INDAGINE CONOSCITIVA
La seduta comincia alle 17,15.
(Le Commissioni approvano il processo verbale della seduta precedente).
PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità del lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'industria dell'automobile, l'audizione di rappresentanti degli enti locali con territorio a forte vocazione nell'industria automobilistica. Sono presenti il dottor Sergio Chiamparino, sindaco di Torino, accompagnato dal portavoce, dottor Riccardo Caldara; l'ingegner Alfonso Navazio, sindaco di Melfi; il dottor Michele Caiazzo, sindaco di Pomigliano d'Arco, accompagnato dal dottor Nicola Pagliuca, consigliere regionale della Basilicata, già sindaco di Melfi; infine, siamo in attesa dell'arrivo del dottor Bruno Vincenzo Scittarelli, sindaco di Cassino, al momento non ancora presente.
SERGIO CHIAMPARINO, sindaco di Torino. Ringrazio il presidente della Commissione attività produttive, commercio e turismo della Camera dei deputati, il presidente della Commissione industria, commercio e turismo del Senato della Repubblica e tutti i commissari per l'opportunità che ci è stata concessa. Ho prediposto una memoria scritta, che ho già consegnato agli uffici e che, se lo ritenete opportuno, potrà senz'altro essere distribuita. Questo mi consentirà di rinviare al testo, del quale procederò ad una rapida esposizione, concentrandomi maggiormente sulla parte propositiva.
della crisi, gli elementi di opportunità che vi possono essere. Mi sono permesso anche un richiamo alle vicende passate della FIAT: quando mi riferisco alla estrema gravità, ho in mente le crisi del 1980 del 1993 che, dal punto di vista dell'impatto occupazionale, furono molto più ampie, nel breve periodo. L'attuale crisi si presenta ribaltata per molti aspetti, cioè con un impatto occupazionale che, nel breve periodo, appare più contenuto ma, se non si interviene e se non si colgono le opportunità necessarie ad invertire la tendenza, vi possono essere ripercussioni e rischi che, nel medio e lungo periodo, possono renderla assai più grave e più seria di quanto lo siano state le crisi di allora.
e di investire nel principale settore del gruppo FIAT, cioè l'auto, ma farlo in maniera tale da poter configurare delle operazioni di sviluppo industriale e non di semplice reperimento di liquidità. Credo che questo possa chiarire il mio riferimento quando dicevo che, in una situazione sicuramente molto difficile dal punto di vista degli assetti finanziari e societari del gruppo, se si opera con determinazione ed intelligenza politica, industriale e finanziaria, possono anche diventare delle opportunità.
PRESIDENTE. Ringrazio il sindaco di Torino per il contributo fornito ai nostri lavori.
BRUNO VINCENZO SCITTARELLI, Sindaco di Cassino. Saluto e ringrazio il presidente Tabacci e i componenti delle Commissioni per l'invito rivoltomi.
sì che si vada nella giusta direzione, cioè per concorrere a creare una sorta di economia di scala per l'azienda.
PRESIDENTE. Do ora la parola all'ingegner Alfonso Navazio, sindaco di Melfi, e, subito dopo, a Michele Caiazzo, sindaco di Pomigliano d'Arco.
ALFONSO NAVAZIO, Sindaco di Melfi. Grazie, presidente. Egoisticamente dovrei dire di essere il meno interessato all'intera vicenda, perché lo stabilimento FIAT ubicato nella nostra zona è entrato in funzione da appena nove anni, essendo l'ultimo nato. Sul piano occupazionale esso impiega direttamente 6.132 dipendenti, con un indotto di circa 4 mila ulteriori addetti. Credo sia noto a tutti che si tratta di uno stabilimento avanzatissimo. Basteranno solo poche cifre per rendere l'idea: lo stabilimento può produrre circa 1.800 vetture al giorno, anche se in questi ultimi mesi è impostato per produrne circa 1.300; in questo stabilimento la FIAT ha effettuato solamente una settimana di cassa integrazione nel mese di ottobre del 2001. Dati questi numeri, ritengo sia importante sottolineare ciò che FIAT ha rappresentato e rappresenta per noi. La nostra città ha circa 17 mila abitanti. Trovarsi ad un certo punto con uno stabilimento di tale dimensione, ha sconvolto tutta la sua parte economico-sociale, anche se i dipendenti sono stati assunti nell'ambito di un territorio percorribile in auto in circa sessanta minuti, in sostanza baricentrico rispetto alle regioni Campania, Puglia e Basilicata; quindi, non tutti i dipendenti sono stati assunti nella città di Melfi.
MICHELE CAIAZZO, Sindaco di Pomigliano d'Arco. Anch'io voglio ringraziare il presidente per l'invito ed esprimere apprezzamento per il lavoro delle due Commissioni. Mi sia consentito però, di segnalare un punto fondamentale su cui andrebbe fatta la dovuta chiarezza: che cosa è oggi il gruppo FIAT? In che misura, negli ultimi decenni, lo Stato italiano è intervenuto finanziariamente per sostenere questo gruppo?
PRESIDENTE. Ringrazio i sindaci per le loro esposizioni. Invito adesso i colleghi a formulare le loro domande.
LUIGI MALABARBA. Vorrei iniziare dalle ultime considerazioni del sindaco di Pomigliano d'Arco, perché non credo che in questa fase sia effettivamente molto produttivo ragionare prevalentemente in termini di ammortizzatori sociali. Al contrario, c'è bisogno di compiere una effettiva riflessione rispetto alle politiche della FIAT negli ultimi anni, proprio a partire dalla vicenda Alfa Romeo che, personalmente, conosco molto bene, essendo dipendente
della Alfa Romeo di Arese. Conosco, cioè, tutta la vicenda che ha condotto alla acquisizione degli stabilimenti ex Alfa Romeo da parte della FIAT e le opportunità che si presentarono allora. Sappiamo molto bene che ci sono elementi non particolarmente trasparenti nella fase di acquisizione anche in termini di pagamenti, che sono stati effettuati, sostanzialmente, con partite di giro iniziate alla fine degli anni '80. L'acquisizione è del 1987, cioè 15 anni fa, e i pagamenti sono avvenuti tra il 1990 e il 1992. Non sappiamo molto bene se tutto questo sia stato realizzato correttamente fino in fondo anche perché, successivamente, vi sono state una alienazione dei territori della zona dell'Alfa Romeo di Arese, il fallimento di un piano di reindustrializzazione di un consorzio che prevedeva la presenza della regione, della provincia, dei quattro comuni che insistono sull'area e così via.
deve essere forte in un'area così devastata sul piano occupazionale; se arrivasse anche una «mazzata» tremenda, come quella che si prospetta su Pomigliano D'Arco, credo che si verificherebbe una situazione assolutamente ingovernabile e inaccettabile. Perciò, è necessario ragionare in termini di gruppo FIAT, perlomeno per quello che riguarda il territorio nazionale. Questo, ormai, non è facilissimo perché il gruppo italiano non ha il comando sulle sue produzioni.
GIANNI VERNETTI. Anch'io ringrazio per il contributo prezioso fornito sia da Chiamparino che da tutti gli altri sindaci delle città direttamente coinvolte dalla presenza importante di attività industriali del gruppo FIAT e, in particolare, di FIAT auto. Condivido gran parte delle analisi svolte dal sindaco Chiamparino e anche più di una riflessione dei suoi colleghi dei centri più piccoli ma importanti per il sistema auto. In particolare, volevo porre alcune questioni al sindaco di Torino. Non c'è dubbio che la crisi FIAT sia sostanzialmente connessa a quei passaggi da lui descritti, in particolare per i difetti nel prodotto. Prodotti che, in particolare, su alcuni segmenti in questi ultimi anni non sono stati in grado di essere realmente competitivi e, quindi, anche il ritardo nell'individuazione di un partner strategico ha prodotto la condizione di crisi.
è la prima che, con un accordo con il Ministero dell'ambiente, ha realizzato con Iveco e con il centro di ricerca FIAT un prototipo di autobus a idrogeno, peraltro già circolante) sono interventi importanti ma che lavorano su un'asse dei tempi che va al di là di questa crisi.
PRESIDENTE. Vorrei ricordare che l'indagine conoscitiva verte sul settore auto. Capisco che vi siano delle connessioni anche di natura finanziaria, ma non dobbiamo allargare troppo il campo della discussione; vi invito quindi ad attenervi al tema dell'indagine conoscitiva, che è prevalentemente di natura industriale e riguarda il settore dell'auto.
GIORGIO BENVENUTO. Signor presidente, il mio approccio è simile a quello del sindaco Chiamparino. Ricordo a me stesso e a tutti i colleghi l'importanza dell'auto e il suo significato strategico. La sua incidenza sul prodotto interno lordo è del 9 per cento, l'occupazione tra diretti ed indiretti è 1 milione 500 mila, cioè il 7 per cento del totale degli occupati; quest'anno la probabile caduta della vendita di auto nel nostro paese, all'incirca 400 mila vetture di cui quasi la metà sono di produzione italiana, significa 2 mila e 200 miliardi di minor gettito dal punto di vista fiscale. Ho ricordato tutto ciò per ribadire l'importanza della ricerca di soluzioni concrete a fronte della rilevanza dei dati numerici richiamati.
iniziative - e l'ho chiesto anche per il Piemonte - di riduzione dell'IRAP che si riferiscono, soprattutto, alle piccole e medie aziende.
