INDAGINE CONOSCITIVA
La seduta comincia alle 10,40.
(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla farmacovigilanza, anche con riferimento ai farmaci a base di cerivastatina, l'audizione dei rappresentanti della Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano. Sono presenti la dottoressa Mara Giacomazzi, dirigente del servizio farmaceutico della regione Veneto, il dottor Loredano Giorni, responsabile dell'unità operativa strumenti per l'assistenza sanitaria territoriale della regione Toscana, la dottoressa Maria Teresa Tramonti, rappresentante della delegazione di Roma della regione Emilia-Romagna, e il dottor Paolo Alessandrini, responsabile dei rapporti con il Parlamento della Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano.
Do la parola alla dottoressa Giacomazzi. Successivamente interverranno gli altri nostri ospiti.
MARA GIACOMAZZI, Dirigente del servizio farmaceutico della regione Veneto. In alcune regioni l'attività di farmacovigilanza è stata organizzata attraverso l'individuazione di un proprio centro per l'elaborazione delle segnalazioni spontanee con il contributo del Ministero della salute; sono stati avviati rapporti con il dipartimento per la valutazione del farmaco e sono state messe in atto iniziative della CUF e del dipartimento stesso, come il bollettino di informazione sui farmaci ed il servizio Info-line, ritenuto molto utile per le regioni.
Le regioni, ricevendo copia delle segnalazioni spontanee inviate al Ministero, elaborano i dati e sono in grado di conoscere quello che avviene. Inoltre, alcune di esse sono collegate tra loro (Emilia-Romagna e Veneto) per scambiarsi le informazioni sulle reazioni registrate.
La normativa del decreto legislativo n. 44 del 1997 e tutte le altre iniziative del Ministero non hanno prodotto un aumento delle segnalazioni e non possiamo dire se ciò sia dovuto alle sanzioni previste per i medici.
PRESIDENTE. Dovrebbero anche avere paura di non segnalarle.
MARA GIACOMAZZI, Dirigente del servizio farmaceutico della regione Veneto. Lo credo anch'io, ma ci aspettavamo qualcosa in più di quello che abbiamo ricevuto.
Sul problema della cerivastatina, all'inizio avevamo avuto 13 segnalazioni, mentre in seguito sono aumentate a 280; esse non riguardano solo la cerivastatina, ma tutte le statine, anche se si tratta di effetti collaterali noti in letteratura.
Come rappresentante della mia regione non ho altro da dire: le segnalazioni sono continuate ma sono tutti effetti già noti.
LOREDANO GIORNI, Responsabile dell'unità operativa strumenti per l'assistenza sanitaria territoriale della regione Toscana. Sul tema delle segnalazioni, riprendendo il concetto già esposto dalla collega della regione Veneto, l'applicazione della normativa del decreto legislativo n. 44 del
1997 avvenuta con la circolare n. 12 e tutti gli altri interventi attuati dal Ministero della salute avrebbero dovuto aumentare significativamente il numero delle segnalazioni sulle reazioni avverse. Non essendo avvenuto ciò, il problema sostanziale rimane quello della quantità e della qualità delle segnalazioni, che in molti casi sono necessarie, ma spesso sono ripetitive e già previste in letteratura.
Riteniamo che sia opportuno sviluppare una cultura ed una sensibilità dell'importanza della segnalazione nel medico, nel farmacista e nell'assistito. Probabilmente, queste categorie considerano il farmaco di per sé sicuro e non si preoccupano di segnalare eventuali anomalie; tuttavia la sicurezza non è mai abbastanza.
Bisogna trovare insieme il sistema affinché tali categorie siano in grado di fornire informazioni da elaborare, studiare e confrontare con le altre regioni per rendere così più sicura l'utilizzazione dei farmaci e prevenire i fenomeni accaduti dopo l'uso della cerivastatina.
In Toscana, prima del mese di agosto, erano giunte solo tre segnalazioni.
PRESIDENTE. Mi pare di capire che nelle vostre regioni non ci siano stati particolari problemi o segnalazioni sulla cerivastatina.
MARA GIACOMAZZI, Dirigente del servizio farmaceutico della regione Veneto. Ad esempio, uno dei tredici casi si riferiva alla segnalazione, effettuata da un medico apparso in televisione, di situazioni già note in letteratura. Non si trattava di effetti strani o particolari e, oltretutto, non si trattava di un caso grave. È stato, forse, l'unico caso un po' discusso.
MARIA TERESA TRAMONTI, Rappresentante della delegazione di Roma della regione Emilia-Romagna. Per l'Emilia-Romagna mi associo a quanto è stato detto dalla rappresentante della regione Veneto (i nostri assessori sono sempre e comunque in stretto contatto). Ad ogni modo, mi riservo di fare pervenire alla Commissione una documentazione scritta recante l'indicazione di dati più precisi sui casi registrati nella nostra regione.
PRESIDENTE. Considerati i presenti - che, comunque, ringrazio per aver voluto riferire la loro esperienza - spero solo che la convocazione sia pervenuta nei tempi giusti.
PAOLO ALESSANDRINI, Responsabile dei rapporti con il Parlamento della Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano. A nome della segreteria della Conferenza, signor presidente, non ho nulla da aggiungere rispetto a quanto detto dai rappresentanti delle regioni. Mi scuso per l'assenza di esponenti politici, assessori o presidenti delle regioni. Succede, a volte, che non sia possibile costituire una delegazione che risponda alle aspettative della Commissione; purtroppo, può succedere. La Commissione sa che in occasioni precedenti sono venuti, senza alcun problema, presidenti e assessori di regioni.
PRESIDENTE. La ringrazio; devo però rimarcare la circostanza che le convocazioni sono state fatte più di una settimana fa. Ormai, l'argomento è in discussione da molto tempo e posso capire che, forse, qualcuno lo ritenga superato. Tuttavia, al di là del caso particolare della cerivastatina, il problema di cui la Commissione che ho l'onore di presiedere si vuole occupare è la farmacovigilanza in generale. La cerivastatina è soltanto un caso specifico, ma l'indagine era rivolta soprattutto alla gestione della farmacovigilanza in Italia. A noi interessava che le varie regioni e la Conferenza riferissero in merito all'organizzazione, per conoscere, cioè, se vi fossero pecche del Ministero, delle regioni o nei rapporti medici-regioni. Lo dico anche alla luce dell'importanza che le regioni, nella gestione della sanità, hanno recentemente acquisito. Dunque, tale era il fine delle nostre audizioni. Si è trattato di una indagine tesa non ad indagare chi fosse responsabile di alcunché, ma a migliorare il rapporto Ministero-regioni soprattutto in questo campo, nonché, se
necessario, a migliorare i controlli. Giustamente, si è rilevata l'importanza di una informazione più capillare a livello degli utenti, dei medici e dei farmacisti; i medici, tuttavia, ricevono le newsletter e il bollettino mentre i pazienti, a casa, non hanno tali possibilità. Le audizioni erano e sono finalizzate a ciò, nel tentativo di migliorare tali servizi che, come abbiamo visto in alcune audizioni, hanno ancora punti deboli.
