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PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'esame testimoniale della dottoressa Carmen Lasorella, delle cui generalità non abbiamo bisogno, così come non abbiamo bisogno di rinnovarle le raccomandazioni che le abbiamo già fatto, in quanto ella è già qualificata agli atti ed è stata già sentita dalla Commissione in una precedente seduta.
Dottoressa, la nostra esigenza di riascoltarla è legata ad alcune sopravvenienze, derivate dal compimento di atti ulteriori.
Innanzitutto, vorrei chiederle di dirci con precisione, con riferimento all'epoca di nostro interesse, la data in cui lei è ripartita da Mogadiscio.
CARMEN LASORELLA. Io partii da Mogadiscio il 19 marzo.
CARMEN LASORELLA. Intende dire quale giorno della settimana? Non lo so.
PRESIDENTE. Gli uffici mi dicono che era un sabato.
Quella partenza rientrava nei suoi programmi oppure costituì una variante rispetto al programma originario?
CARMEN LASORELLA. Rientrava assolutamente nei miei programmi. Ero lì da parecchio tempo e avevo raccontato tutta la fase delicata appena trascorsa. Diciamo che era finito il momento clou, dal punto di vista dell'informazione giornalistica, quindi avevo programmato il mio rientro.
PRESIDENTE. È partita da Mogadiscio alla volta di quale città?
CARMEN LASORELLA. Sono partita da Mogadiscio alla volta di Nairobi; poi, da Nairobi sono arrivata in Italia.
PRESIDENTE. Prima che lei partisse, foste avvertiti di qualche problema che esisteva, in particolare per i giornalisti italiani, in quel preciso momento?
CARMEN LASORELLA. Sapevamo da qualche giorno che la soglia della sicurezza doveva essere alzata, in quanto il rischio era aumentato. Quindi, ci avevano dato delle indicazioni perché si evitasse di circolare per la città in alcune ore, perché si aumentassero le scorte o, comunque, tutti gli accorgimenti per garantire la sicurezza e perché si evitasse di passare dalla zona nord alla zona sud se non strettamente necessario. Insomma, ci fu data da tutti, sia da parte dei militari sia da parte delle autorità diplomatiche (e, comunque, col tam tam che c'è sempre, nella realtà somala) nonché attraverso i nostri interlocutori somali, l'indicazione che il rischio era salito e che si sarebbe potuto verificare qualche pericolo per gli occidentali presenti sul territorio (in particolare, questi occidentali erano tanti giornalisti). Quindi, ci raccomandarono di essere molto più attenti.
PRESIDENTE. La raccomandazione riguardò gli occidentali o i giornalisti?
CARMEN LASORELLA. La raccomandazione riguardò i giornalisti e gli occidentali; in prima battuta i giornalisti e poi gli occidentali.
PRESIDENTE. Ricorda che in quei giorni avete festeggiato un compleanno?
PRESIDENTE. Era il compleanno di Paradisi?
PRESIDENTE. Può dirci dove lo avete festeggiato?
CARMEN LASORELLA. Lo abbiamo festeggiato, credo, a casa di Marocchino, se non ricordo male.
PRESIDENTE. Può descrivere quella festa?
CARMEN LASORELLA. Guardi, non ricordo se fosse il compleanno di Paradisi; non ci metterei la mano sul fuoco.
PRESIDENTE. Sì, era il compleanno di Paradisi.
CARMEN LASORELLA. Se me lo dice lei sarà così, ma non ci metterei la mano sul fuoco. Insomma, si fece una sorta di festicciola, molto modesta, secondo il costume somalo: cibi cucinati alla maniera somala, abiti alla maniera somala (ricordo
che indossai un abito somalo); mangiammo alla maniera somala, seduti per terra. Insomma, cose del genere.
PRESIDENTE. Secondo i nostri calcoli, questa festicciola dovrebbe essere avvenuta in una certa data. Vediamo se lei la ricorda.
CARMEN LASORELLA. Guardi, non me lo ricordo, glielo dico subito.
PRESIDENTE. Chi c'era a quella festa?
CARMEN LASORELLA. Ricordo nitidamente che c'era un collega che si chiama...
CARMEN LASORELLA. Forse, sì. Non ne sono sicura. Ricordo con sicurezza che c'era un collega de La Stampa di Torino, di nome Francesco. Non ricordo il cognome, comunque si trattava di un collega de La Stampa di Torino. Lo ricordo nitidamente, perché stemmo tutto il tempo a chiacchierare, dato che eravamo seduti vicini. Ho anche una fotografia...
PRESIDENTE. Vi erano soltanto dei giornalisti o anche persone che non appartenevano alla vostra professione?
CARMEN LASORELLA. Non so essere precisa. C'erano diverse persone...
