Resoconto stenografico
AUDIZIONE
La seduta comincia alle 14.45.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del dottor Romano Marabelli, direttore generale della sanità pubblica veterinaria, degli alimenti e della nutrizione del Ministero della salute, accompagnato dal professor Vincenzo Caporale e dalla dottoressa Donatella Nannini, e del dottor Giuseppe Ambrosio, capo dipartimento della qualità dei prodotti agroalimentari e dei servizi del Ministero delle politiche agricole e forestali e commissario straordinario per l'emergenza BSE e Blue Tongue, sull'emergenza derivante dal morbo della Blue Tongue.
ROMANO MARABELLI, Direttore generale della sanità pubblica veterinaria, degli alimenti e della nutrizione del Ministero della salute. Desidero ringraziare il presidente e la Commissione per avermi invitato e per aver deciso di affrontare questo rilevante argomento, che può avere un peso significativo sull'attività delle nostre amministrazioni nonché sui rapporti dell'Italia con il resto d'Europa.
delle valutazioni dell'Unione europea e del Consiglio superiore della sanità, e si è individuata nella vaccinazione la soluzione da privilegiare, al fine di impedire la propagazione della malattia in territori indenni, evitando, allo stesso tempo, la morte degli animali, in particolare delle pecore che, a causa dell'infezione, spesso muoiono in tempi anche molto rapidi.
impedimento che, a questo punto, deve essere risolto non tanto in termini sanitari (nel senso che noi difficilmente potremo consentire uno spostamento di tali allevamenti), quanto attraverso forme di sostegno agli allevatori, che risultano penalizzati da questa situazione.
GIUSEPPE AMBROSIO, Capo dipartimento della qualità dei prodotti agroalimentari e dei servizi del Ministero delle politiche agricole e forestali e Commissario straordinario per l'emergenza BSE e «Blue Tongue». La ringrazio, signor presidente, per l'invito che ci è stato rivolto. Come ha già sottolineato il collega Marabelli, vi è stata un'attività coordinata tra le amministrazioni interessate; condivido quindi tutte le valutazioni esposte dal collega Marabelli sia sotto il profilo della polizia veterinaria, sia dal punto di vista sanitario.
Commissione europea ha considerato compatibili con il regime comunitario aiuti concessi da altri Stati: cito, per tutti, la Grecia ed il Portogallo. Nella citata nota si ritiene, inoltre, che la diffusione della Blue Tongue e la crisi del settore delle carni bovine rappresentino conseguenze che avremmo dovuto prevedere, derivanti dalla mancata applicazione della parte, per così dire, italiana delle disposizioni in materia di sicurezza.
zootecnico nazionale delle regioni non colpite e, quindi, anche del resto della Unione europea.
PRESIDENTE. Ringrazio il dottor Marabelli e il dottor Ambrosio per la loro esposizione.
CLAUDIO FRANCI. Anch'io ringrazio gli ospiti per le informazioni forniteci. Vorrei, altresì, svolgere alcune considerazioni al fine di un approfondimento ulteriore del problema in esame.
ampliamento della dimensione del fenomeno ed il rischio della sua permanenza nei paesi mediterranei.
PRESIDENTE. Do la parola ai nostri ospiti per le risposte.
ROMANO MARABELLI, Direttore generale della sanità pubblica veterinaria, degli alimenti e della nutrizione del Ministero della salute. L'intervento dell'onorevole Franci è stato ampio ed ha toccato diversi aspetti. Cercherò di fornire delle risposte sintetiche; tra l'altro, è presente anche il professor Caporale, direttore dell'istituto di Teramo, il quale è in grado, se lo ritenete, di fornire informazioni più precise sul numero dei focolai e dei vaccini effettuati.
Se riusciremo a fare ciò, sarà possibile riequilibrare in qualche misura gli interessi delle diverse aree nazionali.
Ringrazio gli illustri ospiti per la loro presenza e do subito loro la parola.