PRESIDENTE. Probabilmente il collega Benvenuto si riferiva a Pomigliano d'Arco e non ad Arese.
RENATO CAMBURSANO. Ho letto il documento che il sindaco Chiamparino ha predisposto, nel quale vengono affrontati alcuni temi e ipotizzate risposte alla crisi del settore. Come lui, circa dieci anni fa ero sindaco di Chivasso, nel periodo in cui quello stabilimento veniva chiuso. Lo dico non per ricordare che sono stato primo cittadino di quella città ma perché ancora 20 giorni prima che quello stabilimento venisse chiuso, gli alti dirigenti di corso Marconi allora - oggi sappiamo dove stanno - dissero chiaramente che lo stabilimento non sarebbe stato chiuso. Eppure, pochi giorni dopo lo stabilimento Lancia (gruppo FIAT) di Chivasso venne chiuso! Verrebbe da dire che chi è bruciato dall'acqua calda a volte ha paura anche dell'acqua tiepida o addirittura dell'acqua fredda.
auto FIAT in Italia nel 2001 ammonta a circa il 38 per cento della quota nazionale; va detto però che di questo 38 per cento (come è stato da più parti ricordato e al riguardo basta interpellare i concessionari per saperne di più), almeno l'8 per cento è dato dal cosiddetto «chilometro zero». Si tratta di automobili vendute da «FIAT a FIAT» e poi ai privati cittadini o alle imprese che volessero comprare macchine che nel frattempo sono state immatricolate. Quel valore pertanto rientrava nella cosiddetta quota venduta a se stessa dall'azienda. La quota di produzione e di vendita di auto della FIAT in Italia è quindi abbondantemente inferiore alla quota del 38 per cento citata prima. Di qui nasce il mio pessimismo.
SERGIO GAMBINI. Desideravo chiedere al sindaco di Torino alcune precisazioni sul suo intervento allorché ha fatto cenno ai veicoli ecologici. Abbiamo ascoltato in precedenti audizioni, soprattutto da parte di rappresentanti dei costruttori di automobili italiani, che l'unico vero vantaggio competitivo che, in questo momento, la FIAT ha sulle altre imprese automobilistiche internazionali è il motore a gas metano. È questo il settore in cui siamo più avanti di altri e dove potremo giocarsi la partita per quanto riguarda il futuro.
VALTER ZANETTA. L'analisi svolta dal sindaco Chiamparino mi è parsa realistica e molto impietosa. Vivendo in Piemonte, mi sorprende che vengano denunciate in modo forte situazioni di questo genere, riguardanti un decennio, in una sede pubblica e di grande ufficialità. Quando parla di inefficienza finanziaria del gruppo, di difficoltà riguardanti i modelli, si riferisce ad aspetti che hanno sicuramente contribuito notevolmente alla crisi; tuttavia, si tratta di questioni note, che in Piemonte
conosciamo bene. Le vicende FIAT sono sui giornali da tempo, le dichiarazioni dello stesso sindaco Chiamparino anche. Ho ascoltato, quindi, con una certa sorpresa le riflessioni che ci ha esposto quest'oggi. Questa mia considerazione è anche in parte di ordine politico poiché ci stiamo confrontando con dei sindaci di città più o meno grandi. Invito tutte le forze politiche a scegliere le possibili soluzioni con grande concordia e serenità. È gratuito segnalare la rilevanza del sindacato e lanciare appelli simili in sedi importanti come la nostra, poiché noi siamo pronti ad ascoltare tutti gli attori della grande vicenda con grande preoccupazione, e proprio nelle prossime audizioni ascolteremo anche i sindacati. Anche le soluzioni che il sindaco Chiamparino ha ipotizzato non sono altro che opzioni già dibattute all'interno delle Commissioni riunite. Vorrei che ci soffermassimo veramente sulle proposte e sulle possibili, difficili e complesse soluzioni. In altra sede anch'io ho chiesto, come il sindaco di Pomigliano d'Arco, di calcolare quanti finanziamenti lo Stato abbia concesso alla FIAT in passato; tuttavia oggi ci troviamo di fronte una situazione grave e più generalizzata che interessa tutto il settore dell'auto e non una singola azienda. Pertanto, ritengo utile definire percorsi che ci consentano in breve tempo di attivare dei provvedimenti legislativi.
LORIS GIUSEPPE MACONI. Purtroppo, non è il sindaco di Torino ad essere impietoso nei confronti della FIAT, ma è il mercato a segnalarci che ci troviamo di fronte ad una crisi non congiunturale, ma strategica, di questa azienda. Tutti i soggetti interessati - comuni, regioni, Parlamento - sono impegnati ad individuare una possibile soluzione. Fra le proposte citate, il sindaco di Torino ha dato importanza alle politiche di sostegno da parte del sistema pubblico, in particolare in direzione dell'auto ecologica. Tuttavia, il collega Malabarba ha già ricordato l'esito infelice della produzione di auto elettriche ad Arese, che, finanziata con soldi pubblici, verrà interrotta tra pochi mesi, e su cui prossimamente ascolteremo anche la FIAT. Mi sembra giusto non riproporre la soluzione della rottamazione, ma, visto che la situazione delle macchine circolanti in Italia è quella che ci ha descritto il collega Benvenuto, vorrei chiedere al sindaco di indicarci quali possono essere, secondo lui, i sostegni di carattere pubblico e fiscale per favorire il ricambio del parco circolante nel nostro paese.
PRESIDENTE. In queste settimane ho raccolto dei dati e fatto alcuni calcoli. Mi
risulta che negli ultimi anni al gruppo FIAT sono stati dati: 1135 miliardi di lire per quanto riguarda la quota dell'integrazione salariale a carico dello Stato; altri 700 sono attribuibili agli oneri per prepensionamenti; 300 per le indennità ai lavoratori in mobilità; 6059 miliardi legati ai finanziamenti agevolati al Mezzogiorno; 328 miliardi come contributi a fondo perduto per la legge 488/92; 600 miliardi per esenzioni fiscali; 900 miliardi dalla legge sugli incentivi alla rottamazione in base alla quota di riferimento sul mercato. In totale si tratta, per difetto, perché non ho completato l'opera - e chiedo scusa per la artigianalità che contraddistingue questa comunicazione - di 10 mila miliardi di lire, che corrispondono esattamente agli utili che la società ha distribuito nello stesso periodo. Spero di aver soddisfatto le curiosità del sindaco di Pomigliano d'Arco.
SERGIO CHIAMPARINO, sindaco di Torino. In qualche modo, signor presidente, ha soddisfatto anche la mia curiosità perché si tratta di un calcolo che aiuta. Ringrazio i componenti delle Commissioni per le loro domande e cercherò di rispondere il più rapidamente possibile.
città, di non consentire più l'accesso nei centri storici, nelle zone a traffico limitato, ai veicoli non catalizzati, nei giorni lavorativi o nei giorni centrali della settimana, la combinazione dei due provvedimenti potrebbe rappresentare una forma di incentivo, per così dire, indiretto più efficace di quanto non lo sia l'incentivo concernente la singola vettura.
PRESIDENTE. Ringrazio il sindaco di Torino e dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta, sospesa alle 18,45, è ripresa alle 18,50.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'industria dell'automobile, l'audizione dei rappresentanti dell'Organizzazione internazionale dei costruttori di automobili (OICA). Sono presenti il dottor Emilio Di Camillo, ex presidente ed attuale tesoriere dell'OICA (direttore generale dell'ANFIA - Associazione nazionale fra industrie automobilistiche) e il dottor Severino Briccarello, direttore dell'ufficio di Roma dell'ANFIA, che ringrazio per aver accolto l'invito.
EMILIO DI CAMILLO, Direttore generale dell'ANFIA-Ex presidente e attuale tesoriere dell'OICA. La ringrazio, presidente, e saluto tutti i presenti. Sono contento di essere stato invitato a questa audizione a rappresentare l'OICA, cioè l'organizzazione internazionale di costruttori di autoveicoli.
PRESIDENTE. Ringrazio il dottor Di Camillo per il suo intervento e per la documentazione che ha trasmesso alle Commissioni.
GIORGIO BENVENUTO. A proposito dei dati che sono stati poc'anzi illustrati, vorrei sapere se i nostri ospiti siano in grado di fornirci un esame particolareggiato della situazione fiscale nei diversi paesi ed, in particolare, in relazione agli effetti sul settore dell'automobile. Ciò per permetterci di comprendere se si configurino per alcuni paesi (ad esempio, l'Italia) delle conseguenze negative per quanto riguarda l'industria dell'automobile.
ALBERTO NIGRA. In merito ai dati interessanti inerenti l'effetto moltiplicatore sull'occupazione, vorrei, invece, sapere se nel caso in cui si perdano posti di lavoro l'effetto moltiplicatore sia assorbito completamente oppure esistono dei dati a disposizione che dimostrano un suo auspicabile contenimento.
(Così rimane stabilito).
Invito il dottor Chiamparino, sindaco di Torino, e, di seguito, gli altri sindaci ad intervenire. Successivamente, i colleghi parlamentari potranno formulare le loro domande e concluderemo con brevi repliche da parte degli auditi.