PRESIDENTE. C'èra, però, qualche collega giornalista. Esatto?
CARMEN LASORELLA. Sì, qualche collega c'era.
PRESIDENTE. Ricorda qualche particolare relativo al comportamento di Giancarlo Marocchino, in quella circostanza? Siete stati sempre con lui o egli si è per caso allontanato dalla stanza?
CARMEN LASORELLA. Non posso essere precisa al riguardo. Non me lo ricordo affatto.
PRESIDENTE. Vediamo se riesce a ricordare sulla base degli elementi che sono in nostro possesso, naturalmente senza forzare nulla.
Secondo le dichiarazioni che abbiamo raccolto da alcune persone presenti, ad un certo punto Marocchino sarebbe uscito dalla stanza dove stavate, per tornare dopo mezz'ora, quaranta minuti (insomma, un tempo di questa portata), per portarvi la notizia che sarebbe stato opportuno usare particolari cautele e che, addirittura, sarebbe stato meglio partire, dato che nell'aria vi era l'idea di sequestrare un giornalista.
CARMEN LASORELLA. Ricordo che di questa cosa ne ho parlato con Marocchino, ma non da sola. Tra l'altro, erano diversi coloro che avevano con lui una consuetudine di lungo tempo, dato che Marocchino era sempre prezioso, per le notizie e per altro, nonché per la logistica. Comunque, ricordo che ho parlato con Giancarlo Marocchino di questa questione legata alla sicurezza.
PRESIDENTE. In quella circostanza?
CARMEN LASORELLA. Non lo ricordo affatto. Può essere, ma non è un ricordo che sia nella mia memoria. Non ce l'ho proprio, insomma.
PRESIDENTE. Vediamo che cosa vi siete detti, lei e Marocchino, su questo tema.
CARMEN LASORELLA. Egli disse che dovevamo stare assolutamente attenti, in quanto si ventilava che avrebbe potuto esservi una qualche aggressione.
Tra l'altro, noi eravamo già stati aggrediti e derubati; avevamo subito una rapina a mano armata ed avevamo vissuto un momento difficilissimo: eravamo stati trasportati in un luogo e messi davanti ad un muro, sotto la minaccia di un mitra. Insomma, la situazione era sensibilmente pericolosa.
Marocchino ci disse, appunto, che dovevamo stare veramente attenti ed avere grande accortezza; infatti, dato che era in
corso la smobilitazione, l'abbandono del territorio da parte dei contingenti e quindi anche dei giornalisti (nel momento in cui finiscono le notizie, finisce anche la presenza della stampa), stavano meditando di compiere qualche azione eclatante, che avrebbe potuto consistere in un rapimento, in un'aggressione o in qualcosa del genere, per richiamare l'attenzione su una realtà che stava scivolando nel silenzio, nel buio. Ma questo tipo di informazioni furono poi date anche da altre fonti.
PRESIDENTE. Per quanto riguarda le ulteriori fonti da cui avete avuto questa notizia, vediamo se lei riesce, dal punto di vista della cronologia, a mettere a posto le cose.
La prima fonte fu Marocchino o qualcun altro? Mi riferisco, ad esempio, ai militari.
CARMEN LASORELLA. Presidente, posso dirle che era più frequente che noi vedessimo Marocchino, dato che orbitavamo lì intorno. Anche con i militari ci vedevamo spessissimo, fermo restando che il nostro lavoro - o almeno il mio - non consisteva solo nel descrivere l'attività dei militari, bensì anche il territorio, le problematiche e quant'altro. Pertanto, avevo rapporti frequenti ma non esclusivi con i militari.
Insomma, è probabile che questa notizia me l'abbia data prima Marocchino ma non ci posso giurare, in quanto non lo ricordo.
PRESIDENTE. Marocchino da chi aveva avuto tale notizia?
CARMEN LASORELLA. Marocchino era molto inserito; tra l'altro aveva una moglie hawiye, ovvero del clan dominante. E Faduma era una persona che forniva un sacco di informazioni. Inoltre, Marocchino aveva un socio dell'etnia darod, il quale forniva altre informazioni. Infine, era legato agli haber ghedir per altri contatti. Insomma, Marocchino riceveva tante notizie, perché per lavorare in quella realtà o si creava delle garanzie e dei contatti o non avrebbe potuto farlo.
PRESIDENTE. Ha mai appreso che la ragione della particolare aggressività che avrebbe potuto verificarsi nei confronti dei giornalisti o degli occidentali in genere fosse dovuta al risentimento, non solo e non tanto per la partenza del contingente italiano ma anche per una questione di diversità di trattamento nei confronti dei clan di Ali Mahdi e di Aidid, dal punto di vista del disarmo?