Sicuramente, il Ministero della sanità sta cercando di apportare alcuni miglioramenti con l'informatizzazione di tutto il sistema. Tale misura, secondo me, va estesa a livello capillare, cioè a livello regionale. Se conserviamo l'amanuense che scrive la nota, diventerà sempre più difficile poter effettuare i controlli. È vero che i farmaci, prima dell'immissione in commercio, vengono sperimentati, ma ciò avviene, in ipotesi, su diecimila persone, dunque con un numero già alto di individui. Poi, però, quando entrano in commercio, non solo si passa a centinaia di migliaia di persone - se non milioni - ma, oltretutto, sorge il problema dall'associazione con altri farmaci, che può causare effetti collaterali, per l'innanzi non segnalati. Infatti, quando si sperimenta un farmaco, non lo si associa con tutti i farmaci in commercio in quel momento. Perciò, era importante che si creasse una rete di consapevolezza capillare, che coinvolgesse medici, pazienti e farmacisti. Sarebbe certamente auspicabile che le regioni dessero alcuni suggerimenti al Ministero per cercare di migliorarla. Questo è il principio informatore delle audizioni che stiamo svolgendo e che cercheremo di concludere per elaborare, poi, un utile documento.
MARA GIACOMAZZI, Dirigente del servizio farmaceutico della regione Veneto. In effetti, le regioni, anche in occasione della stesura del testo del decreto-legge n. 347 del 2001, avevano inserito la previsione di un maggior collegamento, ai fini della farmacovigilanza, tra Ministero, regioni e aziende sanitarie locali, con un coinvolgimento molto attivo di tutte le strutture, ivi compreso il medico. I medici ospedalieri - lo abbiamo notato a livello regionale - rispetto ai medici presenti sul territorio, sono quelli che effettuano meno segnalazioni; sul territorio, nelle segnalazioni, si è più attivi, nonostante vi siano sollecitazioni contrarie da parte delle aziende. Il Ministero ha organizzato, ultimamente, alcuni corsi sulla sperimentazione, inserendo anche un corso specifico sulla farmacovigilanza. Adesso stiamo partendo e le nostre aziende sono tutte registrate.
PRESIDENTE. Ringrazio i nostri ospiti per la loro esposizione. Do la parola ai colleghi che desiderano intervenire.
GIACOMO BAIAMONTE. Ringrazio anch'io gli intervenuti, che si sono sacrificati per venire in Commissione. Prendendo spunto da quanto giustamente diceva il presidente, il nostro obiettivo, partendo dalla cerivastatina, è proprio quello di accertare cosa succede nel paese circa la farmacovigilanza. Dall'indagine, sia a livello ministeriale sia a livello regionale, abbiamo potuto rilevare tutta una serie di inadempienze; mi scuserà il dottor Giorni - che riferiva che le segnalazioni erano poche - se preciso che i nostri ospiti, in genere, hanno dichiarato che al Ministero erano giunte innumerevoli segnalazioni provenienti dai cittadini e dai medici che, purtroppo, non erano state prese in considerazione. Fondamentalmente, tale è il dato che emerge in base a quanto abbiamo potuto constatare. Dunque, bisogna mettere ordine nella complessa materia.
Come preciso anche in una dichiarazione resa in un precedente intervento - quando era presente il ministro della salute - l'aspetto importante che emerge è la necessità di un trait d'union tra il paziente ed il medico, fondamentale, nel nostro paese. Il paziente deve poter colloquiare con il medico, il quale, dal canto suo, non deve, limitarsi a prescrivere il farmaco senza avere alcun rapporto con il malato. Come ho precisato, si tratta del punto saliente della questione. A tal proposito, la farmacovigilanza è uno spunto per ricreare detto rapporto. Dopo 43 anni trascorsi in questo lavoro e ambiente - come medico e come professore universitario - dico che, malgrado
vi siano mancanze anche da parte nostra, vi sono carenze nell'organizzazione.
Dico ciò dopo essermi documentato presso la società italiana di geriatria, la società italiana di medicina interna e la società italiana di malattie cardiovascolari per avere una esatta visione della questione della cerivastatina. Questo nodo può essere sciolto informando il cittadino, con i famosi bugiardini, e il medico, con le informazioni provenienti dalle ASL di appartenenza, ed istituendo un ufficio di farmacovigilanza, ben funzionante nei vari assessorati, per stabilire buoni rapporti tra medico e cittadino.
Non voglio fare l'elogio del professor Ettore Cittadini, assessore alla sanità della regione Sicilia, ma ricordo che, appena insediato, ha istituito un ufficio di farmacovigilanza con la presenza di eminenti studiosi, come il professor Sandro dell'istituto di farmacologia dell'università di Palermo ed il professor Pagliaro (membro della CUF), e altri stimati farmacologi dell'università di Messina e di Catania.
Ricordo infine che il ministro della salute ha affermato che dovrà riordinare la complessa materia inerente alla farmacovigilanza e rivedere la struttura dell'ufficio preposto ad essa. Da ultimo, voglio rammentare che il motivo delle nostre audizioni risiede nell'esigenza di sviluppare una serie di rapporti tra le varie strutture che si occupano della farmacovigilanza e di avviare un efficace controllo per ottenere una sua più completa sistemazione.
PRESIDENTE. Sui problemi sollevati dai rappresentanti delle regioni recepiremo la documentazione che essi invieranno alla Commissione (come anticipato dalla rappresentante della Emilia-Romagna), tuttavia, avremmo preferito che le loro argomentazioni fossero esposte in sede di audizione. Comunque, intendo concludere l'indagine conoscitiva al più presto per formulare una relazione che avvii una sistemazione ordinata della questione esaminata.
È necessario determinare gli indirizzi che potrebbero causare problemi di natura economica in seguito alla loro applicazione; ad esempio, l'istituzione di un servizio di farmacovigilanza in ogni regione, citato dall'onorevole Baiamonte, implica ragionevolmente un impegno economico abbastanza gravoso.
DOMENICO DI VIRGILIO. Desidero informare i rappresentanti delle regioni che il problema esaminato è fortemente sentito; come medico che frequenta gli ospedali da circa trent'anni, condivido le loro opinioni e quella dell'onorevole Baiamonte.