Desidero iniziare da una analisi della situazione di estrema difficoltà del gruppo FIAT, che credo non abbia bisogno di essere ulteriormente descritta, nel senso che i dati relativi al calo della redditività, alla crescita dell'indebitamento, alla perdita di quote di mercato in Italia e in Europa e alle ripercussioni in termini di occupazione (tornerò successivamente su questo tema, prospettando anche alcuni scenari diversi dal punto di vista delle implicazioni sull'indotto, con riferimento anche ad analisi diverse che, peraltro, troverete per esteso nel testo che vi ho consegnato) mostrano una situazione di estrema gravità. Tuttavia, ci tengo a ricordare in apertura che, come spesso può accadere quando si verificano situazioni davvero di estrema gravità che richiedono cambiamenti, essa può anche offrire alcune opportunità. Questo non è un punto di vista politico. Mi permetto di affermare, essendo stato anch'io un protagonista per qualche tempo, che considero rilevante, soprattutto dal punto di vista dei messaggi politici che possono venire da queste audizioni, saper cogliere, insieme alle estreme difficoltà e alla estrema gravità
Individuerei i fattori principali, innanzitutto, nel processo di mondializzazione iniziatosi negli anni '90, che aveva una sua lungimiranza, cioè puntare sui paesi emergenti e sui paesi in via di sviluppo con la world car, cioè la piccola vettura, soprattutto per i paesi emergenti europei. Questa strategia ha incontrato i suoi limiti, da un lato, nelle vicende che hanno interessato gli Stati dell'America latina e, soprattutto, nelle crisi finanziarie che hanno stravolto le dinamiche economiche di quei paesi; dall'altro, a mio avviso (anticipando una considerazione che riprenderò più avanti), nella insufficienza della struttura finanziaria del gruppo la quale, per affrontare una proiezione mondiale di quelle dimensioni del settore dell'auto, cui deve essere anche affiancata quella di altri asset industriali e non solo, avrebbe dovuto essere, probabilmente, di ben altra quantità e qualità, per poter resistere alle incertezze dei mercati dei paesi in via di sviluppo e alla necessità di investimenti per realizzare sviluppo nei mercati più avanzati dove, come è noto, le quote di mercato richiedono crescenti tassi di investimento per unità di prodotto.
A ciò deve essere aggiunta una debolezza produttiva che si è mostrata particolarmente evidente con la crisi di prodotto successiva alla commercializzazione della Fiat Punto. Ad eccezione di alcuni modelli della Alfa Romeo, non ce ne sono altri che siano stati in grado di «sfondare» e conquistare quote di mercato, né in Italia né in Europa. Dal punto di vista industriale, ciò accelera l'esigenza di realizzare nuovi modelli. Tuttavia, è necessario ricordare che i nuovi modelli non si inventano e questa accelerazione presenta alcuni vincoli oggettivi. La stessa Fiat Stilo, com'è noto, almeno all'inizio non sembra mostrare dati particolarmente confortanti. Tutto questo rende la situazione industriale, almeno nel breve periodo, ancora più complessa.
Inoltre, vorrei che non si dimenticasse la circostanza dell'introduzione dell'euro. È evidente che nella competizione sul piano europeo, in un regime di cambi flessibili, era possibile far rientrare attraverso la svalutazione ciò che non entrava attraverso la competitività di prodotto. Un regime di cambi fissi è evidente che contribuisca al peggioramento. D'altro canto, io affermo che questo regime, finalmente, introduce un elemento di incentivo e di stimolo alla competitività di prodotto ed elimina un volano che distribuiva sotto forma inflazionistica in tutto il paese le carenze di competitività dell'industria. Tuttavia, questo ha contribuito sicuramente, insieme agli altri fattori che ho ricordato poc'anzi, alle difficoltà dell'impresa. Infine, si è giunti probabilmente tardi, tra l'altro con modalità che riguardano solamente alcuni asset industriali e non la struttura finanziaria del gruppo, ad un accordo strategico con un altro partner e ciò ha ulteriormente ritardato quel rafforzamento finanziario, prima ancora che industriale, del gruppo che, non da oggi, è una delle condizioni per «reggere» la competitività sul piano globale. Vorrei aggiungere che in una situazione di questo genere, con quote di mercato decrescenti e - questa è una caratteristica storica di FIAT - concentrate su prodotti con un valore aggiunto relativamente basso, evidentemente la crescita dell'indebitamento insieme al calo di redditività completano il quadro.
Ho sintetizzato in tal modo i fattori, che a me sembrano i principali, che hanno condotto alla situazione attuale.
È evidente a tutti i commissari che si tratta di fattori che agiscono con forme e modalità diverse ma dall'ultimo decennio e, quindi, non si tratta di questioni dell'ultimo anno. Per quanto riguarda le ripercussioni sull'occupazione, facendo riferimento a tre analisi diverse (una dell'associazione delle piccole imprese, l'API di Torino, l'altra della FIOM Piemonte e l'ultima predisposta dai professori Giovanni Balcet e Aldo Enrietti dell'università di Torino), nel testo ho delineato tre diversi scenari sul rapporto fra effetti diretti e quelli sull'indotto, in modo che i commissari possano valutare.
Nel primo caso l'API stima che circa il 40 per cento delle imprese associate non abbiano più del 30 per cento del fatturato su FIAT e, dato che il 28-29 per cento delle stesse ha invece un'incidenza uguale o superiore al 60 per cento, tutto ciò porta ad un moltiplicatore di circa uno a due. La FIOM Piemonte generalizza il dato di un'incidenza di più del 60 per cento sul fatturato dell'indotto su FIAT e questo porta ad un moltiplicatore di uno a tre, che, sommato alle eccedenze dirette, porta ai circa 11 mila 500 casi di possibili esuberi. Nel caso dello studio universitario - che, per certi aspetti, è quello più sofisticato dal punto di vista analitico - si stima un moltiplicatore dell'1,14. Ho voluto fornire questi scenari perché danno, soprattutto, l'idea che il quadro sia difficilmente definibile in termini precisi e penso che, paradossalmente, possano essere valide tutte le tesi o, perlomeno, il punto dove si possa fermare l'effetto occupazionale fra diretti ed indotti dipende molto anche dai tempi e dai tipi di interventi che si riusciranno a fare.
È chiaro che se si assume una situazione che non riesce ad invertire o, quanto meno, a dare segnali di inversione nel breve e medio periodo, il rischio è che l'effetto a catena possa andare anche oltre le cifre più pessimistiche indicate, cioè oltre i 12 mila casi. Ragionevolmente, mettendo insieme queste analisi, ritengo che l'effetto doppio fra occupati diretti ed indiretti non sia un calcolo di prima istanza fuori dalla logica. Quali risposte possono essere date a questi effetti occupazionali? Vorrei sintetizzarle in una battuta: credo che ormai siamo giunti ad un punto in cui bisogna riuscire a fare operazioni che per tutto il gruppo FIAT - e, quindi, per tutti gli assets industriali e non solo - siano, al tempo stesso, di rafforzamento finanziario e di politica industriale.
In estrema sintesi, la scelta politica che è davanti a tutti noi - poi ognuno agirà con le sue responsabilità - è quella di lavorare perché l'auto e le altre parti del gruppo FIAT siano o diventino oggetto di operazioni che puntino, da un lato, a recuperare una solidità e una forza finanziaria e, dall'altro, lo facciano diventando anche opportunità per sviluppare delle politiche industriali. Da questo punto di vista, penso che occorra puntare - e credo che vi siano ancora le condizioni - ad un rafforzamento autonomo dell'auto italiana e sarebbe sbagliato rinunciare ad una presenza autonoma in questo settore, dato che ancora per lungo tempo produrrà e diffonderà innovazioni di processo e di prodotto significative, con effetti diffusivi.
Credo che sia importante puntare in questa direzione anche nel caso in cui si dovessero affrontare altre evenienze e ci si dovesse misurare con General Motors o con altri interlocutori per trovare soluzioni che possano anche mettere in discussione l'autonomia degli assetti di governo del gruppo FIAT auto. In altri termini, se puntassimo ad una strategia alta, credo che saremmo più forti per poter negoziare anche nel caso in cui ci trovassimo a fronteggiare una situazione in cui bisogna fare i conti con altri partner e, segnatamente, con quello che già lo è, per il quale sono già previsti un percorso e delle scadenze.
Occorre lavorare sugli altri assetti industriali del gruppo, evitando di operare solo in una logica di cassa e, quindi, quando parlo degli altri assets del gruppo, penso a quelli industriali e finanziari. È necessario lavorare perché questi - se necessario, mettendo in discussione gli attuali assetti di comando delle singole attività - siano certamente occasione per recuperare risorse che permettano di potenziare
Per quel che riguarda ciò che il Parlamento e il Governo possono fare, credo che non serva rinnovare o reintrodurre politiche di rottamazione, termine che definisce un certo tipo di intervento che vi è stato in passato, ha avuto un suo ruolo ma mi sembra esaurito. Se sussistono le condizioni finanziarie, credo che sia utile implementare le politiche di sostegno alla mobilità ecocompatibile che, peraltro, il Governo ha già avviato con risorse che sono insufficienti rispetto alla dimensione del problema ma che potrebbero essere di grande utilità - lo dico come sindaco - prima di tutto per introdurre gradualmente una selezione nelle modalità di trasporto e di viabilità nei periodi più inquinati dell'anno, avendo la possibilità di offrire e sostenere forme alternative di trasporto e di propulsione, senza agire soltanto attraverso i divieti: in questo caso, penso soprattutto al discorso delle flotte pubbliche, sia a quelle di trasporto sia ai taxi.
