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INDAGINE CONOSCITIVA
La seduta comincia alle 10.15.
(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).
PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito dell'esame del documento conclusivo dell'indagine conoscitiva sui fatti accaduti in occasione del vertice G8 tenutosi a Genova, adottato dal Comitato istituito dalle due Commissioni Affari costituzionali di Camera e Senato nella seduta del 14 settembre scorso; su tale documento conclusivo si è svolta la discussione nella seduta della Commissione del 18 settembre scorso.
GRAZIELLA MASCIA. Il mio lavoro ricostruisce, come in buona parte fa anche il suo documento presidente, il vertice G8 e non solo nella parte istituzionale di preparazione delle misure di sicurezza e degli incontri internazionali, ma provando anche ad ampliare la visione con la presentazione dello sviluppo del movimento antiglobalizzazione. È una premessa indispensabile per comprendere il contesto ed il clima del vertice.
dell'autonomia operativa dei carabinieri (nonostante la legge preveda sia la pubblica sicurezza a gestire l'ordine pubblico in piazza), una conseguenza - credo - della riforma del 2000 dell'Arma. Tali fatti hanno influito sulle vicende genovesi, ma non possono esserne l'unica spiegazione.
contributo anche per le prospettive più complessive del paese e, dunque, una Commissione di inchiesta non è tanto, o soltanto, tesa ad approfondire questo o quel particolare ma anche a cercare una spiegazione più compiuta e dare una lettura complessiva di quella che considero una strategia e sicuramente non un fatto che vada messo tra parentesi.
PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire per illustrare la sua proposta alternativa di documento conclusivo l'onorevole Violante.
LUCIANO VIOLANTE. Signor presidente, come ha appena detto anche la collega Mascia, esprimiamo apprezzamento per il lavoro da lei svolto e per come ha diretto le nostre riunioni.
-, laddove c'erano disordini maggiori. Pertanto, una prima questione è questa ed è per noi molto rilevante.
tale per cui le forze di Polizia appartengono al paese e si crei un rapporto equilibrato tra sistema politico, forze di Polizia, società civile e dissenso, perché questi sono i quattro poli attorno ai quali è ruotata questa vicenda.
motivo non si è bloccato (come forse si poteva e si doveva) i violenti? Non credo vi sia dolo, ma certamente qualcosa di fondo, di radicale non ha funzionato, se il meccanismo è andato alla rovescia (non sempre, ma molte volte).
sentano forze dell'intero paese, indipendentemente dalle maggioranze o minoranze presenti nel sistema politico. In secondo luogo, la polizia italiana che ha lavorato a Genova è la stessa che ha combattuto il terrorismo ed arrestato i capimafia. Gli errori commessi a Genova, gravi - come ha riconosciuto lo stesso ministro dell'interno davanti a noi - non devono essere utilizzati per spezzare quel rapporto di fiducia. Il nostro auspicio è che nessuna forza politica intenda porre patronage nei confronti di questa o quella forza di polizia. Abbiamo la necessità che le forze di Polizia mantengano un rigoroso controllo sui propri comportamenti, per evitare, in qualsiasi momento, che l'esercizio della forza possa trascendere in abuso. In ultimo, la questione del dissenso. Credo che ci troveremo dinanzi a manifestazioni di dissenso (sono già avvenute, se ne vedono i segni); il dissenso è l'essenza della democrazia. Ciò rientra nella formazione civile di tutti gli apparati burocratici, il rispetto di chi la pensa diversamente, di chi, nel sistema democratico, può diventare maggioranza l'indomani. Ciò è tanto più importante, perché chi ha dissentito pacificamente a Genova, portava dentro di sé i germi di un pensiero futuro; vi è chi lo ha colto e chi no, ma lì vi è stato qualcosa che riguarda il nostro domani o quello dei nostri figli. Vi è, quindi, la necessità che si mantenga un costante rapporto tra il sistema politico, le forze di Polizia, la società civile ed il dissenso, tra questi quattro elementi: c'è sembrato un altro dei frutti del lavoro svolto.
PRESIDENTE. Ringrazio il presidente Violante per il suo intervento ed anche per le sue conclusioni.
MARCO BOATO. Presidente, un chiarimento procedurale. Suppongo che le dichiarazioni di voto siano sui documenti presentati; poi, una volta che viene votato un documento, questo preclude gli altri.
PRESIDENTE. Giacché è in votazione il documento da me presentato, credo che le dichiarazioni di voto debbano tenere conto di quel documento e, chiaramente, anche degli altri documenti presentati, perché la votazione favorevole su uno di essi preclude quella sugli altri.
MARCO BOATO. Intendo dire che noi voteremo per primo, correttamente dal punto di vista procedurale, il suo documento; ma nell'ipotesi che esso non venisse accolto, voteremmo gli altri, quindi è chiaro che le dichiarazioni di voto riguardano tutti i documenti.
PRESIDENTE. Certo. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
MICHELE SAPONARA. Anch'io, così come hanno fatto tutti i colleghi dell'opposizione e della maggioranza, desidero ringraziarla, a nome del gruppo di Forza Italia, per il modo con cui ha gestito questo difficile compito e per l'impegno profuso. Oggi, 20 settembre, siamo qui a definire questa vicenda, così come ci eravamo prefissi di fare. La ringrazio ancora per i tentativi effettuati, durante tutto il corso dei lavori, per pervenire ad un documento unitario. Infine, la ringrazio per questo documento onesto e rispettoso, sia pure in modo sintetico, di tutti gli
elementi emersi da questa vicenda, che perciò noi approveremo, e che, a mio avviso, potrebbe anche essere approvato dall'opposizione, atteso che molti punti, i più qualificanti, sono conciliabili tra loro, come di qui ad un istante dirò. La finalità dell'indagine conoscitiva era quella di accertare tutti i fatti, gli elementi, i perché che si sono verificati a Genova. È strano, però, che quando nella ricostruzione della vicenda - effettuata attraverso le deposizioni e la documentazione pervenutaci - abbiamo accennato, sia pure incidentalmente, all'inerzia del Governo Amato, si sia gridato al delitto di lesa maestà. Il collega Sinisi lo ha fatto con accenti irridenti, il collega Boato con accenti ispirati. Addirittura, dopo il dramma che ha colpito gli Stati Uniti, si è detto: mentre Bush non ha fatto ricadere alcuna responsabilità su Clinton, altrettanto Berlusconi non ha fatto con il Governo Amato. Tutto non corrisponde a verità, perché noi affrontiamo il problema con grande imparzialità e serenità, mentre voi nella ricostruzione dei fatti avete accennato anche alla scelta condivisa di Genova, e avete accentuato la nostra condivisione, peraltro successiva alla scelta.
affermiamo che le forze dell'ordine hanno pagato un duro prezzo ed il documento presentato dall'opposizione denuncia il loro stato di frustrazione e di tensione; in alcuni casi i turni di lavoro sono durati 20 ore, in mezzo alla strada, alla mercè delle violenze. Si dà dunque atto del loro impegno e contributo personale.
PRESIDENTE. Onorevole Saponara, la invito a concludere.
MICHELE SAPONARA. Concludo, signor presidente: non si dimentichi che il Ministero dell'interno aveva distribuito un manuale che invitava ad usare la massima correttezza e moderazione.
sarà come prima: si parva licet un confronto con i fatti americani, ben più gravi, Genova è un segnale d'allarme.
PRESIDENTE. Prego i colleghi di contenere il proprio intervento nei dieci minuti di tempo che hanno a loro disposizione.
GIANNICOLA SINISI. Signor presidente, onorevoli colleghi, nuovamente ringrazio per il lavoro svolto e per come sono stati condotti i lavori. La nostra critica sulle conclusioni tratte dal Comitato di indagine ha imposto l'elaborazione e la presentazione di un documento comune dell'Ulivo, che il gruppo della Margherita ha contribuito a preparare, che condividiamo ampiamente e che è del tutto alternativo a quello presentato dalla maggioranza, per alcune ragioni che sono state già illustrate ma che voglio brevemente richiamare.
questa consapevolezza emerge dalla relazione della maggioranza, in quanto tutta piegata ad attribuire responsabilità inesistenti a chi c'era prima. Ciò non fa onore a chi ha responsabilità di Governo e non incoraggia né noi né il paese a trovare soluzioni condivise, che pure avremmo voluto. È avvenuta una ricostruzione dei fatti semplicistica, che guarda soltanto l'operato delle forze di polizia. È stato perfino ridicolo cercare di far passare in questa Commissione e nel paese, attraverso articoli di stampa, l'idea che qualche forza politica aveva l'intento di criminalizzare le forze di polizia, mentre altre le difendevano. È stato ridicolo soprattutto perché costoro non hanno ricordato, evidentemente, che sino a tre mesi fa erano all'opposizione e che, quando noi difendevamo l'operato delle forze di Polizia in Parlamento, loro erano dall'altra parte per contestarci. Neanche questo ricordo recente ha suggerito un atteggiamento diverso per affermare contro di noi cose meno grossolane.
è tutelata dalla Costituzione, così come la sicurezza dei cittadini, ed anche in questo qualcosa non ha funzionato. Abbiamo, pertanto, voluto affermare che anche questo, si poteva - e si doveva - fare meglio; perché vogliamo che nel nostro paese non vi sia un pensiero unico, ma una società aperta nella quale tutti abbiano la possibilità di esprimersi senza immaginare di ricevere condizionamenti di qualsiasi natura né di avere paura.
GRAZIELLA MASCIA. Signor presidente, naturalmente non ripeterò le ragioni che mi hanno portati a predisporre una proposta di documento alternativa; sono le ragioni fondamentali per le quali non posso condividere il documento che stiamo discutendo e che ci accingiamo a votare.
tutte le conseguenze che ne derivano; conseguenze, a mio avviso, sul piano delle responsabilità di chi doveva, in quelle situazioni, gestire l'ordine pubblico e che ne è stato il responsabile dall'inizio alla fine. Ritengo che la tesi sostenuta da questo documento (molto distante da me) presenti un elemento di debolezza che non è in grado di rispondere alle domande che hanno portato all'indagine parlamentare.
