XIV LEGISLATURA

PROGETTO DI LEGGE - N. 973




        Onorevoli Colleghi! - In data 18 gennaio 2001, alla fine della XIII legislatura, la Commissione giustizia della Camera dei deputati ha deliberato un'indagine conoscitiva sulle archiviazioni di 695 fascicoli, contenenti denunce di crimini nazifascisti commessi nel corso della seconda guerra mondiale, e riguardanti circa 15 mila vittime.
        L'indagine è nata dall'esigenza di verificare le cause di tali archiviazioni, le quali, già da un primo esame, risultano essere anomale in ragione sia del contenuto stesso dei fascicoli rinvenuti sia delle modalità della loro conservazione.
        I fascicoli vengono rinvenuti nell'estate del 1994, chiusi in un armadio, con le porte sigillate e rivolto verso la parete, situato in uno stanzino, chiuso da un cancello di ferro, a Palazzo Cesi, sede della procura generale militare, anziché nell'archivio degli atti dei tribunali di guerra soppressi e del Tribunale speciale per la difesa dello Stato.
        Il materiale ritrovato è costituito in gran parte da denunce e atti di indagine di organi di polizia italiani e di commissioni di inchiesta angloamericane sui crimini di guerra, raccolti e trattenuti in un archivio, invece di essere inviati ai magistrati competenti per le opportune iniziative e l'esercizio dell'azione penale.
        In ciascuna delle pratiche è impressa la dicitura "archiviazione provvisoria" facendo riferimento ad un istituto giuridico che risulta inesistente, dicitura che comunque è stata apposta su iniziativa della procura generale militare presso il tribunale supremo militare, organo giudiziario soppresso nel 1981, le cui funzioni sono passate alla procura generale militare presso la Corte di cassazione.
        Un tale iter ha fatto pensare che i documenti siano stati occultati, piuttosto che archiviati, e ha indotto il Consiglio della magistratura militare a deliberare, in data 7 maggio 1996, un'indagine conoscitiva per stabilire "le dimensioni, le cause, e le modalità della provvisoria archiviazione e del trattenimento nell'ambito della Procura generale Militare presso il Tribunale Supremo Militare di procedimenti per crimini di guerra". L'indagine si è conclusa con la deliberazione di una relazione conclusiva.
        Nonostante l'obiettivo dell'indagine fosse strettamente connesso ai compiti istituzionali del Consiglio della magistratura militare, per cui si trattava in primo luogo di verificare se vi fossero responsabilità di magistrati militari ancora in vita nell'occultamento dei fascicoli in questione, sono emersi dei fatti di estrema importanza per la ricostruzione storica della vicenda, che ha assunto sempre più una valenza politica, piuttosto che giuridica.
        I gravi sospetti che la relazione suscita circa una presunta volontà politica diretta ad occultare i fascicoli sulle stragi nazifasciste e l'insistente e disperata ricerca della verità da parte delle associazioni dei partigiani, dei parenti delle vittime di tali stragi dei comuni che ne sono stati tragici teatri ed, in particolare, del Comitato per la verità e giustizia, hanno indotto la Commissione giustizia, nel corso della XIII legislatura, a deliberare un'indagine conoscitiva su questa vicenda, che aveva ormai assunto contorni di carattere squisitamente politico.
        E' sembrata necessaria e urgente una valutazione parlamentare, al fine di verificare se vi sia stato un occultamento durato cinquant'anni e, successivamente di valutare l'opportunità di promuovere l'istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta, che tracci un quadro più completo e approfondito delle vicende e delle responsabilità storiche, politiche e giuridiche.
        L'indagine è stata avallata e svolta non tanto per fare emergere nomi e responsabilità degli autori dei crimini, quanto soprattutto per comprendere se vi siano stati condizionamenti - e nel caso, di che natura e portata - nell'azione della magistratura militare, e se fosse stato possibile, a tempo debito, perseguire i colpevoli. Si tratta di verificare e capire se le diverse procure militari, dei luoghi dove si svolsero i fatti, avrebbero potuto individuare e perseguire i responsabili dei crimini scoperti, qualora fossero stati loro trasmessi per tempo i fascicoli, mentre appare un'impresa difficile, se non impossibile, stabilire le responsabilità penali dei militari che hanno compiuto i reati in questione dopo cinquant'anni di ritardo, poiché molti di essi, come pure molti dei testimoni, sono deceduti.