Si tratta di un progetto sul quale vi sono già degli investimenti e penso che, se nella prossima finanziaria vi fosse la possibilità di incrementare ed implementare questo tipo di politica, potrebbe mobilitare una parte del mercato veicolistico e, soprattutto, offrirci la possibilità di attuare politiche ambientali più rigorose. Credo sia positiva la proposta emersa di una riduzione significativa di tasse sul trasferimento di proprietà delle automobili; anche se non si tratta di una politica a favore di un produttore, può far lievitare il mercato, compreso quello dell'usato, oltretutto senza ledere le regole della concorrenza ma andando incontro ai consumatori.
Sarebbe importante, relativamente al mantenimento ed al rafforzamento di una presenza autonoma dell'Italia nel settore automobilistico, se - a partire dal prossimo Documento di programmazione economica e finanziaria - fossimo in grado di incrementare gli investimenti nel campo della ricerca, in particolar modo della ricerca finalizzata alla mobilità sostenibile ed ai sistemi di propulsione pulita.
Vorrei infine spendere una parola sulla questione delle ricadute occupazionali, anche dal punto di vista della trattativa sindacale. Credo che, al riguardo, sarebbe molto importante se da qui emergesse un segnale nei confronti dell'azienda affinché questa nel prossimo incontro - mi sembra alla fine del mese - dia un segnale alle parti sindacali che vada nel senso di maggior trasparenza e garanzia dal punto di vista del piano industriale, quindi delle garanzie occupazionali nel medio periodo; ciò come condizione che permetta anche alle organizzazioni sindacali di rapportarsi unitariamente a questa iniziativa di sistema cui tutti insieme dobbiamo partecipare per governare questa partita. Questo è il messaggio che mi interessa lasciare.
Senza entrare nel merito delle divisioni sindacali che hanno altra natura e nascono da altre vicende, credo comunque che sarebbe grave se, su una questione di questo genere, tutto il sindacato, unitariamente, non fosse uno dei protagonisti del gioco di squadra, mi si permetta di usare questa espressione, che enti locali, Governo e parti sociali devono fare.
Per fare ciò, credo che i segnali di trasparenza relativi alle informazioni ed alle garanzie che il piano industriale può dare credo possano essere in questa fase determinanti. Per il resto, rinvio alla nota scritta che ho trasmesso e sono a disposizione dei componenti delle Commissioni per rispondere alle domande che eventualmente intendano porre.
Do ora la parola al sindaco di Cassino, dottor Scittarelli.
L'iniziativa assunta da queste Commissioni interviene in un momento particolare che a mio avviso stanno attraversando anche gli altri comuni interessati, Melfi e Pomigliano d'Arco. Si tratta di un'iniziativa che abbiamo molto apprezzato perché in qualche modo ci dà anche il coraggio di andare avanti. Però riterrei più opportuno ascoltare gli interventi più che parlare perché penso che la soluzione del problema non sia alla nostra portata. Ho comunque letto con molta attenzione il programma approvato dalle Commissioni e l'ottimo lavoro svolto è esplicativo di quello che potrà essere il futuro del gruppo FIAT nel nostro paese.
Mi limito a svolgere una semplice riflessione su ciò che stiamo attraversando a Cassino in questi ultimi mesi e le ripercussioni che la crisi della FIAT ha avuto sul territorio del Cassinate in generale. La FIAT, con l'indotto, occupa nella nostra zona 12 o 13 mila lavoratori, senza tener conto poi di tutti gli altri lavoratori interessati, anche se non direttamente, che lavorano attorno alla FIAT ed al suo indotto.
Se in una città come Cassino, che ha 35 mila abitanti, la FIAT ed il suo indotto entrano in crisi, ciò comporta che il sindaco, l'amministrazione, e comunque tutti coloro i quali sono impegnati nel sociale, non possono più passare una giornata tranquilla. In questo momento, mentre mi trovo qui, è in corso proprio a Cassino l'ennesima riunione tra sindacati e forze politiche. Siamo continuamente convocati in un consiglio comunale quasi permanente e se il presidente Tabacci lo riterrà utile trasmetterò alle Commissioni un ordine del giorno votato dal nostro consiglio comunale, utile per chiarire questa situazione. Ciò anche per cercare di star vicino ai lavoratori e, in qualche modo, tranquillizzarli perché il problema dal punto di vista sociale è abbastanza serio e preoccupante.
Da nostre indagini, scaturiscono dati molto più pessimistici di quelli richiamati dal sindaco Chiamparino, che mi ha preceduto; infatti, insieme ad ogni dipendente FIAT che viene in questo momento messo in mobilità o in cassa integrazione, vengono coinvolti altri 3 lavoratori. Immaginate cosa ciò significhi se non riusciamo a superare un momento così negativo per l'azienda FIAT di Cassino. Oltre a rappresentare il disagio da noi vissuto, vi è poco altro che l'ente locale può fare in questo momento. In merito alle iniziative del comune, delle forze sociali, e dei sindacati, sottolineo che in questo momento si corre purtroppo anche il rischio di una corsa a quella che può essere la paternità di un iniziativa piuttosto che di un'altra e ciò è assurdo se si fa sulla pelle dei lavoratori. Finalmente da qualche giorno abbiamo superato questo stupido antagonismo e, insieme ai sindacati e alle varie forze sociali, stiamo lavorando in sintonia e ci siamo permessi di avanzare l'unica proposta per noi possibile, cioè quella di cercare di sensibilizzare la FIAT e, attraverso i dirigenti della zona di Cassino, invitare la dirigenza di Torino a voler, eventualmente, prevedere nella nostra città quelle iniziative utili per creare un'economia di scala.
Siamo a disposizione per tutto ciò che è nelle nostre possibilità fare per facilitare questi insediamenti. In particolare, grazie a studi e ricerche compiuti insieme a esperti e ai sindacati, siamo giunti alla conclusione che per lo stabilimento FIAT di Cassino l'unica soluzione che può portare in questa direzione sia quella di prevedere la nascita di un distretto industriale della componentistica. Pertanto, ci siamo attivati in questa direzione, addirittura cercando di creare un'azienda autonoma tipo ASI (area di sviluppo industriale) e di prevedere, appunto, un distretto per la componentistica. Oltre a ciò, accoglieremo con molto piacere altre iniziative che certamente ci vorrà suggerire la stessa FIAT, tenendo in considerazione, chiaramente, i limiti delle nostre possibilità. Faremo quindi tutto quanto è possibile, come abbiamo già dimostrato, per far
Signor presidente mi fermo qui; d'altra parte, l'ordine del giorno invita il sindaco, le forze sociali e il presidente della giunta regionale ad una continua mobilitazione e di qui è scaturita la proposta di un distretto della componentistica. Di altre cose non parlerò perché farei soltanto della demagogia; non sarebbero cose alla nostra portata mentre è certamente questa la sede deputata ad assumere winiziative molto più importanti che possano, in qualche modo, anche obbligare la FIAT a tranquillizzare i lavoratori della mia città. Grazie.
È importante sottolineare lo sconvolgimento che si è verificato nella nostra zona in questi anni. A tutt'oggi, non sono state completate tutte le fasi infrastrutturali riguardanti sia la viabilità sia il trasporto ferroviario e, soprattutto, non è stato completato il controllo ambientale. Non abbiamo analisi da offrire alle Commissioni, né, tanto meno, abbiamo soluzioni, poiché il confronto che abbiamo con l'azienda è lontano dalle problematiche che hanno investito l'economia automobilistica. I modelli di vetture costruiti a Melfi tengono ancora il mercato; d'altra parte, una sola settimana di cassa integrazione è indicativa della solidità delle prospettive dello stabilimento rispetto a quelle più generali della FIAT.
Chiediamo di non essere lasciati soli ad affrontare questa vicenda (parlo a nome anche di altri piccoli comuni vicini alla mia città), nel cui ambito ognuno degli addetti FIAT potrebbe rappresentare un problema sociale nel caso in cui si verificassero situazioni estreme come quelle ipotizzate. Per conto nostro, chiediamo che si possa contare su forme alternative a questa monocultura industriale e stiamo predisponendo atti più generali per far sì che altri tipi di imprese possano lavorare nel nostro territorio per ridurre al minimo l'impatto negativo che potrebbe avere l'incerto futuro della FIAT.
Sono queste le mie preoccupazioni e ringrazio il presidente per l'opportunità che ha concesso al mio comune di poterle esprimere per mio tramite.
Ritengo si tratti di una questione fondamentale, da cui bisogna partire. Se mettessimo insieme tutti i finanziamenti, diretti ed indiretti, credo che il maggior azionista del gruppo FIAT sarebbe lo Stato italiano. È un punto da considerare con la dovuta attenzione, anche perché in questo momento non si sa dove si stiano decidendo le sorti del gruppo (io ignoro se lo si stia facendo in Italia o in altri luoghi del mondo). Ciò che so è che qualche anno fa, dopo un'estenuante trattativa, fu deciso dall'allora Governo italiano di cedere il gruppo Alfa Romeo al gruppo FIAT per salvaguardare un «interesse nazionale». In che misura in tutti questi anni è stato salvaguardato questo «interesse nazionale»?
