed altre ancora che non vengono toccate dalla legge.
La verità è che vi sono - e ce ne accorgeremo man mano in questa legislatura


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- nella Casa delle libertà, nelle casa Berlusconiana, persone a cui non interessa nulla la solidarietà, non interessa il fatto che decine, centinaia, migliaia di persone si mettano insieme senza scopo di lucro per perseguire un fine comune di mutualità. La solidarietà non è per loro. Non interessa neppure che negli ultimi anni siano affiorate migliaia di cooperative giovanili e che i giovani si siano appassionati a questo mondo, a questo tipo di iniziative; non interessa che alle cooperative siano iscritti oltre 8 milioni di italiani e che la cooperazione oggi, insieme all'associazionismo, faccia fronte ai problemi più delicati del mondo contemporaneo.
Tutto questo è tipico della generosità e dello spirito solidaristico del nostro popolo, ma a qualcuno non interessa. Vi è, in fondo, anche se non condiviso sicuramente da tutti parlamentari della maggioranza, un'idea più gretta della società, in base alla quale tutto ciò che è solidarietà e mutualità va ridotto e mortificato. Noi della Margherita ed i nostri alleati non la pensiamo così. Per noi la solidarietà è importante. Con una battaglia dura parlamentare abbiamo ridotto le conseguenze di questa legge sbagliata. Continueremo a lavorare per eliminare completamente gli errori.
Finché abbiamo discusso di questi argomenti importantissimi per gli italiani non abbiamo mai visto il Governo in Assemblea; abbiamo discusso per due giorni il documento di programmazione economico-finanziaria e non abbiamo mai visto il ministro Tremonti; abbiamo discusso per tutta la giornata di ieri la riforma del diritto societario, ma non abbiamo mai visto nessuno, tranne per qualche momento il Vicepresidente del Consiglio. Ieri sera ed oggi però c'è stata una mobilitazione di massa. Ieri sera non mancava nessuno del Governo. Perché? Perché c'erano da votare le nuove norme sul falso in bilancio, che consentiranno a Berlusconi e a qualcuno dei suoi più vicini collaboratori di far prescrivere rapidamente - anzi qualcuno sarebbe già prescritto - i reati che li riguardano. I nostri esperti hanno calcolato che i reati di cui sono imputati si prescriverebbero solo nel 2008-2009. Quindi, vi sarebbe tutto il tempo perché i processi si celebrassero per loro, come avviene per ogni cittadino italiano.
Ma l'idea di essere un cittadino come un altro non piace al nostro Presidente del Consiglio. Egli non ha la tempra di Kohl, di ministri ed ex ministri di altri paesi che, da veri uomini di Stato, hanno affrontato la giustizia alla pari di ogni cittadino (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-l'Ulivo, dei Democratici di sinistra-l'Ulivo, Misto-Comunisti italiani e Misto-Verdi-l'Ulivo). No, per lui il sistema va cambiato: non è il cittadino che affronta la giustizia, ma è la legge che deve piegare la giustizia, perché qualcuno possa uscirne indenne. Così, è stata montata una macchina tutta al servizio di questo scopo: la nuova formulazione del falso in bilancio è stata proposta dal capogruppo del partito di Berlusconi in Commissione di giustizia; il relatore del provvedimento e presidente della Commissione giustizia è il legale di Silvio Berlusconi, e così il cerchio si chiude (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-l'Ulivo, dei Democratici di sinistra-l'Ulivo, Misto-Comunisti italiani e Misto-Verdi-l'Ulivo).
La legge cambia perché un uomo ha bisogno di cambiarla per i suoi interessi. Per questo, ieri, tutti i deputati dell'opposizione hanno letto la stessa identica dichiarazione. Questa è la verità che doveva essere detta!
Qualcuno oggi dice che non è vero, che questo procedimento interesserebbe anche tanti imprenditori che si trovano nella stessa situazione: storie, bugie!
In Italia abbiamo, per nostra fortuna e per nostro merito, oltre 4 milioni e mezzo di imprenditori; quelli che hanno a che fare con reati di falso in bilancio sono pochissimi. La maggior parte è costituita da persone oneste, che costruiscono - quando ci riescono - la loro fortuna sulla propria professionalità e sulla propria capacità di rischio. Oggi, avete dato al popolo italiano o avete tentato di dare tre messaggi, uno peggiore dell'altro. Avete attaccato la solidarietà cooperativa tentando