        L'indagine conoscitiva ha predisposto un programma di audizioni che ha tenuto conto della indagine svolta dal Consiglio della magistratura militare ed in particolare dalla Procura militare della Repubblica presso il tribunale militare di Roma; questo perché dalla richiesta di documenti effettuata da questo tribunale in relazione al processo Priebke è scaturito il ritrovamento dei fascicoli nascosti. La Commissione, avendo avuto a disposizione poco tempo, non ha potuto ascoltare tutti coloro che avrebbero potuto portare ulteriori dati di conoscenza per fare piena luce sull'oscura questione della "ragion di Stato", in nome della quale sarebbe stato di fatto interrotto il regolare corso della giustizia, impedendo che venissero trasmessi agli organi giurisdizionali competenti i fascicoli relativi alle stragi nazifasciste.
        Anche la stampa, si è occupata dell'"armadio della vergogna", in particolare il giornalista Franco Giustolisi dell'Espresso, pubblicando il "registro nero" che elenca tutti i crimini commessi dai nazifascisti in Italia durante il periodo dell'occupazione tedesca, dal quarantatrè al quarantacinque. Scrive così Giustolisi: "Reati orribili contro l'umanità: bambini, donne, vecchi, uomini furono trucidati senza motivo in base alla legge del più forte. Tutti civili, gente senz'armi. Si parla di quindicimila, ventimila vittime, qualcuno pensa anche di più, molti di più, neanche questa tragica conta non è stata ancora fatta.
        Dei tanti eccidi (Sant'Anna di Stazzema, Roccaraso, Gubbio, Capistrello, Turchino, Benedicta, piazzale Loreto...) solo due, le stragi di Marzabotto e delle Ardeatine, arrivarono a processo". Le carte - prosegue Giustolisi - ora "sono state trovate, ora dopo anni di battaglie il Parlamento s'è incominciato a muovere, ora il Presidente della Repubblica ha assicurato tutto il suo interessamento. Verità e giustizia arriveranno. Ed è importante che tutti sappiano, che la memoria sia salva".
        Dalle audizioni effettuate e dal materiale raccolto nel corso della indagine conoscitiva, in primo luogo, risulta evidente la responsabilità della magistratura militare ed, in particolare, dei procuratori generali militari che si sono succeduti dal 1945 al 1974.
        Paola Severino, vice presidente del Consiglio superiore della magistratura militare, ha espressamente affermato che "è ben strano - lo dice la logica - che tre persone che si sono succedute nel tempo abbiano seguito una linea assolutamente conforme: questo farebbe pensare a quella che abbiamo definito "ragion di Stato", ma che naturalmente non potevamo documentare nella nostra relazione perché non avevamo altri argomenti se non quelli derivanti da quei tre documenti e dalla nostra logica, che peraltro mi sembra possa essere condivisa da molti".
        Tre date possono essere considerate i momenti fondamentali della vicenda al nostro esame: il 20 agosto 1945, il 10 ottobre 1956 e il 14 gennaio 1960.
        In particolare è emerso che nel periodo febbraio-giugno 1945 il Governo italiano aveva preventivato di effettuare un'azione di ricerca dei colpevoli con il sostegno dei paesi alleati.
        Solo nell'estate del 1945, comunque, si sono delineate due linee politiche da seguire nei confronti dei criminali di guerra da parte degli alleati: si decide che, per quanto riguarda i gradi più alti (i generali tedeschi), siano gli inglesi ad occuparsi delle loro condanne in tribunale, ritenendo che l'Italia non abbia le risorse tecniche necessarie né - ed è questa la motivazione più interessante - l'energia per portare avanti un simile processo.
        L'idea era che gli inglesi, avendo acquisito prove sufficienti riguardo un atteggiamento ed una volontà terroristici da parte dei tedeschi nei confronti della popolazione civile, avrebbero dovuto "patrocinare" un processo unico contro i comandanti di armata, di corpo e di divisione, una vera e propria "Norimberga italiana". Gli italiani, invece, avrebbero dovuto celebrare i processi per i responsabili con grado di colonnello od inferiore.
        Da questa decisione di ricondurre i crimini sotto la competenza degli alleati o sotto quella dell'Italia, a seconda dell'importanza di grado dei responsabili, emerge una nuova elaborazione concettuale circa la natura dei crimini commessi durante la guerra, almeno di quelli commessi in territorio italiano: gli alleati hanno giudicato alcuni reati "localizzabili", e quindi di competenza delle giurisdizioni nazionali, e altri invece, "non localizzabili", di cui si sarebbero dovuti prendere carico i tribunali internazionali.