Sono stato promotore presso il ministro della salute di una iniziativa per coinvolgere il cittadino nell'attività di farmacovigilanza attraverso la compilazione di una scheda che raccolga, e permetta di conoscere, la storia farmacologica del paziente e le eventuali reazioni negative. Alcuni potrebbero interpretare tale misura come una burocratizzazione della questione della vigilanza, ma io invece ritengo che la sua attuazione sia insufficiente (senza che ciò implichi polemicamente l'affermazione dell'arretratezza delle nostre strutture di farmacovigilanza). È fondamentale infatti proteggere il cittadino, ed il legislatore, l'amministratore ed il medico devono curarsi di questi aspetti. Insisterò quindi per l'istituzione di una scheda individuale di farmacovigilanza presso il ministro della salute.
Sul problema del bugiardino, mi domando se esso sia istituito per i medici o per i pazienti e se questi siano in grado di comprenderlo. Ad esempio, in tema di cerivastatina, un paziente che leggesse rabdomiolisi, saprebbe di che cosa si tratta? Le informazioni mediche devono essere comprensibili, altrimenti risultano inutili.
GIACOMO BAIAMONTE. Concordo con l'onorevole Di Virgilio e credo che (non si tratta di una deformazione professionale, ma è la legge a stabilirlo) il consenso informato debba tradursi in una informazione al paziente. Inoltre, deve essere chiaro che il medico deve essere posto in condizione di farsi capire per chiarire all'ammalato i termini della sua patologia. Non significa perciò aggiungere altre responsabilità al lavoro del medico, ma conferirgli invece una corretta professionalità.
Tuttavia, l'attività del medico oggi appare appesantita da una serie di adempimenti burocratici, che la riforma-ter ha contribuito a determinare.
CESARE ERCOLE. Dalle relazioni dei rappresentanti delle regioni emerge che le maggiori segnalazioni provengono dai medici di base piuttosto che dai medici ospedalieri (che prescrivono, ma sfuggono i controlli). La nostra azione dovrà quindi indirizzarsi verso una maggiore sensibilizzazione dei medici di base e verso la costituzione dell'ufficio che l'onorevole Baiamonte indicava nel suo intervento. Al di là dei costi, tale proposta mi vede favorevole, anche perché concretizza l'idea di approntare una scheda individuale per paziente descrittiva delle patologie provocate dall'abuso di farmaci e delle intolleranze ad essi.
LOREDANO GIORNI, Responsabile dell'unità operativa strumenti per l'assistenza sanitaria territoriale della regione Toscana. Desidero consegnare un documento inviato il 6 giugno 2001 ai nostri direttori generali che descrive il quadro delle reazioni avverse e fornisce alcune indicazioni.
PRESIDENTE. Sulla cerivastatina o in generale?
LOREDANO GIORNI, Responsabile dell'unità operativa strumenti per l'assistenza sanitaria territoriale della regione Toscana. Si tratta di un documento che esamina la questione in termini generali. Vorrei lasciare alla Commissione tale documentazione. In essa si legge che nel 1999, in Toscana, ci sono state circa 400- 450 segnalazioni sui farmaci, sebbene il loro consumo stimato sia stato pari a circa 70-80 milioni di confezioni. Il rapporto quindi appare sproporzionato ed i dati sembrerebbero paradossalmente confermare la sicurezza dei farmaci, anche se in realtà così non è.
Occorre fare in modo che le regioni, il Ministero della salute, i medici e gli assistiti, si prodighino per aumentare le segnalazioni che a tutt'oggi non appaiono reali.
PRESIDENTE. Sì, può lasciare il documento agli atti della Commissione.
MARA GIACOMAZZI, Dirigente del servizio farmaceutico della regione Veneto. Signor presidente, anch'io vorrei lasciare a disposizione della Commissione un documento recante le segnalazioni che abbiamo ricevuto nei vari anni. Eventualmente, invierò poi alla Commissione una relazione specifica.
PRESIDENTE. Si lamenta il fatto che siano state poche le segnalazioni; per carità, speriamo siano sempre pochissime! La logica della salute porta, infatti, a fare una tale considerazione. Probabilmente, molte sfuggono. Succede anche, spesso, che le segnalazioni non vengano fatte perché ritenute non importanti. A volte, cioè, si ritiene che non debbano essere effettuate perché, magari, si tratta di segnalazioni lievi, non importanti. Bisogna, perciò, riorganizzare il sistema alla luce della gradazione degli effetti che possono essere da lievi a gravi o, addirittura, mortali. Probabilmente, molti non ritengono opportuno segnalare l'effetto banale.
Ringrazio i nostri ospiti per aver corrisposto all'invito della Commissione ed avere, dunque, riferito sul tema in oggetto. I colleghi che non sono potuti venire potranno leggere il resoconto stenografico.
Dichiaro conclusa l'audizione e sospendo la seduta per qualche minuto.
La seduta, sospesa alle 11,10, è ripresa alle 11,15.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla farmacovigilanza, anche con riferimento ai farmaci a base di cerivastatina, l'audizione dei rappresentanti della Federazione nazionale degli ordini dei farmacisti. Sono presenti il dottor Giacomo Leopardi, presidente, il dottor Antonio Mastroianni,
direttore generale, e Giorgio Flavio Pintus, responsabile dell'ufficio comunicazione.
Le nostre audizioni hanno l'obiettivo di migliorare l'attività di farmacovigilanza, oltre a quello di indagare il problema della cerivastatina. Ritengo che i farmacisti rappresentino un punto cardine per il suo svolgimento poiché a volte molte segnalazioni sono fatte in farmacia.
Do la parola al dottor Leopardi.
GIACOMO LEOPARDI, Presidente della Federazione nazionale degli ordini dei farmacisti. Il tema è rilevante, ma non ha ancora trovato un suo svolgimento. Se infatti si pensa al numero dei farmaci in commercio, a quello dei medici e delle farmacie, a questo universo che si muove a tutela della salute e osserviamo le segnalazioni che arrivano al Ministero (circa 3000 all'anno), verifichiamo che la farmacovigilanza non è una realtà nel nostro paese.
I farmacisti devono adempiere con i medici a questo compito, ma provvedono a farlo soltanto per i farmaci non sottoposti a ricetta medica, anche se sarebbe opportuno estendere tale facoltà a tutti i tipi di farmaci.
La nostra categoria è disponibile ad adempiere questo obbligo di legge, trattandosi oltretutto di una funzione inclusa nel proprio servizio. Infatti, con un centro di farmacovigilanza, facente parte della società italiana di farmacologia, è stato realizzato un sistema che, per mezzo di Internet, fornisce indicazioni al farmacista su come deve comportarsi quando viene a conoscenza di reazioni avverse.