CARMEN LASORELLA. Ho sempre detto - tra l'altro, l'ho dichiarato in altre audizioni - che una delle ragioni consisteva proprio nel fatto che i somali, oltre a perdere la cosiddetta «vacca grassa», dato che spariva una certa economia legata a quella realtà, ritenevano - come sempre si considera quando si è da una parte - di non essere stati trattati nella maniera migliore. Indubbiamente, erano tante le ragioni del loro malcontento.
PRESIDENTE. Le risulta anche la ragione che le ho indicato?
CARMEN LASORELLA. Si riferisce alla ragione che lei mi ha indicato, ovvero che fosse stata privilegiata la parte di Aidid rispetto a quella di Ali Mahdi?
PRESIDENTE. Sì. Nello specifico, «privilegiata» significa che Aidid era rimasto armato, mentre Ali Mahdi era totalmente disarmato.
CARMEN LASORELLA. Presidente, le posso dire una cosa dal punto di vista del giornalista: Aidid, per molte ragioni, faceva più notizia di quanto non ne facesse Ali Mahdi; indubbiamente, i racconti della zona del quarto chilometro e del clan di Aidid, lo dico tra virgolette, si vendevano meglio degli altri, anche perché c'erano più notizie. Però, si è raccontato sempre - poi, dipende da ciascuno - del territorio, dei problemi, degli equilibri o degli squilibri che potevano di volta in volta venirsi a creare.
Le ragioni, quindi, erano tante. Sicuramente, ce l'avevano anche con i giornalisti: questo lo confermo.
PRESIDENTE. Ricapitolando, il 19 marzo è sabato, giorno della sua partenza. Il giorno 15, martedì, è il compleanno di Paradisi. È possibile che quella cena, quella piccola festa l'abbiate fatta quattro giorni prima che lei partisse? Oppure, lei la colloca più avanti nel tempo?
CARMEN LASORELLA. Debbo verificare. Non me lo ricordo.
PRESIDENTE. Nel suo precedente esame testimoniale, lei ha dichiarato quanto segue: «Tra l'altro, era circolata una notizia negli ultimi giorni, tant'è che prima di partire dissi che la facessero sapere a loro, che erano stati fuori e che non erano stati a Mogadiscio negli ultimi giorni: tornando, avrebbero trovato una Mogadiscio cambiata, perché il clima era sensibilmente peggiorato; c'era una minaccia». È esatto?
PRESIDENTE. Si riferiva sicuramente ad Ilaria e a Miran.
CARMEN LASORELLA. Naturalmente, anche perché erano gli unici che in quel momento stavano fuori, dunque non sapevano che la Mogadiscio che avevano lasciato alcuni giorni prima non era la Mogadiscio che avrebbero trovato al loro ritorno. Tra l'altro, proprio poco prima di partire - credo che questa dichiarazione sia già agli atti - ebbi delle risposte, perché si era trovato che...
PRESIDENTE. Poi arriveremo a questo punto. A chi disse di avvertire Ilaria e Miran?
CARMEN LASORELLA. Lo dissi ai militari, lo dissi alla cooperazione e lo dissi anche ai somali.
PRESIDENTE. Che significa «ai somali»?
CARMEN LASORELLA. «Ai somali» significa ai canali che avevamo; evidentemente, per lavorare lì un giornalista deve avere anche i suoi contatti.
PRESIDENTE. Erano vostre fonti di informazioni, quindi.
CARMEN LASORELLA. Sì. Poi lo dissi, credo, anche a Marocchino.
PRESIDENTE. Sa se questa informazione sia stata data ai due giornalisti italiani?
CARMEN LASORELLA. Come ho detto la volta scorsa, ricevetti un'informazione di ritorno, nella quale mi si diceva che loro, appunto, stavano bene ed erano tranquilli e che erano stati informati.
Presidente, ricordo che lei, la volta scorsa, mi ha chiesto se a dirmelo fosse stato qualcuno in particolare ma questo non sono in grado di ricordarlo. Ricordo semplicemente che, a seguito della mia sollecitazione - che tra l'altro nasceva anche dal fatto che uno degli uomini della scorta di Ilaria e Miran era venuto da me perché non aveva loro notizie; dunque, anche gli uomini della scorta erano preoccupati su che fine potessero aver fatto -, ci fu tale accertamento, e la risposta fu che loro stavano bene ed erano stati avvertiti.
PRESIDENTE. Dottoressa, abbiamo accertato - lo può considerare un dato certo - che Ilaria Alpi e Miran Hrovatin andarono a Bosaso per una mera casualità.