In queste settimane ho lavorato insieme al dottor Ambrosio, commissario straordinario per l'emergenza BSE e Blue Tongue. Svolgerò una relazione sintetica sui profili sanitari della malattia, dei quali in parte darà conto lo stesso dottor Ambrosio, che affronterà principalmente le questioni di carattere generale, nel quadro di una valutazione complessiva. Consegno inoltre alla Commissione una documentazione di sintesi dell'attività svolta fino ad oggi, relativa alla diffusione della Blue Tongue in Italia, nonché all'adozione del piano straordinario, attualmente in atto, sulla transumanza nella regione Lazio.
Ad integrazione, fornirò anche un documento, aggiornato a questa mattina, riguardante le attività di vaccinazione in Sardegna, sostitutivo di una delle tabelle precedentemente fatte pervenire alla Commissione.
In ordine al profilo sanitario, ricordo che la malattia è comparsa in Italia a partire dalla regione Sardegna, sul finire dell'estate 2000. Posso sinteticamente riassumere le nostre attività e quelle delle regioni in tre fasi. La prima è stata una fase di pura emergenza, che risale all'autunno dell'anno 2000, quando si sono decisi alcuni interventi, soprattutto per evitare la propagazione del morbo in Sardegna ad opera di vettori - insetti - non legati a movimentazione animale ma ad a una modificazione avvenuta, e tuttora in corso, nei paesi del Mediterraneo, particolarmente a livello climatico. Anche gli altri paesi dell'Unione europea frontalieri rispetto alla regione mediterranea, come Grecia, Spagna e Francia (in particolare la Corsica), sono stati progressivamente interessati dal fenomeno. Il primo inverno è stato trascorso a definire una strategia di intervento, in linea di massima sulla base
Questa strategia è stata definita e sostenuta per il fatto che la presenza dell'insetto vettore della Blue Tongue è purtroppo riscontrabile fin nel centro dell'Europa continentale, anche oltre i confini italiani, a differenza di quanto forse è avvenuto in passato. Quindi, vi è l'urgente necessità di impedire che gli animali portatori del virus possano essere il tramite per uno spostamento della malattia in aree ancora indenni.
La vaccinazione ha incontrato una serie di ostacoli, soprattutto tenuto conto della novità della strategia adottata e della malattia in Italia. Sono stati necessari diversi coordinamenti e anche un consenso che andasse al di là degli aspetti strettamente scientifici: tale iniziativa ha, di fatto, occupato tutto lo scorso anno.
Finalmente, tra l'autunno e l'inverno dell'anno corrente, a partire dalla regione Sardegna, si è avviata la vaccinazione di massa sia degli ovini sia dei bovini, nei quali non si manifesta la malattia pur essendone in realtà i veri portatori, in quanto la propagano in aree indenni per il tramite degli insetti vettori.
La regione Sardegna ha partecipato molto attivamente a questo programma, come dimostra la tabella distribuita. Lo stato attuale è soddisfacente, con oltre il 99 per cento dei capi vaccinati. Ciò ha consentito, almeno fino ad oggi, di non avere particolari problemi per quanto riguarda la salute degli animali in Sardegna.
Alcune regioni che sono state coinvolte a partire dall'anno scorso per diversi motivi, in particolare legati a movimentazioni per via aerea di insetti che potevano essere contaminati (mi riferisco al centro-sud dell'Italia), hanno applicato la vaccinazione in maniera abbastanza completa. In altre (è il caso del Lazio, che, peraltro, è risultata una delle ultime regioni ad essere coinvolte) si sono verificati alcuni ritardi per cui, di fatto, ad oggi la popolazione vaccinata non arriva al 50 per cento (siamo intorno al 40-45 per cento).
Tenendo conto del fatto che, per ottenere l'abbattimento della pressione virale, è necessario superare almeno l'80 per cento delle vaccinazioni, risulta chiaro che, in alcune regioni, sul piano del controllo epidemiologico la situazione deve essere ancora sostenuta e stimolata.
Nonostante questa situazione precaria, si è verificato nel Lazio un problema di movimentazione (legato anche alla siccità, che sta colpendo tale regione nelle ultime settimane), nel tentativo di consentire la movimentazione di greggi verso altre regioni, in particolare l'Abruzzo e l'Umbria, le quali, storicamente, accolgono le greggi laziali durante il periodo estivo. Entrambe le regioni, però, risultano attualmente ancora indenni. Per questo motivo, si è ritenuto opportuno effettuare la movimentazione di questi animali solo in condizioni di assoluta sicurezza, per evitare che la malattia, per il tramite degli spostamenti, potesse allargarsi ulteriormente.