In base a considerazioni del genere, si può decidere il tipo di intervento pubblico più adatto: non si può uscire da questa situazione soltanto attraverso la garanzia degli ammortizzatori sociali, o di altri interventi di questa natura, da parte dello Stato. Se invece sono queste le regole del gioco, è evidente che le istituzioni pubbliche diventano totalmente subalterne di scelte prese in sedi private.
Tutto ciò mi porta a fare un ragionamento guardando alla realtà che conosco più direttamente. Abbiamo degli stabilimenti FIAT, ex Alfa Romeo, che lavorano con diverse imprese nel nostro territorio, il cosiddetto indotto. L'impressione che noi abbiamo, lo abbiamo già detto alcuni mesi fa, è che sia stato messo in piedi un sistema molto fragile. Al riguardo non siamo tranquilli come il collega di Melfi, anzi siamo fortemente preoccupati che questa situazione possa degenerare, proprio perché non si capisce bene dove si stia giocando questa partita. Molte delle aziende dell'indotto non sono più italiane. Ultimamente, in una vertenza sui cablaggi non si riuscivano a trovare i proprietari di un'azienda con centinaia di lavoratori che rischiavano di essere licenziati. Si è poi scoperto che erano francesi.
Immaginate questo che cosa significa se mettiamo insieme tutto l'attuale indotto del gruppo FIAT. Questi sono dati importanti che devono essere considerati! Lo Stato, il settore pubblico, il Governo in questi anni sono stati dentro questa vicenda. Io conosco un dato: tutti gli acquisti di prodotti assemblati negli stabilimenti FIAT non sono decisi in Italia, ma in Germania, da una società mista controllata al 50 per cento dalla FIAT e, per il restante 50 per cento, dalla General Motors. Si va avanti di questo passo. Sul punto richiamato anche dal sindaco di Torino sono molto d'accordo, cioè sulla storia della proprietà nazionale.
Come ho affermato prima, noi possiamo, come sindaci, come rappresentanti degli enti locali, esprimere soltanto il nostro punto di vista. Se c'è una trattativa, se ci deve essere un intervento pubblico, io credo che esso debba considerare questi elementi come elementi fondamentali. Credo che non dobbiamo rinunciare, soprattutto perché ci sono alcune storie, od alcune professionalità e, se volete, od anche alcuni marchi, come il marchio Alfa Romeo, che, nonostante gli errori, nonostante le responsabilità e nonostante una conduzione non sempre coerente da parte del gruppo dirigente della FIAT, hanno un loro peso e sono tipicamente italiani. Credo che dobbiamo insistere su questo, altrimenti dovremmo riconoscere che circa dieci anni fa è stato commesso un gravissimo errore scegliendo FIAT e non scegliendo, invece, gli americani che volevano acquisire le aziende dismesse dalle Partecipazioni statali. Penso che quello non fu un errore, però adesso dobbiamo stare molto attenti.
La situazione è particolarmente confusa e direi che varrebbe la pena di ragionare in termini di attività produttive per quello che riguarda il piano industriale del gruppo FIAT, perché altrimenti si verifica il rischio che anche gli enti locali, in qualche modo, rientrino in una logica di competizione tra di loro, ognuno puntando alla salvaguardia della - per così dire - propria occupazione. A questo riguardo, vorrei fare un riferimento preciso: non ho ben chiaro che cosa intendesse il sindaco di Cassino rispetto al distretto industriale per la componentistica. Da questo punto di vista, se dovessimo guardare a che cosa effettivamente dobbiamo prendere in considerazione oggi dentro al gruppo General Motors, non mi è ben chiaro che cosa ciò potrebbe significare a Cassino. Mi è più chiaro, invece, ciò che non dovrebbe essere realizzato: ad esempio, una localizzazione delle produzioni delle auto cosiddette ecologiche o a bassa emissione in distretti diversi da quelli che erano stati previsti inizialmente.
Non faccio mistero della esistenza di un finanziamento pluriennale sul sito dell'Alfa Romeo di Arese. La FIAT (lo ascolteremo domani) in questi giorni ci dice che non è garantito il futuro neppure di qui a tre mesi. Lì ci sono ancora 2 mila 200 dipendenti, c'è un impegno produttivo importante, c'è un Governo che ha la responsabilità, da questo punto di vista, anche di garantire che l'impegno sia mantenuto: si tratterebbe di capire che cosa succede. Mi sarei aspettato la presenza, qui, di rappresentanti, più che di Melfi, di un altro sito maggiormente a rischio, quello di Arese, il quale ha, ormai, dimensioni più ridotte ma credo che significhi qualcosa dal punto di vista degli enti locali, proprio per gli investimenti realizzati in quella zona. Tali investimenti non sono assolutamente secondari rispetto a quelli, già importantissimi, che sono stati effettuati nel Mezzogiorno con l'avvio dello stabilimento di Melfi. Vorrei capire che fine abbiano fatto i soldi che sono stati spesi dallo Stato per il gruppo Alfa Romeo, in particolare nella zona di Arese, perché ho l'impressione che siano serviti, soprattutto, per pagare le casse integrazioni, la mobilità e altre cose di questo genere e soltanto in piccola parte per investimenti finalizzati alla qualificazione tecnologica del prodotto. Adesso ascoltiamo che sono queste le difficoltà, soprattutto per il gruppo FIAT, nell'ambito della crisi del mercato dell'automobile. Altre case automobilistiche, che hanno realizzato, tra l'altro, iniziative sul piano dei contratti di lavoro particolarmente avanzate - vedi la Volkswagen - si trovano in condizioni migliori. Questo vale anche per la stessa Renault, rispetto alla FIAT, pur in un quadro generale di difficoltà del mercato dell'auto. Si tratta, soprattutto, di contributi provenienti dall'Unione europea, per quanto riguarda la ricerca, e dallo Stato italiano.
Credo che su questo dovremmo accentrare la nostra attenzione, perché dovremmo chiedere alla FIAT, in particolare, nel corso delle prossime audizioni, quali siano gli impegni sul piano industriale per lo sviluppo. Altrimenti, rischiamo di avere una discussione con gli enti locali che sono preoccupati, appunto, di ritagliarsi uno spazio e di sapere di che cosa dispongano, a Pomigliano d'Arco, per evitare l'atteso disastro prossimo venturo. La preoccupazione
In una precedente audizione, rivolsi una domanda al riguardo a Cantarella, il quale mi rispose un po' arrabbiato. Penso che anche la sua sorte personale sia significativa da questo punto di vista. La risposta alla mia domanda era esattamente quello che tutti quanti sappiamo: che il gruppo italiano FIAT conta poco nelle scelte del gruppo FIAT. Conta qualcun altro, che forse ha un interesse a ramazzare a basso prezzo ciò che rimane di questa impresa.
Questo produce conseguenze occupazionali terrificanti nel nostro paese; però, se comanda qualcuno che sta da un'altra parte, forse, è meglio sentirlo e ragionare insieme per capire se abbia dei piani industriali insieme al gruppo FIAT italiano perché, altrimenti, facciamo una cosa molto di apparenza e poco di sostanza.
Volevo chiedere se esista un ragionamento per l'area lombarda in relazione alle scelte già fatte per il finanziamento delle produzioni previste in quella zona e, su tale questione, verificheremo anche le risposte fornite dalla FIAT.
Sono profondamente convinto che - come l'ideogramma cinese crisi mette insieme due simboli, cioè pericolo ed opportunità -, tale crisi possa rappresentare anche un'opportunità per l'area torinese e per la stessa FIAT. Per quanto riguarda le possibili soluzioni, volevo chiedere quale fosse la sua opinione sul tema degli incentivi cosiddetti ambientali. Per esempio, non sono pregiudizialmente contrario ad azioni pubbliche che, in qualche modo, affrontino il problema di ridurre - se non, con un obiettivo in tempi certi, di abolire - la presenza nel paese di 9 milioni di veicoli non catalizzati. Questi ultimi rappresentano quasi un terzo del parco auto circolante e si tratta di veicoli con un alto impatto ambientale e con condizioni di scarsa sicurezza. Quindi, essendo oggi la vendita del gruppo FIAT non superiore al 38 per cento (secondo i dati che ci forniva la scorsa settimana le case automobilistiche straniere, esse hanno, ormai, un mercato del 62 per cento), non vi è dubbio che una forma di incentivazione al rinnovo del parco auto circolante - chiamiamolo come vogliamo se il termine rottamazione appare inadeguato -, con l'eliminazione di quello vetusto, costituisca un fatto positivo per il paese.
Inoltre, ritengo che l'ipotesi di riduzione del peso fiscale sulla voltura per incentivare un mercato dell'usato - che, anche in questo caso, riesca a svecchiare il parco auto, rimettendo in moto una circolazione anche sul fronte dell'usato - sia positiva. Quindi, da questo punto di vista vedevo nella sua riflessione un dubbio su una forma decisa di rottamazione ambientale su cui volevo in particolare qualche riflessione. Il resto penso che sia nell'ordine delle cose: il quadro degli incentivi alla ricerca per la mobilità sostenibile, l'auto ad idrogeno (la città di Torino
Mi pare evidente che, oggi, FIAT - lo diceva anche il sindaco Chiamparino - per tentare nuovamente di mettersi sul mercato, deve realizzare nuovi modelli in un lasso di tempo molto contenuto e, quindi, tentare di riposizionarsi rapidamente. Di conseguenza, vanno benissimo anche gli incentivi alla ricerca ma che guardino su una prospettiva, perlomeno, di medio periodo per le possibili ricadute sul gruppo. Per quanto riguarda la mia seconda domanda, essendo la città di Torino - tra l'altro, con una sua controllata, l'azienda energetica municipale - un'importante partner industriale di FIAT o di Edison (Italenergia) nell'operazione Eurogen, volevo capire quale fosse l'opinione del sindaco e se la città di Torino ritenga questa una possibile scelta strategica da confermare. Inoltre, vorrei sapere quali siano i rapporti tra la città di Torino, la sua controllata AEM ed Edison nel portare la sede di Eurogen a Torino, perché creare qui il secondo polo energetico nazionale mi pare sia stato un altro degli elementi di discussione in queste settimane fra gli enti locali, dato che la città sta ragionando sulle sue possibilità di costruire alternative e garanzie per uscire dalla monocultura industriale.