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di romperla, avete abbassato la legalità del nostro paese, avete reso peggiore l'immagine dell'Italia nel mondo, facendola apparire come un paese che ama l'illegalità.
Non ricominci per favore l'onorevole Berlusconi a piagnucolare come fece nel 1994, dicendo che non lo lasciano lavorare. Quando la sua attuale maggioranza era opposizione in un anno presentò 37 mila emendamenti e fece tutti gli ostruzionismi possibili. Ma noi non ci scoraggiamo. Governare è duro, richiede fatica, non è come andare in televisione, dove si sparano slogan e con questo si finisce.
Lavori anche Berlusconi, proponga leggi più adeguate, tenti almeno di mantenere qualcuna delle sue promesse e, poiché siamo in argomento, si ricordi che, in modo molto serio e compunto, come gli è d'abitudine, ci assicurò - prima, durante la campagna elettorale e, poi, nei 30 giorni successivi - che avrebbe risolto i suoi conflitti di interessi. Non se ne sa più nulla! Gli acquirenti delle sue televisioni sono misteriosamente scomparsi (ma forse non erano mai esistiti); dei saggi di fama internazionale che doveva nominare non c'è più traccia (forse non erano mai esistiti neanche loro!).
La soluzione del conflitto di interessi sembra scomparsa dall'orizzonte di questo Governo; anzi vi è qualcuno che suggerisce che, in realtà, questo non è vero e che a Berlusconi va invece dato atto che è un uomo di parola, ma a rovescio! Ci aveva promesso che, da subito, come suo primo atto si sarebbe applicato al conflitto di interessi: ebbene lo ha fatto! Non per risolverlo, ma per aggravarlo clamorosamente, piegando il Parlamento, con la forza dei numeri, ad approvare una legge che non giova, in alcun modo, al popolo italiano, ma che giova soltanto agli interessi suoi e di qualcun altro dei suoi.
Questa è la ragione per cui, su questo, non lo lasceremo governare, perché abbiamo un'idea diversa di Governo l'idea che Berlusconi ha è che si governa nel proprio interesse; l'idea che l'Ulivo e la Margherita hanno è che si governa nell'interesse del popolo italiano. Per questo qui, come altrove, gli negheremo il nostro voto (Vivi applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-l'Ulivo, dei Democratici di sinistra-l'Ulivo, Misto-Comunisti italiani, Misto-Verdi-l'Ulivo, Misto-Socialisti democratici italiani e Misto-Minoranze linguistiche - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Leo. Ne ha facoltà.

MAURIZIO LEO. Posso iniziare? Mi pare che gli applausi al collega che mi ha preceduto vadano per le lunghe. (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-l'Ulivo, dei Democratici di sinistra-l'Ulivo, Misto-Comunisti italiani, Misto-Verdi-l'Ulivo, Misto-socialisti democratici italiani e Misto-Minoranze linguistiche).
Spero che torni presto la quiete.

PRESIDENTE. Onorevole Leo, cominci tranquillamente, i 34 secondi degli applausi saranno scomputati dal tempo a sua disposizione che è di 10 minuti.

MAURIZIO LEO. La ringrazio per la previsione millimetrica.
Signor Presidente, il testo normativo che ci accingiamo ad approvare consta, come voi sapete, di due parti: una prima parte di natura più sostanziale, la seconda parte, sulla quale si intratterà, in particolare, il presidente Pecorella, è quella su cui, a lungo, si è discusso ieri sera a proposito del falso in bilancio. Mi soffermerò sulla prima parte, quindi sugli aspetti sostanziali che vanno ad incidere sia sulla disciplina delle società di capitali e delle società cooperative, sia su altri aspetti tecnici rappresentati dal nuovo assetto del bilancio e dall'assetto dei gruppi.
Per quanto riguarda la disciplina delle società di capitali, va evidenziato che il provvedimento si connota per le sue caratteristiche di trasparenza e di semplificazione nella determinazione dei rapporti con i soci, con i terzi e con i creditori. Particolarmente significativa per le società per azioni è la possibilità di creare, in aggiunta all'organo classico di amministrazione