ERMINIA MAZZONI. Signor presidente, confermo quanto ho sostenuto nelle precedenti sedute, e confermo, altresì, l'adesione del CCD-CDU alla relazione da lei presentata. Oggi devo prendere atto che l'auspicata composizione non si è potuta realizzare né il documento presentato mi può far sperare in qualcosa di diverso: le posizioni sono eccessivamente divaricate. Ribadisco, quindi, quanto ho affermato rispetto alla sua relazione, signor presidente, e le dico che essa, pur essendo segnata da una forte semplificazione ricostruttiva, può ritenersi, credo, rispettosa dei fatti accaduti a Genova dal 19 al 21 luglio, così come ricostruiti nel corso dei lavori del Comitato paritetico.
rese nel corso dei giorni passati, dai colleghi che l'hanno firmata, con riguardo all'atteggiamento da assumere nei confronti delle Forze dell'ordine e alla valutazione che delle stesse si è fatta. Troviamo, infatti, dichiarazioni di esaltazione così come dichiarazioni di distruzione delle Forze dell'ordine, che credo siano scarsamente comprensibili.
MARCO BOATO. Avendo pochi minuti di tempo, poiché si tratta di una dichiarazione di voto, mi richiamo all'intervento illustrativo del nostro documento svolti dal collega Violante ed anche alla precedente dichiarazione di voto del collega Sinisi, interventi che condivido nel loro impianto e nella loro illustrazione.
grande senso di responsabilità istituzionale, indicazioni politiche, istituzionali, operative sul ruolo degli apparati di sicurezza, sia dei diversi corpi di Polizia, sia dei diversi servizi di informazione e sicurezza. Tali indicazioni possono essere utili e importanti per i futuri impegni del nostro paese, anche e non solo nel contrasto al terrorismo internazionale. Personalmente, continuo a parlare di contrasto (certamente duro, coerente e rigoroso) al terrorismo internazionale e non di guerra, perché credo sia un clamoroso errore parlare di guerra rispetto a quanto accaduto lo scorso 11 settembre e, comunque, da parte mia sarebbe inaccettabile.
perché i corpi dello Stato hanno il monopolio dell'uso legittimo della forza, quando si verifica l'abuso di tale diritto e dovere, ciò è particolarmente grave ed inaccettabile, senza alcuna generalizzazione e criminalizzazione indiscriminata, come abbiamo spesso ripetuto.
PIETRO FONTANINI. Signor presidente, anche noi esponenti della Lega Nord Padania ci associamo a quanto già dichiarato dai colleghi riguardo alla conduzione dei lavori della Commissione. Tuttavia, dobbiamo rilevare uno stile che non ci appartiene, che riguarda tutti i colleghi, nell'aver dilatato troppo i tempi dell'audizione con interventi ispirati, in molti casi, da visioni politiche che, al momento dell'indagine conoscitiva, potevano essere lasciate da parte.
ANTONIO SODA. Signor presidente, mentre confermo il giudizio positivo sui lavori del Comitato ed anche sulla sua paziente ed attenta direzione di questi, ribadisco il netto dissenso sul documento da lei presentato a nome della maggioranza. A me sembra un documento che
non conclude un'indagine conoscitiva: conoscere vuol dire apprendere, ricostruire, ma, soprattutto, valutare ciò che delle tante acquisizioni che pervengono al conoscente rappresenta gli aspetti umanamente possibili della verità.
del ruolo di presidio delle libertà democratiche della Polizia e, insieme del dialogo e del contrasto dialettico, comunque pacifico e civile, delle differenti posizioni, intendiamo dire che è su questa garanzia che deve fare affidamento il paese.
GIAN FRANCO ANEDDA. Presidente, le rinnovo, pur avendolo già fatto in un'altra occasione, il nostro ringraziamento per come sono stati condotti i lavori del Comitato prima, e della Commissione poi; è un ringraziamento rivolto a lei, ma anche a tutti i componenti del Comitato, per il modo in cui si sono svolti i lavori. Avrei fatto una dichiarazione di voto sintetica, se la relazione presentata da alcuni componenti del Comitato non avesse direttamente chiamato in causa Alleanza nazionale. Ho trascorso una parte della mia vita politica rispettando gli uomini dell'allora Partito comunista italiano, rispetto che talvolta, lo confesso, è debordato in una invidiosa ammirazione per l'impegno, la serietà, la correttezza delle analisi, anche se non condivise. Oggi il mito è crollato, quel gigante aveva i piedi di argilla, ed il documento ne è la spia, il segno della crisi, qualcosa di più di un sintomo. Non mi riferisco alla ricostruzione dei fatti, quanto piuttosto all'interpretazione che ne è stata data e alle conclusioni riferite a quelle che il documento definisce le scelte e gli indirizzi di Alleanza nazionale. Tale segnale di crisi è tanto palesemente strumentale da diventare risibile e quasi non meritare risposta.
rintracciare le responsabilità del ministro dell'interno, per occultare le responsabilità del ministro dell'interno del Governo Amato, per attribuire le responsabilità dei disordini alle Forze dell'ordine. Abbiamo ascoltato l'onorevole Soda: non basta inneggiare alle Forze dell'ordine quando poi, nei fatti, si avanzano le critiche.
MARCO BOATO. Lei sa che questo non è vero e non è stato scritto da nessuna parte!
GIAN FRANCO ANEDDA. ...implica accondiscendenza nei confronti di ogni violenza, quando essa sia protesta. Dovete fare questa riflessione! Il richiamo al senso dello Stato oggi è appello alla coalizione dell'umanità per un crimine commesso contro l'umanità stessa: è necessario un esame di coscienza affinché riacquistiate, se mai lo avete avuto, il senso dello Stato e della comunità.
PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.
È dunque preclusa la votazione dei documenti successivi.
merito alla eventuale pubblicazione del materiale acquisito nel corso dell'indagine.
Avverto altresì che tutto il materiale documentale acquisito durante l'indagine sarà conservato a cura della segreteria della Commissione mantenendo lo stesso regime di pubblicità o di riservatezza apposto al medesimo durante lo svolgimento dell'indagine.
La seduta termina alle 12.20.
(Così rimane stabilito).
Avverto che i deputati Violante, Sinisi, Boato, Bressa, Labate, Soda e Zanotti ed il deputato Mascia hanno presentato due proposte alternative di documento conclusivo (vedi allegato).
Ricordo che a conclusione delle dichiarazioni di voto si procederà alla votazione dello schema di documento conclusivo da me proposto sulla base dei lavori del Comitato; ricordo a tal fine che l'eventuale approvazione di tale documento comporterà la preclusione delle proposte alternative presentate.
Ha facoltà di intervenire per illustrare la sua proposta alternativa di documento conclusivo l'onorevole Mascia.
Le misure istituite per la sicurezza e l'ordine pubblico, in base alle dichiarazioni dei responsabili delle forze dell'ordine e delle rappresentanze istituzionali, avevano tre obiettivi: la difesa della zona rossa, la tutela dei cittadini genovesi, il diritto di manifestazione, ed erano stati preparati attraverso una predisposizione di ordinanze cittadine ed altro. La mia contestazione nasce dalla lettura che è proposta dal documento. I fatti di Genova dimostrano che lo svolgimento di specifiche situazioni ha portato ad un conclusione dove non si è difeso il diritto di manifestazione; che ciò è avvenuto non solo o non tanto perché la situazione poteva sembrare più difficile del previsto (essendo impensabile che, dopo tanti mesi di preparazione, non fosse stato possibile congetturare quante presenze ci sarebbero state a Genova), ma anche a causa di altri problemi evidenziati nella mia ricostruzione dei fatti. Spesso e volentieri si è determinata una inadeguatezza assoluta nel coordinamento delle forze dell'ordine, rilevatasi nelle comunicazioni e specificatamente in occasione del tragico avvenimento della morte di Carlo Giuliani. È come se fosse avvenuto un consolidamento
Ritengo che il loro svolgersi dimostri nei dettagli come non solo le forze dell'ordine non siano state in grado di isolare e colpire i violenti, ma anche come questi spesso siano stati pretesto per colpire i manifestanti pacifici. Nella mia ricostruzione, supportata dalle relazioni di servizio dei dirigenti (che ho citato nelle mie note), dalle registrazioni delle comunicazioni radio, dai filmati e dalle varie testimonianze, sottolineo come non sia neppure una causa sufficiente la considerazione, emersa nel corso del dibattito, sulla presenza di rappresentanti di Alleanza nazionale nella sala operativa dei carabinieri, il che avrebbe contribuito ad una svolta nella determinazione di questo tipo di clima. Anche se questa presenza ha influito in qualche modo, non è stata certamente la causa di una certa gestione dell'ordine pubblico.
Il mio tentativo è stato di ricostruire i fatti per dare una lettura della preparazione del vertice basata anche sulle ordinanze e per vedere, nonostante le dichiarazioni rese e la individuazione degli obiettivi, quali contraddizioni siano riscontrabili in ciò che è stato fatto per gestire l'ordine pubblico sia durante la fase di preparazione del vertice sia durante la sua gestione. Nella prima fase, colpiscono le scelte allora definite, che hanno una loro origine nei precedenti confronti internazionali e nei rapporti di collaborazione tra servizi e governi e che provengono da studi e verifiche sull'efficacia di precedenti gestioni dell'ordine pubblico durante i vertici svolti da Seattle in poi. Provo allora ad esaminare le modifiche sul terreno organizzativo effettuate durante questo percorso. A Genova è stata individuata la zona rossa, con i varchi, i container, la zona gialla e così via; queste separazioni della città rappresentano qualche elemento in più rispetto a quello che era stato fatto precedentemente in tutte le altre esperienze. In alcune realtà, esisteva solo la zona rossa; poi sono stati aggiunti i container. Le sperimentazioni, fino a Göteborg, hanno condotto ad un ulteriore sviluppo nelle scelte di Genova ed hanno avuto un loro valore per quello che si determinerà poi nell'ordine pubblico: sono dinamiche oggettive, che spingono in una direzione anziché in un'altra.
Non ho esaminato soltanto tutto questo, ma anche gli studi, la formazione, l'addestramento del personale, nonché le ordinanze, alle quali assegno un certo significato. Una cosa è un'ordinanza fondata sulla volontà di differenziare gli interventi a seconda delle caratteristiche dei manifestanti che potrebbero trovarsi a Genova, altra cosa è un'ordinanza in cui l'obiettivo è il diritto di manifestare, in cui si evidenziano tutti quegli elementi che potrebbero portare pericolosità e che tra l'altro, come abbiamo sentito durante le audizioni, non trovano riscontro effettivo neanche tra i responsabili che avrebbero dovuto verificare la consistenza di questi allarmi.