Tuttavia, la questione appare irrisolta per la mancata realizzazione di un osservatorio nazionale per l'impiego dei medicinali presso il Ministero della sanità, previsto nella finanziaria del 1999, che aveva l'obiettivo di favorire una migliore informazione sull'uso dei farmaci.
Riteniamo che si debba svolgere una campagna d'informazione diretta al cittadino, ancor prima che al medico e al farmacista, che spesso (talvolta anche per la preoccupazione di responsabilità civili e penali) non comunica le reazioni avverse provocate dal farmaco.
Così com'è stato fatto per i farmaci generici, si dovrebbe avviare una campagna di sensibilizzazione per far comprendere che l'assunzione di un farmaco non è mai a rischio zero. Senza fare retorica, ricordo che il termine greco farmakon ha anche il significato di veleno. È perciò opportuno stimolare un'attenzione maggiore nei confronti dei farmaci generalmente intesi, ma anche, ovviamente, un'attività di segnalazione al medico o al farmacista dei disturbi che possono intervenire a seguito dell'assunzione di un farmaco.
PRESIDENTE. Sono d'accordo con quasi tutte le opinioni del dottor Giacomo Leopardi, ma non con quella riguardante le mancate segnalazione dell'utenza.
Sono sicuro, infatti, che il cittadino segnali le sue reazioni avverse a qualcuno, ma sarebbe opportuno allora sapere a chi e l'importanza che ciò suscita; è difficile pensare che si cambi semplicemente farmaco. Le segnalazioni sono compiute, ma altro è invece la loro raccolta e la valutazione che ne viene fatta.
Do la parola ai colleghi che desiderano intervenire.
PIERGIORGIO MASSIDDA. In questi giorni, come sapete, stiamo discutendo un provvedimento legislativo che delinea, fra l'altro, il ruolo di distributore di farmaci del farmacista. Con una serie di ordini del giorno siamo intervenuti su un punto, incluso nel maxiemendamento, che sembrava apparentemente limitare il rapporto tra farmacista e paziente per i farmaci over the counter.
Giustamente, l'opposizione ha rilevato che i farmaci da banco potrebbero causare una interazione nel paziente. Vorrei sapere, per la vostra esperienza, se i farmaci da banco costituiscano un pericolo e come il farmacista possa intervenire.
Credo che sia necessario provvedere ad una maggiore responsabilizzazione del farmacista, che rappresenta uno degli interlocutori privilegiati del Ministero della salute; talvolta, anche più del medico, riesce ad avvertire l'interazione che può verificarsi nell'uso di alcuni farmaci.
Esiste un altro problema a proposito del quale cogliamo l'occasione di chiedervi un parere: possono essere equiparati alla problematica degli OTC (over the counter) anche alcuni prodotti che non vengono considerati di fitoterapia. Quindi, vi chiedo se possiate fornire alla Commissione alcune riflessioni utili, qualora foste d'accordo su alcuni nostri timori, a prescindere dal dibattito di stamattina.
DOMENICO DI VIRGILIO. Desidero collegarmi alla giustissima sottolineatura del nostro presidente Palumbo e a quanto detto dall'onorevole Massidda, con il quale concordo. Farei, però, un ulteriore passo in avanti, rivolgendo una domanda al presidente Leopardi e agli altri ospiti. Vi considero una fondamentale interfaccia - espressione molto opportunamente usata dall'onorevole Massidda - tra il cittadino e il medico. Infatti, i due professionisti che più da vicino hanno la possibilità di valutare i casi sono proprio il medico di famiglia ed il farmacista; quest'ultimo non è un semplice esecutore di ordini o un dispensatore di scatoline.
Vorrei porre una questione da me sollevata più volte, tanto, forse, da diventare una fisima. A vostro avviso, l'ordine dei farmacisti sarebbe disponibile all'introduzione, presso le singole farmacie, della scheda individuale di farmacovigilanza? Oppure: accettereste che essa, redatta dal medico di famiglia, via sia trasmessa ai fini della rilevazione delle reazioni avverse importanti?
Esiste inoltre un problema tipico dell'Italia, paese a grande sviluppo turistico. Nella mia professione di medico, recentemente, nel giro di un mese, ho visto due casi che si riferivano a turisti. Quanti milioni di turisti vengono in Italia? Il turista che viene nel nostro paese non ha un'assistenza sanitaria; entra in farmacia e domanda farmaci (spesso antibiotici), a volte senza ricetta e altre volte, invece, con la specifica prescrizione del medico.
Molto recentemente ho constatato una gravissima reazione avversa ad un antibiotico di un'americana la quale, ovviamente, avrebbe potuto esporre il suo caso non al medico di famiglia, ma ad un medico dal quale si fosse fatta visitare o al farmacista dal quale si fosse recata. Dunque, la raccolta di tali istanze e segnalazioni vi può e vi deve vedere, a mio avviso, in una posizione assolutamente preminente. Perciò vi domando se, per l'ordine dei farmacisti, dal punto di vista organizzativo, sia possibile svolgere, insieme al medico di famiglia, un ruolo (secondo me assolutamente importante), molto più importante di quello svolto, in tale ambito, dal medico ospedaliero. A tal proposito, Giacomo Leopardi (che è anche un amico) sa che sono un medico ospedaliero ed è quindi per esperienza diretta che dico che il medico ospedaliero, che vede occasionalmente il paziente, non può valutare esattamente l'incidenza di tali fenomeni.
PRESIDENTE. Vorrei aggiungere, dottor Leopardi, che condivido l'opportunità di estendere la farmacovigilanza nella farmacia non solo ai farmaci senza ricetta, ma anche agli altri. Bisognerà vedere come articolare tale intervento, ma ben venga una siffatta misura. Sono perfettamente d'accordo.
AUGUSTO BATTAGLIA. Anche noi - anzi, noi forse più di chiunque altro - giudichiamo molto negativamente l'articolo del decreto sulla spesa sanitaria (il decreto-legge n. 347 del 2001) che consente l'accesso al farmaco da banco con le modalità ivi indicate. Lo riteniamo molto pericoloso per la salute dei cittadini perché tende a collocare una parte importante dei farmaci al di fuori di un percorso organizzato e seguito sotto la responsabilità degli operatori. Non possiamo accollare tutto al cittadino; quando, infatti, vi è un abuso nell'uso di farmaci vi deve sempre essere la responsabilità anche di chi li ha prescritti e di chi li ha forniti al cittadino. Allora, anziché liberalizzare tale parte del settore, dovremmo, credo, sempre più responsabilizzare gli operatori - su ciò chiederei un giudizio -, nel caso di specie i farmacisti, anche con riferimento al ruolo di informazione, di comunicazione e di sensibilizzazione dei cittadini che acquistano il farmaco.