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(il consiglio di amministrazione), altri due organismi a latere quali il comitato di sorveglianza il comitato esecutivo. Quest'ultimo si inserisce nell'ambito del consiglio di amministrazione, al fine, soprattutto, di tutelare i soci di minoranza. Dunque, l'assetto della nuova società per azioni è all'avanguardia e coincide con i modelli previsti in altri paesi dell'Unione europea.
In particolare, va sottolineato che la nuova disciplina non fa venire meno il controllo legale sui conti. Un punto particolarmente saliente - già affrontato ieri e che è stato oggetto di un emendamento approvato - è stato quello di garantire che le nuove articolazioni societarie abbiano un controllo puntuale ed efficace sulla corretta gestione aziendale. Tale controllo si realizza affidando a professionisti abilitati e capaci la possibilità di sindacare su quale sia la corretta gestione aziendale. A tale proposito, opportunamente, ieri, il Parlamento, quasi all'unanimità, ha approvato un emendamento, di iniziativa del gruppo di Alleanza nazionale, con cui si è stabilito, a chiare lettere, che i componenti del collegio sindacale potranno continuare a svolgere la loro funzione di controllo dei conti anche qualora verranno istituite queste nuove figure amministrative che si porranno a fianco del tipico consiglio di amministrazione.
Va salutata quindi con favore questa apertura compiuta nei confronti dei nuovi modelli europei salvaguardando, al tempo stesso, quel rigore nei conti che, proprio in congiunzione con l'apertura e la semplificazione che si è avuta sul versante penalistico, dà maggiore rilevanza, correttezza e concretezza a tutti i rapporti societari.
Un'altra questione saliente trattata in questo provvedimento, sulla quale molto si è discusso, riguarda il comparto cooperativistico. Ebbene, per quanto riguarda questo settore è stata sicuramente proficua l'azione svolta dalla maggioranza, diretta in particolar modo ad esaltare e garantire le cooperative vere, quelle cioè che perseguono fini di mutualità così come disciplinato dalla Carta costituzionale. Ieri qualcuno ha evocato le problematiche che potrebbero sorgere per quanto attiene le cooperative agricole: non mi sembra che, dall'attuale assetto normativo, si possa giungere alla conclusione che le cooperative agricole vengano ad essere penalizzate. Basta infatti ricordare come queste abbiano una loro tutela sul piano costituzionale che si riverbera anche sugli aspetti fiscali. Non dimentichiamo che il decreto in materia di agevolazioni, il decreto n. 601 del 1973, stabilisce specificatamente che nel dettaglio le cooperative agricole non sono soggetti di imposta in modo autonomo, atteso che colui che aderisce ad una cooperativa agricola è un imprenditore agricolo che apporta il suo terreno e che già paga le imposte sul reddito agrario o fondiario.
Tutto ciò che si è fatto, è stato sviluppato con l'intento di salvaguardare le cooperative che perseguono il fine mutualistico: mi riferisco alle cooperative agricole, alle cooperative di lavoro, di produzione e via dicendo. Sul versante delle cooperative che hanno connotati diversi, perché sono assimilabili, sia negli aspetti sia nell'organizzazione sia per quanto attiene alle problematiche gestionali, a società di capitali, è allora giusto, per non distorcere la concorrenza e per non creare devianze nel sistema produttivo, fare in modo che queste vadano gradualmente ad inserirsi nell'alveo della loro sede naturale, cioè quella propria delle società di capitali. In questo senso, particolarmente significativa è la disposizione della lettera g) dell'articolo 5, dove si consente alle società cooperative di trasformarsi prevedendo, laddove avvenga tale trasformazione, che la nuova società lucrativa che ne risulterà - che fruisce di meccanismi di semplificazione nella trasformazione stessa - possa fare affidamento solo sul capitale sociale, eventualmente rivalutato, e sui dividendi non distribuiti (come ieri è stato opportunamente detto). Il testo originario del provvedimento parlava di dividendi maturati; ieri, con un lavoro molto attento, si è invece fatto riferimento ai dividendi non distribuiti.
Per le cooperative stiamo quindi assicurando una nuova disciplina, una nuova


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conformazione del patrimonio aziendale, centrato e consolidato solo sull'aspetto capitale, mentre le riserve e tutto ciò che si è formato nel corso del tempo, e che è stato escluso dalla tassazione - mi riferisco alle riserve indivisibili - viene trasferito al fondo generale di mutualità. L'assetto che va a delinearsi per le cooperative è sicuramente organico e sistematico, come richiesto anche da una particolare associazione del mondo cooperativistico, la Confcooperative, che su tali aspetti aveva posto particolare attenzione.
Nei suoi assetti generali non possiamo che condividere ciò che è stato fatto; al tempo stesso, si farà in modo di seguire nei decreti legislativi la puntuale attuazione dei precetti e dei contenuti della delega e si verificherà che, nel contesto dei contenuti, non si travalichino i principi e i criteri direttivi posti nella disposizione dell'articolo 5.
Infine, vorrei ricordare che un particolare segnale viene dato anche per la ricostruzione della disciplina dei bilanci in modo che, poi, in logica connessione, il presidente Pecorella potrà trattare specificamente la problematica del falso in bilancio, anche nella redazione dei bilanci aziendali. Qui vi è la liaison tra l'assetto sostanziale e quello penalistico: nei bilanci aziendali vi deve essere molta più trasparenza e tale obiettivo viene assicurato dalla disposizione di cui all'articolo 6, in cui si afferma che anche le interferenze di ordine fiscale devono essere depurate dai bilanci. Questa costruzione è nel segno di rendere i conti annuali molto più trasparenti al fine di evitare che negli stessi possa configurarsi l'ipotesi di una mancata chiarezza relativamente alle imprese.
Signor Presidente, il giudizio che il gruppo di Alleanza nazionale può esprimere, con riferimento al provvedimento in esame, è più che positivo. Esso risponde alle esigenze - da più parti rappresentate - di correttezza nei rapporti, di trasparenza dei conti e di chiarezza in tutto ciò che si è chiesto da parte delle imprese, della società civile e di tutti gli addetti ai lavori. Come ho potuto riscontrare, abbiamo commentato il provvedimento solo dal punto di vista tecnico. Ciò che, quindi, chiederemo all'opposizione è di fornirci risposte, segnali e chiarimenti dal punto di vista tecnico e non sicuramente propagandistico (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza nazionale e di Forza Italia - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Violante. Ne ha facoltà.