Dato che in Piemonte è stato attivato opportunamente un tavolo di monitoraggio tra comune, provincia e regione sulla questione riferita alla FIAT e all'indotto, per una valutazione e per la costruzione di posizioni comuni - e ritengo sia una soluzione particolarmente importante e significativa -, volevo chiedere agli altri sindaci se anche in Campania, nel Lazio e in Basilicata è previsto un lavoro comune. Infatti, anche in questo caso scaturisce con evidenza che questo settore strategico ha un sistema fiscale eccessivo che finisce per essere controproducente.
Condivido le affermazioni del sindaco di Torino quando dice che è sbagliato parlare di rottamazione o quant'altro perché commetteremmo un grande guaio, dato che, in attesa di improbabili o possibili modifiche di questo genere, finiremmo per rallentare ancor di più la domanda del nostro paese; tuttavia, ritengo importante che si affronti il problema del peso fiscale, relativamente all'imposta provinciale di trascrizione e anche al peso enorme della RCA auto, dato che sussiste una tassazione del 12,5 per cento ed una sua forma di predisposizione che scoraggia il cambiamento delle auto. Tuttavia, è possibile immaginare un intervento che sia soprattutto riferito alle aziende dell'indotto? Io conosco la situazione dell'indotto in Piemonte e non molto delle altre regioni. Si parla di IRAP. Io sono un minimalista, il ministro Tremonti la vuole abolire mentre mi accontenterei che ci fossero delle iniziative per ridurla. Nella regione Lazio sono allo studio delle
In attesa di quello che sarà il futuro, realisticamente, mi chiedo se possa servire - come risposta che ritengo importante e, in questo senso, chiedo il parere anche degli altri sindaci - che prosegua l'iter della legge sui cofidi che è all'esame del Senato e che non siamo riusciti ad approvare nella scorsa legislatura, anche se aveva un consenso di carattere generale, perché c'è bisogno, soprattutto nei confronti delle aziende dell'indotto, che ci sia un intervento che le metta nella condizione di poter avere un accesso al credito che, oggi, risulta particolarmente difficile.
Mi pongo anche il problema di come si affronta questo dramma rappresentato dal fatto che, bene o male, si riesce a governare il problema nella grande azienda ma poi vi è il problema dell'indotto, delle piccole e medie aziende, dove non esistendo problemi di ammortizzatori dal punto di vista sociale, vi è il rischio che non si ricorra alla cassa integrazione ma si arrivi alla chiusura o al trasferimento degli stabilimenti. Anche in questo caso chiedevo se su ciò sia possibile avere delle indicazioni.
Un'ultima questione riguarda in particolare il Mezzogiorno e la tipologia delle produzioni. Mi preoccupa molto il problema di Cassino dove si produce la FIAT Stilo. Bisognerà verificare se saranno previste delle nuove produzioni. Ad Arese vi è una gamma più vasta di produzioni ma il problema è se la discussione con l'azienda ha riguardato anche la tematica delle produzioni e delle altre questioni collegate. Mi chiedo quindi se i sindaci, come ha fatto il sindaco Chiamparino, siano in grado di poterci fornire dati più particolareggiati per quanto riguarda l'indotto nelle loro realtà.
Questa mia premessa è utile per ribadire un concetto che ho già espresso in più occasioni. Quanto deciso dal consiglio di amministrazione in dicembre e recentemente approvato dall'assemblea FIAT credo non abbia in sé - spero di essere smentito dai fatti - i presupposti per far ben sperare che si possa tranquillamente uscire dalla crisi in cui versa l'azienda. A mio avviso, questa crisi è dovuta anzitutto all'inadeguatezza dei provvedimenti assunti; mi riferisco all'aumento di capitale abbondantemente inferiore al fabbisogno e probabilmente dettato più dalla necessità di quantificazione di ciò che la famiglia in quel momento poteva mettere sul tavolo, un qualcosa che non fosse, però, inferiore al 30 per cento, ovviamente per implicare un abbassamento della quota di partecipazione di controllo.
Mi riferisco anche allo stesso accordo con le banche che mi lascia molto dubbioso; a mio avviso, di altro non si è trattato se non di una trasformazione del debito da breve a medio termine con, ovviamente, la contropartita della trasformazione di detto debito, qualora non venisse onorato, in partecipazione di controllo nella Fidis.
Come arrivare all'appuntamento qualora - non ce lo auguriamo - la situazione non dovesse migliorare? È stato ricordato in precedenza da un collega che la produzione auto o, meglio, la vendita delle
Nel documento del sindaco Chiamparino si afferma che si deve rafforzare il risanamento industriale e finanziario del gruppo facendo intervenire i soggetti istituzionali, politici, nazionali e locali, per il sistema finanziario. Vorrei sapere se con questa affermazione egli intenda che si deve attrezzare la FIAT per far sì che al momento della verifica finale (che ci auguriamo non avvenga prima del gennaio 2004, come previsto dagli accordi del marzo 2000) il sistema finanziario e istituzionale italiano rafforzino la partecipazione del nostro paese nel settore. Ciò non in senso protezionistico ma con un azionariato forte affinché, se dovesse esserci davvero un passaggio di mano, questo avvenga con una presenza italiana forte che sia in grado di dettare alcune regole per conservare la produzione auto in Italia.
Sappiamo che il fattore maggiormente limitante per la diffusione del gas metano è la rete distributiva. Nel corso della passata legislatura vi sono state resistenze nei confronti di interventi tesi ad incentivare lo sviluppo della rete distributiva del gas metano; si trattava di progetti che si trovavano all'attenzione del Ministero delle attività produttive per alcuni interventi in questo settore.
Qualora fosse possibile prevedere un intervento per la diffusione della rete distributiva del gas metano, vorrei sapere se non ritiene che potrebbe essere efficace anche un intervento di rottamazione in direzione delle auto ecologiche, abbinando in questo modo uno sfruttamento del vantaggio competitivo che ha l'industria automobilistica italiana in questo settore con esigenze proprie del parco auto del nostro paese, e quindi adeguandosi a standard migliori dal punto di vista ecologico.
La seconda osservazione che vorrei fare riguarda il tema della inadeguatezza degli assetti proprietari nel consentire una sufficiente capitalizzazione del gruppo FIAT. In qualche modo è stato sollevato il problema degli assetti del capitalismo italiano di fronte alle nuove sfide che si affacciano sul mercato globalizzato. Visto che alla fine dobbiamo provare a ricondurre tutta la discussione intorno ad eventuali misure ed interventi che possano risolvere la situazione, cosa immagina riguardo ad eventuali politiche pubbliche che possano favorire assetti proprietari diversi?
Non vedo tanto negativamente l'accordo con la General Motors, che lo stesso sindaco denunciava come intervenuto forse in ritardo. Non bisogna vedere dogmaticamente tendenze ed evoluzioni dirette a collaborazioni con società straniere. Da questo punto di vista, sono curioso di ascoltare cosa riferiranno nella prossima audizione i rappresentanti della FIAT. A priori non mi sento di dire che la collaborazione con la società americana non sia una strada interessante ed intelligente da seguire per far sì che l'auto possa essere ancora protagonista nei nostri territori. Tuttavia, affermare oggi che le vetture FIAT non sono affidabili e che non ci sono programmi di sviluppo per il futuro sotto l'aspetto del marketing, crea ulteriori difficoltà. Credo, invece, si debba recuperare orgoglio; in sedi come questa dobbiamo essere veicolo di stimolo affinché si recuperi fiducia nei confronti della industria automobilistica italiana. È importante, perciò, non essere preclusi dalle scelte di indirizzo che riguarderanno i rapporti con la General Motors.
La produzione dell'auto ecologica si scontra con problemi di costi e di mercato. Ad esempio, in una città come Milano la domanda di auto elettriche di carattere pubblico è stata finora vicina allo zero. Quali indicazioni ci possono fornire i sindaci oggi presenti affinché questo tipo di mercato possa essere sostenuto ed incentivato? Come si può produrre un aumento della domanda in modo da ottenere una diminuzione dei costi, facendo sì che questo segmento, finora abbastanza ininfluente nella produzione, possa invece acquistare una rilevanza più importante?
Se gli altri sindaci sono d'accordo, invito ora ad una replica il dottor Chiamparino, che è stato, per così dire, oggetto di una serie di riflessioni riferite, in particolare, alle sue considerazioni.