La vicenda del Lipobay ha dimostrato che abbiamo un buon sistema di farmacovigilanza. Se in Italia non si è verificato quanto è invece accaduto in altri paesi e se, comunque, i danni, nel nostro paese, sono stati sensibilmente minori, ciò si deve al buon funzionamento del sistema, che ha saputo dare le informazioni ai medici in tempi accettabili e che, quindi, ha messo i prescrittori in condizione di poter conoscere gli effetti. Abbiamo, cioè, un sistema che ci ha garantito un po' di più rispetto agli altri paesi. Tuttavia, tutti i sistemi sono migliorabili.
Innanzitutto gradirei avere il vostro giudizio rispetto al sistema attuale; inoltre, avendo sentito le osservazioni sull'azione di sensibilizzazione e informazione dei cittadini, vorrei sapere quali, a vostro giudizio, potrebbero essere le misure specifiche in grado di migliorare il nostro sistema per garantire maggiormente i cittadini e gli operatori, anch'essi coinvolti in questa vicenda.
PRESIDENTE. Do la parola al dottor Leopardi per una breve replica.
GIACOMO LEOPARDI, Presidente della Federazione nazionale degli ordini dei farmacisti. Signor presidente, lei non mi dice nulla di nuovo quando sottolinea la necessità per l'utente di poter segnalare a qualcuno gli effetti avversi del farmaco. Dobbiamo condurre un'opera di sensibilizzazione sul farmacista perché la comunicazione, fatta spesso in un momento di confusione, riceva maggiore attenzione e sia raccolta. Debbo dirle che fin dal 1997 abbiamo inviato a tutte le farmacie una copia della scheda di farmacovigilanza da compilare. Svolgeremo, sul nostro giornale, con circolari od altro, un'opera di sensibilizzazione ulteriore e maggiore nei confronti delle farmacie e dei farmacisti affinché il criterio della farmacovigilanza rientri in modo pieno nell'attività personale del farmacista.
Per quanto riguarda quanto ricordato dagli onorevoli Massidda e Battaglia a proposito dell'articolo 9 bis del decreto-legge 347 del 2001 (il cosiddetto decreto «taglia spese»), ovviamente noi siamo contrari - mi riferisco adesso anche all'erboristeria ricordando che non si può considerare giusta la dizione basata sulla soluzione dei problemi fisiologici - all'accessibilità del farmaco da parte della persona che entra in farmacia perché riteniamo che il farmaco, finché è tale, debba avere una sua tutela ed una sua garanzia. Siamo altresì convinti che la rete delle 16.500 farmacie presenti in Italia dia tale garanzia.
Cosa possiamo fare? Noi già stiamo attenti a tanti aspetti del farmaco, non ultimo la conservazione dello stesso che deve essere fatta a particolari temperature.
Voglio ricordare in questa sede un particolare episodio avvenuto anni fa in Inghilterra (paese dove la vendita dei farmaci da banco è consentita anche al di fuori delle farmacie): in seguito alla somministrazione di acido acetilsalicilico, si verificò un caso di morbo di Raye. Voi medici ben sapete di cosa si tratti. A causa dell'avvenimento, il farmaco fu sottoposto a ricetta medica e fu ritirato: nel giro di 48 ore tutte le farmacie avevano ritirato tale prodotto. Dopo due anni, negli altri esercizi, il farmaco era ancora in commercio. Quindi, vi è una garanzia e una sicurezza che solo la farmacia può offrire.
Per quanto riguarda la questione della scheda, sollevata dall'onorevole Di Virgilio, ci impegniamo a dare diffusione all'attività di farmacovigilanza e a richiamare su di essa l'attenzione del farmacista. Il punto nodale della questione mi sembra che consista nella necessità che un professionista sanitario qual è il farmacista metta un impegno particolare in tale attività che rientra nella tutela della salute.
PRESIDENTE. Grazie, presidente Leopardi. A conforto di ciò, ricordo che, al di là del decreto che è stato convertito, uno o più ordini del giorno hanno ribadito il concetto espresso dall'onorevole Massidda. Il Governo si è impegnato (gli ordini del giorno sono stati accettati dal Governo) a far sì che il ruolo del farmacista sia sempre importante, anche per gli eventuali farmaci OTC (over the counter). Si è provveduto
così perchè anche noi, come medici, sentivamo tale obbligo (se non ricordo male, si tratta di tre ordini del giorno).
PIERGIORGIO MASSIDDA. Uno dell'opposizione e due della maggioranza.
ANTONIO MASTROIANNI, Direttore generale della Federazione nazionale degli ordini dei farmacisti. Signor presidente, ovviamente, non possiamo che essere confortati dall'impegno assunto dal Governo. Comunque, è sorprendente che in materia di farmacovigilanza proprio questi specifici medicinali sui quali vi è la specifica competenza del farmacista - perché, in buona sostanza, ad essi è limitata, ad oggi, con la normativa vigente - vengano portati fuori dalla sfera del farmacista.
PRESIDENTE. Anche nell'ordine del giorno è specificato che non devono essere portati fuori dalla farmacia.
ANTONIO MASTROIANNI, Direttore generale della Federazione nazionale degli ordini dei farmacisti. Non dico della farmacia, ma del farmacista.
PRESIDENTE. Siamo a favore dei farmacisti e delle farmacie.
ANTONIO MASTROIANNI, Direttore generale della Federazione nazionale degli ordini dei farmacisti. Essi, però, vengono attratti nella sfera del cittadino. Si tratta di una azione in controtendenza rispetto alla necessità di accentuare, viceversa, una vigilanza sul farmaco.
Circa il foglietto illustrativo, il cosiddetto bugiardino, vorrei aggiungere che probabilmente deve ricevere, al tempo stesso, alcune semplificazioni e maggiori attenzioni per quanto riguarda il profilo legato alla farmacovigilanza. Si devono poter meglio raccordare, in questo senso, gli obblighi legislativi dei vari soggetti con tali indicazioni.
Nel contempo, forse, si deve rivedere il livello del sistema informativo ed i legami tra operatori, regioni e Ministero. Credo che sia giusto recepire quanto è stato detto dall'onorevole Battaglia e dall'onorevole Di Virgilio sulla necessità di far crescere e migliorare la raccolta delle informazioni. L'obiettivo della Federazione è quello di accelerarla attraverso la realizzazione di un progetto di formazione on line per gli operatori farmaceutici.