LUCIANO VIOLANTE. Signor Presidente, signori ministri, onorevoli colleghi il centrodestra governa da meno di cento giorni (credo siano circa ottanta), però sta emergendo un'idea preoccupante della società italiana. Credo che di tale idea preoccupante - che mi sforzerò di accennare - sia frutto anche il progetto di legge di cui adesso stiamo discutendo.
Parlo di idea preoccupante perché ritengo che la lettura della società italiana data dal centrodestra sia del tutto sbagliata.

PIETRO ARMANI. La vostra è sbagliata!

LUCIANO VIOLANTE. L'altro giorno il Presidente del Consiglio Berlusconi, facendo riferimento al movimento di critica alla globalizzazione, ha detto: «tornano i comunisti», dimenticando il cardinale Tettamanzi, dimenticando tutto il mondo cattolico e dimenticando il mondo non schierato politicamente ed il pluralismo della società italiana.
Quando una classe di governo dimentica le caratteristiche di fondo della società in cui governa, credo si crei una pericolosa divaricazione fra società e istituzioni.
Quando un ministro - mi riferisco al ministro delle comunicazioni - afferma che tutto il problema di Genova è accertare se le manganellate siano state tre o quattro, rivela una concezione fascista del modo in cui si esercita il potere...

FRANCO CARDIELLO. Non è vero!

GENNARO MALGIERI. Sei una delusione!


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LUCIANO VIOLANTE. Sì, perché il manganello è il simbolo del fascismo, caro collega, c'è poco da fare (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo).

MARIO LANDOLFI. Il manganello pure a Napoli è stato usato!

LUCIANO VIOLANTE. Quando il ministro delle comunicazioni - che dovrebbe occuparsi di altro - rispolvera il manganello per lacerare il rapporto tra istituzioni e società, significa che ha in mente una concezione autoritaria e non democratica del rapporto tra società e istituzioni, quella che voi avete tradotto in questo provvedimento (Commenti del deputato Paolone - Una voce dai banchi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo: «Stai zitto!»). Il fatto che lei reagisca è la riprova di ciò. Ma non è solo questo. Vorrei dire, colleghi...

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, calma e sangue freddo, per cortesia. È inutile surriscaldare il dibattito più di quanto lo sia stato già nella giornata di ieri. Oggi i lavori sono andati avanti bene, quindi, per cortesia, lasciate che l'onorevole Violante prosegua il suo intervento dopodiché parlerà l'ultimo rappresentante dei gruppi.

LUCIANO VIOLANTE. Colleghi, questa è una preoccupazione più per noi che per voi (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza nazionale)...

PRESIDENTE. Onorevole Violante, la prego di andare avanti, se possibile, senza dialogare con i colleghi. Per cortesia, onorevoli colleghi...

LUCIANO VIOLANTE. No, signor Presidente, alla Camera c'è il diritto di interruzione, è un diritto dei colleghi. Naturalmente vi è anche il diritto di replica.
Ho l'impressione che voi siate una vecchia destra premoderna. Non avete nessuno dei caratteri di modernità della destra di Chirac, ad esempio, o, per altri aspetti, della destra di Kohl. Vi legate al protezionismo di alcuni ceti, alle vendette ideologiche e pratiche ed alle bugie all'opinione pubblica.
Per quanto riguarda il protezionismo dei ceti, siete passati dall'ideologia alla prassi. Il vostro concetto di società per azioni e il vostro concetto di società a responsabilità limitata sono vecchi modelli, chiusi, non aperti e non competitivi, che non assicurano trasparenza e competitività al sistema societario italiano sul piano internazionale. Le vostre proposte sul falso in bilancio fanno riferimento ad un altro aspetto del protezionismo, quello pratico, non più quello ideologico. Mi pare sia evidente - lo ha detto Pinza, lo sappiamo tutti - che quel tipo di norme hanno due elementi di gravissima discriminazione: la distinzione tra società quotate in borsa e società non quotate in borsa, come se le società non quotate fossero meno importanti di quelle quotate. Sappiamo che non è così. Impossessandosi di una piccola quota di capitale azionario di società non quotate si può ottenere il pieno controllo di grandissime società quotate: è quello che è accaduto con la recente operazione Telecom. Vi è un'importante società italiana non quotata in borsa, che fa capo al Presidente del Consiglio, che si avvarrà di questo tipo di disciplina, che qui è stata predisposta dal suo difensore.
Veniamo alle bugie. Oggi, finalmente, il Fondo monetario internazionale ci dice che il buco di bilancio non esiste. Non esiste, colleghi (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo, della Margherita, DL-l'Ulivo, Misto-Comunisti italiani, Misto-Verdi-l'Ulivo e Misto-Socialisti democratici italiani)! Avete detto un'altra bugia! Avete usato la televisione pubblica per una vendetta contro il Governo di centrosinistra, prendendo in giro l'opinione pubblica italiana ed internazionale. Dall'opinione pubblica internazionale è venuta una smentita, dalle istituzioni internazionali è venuta una smentita che danneggia non voi, ma il paese, l'Italia, la credibilità del paese (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-