Ora, queste ordinanze sono datate non solo 12 luglio, ma anche 19 luglio. Questo clima e questo allarmismo addirittura permangono e giungono ad evidenziare - anche nell'ultima ordinanza - la pericolosità, o comunque, la necessità di predisporre delle linee difensive in vista, appunto, delle piazze tematiche e delle varie altre iniziative organizzate dal Genoa social forum per i giorni successivi. Persino dal punto di vista organizzativo, la definizione sulla piazza dei contingenti, la loro dimensione e le loro caratteristiche rivelano che non si sono fatti, non si sono voluti fare o comunque non è nelle cose poter riconoscere che si siano compiuti tutti gli sforzi necessari per difendere il diritto a manifestare. Addirittura si verificano in piazza, sia sul piano dell'organizzazione dei contingenti delle forze dell'ordine, sia - e soprattutto - nelle azioni concrete di gestione dell'ordine pubblico, delle innovazioni straordinarie ed uniche per il nostro paese.
Faccio derivare da questi ragionamenti due considerazioni. A Genova, ma in realtà c'era qualche precedente, si compie di fatto una vera svolta dal punto di vista del sistema di ordine pubblico che abbiamo conosciuto, nei decenni precedenti, in Italia. In aggiunta si compie anche un salto di qualità rispetto ad una strategia sul piano internazionale. Da questo dunque discendono le mie proposte conclusive considerando che l'obiettivo del lavoro che abbiamo svolto era quello di ricostruire gli avvenimenti di Genova e di cercare di leggerne le cause e le ragioni. Fin qui ho detto delle dinamiche di piazza ma, naturalmente, non ho bisogno di ricordare quanto avvenuto alla scuola Diaz, che presenta aspetti che considero inquietanti; sono cose di cui in questi giorni ancora leggiamo e sulle quali sta indagando la magistratura; lo stesso dicasi per la vicenda di Bolzaneto. Tutto sta a significare che quanto è avvenuto a Genova necessita di una ricostruzione, di una lettura e di una conoscenza per capire quali possano essere le iniziative del Parlamento e del Governo per evitare che nel futuro possano ripetersi situazioni di quel tipo. Da questo punto di vista, dunque, avanzo una serie di proposte che vanno da un provvedimento che stabilisca che il singolo agente possa essere riconosciuto con segni di identificazione sulle divise, sui caschi e sui manganelli, fino alla proposta che il Parlamento possa discutere in modo approfondito le strategie di ordine pubblico; strategie che sono molto legate, naturalmente, alle questioni della democrazia ed agli spazi di libertà. Ciò tanto più se si considera che, in un momento come questo, vi è il rischio che, di fronte ad una emergenza internazionale, ai Governi o alle polizie siano delegati sistemi di sicurezza che, ripeto, trovano un nesso strettissimo con gli spazi democratici ma anche con le possibilità di partecipazione alla vita politica e sociale di milioni di cittadini.
Queste sono le proposte più significative: naturalmente ve ne sono altre. Considero quello che abbiamo compiuto un buon lavoro - anche grazie al modo in cui il presidente lo ha gestito, cioè con grande equilibrio e saggezza - ma anche - per quanto utile - limitato a causa di quelli che erano i suoi poteri effettivi. Abbiamo ascoltato, appunto, le dichiarazioni dei responsabili delle forze dell'ordine e constatato le diverse contraddizioni contenute nelle loro affermazioni, insieme all'impossibilità - naturalmente - di poter acquisire documentazioni che, invece, avremmo avuto a disposizione nel caso i nostri poteri fossero stati diversi. Per questa ragione, e per i numerosi punti irrisolti di cui abbiamo dovuto prendere atto al termine dei nostri lavori (la vicenda della scuola Diaz credo sia la questione più clamorosa) considero che il Parlamento dovrebbe istituire una Commissione d'inchiesta. Dico ciò non perché ci siamo appassionati a queste vicende ma perché non considero quanto accaduto a Genova un caso isolato.
Non è sicuramente nell'intenzione di nessuno, tanto meno la mia, di mettere sotto accusa l'insieme delle forze dell'ordine. Considero, inoltre, che verificare le responsabilità individuali debba essere competenza della magistratura o degli organi interni alle forze dell'ordine stesse, mentre il compito del Parlamento dovrebbe essere quello di conoscere fino in fondo le cause di quei fatti. Su queste cause, naturalmente, avanzo delle ipotesi, ma siccome sono questioni che hanno grande rilevanza e si trovano in connessione stretta anche con la situazione politica che si è determinata nel corso in questi giorni dopo i tragici fatti di New York, ritengo sarebbe utile che il Parlamento riuscisse davvero ad andare fino in fondo nella ricostruzione di quanto accaduto a Genova. Non si deve solo rispondere ad un'opinione pubblica che ha fatto pressioni affinché quelle immagini televisive cui abbiamo assistito e quei resoconti giornalistici potessero trovare una risposta ed una spiegazione. A questo punto credo che anche le esperienze di migliaia di giovani, che comunque si sono avvicinati con partecipazione alla politica sociale, in questo contesto, meritino una risposta. Credo che questo lavoro possa essere un
Devo dire che, a parte qualche piccolo screzio che è sempre possibile avvenga, complessivamente il clima è stato positivo, tale da averci consentito di acquisire elementi e svolgere approfondimenti che probabilmente in un'indagine conoscitiva non erano mai stati compiuti, almeno per quella che è la mia esperienza.
Non condividiamo, però, il testo che lei ci ha presentato - lo dico rispettosamente - per i seguenti motivi. In primo luogo, ci sembra che non contenga una precisa descrizione degli eventi. In secondo luogo non ci sembra siano stati approfonditi episodi di particolare rilievo, tipo tre questioni che per noi sono particolarmente importanti: la dinamica che porta alla morte di Giuliani, la perquisizione alla scuola Diaz e le vicende di Bolzaneto. In terzo luogo, crediamo che sarebbe stato utile avanzare proposte sulle questioni di ordine pubblico, tenendo presente - anche perché ce ne siamo resi conto tutti - come ci siano problemi tecnici di gestione dell'ordine pubblico. In quarto luogo, infine, ci sembra che il documento sia privo di una riflessione complessiva sugli eventi di Genova.
Il testo che abbiamo presentato si divide in quattro capitoli. Il primo fa riferimento ai fatti di Genova e in esso vi è una descrizione basata in particolare sui video, oltre che sui dati che tutti quanti abbiamo letto e conosciuto. Il secondo fa riferimento alle tre vicende essenziali: Bolzaneto, Diaz e morte di Giuliani. Devo, però, dire che per un difetto del computer sono saltati alcuni paragrafi che poi vi farò avere. Il terzo capitolo riguarda una valutazione dell'ordine pubblico a Genova e alcune proposte, che ci permettiamo di avanzare, per avere un ordine pubblico gestito in modo più ordinato. Il quarto capitolo fa riferimento ad una interpretazione della vicenda, sulla quale dirò qualcosa fra poco. C'è, infine, una conclusione la quale costituisce, in un certo senso, il succo politico del ragionamento da noi fatto.
Abbiamo visto che vari sono stati i fattori che hanno inciso sulle vicende di Genova.
Innanzitutto, ci sembra che il primo fattore sia stato l'aver fissato, in via pressoché esclusiva - almeno così ci sembra -, la difesa della zona rossa come assoluta priorità e, per converso, l'aver lasciato la zona gialla, sostanzialmente, non come zona di protezione vera ma come zona di passaggio. Ciò ha comportato che anche le stesse forze di Polizia si sono poste come problema prioritario quello di difendere quella zona. Credo che anche gli interventi effettuati, non sempre in modo ragionevole, nei confronti dei cortei, sono interventi che avevano come scopo quello di creare, comunque, dei filtri all'arrivo dei cortei in quella zona. Riteniamo che ci sia una responsabilità specifica dell'autorità nazionale di pubblica sicurezza, vale a dire del ministro dell'interno, in ordine a questo dato: si sapeva quello che sarebbe accaduto a Genova perché i servizi avevano largamente informato. Era anche chiaro quello che era successo a Göteborg e altrove. Però, nonostante ciò, le forze di Polizia e le forze dell'ordine non sono state dislocate in tutta la città, bensì lo sono state in maniera assolutamente prevalente a tutela di un nucleo della città. Poi, le altre forze si sono mosse nella città - tra l'altro non conoscendola, perché come sappiamo qualcuno si è anche perso
Un secondo dato riguarda il problema del rapporto tra le varie forze di Polizia che operavano sul territorio di Genova. Abbiamo visto, presidente e colleghi, che il coordinamento è mancato ancora una volta: e questa è una vecchia storia. La stessa metodologia della comunicazione tra il funzionario di pubblica sicurezza, responsabile sul territorio dell'ordine pubblico, e il reparto dei Carabinieri a lui affidato, credo abbia rilevato la necessità di intervenire in modo diverso, perché tale metodologia comporta che il funzionario debba fare riferimento all'ufficiale che comanda il reparto dei Carabinieri, il quale dà poi l'ordine al reparto, con la conseguenza che, nei momenti concitati di disordine pubblico, quando cioè le truppe sono avanti o sono indietro, si verifica l'impossibilità per il funzionario di comunicare con chi dovrebbe agire sul territorio. Pertanto, come diremo nelle proposte conclusive, mi sembra debba fissarsi un punto: o il funzionario di pubblica sicurezza, il quale è responsabile dell'ordine pubblico nella zona assegnatagli, è soltanto un capro espiatorio di ciò che accade e, quindi, ha la responsabilità senza avere i poteri, oppure dobbiamo far coincidere potere e responsabilità, cioè egli deve essere in grado, se non vogliamo che sia soltanto un capro espiatorio, di dare gli ordini direttamente a chi deve eseguirli, senza intermediari.
Riteniamo poi che un terzo dato sia stata la situazione psicologica di stress che si era creata. Uno dei funzionari ci ha detto, non volutamente ma su nostre insistite domande, che nel giorno in cui è morto Giuliani ha mangiato verso le quattro e fino alle ore 15 non aveva bevuto neanche un sorso d'acqua. C'era, dunque, anche una situazione di questo tipo che ha influito.