GIORGIO FLAVIO PINTUS, Responsabile dell'ufficio comunicazione della Federazione nazionale degli ordini dei farmacisti. Giustamente, la Commissione esamina il tema delle reazioni avverse provocate dall'assunzione di prodotti diversi dai farmaci e l'onorevole Massidda, facendo cenno ai prodotti erboristici, che rappresentano un aspetto relativo alla salute pubblica in molti paesi e non soltanto nel nostro, evidenzia il fatto che tali pratiche terapeutiche complementari hanno oramai una forte diffusione. Su tale problematica il progetto descritto dal presidente e dal direttore generale deve espletarsi in collaborazione con il sito farmacovigilanza.com, considerato il migliore a livello internazionale in lingua non inglese, e si sostanzierà nella raccolta degli effetti avversi da uso di sostanze erboristiche. È una questione importante, perché nel mare magnum dei farmaci, tale branca della farmacologia ancora appare in attesa di normazione.
PIERGIORGIO MASSIDDA. Nelle nostre audizioni troppo spesso il caso specifico ha catturato la nostra attenzione e ci ha indotto a parlare soltanto di farmacovigilanza. Sono stato relatore del provvedimento cui si è fatto prima riferimento, perciò posso chiarire che l'emendamento che è stato presentato definisce i medicinali di automedicazione, mentre gli emendamenti della maggioranza e dell'opposizione si pongono l'obiettivo di valorizzare un'interfaccia tra utente e operatore, senza dimenticare mai che si sta parlando comunque di farmaci di automedicazione OTC. Si è verificato qualche inconveniente e allora abbiamo sentito il dovere di fare chiarezza.
Uno dei problemi attuali più importanti per la farmacologia riguarda l'erboristeria. La materia deve essere oggetto di normazione
e dobbiamo decidere se inserire le tabelle nella legge, oppure no. La maggioranza ritiene che l'inserimento delle tabelle in una legge costringerebbe ad un nuovo intervento legislativo per spostare i prodotti da una tabella all'altra.
PRESIDENTE. Ringrazio i rappresentanti della Federazione nazionale degli ordini dei farmacisti per le loro interessanti relazioni ed i colleghi presenti. Dichiaro conclusa l'audizione e sospendo brevemente la seduta.
La seduta, sospesa alle 11,40, è ripresa alle 11,45.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla farmacovigilanza anche con riferimento ai farmaci a base di cerivastatina, l'audizione dei rappresentanti dell'Associazione italiana degli informatori scientifici del farmaco. Sono presenti il dottor Angelo De Rita, presidente, il dottor Giuseppe Galluppi, vicepresidente, e il dottor Carlo Aloe, membro dell'esecutivo nazionale.
La nostra indagine conoscitiva è cominciata dopo la diffusione delle notizie sulla pericolosità del Lipobay e si è cercato di comprendere come l'attività di farmacovigilanza possa essere eventualmente migliorata ed estesa più capillarmente. A tutt'oggi, infatti, sembra che le segnalazioni in rapporto al numero di farmaci circolanti in Italia siano abbastanza esigue. Potrebbe trattarsi di un fatto positivo, se i farmaci fossero tutti buoni e non avessero effettivamente effetti collaterali, quando non usati bene.
Do ora la parola al dottor Angelo De Rita.
ANGELO DE RITA, Presidente dell'Associazione italiana degli informatori scientifici del farmaco. Desidero dire brevemente chi siamo. Noi rappresentiamo gli operatori scientifici del farmaco operanti in Italia per conto delle aziende farmaceutiche. Il mio collega, dottor Giuseppe Galluppi, oltre ad essere il vicepresidente, è anche presidente dell'unione internazionale delle associazioni degli informatori scientifici. Precedentemente, anch'io ho rivestito tale carica e in quell'occasione in seno al nostro esecutivo nazionale spingemmo affinché in Europa la direttiva CEE 93/39 sulla farmacovigilanza recepisse le giuste aspettative degli informatori scientifici; tant'è che poi sia nella legge n. 52 del 1996, che recepiva la direttiva, sia nel successivo decreto del Presidente della Repubblica del 1o agosto 1996, n. 518, si è fatto esplicito riferimento al coinvolgimento degli informatori scientifici del farmaco da parte del neonato dipartimento della valutazione dei farmaci e per la farmacovigilanza.
L'associazione degli informatori scientifici del farmaco da sempre si è battuta affinché il servizio di informazione sui farmaci rispondesse sempre di più agli interessi della collettività, nel senso di garantire, anche attraverso il nostro contributo, un corretto uso del farmaco in terapia. Tale impegno, iniziato sin dalla legge di riforma sanitaria, è proseguito, poi, con tutti gli altri decreti e disposizioni di legge succedutisi nel tempo. Infatti, anche nel marzo del 1980, quando fu emanato il primo decreto ministeriale sul monitoraggio dei farmaci, chiedemmo che gli informatori fossero coinvolti. Analogamente, abbiamo sempre chiesto - e fino a qualche anno fa ottenuto - che il Bollettino d'informazione sui farmaci, bimestrale dell'allora Ministero della sanità, venisse inviato anche agli informatori scientifici. Anzi, devo riconoscere che, con l'autorizzazione dell'allora ministro della sanità, il nostro periodico, Algoritmi, veniva autorizzato - a spese, naturalmente, dell'associazione - a pubblicare integralmente il bimestrale, proprio per garantire a tutti gli informatori la conoscenza delle informazioni che la pubblicazione del Ministero forniva.
Da qualche anno - non so per quale ragione - il Bollettino d'informazione sui farmaci, nonostante le nostre richieste e
sollecitazioni, non viene più inviato né agli informatori né alla nostra associazione. Eppure, a nostro avviso, esso costituisce l'unica fonte di informazione indipendente e fonte di informazione dello Stato, che può contribuire sicuramente all'accrescimento professionale dell'informatore. Quindi, cogliamo, anche in questa sede, l'occasione per sollecitare un intervento in tal senso da parte della Commissione, che mi auguro convenga con noi sul punto.
Per quanto riguarda la farmacovigilanza, certamente siamo consapevoli della notevole importanza che tale aspetto assume nell'uso corretto del farmaco; tuttavia, anche a tal proposito, credo che, forse, la mancanza di controllo non abbia consentito la piena realizzazione di quanto il legislatore abbia inteso suggerire. Mi riferisco, in particolare, al decreto legislativo n. 44 del 1997, laddove si dice che il direttore del servizio scientifico delle aziende farmaceutiche deve comunicare agli informatori scientifici tutte le probabili reazioni avverse delle quali sia venuto a conoscenza. Naturalmente, se ciò non avviene, si verifica un'interruzione di comunicazione e, quindi, vi è anche una vanificazione dell'obiettivo primario che il legislatore ha inteso darsi con la legge. Allora, noi crediamo che l'informatore non possa essere soltanto delegato a consegnare al medico le schede di rilevazione di eventuali reazioni avverse. L'informatore dovrebbe essere anche coinvolto nell'acquisizione della conoscenza delle reazioni eventualmente comunicate e dovrebbe essere tenuto a fornire alle istituzioni competenti, in primis e di persona, le informazioni delle quali sia venuto a conoscenza nell'esercizio della propria professione. Crediamo che ciò costituisca un passaggio importante e fondamentale, se riteniamo che il servizio di informazione sui farmaci debba avere la valenza che sicuramente la legislazione gli assegna.