        Questa particolare classificazione dei crimini di guerra e la conseguente suddivisione dei compiti tra l'Italia e i Paesi alleati nell'ambito dello svolgimento dei processi ribadiscono la necessità di una dettagliata analisi in sede storico-politica dell'intera vicenda, con una particolare attenzione per le dinamiche relazionali intercorse tra gli stati protagonisti.
        La politica dei "blocchi contrapposti", funzionale alla strategia della guerra fredda, inaugurata nel marzo del 1947, spiega perché gli Alleati abbiano abbandonato l'idea di una "Norimberga italiana". Si doveva preservare la Germania, poiché, seppure diviso, lo Stato tedesco era diventato un tassello decisivo nel mosaico internazionale, dovendo assumere un ruolo difensivo antisovietico.
        Agli Stati Uniti e all'Inghilterra non conveniva insistere sul tema dei crimini di guerra tedeschi, perché era indispensabile avere una Germania forte sul piano internazionale, con un esercito efficiente da contrapporre al blocco orientale. In quest'ottica devono essere valutate le conversioni della pena di morte in ergastolo delle quali hanno beneficiato molti generali tedeschi.
        Nel 1994 con il ritrovamento dell'"armadio della vergogna" si è provveduto a dissolvere l'archivio, perché esso non doveva trovarsi in quel luogo; archivio che in ogni caso sarebbe dovuto essere distribuito quarant'anni prima alle procure militari.
        I fascicoli sono stati poi distribuiti in varie procure secondo il criterio della competenza territoriale: sinora tale trasmissione ha determinato tre condanne all'ergastolo per tre stragi molto gravi (due sono del tribunale di Torino e una del tribunale di Verona ). Tutti e tre i condannati sono considerati in contumacia (due sono in Germania e uno è in Canada), per cui è stata richiesta, ma non ancora ottenuta, l'estradizione. Un altro processo e ancora in fase istruttoria ed è forse quello più rilevante: si tratta del processo relativo alla strage di Sant'Anna di Stazzema, che ha visto coinvolti più di cinquecento civili, oltre cento dei quali bambini.
        Ovviamente il tempo trascorso rende molto difficili le verifiche, ma la magistratura militare ha svolto in modo ineccepibile il suo lavoro dopo la scoperta dei fascicoli.
        In realtà, da nessun documento risulta che vi si stata una volontà diretta e manifesta, da parte dei magistrati militari, di insabbiare i fascicoli relativi ai crimini di guerra. Tuttavia la costante violazione della legge nella forma della mancata trasmissione dei suddetti fascicoli alle procure, perpetrata da tre diversi soggetti (i tre procuratori generali militari ), non può non fare pensare ad un disegno unitario volto ad impedire l'allestimento dei processi sui crimini di guerra.
        E' probabile che i magistrati siano stati in realtà uno strumento in mano ai politici ed, in particolare, del Governo. A tale proposito giova ricordare che sino alla riforma del 1981 la magistratura militare non godeva dell'indipendenza, della terzietà e dell'imparzialità proprie della magistratura ordinaria e delle magistrature speciali.
        Purtroppo la prescrizione dei reati, nei casi in cui operi, la dispersione durante gli anni delle fonti di prova, il decesso degli autori o l'impossibilità del loro riconoscimento sono tutti fattori rischiano di lasciare impunite stragi naziste come, ad esempio quelle di Cefalonia, di Fossali e di Sant'Anna di Stazzema.
        Vi è un debito morale di giustizia postuma nei confronti delle migliaia dei vittime delle stragi di guerra, debito che oggi le istituzioni devono pagare, assicurando loro giustizia e tenendo vivo il ricordo di quanti si sono sacrificati per il bene della Patria e delle inermi vittime delle raccapriccianti e vigliacche rappresaglie condotte con ferocia ingiustificata ed inaudita dalle forze naziste alleate della dittatura fascista.
        In riferimento alle stragi nazifasciste delle Fosse ardeatine, di Sant'Anna di Stazzema, di Marzabotto, di Boves e di Fossali, il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi ha ricevuto una delegazione composta dai sindaci di Carpi e di Sant'Anna di Stazzema assieme ai presidenti delle associazioni partigiane combattentistiche, realtà promotrici del Comitato per la verità e la giustizia, il cui scopo è di fare luce sulle 695 stragi naziste oggetto dell'indagine conoscitiva. In tale occasione Ciampi, come ha affermato il sindaco di Carpi, ha confermato il suo impegno affinché si ottengano verità e giustizia sulle stragi compiute dai nazifascisti in Italia dal 1944, facendo peraltro riferimento all'indagine conoscitiva presso la Commissione giustizia della Camera dei deputati.