Un altro fattore è stata la propagazione di notizie allarmistiche, pressoché ogni giorno. A questo punto apro una parentesi: mi pare che abbiamo toccato con mano come il problema che abbiamo, e questo si è potuto vedere anche in relazione alla strage di New York, non sia quello della mancanza di informazioni, bensì quello del surplus di informazioni. Cioè, i servizi dispongono di un numero di informazioni tale che non si riesce a stabilire un ordine di priorità e di attendibilità delle stesse. Se guardiamo con chiarezza le indicazioni che sono pervenute dai servizi, vediamo che sono arrivate le informazioni più varie senza un ordine di priorità. Mi pare che il dottor La Barbera abbia detto che poi, sostanzialmente, molte di quelle informazioni non erano utilizzabili perché mancavano dei requisiti. Tuttavia, ci sembra si sia trattato di un meccanismo di pura e semplice trasmissione di ipotesi, non solo di informazioni. A ciò, aggiungiamo, signor presidente, una critica molto severa nei confronti di quegli appartenenti al sistema politico o alla pubblica amministrazione, i quali hanno costantemente passato queste notizie ai mezzi di informazione. Infatti, questo è stato un altro dei contributi a creare disordine, tensione e paura nel paese. C'è, evidentemente, qualcuno che si è avvalso in questa occasione, ma non è la prima, dei suoi strumenti di conoscenza particolari per comunicare all'esterno questi dati, i quali creano poi confusione, discredito, disordine, paura e al tempo stesso non fanno raggiungere nessuno dei risultati che occorrerebbe raggiungere.
Diamo un giudizio particolarmente negativo - ci scuseranno i colleghi di Alleanza nazionale - in relazione al ruolo avuto da questo partito, il quale in questa vicenda si è scisso dalle altre componenti del centro-destra, assumendo una sua specifica funzione, che in questa relazione abbiamo tentato di descrivere, nel senso di cercare di acquisire, credo, una sorta di leadership nei confronti delle forze di Polizia, con dati che sono qui citati e tentando di aprire una certa divaricazione fra società civile e forze di Polizia. Riteniamo che questo sia stato un errore, perché le forze di Polizia o appartengono al paese o non appartengono a nessuno. Inoltre, come diremo alla fine, dobbiamo insistere perché ci possa essere un clima
Devo dire, poi, che abbiamo notato, signor presidente, che non è stato particolarmente approfondito il segno che ha dato Genova. Siamo rimasti colpiti - e credo che anche qualcuno di voi lo sarà stato - dal fatto che soltanto dopo Genova il presidente Jospin ha cominciato a parlare di Tobin tax, così come Schroeder. Domani e dopodomani, ad esempio, l'Ecofin discuterà dei meccanismi di tassazione delle grandi transazioni finanziarie a scopo speculativo, cioè della Tobin tax. La nostra stessa sensibilità è stata colpita dai temi della globalizzazione soltanto dopo ciò che è successo a Genova.
Intendo dire che la vicenda di Genova - lo abbiamo scritto nel documento - è stata affrontata come un problema di ordine pubblico (perché questo è esploso), ma non si tratta soltanto di ciò. È stato un peccato che sia passato sotto silenzio anche ciò che il Presidente del Consiglio ha segnalato - non ho motivo di dubitarne - come risultati positivi. Tra l'altro, mi risulta che a Durban si è riusciti ad arrivare alla soluzione definitiva del documento, anche prendendo parte dei documenti approvati al vertice del G8, a Genova. Tutto ciò è passato sotto silenzio, schiacciato dal dramma e dalla tragedia che hanno vissuto Genova la famiglia Giuliani e un poco tutti noi.
Nella nostra discussione ed anche nel testo che lei, presidente, ha presentato, questo dato sfugge: la drammaticità e la svolta che hanno segnato Genova in relazione al complesso delle questioni relative alla globalizzazione. Forse avremmo dovuto riflettere di più su ciò, perché se soltanto dopo sono maturate tante sensibilità, quell'evento è stato significativo per la quantità di persone che hanno manifestato e per la varietà di posizioni espresse (dalle suore che hanno pregato ai centri sociali ed altro). Questa gamma di sensibilità avrebbe dovuto attirare la nostra attenzione più di quanto non sia avvenuto.
Nelle valutazioni facciamo un riferimento alle responsabilità del Genoa social forum sotto due profili. Il Genoa social forum non è un'organizzazione classica, bensì una costellazione di sigle - circa 700 - con posizioni ideali molto diverse tra loro, non riconducibili ad unità. Siamo rimasti tutti colpiti, positivamente, da un passaggio di Agnoletto, durante la sua audizione, in merito al linguaggio usato. Lui ha compreso di aver sbagliato la lingua ed il tipo di terminologia usata, riconoscendo di dover svolgere un processo di maturazione culturale. Per converso, siamo stati colpiti dal fatto che Casarini, quando è intervenuto, non ha colto la differenza che passa tra disobbedienza civile ed uso della violenza. Il filo - come scriviamo nel testo - è molto sottile: o si presta attenzione oppure si possono avere conseguenze negative; infatti, se si ritiene disobbedienza civile premere con il proprio corpo il poliziotto che si ha di fronte, in quale modo questo può rispondere? Vi sono elementi su cui dobbiamo riflettere, se possibile in modo più sereno e pubblico, perché si tratta di temi che le giovani generazioni hanno dentro di sé. Penso che molte migliaia di giovani che si trovavano a Genova immaginassero veramente che la disobbedienza civile fosse ciò che stavano praticando, e che, fino ad un certo punto, poteva essere così definita; ma ad un dato momento si è trasformata in altro (anche se non da parte di tutti).
È positivo che il ministro dell'interno stesso abbia detto che gran parte del corteo era pacifico e manifestava per valori ideali condivisibili, sciogliendo così alcuni nodi rimasti da precedenti sue affermazioni.
Man mano che si affrontano i temi, le questioni su cui soffermarsi sono tante. Nei lavori è emerso anche un altro elemento: per quale motivo è stata usata una violenza, che (credo tutti) abbiamo considerata - in alcune fasi - spropositata, nei confronti di persone inermi e per quale
Per quanto riguarda la carica aggressiva nella perquisizione alla scuola Diaz, è vero che un giovane poliziotto è stato accoltellato appena entrato, e ciò poteva generare una risposta ben più grave; la situazione era molto tesa, ma, colleghi, le forze di Polizia sono tali anche nel momento del rischio; la professionalità è richiesta proprio in questo momento. È vero che da vent'anni, in Italia, non vi erano violenze o meccanismi di questo genere, tuttavia riteniamo che nella preparazione delle forze di polizia, dei reparti impiegati per l'ordine pubblico, non conti soltanto l'addestramento all'ordine pubblico, ma - come è scritto in una parte della relazione - anche un addestramento psicologico, che, forse, è mancato. Infatti, se molti di quei reparti erano costituiti da agenti di leva, è chiaro che diventa difficile capire come si possa gestire una situazione di difficoltà e di tensione.
Tali sono le questioni su cui ci siamo soffermati nella relazione. Vi è una parte descrittiva delle vicende molto precisa.
Per quanto riguarda, presidente, le proposte che esprimiamo in ordine al futuro, in primo luogo, consideriamo questo tema relativo alla preparazione psicologica delle forze di Polizia. Se lei ritiene, presidente (poiché credo che tutti i colleghi abbiano potuto maturare opinioni su ciò), si potrebbe riferire alcuni di questi aspetti al ministro dell'interno, in modo tale che egli possa valutare in quali termini prendere o rifiutare questi suggerimenti, fatti con spirito costruttivo.
La seconda attiene ai servizi di sicurezza. Il problema della selezione delle informazioni è fondamentale. Credo che emerga con sempre maggior forza la necessità di una cooperazione internazionale; le vicende di New York portano in tale direzione. Dovunque si pone questo argomento, tenendo presente che uno dei problemi dei servizi di sicurezza e della politica della sicurezza, dopo la fine della seconda guerra mondiale, era individuare dove era il nemico, cioè nei confronti di chi bisognava muoversi. Non so se gli ultimi avvenimenti abbiano aiutato a definire un soggetto, ma sta di fatto che il problema della concertazione internazionale dei servizi di sicurezza, il problema dello scambio e del coordinamento delle informazioni, il problema della capacità di selezionare le informazioni e distinguere tra ipotesi, notizie e frutto di analisi (tre cose molto diverse nella politica dei servizi) richiedono una particolare professionalità. Non so se abbiamo bisogno di arruolare - come dice qualche quotidiano - mille o duemila appartenenti ai servizi; vi sarebbe bisogno di aver apparati di intelligence di livello particolarmente qualificato. Probabilmente vi sono; i servizi si trovano in una singolare situazione: quando funzionano le cose, nessuno sa che è merito loro; quando accade qualcosa che non va, scatta la critica e l'aggressione nei loro confronti.
Poniamo, inoltre, il problema del coordinamento, sotto vari profili. Accenno ad una vicenda (non so se i colleghi la ricordino) come segno particolare della mancanza di coordinamento e di informazione. Qualche giorno prima del vertice, circa dieci giorni, una volante della polizia rintraccia una macchina danneggiata, non funzionante e appartenente a terzi, per cui la lascia nel luogo in cui è stata segnalata. Qualche giorno dopo, viene segnalata dai Carabinieri, i quali ritengono sia un'autobomba e la fanno esplodere. È un caso classico di mancanza di comunicazione e di informazioni.
Ci siamo soffermati, soprattutto, sulla questione della gestione dell'ordine pubblico e sulla necessità che il funzionario civile non sia un capro espiatorio, ma un soggetto che possa davvero reggere di fronte alle varie situazioni.
Nell'ultima cartella della nostra relazione, presidente, esprimiamo alcune considerazioni conclusive, che riassumo brevemente. In primo luogo, il sistema politico in tutte le sue componenti deve garantire che le forze di Polizia siano e si
Intendiamo ringraziare lei, presidente, per come ha diretto i lavori ed i colleghi, anche per la pazienza con cui hanno ascoltato questa, forse, troppo lunga esposizione. Esistono elementi di conflitto in questo nostro lavoro, specialmente nei confronti dei colleghi appartenenti al gruppo di Alleanza nazionale. Abbiamo chiesto che il Vicepresidente Fini, che forse avrebbe potuto spiegare elementi non chiari, fosse audito. Comunque, togliere ogni ombra in ordine a quella che, a noi, è sembrata un'operazione non felice, aiuterebbe, in futuro, le stesse forze di Polizia a considerarsi in misura maggiore parte del paese, piuttosto che sentirsi sotto la minaccia di un patrocinio politico.