CARMEN LASORELLA. Sì, lo so; lo so per un contatto diretto con Ilaria in quanto, prima che andassero a Bosaso, mi chiese: «Tu che fai?» ed io le risposi: «No, a Bosaso ci sono già stata e non ci torno».
C'era anche un volo per Merca, però non sarebbe partito nel momento giusto, per cui loro decisero, in maniera estemporanea, di andare a Bosaso.
PRESIDENTE. Questo significherebbe, però, che volevano già andare a Bosaso.
CARMEN LASORELLA. No, loro cercavano un imbarco per un volo che li portasse... Siccome a Mogadiscio s'era spenta la cronaca più interessante, più forte, che avrebbe potuto formare oggetto di una corrispondenza giornalistica, cercavano altre fonti di notizie. E siccome l'ONU organizzava una serie di viaggi a Baidoa, Bosaso, Merca, eccetera, si misero in lista per avere un imbarco per uno di questi luoghi. Erano diversi luoghi: Baidoa, Bosaso, Merca, e credo che ce ne fosse anche qualcun altro. La casualità fu nel fatto che ne venne fuori uno perché gli altri non erano, in quel momento...
CARMEN LASORELLA. Io questo so...
PRESIDENTE. Questo è quello che sa lei, certo.
CARMEN LASORELLA. ... rispetto alla mia fonte, a quello che è accaduto allora.
PRESIDENTE. Certo, ma vediamo adesso di ricostruire bene le cose.
Dunque, la direzione di Ilaria Alpi e di Miran Hrovatin era ab origine quella di Chisimaio. Fu l'annullamento del volo per Chisimaio...
CARMEN LASORELLA. Sì, fu qualche evento.
PRESIDENTE. ... che fece andare i due giornalisti a Bosaso. Quand'è che lei ha saputo che sarebbero andati a Bosaso?
CARMEN LASORELLA. L'ho saputo all'aeroporto. Loro erano arrivati più tardi. Gli altri colleghi, sia della carta stampata, sia delle televisioni (non solo gli italiani, ma anche gli stranieri) erano oramai sul territorio da qualche settimana...
PRESIDENTE. La volta scorsa lei ha detto - probabilmente posponendo o anteponendo - che Ilaria le aveva proposto di andare con lei a Bosaso.
CARMEN LASORELLA. No. Loro, a quel punto, erano arrivati un po' tardi rispetto agli eventi - vi erano stati dei problemi interni al telegiornale, che adesso non ricordo nel dettaglio - e agli altri team giornalistici. Ci incontrammo all'aeroporto; li incontrai quando loro arrivarono: «Che si fa?», «Come vanno le cose?», insomma le normali conversazioni tra colleghi. In quella sede Ilaria mi disse: «Adesso vediamo, perché in effetti qui non c'è niente da fare. Vediamo, ci metteremo in elenco per andare da qualche parte».
Poi, qualche giorno dopo, ma non mi chieda di essere precisa, perché non me lo ricordo...
PRESIDENTE. Però, Ilaria è partita subito per Bosaso.
CARMEN LASORELLA. Appunto. Ilaria mi disse: «Io vado a Bosaso. Tu che fai?». Ed io le dissi: «A Bosaso ci sono già stata». Questo è tutto. Io non andai con lei perché ero stata lì, avevo raccontato quel che era capitato, poi me ne ero tornata. Ilaria mi chiese «Cosa fai?», perché...
PRESIDENTE. Ma Ilaria le propose di andare a Bosaso?
CARMEN LASORELLA. No, mi chiese solo: «Cosa fai?» e io dissi: «No, non ci vado»...
PRESIDENTE. Ilaria le disse perché andava a Bosaso e se questo accadeva perché era stato annullato il volo?
CARMEN LASORELLA. No, mi disse semplicemente che dovevano trovare qualcosa da raccontare.
PRESIDENTE. Dottoressa, lei ha detto di essere stata a Bosaso. Ha incontrato il sultano di Bosaso, il cosiddetto Bogor?
CARMEN LASORELLA. Sì, l'ho incontrato.
PRESIDENTE. Lo ha anche intervistato?
PRESIDENTE. Su qualche tema importante? Se sì, su quale?
CARMEN LASORELLA. Diciamo che...
PRESIDENTE. Quanto tempo prima di quell'ultima volta?
CARMEN LASORELLA. Sono stata in Somalia complessivamente una decina di volte, quindi è capitato una di quelle volte, insomma.
PRESIDENTE. Una sola volta, dunque.
CARMEN LASORELLA. Sì, l'ho intervistato una sola volta. Il motivo era legato soprattutto ai traffici del porto e alla strada costruita dagli italiani.
CARMEN LASORELLA. Sì, la Garoe-Bosaso.
PRESIDENTE. Ha incontrato o intervistato altre persone di rilievo, a Bosaso?