Noi, come informatori e come associazione, siamo impegnati nel garantire un corretto servizio di informazione sui farmaci e, per quanto ci viene consentito, un corretto intervento in termini di farmacovigilanza. Però, a tal fine, occorre, oltre al necessario coinvolgimento, la previsione di obblighi e autorizzazioni.
PRESIDENTE. Vorrei avere un chiarimento poiché si è fatto riferimento ad un aspetto importante. Anzitutto, preciso che considero l'informatore un elemento fondamentale della catena utente-farmaco-medico perché, a mio avviso, egli costituisce proprio l'anello fondamentale di congiunzione con i medici.
Circa il Bollettino d'informazione sui farmaci, recentemente il Ministero ha comunicato che lo pubblicherà anche in rete, per cui, probabilmente, la sua consultazione sarà più facile. Però, giustamente, il presidente De Rita ha svolto le sue osservazioni circa un problema che, devo riconoscere, ignoravo.
Da lei, presidente De Rita, vorrei un chiarimento su un aspetto che mi sembra importante. L'informatore farmaceutico, a tutt'oggi, è un dipendente di una ditta farmaceutica (personalmente, ne conosco centinaia: tutte persone degnissime). Lei auspicava il coinvolgimento dell'informatore nel rilevamento. È giusto. Tuttavia, le domando: l'informatore, data la sua natura di dipendente, dovrebbe avere l'obbligo di segnalare gli effetti collaterali alla ditta - che, poi, a sua volta, avrebbe un obbligo di segnalazione verso le istituzioni - o direttamente al Ministero? Ciò, a mio avviso, costituisce un passaggio importante. Infatti, mentre il medico o il farmacista sono tenuti, secondo le disposizioni recate dalla legge n. 44 del 1997, ad effettuare una segnalazione diretta al Ministero - o alla farmacovigilanza regionale (che poi invia le segnalazioni al Ministero) - l'informatore ha davanti a sé, a mio avviso, un anello ulteriore (intermedio) della catena: la ditta da cui dipende. Perciò, se l'informatore ha notizia di un effetto collaterale spiacevole di un farmaco - che lui ha (per dirla con una brutta espressione), propagandato - il passaggio, a mio avviso, dovrebbe essere il seguente: informatore-ditta e, quindi, ditta-Ministero. Questa è la mia opinione. Lei a tal riguardo, proponeva invece - se non ho capito male - un'alternativa che potrebbe
anche essere valida: un salto della ditta per fornire direttamente l'informazione alla farmacovigilanza regionale o al Ministero.
GIACOMO BAIAMONTE. Per gli informatori si tratta anche di un problema di etica professionale. Lo dico perché essi, quando si recano dal medico per illustrare le caratteristiche di un farmaco, sono rappresentanti della ditta che lo ha messo in commercio. Dunque, il loro ruolo, eventualmente, è quello di effettuare la segnalazione nei confronti della ditta. Se, poi, fanno la segnalazione, congiuntamente, anche alle istituzioni, ciò secondo il mio modesto parere rappresenta un loro problema, di tipo etico.
GIUSEPPE GALLUPPI, Vicepresidente dell'Associazione italiana degli informatori scientifici del farmaco. Rispetto al chiarimento da lei richiesto, signor presidente, e anche rispetto a quanto ha detto l'onorevole Baiamonte, vorrei aggiungere che la legge sulla farmacovigilanza impone ai medici di comunicare le reazioni avverse entro un certo termine. Invece, l'informatore scientifico che, nell'esercizio della sua attività professionale, venga a sapere dell'effetto collaterale dal medico ha la possibilità, e vorrei dire anche l'obbligo morale, di comunicarlo immediatamente.
GIUSEPPE GALLUPPI, Vicepresidente dell'Associazione italiana degli informatori scientifici del farmaco. Alla sua azienda, in primis. Poi, nella sua autonomia di cittadino, sicuramente può comunicarlo anche alle istituzioni. Volevo sottolineare la velocità con la quale tale informazione deve essere trasmessa, nell'interesse anche del paziente che usufruisce del farmaco. Il nostro obiettivo principale, infatti, è proprio il paziente.
ANGELO DE RITA, Presidente dell'Associazione italiana degli informatori scientifici del farmaco. Desidero richiamare la direttiva europea 93/39, la legge n. 52 ed il decreto del Presidente della Repubblica 1o agosto 1996, n. 518, in cui si stabilisce che il dipartimento per la valutazione dei farmaci e per la farmacovigilanza si avvale tra l'altro, dopo una serie di altri soggetti, anche degli informatori scientifici. Il mio riferimento è specifico ad una disposizione di legge che, però, non è stata rispettata.
Per deontologia, sono obbligato a fornire alla mia azienda tutte le informazioni che in primis ricevo, ma è un mio dovere, come recita la legge, e al pari di qualsiasi cittadino, informare le istituzioni delle notizie di cui vengo a conoscenza.
CARLO ALOE, Membro dell'esecutivo nazionale dell'Associazione italiana degli informatori scientifici del farmaco. Vorrei precisare meglio che uno dei principali compiti dei rappresentanti delle aziende è quello di suggerire soluzioni terapeutiche per conto e alle dipendenze delle aziende; ricordo che già nel 1980 la legge prevedeva la collaborazione tra l'informatore ed il Ministero della salute.
La legge prevede, inoltre, che l'azienda fornisca tutte le informazioni necessarie sulle possibili reazioni avverse da farmaci sia con un responsabile della farmacovigilanza, previsto in ogni azienda, sia con le comunicazioni che dovrebbe prestare agli informatori, ma tali procedure non ci risultano attivate. Riteniamo quindi che non solo sia opportuno darle, ma che il medico debba essere informato di quello che si accerta e di quello che è in itinere. Probabilmente, la questione della cerivastatina poteva avere sviluppi diversi, se fossero state segnalate determinate situazioni durante il loro svolgersi.
PRESIDENTE. Il rapporto tra il responsabile della farmacovigilanza della ditta ed il suo collaboratore farmaceutico rappresenta un punto fondamentale nell'attività di prevenzione, affinché poi le informazioni corrette giungano al medico.
PIERGIORGIO MASSIDDA. Non mi vorrei sbagliare, ma queste dichiarazioni sono attinenti più alla morale del cittadino che alla professione degli operatori.