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l'Ulivo, della Margherita, DL-l'Ulivo, Misto-Comunisti italiani, Misto-Verdi-l'Ulivo e Misto-Socialisti democratici italiani).
Avete detto che avreste risolto il problema del conflitto di interessi: non è vero. È l'opinione pubblica internazionale che continua a premere su questo, perché non è un problema privato del Presidente del Consiglio né un problema politico della sola maggioranza: è un problema del paese. Vi prego di considerare che una classe dirigente, una classe di Governo, deve guardare ai problemi del paese. I problemi suoi non sono soltanto suoi. Non avete fatto nulla su questo piano.
Per quanto riguarda le vendette ideologiche, che poi sono anche quelle pratiche: Commissione Mitrokhin al Senato, ritenendo di scoprire non so che cosa; Commissione Telekom-Serbia qui alla Camera.
Vi è, poi, la vendetta pratica contro le cooperative. Ho ascoltato con attenzione l'intervento della collega leghista: forse non sa che cosa abbiamo rappresentato nella democrazia, non economica, ma politica italiana le cooperative (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo, della Margherita, DL-l'Ulivo, Misto-Comunisti italiani e Misto-Verdi-l'Ulivo).

FRANCO CARDIELLO. Le cooperative rosse!

LUCIANO VIOLANTE. Non mi riferisco alla storia del movimento cooperativo, ma a quelle centinaia di operai cacciati dalle fabbriche, perché appartenenti a partiti dell'opposizione, che hanno potuto vivere perché si sono costituiti in cooperative. Così hanno costruito una grande potenza italiana (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo, della Margherita, DL-l'Ulivo, Misto-Comunisti italiani, Misto-Verdi-l'Ulivo, Misto-Socialisti democratici italiani e Misto-Minoranze linguistiche). Questo voi lo ignorate! Questa è una ricchezza politica, economica e sociale del nostro paese.
Voi per una vendetta politica, perché di una vendetta politica si tratta, avete colpito prevalentemente un tipo di cooperative. Avete escluso quelle bancarie, avete escluso i consorzi agrari, avete colpito le altre, perché volevate colpire un pezzo dell'economia italiana vicino alla sinistra italiana (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo, della Margherita, DL-l'Ulivo, Misto-Comunisti italiani, Misto-Verdi-l'Ulivo, Misto-Socialisti democratici italiani, Misto-Minoranze linguistiche). Questa è la vendetta (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza nazionale - Proteste dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo, della Margherita, DL-l'Ulivo e Misto-Comunisti italiani)!
Vedete, c'è un punto di fondo. Voi siete legati alla logica del profitto, che non è sbagliata. Però, non potete pensare che non esista la logica della solidarietà in un paese civile. Possono esistere e competere varie logiche (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo, della Margherita, DL-l'Ulivo, Misto-Comunisti italiani, Misto-Verdi-l'Ulivo, Misto-Socialisti democratici italiani e Misto-Minoranze linguistiche).
Quando parlo di orientamento autoritario, faccio riferimento a questa idea di imporre un modello unico sulla società italiana, di opprimere la società italiana con un modello unico. Questo è sbagliato, perché la società italiana è ricca, è socialmente ricca, intellettualmente ricca, è pluralista. Non è quel monolite clientelare che voi vorreste creare! Non è questo, è un'altra cosa! Se voi volete imporre un solo modello di economia e di mercato, vi sbagliate di grosso, perché saranno il mercato e la società italiana a dirvi di no.
Ieri, colleghi, c'è stata una protesta che ha avuto aspetti spettacolari: alcuni l'hanno gradita, altri no, ma non è questa la questione.
Vorrei che le parti più avvertite di questa Camera cogliessero un problema relativo alla comunicazione: quella parte possiede, controlla e comunica attraverso la metà dei mezzi di comunicazione italiana.
È deprimente che l'altra metà debba informare soltanto su un fatto spettacolare,