Innanzitutto, per quanto riguarda i quesiti relativi agli incentivi ambientali formulati dagli onorevoli Vernetti, Gambini e dal senatore Maconi, e anche da altri, indirettamente, penso che nelle vostre domande, in qualche modo, ci sia già la risposta. Ritengo sbagliato, almeno in questa fase, riproporre il modello degli incentivi alla rottamazione, innanzitutto per ragioni di concorrenza europea e, in secondo luogo, perché credo che in questo modo si inviino al mercato messaggi che non aiutano. Come tutti sappiamo, ci stiamo riferendo al 35 per cento del mercato; perciò, trattando di un qualsiasi intervento di sostegno, stiamo ragionando non su un aiuto al gruppo FIAT ma su un sostegno al mercato. Penso che, in questo momento, abbiamo un drammatico bisogno di evitare una ulteriore involuzione di quest'ultimo e, quindi, delle quote che FIAT può tentare di mantenere o di riguadagnare, nel breve periodo. Spero che questo sia chiaro. Chi, tra i presenti, come noi, abbia vissuto l'esperienza del 1997, sa che oggettivamente e tecnicamente intercorrono, tra agli annunci e le realizzazioni, tempi che rischiano di provocare effetti di blocco sulle dinamiche del mercato, a mio avviso, drammatici.
Diverso è il quadro di programmi che già il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio ha predisposto e che prevede (lo ricordo all'onorevole Gambini, che probabilmente lo sa) una convenzione, nella quale i comuni di Torino e Palermo sono capofila, per incentivare con un fondo di 15 milioni di euro - se non ricordo male - i sistemi di propulsione a metano e il potenziamento della rete distributiva di questo gas. Questo è un esempio di come, con opportuni implementi che dovrebbero derivare dagli investimenti, si possano aiutare significativamente le flotte pubbliche, le flotte dei taxi e - perché no? - i sistemi di distribuzione delle merci e ciò potrebbe permettere di incentivare meccanismi che regolamentino, in modo sempre più rigido, la consegna delle merci nei centri abitati delle grandi città, mettendo gli autotrasportatori nelle condizioni di trovare soluzioni che permettano loro di non essere penalizzati e di utilizzare altri sistemi. Non intendo dilungarmi, anche perché in materia siete tutti più competenti di me, ma a mio avviso questa dovrebbe essere la strada giusta: cioè, incentivare e facilitare l'accesso muovendo dalla diffusione delle reti di distribuzione dei sistemi di propulsione puliti.
Bisogna anche considerare che il corretto discorso relativo alla sostituzione e rinnovo del parco automobilistico viaggiante, effettivamente molto vecchio, potrebbe essere aiutato da un provvedimento che vada incontro ai consumatori, quale quello della riduzione dell'imposta sul passaggio di proprietà dei veicoli. Abbinando questa riduzione alla scelta, che dovrebbe essere concertata tra i sindaci delle grandi
Per quanto riguarda l'energia, ciò che posso affermare, onorevole Vernetti, senza ovviamente entrare in questioni come quella di AEM-Eurogen, è che la vicenda di Italenergia rappresenta un caso esemplificativo - che, non a caso, anticipa il resto del discorso relativo agli altri asset del gruppo - di quanto affermavo e cioè che oggi torna in primo piano la politica, in qualche modo. Infatti, ci troviamo di fronte ad un caso in cui può accadere che per qualche ragione la FIAT torni in possesso del suo pacchetto azionario di riferimento, che arrivino i francesi, oppure la politica, il gioco di squadra, il sistema istituzioni-Governo-politica finanziaria trovino un partner in grado di garantire la leadership italiana ed investimenti che facciano del settore energetico, come è, uno dei settori strategici della politica industriale in Italia. Possiamo adottare questo come esempio concreto di tutto un ragionamento che, secondo me, si può applicare anche agli altri asset industriali del gruppo.
L'onorevole Gambini richiamava l'inadeguatezza dell'assetto proprietario e finanziario. Ho affermato che oggi ci possono essere alcune opportunità ma queste dipendono dalla circostanza che la politica ritorni in primo piano e sia in grado di fare la sua parte, per guidare un gioco di squadra, un gioco di sistema che deve riunire le istituzioni, naturalmente a cominciare dal Governo ma anche le istituzioni locali, il sistema creditizio, il mercato finanziario e, ovviamente, le parti sociali. Perciò mi preoccupo che queste ultime abbiano un atteggiamento positivo e siano dentro a questo gioco di squadra. Tutto ciò potrebbe consentire di realizzare operazioni di politica di sviluppo industriale partendo dalle singole componenti del gruppo FIAT, evitando di cadere in una logica in cui, in qualche misura, si sia costretti a fare di asset industriali importanti, a cominciare dall'auto, solo cespiti dai quali ricavare liquidità. Penso che la possibilità ci sia. Ho portato l'esempio di Italenergia che mi sembra sia il più chiaro, anche perché è quello sul quale si è già avviato un processo. È chiaro a tutti che questo richiede un grande ruolo della politica, una strategia di accompagnamento da parte del sistema politico insieme a quello finanziario per trovare nuovi assetti.
Rispondendo all'onorevole Zanetta, non desidero polemizzare, in quanto mi trovo qui in una veste istituzionale: gli farò avere i verbali delle sedute del Consiglio comunale di Torino in modo che si possa rendere conto delle opinioni espresse da tutto l'arco costituzionale sulla questione FIAT (e non aggiungo altro). Fin dall'inizio, ho affermato che non considero un evento catastrofico un eventuale accordo con General Motors e continuo a non considerarlo tale. Anzi, per certi aspetti, lo considero come una opportunità a portata di mano, più di altre. Però, bisogna arrivarci in condizioni tali da essere in grado di negoziare l'assetto degli stabilimenti. Questo riguarda anche tutti i colleghi.
Il punto è che emerge di nuovo il ruolo della politica perché una operazione del genere non la possiamo lasciare soltanto ai rapporti di forza - per usare un termine un po' antico ma, credo, chiaro - esistenti all'interno del sistema delle imprese. Bisogna che la politica giochi un ruolo. In questo senso è molto importante il lavoro che state svolgendo. Naturalmente è necessario che ci sia una base economica e finanziaria sufficiente, altrimenti non si negozia nulla ma si consegna tutto ciò che si ha addosso e si va via.
Se c'è una base sufficiente, allora si può negoziare, a cominciare dall'assetto industriale e dalle politiche di sviluppo. Non dimentichiamo che, come lei sa benissimo meglio di me, in Europa General Motors è Opel e quest'ultima non è un campione superiore a FIAT né dal punto di vista del marchio né dei modelli produttivi e né della struttura finanziaria.
Quindi, vi sono tutte le condizioni perché, anche se dovessimo giocare la partita su quello scenario, anche se ci dovessimo accorgere che l'ipotesi Peugeot - quella del rilancio di una presenza autonoma del settore auto con una proprietà italiana - non fosse percorribile, si possa giocare una partita in cui, dal punto di vista degli assetti industriali - e, quindi, delle prospettive occupazionali - il sistema automobilistico italiano possa continuare a svolgere un ruolo.
Credo di aver risposto in modo essenziale ai quesiti posti da tutti i commissari.
Do subito la parola al dottor Di Camillo per il suo intervento introduttivo; seguiranno alcuni interventi volti ad approfondire le questioni sollecitate dai nostri illustri ospiti.
Vorrei svolgere una breve introduzione sull'OICA. È stata fondata nel 1919 a Parigi, come Bureau permanent des constructeurs d'automobiles e comprende oggi quaranta associazioni nazionali di costruttori di autoveicoli di tutti i cinque continenti, rappresentando circa il 95 per cento della produzione mondiale. In pratica, rappresenta l'intero mondo dell'automobile, con uno status a livello internazionale, confermato, tra l'altro, dal riconoscimento di uno status consultivo (come esperto di settore), riconosciutole dalle Nazioni Unite fin dal 1956. Infatti, l'OICA è l'unica organizzazione non governativa del settore accreditata presso le Nazioni Unite, esercitando la sua attività in particolare nell'ambito del Working Party 29 (WP29) dell'ECE/ONU di Ginevra, ora definito come «foro mondiale dell'armonizzazione tecnica dell'autoveicolo». In tale sede, OICA presenta le posizioni comuni elaborate nel suo interno dai costruttori sullo sviluppo delle regolamentazioni tecniche e sulle loro armonizzazione globale.
Le attività dell'OICA vengono organizzate tramite quattro comitati (tecnico, economico, statistico, espositivo), secondo le indicazioni approvate dall'assemblea generale, convocata due volte l'anno. Tutte le iniziative si ispirano, comunque, agli obiettivi generali dell'associazione, di cui i principali sono rappresentare gli interessi dei costruttori di autoveicoli ed intraprende studi su ogni argomento di comune interesse, relativamente allo sviluppo e al futuro dell'industria automobilistica, e della mobilità sostenibile. Venendo ad alcuni dati sulla produzione mondiale e sulle vendite di autoveicoli dello scorso anno, nel 2001, in presenza di un deterioramento dello scenario economico mondiale, che si è aggravato nella seconda parte dell'anno (anche in conseguenza degli attentati terroristici dell'11 settembre negli Stati Uniti), la produzione mondiale, nel suo complesso (pari a 56,3 milioni di unità), ha registrato un calo del 3,7 per cento nei confronti dei livelli record del 2000 (58, 4 milioni di unità).