Questo piano straordinario, attuato sotto il coordinamento del Ministero della salute, con l'intervento del commissario Ambrosio e del centro di referenza della Blue Tongue presso l'Istituto zooprofilattico di Teramo, è in realtà stato adottato in tempi estremamente brevi; infatti il ministero è stato coinvolto circa quindici giorni fa e, nell'arco di soli dieci giorni, è stato effettuato un monitoraggio completo che ha consentito - e sta consentendo - lo spostamento della maggior parte delle greggi interessate.
Purtroppo, però, le verifiche effettuate - e tuttora in corso - dimostrano che in alcuni comuni della regione Lazio esiste una presenza virale che, per circa 16 allevamenti, non consente lo spostamento. Quindi, rispetto ai 70-80 allevamenti che avrebbero potuto essere coinvolti nell'operazione, l'attività sanitaria ha consentito la risoluzione del problema per la maggior parte di essi ma non per i 16 allevamenti di cui ho detto, per i quali rimane un
In conclusione, va detto che noi stiamo realizzando in Italia un'operazione straordinaria ed eccezionale rispetto ad una malattia esotica (nel vero senso della parola poiché compare per la prima volta nel nostro paese), soprattutto con l'obiettivo di mantenere una zona importante nel nostro paese libera da tale malattia. Quest'ultima, per nostra fortuna, non è una zoonosi, quindi non ha influenze dirette sulla salute umana, ma colpisce gli animali. Le operazioni in corso, quindi, servono soprattutto a garantire la salvaguardia del patrimonio zootecnico nazionale, anche per quanto riguarda il livello del suo valore, cioè dal punto di vista sia economico che genetico.
Anche noi siamo molto interessati a conoscere la vostra valutazione rispetto al tentativo che si sta facendo di mantenere indenni una serie di regioni e di allevamenti che sono tra i più importanti dal punto di vista zootecnico. Se, per contro, dal punto di vista politico si dovessero decidere altre strategie, è chiaro che il Ministero della salute, ed in particolare la nostra direzione, sarà disponibile a valutare ed applicare le strategie ritenute più opportune. Bisogna tuttavia ricordare che ad ogni strategia corrisponde, dal punto di vista della posizione che l'Italia assume nei confronti di Bruxelles, una ricaduta. Per cui, a seconda della strategia adottata, le regioni italiane saranno automaticamente inserite in una certa categoria e potranno accedere o meno alle esportazioni.
Da ultimo, è evidente che i problemi nascono esclusivamente dalla movimentazione di animali vivi, mentre non ve ne sono affatto nel momento in cui nelle regioni interessate, anche in quelle infette, si addiviene alla macellazione. La carne degli animali macellati, infatti, non è esclusa dall'alimentazione umana ma viene mantenuta nella filiera. Addirittura, una volta macellate, le carni degli animali possono essere tranquillamente esportate - anche dalle regioni infette - non solo nelle regioni indenni ma anche al di fuori dell'Unione europea.
Quindi, il problema consiste soprattutto nel garantire alle regioni meridionali e alla Sardegna uno sviluppo autoctono delle proprie produzioni, così che si portino a finissaggio gli animali e si possa, di conseguenza, utilizzare nel miglior modo tale carne macellata.
La questione appare particolarmente delicata per quanto concerne i provvedimenti che possono essere assunti a livello governativo rispetto alle valutazioni della Commissione europea.
Come la Commissione ricorderà, con la legge finanziaria per il 2002 è stato approvato, tra gli altri, l'articolo 66, che prevede indennizzi a favore degli allevatori i cui capi siano stati colpiti dalla Blue Tongue. Nonostante il Governo italiano abbia fornito alla Commissione europea elementi di valutazione ampi e documentati, la procedura di esame del provvedimento non è stata ancora conclusa e la Commissione europea ha espresso forti perplessità su alcuni punti, perplessità che ovviamente non condividiamo.