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mentre ieri ci sono stati in quest'aula grandi interventi di merito - ce ne sono stati anche da parte della maggioranza e mi riferisco agli interventi dei colleghi Pecorella e La Malfa, ma preferisco gli interventi dei colleghi Agostini, Benvenuto e Finocchiaro - e di tutto ciò sui mezzi di informazione non è apparsa una riga. Non c'è una riga sulle cose serie: compare una riga su una protesta, spettacolare ma pur sempre una protesta. E l'altra metà dei mezzi di informazione ha informato sul resto.
Allora, il problema del possesso di metà dei mezzi di informazione da parte del capo della maggioranza è un grande problema democratico che si conferma ogni giorno di più (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo, della Margherita, DL-l'Ulivo, Misto-Comunisti italiani, Misto-Verdi-l'Ulivo, Misto-Socialisti democratici italiani e Misto-Minoranze linguistiche).
È questo monopolio dei mezzi di informazione che comporta la necessità di una protesta spettacolare che passi attraverso essi e comunichi un punto di fondo.
Onorevoli colleghi, ieri abbiamo posto un problema che non è provocatorio, cioè quello della rinuncia alla prescrizione da parte del Presidente del Consiglio dei ministri: correttamente, credo, il Presidente della Camera ha ritenuto non ammissibile quell'ordine del giorno.
Tuttavia, noi Democratici di sinistra-l'Ulivo, i colleghi della Margherita, DL-l'Ulivo e quelli dell'Ulivo abbiamo voluto e intendiamo porre non un problema che riguarda la persona del Presidente del Consiglio dei ministri, ma gli italiani che ci stanno ascoltando in questo momento: mi domando se si ritenga giusto che una maggioranza approvi una legge che aiuta ad uscire dai guai giudiziari il proprio capo, il Presidente del Consiglio dei ministri, con il sussidio dei suoi legali e se esista la possibilità - perché esiste nel nostro ordinamento - di rinunciare alla prescrizione.
Credo che il modo limpido e coerente - anche per poter firmare i decreti delegati senza incorrere perlomeno in una ineleganza, per non parlare di conflitto o di congiungimento di interessi - sarebbe quello di rinunciare alla prescrizione. Affermo tutto ciò come questione politica che riguarda l'Italia, perché in nessun paese civile è mai accaduto che un Presidente del Consiglio dei ministri si sia potuto avvalere personalmente di una legge approvata dalla propria maggioranza (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo, della Margherita, DL-l'Ulivo, Misto-Comunisti italiani e Misto-Socialisti democratici italiani).
Non credo che questo risponda né alla volontà né agli interessi del Presidente del Consiglio dei ministri, perché ricordiamoci che molto spesso sono i caporali che rovinano i generali (Applausi dei deputati del gruppo Democratici di sinistra-l'Ulivo).
Infine, onorevole Pecorella, ieri è avvenuto uno scontro tra lei e questa parte dell'aula: non potrà non riconoscere che ha usato espressioni sbagliate e, ad un certo punto, ha affermato che la pazienza viene meno: questo è uno sfogo umano, ma politicamente è molto sbagliato, perché bisogna esercitarsi nell'arte della maggioranza. Infatti, non si possono usare i metodi dell'opposizione quando si è maggioranza, altrimenti diviene arroganza e bisogna stare attenti perché quest'ultima autoferisce.

PRESIDENTE. Onorevole Violante ...

LUCIANO VIOLANTE. Concludo Presidente, onorevole Pecorella, quando lei ha citato il caso del sistema liberale che non aveva il falso in bilancio, ha dimenticato di dire anche un'altra cosa, cioè che il sistema liberale non contemplava neanche il reato di usura, che fu introdotto successivamente: vogliamo cancellare anche il reato di usura per favorire meglio gli speculatori (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo e Misto-Comunisti italiani)? Allora, era un'altra concezione dell'economia.
Infine, signor Presidente, onorevoli colleghi, sussiste una questione: voi state lacerando la società italiana, l'avete lacerata


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su Genova, lo avete fatto con queste norme di autotutela, con le vendette contro il sistema cooperativo e state introducendo germi pericolosi.
Vi prego di riflettere su questi aspetti e credo ci possa essere una ripresa, un elemento di rinsavimento: diventare, da classe di governo - come diceva ieri Anna Finocchiaro - a classe dirigente.
Vi assicuro che noi ci incarichiamo del problema della ricucitura sociale, di ricomporre le fratture sociali ed istituzionali che voi state operando, giorno per giorno, nel paese. Forti dei 16 milioni 400 mila voti che ha avuto l'Ulivo e di questa forte presenza nel paese, saremo noi a difendere i valori di fondo della civiltà e della democrazia italiana contro la vostra arroganza (Vivi Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo, della Margherita, DL-l'Ulivo, Misto-Comunisti italiani, Misto-Verdi-l'Ulivo e Misto-Socialisti democratici italiani - Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pecorella. Ne ha facoltà.