CARMEN LASORELLA. Sì, ebbi occasione di incontrare anche Mugne, che tra l'altro era un personaggio incredibile: era capace di raccontarti una cosa e poi il contrario esatto di quello che ti aveva raccontato la volta precedente. Nella realtà somala, purtroppo, molte volte c'era il rischio di incontrare dei personaggi che volevano acclarare la conoscenza di fatti particolari, i quali naturalmente chiedevano denaro, ma le cui dichiarazioni non erano verificabili. Quindi, costui andava preso con molto distacco.
PRESIDENTE. Ha mai conosciuto Beri Beri?
CARMEN LASORELLA. Beri Beri? Sì, credo di aver incontrato anche Beri Beri.
CARMEN LASORELLA. Mi dovrebbe un po' aiutare; non me lo ricordo.
PRESIDENTE. Lo ricorda legato a qualche organizzazione somala? Non ricorda dove lo ha incontrato?
CARMEN LASORELLA. Non ricordo; sono fatti di molto tempo fa.
PRESIDENTE. Veniamo, adesso, alla dichiarazioni che lei ha reso alla Commissione la volta scorsa, che siamo qui a ricordare solo per precisare e per mettere a punto.
CARMEN LASORELLA. Dovrei riprendere in mano le carte.
PRESIDENTE. Non c'è problema, questo non è altro che un modo di rimettere a posto le cose.
Lei ha dichiarato: «Allora, noi attivammo dei canali - i canali somali e i canali dell'esercito, oltre ai canali delle ONG - per verificare se stessero a Bosaso (perché, infatti, erano partiti per Bosaso), se stessero bene e che problemi avessero. Questi riscontri ci dissero che era tutto a posto, che loro stavano per tornare e che sarebbero tornati, appunto, il giorno dopo».
Conferma questa circostanza?
CARMEN LASORELLA. Confermo la circostanza che stavano bene, che non c'erano problemi e che sarebbero tornati il giorno dopo, perché probabilmente il giorno dopo ci sarebbe stato un volo utile da Bosaso. Non è, infatti, che vi fossero dei voli tutti i giorni. Quindi, credo che, ad un certo punto, ho detto «il giorno dopo», perché il giorno dopo vi sarebbe stato un aereo che tornava da Bosaso.
PRESIDENTE. Lei sapeva, cioè, che sarebbe tornato?
CARMEN LASORELLA. Sì, insomma, il volo successivo. Loro non avevano preso il volo precedente e quindi avrebbero preso il volo successivo.
PRESIDENTE. Quindi, è una sua deduzione.
CARMEN LASORELLA. No. Mi dissero che non avevano preso il volo precedente e che avrebbero preso il volo successivo.
PRESIDENTE. E lei sapeva che il volo successivo sarebbe stato quello.
PRESIDENTE. Ci può ripetere il contesto? Glielo chiedo perché - glielo dico con franchezza - il contesto non dico che sia stato smentito ma comunque non è stato rammentato dalle persone che lei la volta scorsa ha ricordato come suoi interlocutori.
Dunque, l'autista era preoccupato perché i due giornalisti non erano rientrati. Che cosa è successo, dopo? Ce lo può ripetere?
CARMEN LASORELLA. Io ero all'aeroporto - anche perché sarei dovuta partire - e, praticamente, c'erano alcuni militari; poi, c'era la possibilità, sempre con la radio, di mettersi in contatto con chiunque. C'era qualcuno della cooperazione, che era venuto a salutarmi. Praticamente, si fece una verifica sulle condizioni e sul perché loro non fossero tornati con il volo di cui era a conoscenza il loro autista. E si verificò che non erano tornati...
PRESIDENTE. Chi fece questa verifica?
CARMEN LASORELLA. Questa verifica la fecero sia i militari sia qualcuno della cooperazione, sia - con i baracchini - alcuni somali.
PRESIDENTE. Lei ebbe un interlocutore, per tutto questo? Le notizie le raccoglieva così come venivano oppure c'era qualcuno che gliele dava?
CARMEN LASORELLA. No, io ero in attesa di imbarcarmi. Ero all'aeroporto e quindi, prima di partire, dissi di verificare, in quanto loro erano attesi con il volo che era atterrato da Bosaso, ma non erano a bordo; dissi di verificare perché non fossero arrivati e che cosa fosse successo in quel di Bosaso. E fu verificato che non era successo niente, che loro stavano bene e che avrebbero preso il volo successivo.
PRESIDENTE. Lei sa se ci sia stato, in quella circostanza, un collegamento, una comunicazione tra Bosaso e chi stava lì da voi per fare l'accertamento?
CARMEN LASORELLA. Presumo di sì, perché a me fu riferito che praticamente...
