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sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Salerno, dottoressa Mariella De Masellis. Quest'ultima, infatti, dopo aver notificato, in data 11 novembre 1999, al dottor Di Salvo un invito a presentarsi, ex articolo 375 codice procedura penale, e poi, il 25 febbraio 2000, un avviso, ex articolo 415-bis codice procedura penale, dopo aver acquisito al fascicolo processuale nuovi atti - sembrerebbe con inspiegabile esclusione di quelli a favore dell'indagato - e dopo aver, infine, reiterato, il 27 aprile 2001, l'avviso ex articolo 415-bis codice procedura penale, senza peraltro procedere all'interrogatorio, sollecitato dallo stesso dottor Di Salvo il 17 giugno 2001 avanzava richiesta di archiviazione;
di tali diritti sarebbe stato ancora più difficoltoso per un cittadino qualunque;
sui principali quotidiani campani, in data 10 giugno 2001, venivano pubblicati vari articoli con i quali veniva dato ampio rilievo alla «strabiliante» vicenda di cui è stato vittima il giudice Angelo Di Salvo, in servizio presso l'ottava sezione penale del Tribunale di Napoli;
più specificamente, il dottor Di Salvo in relazione ad indagini nei suoi confronti per il reato di calunnia, che sarebbe stato consumato agli inizi degli anni novanta, era stato prosciolto con sentenza di non luogo a procedere (NLP) emessa il 24 febbraio 1993 dal Gip presso il tribunale di Salerno;
tale procedimento sarebbe stato riaperto - si assume senza che ne sussistessero i presupposti - nel 1997 e si sarebbe protratto per circa quattro anni, nel corso dei quali non sarebbe stato compiuto né delegato alla Pg alcun atto di indagine;
le vicissitudini del dottor Di Salvo sembravano dovessero avere fine dopo una serie di contraddittori comportamenti del
il dottor Di Salvo avrebbe appreso tale notizia dalla segretaria della dottoressa De Masellis, la quale avrebbe impartito anche l'ordine tassativo di non rilasciare copia della richiesta di archiviazione;
in pari data, il dottor Di Salvo costituiva in mora, ex articolo 3 della legge 13 aprile 1988, n. 317 e ex articolo 328 codice penale, primo comma, la procura della Repubblica di Salerno nelle persone del procuratore capo, dottor Luigi Apicella, e della stessa dottoressa De Masellis, diffidando entrambi a revocare l'illegittimo ordine di non rilasciare copia della richiesta di archiviazione;
in data 8 giugno 2001, veniva revocata l'illegittima disposizione, ma, nel contempo, veniva negato il rilascio della copia richiesta dal difensore del dottor Di Salvo, avvocato Giella, in quanto la delega allo stesso difensore era stata trasmessa via fax e ciò nonostante la stessa dottoressa De Masellis avesse ritenuto pienamente valida la già citata messa in mora, trasmessa col medesimo telefax, qualche giorno prima, dal dottor Di Salvo;
il 9 giugno 2001, il dottor Di Salvo si recava negli uffici della Procura della Repubblica di Salerno per ritirare la richiesta di archiviazione e per consultare il fascicolo processuale, e ciò nel pieno esercizio dei diritti della difesa;
la funzionaria di turno, la dottoressa Marseglia, riferiva che la dottoressa De Masellis le «aveva ordinato» di non far prendere visione del fascicolo al dottor Di Salvo e di limitarsi a consegnargli la copia della richiesta di archiviazione;
a nulla valevano le proteste del dottor Di Salvo, estese anche al pm di turno, dottoressa Chiara Minerva, che si sarebbe anche adoperata presso la dottoressa De Masellis per farle revocare la illegittima disposizione, purtroppo senza alcun risultato;
a questo punto il dottor Di Salvo riteneva opportuno, per rendere effettivo l'esercizio di un suo sacrosanto diritto, far intervenire una pattuglia del 113;
finalmente, dopo nuovi contatti telefonici avuti dal riferito pm di turno la dottoressa De Masellis revocava l'assurdo ordine, consentendo al dottor Di Salvo di avere accesso al fascicolo -:
a giudizio dell'interrogante, qualora i fatti esposti rispondano al vero, e senza voler assolutamente interferire nell'autonomia del potere giudiziario che va sempre tutelata con fermezza:
non appare «normale», anche se purtroppo accade di sovente con palese violazione dell'articolo 111 della Costituzione, che le indagini preliminari si prolunghino per ben quattro anni - per di più a carico di un magistrato - senza che sia compiuto in tale lungo periodo di tempo alcuna attività investigativa;
appare inoltre inammissibile il comportamento di un magistrato che, in spregio alle norme del codice di rito, neghi l'esistenza di un sacrosanto diritto, riconosciuto alla difesa, e sia costretto poi a farlo esercitare mercè l'intervento della polizia giudiziaria, alla cui direzione dovrebbe essere preposto;
tutto ciò risulta inquietante, soprattutto se si considera che l'esercizio dei diritti della difesa è stato reso possibile, nel caso di specie, solo per la tenacia e la preparazione dell'indagato e che l'esercizio
se non ritenga necessario assumere iniziative adeguate, disponendo anche, se del caso, un'ispezione mirata, presso la Procura di Salerno, che faccia luce sulle vicende esposte.
(3-00016)