GAETANO PECORELLA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, su un punto non posso non essere d'accordo con l'onorevole Violante ed è quello relativo alla volontà, che tutti abbiamo, di non voler lacerare la società italiana.
Ma quando si fa appello alla piazza, così com'è stato fatto dallo stesso onorevole Violante, o quando si aggrediscono (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza nazionale e della Lega nord Padania) a livello personale, a livello individuale, i contraddittori, credo che ciò significhi seminare odio, che dà sempre cattivi frutti (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza nazionale e della Lega nord Padania).
Ritengo ci vorrebbe troppo tempo per rispondere a tutti i punti sui quali l'opposizione non ha detto la verità in ordine a questa legge. Lo dirò in breve.
Il primo rilievo è quello di aver attribuito al Governo la volontà di legiferare su un tema che poteva riguardare indirettamente il Presidente del Consiglio (Commenti dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo, della Margherita, DL-l'Ulivo e misto-Comunisti italiani). Signor Presidente, la prego di evitare che mi si lancino insulti, perché ho già detto ieri qualcosa che mi dispiace di avere detto.

PRESIDENTE. Onorevole Pecorella...

GAETANO PECORELLA. Non accetto insulti (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza nazionale e della Lega nord Padania - Commenti dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo e Misto-Comunisti italiani).

PRESIDENTE. Onorevole Pecorella, io garantisco...

GAETANO PECORELLA. E io interrompo il mio discorso...

PRESIDENTE. Onorevole Pecorella, io garantisco...

GAETANO PECORELLA. Chi dice «fariseo» deve uscire da quest'aula!

PRESIDENTE. Onorevole Pecorella, io in quest'aula garantisco il diritto di tutti...

GAETANO PECORELLA. Ma non di chi dice «fariseo»!

PRESIDENTE. Non ho sentito insulti, se li avessi sentiti, non avrei avuto bisogno delle sue sollecitazioni per intervenire, come di quelle di nessun altro (Vivi applausi dei deputati dei Democratici di sinistra-l'Ulivo, Misto-Comunisti italiani, Misto-Verdi-L'Ulivo, Misto-Socialisti democratici italiani e Misto-Minoranze linguistiche).

GAETANO PECORELLA. Stavo dicendo che questo disegno di legge si trova oggi in votazione su iniziativa dell'opposizione, che intendeva demandare al Governo il


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compito di riformare il diritto societario. Dunque, le lamentazioni di oggi sono assolutamente fuori luogo e false.
Un secondo punto riguarda la rispondenza di questo disegno di legge agli impegni assunti davanti al paese da parte della maggioranza. Il quinto punto del programma della Casa delle libertà prevedeva la punibilità del falso in bilancio unicamente nell'ipotesi in cui questo avesse provocato un danno a soci o a creditori. Dunque, è un impegno che il paese ha condiviso nel momento in cui ha dato a questa maggioranza il compito di governare.
Un terzo punto su cui vi è stata una manifesta falsità di alcuni interventi attiene al problema delle prescrizioni. Questo disegno di legge si basa sul principio per cui, se un fatto non provoca danno, non può essere punito e, siccome i processi cui tanto spesso si fa riferimento sono processi in relazione ai quali nessuno ha avanzato una richiesta di danno, siamo completamente al di fuori (Commenti dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo e della Margherita, DL-l'Ulivo) delle ipotesi che stanno ricordando, in questo momento, gli interventi dell'opposizione.
Ancora, vorrei riferirmi alla falsa informazione, secondo la quale questa fattispecie non prevederebbe la tutela della trasparenza delle società: anche questa è un'altra delle falsità. Infatti, le fattispecie che abbiamo previsto contemplano diverse ipotesi, a seconda della gravità del reato, partendo dalla punizione per la violazione della semplice veridicità sino ad arrivare alla punizione dell'ipotesi in cui si procuri un danno da parte delle società quotate in borsa. Dunque, è un'altra falsità su un punto molto chiaro per chi abbia letto, anche una sola volta, il testo del provvedimento.
Credo che su tre aspetti si debba informare in modo corretto. Il primo è il seguente: la corrispondenza di questo testo alla legislazione europea ed a quella mondiale e la sua corrispondenza alla concezione liberale dell'intervento punitivo. È sufficiente ricordare che nei paesi a noi simili, come la Spagna e la Germania, la pena per il falso in bilancio non supera i tre anni; è sufficiente ricordare che negli Stati Uniti la pena per il falso in bilancio non supera l'anno; è sufficiente ricordare che nella legislazione spagnola, la più recente in Europa, il falso in bilancio è perseguito solo su iniziativa della parte danneggiata. Dunque, quando si vuole affermare che con questa legge l'Italia esce dall'Europa, si dice un'altra cosa completamente falsa.
Ma io vorrei che si tenesse presente, soprattutto da parte dell'opposizione, da parte di coloro che con intelligenza hanno seguito lo sviluppo di questo provvedimento, che il testo da noi presentato è il figlio della commissione Mirone. E spiego perché (Commenti dei deputati dei gruppi dei Democratici di Sinistra-l'Ulivo e della Margherita, DL-l'Ulivo - Una voce dai banchi del gruppo dei Democratici di Sinistra-l'Ulivo: «L'avete cambiato tutto!»). La commissione Mirone teneva conto fondamentalmente di due principi il primo è il principio di offensività che, peraltro, il ministro Fassino sposò a tal punto da dire, in Commissione giustizia, che, se il falso in bilancio non provoca danno ad alcuno, non deve essere punito; la stessa onorevole Finocchiaro nel suo intervento ha ribadito il concetto che un fatto che non provoca danno ad alcuno non deve essere punito. Ebbene, noi abbiamo applicato questo principio graduando le sanzioni a seconda dell'entità delle lesioni provocate.
Il secondo principio è quello della deflazione, e cioè del ridurre l'intervento penale al minimo. Sotto questo profilo, la relazione Mirone invitava il futuro legislatore a contenere le fattispecie penali sostituendo alle sanzioni penali sanzioni alternative, che la stessa onorevole Finocchiaro, in più di un intervento, ha ritenuto assai più efficaci che non le sanzioni penali.
Credo che abbiamo dato attuazione a questi due fondamentali principi attraverso una serie di correzioni e di interventi, anzitutto graduando e differenziando le pene a seconda delle entità delle lesioni che sono state prodotte eventualmente