Per le sole vetture il calo mondiale è stato del 2,8 per cento e per i veicoli industriali del 5,8 per cento. Con il profilarsi della crisi e in un clima di declino della fiducia dei consumatori e delle imprese, vi è stata da parte dei costruttori una generalizzata accentuazione delle politiche promozionali, divenute estremamente aggressive proprio nell'ultimo trimestre dell'anno. Queste iniziative commerciali hanno consentito di realizzare volumi di vendita migliori di quanto previsto all'indomani degli attentati, sia negli Stati Uniti che in Europa. Ciò ha consentito ai costruttori di ridurre gli stocks, diminuendo, però, nel contempo la produzione complessiva. In particolare tali riduzioni produttive si sono verificate negli Stati Uniti e nell'intera area NAFTA (-10,5 per cento rispetto al 2000), e, in minor misura, in Corea del Sud (-5,4 per cento) e in Giappone (-3,6 per cento).
In questo contesto l'attività produttiva ha fatto registrare, a livello complessivo, lievi segni positivi solo nel Sud America (+1,6 per cento), grazie solo all'ottimo risultato del Brasile (+8,4 per cento) che ha proseguito nel suo trend di ripresa dopo la crisi del 1997-1998, e anche nell'Unione europea si è avuto un aumento marginale dello 0,9 per cento. Nell'Unione europea si sono verificate contrazioni della produzione in l'Italia (-9,1 per cento), nel Regno Unito (-7,1 per cento), in Spagna (-6 per cento), compensate da incrementi soprattutto in Francia (+8, 4 per cento) e in Germania (+3 per cento). Volendo dare uno sguardo più in dettaglio al solo settore delle autovetture, dopo avere stabilito nel 2000 il record assoluto di produzione (41,4 milioni di unità, pari ad un incremento del 4,4 per cento sull'anno precedente), nel 2001 l'attività si è ridotta, come già citato, del 2,8 per cento.
In particolare, ciò è dovuto soprattutto al calo verificatosi nell'area NAFTA (-12 per cento), in Giappone (-2,9 per cento) e in Corea del Sud (-5 per cento), a fronte di un segno positivo nell'Unione europea (+1,3 per cento). Nello stesso anno il calo produttivo in Italia delle vetture è stato del 10,6 per cento.
Dal lato delle immatricolazioni, è stata registrata nel 2001 una sostanziale tenuta del mercato mondiale delle vetture, per le ragioni già sopra illustrate (particolari campagne promozionali) con un totale di circa 39,3 milioni di unità, che sale ad oltre 45 milioni considerando i famosi «sport utility vehicles» venduti soprattutto negli USA (multi-purpose vehicles, pick-up e fuoristrada), con un risultato praticamente allineato ai livelli record del 2000.
Infatti il calo del 3,2 per cento dell'area NAFTA (negli Stati Uniti, tra vetture e «sport utility vehicles», le vendite sono scese solo dell'1,3 per cento), è stato compensato dagli aumenti registrati nelle altre aree del mondo: Sud America (+3 per cento), Europa occidentale (+0,6 per cento), Giappone (+0,7 per cento), Corea del Sud (+0,7). In Europa tutti i maggiori mercati hanno registrato incrementi nelle vendite, con record assoluti in Italia, Regno Unito e Spagna.
Vorrei sottoporvi ora una breve riflessione sulle previsioni per il 2002. Nonostante agli inizi dell'anno le previsioni fossero decisamente pessimistiche, i primi dati a disposizione per le aree più importanti e riferiti alle sole autovetture, mostrano invece andamenti positivi anche sostenuti. Per esempio, gli Stati Uniti (i dati si riferiscono ai primi quattro mesi dell'anno) aumentano la produzione di autovetture di circa il 5 per cento; i dati complessivi riguardanti gli Stati Uniti che mi sono giunti proprio oggi ci fanno sapere che, includendo i veicoli leggeri, l'aumento per i primi quattro mesi dell'anno è del 9,5 per cento. Evidentemente il problema era che nel corso del 2001 gli stock sono stati ridotti in misura maggiore di quanto necessario in funzione delle previsioni per il 2002 e quindi ora si stanno anche ricostituendo gli stock. Il Giappone è in crescita del 2 per cento, la Corea di circa il 9 per cento.
Per ciò che concerne l'Unione europea, la situazione è piuttosto variegata, con aumenti nel Regno Unito (+16 per cento) e in Francia (+1,3 per cento), e flessioni in Italia (-7,9 per cento), in Germania (-9,7 per cento) e in Spagna (-8,6 per cento).
Dal lato delle vendite, gli Stati Uniti registrano un calo nei primi cinque mesi del 2,6 per cento; percentuale che la nostra associata americana prevede corrisponderà al calo complessivo del 2002 sull'anno precedente. In pratica, a fronte di 17 milioni di veicoli venduti lo scorso anno, si pensa di venderne di 16,5 milioni. Per l'intera area NAFTA, grazie alla crescita del Canada (+12,6 per cento) e del Messico (+8,4 per cento), la flessione è però limitata solo allo 0,7 per cento in meno.
In Europa occidentale la contrazione delle immatricolazioni nei primi cinque mesi è del 3,8 per cento, con cali particolarmente evidenti in Italia (-12,7 per cento), in Spagna (-7,2 per cento), in Germania (-5 per cento), ma con risultati positivi in altri paesi, con particolare rilievo nel Regno Unito che aumenta dell'8,2 per cento. Per l'intero anno le ultime previsioni dell'ACEA (associazione di costruttori europei di automobili) si collocano su di un valore pari a meno 5 per cento rispetto al 2001. Nelle altre aree del mondo va sottolineata la ripresa un po' anomala del mercato coreano (+22,3 per cento nei primi 4 mesi) che però l'anno precedente aveva avuto un crollo e del mercato del Giappone (+ 1,4 per cento).
Passerei ora ad alcune considerazioni sul settore automotive. Come già affermato dall'ANFIA nel suo documento, sono evidenti in tutto il mondo i profondi mutamenti nello scenario competitivo dell'auto. A parte le aree che si stanno affacciando ora sulla scena autoveicolistica, sia in termini di produzione sia di mercato, nei mercati significativi per volume (soprattutto Nord America, Europa occidentale e Giappone) si assiste, da un lato ad un progressivo inasprimento del clima competitivo, con effetti di contrazione sui margini della vendita (che colpiscono soprattutto i costruttori con gamma completa), e, dall'altro, ad un repentino, ma necessario passaggio da mercati regionali, quale ad esempio l'Europa, a mercato globale, con l'assunzione di ulteriori rischi, legati all'ancora fragile stabilità economica e finanziaria di paesi promettenti quanto a sviluppo nel medio lungo termine.
L'industria automobilistica rimane comunque uno dei settori fondamentali per l'economia delle aree più sviluppate e un motore fondamentale per far crescere quella dei paesi in via di sviluppo. Ciò è dovuto all'effetto trainante di questo settore sui sistemi economici complessivi. Per esempio, dalla più recente analisi delle tabelle input-output del sistema economico italiano (dati Istat) risulta che per ogni unità di reddito prodotta nel settore auto se ne producano due nei sistemi collegati (effetto moltiplicatore).
Da una recente ricerca dell'Associazione americana dell'automobile (AAM) emergono alcuni dati estremamente significativi: negli Stati Uniti vi sono nel settore automobilistico 6,6 milioni di addetti tra diretti e indiretti (di cui 1,3 direttamente occupati dalle aziende costruttrici, e 2,2 nella componentistica di primo livello), pari al 5 per cento dell'occupazione nel settore privato. Per ogni addetto impiegato da un costruttore automobilistico si creano altri sette posti di lavoro nei settori collegati; il 4 per cento del prodotto interno lordo proviene dal settore auto. Gli investimenti annuali in ricerca e sviluppo negli Stati Uniti sono pari a oltre 18 miliardi di dollari all'anno.
Per l'Europa un'analoga ricerca svolta due anni fa dall'ACEA (Association Constructeurs Européens d'Automobiles) aveva dato risultati simili: occupazione diretta di 1,2 milioni di addetti e di 2 milioni circa nel settore della componentistica. Secondo la Commissione europea per ogni posto di lavoro nell'industria automobilistica se ne creano altri 10 negli altri settori, pertanto il settore rappresenta in concreto 12 milioni di posti di lavoro in Europa.
L'auto rappresenta il 9 per cento del valore aggiunto del settore manifatturiero; il 5 per cento del fatturato viene investito in ricerca e sviluppo. Nel 2001 le entrate fiscali provenienti dal settore auto in Europa sono state pari a 334 miliardi di euro (15 per cento del totale delle entrate fiscali totali). L'Italia ha contribuito a tale valore con 70 miliardi di euro, pari al 22 per cento del totale delle entrate fiscali del paese ed al 6,1 per cento del prodotto interno lordo.
Tali cifre sono talmente eclatanti da convincere l'assemblea generale dell'OICA, tenutasi lo scorso 30 maggio a New Orleans, ad intraprendere uno studio che permetta di approfondire tali rilevazioni e le estenda a tutte le aree del mondo per pervenire entro 12-18 mesi alla stesura di un rapporto che completi il quadro, oggi frammentario anche se significativo, con l'analisi puntuale per paese, per area ed infine a livello globale. Ciò offrirà all'opinione pubblica e alle istituzioni una rappresentazione puntuale non già di un'industria matura, come qualcuno sosteneva in precedenza, ma di uno dei più grandi patrimoni per lo sviluppo del benessere economico e sociale a livello planetario.
Do ora la parola ai colleghi che intendano porre questioni o chiedere chiarimenti.