La Commissione europea, infatti, in una recentissima nota del 7 giugno 2002, ritiene che l'affezione sia una epizootia ordinaria ed esclude, pertanto, di poter applicare ad essa la nozione di calamità naturale e di evento eccezionale. Noi non condividiamo siffatta valutazione in quanto, in alcune fattispecie analoghe, la
Da quanto esposto dal collega Marabelli risulta chiaramente che tutte le misure del caso sono state assunte; trattasi, peraltro, di interventi finalizzati prevalentemente alla tutela del patrimonio zootecnico delle altre regioni e, quindi, anche del resto dell'Unione europea.
Infine, l'ultimo argomento sostenuto dalla Commissione europea nella dianzi ricordata fonte, anch'esso non condivisibile, è che la fluttuazione dei prezzi delle carni bovine sarebbe un fenomeno ciclico conseguente, tra l'altro, ad un'errata pianificazione, da parte degli operatori italiani, dell'offerta rispetto alla domanda.
Il Governo italiano ha già fornito le risposte alle valutazioni della Commissione europea; confidiamo pertanto che, sulla base degli elementi forniti - ma soprattutto della considerazione, forte, che le misure adottate servono a tutelare il patrimonio zootecnico delle altre regioni ed anche quello dell'Unione europea -, la Commissione europea possa ammettere e ritenere compatibili gli aiuti disposti con l'articolo 66 della legge finanziaria per il 2002.
Ma vi è di più, specie per quanto riguarda il comparto bovino, colpito indirettamente dalla Blue Tongue, con particolare evidenza in Sardegna. Da parte di operatori e allevatori, infatti, sono stati più volte segnalati i rischi dei maggiori costi derivanti da tali fattori. Vi sarebbero, anzitutto, i costi aggiuntivi dell'alimentazione dei bovini in azienda per effetto del divieto di spostamento degli animali; verrebbe, quindi, in considerazione la diminuzione dei prezzi di vendita dei capi a seguito dell'ingolfamento del mercato locale (dipendente, anche tale dinamica, dalla mancata movimentazione). Si è inoltre posto in evidenza che le restrizioni metterebbero in crisi anche il mercato dei riproduttori iscritti ai libri genealogici. Vi sarebbe anche un blocco, sia pure parziale, delle attività di miglioramento genetico delle razze considerate.
Per il comparto bovino, con particolare riferimento alla Sardegna, si è posto in evidenza come andrebbe considerata l'opportunità di provvedere all'adozione di misure di indennizzo per gli aborti e le morti conseguenti alle vaccinazioni, per i cali produttivi conseguenti alle misure di profilassi (tra cui la vaccinazione) e per le aziende «sentinella» previste nei piani di sorveglianza. Ovviamente, mi limito ad esporre i contenuti di tali richieste, senza prendere una posizione al riguardo.
Ciò, insieme alle considerazioni del dottor Marabelli sulla transumanza e sugli operatori inattivi perché non hanno fatto in tempo ad ottemperare alle prescrizioni - prescrizioni che, ripeto, le autorità sanitarie hanno dovuto assumere in coerenza con gli orientamenti di carattere comunitario -, porta a ritenere probabile la necessità di un piano di interventi. A tale proposito, vorrei sottoporre alla valutazione della Commissione la seguente circostanza.
Occorre delineare - e su ciò, come commissario straordinario, do naturalmente la mia assoluta disponibilità - un sistema di aiuti il più possibile compatibile con il regime comunitario, in modo da poter ottenere l'assenso da parte della Commissione europea. Sotto tale profilo, il Governo potrebbe giovarsi di un orientamento parlamentare forte, espresso nelle forme che verranno ritenute più opportune, volto ad impegnare il Governo ad assumere iniziative a sostegno dei produttori. Tali iniziative dovrebbero essere compatibili con il regime comunitario degli aiuti, ma anche adeguate a fronteggiare l'emergenza, derivante peraltro - come più volte sottolineato, sia da me sia dal dottor Marabelli - dall'esigenza di rispettare gli orientamenti comunitari in materia di profilassi e di polizia veterinaria in genere e di salvaguardare il patrimonio
Do ora la parola ai colleghi che desiderino intervenire.