Se nessun altro chiede di intervenire per l'illustrazione delle proposte di documento alternativo, passiamo alle dichiarazioni di voto sul documento da me presentato.
Quali sono le conclusioni a cui questa indagine ci autorizza a pervenire?
Il successo del vertice è fuori discussione, nonostante sia stato appannato dalle vicende di cui siamo stati costretti ad occuparci. Il ministro Ruggiero ci ha riferito come è stata sviluppata e allargata l'agenda predisposta dal Governo Berlusconi e dal Governo Amato, seguendo le indicazioni del Presidente della Repubblica e coinvolgendo anche i paesi poveri nelle iniziative al loro sostegno. Vi è stato il riconoscimento dei Capi di Stato ed il ministro Ruggiero, nella sua esposizione, ha evidenziato, appunto, questo successo politico, che ha rappresentato una novità rispetto agli altri vertici. È stato deciso di tenere il vertice nella zona rossa. Si dirà che è stata privilegiata la tutela della zona rossa rispetto alla tutela delle altre zone. Un fatto è certo: il vertice si è tenuto con successo, come hanno evidenziato sia il ministro Ruggiero che il Presidente del Consiglio Berlusconi al termine del vertice.
Quando noi parliamo di inerzia del Governo Amato ci riferiamo all'operato dell'architetto Paolini, che era stata incaricata di dialogare con le associazioni non riconosciute.
Il dialogo con il dissenso è stato garantito, e non voglio ripetere quanto risulta dal documento, che è notarile circa tutte le attività e le iniziative tese a garantire il dialogo. Tra le associazioni non governative che costituivano il fronte del dissenso, ci siamo soffermati soprattutto sul Genoa social forum, in cui abbiamo individuato un'anima pacifista e non violenta, specialmente in relazione alle associazioni cristiane, ma anche un'anima politicizzata, che individuava nella violazione simbolica la sua avversione alla globalizzazione, e infine un'anima violenta, che si è rivelata nelle azioni aggressive. Non possiamo attribuire le azioni aggressive soltanto ai black bloc; si è parlato di un numero di persone violente compreso tra cinque e diecimila, persone mascherate con passamontagna, dotate anche di estintori, che hanno disselciato i pavimenti delle strade, che hanno lanciato sassi, saccheggiato vetrine, banche, uffici e messo in pericolo le persone.
Berlusconi ha accentuato il dialogo: non dimentichiamo che sono stanziati dei fondi, tre miliardi, per l'accoglienza che doveva essere riservata dagli enti pubblici ai manifestanti, con la creazione anche di uffici stampa, dando quindi tutta la disponibilità per la comunicazione e per una gestione pacifica del dissenso.
Si dice: il vertice è riuscito dal punto di vista politico, ma non dal punto di vista della tutela dell'ordine pubblico. In sintesi questo documento fotografa la situazione sia come narrazione dei fatti sia come conclusioni politiche.
Le forze dell'ordine hanno profuso il massimo impegno, pagando un duro prezzo anche sul piano della incolumità fisica. A questo proposito credo che i punti più qualificanti dei documenti presentati da maggioranza ed opposizione convergano:
Certamente, sono avvenute alcune «sfasature» riguardo il coordinamento e la linea di comando: nel nostro documento è scritto che «non va sottaciuto che il coordinamento ha talvolta messo in evidenza carenze e sfasature». Questa frase contiene per intero la critica che l'opposizione ha manifestato, che è stata condivisa sia da noi che dal ministro Scajola il quale, nelle occasioni in cui ha parlato di questo argomento, ha ammesso che ci sono state mancanze di collegamento e, nelle fasi iniziali dell'indagine, ha provveduto ad istituire una commissione che ha provocato la rimozione e l'emissione di provvedimenti cautelari di rimozione, di alcuni funzionari.
Le forze dell'ordine hanno dovuto fronteggiare una guerriglia provocata da violenti - non solo black bloc - come abbiamo visto dai filmati che, nonostante non possano fornire una attendibilità notarile (atteso che il montaggio può anche tradire, in buona o mala fede, il reale svolgimento dei fatti), ci hanno consentito di assistere ad una guerriglia, alla quale le forze dell'ordine hanno risposto nel modo in cui hanno potuto, compatibilmente con l'equipaggiamento a loro disposizione.
L'onorevole Bressa ha affermato che una corretta gestione dell'ordine pubblico deve garantire comunque il dissenso senza compiere nessuna forzatura, violenza od abuso. Ciò rappresenterebbe un ideale modo di agire; nessuno però finora ha ricordato ciò che è avvenuto a Napoli il 17 marzo del 2001: più di 100 persone, manifestanti e poliziotti, sono state ferite ed hanno dovuto ricorrere alle cure degli ospedali. Nessuno ne ha parlato; le forze di centrosinistra, che allora esprimevano il Governo, non hanno presentato interrogazioni, denunzie o mozioni di sfiducia contro il ministro. Ciò significa che in determinate occasioni violente le Forze dell'ordine non possono sempre reagire in modo proporzionato. Il comportamento ideale escluderebbe l'uso della violenza, ma in concreto ciò non sempre può essere realizzato. Non si dimentichi ...
L'opposizione ha presentato un documento in cui si parla delle forze di Polizia, del rapporto di fiducia tra esse e lo Stato ed anche noi vogliamo difenderle, per ciò che rappresentano. In realtà, l'opposizione si contraddice apertamente quando afferma che le Forze dell'ordine sono state «dirottate» nei propri compiti istituzionali da Alleanza nazionale.
A pagina 76 del documento presentato dall'Ulivo troviamo un punto qualificante: «Nello Stato democratico l'arrestato non è ridotto a cosa, non è alla mercè di chi lo custodisce, è persona con diritti». Abbiamo risposto a questa esigenza con la conclusione del nostro documento: «Il Comitato, a conclusione dell'indagine, ribadisce che la violenza non è e non deve essere strumento di azione politica e che, in un paese democratico, la legalità è un valore fondamentale; nel contempo, si sottolinea un richiamo forte all'inviolabilità dei principi costituzionali di libertà di manifestazione del pensiero, di rispetto della persona anche, e forse soprattutto, quando privata della libertà perché in arresto, nonché della tutela necessaria alla sicurezza dei cittadini e dell'ordine pubblico. Auspica che, ove emergano fatti di rilevanza penale o di violazione disciplinare, l'autorità giudiziaria e gli organi amministrativi identifichino i responsabili e ne sanzionino il comportamento. Vi sono state sfasature e denunce, di cui si interessa l'autorità giudiziaria».
Dopo Genova - questo è il messaggio che ci viene da quegli avvenimenti - nulla
Per rispondere alle esigenze poste dall'onorevole Violante è scritto nel documento predisposto dal presidente: «È da auspicare al riguardo che tale occasione di confronto su di un comune terreno non sia andata totalmente dispersa ma anzi sia possibile in futuro riannodare un dialogo». Siamo a favore del dialogo; da questa indagine il Governo trarrà - o ha già tratto - le proprie conclusioni, che riguardano un maggiore coordinamento tra le forze di Polizia, e la necessità di un loro ammodernamento e migliore equipaggiamento. Rivolgo un ultimo messaggio, non tanto al Governo quanto a tutte le forze politiche, riguardo l'importanza di isolare i violenti, non solo da parte dei manifestanti, con la denunzia alle forze dell'ordine, ma anche da parte di forze politiche che hanno tollerato alcuni comportamenti.
Possiamo accettare ogni genere di discussione e di confronto sul merito delle questioni, ma non potete chiedere di vedere piegata la verità per obiettivi di parte, che certamente non rendono onore al lavoro della Commissione. Dispiace sentire dire dal collega Saponara di essere stato irridente: mai in nessuna occasione ho irriso alcuno. Signor presidente, onorevoli colleghi, non è il mio senso politico ed il mio buon senso a ribellarsi, bensì è il senso che ho dello Stato, che si oppone all'idea del Presidente del Consiglio, il quale appena eletto dice: «Se accadrà qualcosa sarà colpa di coloro che c'erano prima». La ritengo una cosa gravissima e lo ribadisco, perché chi ha senso dello Stato assume su di sé le responsabilità e chi è responsabile di questa Repubblica assume su di sé tutta la storia del nostro paese, a cominciare dai tempi di Cavour: lo scaricabarile non si addice a chi ha responsabilità così alte. Neanche una Commissione parlamentare può utilizzare, in maniera del tutto artificiosa, l'unica frase detta dall'architetto Paolini secondo cui per 25 giorni non ci sarebbe stato dialogo con le associazioni del dissenso, al fine di ricavarne un esempio d'inerzia del Governo Amato. Non è la difesa congetturale e pregiudiziale del Governo che ho contribuito anch'io a far nascere ed a sostenere, bensì è la verità che va difesa da parte di tutti noi. Essa appare piegata ad un interesse particolare e contingente del momento e soprattutto sembra del tutto irriverente ed irridente verso l'esatta descrizione dei fatti, che abbiamo voluto ricostruire, chiarendo con certezza che la pianificazione operativa della pubblica sicurezza era ascrivibile al Governo Amato nella parte che riguardava la definizione della sicurezza dei luoghi in cui il vertice si sarebbe svolto, ma non era possibile, in quanto ancora indefinibile, che fosse effettuata in relazione ad altre due componenti, assolutamente prioritarie ed essenziali, come la allocazione delle delegazioni - definita tra il 15 ed il 30 giugno 2001 - e le autorizzazioni alle manifestazioni, intervenute tra il 12 ed il 19 luglio 2001. È veramente poco plausibile, per chi soltanto mastica questi argomenti, pensare che una pianificazione di pubblica sicurezza si possa fare due mesi prima. E proprio la vicenda drammaticissima degli ultimi giorni insegna che prima dell'11 settembre c'era una storia e dopo ce ne sarà una nuova.