        Accanto alle stragi dei civili vi sono poi gli eccidi dei soldati italiani e dei partigiani. Non si può non ricordare la strage di Cefalonia, nella quale 6.500 soldati italiani sono stati massacrati dalle truppe tedesche.
        In occasione della commemorazione dei caduti italiani a Cefalonia tenutasi il 1^ marzo 2001, il Presidente della Repubblica Ciampi ha sottolineato come "l'inaudito eccidio di massa, di cui furono vittime migliaia di soldati italiani denota quanto profonda fosse la corruzione degli animi prodotta dalla ideologia nazista (...). Ai giovani di oggi, educati nello spirito di libertà e di concordia fra le nazioni europee, eventi come quelli che commemoriamo sembrano appartenere a un passato remoto, difficilmente comprensibile. Possa rimanere vivo, nel loro animo, il ricordo dei loro padri, che diedero la vita perché rinascesse l'Italia, perché nascesse l'Europa di libertà e di pace. Ai giovani italiani, ai giovani greci e di tutte le nazioni sorelle dell'Unione europea, dico: non dimenticate".
        La presente proposta di legge muove quindi dall'indagine conoscitiva svolta dalla Commissione giustizia e reca l'istituzione di una Commissione parlamentare d'inchiesta.
        Il confuso e complicato quadro storico e politico, del periodo dalla guerra fino ai giorni nostri, così come è emerso dall'indagine conoscitiva, merita di essere approfondito e chiarito nel corso della presente legislatura, al fine di precisare gli ambiti di responsabilità degli organi dello Stato coinvolti.
        Lo strumento più adeguato per raggiungere tale obiettivo e sicuramente l'inchiesta parlamentare ai sensi dell'articolo 82 della Costituzione.
        La Commissione di inchiesta non dovrà procedere all'accertamento delle responsabilità delle stragi di guerra, il cui compito spetta alla magistratura militare, ma dovrà verificare quali siano stati gli ostacoli che hanno impedito alla giustizia di fare il suo corso.
        Al termine dei lavori della Commissione i materiali raccolti e le conclusioni della Commissione stessa potranno essere oggetto di una esauriente ricostruzione storica del fenomeno. Sarà quindi indispensabile che agli storici italiani e stranieri. studiosi di quelle vicende, sia messa a disposizione, la documentazione custodita negli archivi italiani (della Presidenza della Repubblica, dei Ministeri degli affari esteri della difesa, della giustizia, dell'Arma dei carabinieri, della procura generale militare), in quanto il lavoro di ricostruzione storica di quel periodo è stato finora affidato alla possibilità di consultare archivi stranieri (in particolare inglesi e americani).
        L'articolo 1 istituisce una Commissione parlamentare d'inchiesta, ai sensi dell'articolo 82 della Costituzione, per indagare sulle archiviazioni di 695 fascicoli contenenti denunzie di crimini nazifascisti, commessi nel corso della seconda guerra mondiale e riguardanti circa 15 mila vittime.
        L'articolo 2 stabilisce il numero dei componenti della Commissione, le procedure per la nomina e per le eventuali sostituzioni. Si stabilisce inoltre il termine per la conclusione dei lavori entro due anni dalla data di entrata in vigore della legge, oltre all'obbligo di presentare ai Presidenti delle Camere una relazione sulle risultanze delle indagini svolte.
        L'articolo 3 stabilisce che la Commissione procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria e che può acquisire copia di atti e documenti relativi a procedimenti o inchieste in corso presso l'autorità giudiziaria o altri organismi inquirenti.
        L'articolo 4 stabilisce che l'attività ed il funzionamento della Commissione sono disciplinati da un regolamento interno approvato dalla Commissione stessa prima dell'inizio dei lavori e che la Commissione potrà avvalersi di collaborazioni specializzate.
        L'articolo 5 disciplina la pubblicità dei lavori e dei documenti ed il segreto istruttorio per i membri della Commissione, i funzionari addetti all'ufficio di segreteria ed ogni altra persona che collabori con la Commissione stessa, stabilendo anche le relative sanzioni.
        L'articolo 6 tratta delle spese per il funzionamento della Commissione, mentre l'articolo 7 stabilisce la data di entrata in vigore della legge, individuata nel giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.




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