Premetto che provengo da un'area colpita dalla Blue Tongue, la provincia di Grosseto, che è interessata da due anni dal fenomeno. La mia provincia si sta interrogando anche sulle soluzioni da individuare, atteso che, oltre al patrimonio ovicaprino, possiede anche un patrimonio zootecnico di particolare valore, costituito dalle razze maremmana e chianina, che rischiano di essere coinvolte.
Ho avuto modo, anche nei giorni scorsi, di incontrare le associazioni di settore e gli operatori sanitari che stanno effettuando, in queste settimane, le vaccinazioni attraverso le Asl. Mi sono stati posti alcuni interrogativi, sui quali ho riflettuto per cercare di capire la validità di quanto viene affermato e le soluzioni possibili. Credo che vi siano due aspetti: il primo, come affrontare l'affezione dal punto di vista sanitario; il secondo, legato ai fattori economici che l'emergenza determina. Sono due aspetti diversi, a cui vanno date distinte risposte.
Per quanto riguarda l'emergenza sanitaria, il piano delle vaccinazioni in atto - diceva, dianzi, il dottor Marabelli - riguarda alcune regioni in maniera significativa: anzitutto, la Sardegna, che ha vissuto in maniera più pressante, anche precedentemente, il problema; in molte altre regioni, invece, siamo in ritardo. Si è parlato del Lazio, dove le vaccinazioni ammontano al 50 per cento; non conosco bene i dati della Toscana e ignoro quale sia la situazione nelle regioni del sud. Se non sbaglio, in Italia, ad oggi, le province coinvolte sono nove e quattro le regioni, nel centro-sud, tra cui la Sardegna. L'osservatorio di Teramo riferisce di un milione e mezzo di focolai negli ultimi dodici mesi e di 268 mila capi abbattuti. Riporto i dati che ho appreso dall'ultimo numero del settimanale «Agrisole».
Il sistema sanitario esclude però dal controllo una serie di vettori attivi, considerando ad esempio, che in ipotesi particolari le vaccinazioni possono essere rifiutate (si pensi a capi del patrimonio zootecnico in stato interessante). Inoltre, in certe aree del territorio, oltre agli allevamenti tradizionali, si è in presenza anche di selvaggina (caprioli, daini), che è difficilmente controllabile.
Vi è poi un elemento essenziale di cui bisogna tener conto: il rischio che il contagio, da evento occasionale dovuto alla presenza di insetti vettori provenienti da paesi africani (trasferitisi per brevi periodi, nelle stagioni calde, nel Mediterraneo), a seguito delle attuali modificazioni climatiche possa trasformarsi in una minaccia stabile per il nostro e per gli altri paesi dell'Unione europea, non eliminabile nel breve periodo. Certamente rimarrà prioritario proseguire la strategia di vaccinazione dei capi, benché, probabilmente, questa sola misura non risulterà sufficiente. Rischieremo, allora, entro un periodo limitato, di trovarci ad affrontare una vera crisi del comparto zootecnico. Del resto, tenere forzatamente il bestiame in stalle di dimensioni date, ove non è possibile implementare gli animali (oppure non ci sono i foraggi per alimentarli), significa determinare un circolo vizioso, per cui, come è avvenuto nelle province toscane in questi mesi, gli animali, non potendo essere tenuti, vengono venduti a prezzi di remissione. È comprensibile, pertanto, la decisione degli allevatori di chiudere drasticamente gli allevamenti. Questa è la situazione che noi stiamo vivendo attualmente.
Vi sono dunque delle questioni imprescindibili da affrontare, anche nel quadro dell'Unione europea, stante il tendenziale
Occorre, forse, dal punto di vista sanitario, non considerare più la Blue Tongue come un morbo derivante da componenti esclusivamente esogene, in modo da fronteggiare con decisione il fenomeno in atto. Una delle soluzioni possibili è quella di incrementare le risorse, non tanto con interventi a favore del produttore, quanto attraverso la chiusura della filiera agroalimentare, anche a partire da distretti rurali e di area, gli ambiti ove si configura la crisi. La chiusura di questi ambiti e gli investimenti sulla filiera zootecnica sono, forse, le soluzioni capaci di garantire maggiore valore aggiunto sulla produzione e di mantenere un'opportunità in questo settore.