PRESIDENTE. Le fu riferito, insomma.
CARMEN LASORELLA. Mi fu riferito, sì. Io non ho parlato alla radio.
PRESIDENTE. Quindi, non sa con chi si siano messi in contatto quelli che in quella sede davano le notizie. Per esempio, sa se qualcuno disse di essersi messo in contatto con Unosom oppure con Africa 70?
CARMEN LASORELLA. No, guardi, non glielo posso dire.
PRESIDENTE. Dunque, lei ha avuto solo il risultato.
CARMEN LASORELLA. Io ho avvertito semplicemente due esigenze: la prima era di comunicare questo fatto, in quanto l'autista mi aveva detto che i due non erano tornati; in un contesto come quello, quando due persone (che hanno detto che sarebbero tornate) non tornano, scatta il campanello d'allarme. Quindi, ho dato la notizia: «Non sono tornati; verificate perché non sono tornati».
In secondo luogo, ovviamente, ho chiesto anche di verificare se stessero bene. E la risposta è stata che stavano bene, stavano tranquilli e avrebbero preso il volo successivo.
PRESIDENTE. Perfetto. Lei sa soltanto questo e non sa se sia vero che le notizie furono acquisite, né sa come o da chi.
CARMEN LASORELLA. Diciamo così: io so solo che mi è stato riferito che non c'erano problemi.
PRESIDENTE. Lei telefonò alla redazione del Tg3?
CARMEN LASORELLA. Sì, telefonai alla direzione del Tg3, per dire che c'era stato questo problema. E loro mi dissero che avevano ricevuto, credo, una telefonata. Adesso non ricordo bene, comunque credo che avessero ricevuto una telefonata da Ilaria.
PRESIDENTE. Conosce Elena Lelli?
PRESIDENTE. È una dipendente della RAI.
CARMEN LASORELLA. È una segretaria?
PRESIDENTE. Sì, fa parte del personale amministrativo.
CARMEN LASORELLA. Sì, forse; «Elena» è il nome di una della segreteria, quindi può essere. Non la conosco per cognome - non l'ho mai chiamata per cognome - però ricordo che vi è una «Elena» nella segreteria degli esteri. Forse è lei.
PRESIDENTE. È quella che aveva tutte le carte dentro al cassetto.
CARMEN LASORELLA. No, non lo sapevo.
PRESIDENTE. ... che aveva le carte nel cassetto?
CARMEN LASORELLA. No. Che carte aveva?
PRESIDENTE. Aveva delle carte.
Ha conosciuto un certo avvocato a Bosaso? Sa chi fosse?
CARMEN LASORELLA. Non me lo ricordo. Conoscevo un avvocato a Mogadiscio, ma non so se sia la stessa persona.
CARMEN LASORELLA. Un somalo che aveva un soprannome; era chiamato «l'avvocato».
PRESIDENTE. Ecco, questo è importante. Non sa che facesse?
CARMEN LASORELLA. Contatti, notizie...
CARMEN LASORELLA. Anche. Forse. Però, non ci metto la mano sul fuoco.
PRESIDENTE. Il giorno dell'arrivo delle salme dei due giornalisti a Ciampino, lei ha ricevuto da Gianni Locatelli un plico, che conteneva due videocassette girate da Paradisi a bordo della Garibaldi. Ricorda questa circostanza?
CARMEN LASORELLA. Non me la ricordo.
PRESIDENTE. Comunque, chi le ha dato il plico si ricorda di questa circostanza.
CARMEN LASORELLA. So soltanto che arrivai a Roma praticamente nella primissima mattinata del giorno successivo.
PRESIDENTE. Tra l'altro, in queste cassette vi era la ripresa dell'arrivo dei due corpi sulla Garibaldi.
CARMEN LASORELLA. Guardi, le posso ricostruire questo, perché mi ricordo...
PRESIDENTE. Lei ha utilizzato questa cassetta per i suoi servizi? Le ricordo questo particolare: l'arrivo dei cadaveri a bordo della Garibaldi. Ha fatto parte di qualche suo servizio giornalistico?
CARMEN LASORELLA. Non ricordo.
PRESIDENTE. Ricorda che Paradisi le dette qualche cosa, a bordo della Garibaldi?
CARMEN LASORELLA. No, io ero partita prima. Paradisi si imbarcò sulla Garibaldi successivamente.
PRESIDENTE. Mi scusi, intendevo dire a Ciampino.
CARMEN LASORELLA. A Ciampino...
PRESIDENTE. Mi scusi. Ho parlato di Paradisi, ma intendevo riferirmi a Locatelli.
CARMEN LASORELLA. Il quale diede a me le cassette?