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nei reati societari; abbiamo applicato questi principi, attraverso la limitazione dell'intervento penale, solo laddove si sia in presenza della lesione di una qualche rilevanza, proprio perché questo è un principio generale ormai di tutti gli ordinamenti giuridici. Infine, abbiamo prospettato soluzioni alternative alla sanzione penale, come le sanzioni amministrative o il risarcimento del danno.
Vi è ancora un aspetto che credo meriti un chiarimento ed è quello più volte richiamato ed anche ripetuto attraverso la lettura uniforme di molti interventi: il problema della prescrizione dei reati societari. Ebbene, credo si debba sapere che nell'ipotesi, per esempio, di falso in bilancio e di altri reati societari nei quali non vi sia danno - dunque la tutela è del fatto puramente formale -, la prescrizione comporta quattro anni e mezzo di tempo nei quali i magistrati possono compiere il loro lavoro. Mi riferisco alle ipotesi minori e senza lesività.
Nelle altre ipotesi, comporta una prescrizione di 7 anni e mezzo. Peraltro, la situazione attuale non è poi molto diversa, perché attraverso le circostanze generiche abitualmente si prescrive in 7 anni e mezzo. A questo punto, vi pongo e mi pongo due domande. È ammissibile che l'amministratore di una società resti in attesa di un giudizio per 15 anni e che la società in questo periodo sia in una situazione di incertezza? È ammissibile che si possa applicare una sanzione interdittiva che esclude l'amministratore dall'esercizio della sua funzione per 5 anni? Ebbene, io credo che la risposta debba essere «no», se vogliamo avere una economia che si possa muovere nella certezza.

PRESIDENTE. La prego di concludere

GAETANO PECORELLA. Concludo, signor Presidente. Noi abbiamo introdotto le sanzioni per le società che comportano la possibilità di pagare sino a un miliardo e 500 milioni per gli illeciti dei propri amministratori, cioè per i reati societari. Io chiedo, lo chiedo all'imprenditore, al commerciante, a chi è abituato a dover dirigere un'impresa: è possibile che una società resti in attesa per 15 anni per sapere se dovrà pagare un miliardo e 500 milioni di sanzione, ragion per cui tale società sarà esposta al rischio di non avere più credibilità e fiducia? La risposta può essere soltanto «no». Noi abbiamo fatto questo provvedimento nel pieno interesse dell'economia italiana, e chi vuol capire lo capisce (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza nazionale e della Lega nord Padania).

PRESIDENTE. Ringrazio l'onorevole Benedetti Valentini, che ha depositato la sua dichiarazione di voto sull'articolo 11, di cui autorizzo la pubblicazione in calce al resoconto stenografico della seduta odierna.
Sono così esaurite le dichiarazioni sul complesso del provvedimento.

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