Il ministro Ruggiero ha detto che dopo Göteborg tutto era cambiato, ma neanche
Abbiamo voluto cercare una strada «stretta» della democrazia, che non è quella di decidere in maniera demagogica e propagandistica di stare da una parte o dall'altra. Abbiamo voluto cercare una strada «stretta» che non guardava soltanto ai poliziotti ed ai carabinieri in piazza, ma anche ai figli dei carabinieri e dei poliziotti in piazza anche loro, per manifestare. Essa si rivolge alla società nel suo complesso, senza tesi precostituite fatte di slogan, per dare invece suggerimenti e proposte.
La gestione operativa dell'ordine pubblico non è stata efficiente e gli indirizzi politici sono stati contraddittori. Abbiamo voluto concludere con un grande senso istituzionale, senza difendere questo o quello, ma il ruolo di questa o quella persona, che in questo momento - pro tempore - lo incarna. Vogliamo che l'autorità nazionale di pubblica sicurezza sia una sola e che non ci siano interferenze politiche che, per ragioni propagandistiche o per spezzare il legame tra la Polizia ed il paese, cercano di appropriarsene in una occasione, peraltro, così drammatica e terribile. Abbiamo denunciato l'atteggiamento di Alleanza nazionale, non per fare una contropropaganda, ma per dire che l'autorità nazionale di pubblica sicurezza, soprattutto quando il paese versa in situazioni così difficili, non può tollerare alcuna interferenza. Anche un accenno, un gesto, una presenza, soprattutto se autorevole, nel teatro delle operazioni, può essere di incoraggiamento o di incitamento, o suggerire interpretazioni equivoche dei propri gesti. Per l'autorità locale di pubblica sicurezza, abbiamo voluto dire che il funzionario non può essere uno schermo formale dietro il quale tutto può essere celato, e poi magari metterlo sotto processo se le cose vanno male. Abbiamo voluto ricostruire una figura responsabile, prevista dalla legge, per la quale, evidentemente, non è stata fatta alcuna verifica in concreto della responsabilità che aveva nella direzione dell'ordine pubblico. Tutti questi fatti hanno determinato in misura grave gli eventi di Genova.
Senza «sbrodolare» su una frase troppe volte citata a proposito del coordinamento delle forze di Polizia, resta il fatto che essa rappresenta comunque un'altra delle tante cose clamorose che non hanno funzionato. Ad esempio, l'episodio della vettura può sembrare banale, ma è significativo. Un altissimo e qualificatissimo comandante dell'Arma dei carabinieri è venuto a parlare della sua presenza a Genova, ma questo lo abbiamo appreso solamente nel corso dei lavori. Non sappiamo alcunché del lavoro svolto e, soprattutto, il ministro dell'interno ed il direttore generale del dipartimento della pubblica sicurezza non hanno saputo niente.
Noi vogliamo che il ministro dell'interno si faccia carico di questo, che rappresenti il riferimento esclusivo di queste informative ed informazioni, tanto più che il paese si appresta a dover gestire una fase certamente ancor più difficile. Vogliamo che nel nostro paese sia garantito anche il dissenso e che le prescrizioni siano coerenti con le altre previsioni costituzionali. Dico ciò perché la libertà di manifestare liberamente il proprio pensiero
Abbiamo fatto questo perché vogliamo una società più libera e più sicura e perché abbiamo confidato nel fatto che questa sede - quella dell'indagine parlamentare - fosse una sede altissima; crediamo che altri abbiano trascurato tutto questo, siamo convinti che non siamo stati noi a pensare che questa sede fosse una di passaggio nella quale evitare di affrontare nel merito gli argomenti. Ci riserviamo la possibilità di valutare l'esigenza di una commissione d'inchiesta, perché questa potrebbe, ulteriormente, portarci avanti lungo questo ragionamento. Non vogliamo in alcun modo generalizzare nulla, ma arrivare alla radice del problema e cercare di aiutare il nostro paese a proseguire lungo il proprio cammino.
Esprimo, e confermo, un dissenso profondo sulla ricostruzione degli eventi; credo non solo che così come sono stati esposti in questo documento non si dia il senso di quello che è effettivamente avvenuto a Genova, ma in qualche modo anche che si cerchi di predisporre le condizioni per trarne poi le considerazioni politiche finali; di qui il mio dissenso che è, naturalmente, assolutamente totale. Queste considerazioni finali tentano di scaricare le responsabilità di ciò che a Genova non ha funzionato a proposito del GSF e dei manifestanti specifici; si afferma in varie occasioni che da parte del GSF stesso e dei manifestanti pacifici si sarebbe determinata una sorta di connivenza, o persino di un doppio gioco, in riferimento ai dialoghi svoltisi precedentemente. Credo al contrario che questo non sia vero e che a questi manifestanti si dovessero delle risposte per gli eventi e le situazioni che hanno vissuto.
Non si deve dimenticare che il Comitato di indagine è nato su pressione dell'opinione pubblica la quale, nei giorni dopo i fatti Genova, ha assistito, sia in televisione sia nelle cronache giornalistiche, alla serie di violenze ed abusi che hanno caratterizzato quelle giornate. Ritengo difficile spiegare questi elementi scaricando sul Genoa social forum o sui manifestanti pacifici tutte le questioni. Credo sia debole l'argomentazione sostenuta in questo documento, per cui da parte mia vi è non solo un dissenso politico ma anche una valutazione di debolezza. Si sostiene che vi è stato qualche problema di coordinamento; è vero che vi sono state responsabilità individuali che hanno determinato eccessi nei comportamenti, ed è vero che a Bolzaneto ed alla scuola Diaz vi è stata confusione organizzativa e si sono verificate disfunzioni che hanno poi dato luogo agli eventi che conosciamo. Allora ritengo che la somma di tutto ciò abbia determinato la difficoltà ad argomentare, oltre, lo ripeto, ad una valutazione politica che non ritengo condivisibile (in quanto non si ricostruisce esattamente, dal mio punto di vista, lo svolgimento dei fatti) e ad una conclusione debole nel determinare sia le responsabilità sia le cause.
Vi è stato un lavoro preparatorio, molto impegnativo, oltre che sostanzioso, per i tempi e per gli investimenti finanziari - di cui il documento rende conto - nella preparazione del vertice. Se dopo mesi di preparazione il risultato è questo, e cioè che la situazione genovese si spiega solo con la responsabilità di qualcun altro o con comportamenti individuali sbagliati o, ancora, sostenendo che nelle situazioni più allarmanti vi è stata confusione organizzativa, penso si debba trarre da ciò un bilancio, comunque, di fallimento, con
La sua relazione, signor presidente, sebbene sbilanciata, come già mi è capitato di dire, relativamente alla parte iniziale, nella valutazione degli esiti del vertice e quindi degli incontri dei Capi di Stato più che nella considerazione delle manifestazioni dei no-global, credo tracci in realtà un giudizio conclusivo condivisibile per lo sguardo e la valutazione dei fatti svoltisi nella loro interezza. In particolare, per i fatti svoltisi dal 19 al 21 luglio, ritengo che la sua relazione puntualizzi gli elementi essenziali e stigmatizzi la superficiale gestione dei rapporti con i manifestanti; questo perché ritengo che si sia trattato con essi nel corso dei vari mesi che hanno preceduto lo svolgimento del vertice considerandoli unitariamente e non riuscendo sempre a dividerli, a distinguerli e ad individuare all'interno di essi le diverse frange, soffrendo in questo anche della scarsa collaborazione prestata da parte dei vari interlocutori e soprattutto da parte di coloro che si qualificavano come rappresentanti del GSF.
La sua relazione, signor presidente, con molta onestà evidenzia, nell'operato delle forze dell'ordine, momenti di impreparazione, ma, soprattutto, mancanza di raccordo e coordinamento e chiede - come è giusto che sia - che si accertino, laddove si dovessero profilare, le responsabilità eventuali dei singoli per specifici episodi. La sua relazione mette in evidenza, da ultimo, la negatività della scarsa preparazione istituzionale, della tempistica seguita dalle istituzioni e della difficile intesa tra i diversi livelli istituzionali. Così come evidenzia, in alcune parti - e la condivido - l'inutilità della creazione di sovrastrutture non radicate sul territorio, a volte molto «curriculate» ma poco sostanziate. Tutto questo credo possa intendersi come un utile e logico strumento, o soprattutto obiettivo, dei lavori di questo organismo bicamerale, che può essere offerto alla futura valutazione e soprattutto alla futura esperienza istituzionale per l'uso che se ne potrà fare.
Questo documento, proprio per la sua impalcatura essenziale e completa, avrà quindi il voto favorevole del gruppo che rappresento, il CCD-CDU Biancofiore.
Devo dire, da ultimo, che il documento presentato dai colleghi, con primo firmatario Violante, non lascia dubbi, come dicevo in apertura, sulla compatibilità e sulla componibilità delle diverse posizioni che si sono manifestate, soprattutto nel corso degli ultimi giorni, le quali hanno contraddetto in un certo senso una fase intermedia dei lavori del Comitato paritetico bicamerale, che sembrava forse indirizzarci verso una composizione.
Un documento che trovo politicamente eccessivamente sbilanciato ed eccessivamente attento non ai fatti nella loro interezza, ma a singoli episodi che, tra l'altro, vengono ritmati quasi come in una strofa o in una poesia con ripetizioni del tipo «le Forze dell'ordine stavano a guardare» o frasi analoghe. Un documento che trovo contraddittorio nella sua stessa stesura, ma anche rispetto alle dichiarazioni,
Infine, vi è anche una valutazione dei rapporti con i manifestanti, quindi della gestione di questa interlocuzione con i medesimi, la quale non trova un punto di sintesi e di raccordo. Si tratta di singoli fatti usati per arrivare ad una conclusione che mal si comprende, se non come una conclusione, ripeto, di parte politica. Il che mi spinge a concludere questo intervento con una considerazione di ulteriore rammarico nei confronti dell'onorevole Sinisi, che ho invece apprezzato nella sua puntualità nei giorni di lavoro del Comitato, perché egli si sofferma ancora una volta su un qualcosa che alla fine contraddice gli atteggiamenti avuti, vale a dire la politicizzazione degli avvenimenti e soprattutto delle conclusioni. Queste ultime sono eccessivamente di parte, e credo non fosse questo l'obiettivo da raggiungere, l'obiettivo che ciascuno di noi auspicava che questo Comitato raggiungesse. In particolare, quando da una mozione di sfiducia si è arrivati poi, concordemente, alla valutazione della positività di un Comitato che accertasse la realtà dello svolgimento dei fatti accaduti a Genova.