CARMEN LASORELLA. Non me lo ricordo proprio.
PRESIDENTE. Si trattava di qualcosa che lei avrebbe potuto utilizzare per qualche servizio.
CARMEN LASORELLA. So soltanto questo: arrivai in Italia nella prima mattinata e - per differenza di fuso, eccetera - ricevetti la notizia dell'agguato che ero ancora a casa; mi precipitai in redazione e andai subito al Tg3. Tra l'altro, parlai con Sandro Curzi. Naturalmente, cercai subito di raccogliere informazioni, quindi chiamai la Garibaldi con il satellitare e chiesi che notizie avessero. Mi risposero che avevano visto tutto, che avevano visionato le cassette una per una e avevano visto più volte il materiale girato da Miran, ma che non avevano trovato niente di rilevante.
Per quanto riguarda il dettaglio secondo cui Locatelli mi avrebbe dato le due cassette, può essere ma non lo ricordo con precisione.
PRESIDENTE. Ricorda se l'allarme per l'assenza di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin sia stato dato anche in occasione di una riunione di giornalisti presso il compound militare, con riferimento alle minacce che sarebbero state formulate nei confronti degli italiani?
CARMEN LASORELLA. Credo che queste informazioni ce le abbiano date sia individualmente, sia - in qualche occasione - insieme.
PRESIDENTE. Ricorda di aver partecipato a tale riunione presso il compound militare?
CARMEN LASORELLA. Presidente, tanti dettagli mi sfuggono. È passato tanto tempo.
PRESIDENTE. A proposito dell'avvocato di cui abbiamo parlato prima, se dicessimo che poteva essere un certo Yaya, ciò le direbbe qualcosa?
PRESIDENTE. Noi diciamo «Yaya», perché leggiamo così come troviamo scritto, con la «i lunga».
CARMEN LASORELLA. Quello che ricordo si chiamava Jaja, ma non era avvocato.
CARMEN LASORELLA. Forse, però non lo ricordo. Su queste cose potrei essere più precisa andando a consultare i miei appunti. Non ricordo così, all'impronta.
PRESIDENTE. Ha mai saputo nulla dell'uccisione di due militari italiani al porto nuovo di Mogadiscio?
CARMEN LASORELLA. Di due militari?
PRESIDENTE. Sì, di due militari italiani.
PRESIDENTE. Alla fine del 1993; stavano facendo jogging da quelle parti.
CARMEN LASORELLA. Ho raccontato - in quanto ero sul territorio - di due militari. Uno dei due si chiamava Viezzoli. Ero lì, quando avvenne questo episodio, quindi sono andata sui luoghi...
PRESIDENTE. Furono uccisi da soldati pakistani, se non sbaglio.
CARMEN LASORELLA. Furono uccisi - si disse soltanto dopo - da «fuoco amico», in quanto furono uccisi, appunto, da due soldati del contingente Unosom. Tra l'altro, sono stata io a raccontare tale episodio, perché feci subito un sopralluogo. Prendemmo i bossoli e andammo con gli incursori, quindi fummo subito sui luoghi.
PRESIDENTE. Avete trovato i corpi, lì?
CARMEN LASORELLA. No, i corpi erano stati già rimossi.
PRESIDENTE. Vi siete mossi nello stesso contesto?
CARMEN LASORELLA. Appena è giunta questa notizia, siamo subito partiti con loro e abbiamo individuato il luogo da dove erano stati sparati i colpi; quindi abbiamo fatto una ricognizione di come poteva essere accaduto...
CARMEN LASORELLA. Nei pressi del porto di Mogadiscio.
PRESIDENTE. Intendevo chiederle da dove erano stati sparati i colpi.
CARMEN LASORELLA. I colpi erano stati sparati da una postazione in alto, dov'erano i pakistani, perché rientrava nella loro zona di competenza. Tra l'altro, il calibro dei proiettili mi pare fosse - erano armi in dotazione al contingente internazionale - un 6.75, un 7 e qualcosa.
PRESIDENTE. Ha approfondito le possibili ragioni di questo fatto?
CARMEN LASORELLA. Credo di aver dedicato a questo episodio tre o quattro servizi, per cui dovrei andare a vedere - i dettagli non li ricordo - che cosa venne fuori, anche perché sentimmo subito dei testimoni. Se vuole, posso recuperare il materiale per metterlo agli atti.
PRESIDENTE. Sul posto non ha fatto indagini nessuno, naturalmente.
CARMEN LASORELLA. Venne fuori che, appunto...
PRESIDENTE. La mia domanda è: si è trattato di un fuoco amico che ha sbagliato o di un fuoco amico...
CARMEN LASORELLA. ...intenzionale? Se vuole, vado a riprendere il materiale. Adesso, francamente, non ricordo molti dettagli al riguardo.