Nella scorsa legislatura, quando in una proposta di legge si voleva introdurre l'ordine degli informatori del farmaco, fu evidenziato che, non essendoci un codice di comportamento a cui attenersi, il rapporto con l'industria li costringeva troppo spesso ad assecondare i loro interessi.
Nella farmacovigilanza dobbiamo avviare una serie di sinergie e obbligare gli operatori a seguire tale prassi, ma non possiamo delegare alla moralità e alla sensibilità personale. Dunque, sarebbe necessario individuare le carenze per risolverle.
È stato toccato un tasto importante che anch'io voglio sottolineare. Si parla di cittadino e di morale, ma sappiamo benissimo che gli informatori scientifici del farmaco non sono tenuti di fatto a segnalare tali problematiche. Poc'anzi è stato affermato che normalmente l'industria è informata, ma non c'è garanzia che essa si adegui celermente a queste indicazioni. È vero che l'informazione che gli informatori producono rientra in un modo di lavorare vicino alla propria morale, ma l'attuale legislazione obbliga solo il medico ed il farmacista ad informare.
Alcuni informatori scientifici del farmaco avevano segnalato che l'esigenza di istituire un ordine, e quindi di avere anche un codice deontologico, era determinata anche da rapporti con l'industria. Spesso l'azienda in cui lavorano li obbliga a nascondere certe cose nel presentare il farmaco. Essi quindi manifestano anche l'esigenza di chiarire questo rapporto.
PRESIDENTE. È tutto un altro problema.
PIERGIORGIO MASSIDDA. È però un problema inerente alla farmacovigilanza. Alcuni informatori scientifici segnalarono che avevano avuto difficoltà con la propria azienda che sottolineava il fatto che non si trattasse di un loro compito, essendo di pertinenza del farmacista e del medico.
PRESIDENTE. Si tratta di un problema diverso e mi fermerei al rapporto tra il collaboratore scientifico e la ditta.
AUGUSTO BATTAGLIA. Non c'è dubbio che gli informatori scientifici rappresentino un anello importante nel sistema della farmacovigilanza. La loro specificità è che da una parte fanno riferimento all'impresa farmaceutica e d'altra sono professionisti con le proprie responsabilità che però dovrebbero meglio essere definite. La questione è capire quale via si debba seguire per ottenere migliori risultati per l'attività di farmacovigilanza. Quando un informatore si rapporta al medico deve essere responsabile per le informazioni che fornisce. Se costui venisse a conoscenza dal medico o dal servizio sanitario di una serie di inconvenienti, che comunque dovrebbero essere codificati, bisognerebbe discernere il percorso migliore, se, cioè eventualmente, fare riferimento alla sua impresa che ha l'obbligo di comunicare con il sistema di farmacovigilanza oppure se approntare un altro tipo di meccanismo in cui l'informatore ha la doppia responsabilità di riferire il fatto all'impresa e al sistema di farmacovigilanza.
Si tratta di un nodo che dovrebbe essere meglio conosciuto e sciolto.
CESARE ERCOLE. A tal proposito, volevo riferire di un episodio accaduto nell'esercizio della mia professione quando contattai un informatore farmaceutico molto attento (che sicuramente ha portato avanti l'idea di cui discutevamo). In pratica, un nuovo farmaco aveva prodotto un effetto collaterale non segnalato ed io lo dissi all'informatore farmaceutico; non più tardi di una settimana dopo, l'azienda mi contattò per conoscere il caso. Effettivamente, devo riconoscere che, da una parte, l'informatore e, dall'altra, l'azienda, lavorarono bene. Per la verità, di tali informatori, sinceramente, se ne trovano pochi quanto a preparazione professionale - che spesso è insufficiente - anche per la pletora di assunzioni di giovani laureati che le aziende farmaceutiche stanno facendo. Invero, si tratta spesso di giovani che hanno fatto un corso di tre mesi (tipo full immersion) e che diventano subito operativi.
Richiamerei, a tal proposito, l'intervento svolto dall'onorevole Massidda; anch'io,
infatti, ritengo che si debba necessariamente istituire un albo degli informatori perché sicuramente ciò sarebbe utile per tutti.
PRESIDENTE. Mi corre l'obbligo di ricordare l'esigenza di contenere i tempi dell'audizione. È in corso, sul tema, una discussione al Senato. Ne discuteremo anche noi, sicuramente (l'importanza dell'argomento è evidente a tutti). Personalmente, ritengo che gli informatori - persone con cui ho collaborato e collaboro tuttora - siano di fondamentale importanza perché senza di loro molti medici, a volte, ignorerebbero anche il contenuto delle scatole dei farmaci. Lo dico in tutta sincerità.
PIERGIORGIO MASSIDDA. Signor presidente, vorrei fare soltanto una precisazione. Oggi, stiamo parlando di farmacovigilanza e abbiamo chiarito, anche adesso, che l'informatore scientifico è tenuto ad avere la scheda di farmacovigilanza. Vorrei precisare, però, che non è tenuto a dare un'informazione istituzionale; egli è delegato a darla esclusivamente alla ditta. Dobbiamo, quindi, valutare con voi se l'obbligo di un'eventuale informazione istituzionale, potrebbe facilitare il quadro della farmacovigilanza e giovare anche a voi che sareste tolti dalla situazione di essere tra l'incudine ed il martello: moralmente, potreste voler dare l'informazione alle istituzioni ma, non essendo tenuti a farlo, potreste anche essere bloccati dalla vostra ditta.
PRESIDENTE. Do la parola per la replica al presidente De Rita.
ANGELO DE RITA, Presidente dell'Associazione italiana degli informatori scientifici del farmaco. Sarò brevissimo, signor presidente. Nella lettera di convocazione per l'audizione mancava l'allegato, per cui non sapevo cosa contenesse.
PRESIDENTE. Mi risulta che le sia stato mandato.
ANGELO DE RITA, Presidente dell'Associazione italiana degli informatori scientifici del farmaco. No, non mi è arrivato.
ANGELO DE RITA. Presidente dell'Associazione italiana degli informatori scientifici del farmaco. A prescindere da ciò, volevo evidenziare che, attesa la necessità di verificare - risultante dalla lettera di convocazione e da lei ribadita -, anche attraverso l'odierna audizione, se vi siano possibilità di migliorare l'organizzazione della farmacovigilanza, noi abbiamo ritenuto doveroso contribuire (non soltanto in base a principi morali e civici ma anche secondo principi sanciti da leggi dello Stato) a garantire un servizio di farmacovigilanza migliore. Perciò, vorremmo essere coinvolti direttamente.
PRESIDENTE. In ogni caso, se, come associazione, volete portare a nostra conoscenza un promemoria o altro, la Commissione avrà certamente piacere di ricevere tale materiale.
Ringrazio ancora i nostri ospiti e dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 12,10.