Il documento che lei ha presentato, signor presidente, raggiunge questo obiettivo, motivo per il quale le confermo il voto favorevole del CCD-CDU.
Credo che, a conclusione di questo nostro serrato ed importante lavoro estivo - abbiamo infatti cominciato a lavorare nei primi giorni di agosto ed oggi rispettiamo totalmente il limite che ci eravamo posti e che ci avevano posto i Presidenti di Camera e Senato, fatto questo che non sempre accade nelle Commissioni di indagine né in quelle di inchiesta - abbiamo operato complessivamente bene.
Do un giudizio positivo su questa indagine conoscitiva e sul lavoro da noi svolto. Perché, infatti, proprio sulla base di tutta la documentazione acquisita (le audizioni e i dibattiti che queste di volta in volta provocavano, la documentazione cartacea, sia quella pubblica, sia quella riservata, la documentazione di stampa e la documentazione audiovisiva), nonché sulla base delle analisi condotte su tutto questo materiale - perché non c'è mai materiale grezzo che non debba e non possa essere sottoposto a un vaglio critico ed a una analisi interpretativa - abbiamo predisposto la proposta di relazione di documento conclusivo che il collega Violante ha illustrato, come lavoro che collegialmente abbiamo condotto.
Devo dirlo con dispiacere, ma da ultimo abbiamo dissentito non dalle singole frasi - ovviamente in qualunque documento ci sono punti di consenso e alcuni, in altri momenti, li ho anche sottolineati -, bensì dall'impianto dello schema di documento conclusivo che il presidente ha presentato con il conforto della maggioranza di centro-destra.
Ho già detto nel corso del dibattito conclusivo in Comitato che tutti dobbiamo tenere conto del mutato contesto geopolitico verificatosi nel corso di pochissime settimane. Tra il 20 e il 21 luglio (ma anche nei giorni precedenti e in quelli immediatamente successivi) di Genova e l'11 settembre 2001 di New York e di Washington, ma con le ripercussioni internazionali e mondiali, c'è un divario non di poche settimane, ma sembra quasi di un'intera epoca storica.
Però, presidente e colleghi, se analizzate con attenzione alcune parti del documento che abbiamo presentato vi accorgerete che dal nostro lavoro emergono, assai più che non nello schema di documento conclusivo della maggioranza, con
Dalle vicende di Genova emergono tre questioni, le quali sono ampiamente approfondite nella proposta da noi presentata. In primo luogo, la questione del dualismo politico che si è verificato nella maggioranza e nel Governo. In proposito, suggerirei ai colleghi della maggioranza, assai più di quanto abbia fatto la collega che mi ha preceduto, di leggere sine ira et studio - poi, eventualmente, non condividendolo -, ma comunque di leggere sine ira et studio ciò che abbiamo scritto e ciò che abbiamo ricostruito sempre e solo cercando di attenerci ai fatti, ma altresì cercando di fornire un'analisi interpretativa dei medesimi. Perché, a distanza di mesi, è impressionante vedere la distonia, la discrasia, il dualismo che si è verificato fra le dichiarazioni del ministro degli esteri e quello del ministro dell'interno, da una parte, e le altre dichiarazioni, e altri ruoli politici istituzionali di altri settori della maggioranza, dall'altra.
La seconda questione riguarda la responsabilità nella direzione e nella gestione dell'ordine pubblico. Non è mia intenzione ritornare su questo argomento, perché se ne è parlato più volte e il collega Violante ed il collega Sinisi lo hanno affrontato in modo approfondito. In questo documento, troverete pertanto alcune pagine improntate a una cultura di governo, anche dall'opposizione, e ad una cultura di responsabilità istituzionale.
La terza questione riguarda la ricostruzione puntuale della dinamica dei fatti. La collega che mi ha preceduto si è stupita di ciò, ma noi eravamo (e siamo) un Comitato prima e una Commissione adesso, che aveva un compito, che oggi concludiamo, di indagine conoscitiva sui fatti e, quindi, proprio questi vanno ricostruiti nella loro dinamica complessiva, così come nella puntualità degli episodi e nelle conseguenze prodotte dai vari eventi del 19, ma in particolare del 20 e del 21 e della notte fra il 21 e il 22: mi riferisco a quanto accaduto nelle piazze, ai fatti della perquisizione sedicente alla scuola Pertini e a quelli avvenuti all'interno della caserma di Bolzaneto, sia sotto il profilo della Polizia di Stato, sia sotto il profilo della Polizia penitenziaria. Ebbene, nostro compito era ricostruire e analizzare quei fatti, non quello di emettere sentenze che non competono a noi.
In altra circostanza ho detto - e lo ripeto oggi - che condivido e sottoscrivo non le considerazioni conclusive, bensì le ultime righe - opportunamente rilette dal collega Saponara - del documento conclusivo presentato dal presidente Bruno. Trovo che sia un fatto positivo che nella divaricazione politica che si verifica nella fase conclusiva di questa indagine conoscitiva, pur nella positività del lavoro insieme svolto, ci sia un punto di incontro su alcune questioni che riguardano i valori fondamentali. Quelle valutazioni sono più ampiamente, forse in modo più approfondito, contenute nelle considerazioni conclusive del documento presentato dai gruppi del centrosinistra e illustrato dal collega Violante. Vi pregherei di leggere anche quelle con attenzione, perché se dobbiamo comunque mantenere un dialogo e un confronto, sia pure nella legittima dialettica maggioranza-opposizione, dobbiamo trovare quali siano i punti essenziali di confronto.
In uno Stato di diritto, presidente, esiste il monopolio dell'uso legittimo della forza; non vi è dubbio che, quando si verificano fatti di violenza politica, più o meno gravi, essi vanno, se possibile, prevenuti, altrimenti contrastati con l'uso proporzionato, razionale e legittimo della forza. Ma, in uno Stato di diritto, proprio
Per concludere, presidente, annunciando il mio voto contrario allo schema di documento da lei proposto e, qualora venisse respinto (ciò non accadrà), il mio voto favorevole al documento da noi presentato, vorrei sottolineare che abbiamo, dinanzi a noi, mesi ed anni sicuramente difficili, per le ragioni, da me e da altri colleghi, evocate. Al di là delle diverse conclusioni tratte, dobbiamo ricavare dai fatti di Genova una lezione per tutti: per il Governo ed anche per le forze di opposizione; per il Parlamento e per le responsabilità che dovrà assumere, ma anche per i corpi di polizia e di sicurezza dello Stato; per la società civile, nel suo irrinunciabile ed incomprimibile pluralismo politico, sociale, culturale ed anche religioso. Sottolineo quest'ultimo aggettivo perché, in un momento in cui, anche sul terreno dell'immigrazione, in modo irresponsabile, una parte della maggioranza - non la maggioranza al completo - sta cercando di aizzare una sorta di scontro di civiltà e di guerra di religione nel nostro paese (ripeto in modo irresponsabile ed anche contrastato da altre parti della maggioranza), dobbiamo far riferimento, oltre che alle istituzioni, a questo incomprimibile ed irrinunciabile pluralismo, che costituisce una grande ricchezza della nostra società civile.
Condividiamo il risultato di questo lavoro, soprattutto nella parte in cui si ricostruiscono i fatti e si esprime un giudizio critico, sia sulla preparazione del G8, sia sul momento cruciale della manifestazione. Noi esponenti della Lega Nord Padania, che proveniamo da anni di manifestazioni pubbliche, di cortei e di momenti di confronto, anche con le istituzioni, non siamo mai trascesi e caduti in scontri con i rappresentanti delle Forze dell'ordine. Penso che ciò rappresenti il risultato dell'attenzione posta nel manifestare attraverso dimostrazioni pubbliche forti nei contenuti, ma sempre pacifiche e rispettose delle città, dei cittadini e delle istituzioni.
A Genova ciò non è accaduto; purtroppo i violenti sono stati numerosi (da 6 mila a 9 mila è scritto nel documento, ma ho sentito parlare, da parte dei rappresentanti delle Forze dell'ordine, anche di 10 mila), rappresentando un'entità molto forte ed una realtà difficile da gestire, che all'interno del Genoa social forum non ha trovato i momenti di differenziazione e di emarginazione che tutti si sarebbero aspettati. Ho colto dalle parole del presidente Violante alcuni aspetti interessanti, nel momento in cui si chiedeva che cosa volesse significare manifestare pacificamente, quale significato avessero termini come disobbedienza civile: si tratta di aspetti che devono essere approfonditi. Credo che l'esempio dimostrato, in questi anni, dalla forza politica cui appartengo, sia da approfondire e - perché no - da seguire.
Concludo, presidente, rimarcando la validità del documento ed auspicando che eventi del genere, soprattutto l'entità di violenza ed i fatti criminosi, non si ripeta.
Preannuncio il voto positivo al documento da lei predisposto.
Mi sembra che una mancanza finale di coraggio, da parte della maggioranza, non abbia consentito a voi di cogliere quegli accenti di sgomento, di inquietudine, di sconcerto e di ammissione di responsabilità, che, persino nelle dichiarazioni del ministro dell'interno, abbiamo ascoltato nel corso della sua audizione. Il ministro ha ammesso che, dei suoi cinque obiettivi programmati per la gestione del vertice di Genova, soltanto il primo è stato raggiunto, mentre non sono stati raggiunti gli obiettivi del risanamento della violenza, della garanzia delle libere manifestazioni pacifiche e, soprattutto, il clima, l'attenzione ed il rapporto con tanta parte della società italiana. Tutti - anche i vertici delle Forze dell'ordine - hanno, infine, ammesso che la parte preponderante dei manifestanti era pacifica, portatrice di valori ed apriva una riflessione su alcuni temi drammatici del mondo.