PRESIDENTE. C'è stato un processo, che lei sappia? Lei è stata sentita da qualche autorità giudiziaria militare?
CARMEN LASORELLA. Su questo? Mai. È la prima volta che ne sto parlando.
Però, ripeto, non me lo ricordo proprio. Se vuole, posso recuperare quei servizi che furono fatti allora, documentati e dettagliati.
PRESIDENTE. Gliene saremmo grati.
CARMEN LASORELLA. Vedo di recuperarli.
PRESIDENTE. Furono fatte delle ipotesi intorno a questo episodio, piuttosto strano? Per noi sarebbe importante avere elementi di riscontro, in quanto questo episodio ci è stato narrato da un'altra fonte.
CARMEN LASORELLA. Un'ipotesi, ovviamente, era quella della casualità, ovvero che quel soldato avesse visto delle ombre e quindi avesse sparato. Per il resto, sul territorio non è che vi fossero rapporti ideali tra i contingenti. Però, una cosa è che non vi siano rapporti eccellenti, un'altra è che si arrivi ad una cosa del genere.
Quindi, si propendeva più per la tesi... ma non posso essere precisa, non me lo ricordo. Posso recuperare quel materiale, se vuole.
PRESIDENTE. Magari potrebbe farci fare una copia; o possiamo farla noi, per carità.
CARMEN LASORELLA. No, faccio fare io una copia, anche perché gli originali non possono uscire dagli archivi. Mi sembra che si trattasse di due caporali, uno dei quali si chiamava Viezzoli. Però adesso i dettagli non li ricordo. Posso recuperare il materiale; credo che vi siano stati due o tre servizi, su questo episodio.
PRESIDENTE. La ringrazio.
La parola all'onorevole Schmidt.
GIULIO SCHMIDT. Lei ha raccontato un particolare di questa telefonata fatta alla Garibaldi quando era in redazione: chi era dall'altra parte, sulla Garibaldi, le disse «abbiamo visionato tutte le cassette». Conferma questo particolare?
CARMEN LASORELLA. Sì, lo confermo, perché c'era il mio operatore, Romolo Paradisi, che aveva la possibilità tecnica di vedere materiale in betacam.
GIULIO SCHMIDT. Aveva il betacam portatile.
CARMEN LASORELLA. Esatto. Quindi loro videro tutto il materiale. Questo mi fu comunicato mentre io ero a Roma.
GIULIO SCHMIDT. Presidente, mi pare che questa sia una notizia nuova, un particolare nuovo rispetto a tutte le testimonianze finora fatte soprattutto sull'impacchettamento del materiale. Mi pare che nessuno abbia mai detto che tutte le cassette furono visionate.
CARMEN LASORELLA. Loro videro le cassette che gli furono portate. Videro tutte le cassette che avevano da vedere.
GIULIO SCHMIDT. Che gli furono consegnate.
PRESIDENTE. Tutte quelle che c'erano.
GIULIO SCHMIDT. Tutte quelle che c'erano.
PRESIDENTE. Bisogna vedere quelle che non c'erano quante erano.
CARMEN LASORELLA. Loro hanno visto tutte le cassette che gli hanno portato, ecco.
GIULIO SCHMIDT. Le posso chiedere se ha mai incontrato un somalo che le abbia detto di aver visto in Somalia un deposito di rifiuti radioattivi, tossico-nocivi?
CARMEN LASORELLA. No, mai incontrato.
GIULIO SCHMIDT. Che le abbia detto che c'era un traffico di armi, di sapere chi lo faceva?
CARMEN LASORELLA. Guardi, che il traffico di armi ci fosse era una cosa talmente notoria! A me è capitato di andare in più di un luogo dove ho trovato cataste di armi, cinesi, coreane...
GIULIO SCHMIDT. Ma nessun somalo le disse di un deposito, di traffici...
CARMEN LASORELLA. Io ho visto più di un deposito di armi, ma nessun somalo mi ha parlato di un deposito in particolare.
CARMEN LASORELLA. No, non ho mai sentito un somalo che mi abbia parlato di rifiuti. Ho visto dei depositi di armi.
GIULIO SCHMIDT. Erano quelle di Siad Barre o erano armi successive al 1991?
CARMEN LASORELLA. Io questi depositi li ho visti dopo il 1991, come data. Poi, di chi fossero... Non erano armi vecchie, se vuole dire questo. Erano armi nuovissime e c'erano anche molte mine anti-uomo. C'era di tutto.
PRESIDENTE. Non essendoci altre domande da parte dei colleghi, ringrazio la signora Carmen Lasorella e dichiaro concluso l'esame testimoniale.
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