Inoltre, noi stessi potremmo fornire un contributo attraverso un ordine del giorno, eventualmente anche nell'ambito dell'esame del collegato in materia agricola.
Siamo stati chiamati a confrontarci con un evento inedito, dalla durata ancora indefinita e comunque, se non a lungo, sicuramente a medio termine. Dobbiamo, nel contempo, trovare un equilibrio tra una strategia di carattere nazionale (che mai come in questa occasione, è indispensabile) e delle soluzioni compatibili con le determinazioni dell'Unione europea. Se queste scelte non rimangono coerenti tra di loro, spesso si pagano dei prezzi superiori al necessario, come in parte sta attualmente succedendo. A questo accennava prima il collega Ambrosio, in riferimento alle posizioni dell'Unione.
Siamo convinti che sia stato fatto tutto il possibile, ma abbiamo anche la consapevolezza che le discussioni sulla politica delle vaccinazioni, durante l'anno 2001, hanno contribuito a dilatare i tempi, nonostante i pareri piuttosto puntuali dei comitati scientifici di Bruxelles e del Consiglio superiore di sanità. Ritengo invece che occorra valutare adeguatamente le misure da adottare e il loro impatto sanitario; in questo senso, apprezzo le osservazioni in merito e credo che su questo vi debba essere la massima trasparenza.
È un po' meno da applaudire, invece, il fatto che talvolta i singoli operatori, anche qualificati nel settore tecnico-scientifico o della produzione, ritardino l'applicazione di valutazioni adottate al livello competente. In Sardegna, di fatto si è addivenuti alla soluzione opportuna, ma ciò è avvenuto con un anno di ritardo. Ci si sta muovendo nella stessa direzione nelle regioni continentali: ne è un esempio il Lazio. I ritardi nella corretta applicazione di determinate scelte di politica sanitaria, del resto, inficiano la stessa posizione dell'Italia in seno all'Unione europea.
Questa, allora, è forse l'occasione per sottolineare ancora una volta come il Ministero della salute sia assolutamente favorevole ad un decentramento reale delle attività a livello regionale; però, nello stesso tempo chiede - i ministri della salute lo hanno chiesto ripetutamente, compreso l'attuale ministro Sirchia - di avere in ogni regione dei servizi veterinari capaci di svolgere attività di coordinamento, e quindi di costituire un punto di riferimento forte al momento dell'applicazione di determinate strategie, nel nostro settore spesso non indolori.
Avere nelle regioni delle strutture forti che possano coinvolgere il sistema della produzione è indispensabile, così come appare indispensabile che il ministero disponga di un gruppo di responsabili regionali ai quali fare riferimento, anche per finalizzare un'azione di carattere operativo.
Si possono individuare gli obiettivi anche dal punto di vista produttivo, in quanto l'attività sanitaria rappresenta un elemento di sostegno per le politiche di supporto alla produzione, e ci si può quindi presentare al cospetto dell'Unione europea con una posizione unitaria e con proposte che possano effettivamente essere prese in considerazione. Questo è quanto ritengo di poter affermare sulla scorta delle osservazioni svolte, che in gran parte condivido.
Allo stesso tempo, mi sembra che venga riconfermata la necessità di un coordinamento delle specificità regionali, a condizione però che queste ultime non diventino un elemento frenante e, di conseguenza, penalizzante.
Desidero infine inviare un messaggio agli amici e colleghi di Grosseto. Gli animali vaccinati, di qualunque tipo (comprese le razze maremmana e chianina), una volta vaccinati, non incontrano restrizioni particolari, né sono penalizzati dal punto di vista della collocazione sanitaria. La penalizzazione, semmai, riguarda la presenza in quel territorio di un virus attivo. Quindi, non è lo status di vaccinato o non che penalizza l'animale, ma la presenza del virus. La vaccinazione è uno di quegli elementi che, secondo i comitati scientifici, serve proprio ad eliminare o ad abbassare fortemente la presenza virale.