Di tutto ciò non vi è più traccia nel suo documento; anzi, nelle conclusioni finali, vi è una liquidazione dei problemi emersi nel corso dell'indagine conoscitiva, posti dagli eventi di Genova, con un teorema, che - ripeto - persino il ministro dell'interno ha respinto ed il capo della Polizia ed il prefetto Andreassi hanno corretto, soprattutto nel corso delle loro repliche. Mi riferisco, in particolare, al giudizio finale per il quale le Forze dell'ordine non hanno potuto contrastare la violenza, isolare chi usava le tecniche della guerriglia urbana, devastando la città, aggredendo, saccheggiando, infiltrandosi nei cortei, spezzandoli, facendoli poi diventare oggetto di cariche indiscriminate; un giudizio finale per il quale tutto ciò è avvenuto per responsabilità del movimento, che viene indicato in 200 o 300 mila persone. Si scrive che tutto questo (il doppio gioco, la diffusa violenza, la tolleranza, la prevalenza dell'anima eversiva nel movimento) ha fatto sì che fosse reso impossibile il ricorso, per le Forze dell'ordine, alle consolidate tecniche di controllo dei cortei.
Mi permetta di segnalare a lei e alla maggioranza la lettura attenta delle pagine 10, 11, 12 e seguenti del nostro documento. In tali pagine - attraverso la documentazione visiva, le testimonianze orali, le dichiarazioni pubbliche, le acquisizioni documentali - si esprime una valutazione, che, ripeto, persino il prefetto vicecapo della Polizia ha finito con l'ammettere, definendo l'abbandono delle tecniche consolidate come una scelta per evitare fatti più gravi. Sappiamo, invece, che più volte si sono lasciati scorrazzare indisturbati per le strade di Genova gruppi di guerriglia a volte limitati, a volte compatti. Il dramma dell'ordine pubblico della città di Genova nasce da queste situazioni. Per giungere ad una valutazione complessiva, quantomeno più problematica e aperta, sarebbe anche utile ripercorrere tutta la ricostruzione visiva e documentale, che noi abbiamo faticosamente cercato di raccogliere, con riferimento alla cosiddetta perquisizione della Diaz e alla struttura del sito penitenziario di Bolzaneto.
Mi sembra, come ho già detto, che una lettura acritica degli eventi, una sterile sequenza delle dichiarazioni, senza un loro approfondimento e senza una loro valutazione, non aiuta il paese e neanche la maggioranza, non l'aiuta nel momento in cui, di fronte a questi fenomeni, fa riecheggiare nuovamente la tesi che lo Stato non può essere garante delle pacifiche manifestazioni se i pacifici manifestanti non isolano prima la violenza, con la conseguenza che, laddove ciò non sia realizzabile, si nega il diritto costituzionale al dissenso. Inizia, o può iniziare, così - e noi, nella parte finale della nostra proposta, lo abbiamo scritto - la morte della democrazia. Il restringimento degli spazi democratici è il preludio della morte della vita democratica: su questo vi chiediamo una riflessione. Nel momento in cui diciamo che sulla questione del rapporto tra sistema politico, manifestazioni, dissenso, società e forze di Polizia, ci deve essere un approfondimento dell'intero Parlamento, affinché istituzioni e società siano garanti
I temi sollevati a Genova (lo sviluppo sostenibile, gli squilibri del pianeta, la miseria, le malattie, la salute, i brevetti internazionali) sono temi che ci accompagneranno lungo tutto questo secolo, sui quali si misura la globalizzazione nella sua qualità. Ridurre queste tematiche ad una questione di ordine pubblico è certamente fuorviante, ridurre poi l'ordine pubblico ad un obbligo per il manifestante di garantirsi da solo dalla violenza significa negare gli spazi democratici. Non so se avremo effettivamente modo di riprendere tali temi con maggiore pacatezza e con maggiore capacità di approfondimento; certo è che, mentre la nostra relazione tenta di raggiungere un equilibrio fra la complessità e la novità delle situazioni ed i valori che, al contrario, debbono essere permanentemente garantiti, nel nostro documento - questo è il dissenso profondo - tale criticità, problematicità, apertura alla riflessione e all'approfondimento manca. Avete liquidato i fatti di Genova come espressione di una violenza diffusa nel movimento - parlate di tolleranza, connivenza, diffusione pervasiva delle tecniche di guerriglia all'interno dell'intero movimento - tale per cui le Forze dell'ordine non potevamo fare assolutamente nulla. Non è così e così non deve essere, perché tutto ciò non ci aiuta ad affrontare i problemi di sicurezza e di tutela delle garanzie costituzionali, che avremo di fronte in un'epoca in cui le questioni saranno sempre più conflittuali.
È sufficiente la frase con la quale si afferma che la visita del Vicepresidente del Consiglio nel luogo nel quale si svolgeva un vertice importante, alla postazione della Polizia e dei Carabinieri, sarebbe «un precipitato di cultura autoritaria». La tesi avrebbe meritato una confutazione se fosse maturata nel corso dell'indagine, attraverso i documenti e le acquisizioni, ma così non è stato. Ciò costituisce l'altro punto debole: la tesi fu precostituita e pregiudiziale, uno degli obiettivi gradatamente alternativi e subordinati che gli autori del documento finale si erano proposti. È sufficiente rileggere le domande avanzate dall'onorevole Violante che, fin dal primo giorno - quando ancora teoricamente la Commissione o ufficialmente il Comitato, nulla sapevano - indirizzò la sua attenzione sulle centrali operative. L'obiettivo era politico: attribuire una scelta ed un ruolo autonomo ad Alleanza nazionale, per tentare di provocare una spaccatura all'interno della Casa delle libertà. Tale obiettivo politico è certamente legittimo ma, altrettanto legittimamente, è fallito.
Questo Comitato nasce a causa dell'attacco della sinistra al ministro Scajola, quasi come ipotesi subordinata al voto contrario sulla mozione di sfiducia, per
Le responsabilità sono variamente definite: violenze, eccessi, incapacità, impreparazione. Gli obiettivi della sinistra sono miseramente falliti. Non ripeterò quanto è scritto nel documento del presidente Bruno, che condividiamo integralmente, per la descrizione dei fatti, le analisi, l'interpretazione.
Vorrei svolgere una considerazione finale ed un invito alla riflessione: ciò che è mancato nelle conclusioni della sinistra è il senso dello Stato, il senso dell'interpretazione di ciò che è accaduto a Genova, così come è stato descritto dal ministro Ruggiero. L'antiglobalizzazione, a Genova ed in altre parti del mondo, ha assunto un tono largamente e precipuamente antiamericano. Il rappresentante delle tute bianche ha scritto un articolo - non ricordo se pubblicato da il manifesto o da l'Unità - in cui la parola americani aveva la lettera kappa: ciò è largamente indicativo, così come il fatto che lo abbia redatto dopo i fatti di New York. L'antiglobalizzazione, nel suo complesso - non mi riferisco ai black blocker che sono diventati il parafulmine per ogni male - è patrimonio di larga parte delle tute bianche (che ha sommerso la presenza dei veri pacifisti): essi hanno previsto ed accettato la violenza, nel momento in cui hanno deciso di sfondare la zona rossa ed infrangere una divieto posto dallo Stato per ragioni di sicurezza, armandosi per proteggersi; non ci sarebbe stato bisogno di protezione se non si fosse prevista la ricerca dello scontro con le forze dell'ordine. Ove questo scontro non è stato ricercato, le manifestazioni si sono svolte pacificamente. L'andamento complesso delle valutazioni della sinistra porta alla conseguenza della difesa - comunque - della reazione violenta: difenderla oggi, quando sappiamo che il senso dell'anti-americanismo può tramutarsi in violenza peggiore...
Genova non è un problema di ordine pubblico, ma è diventato tale; si tratta ora di comprendere le ragioni del dissenso e far capire, nel rispetto delle libertà alle quali tutti ci richiamiamo, un principio fondamentale: la libertà di ciascuno di manifestare, di esprimere il proprio dissenso, ha un limite, non valicabile, nella libertà degli altri cittadini.
Avverto di aver apportato delle modifiche di mero coordinamento formale al paragrafo «Considerazioni conclusive» del documento conclusivo da me proposto (vedi allegato).
Pongo quindi in votazione il documento conclusivo da me proposto, ribadendo che, nel caso in cui risulti approvato quest'ultimo, i testi alternativi presentati dai deputati Violante, Sinisi, Boato, Bressa, Labate, Soda e Zanotti e dal deputato Mascia si intenderanno preclusi e non saranno posti in votazione.
(È approvato).
Avverto che, come preannunciato nella seduta del Comitato paritetico di martedì 7 agosto, la Commissione al termine dell'indagine deve assumere una decisione in
In considerazione della quantità di materiale acquisito durante l'indagine conoscitiva, propongo di pubblicare in allegato agli atti dell'indagine l'elenco del materiale stesso.
Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.
(Così rimane stabilito).
Pertanto il materiale suddetto sarà ostensibile ai componenti le Commissioni affari costituzionali della Camera e del Senato che potranno altresì estrarre copia del materiale pubblico.
A conclusione della legislatura tutto il materiale sarà riversato all'Archivio storico della Camera secondo le ordinarie procedure stabilite dal regolamento dell'archivio stesso.
Prima di congedarci voglio ringraziare tutti i componenti del Comitato e quelli della Commissione Affari costituzionali per lo sforzo comune profuso durante tutta l'attività di indagine. Anche le relazioni proposte di documento alternativo presentate oggi (per tutti voglio citare quella della collega Mascia), sebbene non mi vedano concorde, hanno comunque aggiunto qualcosa al nostro patrimonio umano e culturale. Anche quando gli scontri sono stati aspri, ho notato il tentativo di tutti per giungere ad una comunanza di intenti, che ritengo sicuramente essere stata raggiunta.
Il diritto di manifestazione, il sostegno alle Forze dell'ordine e le valutazioni sulla violenza, che erano nei riferimenti del Presidente Violante e che sono stati citati dalla collega Mascia e dalla nostra relazione, sono punti di riflessione comune, che il Parlamento, il Governo ed il paese devono considerare. Sono elementi comuni sui quali insieme dobbiamo proseguire a ragionare, al di là del documento che può essere più o meno gradito da tutta la Commissione. Tale sforzo non è negativo né tanto meno vano. Si tratta di un arricchimento per il Parlamento, al quale contribuiscono anche i documenti che non sono stati votati, perché rappresentano importanti momenti di riflessione.
In futuro, tutti insieme, soprattutto alla luce degli ultimi fatti avvenuti, dovremo sforzarci per agire nella comprensione generale dei fenomeni, includendo anche quelli che ci occupano quotidianamente.
Il mio ringraziamento di cuore e quello dei colleghi va anche agli uffici della Camera e del Senato per essersi superati nella qualità e nella professionalità del lavoro svolto.